C'era una volta... il NOSTROMO di banchina
C’era una volta....
il Nostromo di banchina
Cosa sta succedendo nel porto di Genova da un po’ di tempo a questa parte? Sono in molti a chiederselo. Ovviamente ci si riferisce ai ripetuti incidenti mortali che stanno colpendo turisti, croceristi ai terminal passeggeri, ma anche lavoratori portuali nelle calate dei containers negli ultimi anni.
London Valour
Monica Russotti
Haven-Epilogo
Ho trascorso in porto metà della mia esistenza, prima come comandante di rimorchiatori, in seguito come pilota portuale e, a mio modestissimo avviso, posso testimoniare d’aver visto e vissuto molte tragedie navali. Tuttavia, occorre precisare che si trattò di naufragi (London Valour), incendi (Anna C.- Angelina Lauro - Achille Lauro), esplosioni (Hakuyo Maru-Haven) nonché numerosi altri incidenti mortali causati da trombe d’aria, fulmini, mareggiate da libeccio ecc... Lo scenario oggi é cambiato ed entra in gioco la sicurezza all’interno del porto e non si parla più di cause naturali. Oggi é necessario affrontare il discorso sulle responsabilità umane, ma a questo punto il discorso si fa molto arduo perché nel nostro Paese, purtroppo, le responsabilità sono sempre frazionate, a volte frantumate e, alla fine, dopo decine di anni spesi in accertamenti e cause, tutto cade nell’oblio totale.... Da oltre dieci anni a questa parte, a mio modo di vedere, nel porto di Genova si muore troppo facilmente e per altri motivi che volutamente non approfondisco, per non interferire sulle decine di cause ancora in corso. Tutto cominciò intorno al 2000, forse per motivi di bilancio, ma sicuramente a causa della privatizzazione delle banchine. Improvvisamente fu “licenziato” dalle banchine il Nostromo di banchina, un sottufficiale di Capitaneria, che rappresentava l’Autorità Marittima e Portuale nei punti nevralgici del porto, dove erano in corso manovre di navi e operazioni in banchina. Questi militari di grandissimo “mestiere”, avevano il controllo totale di tutto ciò che si muoveva in porto: arrivi, partenze, movimenti, carico e scarico delle merci. Il Nostromo di banchina era il maggiore collaboratore dei servizi portuali perchè dava il via alle manovre soltanto quando erano cessati i pericoli in calata (gru fuori posto, presenza di chiatte, cavi in mare o messi male, auto od altro posteggiate in zone pericolose ecc...). Il Nostromo controllava i pescaggi, gli sbandamenti delle navi e la sua presenza in banchina era paragonabile a quella del “poliziotto di quartiere” che segnalava agli interessati qualsiasi anomalia e provvedeva a risolverla in tempi quasi sempre brevissimi. Ogni nostromo aveva la sua zona e tutti facevano riferimento alla sua persona, H-24. Per chi ha lavorato con loro ed ha vissuto il passaggio successivo, non ha ancora capito il mistero della loro improvvisa eliminazione che ha creato un vuoto nell’organizzazione portuale che perdura tuttora. Chi ha deciso quello stravagante provvedimento non aveva sicuramente la minima idea della loro professionalità, attendibilità, serietà, dedizione, senso del dovere, capacità organizzative, grandissima esperienza. Con la loro uscita di scena, le banchine sono scivolate, da un giorno all’altro, nell’anarchia e nella deregulation, lasciando lo spazio al disordine più o meno calcolato. Senza di loro, il pressing e lo stress sono diventati i veri protagonisti della produttività a scapito della sicurezza.
Probabilmente i Nostromi di Banchina erano ritenuti responsabili di “frenare” la scorrevolezza del traffico e la movimentazione delle merci con la loro diligente azione sul campo, e mai nessuno aveva calcolato, al contrario, quanti incidenti avevano evitato dal dopoguerra in poi.
Con la loro scomparsa, il numero degli operai schiacciati dai mezzi di carico e scarico è cresciuto vertiginosamente, specialmente nel settore containers. Inoltre, con la massiccia espansione del gigantismo navale (passeggeri e traghetti), ha fatto capolino una nuova tipologia d’incidenti: auto cadute in mare ai terminal traghetti, per mancanza di segnalazioni, barriere e controlli nelle corsie d’avvio agli imbarchi/sbarchi.
Rientra in questo tragico quadro anche l’incidente avvenuto all’inizio dell’estate a bordo di una grossa nave passeggeri (MSC), che ha visto precipitare in mare (dallo scalandrone) due passeggeri mentre la nave era in movimento. Un tempo, nessuno, avrebbe potuto filare, virare o spostare i cavi di una nave, o mettere in moto le eliche di manovra senza il permesso del Nostromo di Banchina.
Non conosciamo a fondo la dinamica dei fatti e ci asteniamo pertanto di tranciare giudizi tecnici, tuttavia, dagli articoli apparsi sui quotidiani, ci sembra di capire che anche nell’incidente di ieri, avvenuto sul Traghetto Moby Otta ci sia stata una carenza di sicurezza. In altri tempi, il Nostromo di Banchina avrebbe fatto completare l’ormeggio, poi avrebbe fatto abbassare la rampa della nave e avrebbe cadenzato lo sbarco delle auto. La vettura precipitata in mare con due giovani tedeschi, a quanto pare, é avvenuta quando i motori e le eliche della nave erano ancora in movimento.
Non è neppure escluso che tra le possibili cause ci possa essere la solita micidiale avaria di fine stagione, che colpisce, ogni anno, una buona parte di traghetti giunti al limite dell’efficienza. Anche i motori, come gli umani, esigono controlli e manutenzione dopo un infinito numero di corse, di doppie corse, compiute con il fiato sul collo della concorrenza, degli orari da rispettare, a cominciare dal mese di giugno. Le problematiche su cui riflettere sarebbero numerose, proprio come gli interessi in gioco. Ma qui mi fermo! E ripenso a quella frase così densa di verità ed ironia:
“Tutti parlano di sicurezza, ma nessuno la vuole pagare”.
Carlo GATTI
Rapallo, 19.04.11
L'AUSTRALIA dei Velieri e del Miele Ligure
REPORTAGE DALL’AUSTRALIA
IL MARCHIO DEL MIELE LIGURE TRASPORTATO DAI NOSTRI VELIERI SOPRAVVIVE ANCORA IN AUSTRALIA
Il SETTEBELLO: da Sinistra: Marco Perazzo, Daniela Cortinovis, Carlo Gatti, Enrico Tacchini, Vittorio Conti, Marco Fravega e Renzo Marson che quel giorno fu catturato dai suoi parenti che erano immigrati a PERTH negli Anni ’50.
Si erano appena conclusi i XII Campionati del mondo di Nuoto Masters a Perth-Australia (15-25 aprile 2008) ai quali partecipammo con la squadra della Rapallo Nuoto. Dieci anni prima eravamo già stati da quelle parti, precisamente a Brisbane sulla costa orientale, e ci eravamo già innamorati di quel lontano continente che festeggiava il suo primo centenario della Costituzione Nazionale con tante celebrazioni e manifestazioni tra cui il loro 1° Campionato del Mondo Nuoto Masters.
Appena terminata la nostra “missione natatoria” il nostro viaggio prese la piega turistica che avevamo concordato: Ayers Rock, Sydney, Bondi beach e Kangaroo Island.
QUI, OLTRE AL CAPPELLO A LARGHE FALDE E ALL’IMMANCABILE BOOMERANG, MI PORTAI A CASA UN VASETTO PARTICOLARE COME RICORDO DEI NOSTRI AVI.
PARTE PRIMA
L’ISOLA DEI CANGURI (Kangaroo Island, 155 km x 55 km) è situata 13 km a sud di Adelaide, capitale del South Australia ed è un paradiso naturalistico, autentico laboratorio ed archivio dell’evoluzione. Grazie all’isolamento geografico, fauna e flora prosperano tuttora in un ambiente davvero speciale perché privo della presenza di animali voraci quali dingo, volpi, coccodrilli, cinghiali, serpenti ecc.. Presso Flinders Chase si possono osservare oche e canguri e con un po’ di fortuna anche ornitorinchi. Nell’Hanson Bay Sanctuary non è difficile incontrare i koala, mentre i piccoli pinguini australi approdano di sera lungo le rocce meridionali non lontane dalle abituali dimore dei leoni marini che sono “toccabili” a Seal Bay.
foto 1- 2 Leoni Marini sulla costa meridionale di Kangaroo Island
Nella splendida grotta dell’Admiral Arch si è certi di avvistare le otarie della Nuova Zelanda. In tutta l’isola si trovano echidne, wallaby di Tammar, varani e opossum. Le balene franche australi e le balenottere minori vengono spesso avvistate da giugno a settembre.
Foto 3 - Remarkable Rocks – Si eleva su una cupola di granito a 80 metri sul livello del mare. In questi ultimi decenni, l’isola è divenuta meta di un intenso turismo.
Ma la nostra curiosità è stata soprattutto catturata dalla costa selvaggia, cinturata di scogliere e reefs, battuta dai venti antartici e dalle mareggiate che hanno modellato le rocce trasformandole lentamente in strane figure antropomorfe in continua mutazione, sirene ammaliatrici che hanno attirato i naviganti in autentiche trappole mortali. 85 relitti di velieri giacciono sui fondali intorno all’isola ed alcuni portano nomi a noi familiari: Ventura (1858) - Fides (1860) - Atalanta (1860) - Mimosa (1884) -Montebello (1906) - Vera (1915).
Foto 4 - Kingscote - Uno stormo di pellicani si sottopone al noioso “comizio” di un pescatore prima di un pasto gratis.
L’esploratore francese N.Baudin tra il 1802 e il 1803 realizzò i primi rilievi cartografici e trovò l’isola disabitata, ma fu un inglese, ben più noto, Matthew Flinders a dare il nome all’isola. Dopo di lui, una variopinta congrega di cacciatori di foche e balene, galeotti fuggiti di prigione e marinai disertori cominciò a stabilire la propria dimora sull’isola. Costoro fecero arrivare donne aborigene dalla vicina Tasmania e altre ne rapirono nel continente. In breve, Kangaroo Island si guadagnò la fama di luogo tra i più pericolosi e violenti dell’Impero Britannico. Poi, nel 1827, i criminali peggiori furono trasferiti altrove e sull’isola ritornò la pace. Tuttavia, gran parte dei coloni che occuparono le campagne dovette trasferirsi dopo qualche tempo ad Adelaide, perché l’acqua dolce scarseggiava e, proprio a questa circostanza si deve l’attuale paradiso che è costellato soltanto di pochi alberghi e aziende agricole tra le quali una, come vedremo tra poco, ci ha riservato la “sorpresa”.
L’Australia ha una storia antica che si respira soprattutto nei suoi immensi deserti centrali, dove il primitivo spirito aborigeno è rimasto intatto nel suo nucleo originale, che conta circa 200.000 unità, ma la vita nella “loro” Australia è difficile, perché sofferta pare esserne l’integrazione. Esiste poi un’altra storia, quella degli ultimi arrivati, degli europei, dei coloni e dei navigatori, che simile ad un vento costante, ti avvolge e ti riempie i polmoni durante i lunghi percorsi della sua incommensurabile fascia costiera. Alberghi, ristoranti, pubs, acquari, musei, negozi, portano i nomi storici di James Cook, Abel Tasman, Matthew Flinders, HMAV Bounty, Batavia, HMB Endeavour, HMS Sirius e di altre decine di navigatori e dei loro famosi velieri della First Fleet che qui portarono inizialmente galeotti, preti, buone donne, coloni, e poi, “forse” la civiltà.
Foto 5 - Sydney -Il celebre “ENDEAVOUR” (replica) con cui James Cook scoprì la Botany Bay (Sydney) durante il suo primo viaggio del 1768-71.
Foto 6 - Sydney - Antico Battello Fanale (senza equipaggio) “Carpentaria” che fu attivo dal 1917 al 1983 nel golfo di Carpentaria (a nord) e nello Stretto di Bass (a sud dell’Australia).
Una storia marinara che rivive intensamente non solo all’interno dei numerosi Musei Navali sparsi un po’ dovunque e sono “gratis”, ma il viaggio nella storia prosegue tra i docks con le visite guidate alle repliche dei vascelli d’epoca che sono ormeggiati a fianco di unità “navigate”, civili e militari che oggi godono di un “ammirato” e meritato disarmo. Queste darsene, spesso ubicate ad un passo dai grattacieli della City, hanno conservato stupendi angoli architettonici d’epoca coloniale; in tutto ciò traspare il desiderio di tramandare la continuità storica e di esibirla con orgoglio. In tutto ciò risaltano, volutamente, le distanze culturali e linguistiche dalla vecchia Europa e dal mondo anglo-sassone, del quale affiorano tracce e qualche radice, ma qui tutto è giovane e guarda al futuro con invidiabile ottimismo.
PARTE SECONDA
Foto 7 - Seal Bay - Uno squarcio di sole sulle scogliere meridionali di Kangaroo Island riscalda i leoni di mare e gli altri numerosi mammiferi che sono i veri protagonisti dell’isola.
Eccoci di nuovo a Kangaroo Island! La sorpresa che vi abbiamo anticipato, ci ha colto durante la visita alla Clifford’s Honey Farm, una Azienda Agricola che produce un miele particolare che si chiama: LIGURIAN HONEY. Quando spiegai che il nostro gruppo era ligure, il farmer mi diede da leggere un foglietto scritto in inglese:
Foto 8 Ligurian Honey
Foto 9 - “Prima del 1880 non c’erano api da miele a Kangaroo Island. Quando iniziarono le importazioni, tra il 1881 e 1885, l’intenzione era quella di allevare e provvedere ad una futura risorsa di Api Regine di pura razza a scopo industriale. Queste api provenivano dalla provincia Ligure e sono conosciute come Api Liguri. Nel 1885 il Governo del Sud Australia proclamò Kangaroo Island Santuario delle api e nessun’altra importazione d’api poteva essere fatta. Così oggi siamo gli ultimi eredi di questo puro miele di api al mondo, infatti l’isola è fuori del raggio di volo delle api dal continente. Il miele è prodotto dalle numerose varietà di alberi di eucalipto trapiantati sull’isola, così come alberi da Tea, Bottlebrush, Bankias e molte altre piante introdotte come la Canola che è diventata molto importante per la produzione isolana……
Aggiungiamo che in questa parte dell’Australia, per un raggio di circa 1200 km che arriva sino a Sydney, proviene circa il 45% della produzione apistica che conta circa 650.000 alveari regolarmente denunciati, con una produzione annua di circa 35.000 tonnellate di miele. L’apicoltura incide sull’economia australiana con un apporto di 65 milioni di dollari l’anno.
Purtroppo le nostre ricerche non hanno dato risultati apprezzabili, non siamo infatti riusciti a farci un’idea di come le Api Regine nostrane, con le loro “famiglie” di api, siano giunte a Kangaroo Island nel 1881 ed abbiano così dato origine ad una fonte di ricchezza che gli australiani ancora oggi ci riconoscono. Con certezza sappiamo solo che numerosi velieri liguri hanno scalato per secoli i principali porti australiani e la lista dei relitti che giacciono sui fondali intorno all’isola testimoniano, con molta tristezza, questi avvenuti commerci.
Con altrettanta certezza possiamo ricordare al lettore che il più celebre “contatto” (collisione) che si ricordi ancora oggi nella storia navale mondiale, fu proprio quello di un veliero camogliese, il Fortunata Figari che nel dicembre del 1904 fu investito dalla nave passeggeri inglese Coonjee nel nebbioso Stretto di Bass, non lontano da Kangaroo Islans. Vi furono delle vittime, ma il numero fu limitato dall’impresa straordinaria, prima ed unica nella storia, compiuta dal capitano Rocco Schiaffino che rimorchiò (a vela) la grande nave a motore e la portò in salvo a Melbourne con tutti i suoi 160 passeggeri, dopo quattro giorni di navigazione.
Foto 10 - Ecco come si presenta esternamente il laboratorio dell’apicoltore Arturo Assereto.
Delusi dal mancato riscontro storico del miele ligure a Kangaroo Island, siamo andati a trovare nel suo laboratorio di Passo Sellano per S.Quirico d’Assereto, un vecchio compagno di scuola. Ragioniere e bancario nella vita, Arturo Assereto è oggi uno appassionato apicoltore, nonché Segretario dell’AssoApi Ligure che è una Associazione culturale tra Apicoltori, Amici e Studiosi delle Api, con lo scopo di scambiarsi conoscenze e idee sul mondo delle api e dei prodotti connessi.
- Ciao Arturo! Proprio in questi giorni ho letto che le api cosiddette domestiche, a volte possono essere pericolose -
Vedi Carlo, le api pungono per difendersi se molestate, oppure quando sono orfane della Regina. In questi casi, le api più anziane si sacrificano, perchè dopo aver punto muoiono. Oggi, per esempio, sentono la burrasca e sono un po’ gnecche! Prima che tu arrivassi, mia moglie è stata punta. Le api, quando lavorano, vivono circa sei settimane, poi muoiono per stanchezza. D’inverno quando non escono dall’alveare, in certi climi freddi, possono vivere anche sei mesi.
- Il mondo delle api è davvero così antico? -
Le api non sono proprio “domestiche”, perchè hanno un comportamento “autonomo” da millenni. A Valencia-Spagna, l’archeologia ha portato alla luce un graffito che raffigura un raccoglitore di miele risalente a 9000 anni fa. Vieni ti faccio vedere le arnie, ma è meglio che ci teniamo a distanza...”.
Poco dopo è cominciato a tuonare!
Foto 11 - I contenitori del miele divisi per qualità e annate rappresentano il “bene” prodotto dalle api, ma anche la fatica ed i rischi dell’apicoltore.
Dopo avergli raccontato la mia “unica” esperienza (australiana) in fatto di miele, Arturo, che è anche un ottimo divulgatore scientifico, ha cominciato a raccontarmi, così come spesso gli capita tra le scolaresche locali, il mondo delle api, mostrandomi prima l’habitat: alberi, piante e fiori, e poi l’apiario dove si allevano e proteggono le api. Ha proseguito poi spiegandomi l’uso degli attrezzi necessari per agevolare le api in questo affascinante processo di produzione del miele.
Foto 12 - Ecco come si presentano gli alveari. Ogni arnia ha un colore diverso per facilitare il riconoscimento e quindi un facile rientro... in famiglia delle api.
“Ogni alveare (arnia) ospita una “famiglia” composta di: un’ape regina che depone nei periodi di massimo sviluppo fino a 2000 uova al giorno, di una moltitudine di api operaie (10.000-60.000) e nella bella stagione ospita anche alcune decine di fuchi (api-maschio) che fecondano la regina e poi muoiono.
Foto 13 Ape Regina
Foto 14 Ape Operaia
Foto 15 Fuco
Essi sono più tozzi, hanno la ligula molto corta e non possono raccogliere il nettare, sono privi di pungiglione. L’ape regina esce dall’arnia solo per la fecondazione e per la sciamatura che è un fenomeno naturale per cui, quando all’interno dell’alveare il numero delle api cresce oltre misura, l’ape regina se ne va per formare una nuova famiglia. La sciamatura è una festa per le api, si riempiono lo stomaco di miele e si vanno a posare su un albero in fiore. Io poi recupero questo sciame con una cassetta che contiene un vecchio favo che riconoscono dall’odore e che le attira, ed io le riporto in una nuova arnia. Tuttavia, essa abbandona la famiglia soltanto quando capisce che il “ceppo” ha già provveduto a sostituirla con un’altra ape regina.
Foto 16 - Le api operaie a raccolta intorno all’Ape Regina.
- Quanto tempo le api rimangono fuori dalle arnie? -
Di sera le api ritornano nell’alveare d’origine, nel punto che hanno memorizzato; all’interno dell’alveare, la Regina le tiene unite col suo tipico odore (feromone). Ma un fatto molto interessante è la loro abilità di termoregolazione dell’alveare. Cioè la loro capacità di mantenere in tutte le stagioni la temperatura di 35°, affinché il miele mantenga la giusta densità. In estate sbattono le ali e fanno vento, oppure vaporizzano l’acqua che non deve mai mancare; mentre in inverno si scambiano il calore rimanendo in glomere, vicine l’un l’altra. Le api succhiano il nettare che è acquoso, lo deumidificano cioè lo rendono più denso, e poi lo trasformano in miele aggiungendo enzimi, sali minerali, lieviti, vitamine che sono poi la differenza tra il miele e lo zucchero che non contiene queste sostanze.
Foto 17 - Ape che succhia il nettare con la ligula.
- E’ vero che l’ape in natura compie dei veri miracoli d’ingegneria genetica? -
Il primario lavoro “economico” dell’ape in natura non è il miele, ma l’impollinazione, che loro fanno inconsapevolmente recuperando sia il nettare che il polline dai fiori. Quest’ultimo, essendo proteina, gli serve per allevare i piccoli, ma le api si sporcano di questa polvere e la portano su altri fiori che hanno bisogno d’incrociare il polline, seme-maschile col seme-femminile che si trova nel calice. In natura vi sono poi alcune piante che hanno bisogno dell’impollinazione della stessa specie, altre addirittura, come il Kiwi, possiedono due piante: quella maschile che fa un fiore e quella femminile che ne fa un altro. Se non s’incontra il polline non nasce il frutto. Ma, come hai detto tu, l’ape provvede a risolvere questi problemi genetici.
Foto 18 - Ape impollinata
Dall’impollinazione nasce il fiore, dal fiore nasce il frutto, dal frutto il seme e quindi un’altra pianta e qui si chiude il ciclo.
Foto 19 - Ape che ritorna con il polline, visibile nella zampa posteriore
- E’ vero che il miele ligure gode di un’ottima reputazione nel mondo? -
In un importantissimo Convegno Internazionale (APIMONDIAL) che si è tenuto di recente, è stato ribadito che il miele ligure è tra i migliori al mondo per qualità, in quanto è prodotto con i fiori degli alberi, in un ambiente ancora pulito. Tra le diverse razze esistenti, la nostra Ape mellifera ligustica pare essere la più produttiva e per questa ragione è esportata in tutto il mondo. Si chiama così perché provvista di una ligula più lunga del normale. Quindi “ligustiga”, in questo caso, non sta per ligure…
- Cos’è in effetti la temuta Varroa? -
Tanto tempo fa le nostre api furono esportate in Asia e nell’Estremo Oriente, ma furono attaccate dalla Varroa, un acaro che ancora oggi sta decimando le api in tutto il mondo. Ecco, credo che proprio l’Australia e la Nuova Zelanda siano, per il momento, ancora immuni dalla Varroa”.
Foto 20 - La macchina centrifuga che serve ad estrarre il miele.
Foto 21 - Il rapallino doc. Arturo Assereto raschia la cera del telaio che contiene il favo con miele vecchio. La composizione chimica della cera d’api è fatta di una miscela di oltre 300 sostanze; gli idrocarburi, gli esteri e gli acidi sono prevalenti.
Foto 22 - Ecco come si presenta il favo destinato a raccogliere il miele depositato dalle api
Foto 23 - Ed ecco come appare un favo coperto dalle api operaie.
La nostra lezione d’Apicoltura continua ora in laboratorio, dove l’amico Assereto ci mostra con orgoglio la macchina centrifuga che serve ad estrarre il miele, e poi si sofferma sui telai e telaini che ingabbiano i favi muniti di fogli cerei che contengono le celle esagonali dove le api depositano il miele.
Foto 24 - Api operaie, uova e larve.
- Siccome non possiamo avvicinarci, ci puoi spiegare come si presenta l’interno di un’arnia? -
“Le mie arnie sono costruite per contenere dieci telai (favi), cui vengono applicati i fogli cerati per il deposito del miele. Il favo ha due facce formate da celle prismatiche, a sezione esagonale, contigue dello spessore di 25 mm. Quello che si presenta scuro ha ospitato una covata di nuove api. Sopra l’arnia si mette un’altra cassetta più piccola con nove telaini, che si chiama melario dove le api fanno scorta di miele che serve per allevare i piccoli la primavera successiva e che noi gli rubiamo senza rovinare il nido che è sotto. Le api sigillano il miele (opercolazione) con la cera da loro prodotta e che si recupera per fare fogli cerei ed anche candele. Inoltre le api sigillano le fessure dell’arnia con la propolis, una resina scura che le api ricavano dalle gemme degli alberi e che si fa sciogliere in alcool ed è un antibiotico naturale contro il mal di gola.
- Puoi dirci in breve perchè è così famosa la Pappa Reale? -
La PAPPA (o gelatina) REALE è un prodotto secreto dalle api “nutrici” che si alimentano prevalentemente con il polline, ma anche con il miele delle api operaie. E’ quindi un prodotto ad alto contenuto proteico, ad elevato numero di aminoacidi, ricca di vitamine (in particolare gruppo B), di sostanze toniche de sistema nervoso e di ormoni ricavati dal polline.
- Arturo, vorrei concludere questo viaggio nella natura con il Miele Ligure che ha ispirato questa intervista! -
Ogni zona presenta una vegetazione caratteristica, che si riflette sullo spettro pollinico del miele.
Nelle nostre zone del Levante Ligure si producono ottimi mieli, per lo più poliflora (millefiori), da fioriture primaverili, estive ed autunnali, dal mare fino agli Appennini.
Te n’elenco alcuni tipi, come esempio:
Miele d’Acacia, (Robinia) a volte macchiato dall’erica. Miele d’Erica, Miele di Tiglio, Miele Tarassico (Val d’aveto), Miele di Castagno, (e altri fiori della macchia mediterranea), Miele Melata (di Metcalfa pruinosa) o d’Abete in montagna. Miele di Corbezzolo”.
Ringraziamo il rag. Arturo Assereto per averci impollinato abbastanza da poter raccontare - con poca scienza e un po’ più di coscienza - un microcosmo naturale degno di grande rispetto e amore, specialmente in coloro, come il sottoscritto, che del miele ne fanno largo uso senza essersi mai chiesto fino in fondo quanto sia importante la difesa del nostro patrimonio paesaggistico.
Carlo GATTI
Rapallo, 30.04.11
La NAVE é FEMMINA. Ecco perché si chiama LEI...
ECCO PERCHE’ SI CHIAMA LEI...
Archivio Com.te Francesco Fidanza
Nell’antico mondo marinaro si usa chiamare al maschile la nave da guerra e al femminile tutte le altre. Non è nostra intenzione indagare sulle origini di questa stravagante tradizione, anche perché la gente dei “bordi” accetta l’eredità con rassegnazione e la commenta con ironia... Per la gente comune si tratta, al contrario, di una normale curiosità che emerge da quel mondo semi sconosciuto che di solito va in scena lontano dalla terraferma razionale, giudicatrice... e poco propensa a varcare gli oceani della fantasia.
Tuttavia, a proposito di buffe curiosità, ataviche rassegnazioni e salate ironie, oggi siamo in grado di dare anche la risposta a questa vecchia domanda:
“Perché si dice “LEI” quando si parla di una nave-passeggeri-mercantile-da diporto, a vela, a motore ecc... ?”
- Deve essere guidata da un uomo
- In un attimo di disattenzione prende il potere
- Non sopporta il sovraccarico
- Si attrezza con l’aiuto di un uomo
- Cambia nome quando cambia padrone
- Il mantenimento costa più di quello che si pensa
- Può trascinare un uomo con sé negli abissi
- Deve essere aggiustata e pitturata prima d’uscire
- Con l’età diventa secca, fastidiosa e difficile da maneggiare
C.G
06.04.11
SITI TOP
SITI DI NOTEVOLE INTERESSE
MILITARE E CIVILE
CANADA
-http://www.navy.gc.ca/project_pride/photo_archive/photo_archive_e.asp
Si tratta della sezione fotografica della pagina web della Royal Canadian Navy: contiene numerose fotografie, molte delle quali sono ad alta risoluzione e ben riprodotte.
Ancorchè tutt'ora in fase di realizzazione (mancano numerose unità maggiori ed altre comunque note), si tratta di un sito meritevole di approfondimento e da inserire tra i "preferiti".
FRANCIA
http://dossiersmarine.free.fr/
E' un sito molto completo e ben realizzato - nonostante la grafica non elegantissima - riferito alle unità della Marina francese all'epoca di Napoleone III.
Sono inoltre presenti sezioni su argomenti collaterali di sicuro interesse per tutti gli appassionati.
Dopo un lungo periodo di "oscuramento", la sezione del sito internet del "Service Historique de la Defense" francese contenente i piani costruttivi di un gran numero di unità è nuovamente disponibile.
Collegandosi al link:
[url="http://www.servicehistorique.sga.defense.gouv.fr/02fonds-collections/banquedocuments/planbato/planbato/listebato/listebato.php"]http://www.servicehistorique.sga.defense.g...o/listebato.php[/url]
Sarà possibile, come in passato, scaricare ad alta definizione e a grandi dimensioni dettagliati piani costruttivi originali di un grandissimo numero di unità.
Si tratta d un'iniziativa di grande valore storico, tecnico e documentale ancor più meritevole se si considera l'accessibilità totale degli archivi e il fatto che il servizio è del tutto gratuito.
E' il collegamento con la sezione del "Service historique de la Defense" del Min. Difesa francese, contenente un grandissimo numero di piani costruttivi originali (e ad alta definizione!) di moltissime navi da guerra francesi dalla fine dell'800 ai giorni nostri.
Imperdibile.
Aviazione Navale Francese
Relativo all'aviazione navale francese, con sezioni riferite ai velivoli, ai reparti e ad altri elementi di interesse.
Molto ben fatto è un sito ricco di foto, molte delle quali scaricabili ad alta densità.
GERMANIA
Si tratta di un documento con elenco sistematico di navi a vela e relativi link. È in tedesco ma si capisce abbastanza.
http://www.deutsche-museumswerft.de/downloads/Schiffe.pdf
- Un accordo tra Wikipeia e il Bundesarchiv ha consentito di rendere disponibili sul web circa 100.000 fotografie rivenienti dalle colelzioni del Bundesarchiv medesimo.
Le foto sono classificate - per anno - su Wikipedia a questo link:
http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Images_from_the_German_Federal_Archive_by_year
Aspetti positivi:
Le foto sono numerosissime, molte riferite ad aspetti della storia militare tedesca, e tutte di ottima qualità sono scaricabili ad una densità decente (ca. 250 dpi con dimensioni cm 8 x 10).
Aspetti negativi:
Le foto "militari" sono riferite soprattutto ad argomenti terrestri e aeronautici (tuttavia non mancano ottime immagini "navali")
Le foto, come detto, sono suddivise per anno e non è quindi possibile effettuare alcuna ricerca (come nell'archivio di "LIFE" già segnalato in precedenza)
I responsabili dell'operazione hanno sicuramente effettuato una scelta, non ricomprendendo quindi immagini che potevano prestarsi a strumentalizzazioni o a utilizzi "estremistici": atteggiamento sicuramente positivo nelle intenzioni, ma che va probabilmente contro la "completezza" storica dell'operazione.
In definitiva, si tratta di un archivio eccezionale, di grande rilevanza e contenente un numero enorme di immagini, moltte delle quali assolutamente inedite.
- Segnaliamo un link "di terra" ed é collegato a molti altri siti internazionali.
http://the.shadock.free.fr/Surviving_Panzers.html
piuttosto interessante, è riferito a numerosi esemplari di mezzi corazzati della 2a g.m. attualmente conservati presso musei, istituzioni e Comandi militari.
GIAPPONE
- http://blog.livedoor.jp/irootoko_jr/archives/cat_17092.html
E' un sito giapponese ove sono presentate numerose fotografie di unità navali della Marina Imperiale Giapponese (insieme ad alcune della Marina zarista) colorate con procedimenti digitali.
Sostituendo a "17092" i numeri 17093 - 17094 e 17095 si accede alle varie pagine da cui il sito è composto.
Le foto sono realizzate davvero bene, il sito merita una visita!
INGHILTERRA
- Nel sito di "Steelnavy" sono state inserite numerose fotografie di unità militari - britanniche e di altri paesi - tratte dalla collezione del noto studioso navale inglese Alan Raven.
Il link è il seguente:
http://www.steelnavy.com/RavenRecord.htm
Alcune immagini sono scaricabili a densità tutto sommato interessanti; nel complesso si tratta di un sito che merita senz'altro una visita.
- Quello che segue é un sito veramente interessante, ricco di filmati navali britannici:
Occorre registrarsi (ma la registrazione è gratuita e immediata): le ricerche possono essere parecchio "mirate", restringendo, ad es., il periodo temporale o specificando soggetti ben precisi, anche ccomposti da più parole.
Io ho provato a inserire "Malta", "Mediterranean 1939-1945" ecc. e sono venute fuori delle cose spettacolari.
- Il seguente sito
http://home.cogeco.ca/~gchalcraft/sm/
é riferito a tutti i sommergibili britannici della seconda guerra mondiale. E' interessante in quanto riporta in forma tabulata numerosi dati sull'attività operativa di ciascun battello.
-Nel sito dell'Imperial War Museum (http://www.iwmcollections.org.uk/), cliccando su "Photographs" nella "string" in alto, si può accedere al database fotografico dell'IWM medesimo.
Il link diretto è il seguente:
http://www.iwmcollections.org.uk/qryPhotoImg.asp
Per quanto riguarda le ricerche "navali", come pure per quelle di qualunque altro genere, è sufficiente inserire il nome dell'unità o del soggetto nel riquadro "subject" e cliccare sul bottone "SEARCH".
Si aprirà una pagina con tutte le immagini in piccolo formato (possono anche essere presenti più pagine per un determinato soggetto).
Cliccando sul riferimento IWM di ogni singola immagine (la sigla del tipo "A 9798" e similari vicino all'icona della macchina fotografica), l'immagine si aprirà con dimensioni un po' più grandi.
Purtroppo, le dimensioni in pixel delle immagini sono comunque piuttosto piccole, ma la possibilità di accedere al database fotografico dell'IWM è, a mio avviso, sicuramente importante.
E' possibile procedere poi all'ordine della stampa cartacea di una o più fotografie.
ITALIA
http://www.esercito.difesa.it/
http://www.aeronautica.difesa.it/
http://www.anaim.it (Arditi incursori della Marina Militare)
http://www.btgsanmarco.it/ (Battaglione S.Marco)
http://www.guardiacostiera.it/ (Capitanerie di Porto)
http://www.marina.difesa.it/accademia/index.asp (Accademia Navale Livorno)
(Istituto Idrografico della Marina)
http://www.marina.difesa.it/conosciamoci/comandienti/scientifici/idrografico/Pagine/home.aspx
http://www.gdf.gov.it/Home/ (Guardia di Finanza)
Dal sito internet della Guardia di Finanza, segnalo il seguente link:
http://www.gdf.it/repository/contentmanagement/information/n2072719983/architettura_del_naviglio_storico_della_guardia_di_finanza.pdf?download=1
contenente numerose fotografie e piani costruttivi di vedette e mezzi navali della G.d.F. del passato e del presente.
http://www3.corpoforestale.it/
Segnalo un'iniziativa realmente interessante e ben realizzata.
L'amico Roberto Stocchetti, curatore del sito aeronautico "Ali e Uomini", ha inserito nella sua pagina web tutti i "Bolletini di Guerra" emanati dal comando Supremo delle FF.AA. Italiane dal 10 giugno 1940 all'8 settembre 1943. M.Brescia
I bollettini - in un contesto grafico molto curato - sono reperibili al seguente link:
http://www.alieuomini.it/pagine/dettaglio/bollettini_di_guerra,9/__giugno_dal_n_al_n_,40.html
- Segnalo a tutti quest'ottima pagina - tratta da un sito a cui collaborano numerosi professori di Istituti Tecnici Nautici - veramente ricca di documenti tecnici, professionali e marinareschi:
http://www.saturatore.it/indexNEWtemp.htm
Si tratta di una delle più ampie e interessanti raccolte di documentazione del settore che mi sia capitato di visionare in rete negli ultimi anni.
- Il seguente link:
http://www.biografiadiunabomba.it/bombardamenti_seconda.php
Contiene un elenco dei bombardamenti effettuati su città italiane durante la seconda guerra mondiale.
Non so quanto possa essere completo, tuttavia costituisce a mio avviso una buona base di partenza per ulteriori approfondimenti.
- http://www.naval-history.net/
E' riferito alla Royal Navy dalla prima guerra mondiale agli anni Settanta/Ottanta ed è ricchissimo di dati, elenchi e fotografie.
In particolare, rivestono particolare importanza le "Ship's histories": dettagliati ed esaustivi elenchi dell'attività operativa di numerose unità, reperibili a questo link:
http://www.naval-history.net/xGM-aContents.htm
SPAGNA
- Il seguente link contiene numerosissimi articoli di storia navale spagnola.
E', in pratica, una rivista "on line" contenente articoli di soggetto militare quanto mercantile: cliccando - a destra - su "Archivos" si può accedere ai "fascicoli" precedenti il più recente.
Il fatto interessante è che le fotografie, anche se talvolta di qualità non eccezionale, sono però scaricabili a buona densità.
Gli articoli di storia navale militare sono numerosi, e sicuramente interessanti.
Tra i molti, ad esempio, segnaliamo due relativi alla nave appoggio idrovolanti "Dedalo" e alle prove condotte a bordo negli anni trenta con autogiri "La Cierva":
http://www.vidamaritima.com/2008/12/la-aerostacin-naval-y-el-dedalo.html
http://www.vidamaritima.com/2008/06/la-cierva-y-la-estacin-transportable-de.html
Si tratta di un sito sicuramente interessante e - per quanto ho potuto vedere - piuttosto ben fatto.
- Il seguente sito spagnolo:
contiene numerosi links con pagine ufficiali dal sito web della Marina Spagnola come pure numerosissime altre pagine di interesse (anche con video e fotografie).
Merita una visita.
- Anche il seguente sito spagnolo:
contenente numerosi links con pagine ufficiali dal sito web della Marina Spagnola come pure numerosissime altre pagine di interesse (anche con video e fotografie).
Merita una visita.
UNIONE SOVIETICA
- http://www.o5m6.de/index.html
Riferito ai corazzati, alle artiglierie e ad altri mezzi motorizzati dell'Armata Rossa nella seconda guerra mondiale. Il sito è ricco di disegni molto ben realizzati, fotografie e dati.
- http://www.military.com/forums/0,15240,177294,00.html
Sbaglio, o è la vecchia Varyag ucraina?
USA
- E' riferito all'incrociatore lanciamissili USS OKLAHOMA CITY, oggi trasformato in museo a Buffalo (New York).
E' un sito davvero ben fatto, con numerosissime fotografie a buona definizione, e da cui è addirittura possibile scaricare i pdf dei manuali dell'epoca sui missili "Talos" e su altri elementi dell'elettronica e dell'armamento della nave.
Sicuramente, è uno dei migliori siti navali in cui mi sono imbattuto!
http://www.destroyerhistory.org/
relativo alla storia e alla tecnica dei cacciatorpediniere americani della seconda guerra mondiale.
E' un sito davvero ben realizzato con ricche pagine di testo, fotografie, disegni tecnici, statistiche, storie operative delle singole unità e dei reparti e altri interessanti elementi ancora. Merita una visita.
- Segnalo a tutti il seguente sito:
http://www.historylink101.com/
Contiene numerose foto a colori scattate a bordo di portaerei statunitensi (cliccare sul link indicato dalla freccia rossa) e - soprattutto - l'intera collezione di foto a colori della seconda guerra mondiale conservate ai National Archives dell'amministrazione USA (cliccare sul link indicato dalla freccia gialla).
E' un sito veramente completo per la quantità e la qualità di numerose immagini. Purtroppo, anche se c'è scritto che presto verranno aggiunte, mancano ancora le didascalie, per cui - soprattutto per le foto "generiche" è spesso difficile datare l'immagine o individuare il luogo dove è stata scatta.
In ogni caso, solo per la quantità di foto presentate, il sito vale assolutamente non soltanto una visita, ma anche di essere classificato tra i "preferiti".
- Segnalo che nel sito della Historic Naval Ships Association è disponibile questo link:
http://www.hnsa.org/doc/index.htm#ss
dal quale è possibile scaricare un gran numero di manuali dell'U.S. Navy, dalla seconda guerra mondiale in avanti, riferiti a numerosi tipi di unità, sistemi d'arma, dotazioni elettroniche, apparati motore ecc.
Inoltre, è anche possibile scaricare i "Booklets of general plans" (cioè i disegni tecnici, il piano delle ordinate e sezioni interne) di numerose classe i navi del periodo 1940-1945.
- Segnalo a tutti che la sezione fotografica del sito del Naval Historical Center dell'U.S. Navy:
http://www.history.navy.mil/branches/nhcorg11.htm
è stata recentemente riportata alle sue funzionalità originali, con l'aggiunta di altre immagini e di alcune sezioni "ex-novo".
Il sito - ben noto per la qualità e la quantità delle immagini presentate - merita realmente di essere tenuto in evidenza dato che costituisce una fonte primaria di documentazione iconografica sulle attività, i mezzi e gli uomini della Marina degli Stati Uniti.
- Segnalo il seguente sito:
http://www.researcheratlarge.com/"]http://www.researcheratlarge.com
Recentemente aperto, contiene numerosi "battle damage report" riferiti a unità dell'U.S. Navy all'epoca della seconda guerra mondiale. Vi sono riportati gli originali - ormai declassificati - di documenti ufficiali dell'epoca, e parecchi altri documenti di grande interesse (ad esempio, una relazione del 1943 sullo "state of art" delle conoscenze dell'U.S. Navy in materia di sommergibili dell'asse).
Per i "battle damage report", interessantissimo quello della portaerei Franklin (CV-13), completo di numerose fotografie dei danni subiti a definizione abbastanza accettabile.
http://www.researcheratlarge.com/Ships/CV13/Kamikaze/CV13DamageReportAppendix.html"]http://www.researcheratlarge.com/Ships/CV1...rtAppendix.html )
Ancorchè in fase di implementazione, è uno dei migliori siti navali che ho "scoperto" negli ultimi tempi.
- Segnalo a tutti i due links sottoindicati:
http://www.history.navy.mil/photos/sh-co-mk/camouflg/usn-wwii/31-33no.htm
http://www.history.navy.mil/photos/sh-co-mk/camouflg/usn-wwii/31-33tp.htm
Rivengono dal sito del Naval Historical Center dell'U.S. Navy e contengono numerosissimi schemi mimetici di unità navali americane del periodo 1943-1945, riferiti in particolare alle "measures" 31, 32 e 33.
Si tratta degli schemi originali, a suo tempo prodotti dagli enti tecnici (Camouflage Section del BuShips ecc.) della Marina statunitense.
Questa sezione del sito dell'N.H.C. è di recentissima apertura e, quindi, l'inserimento dei files è appena iniziato. Tuttavia, quanto si può già trovare in rete è realmente interessantissimo, quantitativamente e qualitativamente.
- Segnaliamo a tutti questo sito:
http://www.us-maritime-commission.de/
E' spettacolare, riferito a tutte le unità costruite durante la seconda guerra mondiale dalla U.S. Maritime Commission (Liberty, Victory, T2, C3 ecc,).
Contiene centinaia di fotografie (purtroppo la maggior parte a bassa definizione), elenchi, dati tecnici, links e addirittura fimati del periodo 1942-45. Ottima una sezione di documenti scaricabili in formato pdf, tra cui numerose riviste "di cantiere" americane del tempo di guerra.
E' gestito da Frank A. Gerhardt, che a collaborato a questo progetto con S. Terzibatsisch, sino alla recente scomparsa di quest'ultimo.
Ancorchè "tedesco", è sicuramente assai migliore di altri già validi siti "americani" sull'argomento.
Aviazione USA
- http://www.afhra.af.mil/photos/mediagallery.asp
E' il sito della U.S. Air Force Historical research Agency, con un numero veramente grande di foto molto belle, scaricabili a definizione più che accettabile.
- http://www.vectorsite.net/indexav.html
Contiene le descrizioni tecniche e operative di numerosi velivoli e, a mio avviso, può risultare molto utile come "punto di partenza" per ulteriori e più approfndite ricerche.
- Segnaliamo a tutti che il link corretto della galleria fotografica dell'USS LITTLE ROCK è il seguente:
http://www.williammaloney.com/Aviation/USSLittleRock/index.htm
Facendo seguito alla mia precedente e-mail relativa all'ottimo sito sull'USS OKLAHOMA CITY, segnalo un'altra galleria fotografica riferita ad un'altra similare unità: l'USS LITTLE ROCK, oggi conservato come museo a Buffalo (NY)
USA-ITALIA
- http://www.italie1935-45.com/
Ci sono anche i “maiali” ed il sottomarino Holland
http://www.williammaloney.com/Aviation/SubmarineUSSNautilus/ItalianSubmarineMaiale/index.htm
VARIE DAL MONDO MERCANTILE
Fari e Fanali
- http://www.unc.edu/~rowlett/lighthouse/
contenente numerosi link riferiti ai fari di ogni parte del mondo.
Movimento Navi Mercantili nei Porti (sperimentale)
- http://www.marinetraffic.com/ais/
Dal quale è possibile seguire i movimenti di parecchie navi mercantili.
Si tratta di un sito creato dall' Università greca dell'Egeo:
http://www.marinetraffic.com/ais/freestation.aspx
in cui è riportato questo testo:
"This web site is created as an academic, open project. It is dedicated in providing free real-time information to the public, about ship movements and ports and our main objective is to expand it to other research applications. The project is currently hosted by the Department of Product and Systems Design Enginnering, University of the Aegean, Greece. The initial data collection is based on the Automatic Identification System (AIS). We are constantly looking for partners wishing to install an AIS receiver and share the data of their area with us, in order to cover more areas and ports around the world."
Il sito è in lavorazione e viene implementato da chi (privato o ente) fa richiesta per ricevere gratuitamente un ricetrasmettitore AIS. I dettagli sono qui: http://www.marinetraffic.com/ais/freestation.aspx
Questo spiega perchè non tutte le aree sono coperte: mancano ancora gli apparati... però mi pare di capire che chiunque lo può richiedere, a condizione che sussitano le condizioni (luogo adatto ove installare l'antenna, disponibilità 24h su 24 di una copnnessione a banda larga ecc.).
Penso che questa segnalazione potrà interessare, in particolare, tutti coloro che seguono la marina mercantile.
- Segnalo a tutti il seguente sito:
http://www.lexilogos.com/dictionnaire_maritime.htm
Contiene links con numerosi dizionari tecnico-nautici francesi e con altre pagine web di interesse storico e tecnico. Merita una visita.
Foto 2° WW
-http://www.acepilots.com/ww2/pictures.html
con numerose immagini (molte anche note), parecchie delle quali a buona definizione, riferite a vari fatti, eventi e personaggi della seconda guerra mondiale.
STORIA MILITARE (Rivista) http://www.storiamilitare-aes.com/
Segnalo a tutti che sulla pagina di Facebook di "STORIA militare" http://www.facebook.com/pages/STORIA-MILITARE/95246523948?ref=ts ) sono stati inseriti alcuni nuovi elementi:
- report fotografico sulla conferenza tenuta ieri a Rapallo dal com.te Bagnasco sul tema "La documentazione fotografica della guerra aeronavale italiana 1940-1945".
- conferenza dell'ing. Giovanni Massimello sul tema "Aviatori italiani in Russia" (giovedì 19 nvembre p.v., h. 17.45, nella "sala della Vittoria Atlantica" del Comando della 1a Regione Aerea dell'Aeronautica Militare in Piazza Novelli a Milano.
- aggiornamento degli eventi in programma nell'area "Discussioni".
- Informo che sulla pagina di "Facebook" di "STORIA militare" ( http://www.facebook.com/pages/STORIA-MILITARE/95246523948?ref=ss ) è stata caricata la copertina del n. 194 (novembre 2009) della rivista, insieme al sommario.
I dati sono anche riportati nel sito internet della rivista, reperibile al link:
http://www.storiamilitare-aes.com/html/2009.html
http://www.icsm.it/siti/riviste.html (Siti riviste specializzate)
Modellismo
- Segnalo il seguente sito:
http://www.rokket.biz/models/modelsweb/rokket/u557/ubrass.shtml
E' un sito modellistico, dal quale è tuttavia possibile il download di due interessanti documenti tecnici:
- Un prontuario per il riconoscimento degli u-boote in base alla posizione e al disegno dei "fori di deflusso" presenti sullo scafo esterno;
- Uno studio sulle colorazioni applicate agli u-boote nel corso della 2a g.m.
NAVI DA CROCIERA
hurtigruten.crocieraonline.com (Il Postale dei Fiordi)
http://www.it.ncl.eu/ (Norwegian Cruise Line)
www.pocruises.com/ Regno Unito (P&O)
www.starclippers.com/employment.html
www.louiscruises.com/ (Isole Greche)
www.grimaldi-lines.com (Traghetti Ita.)
www.moby.it (Traghetti Ita.)
www.tirrenia.it/ (Traghetti Ita.)
A cura di MARE NOSTRUM
EMILIO LEGNANI - Notte di guerra nel Mar Nero
Giugno 2002
INTERVISTA
all’Ammiraglio “rapallese”
EMILIO LEGNANI
Una Notte di Guerra nel Mar Nero - L’azione del Mas di Emilio Legnani contro un Incrociatore ed un supercaccia della potente Flotta Sovietica
QUADRO STORICO GENERALE
La battuta d’arresto subita dalle armate tedesche attorno a Mosca e la dura prova dell’inverno 1941 avevano allarmato i comandi tedeschi. La Russia non era sconfitta e aveva dimostrato d’avere insospettabili risorse di resistenza.
La Germania non possedeva giacimenti petroliferi e la guerra in Russia aveva moltiplicato le esigenze di carburante. Accantonata la conquista di Mosca, obiettivo principale divennero i pozzi petroliferi del Caucaso e più oltre quelli arabi del Medio Oriente.
Nel 1942, sul fronte orientale le divisioni dell’Asse salirono così a 233, per un totale di circa quattro milioni d’uomini.
LO SCENARIO
Richiesta Germanica di Forze Navali alla Marina Italiana
L’obiettivo di contrastare il dominio aero-navale sovietico nel Mar Nero poneva la difficile soluzione dell’invio di naviglio. Le circostanze politiche impedivano il passaggio per i Dardanelli, la sola soluzione possibile era quella di ricorrere a piccoli ed insidiosi mezzi siluranti da trasferire a destinazione via terra (MAS), via treno (Smg, barchini ecc..) ed infine via fluviale sul Danubio. Le ardimentose azioni dei mezzi d’assalto della Marina Italiana a Gibilterra, Malta, Suda e soprattutto il grave danneggiamento delle corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth ad Alessandria il 19.12.41, avevano suscitato nella Marina germanica tale ammirazione ed interesse che non tardò a giungere una richiesta formale dell’Ammiraglio Raeder ai vertici della nostra Marina per ottenere l’impiego della X Flottiglia Mas in Mar Nero.
Tale richiesta fu esaudita, preparata e realizzata con successo in tempi ristrettissimi.
La composizione della task force fu stabilita come segue:
- Una squadriglia di sei sommergibili da 35 tonn.
- La IV Flottiglia MAS (com.te F.Mimbelli), composta da due squadriglie:
- La XIX (com.te C.Castagnacci), MAS 570-571-572-573-
- La VIII (com.te E.Legnani), MAS 566-567-568-569
- Una squadriglia di cinque M.T.M.S.
- Una squadriglia di cinque Barchini esplosivi.
I MAS 12° Squadriglia al Passo della Cisa)
In quella terribile tempesta che fu la seconda guerra mondiale, la piccola Liguria vantò alcuni primati:
- Un terzo del naviglio civile italiano, perduto nel conflitto, faceva parte del compartimento Genova.
- Il più alto numero di Medaglie d’Oro al Valore Militare e di Marina: 20
Delle 130 Medaglie d’Oro concesse dalla Marina in 5 anni di guerra per fatti d’arme aeronavali, 31 andarono agli uomini dell’assalto o a coloro che si erano resi partecipi delle stesse imprese.
Se l’Italia fu definita: un paese di eroi, poeti e navigatori ci viene fatto di pensare che questo golfo ne rappresenti la culla e l’emblema più significativi.
Ci troviamo a Rapallo, sulla rotonda delle nagge, sotto l’ombrosa e profumata chioma del secolare eucaliptus che svetta superbo come un’antica vedetta, su quel quadro d’Autore chiamato Tigullio.
Accanto a noi c’è il capitano di vascello Emilio Legnani (contrammiraglio a titolo onorifico) milanese di nascita che, come tanti famosi personaggi del passato, gettò l’ancora in questi limpidi fondali nel lontano 1931 per non salparla più.
LEGNANI EMILIO, tenente di vascello della Marina Italiana, è nato a Milano nel 1918. Figlio dell’ammiraglio di squadra Antonio Legnani, comandante della Squadra Sommergibili, frequentò l’Accademia Navale di Livorno uscendone nel giugno 1939 guardiamarina. Fu successivamente imbarcato sulla Giulio Cesare (nella battaglia di Punta Stilo) e sulla Littorio, trovandosi coinvolto nell’attacco inglese contro la flotta italiana nella base di Taranto il 12 novembre 1940 e ottenendo per la sua abnegazione una croce di guerra al valore militare. Trasferito sulla Vittorio Veneto partecipò al battaglia di Capo Teulada.
Nel gennaio 1941, dopo essere stato promosso sottonente di vascello, chiese il trasferimento al MAS. Dopo essersi battuto nel Tirreno, fu trasferito nel Mar Nero come comandante di un MAS. Il 3 agosto 1942, durante una missione di guerra, silurò e affondò un incrociatore sovietico, ottenendo una medaglia d’oro al valore militare. Per questa azione, il ten.vasc. Legnani è stato decorato dal Re con la medaglia d’oro al V.M. sull’Altare della Patria il 10 giugno 1943.
Sempre nel corso della seconda guerra mondiale, dopo essere stato promosso tenente di vascello, comandò la IX squadriglia MAS. Nel dopoguerra prese il comando dei dragamine 303-308 e delle corvette Sibilla-Gazzella-Daino. Legnani continuò la sua carriera in Marina presso il C.M. di Roma e di Genova, dove frequentò la Scuola Comando. Divenne capitano di corvetta nel 1952 e capitano di fregata nel 1961. La sua carriera continuò in ambito civile presso il Corpo Piloti del porto di Genova, che lo vide brillante pilota e sottocapo pilota dal 1956 al 1982. Ricopre tuttora, da quasi trent’anni la carica di Vicepresidente dell’Ente Radar genovese.
Emilio Legnani, 84 anni portati con estrema disinvoltura, ama definirsi: un sopravvissuto di una razza in via d’estinzione.
Non si può certo negare che in alcuni atteggiamenti, l’uomo ed il personaggio riescono a trasfigurarsi in un condottiero solitario, aristocratico e deciso, che brandeggia una spada tagliente ma che ha nel cuore uno scrigno colmo d’ideali e leggende realmente vissute.
Ma, attenzione! Per conoscere il nostro eroe occorre sollevargli la celata e scoprire che l’uomo antico non è.
“Comandante, getti la maschera e ci spieghi! Lei è Vicepresidente Delegato, a tempo pieno, dell’Ente Osservatori Radar genovese ormai dal 1982, con il compito di preparare e certificare i comandanti e gli ufficiali italiani e stranieri della Marina Mercantile. Le materie di cui v’occupate, cinematica e VTS (vessel traffic system) rappresentano l’essenza più importante del management marittimo dell’epoca.
Quale motivazione la spinge a gettarsi ancora in questa sfida quotidiana, altamente ritmata e convulsa che caratterizza oggi il mondo del lavoro?”
“Lei ha usato il termine giusto: Sfida - La mia vita è stata sempre una sfida. Finché anima e corpo mi sosterranno, io mi terrò al servizio della Marina e dei miei ideali.”
“Questa spiaggia mi ricorda il suo velocissimo motoscafo Riva degli anni ’60, quando fedele al ruolo d’assaltatore della 2° guerra mondiale, lei non disdegnava a lanciarlo verso l’orizzonte, con un rombo tremendo che squarciava il timoroso silenzio di questa baia.
MAS schierati nel porto di Genova, il giorno prima di partire per il Mar Nero.
Quel tiepido ricordo estivo mi riporta ancora più indietro negli anni, a quella ben più avvincente avventura bellica, che la vide protagonista al comando del MAS-568 e che le valse la Medaglia d’Oro al Valore Militare per l’azione contro l’incrociatore sovietico Molotov nel Mar Nero, la notte tra il 2-3 agosto 1942.
MAS n.568 sullo scalo d’alaggio a Gurzuf - Yalta
MAS a Yalta – giugno 1943
Vorrei leggere insieme con lei il resoconto ufficiale dell’azione, redatto dall’Ufficio Storico della Marina Militare Italiana:
Occorreva trasferire nel Mar D’Azov delle unità germaniche cariche di materiali necessari alle operazioni dell’Esercito. Trattandosi di una ventina di tali imbarcazioni, era stato stabilito che la loro partenza da Iwan Baba e da Feodosia avvenisse a scaglioni, intervallati di qualche giorno; ed al tramonto, in modo da passare di notte lo Stretto di Cherc la cui sponda orientale era ancora in mano del nemico.
Per la protezione delle motobettoline era previsto:
- Una scorta diretta a mezzo di dragamine tedeschi da 100 tonn.
- Una vigilanza a distanza, effettuata dai nostri Mas e dalle motosiluranti germaniche, a sud della penisola di Cherc, lungo una linea che le unità nemiche avrebbero dovuto attraversare per attaccare il convoglio dell’Asse.
I Russi, che avevano avuto dalla loro ricognizione aerea e probabilmente anche dallo spionaggio notizie del concentramento delle motobettoline a Feodosia e ad Iwan Baba, decisero di effettuare un bombardamento notturno di quelle località con navi ed aerei, e così, mentre le navi nemiche, lasciando nel pomeriggio del 2 agosto Tuapse, stavano dirigendo verso le coste sud-orientali della Crimea, un convoglio costituito dalle prime 8 motobettoline partiva da Feodosia verso le 18 dello stesso giorno dirigendo verso Cherc, con la protezione prestabilita.
Se tutto si fosse svolto secondo le previsioni non sarebbe probabilmente avvenuto nessun incontro: le navi e gli aerei russi avrebbero trovato i porti senza i Mas né motosiluranti né dragamine e con le 8 motobettoline di meno; ma le unità italo-tedesche di vigilanza sarebbero state troppo lontane per poter contrastare il ritorno delle navi nemiche verso i porti caucasici.
Invece il Mas 573, sul quale era imbarcato il capo squadriglia capitano di corvetta Castagnacci, poco dopo la partenza ebbe un’avaria ad uno dei motori ed invece di raggiungere il punto stabilito, 40 miglia ad est di Feodosia, rimase in agguato ad una decina di miglia da quel porto, separandosi dagli altri due Mas (il 568 ed il 569) i quali diressero per le posizioni assegnate (vedi cartina n.2) In tal modo il Mas 573 si venne a trovare, per una fortunata combinazione, in una posizione ideale per attaccare unità che fossero venute a bombardare la costa, come in effetti avvenne.
Particolari degli attacchi dei MAS contro la formazione nemica nella notte sul 3 agosto 1942.
Poco dopo la mezzanotte (3 agosto 1942) un incrociatore ed un cacciatorpediniere con provenienza da ponente e rotta circa ENE aprirono il fuoco contro la costa, verso Iwan Baba.
Il Mas 573 diresse immediatamente per l’attacco, nonostante avesse uno dei motori principali in avaria, e lanciò contro l’unità maggiore un solo siluro perché l’altro era partito erroneamente quando il Mas non era sull’angolo di mira giusto. Il Mas riuscì a sfuggire alla violenta caccia dell’unità di scorta, nonostante la sua limitata velocità, dirigendo verso la costa.
MAS in corsa
Il Mas 568 (tenente di vascello Legnani) ricevette il segnale di scoperta lanciato dal capo squadriglia, lo rilanciò al MAS 569 (tenente di vascello Ferrari) ed invertì subito la rotta dirigendo a tutta forza verso il punto indicato dal segnale; ma trovandosi in posizione sfavorevole rispetto alla luna e per di più avendo mare vivo al mascone che lo copriva continuamente di alti spruzzi, non avvistò il nemico per primo e si accorse della sua presenza soltanto quando quello aprì il fuoco contro di lui. Il tenente di vascello Legnani affrontò arditamente tale grave inferiorità iniziale e manovrò sotto il fuoco nemico con freddezza ed abilità per portarsi in posizione di lancio.
I due siluri lanciati a breve distanza colpirono entrambi l’unità maggiore che si incendiò ed esplose violentemente dopo pochi minuti.
Anche il Mas 568 fu inseguito a lungo dal cacciatorpediniere di scorta e bombardato da aerei che lo illuminarono con i bengala.
Cartolina di propaganda: un MAS in azione contro un incrociatore sovietico davanti a Sebastopoli
Nessuno dei due Mas subì la minima avaria per effetto del tiro avversario, che pure era ben diretto e molto nutrito.
Due tavole di Beltrame sui Mas ne Mar Nero..
Questo freddo rapporto dell’Autorità Militare non può dare che una pallida idea della tensione emotiva, in quello scenario notturno, che attenagliava uomini navi ed aerei che sparavano e scappavano in un carosello di fuoco alla pazzesca velocità di 30-40-50 nodi.
“Cosa le è rimasto dentro di quella battaglia navale ? “
“A sessant’anni di distanza, quell’azione rimane uno dei ricordi più vivi e più belli della mia vita. Ancora oggi provo una certa emozione nel ricordare il mio equipaggio che, in quella delicatissima circostanza, ebbe fiducia in me e nelle decisioni che presi quella notte.
Ricordo che fummo avvistati dal nemico in favore di luce lunare, e subito ci caricò di fuoco. Il più anziano sottufficiale di bordo mi disse: “Comandante, si ricordi le norme dei M.A.S.: attacco insidioso e scappa.” Ed io gli risposi:- Qui d’insidioso non c’è più niente, ci stanno caricando di granate. Ancora tre o quattro colpi e ci prendono. O noi o loro. Se vogliamo portare la pelle a casa dobbiamo passare dall’altra parte per intrappolarli con la luna a sfavore.
Fummo sommersi da proiettili che scoppiettavano intorno a noi come nocciole e fui colpito da una scheggia alla guancia sinistra, della quale m’ accorsi soltanto quando uscimmo da quell’inferno.
Devo aggiungere che in quei momenti, scherzi dell’adrenalina o dell’estrema concentrazione, mi sentii dentro una calma assoluta e riuscii a ragionare con estremo raziocinio.
L’ incrociatore sovietico Molotov della classe “Kirov” ed il caccia conduttore Karkov della classe “Leningrad” bombardavano la costa e accostavano in fuori, verso il largo. Usavano questa tattica per trovarsi all’alba fuori della portata degli Stukas tedeschi.
Il cacciaconduttore Kharkov
Con il Mas-568 ci trovammo soli ed in posizione d’agguato più a levante. Appena ci comunicarono da terra il segnale ‘convenuto’ misi avanti tutta, stringendo la costa, per tagliare la strada al nemico.
Ci trovammo proprio sulla loro rotta!
Senza poterli neppure intravedere, finimmo in ’bocca al lupo’ che ci accolse a cannonate. Per fortuna i Sovietici commisero l’errore di ritenerci colpiti, non pensando che un Mas colpito produce una fiammata e salta in aria, non affonda nel buio. Quando fummo a 800 metri di distanza, mirai la zona a centro-prua della sagoma nera della nave e ordinai di lanciare entrambi i siluri in dotazione. Accostammo subito per non farci ‘beccare’ sulla direttrice degli ordigni e loro s’avvidero del pericolo ed accostarono velocemente, ma non poterono evitare i siluri che lo colpirono a poppavia. Continuai a manovrare ed a fuggire e mi trovai ‘spiattellando’ sotto la prora del Karkov, che sparava ‘lungo’ con tutte le armi sopra le nostre teste. Eravamo a meno di 200 metri dalla sua prora, nell’angolo morto dei suoi tiri. L’ultima virata, a 50 nodi di velocità, ci consentì di scaricare di poppa le ultime armi a nostra disposizione: 10 BTG (bombe torpedine a getto), calibrate a spoletta zero, a scoppio quasi immediato e veramente con gran pericolo per il nostro stesso scafo. Due di questi ordigni colpirono il Karkov tranciandogli di netto la prora sino alla paratia di collisione, la cui tenuta li salvò da un rapido affondamento.
I cacciatorpediniere di scorta raccolsero i naufraghi del Molotov e presero a rimorchio il Karkov per la poppa. Gli aerei della Ricognizione Marittima sovietica c’inseguirono e ci mitragliarono durante tutto il nostro rientro. Ma i loro colpi finirono tutti a 30 metri di poppa, ingannati, dall’alto, dalla scia vistosa e fosforescente lasciata dal nostro Mas.
Vorrei aggiungere ancora un particolare che tuttora mi emoziona: a siluramento avvenuto, dal Mas-568 si levò un grido all’unisono: VIVA IL RE!
e soltanto Viva il Re. Noi eravamo stati addestrati a gridare:
Viva il Re, salute al Duce.”
MAS 568
X- Flottiglia M.A.S.
“Erede diretta delle glorie dei violatori di porti che stupirono il mondo con le loro gesta nella prima guerra mondiale e dettero alla Marina Italiana un primato finora ineguagliato, la XFlottiglia M.A.S. ho dimostrato che il seme gettato dagli eroi nel passato ha fruttato buona messe. In numerose audacissime imprese, sprezzante di ogni pericolo, fra difficoltà di ogni genere create, così, dalle difficili condizioni naturali, come nei perfetti apprestamenti difensivi dei porti, gli arditi dei reparti d’assalto della Regia Marina, plasmati e guidati dalla X Flottiglia M.A.S. hanno saputo raggiungere il nemico nei più sicuri recessi dei muniti porti, affondando due navi da battaglia, due incrociatori, un cacciatorpediniere e numerosi piroscafi per oltre 100.000 tonnellate. “Fascio eletto di spiriti eroici, la X Flottiglia M.A.S. è rimasta fedele al suo motto: “Per il Re e la Bandiera”.
(Mediterraneo, 1940-1943)
Il giorno successivo, il Mas 573 fu inviato di pattuglia e riscontrò una massa ingente di rottami d’ogni genere che copriva una vasta zona di mare. Questo ritrovamento confermò l’affondamento di un’unità nemica. Nulla si seppe allora del grave danneggiamento subito dalla seconda nave da battaglia.
Il corso della guerra e gli ovvi motivi di riservatezza militare ne impedirono l’identificazione.
“Dopo quanti anni dall’evento, la nostra Marina venne a conoscenza, in modo certo, dei successi italiani di quella notte?”
“Fonti sovietiche resero noti gli avvenimenti della notte del 3 agosto verso la fine degli anni ’50. Solo allora si seppe con certezza, per ammissione dei stessi Russi, dell’affondamento dell’incrociatore Molotov che era al comando del capitano di vascello Romanov e del danneggiamento del supercaccia Karkov al comando del capitano di fregata Shevtcenko. Questa seconda unità, rimasta senza la prua, fu rimorchiata con molte difficoltà nel porto di Tuapse e rimase ai lavori per tutto il resto del conflitto. Le due unità sovietiche erano salpate agli ordini del contrammiraglio N.E. Basisty, comandante della Brigata incrociatori del Mar Nero.”
Nel decalogo degli operatori dei mezzi d’assalto si evidenzia una costante richiesta d’autodisciplina, autocontrollo, un accuratissimo addestramento ed un elevato spirito di sacrificio. Nel documento manca qualsiasi indizio di fanatismo o esaltazione del Regime ed è inoltre condannata ogni forma di vanità personale. Soltanto al punto n.6 si colloca la motivazione che era la vera chiave di lettura dell’impegno da voi assunto:
l’Amore per la Patria
Aldilà del nobile e puro sentimento patriottico, non dubitò mai, che lei ed il suo equipaggio poteste essere le vittime scelte da una propaganda che cercava di supplire, con il vostro coraggio individuale, alla mancanza d’armi efficaci?
Così come qualcuno disse: “Beati quei popoli che non hanno bisogno d’eroi.”
“Per la nostra generazione, l’amor patrio ha rappresentato il sentimento più forte in assoluto. Nessuna forma di propaganda, pro o contro, avrebbe potuto scalfire in qualche modo questa forza che ci ha sostenuto fino ad oggi.
L’unico apporto positivo che l’Italia è riuscita a dare ai Tedeschi è stato il contributo della Flottiglia MAS nel Mar Nero. La nostra presenza in quelle acque era stata sollecitata dal grande Ammiraglio Raeder, dopo i prestigiosi successi italiani dei mezzi d’Assalto ottenuti ad Alessandria, Suda e Gibilterra. Questi riconoscimenti c’erano elargiti principalmente per il nostro speciale addestramento e per le tattiche di guerra adottate che prevedevano sempre una via di fuga oppure il recupero dell’assaltatore.
Il cantiere Baglietto poteva fornire un MAS in pochi mesi, ma per formare gli equipaggi giusti occorrevano anni.
No! Non eravamo kamikaze, né fanatici o sprovveduti bombaroli, eravamo dei militari addestrati per colpire il nemico, portare la pelle a casa ed essere di nuovo pronti a reiterare nuovi attacchi.”
“Le sue affermazioni sono peraltro confermate da uno ‘studio’ dello storico navale Tullio Marcon (vedi allegato). La statistica proverebbe che la mortalità tra il personale incursore fu nettamente inferiore a quella registrata tra gli equipaggi caduti della Marina Militare Italiana, nel secondo conflitto mondiale.”
M.DASSALTO Affondati OPERATORI
Tonn. Interventi Impieg. Morti Prigion.
MAIALE 184.861 14 101 4 33
BARCHINO 16.484 7 41 2 12
MOTOSCAFO 11.050 31 80 3 ..
GAMMA 28.348 14 71 10 13
-----------------------------------------------------------------------------
TOTALI 247.743 66 293 19 58
Da questa breve statistica di T.Marcon si rileva che: su 293 militari assaltatori (incluse le riserve), impiegati in 66 azioni, i morti furono 19 (7%) – i prigionieri 58 (20%). Andando ora ai valori assoluti per i caduti, la citata percentuale del 7% sale al 10% se si considera che tra i 293 impiegati sono inclusi diversi reimpieghi, valutabili in un centinaio circa. Si hanno quindi 19 caduti su circa 190 uomini. Ebbene se si rammenta che sulla forza di 190.000 uomini in servizio con la Regia Marina, dal 1940 al 1945 i morti furono quasi 29.000, ossia il 15% del totale in valore assoluto, si può concludere che per i Mezzi d’assalto la sopravvivenza fu nettamente superiore a quella di altre specialità.
Prima di accettare la nomina a Sottosegretario alla Marina Repubblicana, suo padre, l’Ammiraglio Antonio Legnani volle recarsi da uno dei “padri” fondatori della Marina, Thaon di Revel, per chiedergli consiglio.
“Non abbia dubbi o pentimenti per la strada che ha scelto”- disse il Grande Ammiraglio. “Si ricordi che in ogni epoca della storia vi sono stati, da ogni parte, grandi patrioti e l’essenziale è che le loro opere e le loro azioni siano state esclusivamente ispirate al supremo bene e interesse della patria.”
“Pochissimo tempo dopo, suo padre perì in un incidente stradale.
Io credo che le parole di Thaon di Revel siano, per la loro onestà intellettuale, ancora di grand’attualità.
Qual è oggi il suo pensiero? “
“Nei giorni precedenti l’8 settembre ’43, incontrai mio padre di sfuggita, il quale, con molta tristezza e rassegnazione mi disse:
-L’amico Karl Doenitz mi ha preannunciato che, se gli Italiani non riprenderanno a combattere al fianco dei Tedeschi, mezza Italia, da Milano a Roma, sarà polonizzata, cioè sarà ridotta ad una seconda Polonia. Perché questi sono gli ordini categorici di Hitler. –
Tu tienti fuori! - Mi ordinò mio padre – Noi siamo destinati a morire, e lo faremo per il Paese, perché cercheremo, con il nostro sacrificio, d’impedirglielo.”
“Povera Italia non può fare la guerra e non può fare la pace!”
Sintetica, amara quanto veritiera, questa frase rispecchiò la tragedia nazionale di quei giorni.
“Comandante, cosa provò l’otto settembre ’43 ? ”
“Piansi! Un pianto irrefrenabile. Quel giorno la Patria morì con il suo onore, ed il sacrificio di Fecia di Cossato testimoniò il sentimento di tutti noi:
Le flotte vanno affondate, non si consegnano al nemico!
La nostra flotta con il pennello nero, che significa “mi arrendo”,
fu ricevuta a Malta da una celebre unità inglese, che portava ancora i segni di una grande offesa subita. I britannici si sa hanno il senso dell’humor, e l’Ammiraglio Cunningham era lì, proprio sulla Valiant che era stata duramente colpita da Durand de la Penne.
Quando gli Inglesi aprirono al pubblico i loro archivi della 2° guerra mondiale, incaricai un’ufficiale della nostra Marina, che aveva fatto parte dei servizi segreti, di recarsi in Inghilterra per indagare sulla morte di mio padre.
La risposta che ottenne sul tragico avvenimento fu breve, secca e precisa:” Fu un colpo di mano dell’Intelligence Service. Un’Azione di guerra!”
Mia madre, all’epoca ispettrice della Croce Rossa, poté vedere la salma di mio padre che presentava, in modo inequivocabile, un foro alla testa e non ebbe alcun dubbio, già allora, sulla dinamica dell’incidente…
Dei quattro occupanti l’auto di servizio, soltanto mio padre rimase ucciso nell’agguato e si trattò, per ammissione degli stessi Inglesi, di un’azione di guerra, certamente portata a compimento per impedire o scoraggiare il passaggio di sommergibilisti fedeli a mio padre nella neonata Repubblica.”
Montanelli ha scritto:
“non è vero chi gl’Italiani siano buoni soldati traditi da cattivi Capi. I Capi valgono poco anche perché dispongono di soldati che, come massa, poco valgono, come del resto è logico che sia in un paese rimasto per secoli imbelle e abituato ad affidare la propria sorte a truppe straniere. In mezzo a questa massa imbelle ci sono degli eroi che, lottando anche contro di essa oltre che contro il nemico, riescono a rendersi protagonisti d’episodi luminosi come gli assaltatori della Marina. I Capi invece vengono da questo mediocre substrato umano…”
“Qual è il suo pensiero in proposito?”
“Pur avendo il massimo rispetto per I. Montanelli, dissento completamente dalle sue valutazioni, almeno per quanto riguarda la Marina, che era formata da persone entusiaste, capaci, silenziose, pronte a soffrire ed a sacrificarsi per il Paese. Devo aggiungere che gli Stati Maggiori di mare, non quelli di terra (Supermarina), e gli equipaggi imbarcati non avevano nulla da invidiare a quelli Inglesi.”
“Dal giorno della sua azione in Mar Nero sono trascorsi sessant’anni di storia, tutto sommato di pace per il nostro Paese.
Qualora fosse vera la teoria dei “ricorsi storici”, quale consiglio darebbe ai giovani italiani di domani?”
“Quello di riscoprire i veri valori, combattere per dei giusti ideali, quelli universali, non quelli falsi propinati dai media e avvallati da quei rissosi partiti politici che ci governano. Ma alla base di tutto questo ci deve essere una scuola di sacrificio, perché è la sofferenza in età giovanile a formare e temprare il carattere dell’uomo.
Io benedico gli anni d’Accademia, i giri di barra, i giri di corsa, le ore di piantone e tutto il resto. Adesso, purtroppo anche le Accademie non sono più le stesse, sono subentrate le donne, e su di esse si è appiattito anche il valore degli uomini.
Le ragazze vanno bene nei paesi nordici ed anglosassoni dove, per una ”strana” tradizione maschile, la bottiglia di whisky riveste un fascino erotico superiore a quello femminile. Da noi come ben sappiamo, le abitudini…sono molto diverse, ed il fallimento è totale. Ma per coprire gli organici non esiste un’alternativa, perciò:” buon viso a cattiva sorte”!
Io credo che esistano nel nostro Paese troppe ”religioni politiche”, storicamente indifferenti all’amor patrio. Ma io ho molta fiducia nell’intelligenza e nel sentimento dei giovani italiani e credo che, presto, nello spirito europeo, troveranno lo stesso patriottismo che è già patrimonio dei loro coetanei francesi, inglesi, e tedeschi.”
“Comandante, siamo giunti all’epilogo di questa nostra conversazione.
C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?”
Raffaele Rossetti
Si! – Vorrei ricordare che la città di Rapallo ospita, dal 1964, un valoroso marinaio: Giuseppe Ferrante di Favignana, il quale, imbarcato come sottonocchiero sul MAS al mio comando, si guadagnò la Medaglia di bronzo al V.M. per l’azione nel Mar Nero che abbiamo ampiamente descritto.
Per concludere, vorrei aggiungere una questione del tutto personale.
Ho scelto la mia ultima dimora nel camposanto di S.Ambrogio, lassù, alle nostre spalle e per due motivi:
Perché amo questo golfo e per riposare accanto ad un grande amico:
il Maggiore del Genio Navale Raffaele Rossetti, eroe della 1a guerra mondiale, sulla cui tomba, a perenne ricordo, è incisa la frase:
1881 - 1951
Raffaele Rossetti
EROE SILENZIOSO
CHE NELLA NOTTE DI POLA
ASSOMMO’ E SOLLEVO’ AGLI ASTRI
TUTTA LA GLORIA
DEI MARINAI D’ITALIA
1. nov.1918 G. D’ANNUNZIO
L’ultimo addio a Emilio Legnani, medaglia d’oro al valor militare.
Si è spento il 23 agosto 2006 a Genova il comandante Legnani, decorato di medaglia d’oro al valor militare. Il capitano di fregata Emilio Legnani nacque a Milano il 3 marzo 1918. Allievo all'Accademia navale di Livorno dal novembre 1938, nel giugno 1940 conseguì la nomina a guardiamarina.
Imbarcò prima sulla corazzata Giulio Cesare e poi sulla Littorio con l'incarico di ufficiale addetto alle telecomunicazioni e durante l'attacco notturno a Taranto del 12 novembre dello stesso anno provvide, a bordo di un piccola imbarcazione e sotto il martellare del bombardamento inglese, a spegnere i fari delle boe che circondavano l'unità quindi, risalito a bordo, con la nave danneggiata dallo scoppio dei siluri inglesi, riuscì a portare in salvo l'archivio segreto.
Promosso sottotenente di vascello, nel gennaio 1941 venne trasferito a domanda sui mezzi d’assalto, operando prima con prima squadriglia dell'Alto Tirreno e poi nel Mar Nero, al comando di una motosilurante della squadriglia comandata dal capitano di vascello Francesco Mimbelli. Durante la missione condotta nella notte del 3 agosto 1942, attaccava arditamente e affondava un incrociatore sovietico tipo "Crimea Rossa".
Promosso tenente di vascello nel luglio dello stesso anno e rimpatriato, fu assegnato all'ufficio operazioni del comando in capo del dipartimento Alto Adriatico a Venezia e nell'agosto, a domanda, assunse il comando della IX squadriglia Mas. L'armistizio dell'8 settembre 1943 lo colse mentre si trovava ricoverato per malattia contratta in servizio. Dopo il conflitto prestò servizio presso il distaccamento Marina militare di Roma e dopo il comando dei dragamine 303 e 308, ebbe il comando della corvetta Gazzella.
Promosso capitano di corvetta nel maggio 1952 e destinato presso il comando Marina di Genova, l'anno successivo frequentò l'Istituto di guerra marittima al termine del quale, vincitore del corso per il Corpo piloti del porto di Genova, lasciò a domanda il servizio attivo. Promosso capitano di fregata nella riserva di complemento nel 1961, nel 1964 assunse la carica di presidente del Collegio nazionale patentati capitani di lungo corso. Il comandante Legnani è stato decorato di medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione:
“Comandante di Mas veloce, operante in mari lontani, dava prova in audaci missioni di guerra di perfetta preparazione, di sereno ardimento e di elevata perizia nella condotta del potente e insidioso strumento bellico a lui affidato. Destinato a effettuare una difficile missione di agguato, dirigeva decisamente per intercettare una formazione navale sovietica, composta di un incrociatore e un cacciatorpediniere, sfidandone con coraggio e audacia l'intenso e ben aggiustato tiro che inquadrava ripetutamente la piccola unità. Nonostante le sfavorevoli condizioni di luce e la martellante azione di fuoco dell'avversario, mirava decisamente all'obiettivo e, giunto a breve distanza, lanciava contro la prima e più grossa unità due siluri che, esplodendo, avvolgevano in una nube di fuoco la nave nemica che in pochi minuti affondava. Compiuta l'eroico gesto che rinnovava con insuperabile slancio le gloriose tradizioni dei nostri Mas, si disimpegnava dalla furiosa reazione dell'unità nemica di scorta e dagli insistenti attacchi aerei, raggiungendo senza perdite la propria base. Egli veniva così a dimostrare come lo spirito che anima i marinai d'Italia sappia piegare in qualsiasi cimento la forza avversaria e su essa, osando l'inosabile, trionfare. Mar Nero, 3 agosto 1942”
Fonte: Stato Maggiore Marina
Carlo GATTI
Rapallo, 08.04.11
LUIGI FAGGIONI, un EROE chiavarese a Suda (Grecia)
LUIGI FAGGIONI
Un eroe chiavarese a Suda (Grecia)
Il 20 maggio 1941 i BARCHINI ESPLOSIVI comandati dal t.v. Luigi Faggioni violano la base inglese di Suda, nell’isola di Creta, affondano l’incrociatore YORK e la petroliera PERICLES.
Luigi Faggioni e sua moglie
Mappa della missione di Suda (Creta). Il 26 marzo 1941, i siluri umani: Cabrini, Tedeschi, Faggioni, De Vito, Beccati, Barberi; a bordo di barchini esplosivi, forzarono le protezioni all'ingresso della baia riuscendo ad affondare l'incrociatore York e la petroliera Pericles.
Pochi uomini e mezzi, basso costo e audacia hanno ottenuto la disabilitazione di grossi mezzi bellici, cosa che creò un rallentamento delle azioni inglesi in mediterraneo. Non è così che si vincono i giganti, ma è così che si prende tempo facendo pagare grossi costi in denaro al nemico limitandone al contempo la mobilità sul campo di battaglia. Ogni riferimento a fatti odierni è puramente casuale.
La Baia di Suda
In quella terribile tempesta che fu la seconda guerra mondiale, la piccola Liguria vantò alcuni primati:
- Un terzo del naviglio civile italiano, perduto nel conflitto, faceva parte del compartimento di Genova.
- Il più alto numero di Medaglie d’Oro al Valore Militare e di Marina: 20
L’illusione di Mussolini di poter condurre una “guerra parallela” a quella dell’alleato tedesco ed ottenere pari dignità, durò lo spazio di cinque mesi. La resistenza inglese prima e l’attacco tedesco all’URSS poi, obbligarono invece Mussolini a cimentarsi in prove superiori alle sue forze.
Il 1941 assunse così per l’Italia l’aspetto di una vera e propria via crucis.
Quando venero iniziate le operazioni contro la Grecia, la Flotta U.K. del Mediterraneo utilizzò una base di notevole importanza strategica nella profonda baia di Suda situata nel versante occidentale di Creta. Da questa insenatura le unità britanniche minacciavano le nostre isole del Dodecanneso, impedendo il collegamento marittimo fra l’Italia e il possedimento, che costituiva il fronte più avanzato nel Mediterraneo orientale.
La marina italiana provvide a contrastare gli inglesi dislocando una flottiglia “incursori di superficie” con base a Lero. L’arma impiegata da questi uomini era il cosiddetto barchino esplosivo o M.T.M. largo m.1.90 – lungo m. 5.20, CV 2500 – Vel.32 nodi – 5 ore di autonomia e nella parte anteriore aveva un barilotto contenente 300 kg. di esplosivo. L’arma era pilotata da un solo uomo che, quando individuava il bersaglio, lo puntava con la prua del barchino e poi metteva il motore a tutta forza, bloccava il timone e subito si lanciava in mare.
Furono questi barchini dunque, in numero di sei, i protagonisti dell’impresa di Suda. Li pilotavano l’allora t.v. Luigi Faggioni, il s.t.v. Angelo Cabrini, ed i sottufficiali A. De Vito, Tullio Tedeschi, Lino Beccati ed Emilio Barberi.
L’azione cominciò verso la mezzanotte del 25 marzo. I barchini ed i sei uomini che dovevano guidarli partirono dall’isola di Stampalia a bordo dei cacciatorpedinieri Crispi e Sella. Quando le due unità arrivarono a circa sei miglia dall’imboccatura della baia di Suda, gli M.T.M. furono calati in mare con i sei uomini ed abbandonati al loro destino. Proprio in quel punto, il giorno precedente, la nostra ricognizione aerea aveva segnalato la presenza di un incrociatore inglese di 10 mila tonnellate, di due cacciatorpediniere e di dodici piroscafi nemici.
Proprio su questa preda misero la prora i nostri “incursori”, con alla testa il capo squadriglia Faggioni. Soli in un braccio di mare lungo stretto controllato dal nemico, i sei eroi superarono tre ordini di ostruzioni, giungendo all’estremità della baia di Suda alle ore 4.45. Nel poco tempo che ebbe a disposizione, Faggioni scelse i bersagli più grossi e assegnò ai suoi uomini gli obiettivi da colpire: l’incrociatore York a Cabrini e Tedeschi, per sé e per Beccati riserbò il secondo attacco alla grossa unità in caso di fallimento del primo; De Vito e Barberi ebbero per bersagli i piroscafi ormeggiati sul fondo della baia.
L’Incrociatore Inglese York colpito a morte
Sono le 05 in punto del 26 maggio 1941. L’incrociatore britannico dà segni di risveglio e Faggioni ordina il “via” all’operazione. Cabrini e Tedeschi dirigono verso il bersaglio. L’oscurità è profonda ed a circa duecento metri dallo York, i due incursori si fermano nell’attesa che sopravvenga un po’ di luce. Alle 05.30, con tutto il gas aperto, i due barchini si lanciano. A circa ottanta metri dal bersaglio i due piloti bloccano i timoni e tolgono la sicura della carica, lasciandosi cadere in acqua.
Prima che le vedette possano dare l’allarme, avevano scambiato i rumori dei M.T.M. per aerei, violente esplosioni avvampano contro il fianco della York, che sbanda a dritta e comincia a immergersi di poppa. Faggioni e Beccati si avvicinano ad una grossa petroliera (risultò poi essere la Pericles). Contro di essa si lancia per primo Beccati cogliendola di poppa. Anche il capo squadriglia sta per lanciarsi contro la petroliera, quando dietro ad essa vede apparire un’unità da guerra mimetizzata. E’ l’incrociatore Coventry che era affiancato alla Pericles per rifornirsi e che ora cerca la fuga sparando in ogni direzione.
La petroliera Pericles fortemente appoppata
Faggioni punta immediatamente il suo mezzo contro la nave che sta acquistando velocità. Purtroppo il barchino è stato ideato per colpire bersagli fermi e quando viene lanciato si perde, esplodendo contro una banchina del porto. In seguito a questa audacissima azione la flotta inglese perse praticamente l’unico incrociatore con cannoni da 203 che allora possedeva in Mediterraneo. Quanto alla Pericles perse quasi tutto il suo prezioso carico e colò a picco durante il tentativo di rimorchio verso Alessandria d’Egitto.
Faggioni e i suoi compagni furono fatti prigionieri a Suda e trattati con ammirazione come tradizione della Marina britannica verso il nemico valoroso. L’ammiraglio Cunningham, comandante in capo della Mediterranean Fleet, narrando l’attacco scrisse: “Mi ha sempre meravigliato quanto gli italiani siano bravi in questo tipo di attacchi individuali. Hanno certo uomini capaci delle più valorose imprese”.
I sei eroi di Suda, al loro ritorno in patria dalla prigionia, furono decorati con Medaglia d’Oro al Valore Militare.
- Si ringrazia il socio com.te Nicola Boletto, cognato dell’Ammiraglio Luigi Faggioni per averci fornito il materiale storico dell’avvenimento.
Carlo GATTI
Rapallo, 05.04.11
MATHAUSEN-RAPALLO. Storia di un Pilota genovese
Da Mathausen a Rapallo
L'INCREDIBILE STORIA DI
BENEDETTO BOZZO
PILOTA DEL PORTO DI GENOVA
Quando si parla della Seconda guerra mondiale, per noi di una certa età, si apre automaticamente l’album dei ricordi e se il discorso cade su un protagonista rapallese di grande tradizione marinara camoglina, allora l’emozione sale ed il desiderio di raccontarvela diventa insopprimibile.
1938 – Un gruppo di Piloti in uscita dal Porto di Genova. Benedetto Bozzo è il secondo da destra.
- Benedetto Bozzo nacque a Genova il 3.10.1897, ebbe il grado di S.T. di Vascello nella Marina Militare e in seguito navigò come ufficiale della Marina Mercantile. Vinse il Concorso per “Pilota del porto di Genova” - Fu nominato Aspirante Pilota l’8.8.1929 e divenne Pilota effettivo il 9.8.1930. Durante la Seconda guerra mondiale fu militarizzato ed inviato a Corinto ad esercitare il pilotaggio nell’omonimo canale.
Nei giorni successivi l’otto settembre 1943, Benedetto fu arrestato dai tedeschi e fu internato a Matthausen. Qui, dopo incredibili sofferenze, fu dichiarato idoneo soltanto per accedere alla camera a gas. Ma all’ultimo momento accadde un fatto davvero sconcertante.
Il comandante (militarizzato) Heinz Schwarzmüller della nave passeggeri tedesca “BERLIN”, che il pilota Bozzo aveva tante volte brillantemente ormeggiato a Ponte dei Mille, sotto i colpi della tramontana, lo riconobbe e a questo punto si aprì un incredibile capitolo umano.
Mathausen – Posto di Guardia
L’ufficiale tedesco aveva scalato mensilmente il Porto di Genova per tutti gli anni trenta, amava il nostro paese e parlava un buon italiano, ma quando ebbe inizio la guerra, fu richiamato sotto le armi e in breve tempo si specializzò in una materia che lo aveva visto lentamente trasformarsi in un aguzzino crudele e abbruttito dallo stesso scempio umano che si consumava nel lager austriaco che, con Auschwitz, acquisì per sempre la fama di “sentina della Storia”.
Tuttavia, in quella tragica storia dell’orrore messa in scena a Matthausen successe qualcosa d’impensabile: il comandante tedesco fu profondamente colpito dalla stucchevole coincidenza di quell’incontro con Benedetto.
Inizialmente, temendo di non poter controllare la propria reazione emotiva e cadere egli stesso nella rete delle SS con l’accusa di tradimento, pensò di passare la pratica ad un altro ufficiale, ma presto cadde vittima, a sua volta, di crescenti sensi di colpa ed invertì la rotta.
Posti uno di fronte all’altro alla presenza di un ufficiale della Gestapo, Heinz tenne un contegno irreprensibile, ma iniziò nel suo inconscio un vero e proprio ripensamento esistenziale. I primi interrogatori avvennero con la massima cautela, tra lunghe pause d’evidente sconcerto, evitando d’incrociare gli sguardi, ma dopo alcuni giorni di routine e d’approfonditi accertamenti tesi a perdere tempo… le maglie della sorveglianza dei Servizi Segreti si allentarono ed i primi segni della loro vecchia amicizia cominciarono a manifestarsi con prudenti occhiate di complicità.
Per la verità, l’ex comandante del Berlin non aveva mai condiviso, come quasi tutti gli ufficiali della Kriegsmarine, la politica del Fürher e dei suoi fedeli sgherri della Gestapo, tuttavia, confuso ed accecato dalla martellante propaganda aveva dovuto in qualche modo accettare il nuovo ruolo per sopravvivere e, suo malgrado, lo aveva fatto nascondendo la propria coscienza nella nicchia più famosa del mondo per la sua efferatezza e crudeltà.
Pieni di tristezza e stupore, Benedetto e Heinz intravidero cautamente uno sprazzo di luce che si ribellava e urlava vendetta, giustizia, amore e solidarietà in quel lager infernale che fu l’ultimo atto beffardo di un dramma assurdo, recitato in modo atroce da personaggi diabolici degni di Hitler, un paranoico che aveva inondato il mondo di pura follia, annullando il senso della vita in milioni di coscienze.
Dopo qualche giorno, l’ufficiale tedesco, pur trovandosi in una posizione di forza, cedette per primo alla commozione e trovò il modo di stringere le mani ormai scarne di Benedetto. Due uomini di mare, divisi, stanchi e provati si trovavano ancora, per ironia della sorte, uno vicino all’altro, in balia dei capricci della storia e della morte e giunse pure il momento per un abbraccio fraterno.
Tuttavia, sulla scheda di Benedetto era scritto:
“arrestato per sabotaggio contro il Terzo Reich”
Il suo destino era segnato. Costretto a sopravvivere fin dall’inizio nelle baracche di legno più malsane e debilitanti del lager, di giorno lavorava presso le miniere della zona e quando non si resse più in piedi fu programmata la sua eliminazione nella camera a gas.
Gli eventi, purtroppo, dipendevano ancora dalla follia di Hitler che proiettava la sua ombra infernale su Matthausen, dove ogni forma d’eliminazione umana era studiata e poi attuata secondo le esigenze: torture, fucilazioni, impiccagioni, tiro al bersaglio, uso di gas e quando i plotoni d’esecuzione andavano in licenza, gli internati erano lasciati morire senza acqua e cibo, offrendo di sé il disumano spettacolo di vagare nei lager senza meta, come larve umane senza peso.
Lager austriaco di Mattahusen – Baracche degli internati.
Sopra quest’indicibile sofferenza fisica e morale, improvvisamente, sbocciò un fiore. Dentro una baracca infestata di topi, insetti d’ogni tipo, fame e sete, dissenteria, odio, fucilazioni, torture e urli di dolore, si sprigionò una speranza per Benedetto.
Tutto sarebbe stato ormai deciso se il buon Dio non gli avesse inviato un “messaggero” chiamato Schwarzmüller, negli occhi del quale fece calare una luce che improvvisamente gli procurò una visione limpida e obiettiva.
Heinz si sentì improvvisamente nudo di fronte alla vita e alla morte e decise nel suo profondo di ammantarsi di questa luce che gli illuminò il cuore e la mente. Finalmente capì che dietro ad ogni prigioniero del campo di sterminio c’era un’anima umiliata come quella di Benedetto che, piccolo marinaio italiano, gli aveva salvato tante volte la nave dai danni di manovra.
Heinz eliminò ogni tentennamento, decise di prendere nuovamente il “comando” virtuale del Berlin ed accettò con gran coraggio i rischi d’affrontare la Gestapo sul suo stesso terreno, pur di salvare il suo vecchio amico italiano.
Il pilota del porto di Genova non rivelò mai a nessuno la strategia inventata e messa in pratica dal suo “salvatore”, tuttavia, Benedetto Bozzo rientrò a Genova nel 1945 e sebbene minato nel fisico, continuò a salire e scendere le biscagline delle navi fino al 6.12.1958.
Il sopravvissuto di Matthausen, già dal dopoguerra, scelse di vivere il resto della sua vita nel posto più bello del mondo, così sosteneva il pilota, e venne a vivere a Rapallo dove si spense in Via Privata Gattorno il 6 dicembre 1968.
Carlo GATTI
Rapallo, 13.04.11
Rapallo: Il TRATTATO Russo-Tedesco
RAPALLO: IL TRATTATO RUSSO-TEDESCO
(16 Aprile 1922)
A cura di Pier Luigi Benatti - Emilio Carta
Svanita la speranza di un crollo del regime sovietico, i governi francese, inglese e americano si resero conto che un piano per lo sviluppo della Russia avrebbe non solo reso possibili ottimi affari, ma fatto fare buoni affari anche alla Germania, mettendo così quest'ultima in grado di pagare le dovute riparazioni di guerra. Dall'incontro tra questo progetto e la necessità russa di macchinari ed attrezzature di ogni genere per la ricostruzione del paese, nonché dal progetto del governo sovietico di regolare le relazioni tra l'Urss ed il resto del mondo, nacque la conferenza di Genova del 1922. |
L'Imperial Palace Hotel, ove il 16 aprile 1922, venne siglato il 'Trattato di Rapallo fra la Russia e la Germania
Naturalmente i russi intuirono la possibilità di rimanere isolati di fronte al mondo capitalista e costretti quindi ad accettare condizioni poco favorevoli; così la loro delegazione (Cicerin, Ioffe, Krasin, Litvinov, Vorovskij, Rakovskij) si fermò a Berlino dove fu steso, ma non firmato, il testo di un trattato separato. A Genova le richieste alleate riguardavano i debiti di guerra russi (il Governo sovietico non li aveva mai riconosciuti), il debito pubblico e quelli privati russi d'anteguerra e, infine, la nazionalizzazione sovietica delle imprese straniere; i russi d'altra parte ricordavano ai tedeschi che il governo sovietico poteva loro chiedere le riparazioni di guerra.
Quest'ultimo argomento (probabilmente rinforzato dagli accordi segreti tra gli stati maggiori russi e tedeschi) convinse i tedeschi a trovarsi con i russi a Rapallo per firmarvi il trattato. Gli accordi postbellici, come dicevamo non hanno per nulla eliminato problemi e vecchie ruggini fra i vari Stati che continuano a ricercare assetti economici meno traballanti per pervenire ad un patto generale di non aggressione. Questo l'aspetto più saliente della crisi di quegli anni e, per trovare più solidità anche umorale, viene così convocata la Conferenza Internazionale di Genova che si apre il 10 aprile 1922.
Georgij Vasilevic Cicerin, commissario agli Esteri dell'URSS, che, unitamente a Litvinov, era a capo della missione sovietica
Sono 34 le nazioni ospitate e all'incontro delle 'Superpotenze' partecipa, e la notizia incuriosisce tutti i presenti, anche la Russia con una propria delegazione guidata da Cicerin da molti definito un 'sovversivo' messosi a tavola con disinvoltura accanto ai leaders del Vecchio Continente. In quei giorni primaverili le varie delegazioni si sistemano non solo a Genova ma anche in riviera e negli alberghi rapallesi troviamo così nove rappresentanze. Quelle appartenenti a Cecoslovacchia (33 persone), Finlandia (14), Lituania (8), sono sistemate al New Casino Hotel, quelle di Estonia (20) e Lettonia (8) all'Hotel Verdi, quelle di Grecia (25), Romania (25) all'Hotel Bristol, mentre la Jugoslavia (23) è all'Hotel Guglielmina e la Russia (90!) all'Imperial Palace Hotel. In un momento successivo sopraggiunge la delegazione della Saar che troverà alloggio allo Splendid.
Un treno speciale fa la spola tra Genova e la riviera al servizio delle varie delegazioni mentre la corazzata 'Cavour' getta le ancore davanti al Kursaal assieme ad altre unità navali. Imponente anche il servizio d'ordine. A Rapallo, almeno secondo le cronache dell'epoca, sono presenti 200 carabinieri 150 dei quali a cavallo ed una compagnia di Guardie Regie. Complessivamente i delegati presenti sono 1.254 e nutrita è la schiera degli 'inviati speciali'. Fra i maggiori giornalisti dell'epoca figurano anche Hemingway, Pietro Nenni e D'Annunzio. I lavori vanno avanti stancamente, in un clima piuttosto salottiero sino a quando i russi, con un vero e proprio colpo di mano, riescono a siglare un accordo bilaterale con i tedeschi. I plenipotenziari russi e tedeschi si incontrano infatti a Rapallo di notte e, in gran segreto, firmano un Trattato che stabilisce la ripresa delle relazioni diplomatiche fra i due Paesi.
Il Ministro degli Interi tedesco Walther von Rathenau
A firmare lo storico accordo, che prenderà il nome di 'Trattato di Rapallo', sono il ministro degli Esteri tedesco, Walther von Rathenau e il Commissario agli Esteri sovietico Georgij Vasilevic Cicerin. E' il 16 aprile 1922, giorno di Pasqua, e la firma del documento coglie di sorpresa un po' tutti, soprattutto i 200 giornalisti accreditati che - fra di loro c'era anche l'inviato Emest Hemingway - in occasione della festività avevano deciso di recarsi a Rapallo per una gita in riviera in piena libertà. E gli ospiti, sotto una fastidiosa pioggia, sono accompagnati dalle autorità rapallesi a visitare gli stands dell'Expo allestita al Trianon Palace e nell'attiguo viale Diaz, lungo il torrente Boate; poi si trasferiscono all'Hotel Bristol per un ricevimento.
L'accordo bilaterale russo-tedesco intanto, all'insaputa di tutti, è già una realtà. Von Rathenau, assai inquieto sulle sorti della Germania, è letteralmente tirato giù dal letto nel cuore della notte da von Maltzan e su invito di Cicerin lascia l'hotel genovese che lo ospita per trasferirsi all'hotel Imperiale (allora in territorio rapallese). Proprio in una sala di quell'albergo prende così definitivamente corpo quel 'Rapallo geist' (lo spirito di Rapallo) destinato a diventare il simbolo di un'impostazione politica autonoma cui negli anni immediatamente successivi si ispirarono con alti e bassi i rapporti fra le due nazioni sino all'avvento di Hitler, anche se quel 'Rapallo Geist” dimostra ancora oggi di non essersi mai spento definitivamente.
Il testo dell'accordo fa capo soprattutto alla rinuncia reciproca ai danni di guerra, al ripristino di normali relazioni diplomatiche fra i due Paesi e ad una mutua assistenza per alleviare le difficoltà economiche. Le relazioni fra Russia e Germania, riprese dopo la Rivoluzione di Ottobre, si erano infatti nuovamente interrotte nel 1918 pochi giorni dopo l'abdicazione del Kaiser, con la motivazione che l'ambasciata russa a Berlino, approfittando dell'immunità diplomatica, aveva esercitato propaganda comunista in Germania.
La cartolina ricordo della Conferenza Internazionale Economica di Genova
Il Trattato stabiliva la reciproca rinuncia a tutte le rivendicazioni finanziarie, la ripresa delle relazioni diplomatiche e consolari, il preventivo e reciproco accordo su qualsiasi questione economica (anche se risolta in linea di principio su base internazionale). Sia per il governo sovietico sia per quello di Weimar era il primo trattato equo e non imposto, la stretta di mano fra le due reiette della società europea, il loro ritorno al gioco diplomatico. In senso più lato il trattato continuò la tattica di Lenin di 'utilizzare le divisioni tra i paesi capitalisti appoggiandosi alla Germania che era (allora) il membro più debole del mondo capitalista; per la Germania bloccata nel tentativo di espansione verso ovest e verso sud era l'occasione di una pacifica espansione economica verso est. La strada intrapresa a Rapallo, se onestamente seguita, avrebbe potuto mantenere la pace nell'Europa centrale, ma anche se ciò non è stato, una parte dello spirito di quel tempo è ritornato in quella che è nota come 'Ostpolitik' tedesca.
Il Presidente della Conferenza di Genova S.E. Luigi Facta
Le cronache dei quotidiani nei giorni successivi riportano le furibonde reazioni delle altre nazioni. Il 'Corriere della Sera' del 17 aprile titola: 'Un colpo di scena alla Conferenza' mentre Pietro Nenni su 'L'Avanti' scrive: 'Una delle questioni che, a Genova, almeno, sarà seppellita con gli onori di un funerale di prima classe, è quella sollevata dalla delegazione francese circa la violazione del Trattato di Versailles che i delegati tedeschi avrebbero compiuto con la Convenzione di Rapallo'. Il commissario del popolo Cicerin al 'Chicago Tribune' rilascia invece una dichiarazione nella quale, rispondendo alla domanda se il Trattato significhi un'alleanza con la Germania afferma: «Questa è una cosa del futuro. Io ritengo questo trattato un piccolo modello per la Conferenza di Genova. Specialmente mi piacerebbe firmare un trattato simile con gli Stati Uniti».
Un'altra cartolina commemorativa della Conferenza di Genova del 1922
Lo statista russo a piedi percorre l'Aurelia sino a raggiungere l'hotel Bristol e, allo stesso modo, rientrerà poi nel borgo. Onore e 'gloria' in paese anche per il tassista rapallese Tovagliari che aveva accompagnato l'uomo politico in lungo e in largo per il Tigullio: il soprannome 'Cicerin' gli resterà appiccicato addosso per tutta la vita. L'appuntamento internazionale nel capoluogo ligure fallirà inevitabilmente il 19 maggio, anche sotto l'incalzare della Francia che chiede ostinatamente ai russi di far fronte ai loro impegni finanziari prebellici, e gli incontri proseguiranno poi in Olanda, all'Aia. Von Rathenau, due mesi dopo la Conferenza di Genova verrà invece assassinato a Berlino da alcuni estremisti di destra. Il protocollo d'intesa Russo-Tedesco del 16 aprile 1922, come detto, venne firmato in una sala dell'Hotel Imperiale, albergo che allora si trovava in territorio rapallese. I confini tra Rapallo e Santa Margherita Ligure vennero infatti modificati, con decreto reale, il 10 agosto 1928 e a partire da allora l'Imperiale entrò a far parte di Santa Margherita Ligure.
Cartoon politico realizzato da Frederic Burr Opper in occasione della Conferenza del 1922
Rapallo, 05.04.11
Rapallo: Il TRATTATO Italo-Jugoslavo
IL TRATTATO ITALO-JUGOSLAVO
(Rapallo, 12 Novembre 1920)
A cura di Pier Luigi Benatti - Emilio Carta
Per indurre l'Italia ad entrare in guerra contro gli Imperi Centrali, Gran Bretagna, Francia e Russia promisero con il Trattato di Londra (26 aprile 1915), oltre alla sistemazione di alcune pendenze coloniali l'Alto Adige, Trieste e tutta l'Istria nonché buona parte della Dalmazia e della Carniola a popolazione prevalentemente slovena e croata (Fiume veniva invece assegnata come porto alla Croazia).
Villa Spinola, in località San Michele di Pagana, dove il 12 novembre 1920 venne firmato il trattato fra l'Italia e la Jugoslavia
Il trattato di Londra si basava su una concezione della diplomazia rimasta ai tempi di Napoleone (quando si spostavano a piacimenti i popoli, salvo restando i diritti divini dei principi) e quindi come poteva conservare la sua validità nel 1918?
Il multiforme impero Austro-Ungarico si era disgregato, gli slavi del sud (serbi, croati, sloveni, montenegrini) cercavano faticosamente di costituirsi in nazione, il presidente Wilson aveva proclamato il principio dell'autodeterminazione dei popoli e della diplomazia aperta. Alla Conferenza di Pace di Parigi (18 gennaio 1919) esplose quindi il dissidio tra gli italiani Orlando e Sonnino e il presidente americano; questi non accettava l'annessione italiana di Fiume e della Dalmazia e di una piccola parte dell'Istria.
Anche a causa di incomprensioni personali tra le parti non si riuscì a trovare un compromesso, cosicché Orlando e Sonnino abbandonarono la conferenza (24 aprile 1919). I dissidi interni e l'instabilità politica dei due governi, disordini a Fiume provocati dalle truppe italiane e soprattutto l'occupazione della città da parte di D'Annunzio acuirono sempre più il dissidio; soltanto nel maggio del '20 Nitti iniziò il riavvicinamento italo-jugoslavo, che fu poi portato a buon fine dall'ultimo governo Giolitti. Dopo accurate trattative e la mediazione franco-inglese, convennero a Rapallo Trumbic, Vesnic, Sforza e Bonomi (a trattative concluse giunse anche Giolitti); l'accordo finale non fu facile, e solo la sincera e sofferta dichiarazione di Sforza di essere disposto a sacrificare ogni sua popolarità e posizione personale ad una soluzione giusta ed equa purché Trumbic facesse altrettanto, ci ottenne Zara.
Il momento della storica firma di Giolitti del trattato italo-jugoslavo di Villa Spinola alla presenza del Presidente del Consiglio jugoslavo Milenko Vesnic (al centro)
Il trattato dava all'Italia tutta l'Istria sino allo spartiacque, Zara e qualche isola del Quarnero, facendo di Fiume uno stato indipendente; si davano garanzie per gli altri pochi italiani di Dalmazia. L'accordo mirava saggiamente non a strappare qualche lembo di terra ma fondare una stabile amicizia italo-jugoslava, a stabilire una collaborazione economica che ci avrebbe aperto il mercato dei Balcani ed eventualmente ad impedire una nuova spinta germanica verso sud. Eventi successivi annullarono rapidamente lo spirito e la pratica del trattato ma non totalmente. Siglato nelle ovattate sale di Villa Spinola, a San Michele di Pagana, l'accordo prevede per la città di Fiume lo 'status' di città autonoma mentre vengono assegnate all'Italia Zara e l'Istria.
Quella rapallese fa capo alla nuova regolamentazione dei confini fra Italia e Jugoslavia (il nuovo Stato sorto sulle rovine dell'Impero Austro Ungarico), una questione postbellica alquanto spinosa, mentre a Sanremo, nelle sale del castello Devechan, si discute fra gli Alleati l'ammontare delle indennità dovute dai vinti ai vincitori. Gabriele D'Annunzio, scrittore e poeta oltre che uomo d'azione di grande carisma, non riconosce però il patto di Rapallo e si rifiuta di sgomberare la città come ordinatogli dal generale Caviglia. Alla fine D'Annunzio cede all'intimazione passando i poteri ad un governo provvisorio ma solo dopo la minaccia del generale italiano di bombardare Fiume. A Rapallo le due delegazioni giungono il 7 novembre e, mentre quella italiana viene ospitata a New Casino Hotel (oggi Excelsior Palace Hotel),gli jugoslavi prendono alloggio all'Hotel Imperiale. Per l'Italia sono presenti il ministro degli Esteri Carlo Sforza e quello della guerra, Bonomi, il senatore Salata, il Capo di Stato Maggiore della Marina ammiraglio Acton e il generale Badoglio. Manca il Presidente del Consiglio Giolitti trattenuto a Roma da impegni di governo, ma é solo un contrattempo. Egli sarà, infatti, a Rapallo alcuni giorni dopo per la firma del Trattato.
La delegazione jugoslava è invece guidata dal Presidente del Consiglio Vesnic, accompagnato dal ministro degli Esteri Trumbic e da quello alle Finanze, Stojanovic. A Villa Spinola (poi Pesenti) i lavori per definire le questioni Fiume e Dalmazia iniziano l'8 novembre e proseguono senza sosta intervallati da una breve visita di saluto alla delegazione italiana del sindaco di Rapallo, Lorenzo Ricci, accompagnato dai colleghi di giunta e dal consigliere provinciale Bontà. La villa, in cotto, di stile inglese, era stata costruita ail'inizio del Novecento dal marchese Ugo Spinola ed ospitò più volte membri di Casa Savoia. Devastata dalle occupazioni militari successive all'8 settembre 1943, sarà ceduta, dopo l'ultima guerra, al duca Nicolino De Ferrari che la rimise in pristino, sostituendo al sommo del grande cancello il proprio stemma a quello degli Spinola. La villa è in territorio rapallese.
Il Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti assieme ai Ministri Sforza, Bonomi e al Generale Badoglio
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Foto di gruppo per i delegati italiani presenti alla conferenza italo-jugoslava
Il Trattato venne siglato il 12 novembre 1920 alle 23.45 e con esso vennero attribuite all'Italia: Zara e le Isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa, mentre le altre isole e la Dalmazia restarono al nuovo Regno di Jugoslavia con la 'coda' polemica della città di Fiume, con reazioni anche violente dopo essere stata dichiarata: 'Stato Libero'. La ratifica jugoslava del Trattato di Rapallo porta la data del 22 novembre, quella italiana del 2 febbraio 1921.
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La delegazione italiana, alloggiata al New Casino Hotel (nella foto) era guidata dal Ministro della guerra Bonomi,dall'Ammiraglio Acton e dal Generale Badoglio. Quella jugoslava, ospitata all'Imperial Palace Hotel, comprendeva il Presidente del Consiglio Vesnic ed i Ministri Trumbic e Stojanovic
Il 10 aprile 1922 in occasione della Conferenza di Genova, i ministri italiani Facta e Schanzer si incontrarono a Rapallo con gli jugoslavi Vasic e Nincic per risolvere alcune questioni relative all'applicazione del trattato. E' curiosa la polemica di carattere strettamente locale che, per diversi anni, fece capo all'esatta ubicazione geografica del Trattato Italo-Jugoslavo.
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Rapallo, 5.4.2011
Rapallo: Il CONVEGNO Interalleato
IL CONVEGNO INTERALLEATO
(Rapallo, 6-7 Novembre 1917)
A cura di Pier Luigi Benatti - Emilio Carta
Sfruttando nel migliore dei modi i vantaggi della posizione centrale, Germania, e Austria Ungheria avevano successivamente eliminato dalla guerra la Serbia, la Romania, la Russia, e solo la disperata resistenza italiana sulla linea del Piave salvò l'Italia dalla rovina. La nostra sconfitta di Caporetto ebbe come conseguenza la riunione degli uomini di Stato Alleati (esclusi i russi) a Rapallo, non tanto per organizzare gli aiuti all'Italia quanto per riuscire a coordinare ed a stabilire una strategia comune.
Anche i generali stavolta si convinsero che occorreva abbandonare le considerazioni di prestigio e di vanità per riunire gli sforzi, e fu creato così il Consiglio Supremo di Guerra: i Primi Ministri d'Inghilterra, Francia e Italia, affiancati dai rispettivi rappresentanti militari (generali Wilson, Weygand, Cadorna) si sarebbero incontrati regolarmente a Versailles assieme al colonnello House che rappresentava il presidente americano Wilson.
Il New Kursaal Hotel, sede del Convegno
Naturalmente il Consiglio non aveva potere esecutivo, perché ciò avrebbe eliminato l'indispensabile controllo della politica sulla strategia e ciò limitò la sua efficacia dal punto di vista strettamente militare; permise però al generale Foch , che presiedeva la commissione militare, di tenere in pugno le riserve per usarle al momento più adatto, fatto, questo, che si rivelò determinante per bloccare le offensive tedesche dell'estate 1918. Forse non è azzardato ritenere che il buon funzionamento dello Stato Maggiore Unificato angloamericano, che nella seconda Guerra Mondiale prese così importanti decisioni strategiche e guidò su vari continenti eserciti di dimensioni mai viste, sia disceso in piccola parte dall'esperienza conseguente al Convegno di Rapallo.
Il 24 ottobre 1917 col disastro di Caporetto l'Italia tocca il fondo della sua avventura bellica. Le truppe austriache, coadiuvate da quelle tedesche, sfondano la linea di difesa italiana ed avanzano verso la pianura padana. Attestate lungo il fiume Piave le forze italiane organizzano una provvisoria resistenza mentre la rotta di Caporetto fa comprendere agli Alleati che è il momento di collaborare più strettamente.
A Rapallo il 6 e 7 novembre successivi si tiene così un summit che determinerà, come detto, la nascita del Consiglio Supremo della guerra. Alla stazione ferroviaria della località climatica ligure giungono così le più prestigiose personalità politiche e militari italiane, francesi e inglesi che si trasferiscono nelle sale del Kursaal New Casino, sede del convegno teso ad una ricerca di una nuova e più unitaria direzione delle forze alleate. Per l'Italia sono presenti il neo presidente del Consiglio V.E. Orlando, il ministro degli Esteri, Sonnino, i generali Alfieri, ministro della Guerra, e Porro mentre la delegazione francese è composta dal presidente del Consiglio Painlevé, dal ministro H. FranklinBouillon, dall'ambasciatore a Roma Barrère e dai generali Foch, Weygand e Dedondrecourt. |
L'Inghilterra partecipa invece con il primo ministro Lloyd George ed i generali Smuts, Robertson e Wilson. Il Convegno conferma la volontà, già espressa ufficiosamente attraverso i canali diplomatici, di assicurare particolari aiuti all'Italia e la nomina di un Consiglio Supremo Alleato, ma determina anche il siluramento del generale Cadorna - designato rappresentante dell'Italia a tale Consiglio - col passaggio del generale Armando Diaz a Capo di Stato Maggiore. Lo storico Alberto Lumbroso rivela infatti che l'allontanamento del generale Cadorna venne deciso proprio a Rapallo dai generali alleati Foch e Robertson con il parere favorevole di Barrère e Wilson. La scelta di Rapallo quale sede del con vegno fu dettata da motivi di conve nienza prettamente politica.
Il Presidente del Consiglio On. Vittorio Emanuele Orlando
Sempre secondo il Lumbroso inizialmente e’ stato indicato il Veneto, un'idea scartata per evitare a ministri e generali la visione di sfascio e di disordine in cui si trovava in quel momento l'esercito. Vittorio Emanuele Orlando scartò anche Milano per evitare la curiosità della stampa. Alla fine venne deciso il summit nella più tranquilla e riservata cittadina rivierasca. La sera del 4 novembre a Rapallo si incontrarono fra loro i rappresentanti francesi e inglesi che espressero il desiderio di veder giubilato il generale Cadorna, suggerendone la sostituzione con il Duca d'Aosta.
Il Primo Ministro inglese Lloyd George (a sinistra)
L'assenza di Cadorna - che telegrafò a VE. Orlando di non volersi allontanare dal fronte per stare vicino ai suoi soldati gli fu fatale. Allorché V.E. Orlando partì da Rapallo era convinto di poter lasciare Cadorna al suo posto ma il Consiglio dei Ministri fu di tutt'altro avviso. Quando si trattò di scegliere il suo sostituto ogni ministro presentò un proprio candidato ma alla fine prevalse il parere del generale Alfieri che indicò nel generale Armando Diaz, comandante del XII Corpo d'Armata, perfettamente ignoto ai più, l'uomo della provvidenza. E tale scelta non poteva rivelarsi più felice.
A guerra conclusa sulla facciata del palazzo municipale, a ricordo dello storico convegno, viene posta una targa marmorea. 'Su questo lembo della ligure sponda le Nazioni alleate nel novembre 1917 sancirono il patto che diede all'Italia l'audacia e la forza donde fiorì il prodigio della vittoria più grande che negli annali del mondo collo stilo d'acciaio ebbe scritto la storia'. La targa venne distrutta nel settembre del 1922 dalle squadre fasciste e solo nel 1967 il ricordo dello storico convegno del 6-7 novembre 1917 venne riproposto con un altro marmo nell'atrio del nostro palazzo municipale, assieme a quello dei due Trattati legati al nome di Rapallo. |
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Rapallo, 04.04.11