BOMBE SU RAPALLO. Come eravamo...
BOMBE SU RAPALLO. COME ERAVAMO……
A RICORDO DEI CIVILI RAPALLESI CADUTI NEI BOMBARDAMENTI 1944-45
Zetto, cäsinasso e prie.
....e se ti senti e lägrime sciörtî,
no maledî !
Perdunn-a e scorda:
scorda e camminn-a
(L.Poggi)
1981 – LIONS CLUB RAPALLO NEL XXV DELLA SUA FONDAZIONE
(nelle due lapidi ai fianchi elenchi con 21 e 20 nomi, conclusi dala data dell’affissione 6 novembre 1944
Mi è venuto per caso tra le mani un libro che mi ha riempito il cuore e la mente di ricordi e di nostalgia: RAPALLO, COME ERAVAMO…..“da Faccetta nera a Papaveri e papere”.
L’album fotografico è un autentico ed emozionante tuffo nel passato di almeno due generazioni: la nostra e quella dei nostri genitori. Le immagini che riguardavano la nostra tenera fanciullezza, erano intrise di quei simboli guerrieri del fascismo che, sparsi un po’ dovunque, avevano la pretesa d’inquadrarci, già nella culla, in categorie che richiamavano alla mente la romanità: “figli della lupa”, così ci chiamavano, così ci vestivano….Ma erano tempi duri, c’era fame e piovevano bombe. Si! Cari lettori, sopra la mite Rapallo volava un piccolo aereo che la fantasia popolare aveva battezzato Pippo, il cui unico scopo era quello di sganciare bombe sull’abitato per creare terrore e morte.
Ci troviamo nel cuore pulsante di Rapallo, nel suo Castello sul mare, dove ogni anno si celebra, ormai come un rito religioso, la Mostra di Mare Nostrum. Si tratta, infatti, di un appuntamento annuale tra gli amici del mare e le navi di ogni tempo, ma i ricordi passati e recenti di tanti rapallini affiorano sempre e si vestono di magia come in una favola e diventano personaggi. Lucio Mascardi, Ardito e Bottaro ritornano improvvisamente a vivere ed allora il dialogo si arricchisce, diventa concitato e le domande aumentano nell’ansia di fare in tempo a conoscere …certe verità. Oggi, il nostro interlocutore è Mauro Mancini, una vecchia conoscenza dei rapallini che ormai lo considerano un poeta dialettale, uno scrittore di casa nostra, la memoria storica di tanti avvenimenti cittadini a partire dalla seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri.
“Mauro, da tanti anni convivo con un ricordo che, per vari motivi, non ha mai avuto una vera conferma. Spesso mi capita addirittura di confondere quel lontano ricordo con un sogno impregnato di incubi. Non posso che spiegartelo in breve, perché nella mia memoria ci sono impressi soltanto dei brevissimi flash. Non conosco la data, ricordo soltanto di essermi svegliato nel letto grande dei miei che era completamente ricoperto di vetri che luccicavano, ed avevo il quadro della Madonna appoggiato sul viso. In qualche modo quella grande icona mi aveva salvato dall’implosione dei vetri di casa, causata dallo spostamento d’aria di una bomba caduta su Villa Michele, situata vicino alla Funivia a circa trecento metri da noi. L’ultimo flash termina proprio qui, tra mucchi di macerie, quei poveri corpi appena estratti e il pianto di mia madre che mi trascinava via. “
Gli occhi di Mauro cominciano a luccicare dalla commozione e inizia a raccontare quell’episodio che lui, poco più grande di me, aveva invece vissuto dal vivo, attimo per attimo, e che ora si accinge a raccontare come un film visto da poco e per il quale tuttavia rivendica i ruoli di attore e regista che gli spettano per meriti storici ed anagrafici, come testimone credibile dell’accaduto.
“La mia famiglia: papa Pietro, mamma Gina, il fratello Bruno ed io, abitava in quegli ultimi mesi del 1944 in una camera con uso di cucina al civico n.19 di via Betti. Il trasferimento dal centro città, dove era la nostra residenza abituale, era stato necessario perché la casa era inagibile dopo il bombardamento di Rapallo del 28 luglio 1944, al quale eravamo fortunatamente scampati. La zona del “fossato di Monte”, allora periferica, era giudicata abbastanza sicura. In via Maggiocco, a villa Michele, abitavano gli amici di nonna “Tetta”: la famiglia Vicino. Con Maria Rosa e Nino, nostri coetanei, decidemmo di costruire, nel vano del loro portone il presepe di Natale.
Giunse così la sera del 31 dicembre quando, seduti attorno al tavolo in cucina, ammiravamo la mamma che preparava i “magri” ravioli per il pranzo di Capodanno; fu alle ore 22 che un aereo anglo-americano “PIPPO” sganciò una bomba che centrò il lucernario di villa Michele, esplose nel vano scala, proprio sul presepe. Tre furono le vittime e numerosi i feriti. Contemporaneamente all’esplosione venne a mancare la luce, lo spostamento d’aria spalancò la finestra del terrazzo; papà accese la candela, ci guardammo in volto, eravamo impauriti, e in quel fioco chiarore non ritrovammo il viso di Bruno. Attimi di panico. Non riuscivamo a capire dove fosse finito. Lo chiamammo a gran voce. Nessuna risposta. Fortunatamente la mamma guardò sotto il tavolo dove istintivamente lui si era nascosto rannicchiato ed impaurito. Fu allora che la mamma mise in bocca ad ognuno di noi uno dei ravioli ancora crudi e questa semplice, amorevole trovata ci rasserenò”.
Quando leggerete questa rievocazione, sono passati quasi 70 anni da quel tragico fine anno e noi pensiamo che molti genitori e figli di oggi, debbano riflettere sulle conquiste di civiltà e democrazia compiute dal nostro Paese, da allora sino ad oggi. Purtroppo sappiamo quanto la memoria umana sia fragile ed allora l’augurio che porgiamo a tutti per il nuovo anno, è quello di verificare ogni giorno la strenua difesa di quei valori.
Carlo GATTI
Rapallo, 17.02.12
NARCISSUS - Il Veliero che non voleva morire
NARCISSUS
di CONRAD
IL VELIERO CHE NON VOLEVA MORIRE
Gli uomini di mare sparsi nel tempo, dalla preistoria ai giorni nostri, hanno sempre avuto un nemico in comune che resta immutato per la sua forza esplosiva e travolgente: la tempesta! Sebbene piccole, medie e grandi navi, tutte altamente automatizzate, solchino oggi i sette mari con grande disinvoltura, le statistiche, purtroppo, ci dicono che il numero dei naufragi, oggi, è sempre alto. Duemila anni fa i marinai si difendevano dai fortunali navigando in Mediterraneo soltanto nei mesi buoni tra la primavera e l’autunno e quando potevano, soltanto di giorno e in vista della costa.
Oggi le garanzie del marinaio sono scritte dalle leggi sulla sicurezza della navigazione che sono rispettate in “quasi” tutto il mondo. Nell’avverbio virgolettato, tuttavia, c’è la chiave di lettura del fenomeno che in mare si chiama deregulation e i naufragi avvengono non soltanto a causa dei fortunali, ma anche per gli incendi, le esplosioni, le collisioni e l’insufficienza di personale qualificato.
Da questo quadro a tinte fosche è facile ora passare ad un altro tipo di rappresentazione nella quale i dipinti, pur arricchendo lo stesso tema, documentano fortunatamente La Grazia Ricevuta. Questi omaggi offerti per lo più alla Madonna, continuano a salire e fissarsi ai muri dei Santuari che costellano le nostre coste e testimoniano la fede della gente di mare.
Il dipinto ad olio del veliero Narcissus che si trova nel Santuario di Montallegro non è diverso dai tanti ex-voto che si ammirano nelle pinacoteche della devozione tra le due riviere, ma la sua presenza nell’immaginario collettivo, richiama alla mente mari scatenati, calme equatoriali e la sottile psicologia di tanti personaggi descritti magistralmente dal più grande scrittore di storie di mare Josef Conrad, che proprio su quella nave imbarcò una prima volta da marinaio e poi da ufficiale di coperta con il brevetto di capitano di lungo corso che ottenne nel 1884.
Abbiamo scelto questa nave “speciale” così carica di ricordi letterari e nautici per compiere insieme a voi il primo tragitto tra le migliaia di “ringraziamenti” che sono giunti ininterrottamente alla Madonna di Montallegro dal 3 luglio 1557, giorno dalla Sua Apparizione al contadino Giovanni Chichizola di Carnevale.
Quando Conrad lasciò il navigare nel 1894, s’immerse ancor più nel suo mondo marinaro e per trent’anni scrisse i suoi romanzi, saggi e racconti, fra i quali risalta “The nigger of Narcissus”, Jimmy, il negro che si arruola a Bombay pur sapendo di essere afflitto dalla tubercolosi; Singleton il vecchio lupo di mare inglese, rispettoso delle leggi marinare e dei canoni della tradizione; Belfast il marinaio astuto come una volpe; Donkin il marinaio ribelle e poi gli ufficiali, il molto inglese Capitano Allistoun, calmo e indifferente, il Primo Ufficiale Baker, che desidera il comando più di ogni altra cosa, ma sa di non poterlo raggiungere…. Queste figure oggi sembrano uscite da un mondo immaginario, eppure sono reali e perfettamente aderenti a quel mondo della vela che, purtroppo, è stato velocemente superato dal progresso tecnico-scientifico e quasi dimenticato.
- Scrive Conrad – “Il Narcissus era nato tra i vortici di fumo nero, fra lo squillo dei martelli che battono il ferro, sulle rive del Clyde. Sotto quel cielo grigio, su quel fiume rumoroso, vedono il giorno splendide creature che vengono al mondo per essere amate dagli uomini. Il Narcissus era di quella stirpe perfetta. Meno perfetto, forse, di tante altre navi, ma incomparabile perché era nostro e noi ne andavamo orgogliosi”.
Varato a Glasgow nel 1875, il Narcissus navigò quasi sempre nei mari orientali e soltanto nel 1899 fu acquistato da Vittorio Bertolotto (1854-1934) ed impiegato sempre oltre i Capi.
V. Bertolotto fu una delle maggiori figure armatoriali di Camogli, figlio del professor Lazzaro, patriota del Risorgimento, amico di Garibaldi e poi preside del Nautico di Camogli.
L’Ex voto, di cm 87x67, dell’artista G. Roberto rappresenta il Narcissus in grave difficoltà nel passaggio del terribile Capo Horn, durante il quale l’equipaggio e la nave si salvarono miracolosamente per intercessione della “Vergine Santissima di Montallegro” il 22-23 .9.1903.
La didascalia del quadro riporta la posizione geografica dell’avvenimento e i 12 nomi dell’equipaggio che offrono “in ringraziamento questo ricordo alla V.SS. di Montallegro (Rapallo) – Genova marzo 1904”.
Se è vero che un veliero su quattro naufragava a Capo Horn, pensate quante navi sono state salvate con la costruzione del Canale di Panama avvenuto nel 1914!
Il 17 gennaio 1907, il Narcissus partì da Saint Louis du Rhone (Marsiglia) diretto a Talcahuano in Cile con un carico di gesso. A Capo Horn incappò in una violenta tempesta e dovette, per le gravi avarie riportate, ripiegare penosamente su Rio de Janeiro che raggiunse il 19 maggio successivo. Fu dichiarato “relitto” e perciò venne “abbandonato” alla Società Assicuratrice, la Mutua Assicurazioni Marittime Cristoforo Colombo di Camogli, presso cui il Narcissus era assicurato per lire 93.700. Ci fu uno strascico giudiziario che si risolse in questi termini: “la società assicuratrice contestava la legittimità della dichiarazione di abbandono della nave, che invece venne pienamente riconosciuta, con tutte le conseguenze in favore dell’armatore Bertolotto, dalla Corte d’Appello di Torino”.
Rientrato in Italia, il veliero fu disalberato ed adibito a pontone nel porto di Genova.
Nel 1917 fu riarmato e, con il nome di Iris venne iscritto al dipartimento marittimo di Rio de Janeiro dove, il 14 gennaio 1922, venuto a collisione con un’altra nave, affondò. Ancora una volta venne recuperato e tornò a navigare finchè, tre anni dopo, nel 1925, il suo proprietario falliva ed in tale frangente la nave, che fu nota nel mondo come Narcissus non ce la fece proprio a sopravvivere e dovette rassegnarsi alla demolizione, dopo ben 50 anni di vita, un vero record!
La sua polena è attualmente conservata nel porto di Mystic, nel Connecticut.
Carlo GATTI
Rapallo, 17.02.12