CANI "MARINAI" d'amare di B.Malatesta e C.Gatti

CANI MARINAI

Cani d’amare

L’ambigua pronuncia del titolo si riferisce ad un argomento che solo pochi di noi hanno mai preso in considerazione: la frequentazione dei nostri amici a quattrozampe  sulle navi. Credo invece che parlarne possa svelare degli aspetti, a dir poco, sorprendenti.

 

Sicuramente in molti abbiamo notato almeno una volta una simpatica bestiola che abbaia scodinzolando sulla coperta di un rimorchiatore oppure quando sfreccia con brio da prua a poppa su una chiatta nei canali del Nord Europa. Ma chi ricerca attentamente su questo soggetto, trova la conferma che cani e uomini hanno condiviso da tanto tempo il loro destino in mare e non solo nei momenti di reciproca compagnia.

Quando ero giovane ufficiale, negli anni '70, una delle ricorrenti affermazioni  che sentivo a bordo era un  antipatico commento ripetuto durante le interminabili ore di navigazione notturna nell’oceano. Forse per rompere il silenzio ovattato del ponte di comando, il saggio di turno declamava in maniera pseudo-filosofica: "la  guardia, la fanno solo i marinai e i cani!".
Da allora è passato del tempo e dopo aver terminato la mia carriera e le guardie sulle navi, ho deciso di avere come amico un cane del quale sono perdutamente innamorato. Durante i momenti di reciproca e naturale incomprensione mi chiedo a volte quale sia l’eventuale attaccamento del mio amico verso una nave, se mai  vi si trovasse sopra. Dalle prime ricerche fatte, ne ho ottenuto un risultato inaspettato, che rende inappropriata la seppur amorevole definizione di “mascotte di bordo”: cioè il nostro amico ne merita davvero una ben più consistente. Vediamo alcuni aspetti di questo discorso.

E’ risaputo che i cani occupano i primi posti per dedizione ed attaccamento alla famiglia, sia quella gioiosa di un’abitazione che quella più atipica dell’equipaggio di una nave. Lo si denota dalle immagini che ci giungono nel tempo: prima i quadri bucolici del ‘600, poi gli innumerevoli dipinti delle scene di caccia, quindi le dagherrotipie e fotografie di fine ‘800 che ritraggono equipaggi di velieri con il loro fedele amico. In queste ultime, spesso l’animale è immortalato vicino al Numero Uno, il Comandante, quasi come se tra i due vi fosse un legame invalicabile alle persone che collega la solitudine del comando da una parte con l’eterna ed incommensurabile fedeltà dall’altra.

 

 

L'equipaggio del veliero "Bedford" (1904): il cane è vicino al Capitano! (tratto da http://content.lib.washington.edu)

 

 

Tempo fa, mi aggiornai su uno dei transatlantici più gloriosi della  nostra Marina Mercantile, il Rex. La veloce unità, come è noto, nel 1933 guadagnò con onore il Nastro Azzurro per aver compiuto la traversata atlantica ad una velocità di 29 nodi circa (54 Km/h)! Il suo Comandante, Francesco Tarabotto, splendida figura di Capitano Marittimo di Lerici, diplomato nautico a Genova, teneva a bordo una femmina di terrier, Lilly.
La testata americana Niagara Falls Gazette scrive, tra l’altro, nell’ottobre 1934: “ Il Comandante Tarabotto è scapolo e se gli chiedete perché, lui sorride riservatamente e asserisce che i suoi unici amori sono il Rex e la sua cagnetta Lilly, un terrier arrogante che scorrazza tra il ponte di comando e gli alloggi ufficiali”.

 

 

 

Uno splendido quadro di Marco Locci: Il Rex, il Conte di Savoia e il Conte Grande

 

Coloro che conoscono anche a tratti la storia del Rex, sorrideranno all’accostamento di Tarabotto, ufficiale imponente, che incuteva immediato rispetto, con la vivace bestiola, ma evidentemente anche lui se ne era “innamorato”.

 

Quello scritto mi stimolò a continuare a ricercare notizie dei cani sulle navi, a capire cioè se  la loro presenza fosse unicamente quella di tenere compagnia alla gente o se ci fosse qualcosa di più. I due esempi che seguono ci dicono infatti che il comportamento di quegli animali verso le navi è, a dir poco unico e forse, ancora inspiegabile.

Mi ricordai infatti dell'articolo sul nostro sito di Carlo Gatti, past President della Società,  che narrava le tragiche vicende della piccola nave da carico Fiducia, poi affondata,  il cui equipaggio fu salvato dalla nave passeggeri italiana Vulcania nel dicembre del 1962 a nord della Sicilia. Gatti si trovava lui stesso a bordo della nave passeggeri come Terzo Ufficiale di Coperta.
Si legge tra l’altro:  “…ci fu, purtroppo, una vittima di cui non abbiamo ancora fatto cenno. Su quella coperta inclinata e flagellata dai marosi, scivolava da paratia a paratia, abbaiava e piangeva un pastore tedesco, che nessuno poteva più aiutare. L'equipaggio stremato ed ancora impaurito, ma ormai al sicuro sul ponte passeggiata del grande transatlantico, volle seguire con lo sguardo il drammatico epilogo della sua nave. I naufraghi si schierarono l'uno accanto all'altro, s'appoggiarono tristemente al parabordo del ponte e fissarono a lungo, con gli occhi sbarrati, l'ultimo comandante di bordo che, abbandonato per sempre dagli uomini, s'allontanava incredulo nel buio più profondo.

 

 

L'affondamento della nave da carico FIDUCIA (arch. C. Gatti)

 

Lo salutarono sbracciando i loro baschi fradici tra le lacrime e gettando nell'angoscia, non solo i passeggeri, ma anche il collaudato equipaggio dell'anziana Vulcania. A bordo, tutto si fermò per un attimo, il nostro Comandante, stagliato come una sfinge sull'aletta della plancia, salutò con tre fischi lunghi e mesti la coraggiosa Fiducia che si apprestava a compiere la sua ultima traversata verso gli abissi, con il suo indomito e fedele nocchiero. La nave poco dopo sparì, trascinando con sé il suo ultimo compagno di viaggio, il più fedele. Se ben ricordo, il suo nome era Dock. (l’articolo completo è a http://www.scmncamogli.org/oldsite/pagine/nfiducia_nar.htm).

Dopo qualche tempo, un altro evento, toccante come il precedente, richiamò la mia attenzione. Nel dicembre 2010, la nave italiana Jolly Amaranto fu investita da una terribile tempesta nel Mediterraneo. L’unità fu abbandonata in quell’inferno e l’equipaggio venne salvato da un rimorchiatore. A bordo c’era un cane, Athos, che fu anch’esso portato in salvo. Dopodichè in un attimo successe l’imprevisto: il cane si lanciò in acqua per raggiungere la nave morente in mezzo alla tempesta!

Vano fu il tentativo di un marinaio che si tuffò dietro di lui per soccorrerlo, anzi dovette lui stesso essere portato in salvo dai sopravvissuti. La povera bestia sparì nelle onde implacabili e buie di quel mare in tempesta. (vedi toccante testimonianza a You Tube a http://www.youtube.com/watch?v=uQPsdywrVTs).

Dock e Athos si sono comportati in maniera simile, erano vincolati alla propria nave in maniera sublime, sino a sacrificare la vita, nonostante i propri padroni, sicuramente gli esseri a loro più vicini e più cari, fossero già tratti in salvo.

 

 

San Rocco di Camogli: Il monumento al cane, amico fedele dell'uomo (foto B. Malatesta)

 

A San Rocco di Camogli, il 16 agosto di ogni anno, si celebra la Festa del Cane, dove vengono premiati quegli animali che si sono distinti per le loro azioni di eroismo verso gli umani. Sarebbe bello che un segmento della manifestazione fosse dedicato ai quattrozampe delle navi, i quali ci ricordano istintivamente che l’unità sulla quale lavoriamo è davvero qualcosa di vitale importanza e che dobbiamo fare di tutto per salvaguardarla.=

 

Bruno Malatesta - 8/2012

 

Appendice: I cani nella storia marinara

I cani, si sa, hanno molta storia e tradizioni in comune con le persone. Sin dall’inizio della navigazione, questi animali sono sempre stati a bordo e siccome molti secoli fa le imbarcazioni naufragavano frequentemente, succedeva che i quattro zampe sopravvissuti abbandonavano l’unità arenata negli scogli, avventurandosi così in un nuovo paese, a volte originando quelle razze che oggi sono considerate pure. Nel 15mo e 16mo secolo per esempio, gli esploratori europei giunsero sulle coste del Nord America portando con loro mastini, cani pastore e waterdogs. Il famoso ed utile Terranova che, insieme al Labrador, è forse il cane acquatico più conosciuto, è il risultato dell’insieme di quelle razze.

 

 

Un Terranova

 

Ma non è solo l’aspetto della genesi di stirpi canine che richiama il nostro interesse. Ben presto, quando s’intese che i cani potevano essere addestrati con risultati sorprendenti, vennero utilizzati per espletare alcune operazioni di bordo, soprattutto il lavoro duro.
Nei vascelli da guerra erano impiegati per scambiare messaggi strategici tra i comandanti, cioè come dei veri e propri messaggeri acquatici; sulle navi da pesca invece raccoglievano il pesce o lo spingevano nelle reti o addirittura sistemavano tali reti ed altra attrezzatura che si trovava sia a bordo che in mare.  Nei casi di razze pregiate, costituivano preziosa merce di regalo verso potenti dignitari che avrebbero assicurato così buoni affari al comandante della nave. Potevano anche servire per cacciare i ratti di bordo; per esempio, i piccoli Chihuahua scovavano soprattutto i vermi che si infilavano dove altri cani di taglia maggiore non arrivavano.  Infine, compito molto importante, riportavano a bordo tutto quello che cadeva in mare, persone comprese. =

 

 

Ancora una testimonianza!

 

 

UNA MANOVRA DA CANE........

 

Entrai in timoneria mentre il traghetto della Tirrenia, proveniente da Porto Torres, stava imboccando l’entrata del porto.

“Ciao Comandante, ben arrivato!”

“Ben trovato a te! Stamattina abbiamo un pilota in più!” – Pensai d'incontrare quel collega che ogni tanto ritornava a Genova dai suoi genitori. Mi guardai intorno, ma vidi solo il timoniere ed un cagnone nero accucciato in un angolo. Il comandante rideva di sottecchi...mi spiegò:

- “Quella specie di orso bruno là nell’angolo si chiama Pilot e fa parte dell’equipaggio. Si é imbarcato con me un mese fa e sbarcherà con me tra dieci giorni! Non ci crederai, ma a bordo ha le sue mansioni  e guai ad interferire... E’ un cane molto orgoglioso!”

Lo guardai incuriosito e dissi: “Lo hai assunto come ‘gigolot’ per le cagnette di certe anziane passeggere ? O l’hai chiamato così in onore della mia categoria...?”

“Ad essere sincero né l’uno né l’altro. Il mio cane, di razza sconosciuta, sente la manovra come uno di noi e, allora, capisci, non potevo chiamarlo in un altro modo... Non vorrei che la battuta ti suonasse un po’ strana. Non c’è alcun doppio senso, credimi.”

Il Comandante sembrava davvero preoccuparsi della mia reazione e replicai: “Amo i cani e se anche fosse così, troverei la tua descrizione originale e assolutamente divertente”.

 

Poi mi rivolsi  direttamente all’interessato come fosse un collega: “Se sei dei nostri e ami la manovra, come dice il tuo datore di lavoro, uno di questi giorni ti porto sulla Torre/Piloti per farti conoscere i miei colleghi. Magari alcuni li conosci già”.

Pilot mi fissò con un occhio solo e poi  girò il testone per indicarmi la prua. Capii che non voleva assumersi alcuna responsabilità circa la mia distrazione !

C’era un po’ di tramontana, chiudemmo la porta di sopravvento e cominciammo a far ruotare la nave a dritta di 180° per portare la poppa in direzione della scassa n. 4 di Ponte Colombo. Durante la rotazione era immobile e concentrato, ma appena la nave terminò l’accostata, Pilot si alzò e con tutta calma ci precedette verso l’aletta di dritta, si sistemò vicino ai comandi esterni, poi si girò impaziente verso di noi  facendoci intendere: ‘avvicinatevi é il momento di portare la nave in banchina’.

Il suo padrone non gli aveva fatto alcun cenno. Rimasi basito. Pilot aveva segnalato non solo l’inizio della seconda fase della manovra, ma si era anche trasferito verso il lato d'attracco previsto quel giorno, che poteva essere un altro tra i quattro in funzione nel terminal. Una cosa é certa: Pilot non si sbagliò. Non dissi nulla. La nave andò regolarmente all’ormeggio e i cavi vennero filati a terra e poco dopo il Comandante urlò all’interfonico: “Abbassate la rampa!”. A quel punto Pilot lasciò la postazione scrollandosi di dosso le ansie accumulate e pensando: “La manovra é finita. Missione compiuta”. Lasciò il Ponte di Comando  e se n’andò in cabina ad aspettare il suo padrone per ricevere le meritate coccole.

A quel punto mi rivolsi al mio amico Comandante e chiesi con morbosa curiosità:

- “Comandante, la manovra non é mai la stessa e noi lo sappiamo perché ogni giorno la cambiamo in base al vento e alle esigenze del Terminal. Ora ti chiedo:  Pilot si é mai spostato verso il lato sbagliato della manovra?”

- “No! Non é mai successo! Io credo che lui percepisca il mio pensiero e analizzi inconsciamente i miei gesti. Le sue reazioni si basano, credo, sulla nostra empatia.

- “Ma si comporta allo stesso modo anche nella manovra di partenza?”

-“Si ! Anche alla partenza. Pilot anticipa sempre di qualche minuto la mia salita sul Ponte di Comando e appena sente l’ordine: “Rimanere su un cavo e lo spring”, si sposta sull’aletta di manovra, quella giusta! Appena molliamo i cavi da terra, lui rientra prima di me in timoneria, si sistema davanti al vetro centrale per indicarmi la rotta d'uscita dal porto”.

Quando siamo in mare aperto, a volte succede che mi trattenga sul ponte a scambiare quattro chiacchiere con gli ufficiali ma, anche in questo caso, non riesco mai a fregarlo. Sembra che Pilot capisca dalle mie parole e dal tono della voce quando sta per giungere l’attimo del mio congedo. Fino a quel momento rimane impassibile nell’attesa della mia decisione che lui percepisce sempre nell’attimo giusto e ancora una volta mi precede dandomi il tempo di salutare i presenti.

Carlo, cerca di venire anche alla partenza. Credo che Pilot voglia farti vedere ancora qualcosa...

T’aspetto!”

 

Una nota sul TITANIC

 

 

 

A bordo del transatlantico affondato al largo di Terranova il 14 aprile 1912 c'erano, a quanto riporta lo storico del Titanic Claudio Bossi, ben 35 cani che accompagnavano passeggeri di prima classe, e per i quali fu approntato anche un canile. Non risulta invece che ci fossero gatti.

 


La presenza di cani di razza a bordo era tale che, per il 15 aprile, era stata anche prevista un'esposizione canina per intrattenere gli ospiti che, ovviamente, non ebbe mai luogo. Due cani sopravvissero al naufragio.

Qualche tempo dopo l'arrivo dei naufraghi a New York, il quotidiano N. Y. Herald pubblicò la storia di Rigel, un terranova che sarebbe appartenuto al primo ufficiale William Mc Master Murdoch, il quale avrebbe nuotato per ore abbaiando fra le scialuppe alla ricerca del padrone scomparso, attirando così l'attenzione dell'equipaggio della Carpathia, la nave che giunse per prima e raccolse i superstiti.

 

 

 

Carlo GATTI - Bruno MALATESTA

Rapallo, 26.08.12

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Da BORNHOLM a PEENEMÜNDE

DA BORNHOLM A PEENEMUNDE

Mare Nostrum in giro per il BALTICO

Bornholm, conosciuta come “La Perla del Baltico”, fa sfoggio di dune ondulate di sabbia bianca a sud e rocce frastagliate di tipo mediterraneo sul versante opposto che contrastano con la tipica flora nordica composta di betulle dal tronco bianco, pini e abeti. Oltre  alla bellezza dei suoi paesaggi, l’isola ha un clima molto mite rispetto alle regioni circostanti e dal 2000 è iniziata una timida produzione di vino, soprattutto rosso. Un settore certamente di nicchia, ma in sensibile crescita e dal 26 giugno 2007, la Danimarca è ufficialmente entrata nel novero dei paesi produttori di vino.

La sua particolare posizione al centro del Baltico attira turisti scandinavi, tedeschi, polacchi, russi e delle repubbliche baltiche ormai tutto l’anno, grazie anche al formidabile shuttle di moderni e veloci traghetti che viaggiano tutto l’anno con qualsiasi tempo.

L’isola é situata a 167 Km da Copenhagen e a 37 Km dalla Svezia, ha una superficie di 588 Km2 (due volte l’isola d’Elba) ed una linea costiera che si snoda per 158 chilometri con ottime strade che collegano i Comuni più distanti in meno di mezz’ora d’auto. La popolazione è di  43.000 abitanti, ma in estate si raddoppia, il suo capoluogo è Rønne (8.000 abitanti),  il cui porto é il centro di smistamento turistico e commerciale dell’isola.

 

 

 

 

 

 

Ecco come si può presentare un pranzo sull’isola di Bornholm

 

 

Da un gozzo “quasi ligure”, ormeggiato all’interno di questa røgeri di Gudhjem, al costo moderato di 17 euro, ci si può servire, ma anche ‘abbuffare’ di aringhe affumicate ed altri pesci baltici, di crostacei di varie misure e colori, e per i gusti carnivori non manca il cervo dell’isola che viene gustato con una nutrita  variante di verdure in salse agrodolci.

 

 

Le due, in questo caso tre ciminiere assicurano la vicinanza di una røgeri e quando il fumo o il profumo raggiunge le narici significa che la struttura é pronta a ricevere il pubblico. In pratica giorno e notte...

 

Gudhjem. A sinistra un moderno affumicatoio. Il particolare disegno della ciminiera viene adottato, con misure certamente più estetiche, anche da molte ville private in omaggio alla tradizione. A destra il mulino del paese, uno dei tanti che svettano sull’isola.

 

Esplorando Bornholm si rimane affascinati dalle numerose tipicità che vi sono fiorite nell’arco dei secoli; la più popolare è quella dell’aringa affumicata che i turisti scoprono negli affumicatoi (røgeri-smockhouse) in cui il pesce viene cucinato e gustato a sazietà tra antichi cerimoniali e capienti boccali di birra locale. Un’altra curiosità é la lingua. Gli abitanti dell'isola parlano il danese della madrepatria, ma tra loro usano una variante dialettale chiamata bornholmsk, difficile da capire anche per i danesi del continente. L’inglese è la lingua-rifugio parlata da tutti per favorire i contatti umani, turistici e culturali. Si tratta dell’indispensabile risorsa per chi desideri conoscere questo speciale  microcosmo e gustarsi una vacanza rilassante.

 

Ecco come si presenta il giardino interno di  una pensione di Allinge

 

 

 

 

Le villette antiche, come quelle moderne, rispettano lo stile isolano e sono raffinate, curate nei dettagli e sono immerse in giardini o piccoli parchi naturali artisticamente ridisegnati.

 

 

Certi scorci tra i vicoli che scendono nei porticcioli ricordano alcune località della nostra riviera con i loro negozi eleganti  forniti di prodotti d’artigianato locale: quadri, tessuti lavorati a mano, sculture in rame, in legno. Ma la vera eccellenza dell’isola é la lavorazione del vetro e della ceramica, che qui ha trovato la sua massima espressione artistica. Gli isolani sono sempre sorridenti e disponibili come  un tempo lo eravamo noi mediterranei, quando sapevamo contagiare i nordici con un sentimento gioioso della vita….. Oggi dobbiamo prendere atto che questo nostro ‘perduto’ prodotto d’esportazione ha trovato ospitalità ed ha messo le radici in una felice isola sperduta del Baltico dove tutto appare paradisiaco e davvero speciale: il traffico è minimo, i posteggi sono gratis, lo stress è azzerato e lo si vede nel sorriso della gente e nelle loro linee ‘cicciottelle’ che sono ben lontane da quelle isteriche e ‘rifatte’ molto in auge dalle nostre parti.

 

 

Nel corso dei secoli molti pittori si sono lasciati incantare dalla luce di Bornholm. Verso la fine del XIX secolo l’isola ha attratto personaggi come Zartmann, Drachmann e Michael Ancher, nato a Bornholm. In quest’atmosfera di semplicità e naturalezza, è nata la cosiddetta scuola artistica di Bornholm che fu fondata da un gruppo di pittori danesi attivi sull'attigua isoletta di Christiansø sulla scia dello svedese Karl Isakson (1878-1922) e di Edvard Weie (1879-1943) che intorno al 1911 vi soggiornarono riscontrando condizioni ideali per il loro atto creativo.

La scuola di Bornholm è stata spesso accostata alla corrente artistica dei Fauves, da cui si distinse per il non completo distacco dalla realtà e per la scelta del colore come strumento principe della espressività.
L'artista più brillante fu Weie, considerato uno dei più importanti coloristi danesi, che negli anni venti assunse tendenze romantiche e narrative. Olaf Rude (1888-1957), si aggregò alla scuola di Bornholm pur avendo subito varie altre influenze, da quelle parigine al Cubismo, e si mise in luce per le sue costruzioni plastiche. Anche Kraesten Iversen (1886-?), dopo una fase decorativa barocca, e soprattutto Oluf Höst (1884-1966) nativo di Gudhjem, con le sue visioni di spiagge, di pescatori e bagnanti e con la sua narrazione della natura sfiorante il misticismo, rappresentarono altri importanti esponenti della scuola che restò in auge per tutta la prima metà del XX secolo. Nel campo letterario Martin Andersen (1869-1954) nativo di Nexø lasciò oltre 1.000 scritti tradotti in 44 lingue, tra cui il celebre “Pelle il conquistatore” che raggiunse fama internazionale con il film omonimo vincitore dell’Oscar del miglior film straniero nel 1987.

Altre peculiarità che emergono dall’isola di Bornholm le incontreremo tra breve accennando alla sua storia. Iniziamo dalle fonti archeologiche e toponomastiche in cui si legge che i Burgundi provengono dall'isola di Bornholm in Danimarca (antico norreno: Borgundarholm). I popoli germanici orientali, rispetto ai settentrionali, migrarono dalla Scandinavia fino alle rive orientali dell'Elba (Vandali, Burgundi, Goti, Rugi ed altri). Da questa regione, agli inizi dell'era cristiana partirono le popolazioni di stirpe Burgunda, che attorno al VI secolo occuparono la regione a nord-ovest dell'arco alpino italiano. L'isola di Bornholm è sempre stata contesa dalle potenze nordiche per la sua posizione strategica al centro del mar Baltico, ha una storia lunga come sito  militare, politico  commerciale e fu un punto chiave per i commerci della Lega Anseatica. Tuttavia, come vedremo, l'impresa riuscì soltanto alla Germania che la occupò per cinque anni durante la Seconda guerra mondiale.

Una delle quattro Rundkirke (chiesa-fortezza rotonda) di Bornholm, con la torre campanaria a sinistra, introducono il tema dei Templari.

 

 

Interno di una Rundkirke. Una massiccia colonna regge il peso della struttura. Sotto, la complessa  palificazione che sostiene la cupola conica della Chiesa.

 

Una fonte battesimale di questo tipo e una pietra runica si trovano in tutte le quattro Rundkirke.

 

Uno dei capitoli più importanti della storia dell’isola ruota, ancora oggi, intorno al mito dei  Cavalieri Templari. Non si sa esattamente quanto ci sia di vero ma, ormai da molto tempo, sull’isola é esplosa la curiosità per la letteratura giallistica sul mitico Tesoro dei Templari”. A questo richiamo storico, non é mancato l’apporto del cinema e dei canali tematici SKY che non sono rimasti estranei all’affascinante argomento. Com’é noto, il potentissimo ordine religioso-militare che possedeva 870 castelli, fortezze e chiese tra l’Inghilterra e la Terrasanta, raggiunse il suo apice nel 1307, ma cadde poco dopo in disgrazia quando il re francese Filippo il Bello (1268-1314) decise d’impossessarsi delle loro ingenti risorse usando perfidi rumours, sottili bugie e volgari calunnie che portarono all’arresto ed alla esecuzione della ‘quasi’ totalità dell’Ordine. Una parte dei Templari riuscì a fuggire riparando sull’isoletta di Bornholm per nascondersi insieme al loro tesoro (forse) nelle quattro chiese-fortezza che sono simili tra loro e vantano linee architettoniche originali e uniche al mondo. Nel 1149, tre dei quattro cantoni dell’isola furono donati dal re danese al vescovo di Lund* e fu proprio sotto l’arcivescovo Eskil ed al suo successore Absalon, un vero eroe nella lotta contro i vandali, che furono costruite le quattro ‘Rundkirke’ di Bornholm.

Alcuni documenti attestano la presenza dei Cavalieri Templari a Bornholm in concomitanza con le spedizioni delle Crociate del Nord. Queste campagne militari non ebbero la risonanza storica paragonabile a quelle organizzate per la liberazione del Santo Sepolcro in Terrasanta, ma furono di grande importanza per la cristianizzazione dei popoli scandinavi che era cominciata intorno al 1000. Abbiamo inoltre scoperto che la pirateria non fu un’attività esclusiva di alcuni popoli della sponda meridionale del Mediterraneo, ma per gli stessi motivi economici e religiosi si rivelò una piaga anche nel Mar Baltico e dintorni per opera di scorrerie e massacri compiuti da pirati estoni, slavi e vandali che trovarono, proprio nei Cavalieri Templari, degli implacabili difensori del Cristianesimo.

 

In queste immagini, due giovani falconieri si esibiscono con l’aquila di mare, il falco pellegrino e un biancone. Ma durante lo spettacolo hanno volato anche la poiana di Harris, un grande avvoltoio, un maxi pappagallo e molti altri piccoli e medi rapaci. La pratica di questa antica e nobile arte s’incastona perfettamente nella tradizione medievale dell’isola di Bornholm.

 

Le ricerche continuano a pieno ritmo e si spera che gli archeologi possano presto dipanare la matassa che avvolge il mistero del Tesoro dei Templari che sarebbe stato messo al sicuro da queste parti.

 

Sull’isola svettano ben 21 campanili di Chiese, alcune risalgono al XI secolo ed hanno al loro interno tesori artistici di grande pregio che fanno stilisticamente riferimento alla scuola religiosa di Lund, i cui arcivescovi ebbero da Roma, per molti secoli, il Primato Ecclesiastico per la diffusione del cattolicesimo in Scandinavia.

 

 

Nella navata centrale di quasi tutte le Chiese luterane di Bornholm, é appeso un famoso veliero ottocentesco che rappresenta (forse) un ex voto, ma sicuramente il legame tra i marinai ed il mondo spirituale.

 

Un capitolo a parte riguarda Bornholm nella Seconda guerra mondiale

 

 

Rønne, Museo della Guerra: una bomba d’aereo sovietica inesplosa e reperti della Wermacht.

Priva di difesa militare e di attitudine al combattimento, la piccola e pacifica Danimarca entrò praticamente disarmata nell’inferno del XX secolo. Alcuni storici affermano che i danesi  non si erano più ripresi dalla distruzione della loro flotta a Copenaghen da parte di Nelson che li aveva sospettati di resa nei confronti di Napoleone. Il Terzo Reich non faticò quindi ad occuparla nel 1940. La  pacifica Danimarca capitolò senza combattere. L’onore dei danesi, come vedremo, fu comunque salvato da numerose azioni della Resistenza che fu tutt’altro che passiva e arrendevole.

 

BORNHOLM IN GUERRA: Il 9 aprile del 1940, venne diffuso il messaggio che Hitler aveva invaso la Danimarca continentale e la Norvegia. Gli abitanti della piccola Bornholm s’aspettavano quindi da un momento all’altro lo sbarco dei tedeschi sull’isola. Infatti, il 10 aprile 1940, per la prima volta dopo il 1658, truppe nemiche entrarono nel porto di Rønne. Inizialmente i tedeschi usarono i guanti di velluto nel tentativo di nazificare pacificamente la popolazione. Il comando tedesco affidato alla Gestapo, agì subdolamente affermando che l’invasione tedesca aveva lo scopo di difendere la popolazione dell’isola dall'imminente invasione degli alleati. Ma la popolazione locale non credette una sola parola di quella messa in scena e rispose organizzando un movimento segreto che presto imparò a combattere sopra e sotto terra contro un nemico ben conosciuto per la sua efficienza e crudeltà. La risposta degli isolani fu quindi astuta e diplomatica facendo credere al nemico di accettare passivamente la loro presenza essendo consapevoli dei benefici che ne traevano. Nella realtà, i coraggiosi isolani danesi attuarono veri e propri atti di sabotaggi di centraline elettriche e linee telefoniche, ma anche di strutture d’interesse militare. I tedeschi a poco a poco dovettero registrare numerosi danni e, naturalmente, reagirono con terribili rappresaglie contro i presunti autori e le loro abitazioni. Sorse in breve tempo un’organizzazione di agenti che facevano la spola tra Bornholm, Copenhagen e la Svezia mascherandosi da turisti e operatori commerciali, ma Il loro vero scopo era duplice e di ben altra natura: trasferire materiale bellico sull’isola per mezzo di pescherecci locali ed evacuare i piloti alleati che si erano salvati con il paracadute dopo essere stati abbattuti dalla Flak tedesca, o forse erano rimasti senza carburante ma, come é più probabile, si erano persi tra le nebbie baltiche ed erano atterrati sui numerosi campi di avena dalle dolci pendenze. Molte di queste azioni furono portate a termine con coraggio, ma costarono la vita a parecchi giovani partigiani. Tuttavia, il colpo più importante della Resistenza danese di Bornholm fu realizzato nel campo dello spionaggio militare.

 

 

Gli alleati, come si seppe in seguito, erano completamente allo scuro di ciò che accadeva nella vicina Peenemünde, (isola di Usedom nel Land del Maclemburgo-Pomerania anteriore) che dista solo 115 km in linea d’aria da Bornholm, dove una sezione speciale di scienziati del Terzo Reich, guidata da Wernher von Braun, costruiva e sperimentava lanci di armi micidiali note con le sigle: V-1  e  V-2, ma anche aerei a reazione che superavano in velocità gli Hurricane e gli Spitfire inglesi di oltre 200 K/h e almeno altri 20 tipi di armi tra cui minisommergibili, giganteschi cannoni, fucili che sparavano dietro agli angoli delle case. Anche la bomba teleguidata PC-1.4400X (Fritz) che colpì la corazzata italiana Roma era stata progettata e testata a Peenemünde.

 

Nei paraggi di questo sito segreto, si parla della vicina isola di Rügen (vedi cartina), si sarebbero sperimentati gli effetti della prima bomba atomica ‘sporca’ (sulla pelle di chi, non é ancora dato di sapere?) come sostiene lo storico berlinese Rainer Karlsch nel suo saggio Hitlers Bombe pubblicato nel marzo 2005.

 

 

 

 

Museo di Peenemünde: (sopra) Alcuni tipi di missili progettati e sperimentati.

Foto sotto : V-1 sulla rampa di lancio.

 

SCHEDA:  Fieseler Fi 103 "Cherry Stone" (V-1)

Testing of the Fi 103 flying bomb at the air force testing site at Peenemünde-West  began in the autumn of 1942. The first Fi 103 was launched from the ramp on 24th December 1942.

From the June 1944 the flying bomb was used as the V.1 weapon of terror against cities in Western Europe. Approximately 22.000 V1s were launched against these targets.

Lenth: 7.74 m

Wing span: 4.90 m

Engine: Argus-Smidt AS 014 pulsed jet engine

Net load (explosive): 830 kg

Speed: max. 700 km/h

Flying altitude: 3.000 m

Range: up to 300 km

(Fonte: fotografia della scheda scattata presso la V.1 a Peenemünde)

 

Bomba volante V-1 (ulteriore approfondimento)

La bomba volante V-1 fu il primo missile da crociera operativo, utilizzato dalla Germania negli ultimi anni della seconda guerra mondiale. Designata originariamente Fieseler Fi 103, venne ribattezzata V-1 a fini di propaganda. La sigla sta per Vergeltungswaffe 1, arma di rappresaglia 1 in tedesco, un'idea di Joseph Goebbels.

La V-1 pesava 2100 kg, ed era dotata di un pulsoreattore da 300 kg di spinta. Inizialmente portava una testata bellica da 830 kg, poi ridotta per aumentare l'autonomia, che inizialmente era di soli 240 km. La V-1 era molto imprecisa, ma facile da costruire, e si stima che abbia danneggiato o distrutto una notevole quantità di edifici e di fabbricati. Degli oltre 29000 esemplari costruiti, circa 9000 vennero lanciati verso l'Inghilterra. Di queste, oltre 4000 furono abbattute dai caccia alleati: il caccia inglese Hawker Tempest, con le sue eccellenti prestazioni a bassa quota, fece la parte del leone con 638 abbattimenti accertati.

 

LA V-2

 

 

 

Museo di Peenemünde:  V-2 (Aggregat 4)  -

 

 

SCHEDA: Aggregat 4 (A4) liquid fuel rocket - Prototype 4 Built 1942 in Peenemünde.

The first successful launch took place on 3rd October 1942. A range of 190.6 km with a ceiling of 84.5 km was achieved during a flight that lasted 4 minutes and 56 seconds.

Height : 14.036 m

Diameter : 1.651 m

Take-off weight : 12.900 kg

Speed: 1.340 m/s (4,824 km/h)

Fuel: approx. 5 t liquid oxygen

 

The colour of the rocket and the picture of the "Woman in the Moon" are in accordance with the original paintwork.

 

 

 

 


Cartina delle località citate:  in alto a sinistra il Sud-Svezia, in alto a destra l'isola di Bornholm,  a sinistra in basso l'isola di Rügen. Peenemünde è l'isola al centro in basso.

Bombe volanti V-2

 

La V-2 fu un precursore dei missili balistici utilizzato dalla Germania durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale, in particolare contro Gran Bretagna e Belgio. La sigla V-2 sta per Vergeltungswaffe 2, (arma di rappresaglia 2 in tedesco, un'idea di Joseph Goebbels) per fini di propaganda. Il missile era designato dai suoi progettisti come A-4 (Aggregat 4).

Già dal 1927, i membri della Società tedesca sui razzi iniziarono i primi test sui razzi a combustibile liquido. Nel 1932, la Reichswehr (la Difesa Nazionale Tedesca) s’interessò degli sviluppi di questi test soprattutto per il settore militare, e una squadra condotta dal Generale Walter Dornberger rimase molto impressionata dal test di un vettore progettato e costruito da Wernher von Braun. Nonostante le caratteristiche di questo primo razzo fossero molto limitate, Dornberger riuscì ad intuire la genialità di Wernher von Braun e quindi lo spronò ad entrare nell'esercito al fine di continuare lo sviluppo delle sue ricerche.

 

 

Le informazioni destinate agli Alleati erano molto precise e dettagliate essendo ravvicinati gli avvistamenti di ordigni volanti che si proiettavano sempre più spesso sui cieli di Bornholm. A volte lo erano anche troppo: secondo alcune testimonianze, pare infatti che alcuni razzi fallirono la traiettoria e caddero sull’isola. Sulla stessa Bornholm, i tedeschi costruirono speciali sistemi di antenne collegate alle sperimentazioni di Peenemünde che furono puntualmente sabotate da uomini della Resistenza locale. L’occupazione nazista durò ben cinque anni, una vera angoscia per questa minoranza di danesi staccata dalla madrepatria. Il momento peggiore si verificò, tuttavia, negli ultimi giorni di guerra, quando l’Armata Rossa  temendo che i tedeschi ritardassero la resa per consegnarsi ‘soltanto’ agli americani, attaccò l’isola dal cielo. Il 7 maggio 1945 L’aviazione di Stalin sganciò sull’isola un numero esagerato di bombe che danneggiarono gravemente le città, in particolare Rønne e Nexø. Nel capoluogo, furono completamente distrutte 250 case su 3400, 23 incendiate e 3000 più o meno danneggiate. A Nexø fu distrutto quasi tutto il centro cittadino ed il porto dove erano ammassate le difese militari tedesche. I morti si contarono a centinaia.

Ancora oggi, gli isolani di una certa età ricordano con grande rabbia la vigilia della liberazione da parte dei sovietici e provano a raccontarne l’orrore a tutti coloro che s’intrattengono sull’argomento.

Bornholm fu liberata dai Russi ma non fece mai parte dei Paesi che varcarono  la ‘cortina di ferro’ amministrata  dalla Unione Sovietica.

 

Note:

* La città di Lund fu fondata intorno al 990, quando il sud della Svezia attuale, la terra di Scania-Skandia-Skåne apparteneva alla Danimarca. Lund si trasformò rapidamente in un centro cristiano con la nomina di un arcivescovo e la costruzione della cattedrale di Lund (in svedese: Lunds domkyrka), ultimata nel 1103. Tra gli arcivescovi di Lund si ricorda Absalon, nominato nel 1178. Nel 1658 la Danimarca cedette i territori della Scania alla Svezia. Nel 1666 fu fondata l'Università di Lund, la seconda più vecchia della Svezia e, ancora oggi, é annoverata tra le più prestigiose al mondo.

 

Segnalazione:  Alcuni interessanti YouTube sui bombardamenti di Bornholm, al sito internet:

http://www.youtube.com/watch?v=qnb4ET4emE8

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 12.08.12

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LEUDO, UNA MANOVRA PARTICOLARE...

 

LEUDO, UNA MANOVRA PARTICOLARE


Ci siamo chiesti più volte quale manovra veniva compiuta dall’equipaggio di un LEUDO, ogni volta che doveva passare  la vela latina  da un lato all’altro della barca. Ovviamente, ognuno dice la sua, ma senza soddisfare appieno la curiosità degli altri.

Mi sono rivolto, allora, a Giancarlo Boaretto, factotum del Museo Marinaro Tommasino Andreatta di Chiavari, il quale ha trovato il personaggio giusto per dipanare la questione, si tratta del signor Gianni Giordano che da ragazzo navigò sui LEUDI e che questa manovra la ricorda così:



Servono quattro o cinque persone. Il timoniere allenta la scotta e mette la barca al vento. Un marinaio allenta la sartia sopravvento ed un altro cazza la cima dell’amante dell’antenna in modo che non scivoli verso prua ed allenta la l’amante della trozza in modo che l’antenna sia più libera. Un altro marinaio tende l’amante della drizza in modo che l’antenna si alzi fino a che il corso superi il capo di banda ed entri dentro la barca. Uno deve togliere l’imbracatura dell’antenna dal dritto di prua e lasca l’orza davanti a quella di poppa. Un marinaio prende la cima della scotta e la sposta dal lato opposto. Un altro marinaio prende la base dell’antenna e la porta alla base dell’albero. In due si mettono alla base dell’albero e fanno girare la base dell’antenna dalla parte opposta mentre un altro marinaio cerca di non far sbattere la vela. Contemporaneamente un altro marinaio è pronto è pronto a tendere la trozza. Si tende l’orza davanti e la mura; si abbassa l’amante della drizza fino a far tornare la base dell’antenna al suo posto. Il timoniere fissa la scotta e mette la barca al vento. Su un leudo la manovra dura una trentina di minuti. Si deve tener conto che alcune volte non si fa tutta questa manovra. Non facendola , la vela andrà a sbattere contro l’albero formando quasi una doppia vela. Navigando in questo modo, si ha l’andatura chiamata “a daredosso”.


Si ringrazia Giancarlo Boaretto e Gianni Giordano per la loro disponibilità.


Carlo GATTI
Rapallo, 24.08.12