UN MATTINO L'INCANTO...
UN MATTINO L’INCANTO…
La piccola spiaggia è racchiusa da scogli. I pochi bagnanti silenziosi leggono il giornale o parlottano sottovoce, come i due ragazzi vicini a Giulia. Hanno le voci ancora sopite dal sonno.
Si sente solo il suono del mare, che varia in crescendo come sinfonia al passare di motobarche al largo, poi s’attenua e racconta l’inizio e la fine di tutto a chi la sa ascoltare.
La scena è così perfetta, compiuta, con i ciottoli rotondi in tutte le tonalità del grigio, il mare così limpido e cristallino da perdere colore in controluce, che Giulia ha un lieve tremito: il piccolo terremoto emotivo che l’assale durante l’attesa di un evento temuto.
“Se l’avvenimento negativo, sarà proporzionale alla bellezza del momento, potrebbe essere una catastrofe.” Pensa Giulia.
Poi sorride della sua premonizione come di un vizio esecrabile, ma ormai accettato. Si alza, avanza nel mare e subito è ripresa dall’incanto: ad ogni passo il mare le risponde con uno sciacquio di accettazione. Si questo è il suo ambiente, il luogo privilegiato d’incontro con la natura e con l’azzurro della vita.
“Ciao Marisa, sei in ritardo oggi. Vieni ti ho tenuto il posto” .
Qualche voce si alza nel silenzio, ma non disturba, tutto è vita intorno. Le tensioni si sciolgono, lei avanza fiduciosa e appagata nell’acqua.
Giulia nuota regolare, senza fatica verso lo scoglio, ora deserto. Tra qualche ora ospiterà le gambe irrequiete, le voci squillanti dei giovani, che si tuffano dalla sua sommità nel profondo ai suoi piedi.
Il mare è verde alla base dello scoglio, verde smeraldo purissimo, senza opacità, senza macchie.
“Ecco, questo smeraldo introvabile adesso è tutto mio, anzi vi sono immersa, inclusa, come un moscerino nell’ambra”.
Pensa Giulia appagata. Il senso di appartenenza alla natura è perfetto. Ora nuota col sole alle spalle verso riva, l’acqua cambia colore: lo smeraldo si muta in acquamarina, altrettanto pura e trasparente.
Lei guarda il suo corpo nell’acqua: spariti i difetti, i segni del tempo, si sente soda, liscia, ben modellata. Sa che è un’illusione, ma se la gode. E’ troppo bello, la levità del peso, la fluidità delle forme. Ritorna al largo per un’altra nuotata, grata a Dio e all’universo per il dono del mare e della vita. Ora nuota a dorso per ritornare. Ampie bracciate, profondi respiri.
L'attacco
Un colpo, una strisciata rapida e violenta la sollevano dall’acqua. Un bruciore intenso, il panico. Com’è rapido il pensiero! La scrittura lo snatura. Per un attimo, solo per un attimo Giulia pensa di aver urtato uno scoglio. Immediatamente dopo intuisce la verità.
Lo squalo. L’incontro temuto, altamente improbabile, è avvenuto. Ripiomba in acqua terrorizzata. La bestia, il male, l’altra faccia della natura. La memoria antica le blocca il respiro, le scompone i movimenti, tutta l’energia si incanala in un urlo, senza parole, come all’inizio dei tempi. Il dolore alla schiena è forte, ma meno potente dello scompiglio che sente dentro di sé. Fuori un’abrasione, dentro uno squarcio.
"No, il sangue nel mare, no!“
Il pensiero lentamente si ricompone, i movimenti si finalizzano alla salvezza. Il silenzio è frantumato, Giulia sente la gente urlare sulla spiaggia, ordini, parole sconnesse, qualcuno l’afferra per le mani, la tira fuori dall’acqua.
Il pesce intanto disorientato prosegue la sua corsa, urta il pedalò, azzanna la boa dei bagni vicini, si inabissa, riemerge, la pinna enorme, veloce a fendere l’acqua, capovolge un windsurf e sparisce. Il mare si è richiuso sopra di lui a proteggerlo.
Tutto apparirebbe perfetto, idilliaco come prima, se non fosse per la gente. Ognuno parla, racconta aggiunge, piange, telefona, organizza.
L’urlo della sirena dell’ambulanza prontamente accorsa comunica a Giulia che il peggio è passato. Tra poco sarà soccorsa, curata, guarita. E’ tornata all’oggi, all’efficienza e alla complessità della nostra società. Le era piaciuto quell’inizio di mattina così semplice, quasi primitivo. Poi l’incontro e la deflagrazione della paura. Paura dello squalo, paura di sé. Un’esplosione di debolezza e di aggressività. Ah se avesse potuto avrebbe distrutto lo scoglio, lo smeraldo, lo squalo, quello che le piaceva e quello che detestava. Senza distinzioni.
“Ecco, attenti. Fate largo per favore. Ora signora la sistemiamo a pancia in giù. Un telo sterile per favore, per ricoprire la schiena. Che disastro! Perde sangue, Svelti. C’è un’abrasione ampia e un taglio profondo”.
Giulia vorrebbe piangere, ma non le viene, non ci riesce mai. Anzi le scappa un sorrisino amaro. La schiena, l’unica parte intatta del suo corpo. Anche quella ora sarà segnata, ferita dalla vita, dal destino, dalla sfortuna. Sfortuna, una parola che non esiste nel vocabolario dei vincenti. Un’altra categoria, non la sua. Lei ci ha provato: pensiero positivo, terapie alternative, gocce di Bach. Ha indossato la maschera dell’ottimismo, la bocca atteggiata al sorriso, gli occhi illuminati da speranze inconfessabili, ma ogni volta la vita, con un soffio di maestrale, fa volare il suo castello di carta, le lievi strutture che la sostengono e lei ricade pesantemente nella sua realtà. La salute è un sogno, il benessere un’utopia.
Sono già arrivati all’Ospedale. Il dottore del Pronto Soccorso ha un’aria sfatta, preoccupata. Deve aver affrontato qualche caso difficile. Giulia lo conosce da tanti anni. E’ contenta che ci sia lui: sa che farà del suo meglio.
“Signora, ancora lei. Cosa è successo, questa volta ?”
“Uno squalo!”
“Uno squalo?”
“Dottore, non mi dica anche lei che sono stata fortunata. Che poteva andarmi peggio. Che potevo lasciarci la pelle. Sono stufa, arcistufa di queste fortune. Le lascio volentieri ad altri. Sembra che il mio destino sia di incontrare il male, conoscerlo, soffrirlo anima e corpo e poi sfuggirgli. E’ così con le malattie, con gli incidenti. Ma fino a quando? Non ne posso più”.
Mentre Giulia si sfoga il dottore lenisce il dolore, disinfetta, medica.
“Direi di non cucire qui. Abbiamo un cerotto oggi che rimargina bene. Resterà un segno come di un graffio. Ora stia un attimo ferma e zitta, poi mi racconta tutto per filo e per segno!”
Qualcuno bussa alla porta dell’ambulatorio, l’infermiera socchiude, la porta si spalanca di colpo, un flash acceca il medico e fa sobbalzare Giulia, che incominciava a calmarsi sotto l’effetto del sedativo.
“Fuori, bastardo!”
Urla il dottore. Poi rivolto alle infermiere:
“Prendetegli quella macchina!” Mentre il fotografo si allontana di corsa.
“Non è proprio nel suo stile, uscire così fuori di sé”.
Pensa Giulia. Deve essere stata una giornata davvero difficile per lui.
La voglia di interessarsi degli altri, di condividere riafferra Giulia, che si stava abbandonando al torpore.
“Che cosa le è capitato dottore, oggi? Non è lei “.
“A me niente, signora, soltanto il mio lavoro. A lei piuttosto è successo qualcosa di poco piacevole ed io sono qui per proteggerla. Vorrei che si abbandonasse adesso all’effetto dei farmaci. E’ sotto choc. Ha bisogno di riposo. Mi fanno infuriare quelle sottospecie di cronisti. C’è sempre qualche iena fuori del Pronto Soccorso. Appena arriva un ferito lo assalgono. Se potessero gli toglierebbero anche i vestiti, le medicazioni. Se ti opponi sbraitano che violi il diritto di cronaca. Che perversione! Loro e i fruitori della loro spazzatura”.
La voce del dottore ha sempre avuto l’effetto di calmarla. Qualsiasi cosa dica: “Fosfatasi alcalina?” E lei, senza neppure conoscere il significato delle parole, si sente accolta, protetta. Deve essere una questione di tono e di accento. Anche stavolta lo squalo è lontano… il sonno vicino… Lasciati andare Giulia. Domani riprenderai a combattere.
Ada BOTTINI
Rapallo, 26 dicembre 2015
DRAGUT e la vita di bordo delle galee nel secolo XVI
DRAGUT
la drammatica vita a bordo delle galee
nel secolo XVI
La vita di bordo delle galee era alquanto dura. Quanto ingrata fosse la navigazione sui vascelli mercantili in quell'epoca possiamo intuirlo da un manoscritto del prosatore spagnolo frate Antonio da Guevara, vescovo, cronista e membro del consiglio di Carlo I ('Gli inventori dell'arte del navigare e dei molti lavori sulle galere', pubblicato a Pamplona nel 1579) nella quale sono raccolti vari appunti sul suo viaggio a Tunisi avvenuto nel 1536.
Quanto al vitto il vescovo segnalava che: "...l'acqua pulita, fresca di buon sapore non si trova, mentre è presente un'acqua calda, torbida, fangosa e spesso fetida" mentre "...se i passeggeri chiedono di bere talvolta vino debbono tacere e far finta di niente, anche se annacquato, torbido, acido, marcio, poco e caro...E ancora sul cibo aggiunge "...E' privilegio della galera che la carne che han ordinariamente da consumare sia carne secca di caprone, frattaglie di pecora, vacca salata, bufalo pressato elardo rancido; il tutto meglio mezzo crudo che cotto, meglio bruciato che arrostito meglio poco che molto. Posta sulla tavola la carne deve muovere nausea solo a guardarla, essere dura come il diavolo a masticarsi, salata come rabbia per essere mangiata, indigesta come come pietre per essere digerita".
"E' privilegio della galera che se il passeggero desidera mangiare un poco di carne, manzo o capretto fresco, la debba comprare dai soldati che la ebbero a rubare oppure avventurarsi a rubarne "gli stesso..."
Ed ecco un suo appunto relativo al pane: "...si trovano biscotti neri e duri, pieni di vermi, spesso coperti di ragnatele e qualche volta rosi dai sorci; la carne per lo piú è mal cotta, più dura del legno e più salata del sale, piú difficile da digerire che non una pietra".
Tornando al vitto, col nome biscotti si intendevano le gallette e, all'uopo, negli angiporti, c'erano appositi forni specializzati per quel tipo di panificazione destinata alle navi.
Il cibo era pressoché identico in tutte le marinerie dell’epoca e, ad esempio, la Repubblica di Genova passava ai suoi galeotti una razione di biscotto, dure gallette di circa mezzo chilo: in parte sotto forma di minestra a base di 'massamoro', un pastone di gallette polverizzate e, le restanti, intere.
La razione restava invariata sia d’estate sia d’inverno e in più, due volte il mese, era servita una minestra di riso, fave e olio, che veniva arricchita nelle festività, con l’aggiunta di una libbra di carne, 300 grammi circa, e un boccale di vino da 73 centilitri.
Un altro esempio? Vediamo come erano trattati i rematori.
Durante le battaglie dovevano restare incatenati e vogare secondo gli ordini, così da collaborare a facilitare le manovre per vincere e, se qualcuno di loro fosse stato ferito, per non sovrastare con i suoi lamenti gli ordini urlati dai responsabili, gli veniva infilato in bocca un grosso tappo di sughero.
Ecco un estratto di alcuni capitoli estrapolati dal volume di Emilio Carta "DRAGUT: le avventure dell'ammiraglio pirata nemico acerrimo di Andrea Doria" e legati al mare nel XVI secolo: come era la vita di bordo degli schiavi legati ai remi, come e cosa si mangiava e tante altre curiosità di sicuro interesse per il pubblico.
Dragut è stato un personaggio importante nello scacchiere mediterraneo di quei tempi e un grande rivale di Andrea Doria ed Emilio Carta ha effettuato una seria ed attenta ricerca storica, anche attraverso diverse fonti turche, aggiundovi curiosità e aneddoti rivalutando insomma Dragut cui, per troppo tempo, è stato riservato un ruolo generico di pirata tout court. Sono convinto che sabato pomeriggio sarà una conversazione divertente".
Emilio CARTA
Rapallo, 31.12.2015
Göteborg -3-Indiaman GÖTHEBORG
L’INDIAMAN GÖTHEBORG
Una passeggiata a ritroso nel tempo
L’Indiaman Götheborg appartenne alla Compagnia Svedese delle Indie Orientali. L’originale si arenò il 22 settembre 1745 sulla scogliera di casa (Rivöfjorden), di ritorno dal viaggio in Cina. L'incidente avvenne con mare calmo, tempo sereno e a mezzogiorno. Sono tuttora in corso degli studi per accertarne scientificamente le cause.
Nei due precedenti servizi abbiamo scoperto Göteborg: una città giovane, frizzante e vivace con 25 teatri, 19 musei, due università che contano oltre 60.000 studenti. Dopo Stoccolma, è la meta svedese che attrae più turisti stranieri con il famoso parco di divertimenti di Liseberg estesa su un'ampia superficie nel cuore della città, con attrazioni di tutti i tipi, ristoranti, negozi, spazi per concerti, spettacoli e giochi. Ma Göteborg é anche molto laboriosa. Seconda città della Svezia con mezzo milione di abitanti, pullula di cantieri e traffici portuali che si snodano ordinatamente lungo il fiume Göta Älv fino all’estuario.
In questo Paese modernità, efficienza e cultura si fondano con la storia del mare. Il collante si chiama “spirito marinaro” il cui profumo di pece, catrame, pitture di bordo, cordami e containers esotici permea le calate di questa magica città e ricorda al visitatore l’anima pellegrina della Svezia su tutti i mari del globo. Già, quel mare freddo e infido che nella sfida quotidiana con la gente di queste parti ha, tuttavia, concesso loro ricchezza, bellezza, stile e amore per una convivenza e tolleranza che non ha pari al mondo.
Storicamente la città fu la “porta principale” della Svezia per i traffici navali verso le Indie Orientali. Oggi, il desiderio collettivo di tenere in vita una parte importante della propria storia navale, ha da circa un ventennio il suo simbolo più significativo nell’INDIAMAN GÖTHEBORG affondato 250 anni fa. La sua perfetta replica di veliero commerciale, porta lo stesso nome (antico) della città.
Il Götheborg appartenne alla Compagnia Svedese delle Indie Orientali. L’originale si arenò il 22 settembre 1745 sulla scogliera prospiciente il fiordo di casa (Rivöfjorden), di ritorno dal viaggio in Cina. L'incidente avvenne con mare calmo, tempo sereno e a mezzogiorno.
Nel 1990, le Autorità decisero di ricostruire il Götheborg, ed il 6 giugno 2003 ci fu la cerimonia del varo. La replica del vascello fu eseguita rispettando la costruzione originale dello scafo, usando lo stesso materiale dell’epoca: alberi, sartie, vele, attrezzature nautiche ecc... tuttavia, la nave venne dotata anche di apparati moderni: due motori ausiliari per le manovre e per i servizi di bordo, impianti di refrigerazione, acqua potabile ecc...
Il 2 ottobre 2005 il Götheborg imbarcò l’equipaggio che era composto di 70 uomini e donne. Di questi più di 20 erano professionisti, altri 50 erano volontari. Pether Ribbefors, membro del Gothic Knights e Direttore del Museo Nazionale svedese, fece parte dell'equipaggio.
Cosa successe quel 12 settembre 1745 ?
Il veliero Götheborg originale, fu costruito nel cantiere Terranova di Stoccolma e fu varato nel 1738. Nonostante le dimensioni e lo scarso allenamento delle maestranze... dopo un anno e mezzo d’intenso lavoro, quel curioso vascello d’altri tempi era pronto a sfidare gli oceani.
Fu chiamato Götheborg perché nel ‘700 la Compagnia delle Indie Orientali Svedese aveva il suo Quartiere Generale a Göteborg e tutti i viaggi per l’Oriente iniziavano e terminavano nella città portuale che portava il suo nome ed il compartimento navale. La nave aveva una portata di circa 830 tonnellate. Il maiden voyage ebbe inizio il 20 gennaio nel 1739. Il Götheborg fu armato con 30 cannoni (per la difesa anti pirateria) ed un equipaggio di 144 persone.
Divenuto ormai famoso nei Seven Seas, l’Indiaman aveva già concluso felicemente tre viaggi per la Cina, ma il 12 settembre 1745, dopo un viaggio di 30 mesi, concluse la sua giovane esistenza inabissandosi in un modo inspiegabile, dopo aver urtato in pieno giorno contro un banco roccioso vicino all’estuario dell’Älv. Gran parte del carico: tè, porcellana, spezie e seta fu recuperato e salvato. Una delle teorie più accreditate spiegherebbe l’affondamento con la posizione assunta dalla nave trovatasi improvvisamente incuneata tra due correnti diverse e contrarie, quindi “senza governo”: un fiume di acqua salata più pesante ed uno di acqua dolce più leggera. Da queste due forze di densità diversa, ne sarebbe risultata una terza che avrebbe spinto il veliero fuori rotta nonostante il vento fosse favorevole da SW (di poppa) e maneggevole come intensità.
Passarono più di 200 anni dal naufragio ed il Götheborg fu completamente dimenticato. Nel 1984, grazie al ritrovamento di un sacco contenente frammenti di porcellane da parte di alcuni subacquei, iniziò un’intensa opera di recupero che incuriosì l’opinione pubblica e, in seguito coinvolse poco alla volta tutti gli strati sociali della Västkusten e poi dell’intera Svezia. Si trattò per gli svedesi stessi di una strepitosa occasione di prendere coscienza del proprio passato navale. Nessuno all’inizio dell’avventura aveva immaginato che in breve tempo sarebbero sorte iniziative serie e molto costose tendenti a “ricostruire” quel pezzo di storia della East India Company svedese con tanto fervore.
Fu intrapresa una ricognizione archeologica sottomarina con l'aiuto di oltre 100 volontari che fu supportata dall'industria svedese della Regione. Tra gli anni 1985 e 1993 il progetto ottenne un sostegno finanziario di circa 8 milioni di euro, mentre il lavoro dei volontari ebbe un finanziamento di circa 5 milioni.
Ben presto si consolidò l'idea di costruire una “replica” fedele all’originale, ma solo nel 1992 ebbero inizio i lavori costruttivi del nuovo Götheborg, per il quale fu necessario realizzare un nuovo Cantiere Navale denominato TERRANOVA (come quello originale di Stoccolma) nella parte Nord della città (Hisingen) con un ampio scalo e tutte le sezioni tecniche per la realizzazione dello scafo, degli alberi, delle vele e delle attrezzature nautiche.
Il varo avvenne il 6 giugno 2003 alla presenza del re Carlo XVI Gustavo, della Regina Silvia e del Principe Carlo Filippo in una spettacolare cornice di pubblico di oltre 90.000 spettatori e i media di tutto il mondo. Il 3 settembre 2004 la nave fu battezzata dalla regina Silvia, in una solenne cerimonia avvenuta fuori del Teatro dell’Opera House.
Il progetto “Nuovo Götheborg” fu gestito dalla Compagnia delle Indie Orientali Svedese, che tuttora fa parte di una Fondazione senza scopo di lucro.
Dopo circa due anni d’allestimento, finalmente tutta la Svezia poté raccogliersi entusiasta intorno all’attesa PARTENZA, a vele spiegate, del Götheborg: destinazione Cina. Una folla immensa, assiepata ovunque, assistette alla lunga processione d’imbarcazioni sul fiume a sirene spiegate che accompagnarono invelate e con il Gran Pavese, quell’anacronistico viaggio a ritroso nel tempo. La tradizione era emersa dagli abissi per dire ancora la sua nel mondo del commercio globalizzato. Fu una giornata memorabile!
Quella bella e possente nave di legno seguita da centinaia di barche in uscita dal porto di Göteborg, si ripropose il 9 giugno 2007 quando il vascello fece ritorno alla base destando lo stesso incredibile entusiasmo. Era passato un anno e mezzo e di quel giorno esistono ancora pittoresche testimonianze di chi rimase sugli scogli alla foce del fiume da quando spuntarono gli alberi all’orizzonte, fino a quando il vascello ormeggiò felicemente nel cuore della città.
Il primo viaggio di prova ebbe luogo il 22 marzo 2005. In seguito La nave visitò ben 56 città tra il 2005 e il 2010.
Da allora l’Indiaman si é cimentata ogni anno in numerose spedizioni di rappresentanza in Svezia, Inghilterra, Irlanda, Francia ecc.. Nell'estate 2010 partecipò, ai festeggiamenti di nozze della Principessa ereditaria Vittoria.
Notevoli sforzi sono stati compiuti durante il periodo di progettazione e di costruzione per adeguare il veliero al concetto di sicurezza moderna. Ricostruire un modello antico in sintonia con gli standard moderni, é stata una sfida molto più difficile del previsto. La nuova Götheborg soddisfa oggi elevate esigenze in materia di sicurezza, stabilità e robustezza disponendo di paratie stagne, isolamento antincendio e vie di fuga di emergenza. Un moderno motore ausiliario le consente di avanzare senza vento, di manovrare in emergenza e in fase di ormeggio e disormeggio in porto. Un motore diesel genera energia elettrica, attiva il sistema di ventilazione, mette in moto pompe si sentina e antincendio, produce acqua potabile e permette l’esercizio delle cucine di bordo.
ALBUM FOTOGRAFICO
Il vascello Götheborg si avvicina a Stenpiren di Göteborg, il suo "ormeggio estivo" (Sommarförtöjningen), per il resto dell'anno la nave attracca a Eriksberg, dove il Grande Porto Canale incontra il fiume Gota, nel centro della città. Questo attracco è simbolico: in mezzo al Grande Porto Canale si trova un grande edificio, la sede della Compagnia delle Indie Orientali del 1700, ora prestigioso Museo della città. Vicino a questo edificio sono visibili chiatte e merci provenienti dall’Estremo Oriente. In questo suggestivo scenario, molti spedizionieri svedesi dell’epoca d’oro hanno ancora la loro sede.
In questa suggestiva immagine del 4 Giugno 2015, la Indiaman GÖTHEBORG salpa per la sua crociera estiva sulla costa occidentale norvegese. Il viaggio proseguirà per Bremerhaven e Amsterdam e alcuni porti inglesi. Il ritorno a Goteborg é previsto il 27 settembre 2015.
Ecco come si presenta l’ormeggio invernale dell’Indiaman GÖTHEBORG nel porto di Göteborg.
DATI NAVE
• Lunghezza fuori tutta: 47,54 mt
• Lunghezza totale compreso l’albero di bompresso: 58,5 mt
• Altezza sopra la linea di galleggiamento: 47 mt
• Larghezza: 10.84 mt
• Superficie velica: 1964 m². Le vele di tela di lino inglese hanno iniziato la loro cucitura nella primavera del 2001.
• Pescaggio a poppa: 5.25 m
• Pescaggio a prua: 4,75 m
• Zavorra: 292 tonnellate di piombo
• Peso totale: 1.150 tonnellate
• Motori: 2 Volvo Penta per il funzionamento dell'elica (405 kW).
• Motori: 2 Volvo Penta A 180 funzionamento del generatore kW. (produzione di elettricità)
• Eliche: 2 Rolls-Royce Seffle, a passo variabile.
• Quattro serbatoi di carburante con una capacità totale di 36.000 litri di carburante.
• Velocità media: 5-6 nodi (9-11 km / h), velocità massima di motore: 8 nodi (15 km / h)
• Equipaggio: 80 (di cui 50-60 sono studenti).
• Provviste per 80 persone (60 giorni), e archiviazione di backup per 30 giorni.
• Navigazione e strumenti di comunicazione: GPS, radar e Satcom B (terminale Inmarsat B).
• Pompa acqua con capacità di produzione di 18.000 litri di acqua dolce al giorno.
• 10 cannoni (Salut). L'originale aveva 30 cannoni da 3 libbre come difesa contro i pirati o altre navi nemiche.
• La polena di prora e le decorazioni a poppa, furono realizzate da Andy Peters di Oxford in Inghilterra.
Il viaggio in Cina, gli approdi
Domenica 2 Ottobre 2005 alle 13,45 il Götheborg lasciò il suo Home-port svedese e si diresse verso la Cina. Già nel fiordo Älvsborgsbron aveva una velocità di 9.7 nodi. Alle ore 21 del 3 issò arriva due vele di trinchetto.
Il Götheborg navigò lungo la rotta storica verso la Cina via:
Cadice (Spagna) 19 novembre 2005 - 28 Novembre 2005
Recife (Brasile) 30 dicembre 2005 - 10 Gennaio, 2006
Città del Capo (South Africa) 19 febbraio 2006 - 28 febbraio 2006
Porth Helizabeth (Sud Africa) - 9 marzo 2006 - 25 Mar 2006
Fremantle (Australia) - 13 maggio 2006 - 25 Maggio 2006
Jakarta (Indonesia) - 18 giugno 2006 - 28 Giugno 2006
Canton (Cina) - 18 luglio 2006 - 12 agosto 2006
Shanghai (Cina) - 24 agosto, 2006
Hong Kong (Cina) - 29 novembre 2006 - 12 DICEMBRE 2006
Singapore (Singapore) - 30 dicembre 2006 - 14 gennaio, 2007
Chennai (India) - 31 gennaio 2007 - 10 Febbraio 2007
Djibouti (Djibouti) -14 marzo 2007 - 17 marzo 2007
Alessandria d’Egitto - 1 Aprile 2007 - 3 Aprile 2007
Nizza (Francia) - 17 aprile 2007 - 24 aprile 2007
Londra (Regno Unito) - 19 maggio 2007 - 2 Giugno 2007
Göteborg (Svezia) - 9 Giugno, 2007
Il 21 luglio 2006 raggiunse finalmente l'obiettivo storico di arrivare a Canton (Cina) dopo quasi 20.000 Miglia Nautiche.
Il 9 giugno 2007 il Götheborg, dopo quasi 20 mesi complessivi di viaggio rientrò nella sua Göteborg ed ormeggiò al Pier 4 alle ore 18,30. A riceverla era presente il presidente cinese Hu Jintao e il Re Carl XVI Gustaf.
Carlo GATTI
Rapallo, 24 dicembre 2015
Göteborg-2-Il PORTO e la città
GÖTEBORG
la città figlia del mare
Göteborg é una città moderna che vive nel ricordo del suo passato marinaro. Il suo porto sulla costa occidentale della Svezia é il più importante della Scandinavia come traffici commerciali. La città, nella sua struttura urbana, caratterizzata dalla presenza di numerosi canali e ponti di collegamento che si estendono fra le colline della città, ricorda le città di San Francisco o Amsterdam. Ma il fascino della città scandinava è del tutto unico, rispetto alle simili città olandesi e americane, ma anche nei confronti degli altri centri della Svezia. La nostra gita a Göteborg ha avuto proprio il compito di cogliere le sue peculiarità usando lo scatto fotografico e la nostra innata curiosità. Buona lettura.
Poseidon
Storicamente la città fu la porta della Svezia per i traffici verso le Indie Orientali: nel porto resta la ricostruzione visitabile di un grande veliero commerciale affondato 250 anni fa (lo illustreremo in Göteborg-3), nonché un Museo della Navigazione (Sjöfartsmuseum) che descrive la gloriosa storia della marineria svedese, con esposizioni dedicate ai traffici, alla pesca e all'industria delle costruzioni navali. Nello stesso palazzo si trova anche l'acquario con pesci tropicali e ambientazione dell'habitat marino del Mare del Nord.
Stena Germanica
NOVHOTEL
Nelle due foto sopra si notano i ricchi palazzi monumentali degli armamenti e armatori svedesi lungo il Göta Älv.
Il Museo a cielo aperto Maritiman (a destra)
Attraccato lungo la Banchina Sud del fiume il Maritiman. Un Museo Marittimo a cielo aperto, in cui si possono visitare 19 navi galleggianti, dalla petroliera al Battello Fanale, dall'incrociatore lanciamissili Småland al sommergibile Nordkaparen e molti altri esemplari di naviglio nordico costiero e d’altura.
Cenni storici e geografici
Göteborg con mezzo milione di abitanti è la seconda città più popolosa della Svezia, dopo Stoccolma. Situata nella contea di Västra Götaland e collocata nella provincia storica del Västergötland, sorge allo sbocco del fiume Göta, che sfocia sul Mare di Kattegatt, espandendosi geograficamente lungo l’intero sbocco del fiume fino a comprendere un arcipelago di rocce aride e scogliere, tipico delle coste selvagge del Bohuslän (isolotti di roccia, insenature e pittoreschi villaggi di pescatori). I ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza dei primi insediamenti umani già 8 mila anni fa, e la città deve il suo nome alla tribù germanica dei Geati che abitava la parte meridionale della moderna Svezia. Il fiume su cui sorge la città si chiama Göta Älv (Fiume Göta), e Göta Borg è il forte/bastione costruito sulla foce del fiume per proteggere il porto, creato per essere la porta principale della Svezia per il commercio con l’occidente. Il porto fu attivo fin dal XII secolo, ma il borgo non fu vera e propria città fino al secolo XVI, quando un primo insediamento venne costruito dal re Carlo IX ad ovest del fiume Gota. Bisogna aspettare il 1612, data in cui Gustavo II Adolfo di Svezia costruì un nuovo insediamento alla foce del fiume secondo modelli olandesi, con strade e canali artificiali e una grande piazza, l’attuale Gustaf Adolfs Torg, vicino al canale principale. Dal XVIII secolo comincia l’era d’oro della città, divenuta porto principale della Svezia. Nel 1731 viene fondata infatti la Compagnia svedese delle Indie Orientali che avrebbe dovuto sviluppare il commercio con l’estremo oriente. Con l’avvento delle nuove tecnologie e l’aumento della concorrenza straniera, molti cantieri hanno oggi chiuso anche se il porto di Göteborg rimane il principale porto della Svezia. La città ha trasformato in parte la sua fonte di ricchezza nelle industrie manifatturiere, ed è sede di importanti aziende internazionali come SKF, Volvo ed Ericsson. Grazie all’influsso della corrente del golfo, la temperatura a Goteborg difficilmente in inverno scende sottozero, e le estati sono sempre molto fresche. Per muoversi in città in tutta comodità si può utilizzare la fitta rete tramviaria che la attraversa, la più grande d’Europa.
Parco divertimenti di Liseberg
In questa parte del Parco di Liseberg un tempo approdavano motovelieri per i loro traffici di cabotaggio. Oggi queste imbarcazioni fanno parte del paesaggio riportando alla luce la loro storia.
Hans, Gretel e la strega... (fratelli Grimm)
I caproni qui rappresentati fanno parte della ricca mitologia svedese
E’ sicuramente una delle attrazioni più visitate di Göteborg, a testimoniare anche la grande forza innovatrice che pervade tutta la città che in soli tre secoli di storia ha letteralmente trasformato più volte il proprio aspetto, adattandolo ai cambiamenti storici e culturali. Liseberg, a sud-est e a breve distanza dal centro, è il parco divertimenti più grande e più frequentato di tutto il Nord Europa, inserito in un magnifico scenario naturale, inserito nella top ten dei migliori dieci parchi divertimenti del mondo da Forbes Magazine nel 2005. Inaugurato nel 1923, oggi vanta oltre 50 tipi di attrazioni fra castelli incantati, giostre, giri d’acqua in canotto e montagne russe ed è visitato da oltre 3 milioni di persone e continua a essere acclamato come il più antico parco divertimenti della Svezia. Fra le attrazioni da non perdere, oltre alle montagne russe fra le migliori al mondo, l’Hotel dei fantasmi, un itinerario tra i corridoi di un albergo infestato. Oltre alla stagione estiva è possibile visitare il parco anche nei mesi invernali di novembre e dicembre, per le celebrazioni del Natale svedese, quando l’attrazione cardine diventa il mercatino di Natale, con la tradizionale cucina svedese, tra vin brûlé e specialità di carne di renna. Il parco è decorato da decine di giardini, il più recente dei quali è il Lisebergs Lustgård, una zona nuova con piante spettacolari intervallate da cascate e uno scenario naturale. Il parco ospita inoltre anche una sezione di sculture artistiche, concerti musicali ed esibizioni teatrali.
Il centro città
Il centro della città è vivo e giovane, e offre ai turisti una grande varietà di scelta fra eleganti caffetterie e locali alla moda, vicini a grandi centri commerciali. Qui si trova anche l’Università di Göteborg che con oltre 60 mila studenti è la più grande della Scandinavia e caratterizza lo spirito della città e ne anima le strade con eventi sportivi e musicali, soprattutto concerti rock, fiere e congressi. Per questo motivo Göteborg è spesso considerata come la città più accogliente di tutta la Svezia.
La Balena Blu imbalsamata
L'offerta culturale comprende il museo di Storia Naturale (Naturhistoriska Museet), con l'unica balena blu imbalsamata nel mondo, il museo d'Arte (Konstmuseum) con opere di maestri italiani come Veronese, Carracci, Canaletto e fiamminghi (Rembrandt, Rubens), il Museo di Arte Applicata e Design Industriale (Röhsska Museet) in un bell'edificio di inizio ‘900, il museo Etnografico (Ethnografiska Museet) con notevoli reperti sui Saami, la popolazione lappone della Svezia settentrionale.
Il cuore pulsante della città si trova nel grande viale di Göteborg (Kungsportsavenyn e comunemente noto come ‘avenyn’), ricco di negozi, gallerie d’arte, ristoranti, bar e alcune delle più importanti istituzioni culturali. Lo Stadsteatern (Teatro Comunale), il Konserthuset (la Sala Concerti), lo Stora Teatern (Teatro principale e uno dei più antichi della Svezia). Non lontano, sulla Christina Nilssons Gatan, si ammira uno dei teatri più moderni al mondo, la Opera House di Goteborg (1994) che ogni anno prevede un vasto programma di lirica, operette, musical, balletti e concerti. A lato del viale troviamo anche il grande parco cittadino di Trädgårdsföreningen, con una collezione molto bella di rose (il rosarium più grande d’Europa). Il parco è anche conosciuto per la Palmhuset (Casa delle Palme), un insieme di serre in stile diciannovesimo secolo. Ci troviamo lungo l’incrocio dei due principali canali di Göteborg, tra quello più grande, il Rosenlunds Kanalen, e il Stora Hamn Kanalen.
La cattedrale di Göteborg (Domkyrkan) è invece situata sulla Västa Hamngatan, nel versante nord. La piazza principale della città si chiama Gustav Adolfs Torg ed circondata da importanti monumenti storici: la Börsen (Borsa del cambio), la residenza Wenngren, il Stadshuset (il vecchio arsenale), il Municipio Rådhuset.
La visita delle città riserva ancora piacevoli sorprese: per una visione panoramica ci sono i bus turistici coperti o scoperti a seconda della stagione, oppure il vintage tram: una carrozza speciale vecchia di cent'anni, ma anche escursioni sull'acqua con i battelli Paddan in partenza da Kungsportsbron, costruiti per passare sotto ponti bassissimi. In un'ora si visitano tutte le vie d'acqua della città e si naviga nel porto commerciale sul fiume, sulle cui banchine gli architetti si sono sbizzarriti nel ridisegnare il profilo della città con il celebre palazzo dell'Opera, che ricorda le grandi navi oceaniche.
Göteborg e il suo porto
L’area del porto Lilla Bommen è dominata dalla Göteborg-Utkiken, il grattacielo dell’architetto Ralph Erskine, a strisce bianche e rosse, é familiarmente chiamato "il rossetto", domina la città dalla sua altezza di 86 metri. Da qui si può godere di uno dei panorami più belli di Goteborg. Un’altra grande attrazione è il Barken Viking, la più grande nave a vela commerciale mai costruita in Scandinavia a cui abbiamo dedicato la prima parte di questo viaggio. Salvata dalla demolizione dal governo scandinavo nel 1940, è una delle maggiori attrazioni turistiche della città ed ospita all’interno un albergo, un ristorante e una caffetteria. Attualmente l’ormeggio di questa magnifica nave a palo si trova nell’ambito portuale di Lilla Bommen vicino al “rossetto”.
Feskekörkan
Sorprendente é pure la sconsacrata "chiesa del pesce", un edificio neogotico di fine ‘800 con tetti spioventi, contrafforti e bovindi che ospita il mercato dove si possono comperare o degustare sul posto sgombri freschi del mare del Nord, gamberi, aragoste e i più delicati frutti di mare.
Nell’area del porto si possono visitare anche i cantieri navali di Terra Nova, nella zona di Majnabben per ripercorrere la storia navale della città con lo storico veliero Ostindiefararen Gotherborg, che apparteneva alla Compagnia Svedese delle Indie Orientali.
La Darsena dei Piloti di Göteborg
Il piloti del porto di Göteborg sono 24 e si alternano nel pilotaggio: mare, fiume, porto. A causa degli spazi ristretti, devono anch’essi lottare contro il “gigantismo navale” esattamente come i loro colleghi genovesi, amburghesi ecc... Siamo stati invitati ed ospitati con grande cordialità e promesse di rivederci per approfondire le problematiche tecniche organizzative e di manovra.
A sinistra un bella pilotina d’altomare
La pilotina di Marstrand (la Portofino svedese)
Potenti rimorchiatori in attesa della chiamata
December 28, 2015 by G-Captain
MSC MAYA
Ship Photo of the Day – Port of Gothenburg Welcomes World’s Largest Containership
On December 21, 2015, Mediterranean Shipping Company’s Ultra-Large Containership (ULCS) MSC Maya called at APM Terminals Gothenburg, becoming the largest containership ever to call in Sweden.
With 19,224 TEU capacity, MSC Maya ranks as one of the world’s biggest containerships by carrying capacity and measures 396 meters-long with a draft of 16 meters. The vessel arrived from the Port of Bremerhaven as part of the regular port rotation of the Maersk Line/Mediterranean Shipping Company AE-2/Swan Far East/North Europe Service in the 2M alliance.
The Port of Gothenburg is the only port in Sweden that can accommodate ships of this size. Since 2012, APM Terminals has planned to invest $115 million in the facility to establish Gothenburg as a deep-water hub for Scandinavia and the Baltic area. Gothenburg’s overall container throughput was 837,000 TEUs in 2014, with APM Terminals Gothenburg handling 759,000 TEUs, or approximately half of all Swedish container traffic for the year.
The MSC Maya is the fourth of 20 planned Oscar-class ULCSs’ for MSC. In January 2016, APM Terminals Gothenburg will also host the MSC Zoe, sister ship to MSC Maya.
Impianto per il collaudo dei mezzi di salvataggio navali
Molti castelli e fortezze nordiche sono adattati ad alberghi, ristoranti aperti tutto l'anno. Un esempio da seguire? Direi proprio di sì.
Sbarco alla Fortezza
Le Segrete
L’entrata del canale e porto di Goteborg vista dal Forte Älvborg. Sullo sfondo a sinistra il grande Terminal-containers dove inizia la vera e propria aerea commerciale del porto. Sulla sponda opposta i Servizi Nautici, Agenzie, Armamenti ecc...
L’interno della fortezza é adibito a Ristorante ed é frequentatissimo. Nella foto la sala da pranzo che nel ‘700 ospitava le camerate dei soldati.
Self service
Questo lungo ponte "Älvsborgsbron" collega le due sponde della città.
Della Göteborg più antica rimane poco. Sempre nella zona del porto troviamo la fortezza di Älvsborg alla foce del fiume Göta Älv. Serviva per proteggere l’accesso della Svezia all’oceano Atlantico. In realtà della fortezza medievale costruita attorno al XIII secolo rimangono solo le rovina delle mura, mentre la parte visibile è il nuovo castello (Nya Elfsborg), del XVII secolo. Nelle vicinanze è da non perdere il quartiere di Klippan, lo Skansen Kronan, fortificazione sulla collina a sud-ovest del centro della città.
Carlo GATTI
Rapallo, 22 Dicembre 2015
Göteborg-1-Nave a Palo VIKING
V I K I N G
La nave a palo in ferro quando navigava con bandiera danese
Il famoso windjammer di bandiera svedese ha cambiato vita riciclandosi in un rinomato Albergo a Göteborg. Il suo elegante scafo bianco simboleggia tuttora quella marineria che lottò strenuamente sino al 1950 per sopravvivere all’avvento del motore.
La navigazione a vela, dopo cinquemila anni di universale pratica, veniva lentamente sconfitta dal nuovo mezzo meccanico. Già! Lentamente, perché la lotta fu aspra e durò ancora nel corso della Prima guerra mondiale, quando gli U-BOOT tedeschi ne fecero scempio con il cannone.
Riservate ai velieri d’altomare rimanevano solo alcune rotte, quelle estreme dei collegamenti con le regioni più lontane (Australia e Cile). Regioni troppo lontane per la limitata autonomia della nave a vapore.
Il grande veliero da carico-WINDJAMMER presentava ancora due notevoli vantaggi:
- non doveva fermarsi per caricare carbone
- il vento non costava nulla
Facendo presa e insistendo coraggiosamente su questi due concetti, Francesi, Tedeschi e Scandinavi costruirono velieri sempre più grandi, destinati a caricare quantità sempre maggiori di merce. Mentre la flotta dei velieri americani andava lentamente declinando, quella inglese divenne la prima al mondo.
La nave a Palo VIKING
Di poppa si erge il grattacielo a strisce bianche e rosse Utkiken, familiarmente battezzato "il rossetto", alto 86 metri che domina il porto di Lilla Bommen.
L’autore
Dal 2013 la nave a palo VIKING è di proprietà della ESS Hotell AB di Göteborg, dov'è ancora conservata intatta, manutenuta ed utilizzata come Albergo, Ristorante e Bar galleggiante. La foto mosta la nave nell’attuale ormeggio nella Lilla Bommens Hamn sul canale Göta Älv e, con molto fascino, si erge a simbolo della tradizione marinara svedese nella splendida aerea interna del porto di Göteborg. La costruzione rossa e bianca che si erge di poppa alla VIKING si chiama Lilla Bomen, ma la gente la chiama Skanskaskrapan oppure Läppstiftet (perché ricorda il rossetto usato dal gentil sesso).
La nave a palo VIKING fu costruita nel 1906 dal cantiere Burmeister & Wain di Copenaghen per il consorzio di armatori chiamato "Den Danske Handelsflaadens Skoleskib for Befalningsmænd AS" per essere utilizzata come nave mercantile e nave scuola per gli allievi della marina mercantile danese, che lo tenne dal 1906 al 1915. E' il più grande veliero mai costruito in Scandinavia. Costò 591.000 corone danesi. Scafo in acciaio. Lunghezza ft 118 m, al ponte 97,30 metri. Larghezza 13,90 m. Immersione 7,30 metri. Stazza 2.959 tonnellate lorde, 2.665 nette. Superficie velica 3,690 m². Disponeva di vele di gabbia fisse e volanti, velacci, velaccini e vele di belvedere. Velocità massima di crociera 15,5 nodi. Dislocamento 6.300 tonnellate. Capacità di carico 4.100 t. Varato il 1° dicembre 1906, fece il suo “maiden voyage” il 19 luglio 1907. Dal 1915 al 1929 divenne proprietà della Società De Forenede Dampskibs AS di Copenaghen (It)-Köpenhamn (Sv)-Köbenhavn (Da).
Nel 1929 venne venduta al celebre armatore Gustaf Erikson di Mariehamn, Isole Åland, che la impiegò nei traffici del grano australiano verso l'Europa che la tenne sino al 1950.
Nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, venne disarmata a Mariehamn insieme con la POMMERN e la PASSAT. Nel 1946-47 fece ancora due viaggi del grano in Australia e nel 1947-48 ne fece altri due con il Passat.
Nel 1950 venne rivenduta alla città di Göteborg ed utilizzata come nave scuola stazionaria sino al 1998.
ALBUM FOTOGRAFICO
Primo piano della VIKING
Lo scalandrone innevato della VIKING. Benvenuti a bordo! Hotell*Ristorante*Conferenze
Suggestiva immagine della VIKING e del “rossetto” a sinistra
La reception della nave
Sala delle Feste
Sala da pranzo
Carlo GATTI
Rapallo, 19 dicembre 2015
MANOVRA IMPORTANTE NEL PORTO DI GENOVA
30 novembre 2015
MANOVRA IMPORTANTE NEL PORTO DI GENOVA
YM Wondrous
CALATA SANITA’ - SECH
Genova, ecco la nave da 14 mila containers
Giornata importante al porto storico di Genova dove per la prima volta è entrata una nave da 14 mila containers. È la YM Wondrous, lunga 367 metri. Ripartita dopo poche ore senza aver effettuato alcuna operazione commerciale: il suo arrivo è stato solo un test di manovrabilità, spiega il dottor Aldo Negri (direttore commerciale di Yang Ming Italia).
Spiega Negri: «Quello di oggi è stato un test per la nave, che fa un servizio regolare tra Nord Europa e Estremo Oriente. La nave ha fatto tappa a Genova per capire se questo tipo di navi potranno essere messe in servizio regolare, già dalla prossima primavera. Oggi esiste già un servizio su questa tratta ma Yang Ming vorrebbe inserire in questo servizio navi più grandi. La necessità, per la compagnia, era quella di capire se esistevano gli spazi di manovra utili per operare con questo tipo di portacontainer e tutto sembra essere andato per il meglio».
Continua Negri: «Il mercato chiede questo tipo di navi, il porto di Genova a questo si deve adeguare: è emblematico essere riusciti ad accogliere questa nave nel porto storico di Genova. Finora navi di queste dimensioni attraccavano solo al VTE (Voltri Terminal Europa). Questo è l’ennesimo tassello che l’Italia e Genova mettono a disposizione del mercato».
SEGUE UNA INTERVISTA INEDITA DELL'ASSOCIAZIONE MARINARA MARE NOSTRUM RAPALLO AL SOCIO COMANDANTE JOHN GATTI, CAPO PILOTA DEL PORTO DI GENOVA, SULLA MANOVRA D’ENTRATA E USCITA A CALATA SANITA' (SECH).
1) - Gli esperimenti come quello realizzato oggi con la YM WONDROUS comportano sempre dei rischi: se l’esperimento riesce, il merito é di tutti, se l’esperimento andasse storto non ci sarebbero dubbi su chi dover “impalare”... Il merito del successo che le si attribuisce é quindi proprio quello di aver deciso e rischiato in prima persona con molto coraggio. E’ così?
R) - In realtà il discorso non può essere circoscritto al solo tempo di durata della manovra. L’aver svolto la delicata operazione entro limiti accettabili di rischio, ha imposto uno studio accurato di tutti gli elementi critici, giornate intere trascorse su simulatori di altissimo livello alla Force Technology di Copenaghen, valutazioni precise delle caratteristiche della nave ottenute provandola dal vero ad Amburgo e confronti approfonditi, durante il quotidiano incontro al “Tavolo Tecnico”, con la Capitaneria e gli altri Servizi Tecnico Nautici.
Durante la manovra mi sono servito, inoltre, dell’ausilio di un PPU (Portable Pilot Unit), uno strumento che utilizziamo proprio per la gestione delle navi più grandi.
E’ comunque vero che tutte le manovre “sperimentali” sono caratterizzate da una percentuale di rischio difficilmente quantificabile in anticipo e che, alla fine, la componente umana è sempre quella decisiva.
2) - Si dice che queste navi di quasi 400 metri di lunghezza abbiano una potenza ridotta al 25% nella marcia indietro, con gravi rischi sulla capacità di fermarsi entro spazi di sicurezza. Anche l’elica trasversale di prua é molto debole rispetto alla mole da spostare. Ci può spiegare il motivo per cui vengono costruite navi con queste limitazioni in piena “era tecnologica”? Ci può inoltre spiegare se ci sono ragioni economiche dietro queste défaillances tecniche?
R) - Oggigiorno sono molte le navi che offrono una risposta a marcia indietro decisamente sproporzionata rispetto alla marcia avanti. Il motivo di questa caratteristica negativa è legato alla forma delle pale delle eliche. Contestualmente all’elevarsi del prezzo del petrolio, sono stati sviluppati studi per cercare di ottimizzare la resa nella marcia avanti legandola a consumi ridotti il più possibile. Questi studi hanno portato allo sviluppo della forma delle pale delle eliche, ottimizzandole per il moto avanti, a discapito della resa a marcia indietro. Se per certe tipologie e misure la cosa può essere comunque gestita, ben diverso è il discorso su navi sopra i trecento metri che devono evoluire in spazi ristretti. Spesso sono anche navi che hanno il “molto adagio avanti” compreso tra i nove e gli undici nodi che, in un porto come quello di Genova, dove hai tre/quattro scafi a disposizione per fermarle, si capisce bene che avere a disposizione soltanto il 25% della potenza è ben poca cosa. Nel caso della YM Wondrous, effettivamente, anche l’elica prodiera di manovra si è dimostrata piuttosto insufficiente. Tengo a precisare che, a parità di misure, le navi portacontainer presentano caratteristiche molto diverse tra loro: una buona percentuale è caratterizzata da sistemi di propulsione e di manovra assolutamente adeguati.
3) - Si dice anche che le grosse navi ORE-OBO-BULK di 20-30 anni fa, certamente non così lunghe, installassero turbine con le stesse limitazioni di potenza nella marcia indietro, proprio come nei motori Diesel del tipo montato sulla YM Wondrous, vista oggi. Nulla di nuovo sotto il cielo?
R) - Credo che i ragionamenti di oggi seguano rotte diverse rispetto al passato. Il risparmio, l’efficienza, la competitività sono valori assoluti che vengono tradotti in progetti, cercando di mantenere la sicurezza ad un livello tale che possa influenzare il meno possibile i costi. A volte si esagera, ed escono fuori navi con limiti operativi anche importanti.
4) – Ci sono altre difficoltà tecniche di manovra oltre a quelle accennate? Equipaggi ridotti? Visibilità scarsa dal Ponte di Comando? Difficoltà nelle comunicazioni?
R) - Non amo entrare in polemica, ma è innegabile che esistono, in percentuale purtroppo ragguardevole, equipaggi impreparati anche a gestire la quotidianità. A cui dobbiamo aggiungere l’importante superficie velica offerta al vento, i pescaggi, la visibilità limitata dalla lunghezza delle navi e dai muri di container che trasportano, gli spazi ristretti consentiti da porti nati per navi lunghe la metà, e così via.
5) – Dopo il riuscito esperimento d’attracco al SECH si sono lette dichiarazioni, a nostro parere azzardate se non addirittura trionfalistiche sull’esito della manovra effettuata in bonaccia o quasi. A nostro modesto avviso, andrebbero esaminate sul campo le difficoltà imposte dai venti turbolenti che investono la nostra regione da tutti i quadranti. Avete in programma altre manovre per stabilire i limiti operativi di vento, mare e correnti?
R) - A Genova, fortunatamente, esiste un “sistema” collaudato e molto efficiente di gestione dell’operatività portuale. Intendo dire, che tutte le parti coinvolte si sono date, e si danno, molto da fare per migliorare e rendere possibile tutto quello che fino a poco tempo fa sembrava utopia: i terminalisti hanno fatto importanti investimenti per adeguare gru, parabordi, bitte, illuminazione, dragaggi, ecc; l’Autorità Marittima, coadiuvata dai Servizi Tecnico Nautici, ha proposto e preteso importanti cambiamenti e adeguamenti da apportare nel pieno rispetto della sicurezza; da parte nostra abbiamo investito nella tecnologia, nei corsi, nelle simulazioni, nello scambio di esperienze con altre corporazioni europee e nella ricerca di manovre alternative che permettessero di spostare i limiti un po’ più in là.
Tutto questo ha permesso di arrivare fino a qui. Da queste prove escono dei risultati che vanno interpretati per decidere se l’economicità di una determinata operazione rientra in limiti accettabili. Nel frattempo si prosegue con tutti i mezzi a disposizione per cercare di ottenere e di offrire di più.
6) – Ci risulta infine che questa manovra debba essere eseguita con molta precisione, come se fosse “sui binari”, a causa dei bassi fondali prospicienti la banchina d’ormeggio. E’ così?
R) - Molte zone del porto di Genova sono caratterizzate da fondali che limitano il pescaggio delle navi in arrivo. Effettivamente, quando ho portato la YM all’ormeggio, uno dei problemi di cui dovevo tenere conto riguardava proprio una pericolosa zona di basso fondo. A onor del vero devo dire che alla fine del mese inizieranno i lavori di dragaggio per risolvere anche questo problema.
Ringraziamo il Comandante John GATTI per la sua disponbilità e per l'esclusiva.
Porto di Genova, le avventure di John il pilota
Bruno Viani – IL SECOLO XIX
Genova - La sera del 7 maggio 2013, alzando i binocoli in direzione della Torre Piloti, il comandante John Gatti aveva visto il nulla. E aveva capito. «A quell’ora dovevo essere ancora là dentro, ma mi avevano chiamato per un servizio non previsto e solo per questo oggi sono qui».
Sono passati meno di due anni, Gatti oggi ha 48 anni e dal primo gennaio è il nuovo Capo pilota del porto al posto di Giovanni Lettich che è andato in pensione. E quel cambio è un segno: la storia della corporazione iniziata nel Settecento, arrivata a una tragica svolta meno di due anni fa, va avanti. Senza torre, nella nuova sede spaccata in tre. Senza dimenticare i colleghi e gli amici che non ci sono più. Ma avanti tutta, guardando avanti, come le navi accolte all’arrivo a Genova e poi accompagnate fuori dal porto ogni giorno dagli uomini di John, a cavallo delle onde.
Calata Sanità, l’altra mattina, ore 9. La bandiera sulla punta del Matitone oscilla verso sud, vento di tramontana, lo spigolo del molo è sempre più vicino. E l’immensa sagoma rossa e nera della Jazan, portacontainer della United Arab Shipping Company diretta al terminal Sek avanza lentamente e sembra sfiorarlo. Poi scivola indenne per affiancarsi all’attracco: una manovra calcolata al millimetro, compiuta da un bestione da oltre 75.500 tonnellate, lungo 305 metri. Il passaggio (che a un occhio estraneo sembra un miracolo) è la quotidianità.
A guidare le operazioni, dall’aletta di sinistra del ponte di comando è il pilota Leonardo Pignatelli, 50 anni, che per salire e scendere dalle biscaggine di corda in qualunque condizione (e il pensiero corre alla telefonata di un’altra notte e un altro luogo: «sali su quella biscaggina c....zzo») si tiene in forma facendo footing e palestra. «Perché quando il mare si alza con onde di cinque o sei metri, saltare dalla pilotina alla nave e viceversa è oggettivamente pericoloso. Ma bisogna farlo».
Nello stesso tempo, la “piccola” portacontainer Fritz Reuter, armatore tedesco e bandiera liberiana, 18.480 tonnellate di stazza, viene accompagnata fuori dall’area portuale da Danilo Fabricatore, 46 anni, neoeletto presidente nazionale di Fedepiloti.
La quotidianità dei piloti del porto, domatori di mostri d’acciaio, è una sfida che si gioca sempre sul filo dei millimetri. «Se nel corso della manovra si toccassero le gru vicinissime alla banchina sarebbe un disastro, non è come un’auto che sfiora un guard rail e si graffia: qui si parla di vite in pericolo, milioni di euro di danni e l’operatività bloccata». A garantire la sicurezza sono preparazione, esperienza, la conoscenza dei fondali e dei venti. E (non ultimo) il feeling con i colleghi che lavorano, fianco a fianco, sotto altre bandiere: gli ormeggiatori e gli uomini della Rimorchiatori Riuniti, della Capitaneria e delle pilotine.
È la vita quotidiana dei 22 piloti del porto di Genova, una corporazione che vive malgrado le lenzuolate e le scelte politiche che spingono verso un mondo di liberalizzazioni. «Siamo una corporazione necessaria ancora oggi perché, per ogni operazione che si compie in porto, i minuti valgono milioni: in un regime di concorrenza e deregulation, le pressioni per accorciare i tempi sarebbero insostenibili e la sicurezza portuale sarebbe compromessa».
Il porto non è più lo stesso, dopo quel 7 maggio e l’impatto della Jolly Nero. La vecchia sede dei piloti adesso è frazionata in tre: le pilotine attraccano ancora a molo Giano, gli uffici amministrativi sono a due passi da piazza Cavour. La sede operativa invece, ospitata nei primissimi tempi a bordo di un rimorchiatore, è a ponte Colombo, al secondo piano di una palazzina moderna dalla quale non si vede nemmeno l’imboccatura del porto. La presenza delle navi in arrivo e in partenza appare solo su tabelloni luminosi, come avviene in una grande stazione, oppure sugli iPhone dei piloti. E poi ci sono le sottostazioni di Multedo e Voltri.
«La Torre Piloti era la nostra casa, là avevamo tutto: era una struttura assolutamente all’avanguardia, in Italia e non solo. Qui ci siamo organizzati, ma è un’altra cosa». E il pensiero torna inevitabilmente a quella notte.
Scene rivissute come se fossero oggi. «Sono in cabina con l’iPhone acceso, alle 23 dovrei finire il mio turno di lavoro. Ma quando mancano venti minuti mi viene chiesto di uscire un’ultima volta: c’è una portacontainer, l’Emona, che prima di allora non avevamo mai visto a Genova e non avremmo mai più visto nemmeno in seguito: alle 22.40 esco, quando sono in mare mi chiamano via radio: aspetta a rientrare, deve essere successo qualcosa».
Il resto è la cronaca di quella notte: uomini che girano tra le macerie, si contano cercando il volto dei propri amici e colleghi tra i sopravvissuti. E cercano di indovinare, guardando le auto parcheggiate negli spazi riservati, chi era in servizio e manca all’appello.
Oggi i colleghi, fratelli, compagni d’avventura di chi non c’è più, continuano a vivere la loro vita di lavoro sotto un altro tetto. E si sentono ancora più famiglia, mentre la cuoca Angela Sartori prepara il pranzo e un po’ li vizia. Una madre, quando vede i figli arrivare a tavola nelle ore più impossibili, dice: questa casa non è un albergo. «Ma non avere orario, per questi ragazzi, è parte del lavoro, mica un capriccio: così per quelli che fanno il primo turno e sono in azione già alle quattro del mattino, il pranzo è alle 10. E poi tocca agli altri».
Se si chiede al Comandante J. Gatti a cosa serve un pilota a bordo di una nave che ha già il suo Comandante, risponde. «Quello è un altro mestiere: il pilota, che viene sempre da esperienze di comando di navi spesso di grandi dimensioni, è un manovratore che ha una formazione specifica e, alle spalle, migliaia di manovre, almeno sette o ottocento all’anno». Nulla si improvvisa. «Il lavoro di preparazione inizia il giorno prima dell’arrivo della nave che sarà presa in carico appena arriva a 7 miglia dall’imboccatura del porto».
Sul tavolo, già iniziata, c’è la torta al cioccolato della cuoca Angela che ammette. «Forse li vizio un po’, ma passo molto più tempo insieme a loro che con mio marito».
ALBUM FOTOGRAFICO
La M/n YM WONDROUS in manovra nel Porto di Genova
Il portacontenitori Yang Ming WONDROUS si trova in avamporto, ha appena compiuto una evoluzione di 180° e sta indietreggiando verso la zona d’attracco: calata Sanità.
Molo Giano-Genova - La Torre di Controllo non c’é più, ma la Statua della Madonna dei Piloti tirata su dal fondo, dopo il tragico incidente del 7 maggio 2013, é ritornata al suo posto.
La pilotina é sottobordo alla nave all’altezza dell "combinata" dove sale e scende il Pilota del porto.
In questa suggestiva immagine, la Y.M. WONDROUS appare in tutta la sua lunghezza occupando quasi tutto l’avamporto portuale genovese. In primo piano la pilotina in manovra.
La Y.M. WOUNDROS, dopo circa due ore di sosta a Genova, é ripartita per il suo prossimo scalo.
Suggestiva immagine dell’uscita dal porto di uno degli ultimi esemplari del “Gigantismo Navale”.
Carlo GATTI
Rapallo, 31 Dicembre 2015