IL RELITTO DEL MAR NERO
Dedico questo articolo alla memoria del fraterno amico
Emilio Carta
il quale profuse buona parte delle sue ricerche verso il mondo dei relitti navali.
IL RELITTO DEL MAR NERO
La nave più antica del mondo trovata intatta al largo di Burgas
nel Mar Nero
"Ha 2400 anni"
Per noi umili appassionati di navi di tutte le epoche, la scoperta di un relitto così antico e ben conservato, ci emoziona particolarmente in quanto ci consente di aggiungere tasselli di conoscenza tecnica delle costruzioni navali e della gestione della nave sia per quanto riguarda il carico che la manovra.
È stata elaborata un'immagine 3D della nave grazie a dei dispositivi subacquei
“La nave dell'antica Grecia è rimasta integra perché a due chilometri di profondità manca l'ossigeno”. Afferma il professore Jon Adams responsabile del gruppo scientifico che ha individuato la nave: "Una scoperta straordinaria che rivoluziona le nostre conoscenze sul mondo antico".
The Science Team
Professor Jon Adams is a Professor in Maritime Archaeology and Founding Director of the University of Southampton’s Centre for Maritime Archaeology.
Professor Lyudmil Vagalinski has been Head of the National Archaeological Institute & Museum (NAIM), part of the Bulgarian Academy of Sciences (BAS) since 2010.
Hristina Angelova (in memorian) has been instrumental in the Black Sea MAP since planning began in 2014 working as the lead Bulgarian maritime archaeologist on the expedition.
Dr. Kalin Dimitrov graduated in Archaeology at the St. Kliment Ohridski University, Sofia in 1992. In the same year he was appointed as Maritime Archaeologist in the Centre for Underwater Archaeology in Sozopol.
Gli altri membri del Team:
Dr Veselin Draganov – Dr Justin Dix - Prof Joahn Rönnby – Dr Kroun Batchvarov – Dr Dragomir Garbov – Dr Helen Farr – Dr Joakim Holmlund – Dr Rodrigo Pacheco-Ruiz – Dr Dimitris Sakellariou – M.S.C. Kiril Velovsky –
The Educational Team: Catherine Aldridge – Ruth Mackay – Roger Baker – Dani Newman – Dave John - Dr Angela Hall – Elizabeth Terry –
Documentary Team: David Belton – Andy Byatt.
Trovarla e restituirla alla storia, è stata un’impresa del celebre MAP, acronimo di Maritime Archaeology Project. L’equipe é guidata dal britannico Jon Adams, responsabile di una troupe internazionale di archeologi e scienziati che fa riferimento all’Università di Southampton e che dal 2015 sta setacciando le coste della Bulgaria dove un tempo approdavano le navi provenienti dalla Grecia e, in generale, dai porti mediterranei. La troupe dispone di moderni droni abilitati per la ricerca di relitti giacenti alle profondità abissali che sono anche attrezzati per raccogliere immagini a tre dimensioni.
La notizia è stata data dal Guardian. A breve sarà proiettato al British Museum di Londra un documentario girato durante le ricerche. Oltre a questa imbarcazione i ricercatori hanno individuato un vero e proprio cimitero di navi.
I NUMERI
Il Mar Nero, con i suoi alti fondali, si é rivelato, ancora una volta, il grande guardiano dell’archeologia marina subacquea che ci porta a rivisitare quei pezzi di storia che sembravano già dimenticati.
Il relitto risale a 2400 anni fa ed è praticamente intatto. La nave ritrovata nel mese di ottobre 2018 è la più antica al mondo mai rinvenuta dall’uomo. Si trova a circa 80 km dalla città di BURGAS (Bulgaria), a 2mila metri di profondità.
Si tratta di una nave mercantile lunga circa 23-25 metri, di costruzione greca, in ottimo stato di conservazione risalente a 2.400 anni fa. E’ già stata ribattezzata la “nave di Ulisse“. Secondo gli archeologi, infatti, è molto simile alla nave del mitico eroe greco Ulisse raffigurata su un antico vaso, da qui il nome (vedi foto sotto).
Tipologia di nave
Secondo le ricostruzioni degli esperti, quel tipo di nave veniva usata per trasportare merci varie dalla Grecia alle colonie elleniche sulla costa del Mar Nero.
Ci sono degli indizi che fanno pensare ad anfore ma anche ad opere artistiche. Sono tuttora visibili l’albero di maestra, il timone e le panche per i rematori. Per il momento il relitto é destinato a rimanere nell’antica culla che lo ospita da oltre due millenni sul luogo del naufragio.
Il suo eccezionale stato di conservazione è dovuto alla mancanza d’ossigeno a quella profondità, oltre che al particolare habitat di un bacino chiuso e preistorico come il Mar Nero.
Città portuale di BURGAS - Bulgaria (Mar Nero)
Burgas è il secondo porto bulgaro sul Mar Nero ed ha il più grande aeroporto nei Balcani. È noto come centro industriale e turistico. Si pensava fosse una città di recente fondazione, ma recenti scavi archeologici nei dintorni hanno riportato alla luce numerosi reperti, che oggi si possono vedere nel museo archeologico. Si suppone che nel sito dell’attuale Burgas ci fosse, nel II - IV sec. A.C., un agglomerato traco-macedone. Fino al XVIII° sec. sono esistiti solo dei villaggi di pescatori. Il gioiello della città è il parco lungo il mare, piacevole posto per passeggiate sia d’estate che d’inverno. D’interesse per i visitatori della città sono il museo archeologico, il museo etnografico, la sinagoga - dono al comune dalla comunità ebraica - che ospita una mostra di icone e la chiesa armena.
IBERNAZIONE
Il relitto è stato trovato grazie a due robot subacquei telecomandati (ROV) che hanno permesso un’esplorazione estremamente accurata, ma a causa della profondità delle sue acque che assicurano una sorta di ibernazione, per ora sembra impossibile riportarlo alla luce sulla terraferma. Infatti, la totale mancanza di luce e ossigeno a quella profondità ha permesso al relitto di rimanere intatto grazie a circostanze ambientali assai peculiari. In altre parole, in quella regione, l’acqua marina è particolarmente povera di ossigeno, il che ha impedito la proliferazione di batteri che l’avrebbero corrosa e deteriorata.
E’ perfettamente visibile il timone e il contenuto della stiva, come se il tempo si fosse fermato per consegnarcelo intatto e non fosse ancora stanca di navigare nell’azzurro del mare.
L’esame di alcuni campioni di legno prelevati dal relitto ha dimostrato che lo scafo risale al 400 a.C. Ci si trova, senza dubbio alcuno, dinanzi al più antico relitto navale che sia mai stato scoperto nel mondo.
“Ci è sembrato di vivere in un film di avventura” ha dichiarato al New York Times il responsabile del progetto, il professor Jon Adam– non pensavo fosse possibile trovare. una nave come questa, ancora intatta, a tali profondità. Abbiamo osservato il timone perfettamente conservato ed in posizione di navigazione. Il suo studio senz’altro cambierà la nostra comprensione della costruzione navale e della navigazione nel mondo antico. La storia di questo antico relitto è ancora tutta da scrivere. Probabilmente, stando ad alcune rilevazioni di reperti esaminati, trasportava, oltre alle solite anfore che erano i contenitori principali in tutta l’antichità, anche ceramiche. Le sue stive, ancora semi sepolte nella sabbia, potrebbero nascondere un vero tesoro artistico, oltre che archeologico”.
Il professor J.A. ha inoltre precisato: “per il momento, il recupero della nave è pressoché impossibile perché il legno, rimasto in uno stato anossico per 24 secoli, si dissolverebbe al primo contatto con l’aria”.
Nel frattempo gli archeologici hanno trovato molte somiglianze con le navi raffigurate nei vasi greci dell’epoca, custoditi nei musei di diverse nazioni.
Dr Helen Farr is a maritime archaeologist with a focus on prehistoric submerged landscapes and early seafaring.
“È una scoperta unica nel suo genere”, ha raccontato alla Bbc Helen Farr, una delle partecipanti alla spedizione. È come aprire una finestra su un altro mondo: quando abbiamo esaminato il video e abbiamo visto apparire la nave, così perfettamente conservata, ci siamo sentiti come se avessimo fatto un viaggio indietro nel tempo”.
LE PARTI MEGLIO CONSERVATE
Sono pressoché intatti: l’albero di maestra, i timoni, le panche utilizzate dai rematori e addirittura, sembra, anche parte del contenuto della stiva – che però è ancora sconosciuto; gli archeologi sostengono che servirà una nuova spedizione per scoprirlo, anche se con ogni probabilità si tratta di anfore e vasi.
Il Vaso della sirena, che è conservato al British Museum di Londra
È nel XII canto dell’Odissea di Omero che, per la prima volta, le sirene fanno la loro apparizione in un’opera letteraria. Intorno a queste figure leggendarie si sono sviluppati miti che, fin dall’antichità, hanno alimentato l’immaginazione dell’uomo, al punto da condurlo a renderle degli esseri quasi reali. A loro si attribuiscono doti ammaliatrici; ascoltando il loro canto nessun essere umano riuscirebbe a resistere, cadendo, inevitabilmente, nella loro trappola. Seguendo il loro canto sensuale, il malcapitato andrebbe incontro solo alla morte. Pochi sono gli uomini sopravvissuti al loro richiamo. Oltre ai leggendari Argonauti, l’episodio più famoso è quello di Ulisse (rappresentato nel vaso) che, seguendo il consiglio della maga Circe, riempì di cera le orecchie dei suoi compagni e facendosi legare all’albero della nave, riuscì a superare la tentazione di buttarsi in mare per seguirle.
La nave a doppia propulsione - vela e remi - è stata individuata in un noto cimitero di relitti, dove sono già state localizzate oltre 60 imbarcazioni. Lo shape dell'imbarcazione ricorda il vascello raffigurato nel Vaso della sirena, che è conservato al British Museum di Londra e risale al 480 a.C.
Rispetto alla moltitudine di reperti, quel particolare vaso è citato da alcuni studiosi che ritengono possa rivelare qualcosa sulla storia dei viaggi di Ulisse, forse persino di quel passo dell'Odissea dove si racconta che: il re di Itaca si fece legare a un albero della nave per ascoltare senza rischi il canto mortifero e tentatore delle sirene - esattamente la "scena" descritta dalle decorazioni del vaso sopra riportato.
L'AMBIENTE PERFETTO
“Questo cambierà la nostra comprensione delle costruzioni navali e della navigazione in quel tempo“. È stato comunque prelevato un piccolo frammento di legno del relitto ed è stato portato all'Università del Southampton per ulteriori analisi.
La datazione della nave è stata condotta col metodo del carbonio-14 - Il risultato la fa risalire al 400 avanti Cristo.
IL PARADISO DEGLI ARCHEOLOGI. L’opinione di Jon Adams: “la nave potrebbe essere affondata durante una tempesta di fronte alla quale l'equipaggio, che poteva essere composto tra i 15 e i 25 uomini, non riuscì a fare nulla, e non sarebbe da escludere la possibilità che vi siano i loro corpi conservati nei sedimenti circostanti la nave. Al momento non c'è un progetto per riportare il relitto in superficie, in parte per i costi di una tale operazione e in parte perché sarebbe necessario suddividerlo in pezzi”.
I ricercatori impegnati nel progetto Black Sea Map hanno rinvenuto reperti anche più antichi della nave greca, ma di questi sono stati trovati solo frammenti. Il luogo dove giace la nave greca è in realtà costellato di relitti: “Nella stessa area ci sono, per esempio, alcune parti di una nave mercantile medievale, con le sue torri di prua e di poppa ancora praticamente intatte, con il sartiame e tutte le sue decorazioni”. Conclude Adams.
Seguirò per Mare Nostrum i successivi lavori del TEAM e vi aggiornerò sui risultati.
Carlo GATTI
Rapallo, 24 dicembre 2018
L’INCENDIO SULLA NORMAN ATLANTIC
L’INCENDIO SULLA NORMAN ATLANTIC
28 dicembre 2014
NORMAN ATLANTIC
Caratteristiche della nave:
Il traghetto apparteneva alla categoria Ro-Pax di ultima generazione.
Capacità merci di oltre 2.000 metri lineari di carico, 850 passeggeri, velocità di crociera di oltre 23 nodi, ideale per il servizio "autostrade del mare".
Il traghetto NORMAN ATLANTIC fu costruito nel 2009 presso i Cantieri Visentini di Porto Viuro per la stessa società marittima (VISEMAR) e battezzato con il nome di Akeman Street, il traghetto fu inizialmente noleggiato dalla compagnia di navigazione T-Link lines per la gestione della rotta Genova–Termini Imerese nell'ambito del progetto denominato “Autostrade del Mare”.
Nel 2011 la compagnia noleggiatrice venne liquidata e la nave passò di mano alla Regione Sardegna tramite la controllata società marittima Saremar: il traghetto, rinominato Scintu (in onore dell'eroe Raimondo Scintu), venne impiegato dal 15 giugno 2011 al 15 settembre 2011 sulla tratta tra Golfo Aranci e Civitavecchia, e dal 16 gennaio 2012 su quella Olbia-Civitavecchia insieme al gemello Dimonios, dal nome dato ai soldati della Brigata meccanizzata “Sassari”.
Dal settembre 2012 la nave è rimasta in disarmo nel porto di Oristano. Scaduto il noleggio con la Saremar per le corse da e per Civitavecchia, gli armatori Visentini hanno firmato il contratto con la Grandi Navi Veloci per la rotta Genova-Palermo in sostituzione dello Splendid, ferma per manutenzione nei cantieri San Giorgio di Genova e lo Scintu ha ripreso il mare senza le insegne dei "quattro mori", sostituite dal logo GNV. Dal marzo 2013 la nave è stata noleggiata alla Moby; dall'estate 2013 la nave effettuò la rotta Livorno-Olbia in servizio merci e passeggeri.
Dal gennaio 2014 il traghetto ha cambiato nome in Norman Atlantic: da settembre a novembre dello stesso anno presta servizio per Carontes&Tourist sulla rotta Messina-Salerno, per poi effettuare da dicembre servizio sulla tratta Ancona-Igoumenitsa-Patrasso per conto della compagnia greca Anek Lines (il contratto sarebbe scaduto il 17 o il 22 gennaio 2015), in sostituzione della Hellenic Spirit, fuori servizio per regolare manutenzione annuale alla carena e ai motori.
LA ROTTA PREVISTA
La Norman Atlantic, al comando di Argilio Giacomazzi, sessantaduenne spezzino, proveniva da Igoumenitsa (Grecia-Epiro) ed era diretta ad Ancona con a bordo 443 passeggeri, 56 membri dell'equipaggio.
LA ZONA DELL’INCENDIO
Giunti verso le 04.30 del 28 dicembre 2014 a 33 miglia da Fano nel Canale di Otranto, improvvisamente divamparono le fiamme nel garage della nave dove si trovavano 128 autocarri, 90 automobili, due autobus ed una moto. Il mayday fu lanciato alle 4h47m.
L’incendio grave si diffuse rapidamente a causa di una burrasca forza 7/8.
Sono passati 4 anni esatti dal grave disastro navale. Un incidente sulle cui cause sta ancora indagando la Procura di Bari che sta vagliando la posizione del capitano Argilio Giacomazzi, dell’addetto al carico Pavlos Fantakis, dell’armatore Carlo Visentini, dei due responsabili legali della Anek Lines che aveva noleggiato la nave e di 7 membri dell’equipaggio per cooperazione colposa in lesioni, naufragio e omicidio plurimo. Un lavoro complicato, quello dei pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano: sono ancora tanti e diversi gli aspetti da chiarire, sia sulle cause dell’incendio sia sulla gestione dell’emergenza a bordo. La combustione ad alte temperature andata avanti per oltre una settimana, anche dopo il rimorchio nel porto di Brindisi, non aiuta poiché ha distrutto il “cuore” del disastro, lì dove tutto sarebbe iniziato in quella notte di mare in tempesta: ponte 4, ordinata 156.
Le vittime accertate: 9 morti, 60 feriti e 19 dispersi. Secondo testimonianze attendibili, un imprecisato numero di clandestini mediorientali forse sei, sarebbe imbarcato prima della partenza della nave. Di loro non si ebbero più notizie.
Grazie ad una vasta operazione di soccorso mai tentata prima e che ha coinvolto oltre
20 navi mercantili e militari di diverse nazionalità, numerosi elicotteri di soccorso italiani e greci, sono state tratte in salvo 477 persone affrontando condizioni meteomarine estremamente difficili come testimoniano le foto sotto.
La burrasca in corso con mare forza 7/8 - onde alte sei metri – vento a 80km/h, ha impedito, almeno nella fase iniziale, che le operazioni di salvataggio potessero effettuarsi con i mezzi di bordo. Infatti, dopo l’ordine di “abbandono nave”, subentrò tra i passeggeri una fase di grande confusione anche perché la lancia di salvataggio di dritta prese fuoco insieme al MES. Due passeggeri greci perirono a causa di un incidente verificatosi con lo scivolo del sistema d'evacuazione MES. Alcuni passeggeri morirono per ipotermia dopo essersi gettati od essere caduti in mare. Qualcuno, senza l’ordine diretto del Comandante, prese l’iniziativa di ammainare la lancia di sinistra, ma con solo 49 persone, un terzo della sua capienza. Questi naufraghi furono recuperati dalla m/n Spirit of Piraeus. Disastrosa fu la messa a mare di alcune zattere gonfiabili che si capovolsero provocando la morte per annegamento o ipotermia di diversi occupanti, mentre altri, rimasti aggrappati a delle cime, sono stati recuperati dagli elicotteri. Un’altra drammatica operazione si verificò durante l’avvicinamento di una zattera alla nave per prendere altri passeggeri che purtroppo non ressero lo sforzo e caddero dalle biscagline di bordo scomparendo in mare; quelli rimasti sulla zattere furono recuperati dalla M/N Aby Jeannette la quale nella stessa operazione riuscì a salvarne altri per un totale di 39 naufraghi.
Il primo ufficiale di macchina Gianluca Assante, anch'egli caduto in mare, fu recuperato dalla petroliera Genmar Argus. Solo un centinaio di persone abbandonò la nave su zattere e lance o gettandosi in acqua, mentre le rimanenti furono recuperate dagli elicotteri con manovre davvero ardite.
Queste furono le navi dirottate per portare soccorso alla nave sotto incendio:
i traghetti Forza e Cruise Europa, la portacontainer Spirit of Piraeus, le portarinfuse Aby Jeannette, Stelios B., Plana e Salvinia, le petroliere Genmar Argus e Nissos Serifos, le chimichiere Evinos e Canneto M.)
Provvidenziale fu l’immediato invio di due potenti rimorchiatori da Brindisi: TENAX e MARIETTA BARRETTA con due squadre di Vigili del Fuoco e di due motovedette della Guardia Costiera. Altre due motovedette salparano immediatamente da Otranto e Santa Maria di Leuca. Da Corfù e Igoumenitza partirono 3 vedette della Guardia Costiera greca, uno dei quali era un mezzo antincendio. Decollarono anche 7 elicotteri della Marina, 3 dell’Aeronautica e 2 della Guardia Costiera Italiana, nonché delle analoghe forze elleniche (5 dell'Aeronautica greca, due della Marina e 4 dell'Esercito).
A causa delle pessime, anzi estreme condizioni meteorologiche, esaurite le possibilità di salvataggio via mare, gli elicotteri procedettero ad un lento ma sicuro recupero dei passeggeri, uno alla volta, che si erano ammassati sui ponti superiori della nave come bene illustra la foto sotto.
L’arrivo della nave militare San Giorgio, in veste di OSC (On Scene Commander) ovvero comandante sul posto delle operazioni SAR, ha dato grande fiducia ai passeggeri che dovevano difendersi dal fuoco, dal vento freddo, dalla pioggia ed anche dai cannoni antincendio dei rimorchiatori. Getti mirati con grande abilità eseguendo gli ordini e le istruzioni direttamente dagli elicotteri, come si può osservare nelle foto in successione.
Per gli appassionati di marineria e di questo genere d’imprese, ho recuperato un autorevole RAPPORTO COMPLETO delle operazioni di salvataggio.
Inizialmente, i superstiti recuperati dagli elicotteri sono stati trasferiti sul traghetto Cruise Europa (per un totale di 69), mentre in seguito all'arrivo della nave anfibia San Giorgio è divenuta quest'ultima la piattaforma di atterraggio per gli elicotteri. Il Cruise Europa non ha potuto recuperare nessuno dal mare a causa delle condizioni meteomarine fortemente avverse, che hanno anzi causato la perdita di una delle sue lance di salvataggio, la numero 4, precedentemente calata in mare nel tentativo di soccorso poi arenatasi danneggiata sulla costa albanese al pari della lancia di sinistra del Norman Atlantic.
Il primo naufrago recuperato da elicotteri, un passeggero in ipotermia che si trovava in mare aggrappato ad una zattera capovolta, è stato recuperato e portato all’aeroporto militare di Galatina alle ore 10; durante i soccorsi un uomo della Guardia Costiera ha riportato lievi ferite, mentre un elicottero è dovuto rientrare a causa della rottura di un verricello. Alle 11.46 il coordinamento delle operazioni di soccorso è stato assunto dalle autorità italiane (Maritime Rescue Sub Center di Bari, poi Maritime Rescue Coordination Center di Roma). A mezzogiorno, con il salvataggio di un primo gruppo di 8 persone, trasportate a Galatina, ha avuto inizio il recupero dei passeggeri a bordo della nave mediante elicotteri del 36º Stormo di Gioia del Colle e del 61º Stormo di Galatina, che hanno costituito un ponte aereo. Alle 13:12 ed alle 13:16 sono stati fatti partire da Brindisi, rispettivamente, la nave anfibia San Giorgio ed il rimorchiatore Asmara, precedute alle 11:30 da un altro rimorchiatore, l'Aline B.. Nel frattempo accorrevano sul luogo anche il pattugliatore albanese Butrinti, che, giunto sul posto alle 10:45, ha partecipato allo spegnimento dell’incendio insieme al Marietta Barretta a partire dalle 12:40 (opera nella quale è giunto ad assisterlo il gemello Lissus il giorno seguente), e la fregata greca Navarino (da Salamina hanno preso il mare anche la FAC Daniolos e la nave supporto logistico Axios). Alle 14:06 i superstiti recuperati erano complessivamente 111; 26 dei quali recuperati da elicotteri (9 portati in Puglia e 17 sul Cruise Europa); alle 15:09 risultavano tratte in salvo 131 persone, 45 delle quali con elicotteri (36 sul Cruise Europa e le altre a terra), divenute 146 alle 16:10. Alle 15:30, intanto, il pattugliatore albanese Butrinti ha recuperato un passeggero greco caduto in mare. Alle 17:31 il rimorchiatore Marietta Barretta (impegnato con il Tenax anche ad arginare l’incendio con gli idranti di bordo), dopo diversi tentativi e con l'assistenza di un elicottero, è riuscito a prendere a rimorchio il Norman Atlantic. Alle 19:30, mentre arrivava sul posto il San Giorgio, sulla quale hanno iniziato ad essere portati, invece che sul Cruise Europa (dove erano stati sino ad allora trasferiti 69 naufraghi), i superstiti, il numero dei salvati era salito a 165, divenuti 169 alle 21:02, quando il San Giorgio ha assunto il coordinamento dei soccorsi, e 172 alle 21:25. Essendosi spezzato il cavo di rimorchio, alle 21:55 del 28 dicembre il Marietta Barretta ha dovuto sostituire il cavo, riuscendo a riprendere il rimorchio. Il recupero dei naufraghi, trasportati dagli elicotteri sul San Giorgio, è proseguito anche durante la notte, dopo l’arrivo in tarda serata del cacciatorpediniere lanciamissili Luigi Durand de la Penne, dotato di un ulteriore elicottero, che ha preso a bordo 31 naufraghi (successivamente trasferiti sul San Giorgio, sul quale ne erano precedentemente stati depositati 184). Alle 4:56 del 29 dicembre i naufraghi recuperati risultavano 221; poco dopo personale medico è stato depositato dagli elicotteri a bordo del Norman Atlantic. Alle 6:17 erano 251 le persone tratte in salvo, salite a 265 alle 7:02, a 290 alle 7:52, a 310 alle 8:41 e a 316 alle 9:15. Alle 9:35 i superstiti recuperati erano 329, saliti a 345 alle 9:49, 356 alle 10:17 e 379 alle 11:26. Alle 11:55 erano stati recuperati 391 sopravvissuti ed anche i corpi di quattro vittime (un primo passeggero era deceduto durante il recupero da parte di un elicottero il giorno precedente e la salma era stata portata a Brindisi). Durante tali operazioni è sopraggiunto anche un secondo pattugliatore albanese, il Lisus, che si è unito al gemello Butrinti ed ai rimorchiatori italiani nel gettare acqua per spegnere l'incendio. Alle 13:10 407 persone risultavano tratte in salvo ed alle 13:35 solo nove membri dell’equipaggio erano rimasti sul Norman Atlantic, per effettuare un’ultima ispezione. Alle 14:10 solo il comandante Giacomazzi, assieme a quattro ufficiali della Marina Militare, era ancora a bordo del traghetto; alle 14:50 anche il comandante Giacomazzi ha lasciato per ultimo la nave. Oltre a tutti i passeggeri e membri dell'equipaggio presenti sul traghetto dopo l'iniziale concitato abbandono della nave sulle imbarcazioni, gli elicotteri hanno portato in salvo anche due cani che si trovavano sulla nave. Alle 15:37 sono state recuperate altre due salme, portando il numero delle vittime a sette, ed alle 20:06 altre due.
Complessivamente sono stati tratti in salvo 477 naufraghi (l'intero equipaggio, 418 passeggeri e tre clandestini), con operazioni aeree e navali durate 36 ore, mentre al 15 gennaio le vittime accertate risultavano 11 (9 tra i passeggeri del Norman Atlantic, tutti morti dopo essere finiti in mare durante l'iniziale abbandono della nave e prima dell'arrivo dei soccorsi, più 2 marinai albanesi del rimorchiatore Iliria, morti per la rottura del cavo di traino nel tentativo di rimorchiare il Norman Atlantic), e rimanevano 19 dispersi (due autotrasportatori italiani, nove passeggeri greci, una passeggera tedesca di origini libanesi, quattro passeggeri turchi ed almeno due clandestini siriani ed un iracheno. Cinque salme sono state recuperate dalla nave anfibia San Giorgio tra il 29 ed il 30 dicembre, mentre quattro sono state recuperate tra il 28 ed il 30 da motovedette della Guardia Costiera, che le hanno trasportate in Puglia. Altre due salme, avvistate in mare durante i soccorsi, non hanno potuto essere recuperate. A bordo del traghetto era presente anche un imprecisato numero di clandestini provenienti dal Medio Oriente, nascosti tra i camion nei garage, alcuni dei quali tratti in salvo. L'incertezza al 30 dicembre dipendeva anche dalla possibilità che alcuni passeggeri fossero a bordo senza risultare nelle liste di imbarco, nonostante non sia stato di certo praticato overbooking essendo la capienza nominale del traghetto di 850 passeggeri.
Delle navi soccorritrici, la Spirit of Piraeus, dopo aver dovuto rinunciare ad entrare a Brindisi alle 3 di notte del 29 dicembre (a seguito del ferimento di un pilota del porto durante il tentativo di trasbordare), è giunta a Bari alle 7:30 dello stesso giorno con 49 naufraghi. Il Cruise Europa ha raggiunto Igoumenitsa con 69 superstiti il medesimo giorno, mentre il San Giorgio, dopo aver recuperato altre due salme nella giornata del 30 (e dopo il trasferimento a bordo di 31 naufraghi presenti sul Durand de la Penne e di uno proveniente dalla Genmar Argus), è giunta a Brindisi poco dopo le 20 del 30 dicembre, con a bordo in tutto 212 sopravvissuti ed i corpi di 5 vittime. L'Aby Jeannette, dopo aver dovuto rinunciare ad attraccare dapprima a Brindisi, poi a Bari ed infine anche a Manfredonia a causa del mare molto mosso e di una tormenta di neve, ha dovuto fare rotta per Taranto, dov'è arrivata con 39 naufraghi (tra cui 3 feriti lievi) alle 14:15 del 31 dicembre. Più tardi, durante la giornata del 31, sono giunti in Grecia un peschereccio ed un elicottero con rispettivamente 73 e 7 naufraghi ed infine un'altra nave con l'ultimo gruppo di superstiti.
IL RIMORCHIO A BRINDISI – ISPEZIONI SUL RELITTO
STORIA IN IMMAGINI
Concludiamo il racconto di questa tragica operazione di salvataggio rimarcando la professionalità dei cinque rimorchiatori italiani (Marietta Barretta, Tenax, Asmara, Aline B. e A.H.Varazze) i quali, per il coraggio dimostrato si sono guadagnati il plauso dello shipping internazionale ed anche le meritatissime decorazioni per il salvataggio compiuto di molti passeggeri e per lo spegnimento dell’incendio della Norman Atlantic realizzato in condizioni meteo difficilissime.
Non altrettanto si può dire dei due rimorchiatori albanesi Adriatik e Illiria che non tennero conto delle decisioni concordate e prese dalle Autorità dei Paesi interessati al disastro: rimorchiare il relitto verso un porto italiano adatto ed attrezzato per ospitare i naufraghi e la nave stessa.
I fatti presero una piega inaspettata quando, il 30 dicembre, a seguito di una nuova rottura del cavo da rimorchio del Marietta Barretta, il rimorchiatore albanese Iliria tentò, con un colpo di mano improvviso, di prendere il traghetto a rimorchio per portarlo a Valona (Albania) e consegnarlo alle proprie Autorità come un trofeo di guerra…!
In quella “manovra piratesca” effettuata con molta fretta e imperizia marinara, il cavo si spezzò ferendo gravemente due marinai albanesi, deceduti poco dopo nonostante l'invio a bordo di un medico della nave militare italiana San Giorgio.
Dinanzi alla morte di due incolpevoli marinai albanesi ci fermiamo a meditare in preghiera!
Tuttavia, consentite allo scrivente, che ha esercitato il comando di queste unità per molti anni, di manifestare le proprie perplessità dinnanzi a tanta arroganza, ignoranza delle leggi in vigore, di una totale assenza di etica professionale e di solidarietà umana in circostanze così particolarmente difficili e delicate quando il successo dell’impresa dipendeva soltanto dalla interazione tra tutti i mezzi di salvataggio, come i fatti hanno dimostrato!
Foto del Comandante Nunzio Catena
Concludo con un positivo avvenimento: a bordo, tra i passeggeri, vi era il soprano Dimitra Theodossiou che doveva cantare a Capodanno il celebre "Nabucco" di Giuseppe Verdi a Rimini. Per quanto la cantante fosse stata salvata con l'elicottero e portata all'ospedale di Lecce, cantò regolarmente ed ebbe un grande successo!
Carlo GATTI
Rapallo, 19 dicembre 2018
PITTORI DI MARINA - WILLIAM LIONEL WYLLIE - SS TEUTONIC
PITTORI DI MARINA
Eco del golfo Tigullio
LA QUADRERIA DE “IL MARE”
WILLIAM LIONEL WYLLIE
SS TEUTONIC
Con questo olio su tela di William Lionel Wyllie (Londra, 1851 - Londra, 1931) le navi a vapore diventano per la prima volta protagoniste di questa rubrica di pittura di marina del nostro mensile.
L’autore può forse essere considerato il più significativo esponente di quella scuola che, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, dette i natali a un gran numero di pittori di marina giustamente celebrati per aver saputo interpretare al meglio, con la loro arte, un momento irripetibile della storia navale britannica: l’apogeo di un Impero che, nei traffici commerciali e nello sviluppo della marina mercantile da un lato e nella potenza della Royal Navy dall’altro, seppe esprimere al meglio una “marittimità” ineguagliata negli ultimi tre secoli della storia mondiale.
William Lionel Wyllie, dopo un inizio di carriera non scevro di difficoltà e di alcuni insuccessi (che lo portarono anche a considerare di abbandonare il campo artistico per intraprendere la carriera di ufficiale della marina mercantile), iniziò a vedere valorizzate le sue opere dalla Royal Academy e da altre istituzioni culturali britanniche, diventando membro della celebre Society of British Artists già nel 1875.
Da allora, la sua produzione nel campo della pittura di marina fu sempre più apprezzata in patria e all’estero, e nel 1889 fu infine nominato membro associato della Royal Academy.
Al di là della sua produzione artistica, Wyllie sostenne sempre le istanze tese alla valorizzazione storica del passato navale britannico: fu tra i maggiori sostenitori del re- stauro della HMS Victory, già nave ammiraglia di Nelson alla battaglia di Trafalgar, nonché socio fondatore dell’importante Society for Nautical Research, istituzione attiva ancora ai nostri giorni il cui organo è l’autorevole periodico “The Mariner’s Mirror”.
Nel 1930, poco prima della sua scomparsa, completò una grande tela raffigurante la battaglia di Trafalgar per il Museo dell’Arsenale di Portsmouth, inaugurata alla presenza del re Giorgio V.
L’olio su tela che qui presentiamo (da sempre esposto al National Maritime Museum di Greenwich) risale all’ultimo decennio del secolo XIX e raffigura il “liner” Teutonic in uscita dal porto di Liverpool - dopo essere stato costruito dai cantieri Harland & Wolff di Belfast - per il suo viaggio transatlantico inaugurale che ebbe inizio il 7 agosto 1889.
L’impianto generale e l’impostazione artistica del quadro sono tipici della preparazione tecnica e delle conoscenze marinaresche di un autore che, in tutte le sue opere, ha spesso saputo abbinare l’uso di colori tenui e sfumati ad una considerevole precisione nella rappresentazione di dettagli di scafi e attrezzature senza - però - mai dimenticare il contesto paesaggistico e il “bilanciamento” generale nella rappresentazione di velieri, barche da pesca, navi da guerra o “vapori”, come è per l’appunto il caso del Teutonic.
Nel quadro, il Teutonic esce maestosamente dall’avamporto di Liverpool e, tra le tante qualità di quest’opera, va rilevata la “profondità prospettica” su ben quattro piani individuati - rispettivamente - dalle barche e dalla chiatta in primo piano in basso a destra, dalla barca a vela sulla sinistra del Teutonic verso poppavia (elemento minimo, ma fondamentale per accentuare la profondità della visuale), dal Teutonic medesimo e, infine, dai dettagli sfumati della città e del porto di Liverpool sullo sfondo.
Il Teutonic e il gemello Majestic, immessi in servizio dalla White Star Line tra il 1887 e il 1889, furono non soltanto navi passeggeri lussuose e veloci (20 nodi di velocità massima), ma vennero progettati e costruiti per essere convertiti - in caso di necessità - in navi trasporto truppe e incrociatori ausiliari.
Il Teutonic, in particolare, fu impiegato come trasporto truppe nel 1900 in occasione della Guerra contro i Boeri e - tra il1914 e il 1918, armato con cannoni da 152 mm - fu utilizzato come incrociatore ausiliario inquadrato nel 10th Cruiser Squadron della Royal Navy.
Al termine del conflitto il Teutonic non riprese la sua attività di piroscafo di linea e, essendo ormai disponibili unità più grandi e veloci, fu demolito a Emden (Germania) nel 1921.
Maurizio BRESCIA
Direttore del Mensile
Rivista fondata nel 1993 da Erminio Bagnasco
Rapallo, 27 Dicembre 2018
PITTORI DI MARINA - EL ULTIMO COMBATE DEL GLORIOSO
PITTORI DI MARINA
Eco del golfo Tigullio
LA QUADRERIA DEL "MARE"
AUGUSTO FERRER-DALMAU
EL ULTIMO COMBATE DEL GLORIOSO
La pittura di marina, per la buona sorte di tutti i suoi appassionati e cultori, non è un genere artistico che appartiene soltanto al passato: al contrario, non sono pochi i pittori contemporanei che si dedicano ad essa, spesso con risultati di assoluta qualità che ben poco hanno da invidiare a quadri realizzati nei secoli scorsi.
È sicuramente questo il caso della recentissima opera dell’artista spagnolo Augusto Ferrer-Dalmau che, in collaborazione con l’accademico e storico navale Arturo Pérez Reverte, nel 2014 ha realizzato per il Museo Navale di Madrid un grande olio su tela (cm 190 x 170) di notevole qualità, riferito all’ultimo combattimento del “due ponti” spagnolo da 70 cannoni Glorioso, nell’impari scontro del 17 ottobre 1747 al largo di Cabo San Vicente, con quattro fregate britanniche (HMSs King George, Prince Frederick, Princess Amelia e Duke) al comando del commodoro George Walker.
La vicenda va inquadrata nella cosiddetta “Guerra dell’Asiento”, nel corso della quale le Marine britannica e spagnola si scontrarono più volte per il predominio nell’Atlantico e nei Caraibi, nell’ambito della ben più vasta Guerra di Successione austriaca (1740-1748). Un conflitto, quest’ultimo - che, oltre a sancire con la pace di Aquisgrana la conclusione del ciclo imperiale degli Asburgo - vide contrapposte due coalizioni che, neppur poi tanto sorprendentemente, replicavano a grandi linee quelli che sarebbero stati gli schieramenti politico-militari del periodo napoleonico.
Precedentemente al combattimento del 17 ottobre 1747 (al termine del quale il Glorioso - disalberato e con numerosi morti e feriti a bordo - si arrese, non prima di aver affondato la fregata HMS Dartmouth nel frattempo giunta a dare manforte alle altre unità britanniche), il “due ponti” spagnolo, al comando di Don Pedro Mesia del la Cerda, a luglio e ad agosto aveva sostenuto due vittoriosi combattimenti contro la Royal Navy: il primo nella zona delle Isole Azzorre e il secondo fuori Capo Finisterre.
Questo quadro di Augusto Ferrer-Dalmau abbina le caratteristiche di “classici” combattimenti navali presenti nei lavori di pittori del Settecento e dell’Ottocento ad una cura del dettaglio di scafi e attrezzature veliche che troviamo in opere della più diversa natura dai Van Der Welde, a Buttersworth e ad autori anche più recenti.
Presentiamo quindi due immagini, al fine di meglio valutare un soggetto trattato con rara accuratezza: una vista d’insieme del dipinto e il dettaglio centrale del Glorioso, ormai semidistrutto, quasi al termine del combattimento. Nella raffigurazione generale sono visibili le unità britanniche che attorniano il Glorioso, anch’esse in parte danneggiate dal tiro della nave spagnola; il dettaglio del Glorioso, poi, consente di apprezzare la cura quasi certosina posta dal Ferrer-Dalmau nel raffigurare la nave spagnola con i danni causati dai colpi nemici sulle murate, l’alberatura ormai smantellata, la bandiera navale che sventola ancora a riva e - soprattutto - gli innumerevoli uomini dell’equipaggio ritratti in pose dinamiche, del tutto realistiche e per nulla “di maniera”.
Un quadro, quindi, realmente bello, accurato, di grande impatto emozionale e tale da reggere il confronto (se non addirittura di risultare superiore) con le giustamente rinomate opere del celebre pittore di marina britannico Geoff Hunt, noto - in particolare - per aver realizzato i quadri utilizzati come copertine di numerosi romanzi della saga di Horatio Hornblower dello scrittore C.S. Forester.
Maurizio BRESCIA
Direttore del Mensile
Rivista fondata nel 1993 da Erminio Bagnasco
Rapallo, 20 Dicembre 2018
PITTORI DI MARINA - J.W.M. Turner, “The Fighting Temeraire”
PITTORI DI MARINA
Eco del golfo Tigullio
LA QUADRERIA DE “IL MARE”
J.W.M. Turner, “The Fighting Temeraire”
Il Temeraire, un vascello a tre ponti della Royal Navy, venne varato nel 1798 all’arsenale di Chatham e faceva parte di una classe di quattro unità; fu presente alla battaglia di Trafalgar del 21 ottobre 1805.
Ci troviamo di fronte ad uno dei più celebri dipinti di marina anche se, in questo partico- lare caso, parlare di uno specifico ambito “di genere” è quanto meno riduttivo in ragione – come vedremo brevemente – dei numerosi significati e della valenza artistica del- l’opera, che va vista e studiata in considerazione della rilevanza dell’autore nel più vasto campo dell’arte pittorica britannica a cavallo tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento. Joseph Mallord William Turner (1775-1881), generalmente noto come J.W.M. Turner, è stato un pittore britannico preminente e significativo che, più di tanti artisti coevi, ha saputo coniugare le tematiche della pittura di marina con le istanze innovative e introspettive che hanno caratterizzato tutta l’arte europea (e, quindi, non soltanto il settore figurativo) nel pieno del periodo del romanticismo.
Le sue opere, quasi tutte olii su tela, vennero riconosciute come originate da un indiscusso talento già nei primi anni della sua attività artistica, e la fama di Turner – da allora – è sempre stata continua e riconosciuta non soltanto in Gran Bretagna ma anche all’estero: oggi numerose sue opere sono esposte nei principali musei e gallerie britannici ed eu- ropei, con la National Gallery di Londra e il National Maritime Museum di Greenwich fortunati possessori di molti suoi quadri, parecchi dei quali riconducibili al settore navale e a quello storico più in generale.
L’opera che oggi presentiamo raffigura un momento sempre triste per una nave: il rimorchio verso il cantiere di demolizione, al termine di una carriera spesso importante e ricca di avvenimenti ma inevitabilmente destinata, come la stessa vita umana, ad
un’ineluttabile conclusione: il titolo completo del quadro è, difatti, The Fighting Temeraire tugged to her last berth to be broken up, 1838, titolo che richiama, per l’appunto, gli ultimi momenti di vita di questa gloriosa unità.
Il Temeraire, un vascello a tre ponti della Royal Navy, venne varato nel 1798 all’arsenale di Chatham e faceva parte di una classe di quattro unità (con Neptune, Ocean e Dreadnought); fu presente alla battaglia di Trafalgar del 21 ottobre 1805 come seconda unità della linea di fila al comando dell’ammiraglio Horatio Nelson (sulla HMS Victory), e si distinse coadiuvando quest’ultima nel combattimento con il “tre ponti” francese Redoutable e catturando il similare Fouguex.
Come per tutte le navi, giunse però anche per il Temeraire il tempo della radiazione (1838), e il quadro di Turner raffigura proprio questo momento, con un rimorchiatore a vapore che traina l’ormai obsoleto vascello verso il cantiere di demolizione.
Le caratteristiche pittoriche dell’opera, con gli “sfumati” e i particolari appena accennati tipici di Turner, conferiscono all’insieme un melanconico sapore romantico, permeato dalla triste consapevolezza del trascorrere del tempo, con il passato sostituito dalla modernità che – spesso – non è in grado di ripeterne l’appeal emotivo, l’intimismo e la propensione per la cultura e la bellezza.
Infatti, il vascello Temeraire si trova in secondo piano delicatamente illuminato dalla luce del tramonto, mentre il rimorchiatore in primo piano è scuro (quasi nero!) e i maggior dettagli che lo contraddistinguono stanno quasi a rappresentare l’oggi che soppianta i giorni passati, dei quali a breve resterà soltanto il ricordo.
Il Fighting Temeraire è stato al centro, nel 1995, di una mostra ad esso dedicata proprio dalla National Gallery di Londra, che ha visto esposte numerose altre opere di Turner riferite alla storia navale britannica (e alla battaglia di Trafalgar in particolare), modelli, strumenti nautici e numerosi documenti originali dell’epoca. Chi scrive queste note ha avuto la fortuna di visitare, all’epoca, quell’eccezionale evento artistico (arricchito, tra l’altro, da uno splendido catalogo dovuto alla storica dell’arte Judy Edgerton): è quindi con grande piacere che presentiamo oggi ai lettori de “Il Mare” The Fighting Temeraire nella consapevolezza di trovarci di fronte ad uno dei “quadri di marina” destinati a fama imperitura e ad un’ampia conoscenza tra studiosi, critici e semplici appassionati di ogni tempo e paese.
Maurizio BRESCIA
Direttore del mensile
Rivista fondata nel 1993 da Erminio Bagnasco
Rapallo,10 Dicembre 2018
PITTORI DI MARINA - “Al largo di Valparaiso” (“Off Valparaiso”)
PITTORI DI MARINA
Eco del golfo Tigullio
LA QUADRERIA DE “IL MARE”
“Al largo di Valparaiso” (“Off Valparaiso”)
La nave raffigurata dal pittore Thomas J. Somerscales è un tipico tre alberi con scafo in ferro, largamente impiegato dalle principali marinerie sul finire dell’Ottocento, le cui forme di scafo e la cui velatura sono mutuate da quelle dei famosi “clipper” del the e della lana in attività alcuni decenni prima.
La pittura di marina di scuola britannica è sicuramente la più vasta e di qualità in questo specifico genere, e sono numerosissimi gli artisti inglesi che, dal Settecento ai giorni nostri, hanno raggiunto nel settore vette artistiche e documentali di più che considerevole valenza.
In particolare, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del secolo scorso, oltremanica si è assistito ad un’autentica fioritura artistica in questo ambito, con pittori quali William M. Willie, Charles Pears e Norman Wilkinson le cui opere rientrano di diritto tra la migliore produzione del periodo e raggiungono notevoli quotazioni nelle aste britanniche e statunitensi, oltre ad essere esposte nelle più quotate gallerie londinesi e del Regno Unito.
In questo panorama, la figura di Thomas J. Somerscales è abbastanza atipica e “indipendente”: figlio di un capitano di lungo corso, nacque a Kingston upon Hull nel 1847 e ben presto iniziò una carriera di insegnante tecnico con la Royal Navy. In quel periodo diede avvio, su basi del tutto autodidatti che, ad un’attività collaterale di pittore amatoriale: caratteristica di famiglia, dato che il padre e uno zio erano essi stessi grafici dilettanti, disegnatore il primo e pittore il secondo.
Nel 1864 Somerscales visitò Valparaiso, in Cile per la prima volta, e si stabilì in quella stessa città nel 1869, dopo aver contratto la malaria nel corso di un viaggio ai tropici nell’Oceano Pacifico. In Cile, Somerscales proseguì la sua attività artistica su basi professionali, partecipando a numerose mostre e esposizioni di pittura di marina e guadagnandosi una fama che, ben presto, lo rese noto anche in patria.
Rientrò nel 1915 in Gran Bretagna, stabilendosi nella città natale di Kingston upon Hull ove, sino alla sua morte (1927), proseguì l’attività di pittore di marina; il suo quadro più famoso è sicuramente “Off Valparaiso” (“Al largo di Valparaiso”), realizzato in Cile nel 1899, che qui presentiamo.
L’opera (olio su tela), è oggi esposta alla Tate Gallery di Londra, che la acquistò dopo che questa era stata esposta alla Royal Academy nei primi anni Venti, e presenta tutti gli aspetti che meglio evidenziano l’arte di Thomas J. Somerscales, ossia un’eccezionale fusione tra elementi naturali (il mare e il cielo), nautici (la corretta raffigurazione di scafi, alberature e manovre) e una “dinamicità” che coinvolge l’appassionato, l’osservatore e chi per mare ha navigato e conosce la realtà di questi elementi.
Una “nave attrezzata a nave” (cioè un veliero a tre alberi con vele quadre) naviga al gran lasco al largo di Valparaiso, e si prepara ad imbarcare il pilota, la cui imbarcazione (siamo in Sud America alla fine dell’Ottocento...) è una semplice lancia a remi che sfida le onde dell’Oceano Pacifico.
Va evidenziata la corretta disposizione della velatura, in riferimento alla situazione in cui il tre alberi è raffigurato. Come detto, il bastimento naviga al gran lasco ma deve mantenere rotta e stabilità, riducendo nel contempo la velocità. I due fiocchi portati “a farfalla” favoriscono quindi il mantenimento della rotta con un’andatura portante, ma le scotte delle vele superiori dei tre alberi sono state allascate per ridurre la velocità e lo sbandamento: velaccino e controvelaccino (al trinchetto), velaccio e controvelaccio (alla maestra), belvedere e controbelvedere (alla mezzana) sono quindi già sventati e il veliero, maestosamente, riduce l’abbrivo e si prepara a ricevere il pilota a bordo.
La nave raffigurata è un tipico tre alberi con scafo in ferro, largamente impiegato dalle principali marinerie sul finire dell’Ottocento, le cui forme di scafo e la cui velatura sono mutuate da quelle dei famosi “clipper” del the e della lana in attività alcuni decenni prima.
Maurizio BRESCIA
Direttore del mensile
Rivista fondata nel 1993 da Erminio Bagnasco
Rapallo, 4 Dicembre 2018
PORTOFINO COM’ERA… ma come sarà???
PORTOFINO COM’ERA…
ma come sarà???
Agli inizi dell’800 Portofino, con i suoi 1300 abitanti-sudditi della Repubblica di Genova, si trovava al centro di aspre contese tra i Fieschi e i Doria. Il Congresso di Vienna (1815) sistemò un po’ di cose… e, come tutta la Liguria, anche il piccolo Borgo rientrò tra i possedimenti del regno Sardo Piemontese.
Si tratta di una data molto importante per buona parte dei portofinesi che decide di ritornare alla sua vocazione originale: il MARE! Che é duro da masticare…” Il pane dalle sette croste”, ma forse é meno duro da digerire che le tasse agricole imposte dai Savoia!
I PORTOFINESI VOLGONO LO SGUARDO VERSO L’OLTREMARE…
Alcuni residenti diventano armatori di legni sempre più importanti perché sono anche astuti ed esperti commercianti che sanno comprare e vendere in tutto il mondo.
Sono ottimi “marinai” fin da ragazzini, oppure lo diventano andando a navigare per periodi di due o tre anni senza fare ritorno a casa. I loro sacrifici vengono investiti in case e terreni che ancora oggi appartengono ai loro discendenti.
Una parte di loro, forse i più anziani, si dedicano alle barche da diporto chiamate LORD, come i loro padroni inglesi che avviano questa nuova forma di turismo marinaro.
Sulle guide turistiche d’epoca si legge: Sul finire del XIX secolo, così com'era accaduto per altri centri rivieraschi, anche Portofino cessa di essere un borgo isolato raggiungibile solo via mare: infatti tra il 1880 e 1890 viene costruita la strada che lo collega a Santa Margherita Ligure, favorendo così l'affluenza di un numero ancor maggiore di visitatori che da questo momento possono raggiungere la località usufruendo del calesse, e successivamente delle carrozze trainate da cavalli con vetturini, per effettuare il giro panoramico, andandosi cosi ad affiancare ai barcaioli, che durante la stagione estiva prestavano anch'essi lo stesso servizio con l'impiego d'imbarcazioni a remi e a vela.
Nel 1889 il celebre scrittore francese Guy De Maupassant approdò a Portofino a bordo del suo veliero Bel Ami: colpito dalla bellezza del borgo, nel suo diario di viaggio La Vie Errante osserva: "Un'insenatura nascosta, dove entra il mare, quasi introvabile, fitta d'abeti, ulivi e di castagni. Un piccolo villaggio, Portofino, si allarga come un arco di luna attorno a questo calmo bacino. Mai ho forse sentito una impressione eguagliabile a quella che ho provato nell'entrare in quell'insenatura verde, e un eguale senso di riposo, di appagamento...".
Tra le due “carrette” gemelle dello stesso armatore, in un romantico quadretto centrale, appare un leudo, tra una Scuna (brigantino goletta) a sinistra ed una Goletta a destra.
Grazie a questa foto del compianto Claudio Molfino, oggi possiamo conoscere un altro importante dettaglio di Portofino “com’era nel 1914”. Ve l’aspettavate di vedere due navi da carico ormeggiate all’interno del suo borgo? Io no! Questa é la testimonianza della vocazione marinara di una stirpe di marinai che non dovrebbe temere l’isolamento causato dalle recenti disastrose conseguenze del recente passaggio dell’uragano.
Tuttavia, la conversione al turismo é stata irreversibile e direttamente proporzionale alle stesse bellezze del borgo! Infatti, con l’apertura del casello autostradale di Rapallo il 15 dicembre 1965, le coste liguri e Portofino vengono raggiunte in tempi rapidi e con estrema facilità.
Se fino agli anni Cinquanta Portofino aveva goduto quasi esclusivamente di fama internazionale, negli anni successivi, grazie a Raffaele Calzini e Salvator Gotta, acquisirà anche fama nazionale, in quanto questi due scrittori e giornalisti, attraverso le pagine del Corriere della Sera, incominciano ad esaltare le incantevoli bellezze del borgo. In particolare Salvator Gotta dichiarava spesso in varie interviste che "Portofino ed il suo golfo devono la loro fortuna al giornalismo che ne mise in rilievo le bellezze panoramiche, il silenzio e l'austerità del suo piccolo mondo marinaro, la pace del suo mare raccolto, la grandiosità del suo monte selvoso”.
Portofino oggi
Il traghetto sardo ICHNUSA ha completato l’ormeggio di punta al molo maxi-yacht.
Grazie all’intervento del traghetto cargo-passeggeri e porta macchine, Portofino é ritornata quasi subito alla normalità.
La comunità di Portofino é ancora isolata via terra a causa dei danni provocati dall’uragano che si è abbattuto sulla costa ligure provocando il crollo della statale che la collega a Santa Margherita Ligure. La nave passeggeri/cargo ICHNUSA, normalmente impiegata nel collegamento fra Sardegna e Corsica, sulla linea marittima fra i porti di Santa Teresa di Gallura e Bonifacio, ha effettuato alcuni viaggi per portare camion cisterna contenenti gas per il riscaldamento delle abitazioni di Portofino, oltre a riportare nei Comuni limitrofi le auto ed altri i mezzi che erano rimasti imprigionati nel borgo.
Lunedì 29 ottobre 2018 - L’uragano ha distrutto completamente la strada statale sotto lo sguardo ineffabile del Pino di Aleppo… (foto sotto)
Il mare non cambia mai e il suo operare, per quanto ne parlino gli uomini, è avvolto nel mistero. (Joseph Conrad)
Il detto di Conrad é sempre di attualità specialmente quando l’uomo, con una buona dose di stupidità, lo sfida sul terreno preferito di Nettuno …
Agli amici di Portofino “allungo” qualche amichevole pensiero personale
Non temete l’isolamento! Voi residenti di Paraggi, Portofino e San Fruttuoso ritornate a pensare all’antica, da isolani. Chi viene da voi é un pellegrino alla ricerca di Santuari Naturali dove trovare la pace, i colori ed i profumi più rari del mondo. Amate il vostro isolamento e condividetelo con i turisti che vi raggiungeranno via mare e dai sentieri montani perché sarete ancora più RARI ed AMBITI nel panorama mondiale della mediocrità divorata dal traffico, dagli schiamazzi, dalla pazzia, dalla velocità e dal consumismo.
Tenetevi stretto quel traghetto che non é un intruso… ma una necessità oggettiva che vi rende estranei e LIBERI da un mondo impazzito!
Nelle innumerevoli isole del globo terracqueo, così come nelle terre che confinano col mare e sono divise dai fiumi: si vive, si commercia, si lavora, ci si sposta regolarmente sui traghetti dove spesso in inverno ci sono nebbie, neve e tempeste. Ci sono nazioni che esistono GRAZIE all’operosità multipurpose dei traghetti. Le baie delle più grandi città del mondo pullulano di questi mezzi che sono sempre più raffinati, pratici, comodi e rapidi. Pensate soltanto alle 10.000 isole che orlano la Scandinavia e che sono abitate soltanto grazie al servizio continuo dei traghetti.
In una decina di minuti di viaggio infinitamente bello e panoramico, siete raggiungibili da Santa Margherita e dalle altre località del Tigullio in un tratto di mare che é famoso per le sue bonacce!
Per voi del promontorio, trasferirvi via mare, deve essere il vostro modo di vivere che riflette i vostri caratteri, il vostro DNA. Liberatevi di quelle centinaia di camion, corriere e furgoni che impestano l’aria, creano ingorghi e deturpano il vostro paradiso terrestre.
Mettete la parola FINE a quell’assalto quotidiano della cosiddetta civiltà dei consumi.
Ritornate all’antico, a ragionare come i vostri avi! Reagite alla “triste” sconfitta subita dall’uragano del 29 ottobre 2018 rimettendo in ordine la vostra vita quotidiana!
Amate e difendete i doni ed i privilegi che avete avuti dal Padreterno.
So di navigare controcorrente, di urlare nel deserto… ma il silenzio é complice … e sappiamo tutti di chi … !!!
UN PARERE AL SINDACO DI RAPALLO
MOTOBARCA PRIMERO VII
Lungh. f.t. mt. 27,60 - Largh. max mt.6,68;
Portata max passeggeri: 348;
Questo molo di 30-35 metri di lunghezza prospiciente Villa Porticciolo potrebbe essere, viste le conseguenze del cambiamento del clima con le sue improvvise tempeste e le costanti variazione dei fondali, la soluzione d’emergenza per togliere Rapallo dall’isolamento dei collegamenti marittimi locali.
In Capitaneria dispongono dei fondali dello specchio acqueo di cui ci occupiamo. Dal ricordo delle mie nuotate compiute in quei dintorni, ritengo che ci sia un fondale sufficiente per operare con un Primero del tipo scelto sopra come modello.
Ritengo inoltre che la risacca sia nulla o quasi, e che la zona in questione si trovi al riparo dell’interramento provocato dal lontano Boate e dalle mareggiate che passano oltre.
Non sono evidenti danni causati dal passaggio dell’uragano. Questo molo potrebbe essere sfruttato anche per l’attracco dei Tender delle navi passeggeri ancorate in rada a Rapallo-Santa M. da marzo a ottobre.
Notare l’ampiezza dello specchio di evoluzione, anche dalla prospettiva della foto sotto.
I Capitani dei traghetti del Tigullio, abituati ad ormeggiare con la risacca (tra gli scogli) a San Fruttuoso, sarebbero ben felici di godere della “normalità” di una così ampia calata a Villa Porticciolo. La parte rettilinea del molo é lunga 30 metri ed é facilmente allungabile con qualche modifica. La zona del parco é collegata al centro città dai mezzi del Comune.
Da questa immagine si nota il progresso compiuto per liberare la passeggiata a mare di Rapallo
Molto resta ancora da fare…
Carlo GATTI
Rapallo, 14 Dicembre 2018