IL NAUFRAGIO DELLA NAVE FLUVIALE “AMERICA” (24/12/1871)
IL NAUFRAGIO DELLA NAVE FLUVIALE “AMERICA”
(24/12/1871)
121 FURONO LE VITTIME
Una Storia con molti cognomi genovesi
Tra cui un vero eroe da ricordare
Questo tragico racconto del Naufragio dell’AMERICA, é scarso di dettagli e di cronache, sono passati 150 anni da quella tragica notte, ed anche una ricostruzione parziale ed ipotetica dell’avvenimento diventa impossibile. Purtroppo, in mancanza di testimonianze e prove evidenti, non rimane altro che “ricordare per non dimenticare” il tristissimo EVENTO di quelle povere vittime che perirono nel terrore di una notte buia, all’improvviso, nelle difficoltà che possiamo solo immaginare del loro eventuale recupero e salvataggio che ci fu, ma solo in forma molto limitata.
Le cause di questi tragici incidenti sono quasi sempre attribuite ad errori umani, avarie alle macchine, scarsa manutenzione e, all’epoca anche alla mancanza di norme di sicurezza tipo: lo scarso numero di lance di salvataggio. Ed infine, fu complice anche la brevità del percorso: 115 miglia nautiche che, ad una stimabile velocità di 10/11 nodi, poteva essere coperta in una decina di ore di navigazione fluviale tra due sponde non lontane tra loro: una crociera si direbbe oggi, un’evasione romantica in vista della Chistmas Eve (Vigilia di Natale).
Le cronache dell’epoca riportano dichiarazioni confuse e sotto shock dei superstiti, dei “sentito dire” e forse più pettegolezzi dei giornalisti, che prove reali non sono mai, tra cui l’ipotesi che vi fosse in corso una scommessa tra i comandanti della AMERICA e della VILLA DEL SALTO su chi sarebbe arrivato per PRIMO all’ormeggio. Pare che fossero partiti nello stesso momento da Buenos Aires per Montevideo.
Non si sa come siano andate veramente le cose, ma sulla AMERICA partì probabilmente l’ordine di forzare l’andatura delle macchine con evidenti salti di pressione delle caldaie con conseguente esplosione di tubi che avrebbero provocato e diffuso l’incendio a bordo in pochissimo tempo.
Come sanno tutti i naviganti, e come sappiamo anche dalla storia di molti naufragi navali, nulla è più pericoloso dell’incendio a bordo, a causa della sua velocità di propagazione, delle alte temperature che esso può raggiungere, in particolare sulle navi d’epoca completamente arredate con materiale infiammabile. A bordo, tutte queste reazioni a catena provocano panico e comportamenti irrazionali da parte dei passeggeri, ma anche dell’equipaggio che non riesce a gestire l’emergenza.
C’è inoltre da aggiungere che se l’incendio e la conseguente esplosione si verificano su un fiume e di notte, la libertà di manovra del Comandante è anche ridotta per la presenza di altre imbarcazioni in navigazione in spazi ristretti, non solo, ma la gestione della manovra nel dover posizionare la nave nel modo corretto rispetto al vento può essere problematico oltre che drammatico.
Dalle foto, dai disegni e dalle impressioni pittoriche pubblicate all’epoca del disastro, si hanno immagini contrastanti con la nave che prende il vento al traverso, in altre sarebbe invece investita dal fuoco alimentato dal vento per tutta la sua lunghezza.
A questo punto non mi rimane che riportare integralmente l’unica testimonianza scritta, breve ma molto intensa, che mi sono permesso di tradurre e rivedere secondo il nostro linguaggio marinaro! Me ne scuso, ovviamente!
In questa commovente storia, emerge la figura di un eroe italiano:
Luis Viale, il cui gesto é assolutamente da ricordare e da tramandare ai posteri!
Rio de la Plata - La notte del 24 dicembre 1871, sulla rotta tra Buenos Aires e Montevideo, si verificò una tragedia che costò la vita a 121 persone lasciando sulla propria scia anche una morte eroica, quella del cittadino italiano LUIS VIALE, che decise di sacrificare la propria vita per salvare la vita di una giovane donna incinta. Quella notte, alle 2 del mattino, il piroscafo "America" era in navigazione tra i porti di Buenos Aires e Montevideo.
L' "America", costruita a Boston, era un piroscafo a pale, dalle linee moderne ed aggraziate, molto simile a quelle più note nella pubblicità navale che viaggiano lungo il Mississippi in Nord America; quella notte era accompagnata dalla nave similare Villa del Salto, noleggiata per l'occasione, a causa della grande richiesta di passeggeri che quel viaggio aveva avuto.
Entrambe le navi erano partite dal porto di Buenos Aires la notte del 23 dicembre e la America aveva a bordo poco meno di 200 persone, tra equipaggio e passeggeri. Alcuni di questi ultimi si erano imbarcati con l'intenzione di trascorrere le festività di fine anno a Montevideo, ma la maggioranza apparteneva a famiglie "benestanti" in fuga dalla terribile epidemia di febbre gialla che quell'estate aveva colpito Buenos Aires e, tra loro, c'erano gli sposi Augusto Marco Del Pont e sua moglie Carmen, incinta, che viaggiavano insieme ad un amico della coppia, un ricco mercante italiano di nome Luis Viale, uno dei fondatori della Banca d'Italia e dell'Ospedale Italiano di Buenos Aires.
Il capitano della America era una garanzia per la sicurezza della nave e dei passeggeri. Si chiamava Bartolomeo Bossi un genovese di cinquantadue anni, che si era stabilito a Buenos Aires sin da giovanissimo. Aveva un cantiere navale a La Boca e nel 1859 comandò il piroscafo Pampero, che fece anche la "linea" tra Buenos Aires e Montevideo. Esplorò il Paraná, l'Uruguay, nel 1860 il Mato Grosso e dopo il 1873 i canali Fuegian e la costa cilena, pubblicando diversi libri sull'argomento.
Quella sera a bordo si ballava, e quando tutti si ritirarono per andare a riposare, il capitano BOSSI decise di raggiungere la Villa del Salto per vincere una scommessa su chi sarebbe arrivato per primo a Montevideo. Ordinò di dare la massima pressione alle caldaie, ma queste non riuscirono a sopportare lo sforzo, esplose provocando un feroce incendio che si diffuse rapidamente su tutta la nave.
In mezzo a scene di panico, il vapore iniziò ad affondare e mentre l'equipaggio e i passeggeri lottavano per un posto in una delle uniche due barche che c'erano, molti si gettarono in acqua con i giubbotti di salvataggio. LUIS VIALE, che già indossava il suo, si tuffò in acqua ritrovandosi in mezzo alle onde con gli amici Marco del Pont e la moglie Carmen. Senza esitazione, le offerse il suo salvagente, dicendole: "Sei giovane e hai un'altra vita da salvare". Pochi minuti dopo, il marito di Carmen e il suo soccorritore scomparvero tra le onde.
E sebbene la nave "Villa del Salto" abbia fatto marcia indietro e sia riuscita a salvare 70 sopravvissuti, tra cui Carmen Marco del Pont, 121 persone, tra passeggeri ed equipaggio, perirono annegando tra le fiamme..
Questa tragedia causò grande costernazione a Buenos Aires, molti vittime erano residenti della città. Nel 1928, un gruppo di residenti italiani raccolse fondi per erigere una statua di Luís Viale, simbolo di eroismo e solidarietà, e oggi la si può vedere sulla Costanera Sur, mentre guarda il mare che lo porta via”.
IMPRESSIONI PITTORICHE DEL NAUFRAGIO
CARLO GATTI
Rapallo, Martedì 16 Febbraio 2021
CHI CE LO FA FARE DI ANDARE PER MARE? Recensione di Carlo GATTI!
Recensione di Carlo GATTI
VIZCAYA
Fatto maquillage si torna in mare, pronti a mollare gli ormeggi!
A volte lo scirocco non si accontenta di flagellare le nostre coste ma, proseguendo la sua corsa, valica gli Appennini, invade la pianura Padana e fa nascere “particolari individui con il mare dentro”! Non è quindi un caso che molti di loro - crescendo - scelgano le VIE DEL MARE e altri invece diventino affermati professionisti che in seguito, attratti dal richiamo delle sirene, trovino casa in riviera e un marito skipper col quale iniziare un nuovo percorso lungo 20.000 miglia sui sevenseas, in pratica il “giro del mondo”.
Rinaldo lo skipper
Questa, per chi non lo avesse capito, è la storia di Marinella, nostromo della Vizcaya, che nulla ha a che fare con Faber, e di suo marito Rinaldo, skipper esperto che sa cavarsela in ogni situazione.
Un equipaggio alquanto ridotto… e interscambiabile per ragioni di sicurezza, ma i loro ruoli a bordo sono precisi e rispettosi di una regola marinaresca vecchia come il mare:
“due capitani, nave sugli scogli”
Per cui Rinaldo ascolta i consigli del nostromo Marinella e poi decide il da farsi!
Per chi sceglie il diporto, in genere, la propria barca è come una piccola isola felice, una sorta di “isola che non c’è”, dove dimenticare per un certo periodo gli affanni della vita apprezzando l’armonia e la pace che una o tante giornate sul mare regala.
Il titolo del libro: Chi ce lo fa fare di andar per mare?! A prima vista é un po’ inquietante, ma non tanto per chi ha letto il primo libro di Marinella Gagliardi Santi: “Non comprate quella barca”, in cui la stessa scrittrice afferma: “Un bel giorno abbiamo levato le ancore. E quando si molla un ormeggio, l’avventura è dietro l’angolo”.
Dobbiamo qui ricordare che pure i marittimi professionisti, ogni volta che ritornano a casa, usano come “sfogo personale” il titolo dell’ultimo di libro di Marinella per ricordare, più che altro a sé stessi, i pericoli incontrati e le sofferenze di ogni genere patite durante l’ultimo imbarco. Uno sfogo che dura poche settimane, il tempo di curare al meglio le “ferite” per poi soccombere al richiamo delle sirene e riprendere il largo ancora più agguerriti.
A questo punto, per pura curiosità, m’imbarco in remote! Navigare, anche soltanto “virtualmente” con loro, diventa presto una esperienza nautica di assoluto valore: coinvolgente, istruttiva e molto coraggiosa.
Vizcaya
I nostri amici scelgono quasi sempre di navigare a vela di notte per sfruttare le brezze favorevoli che talvolta rinforzano localmente creando pericoli reali alla robusta VIZCAYA lunga 12 metri, una evergreen che sa il fatto suo; bordeggiano sotto costa vicino agli scogli per prendere meno vento, le distanze sono difficili da valutare, i bollettini non tengono conto delle situazioni meteo-locali e degli improvvisi “passing showers”. Eolo ne approfitta e ogni tanto prende il sopravvento spargendo ansia e un po’ di paura. La navigazione diventa del tipo: “dormi quando non hai sonno, mangia quando non hai fame” - L’equipaggio è ridotto a sole due persone e il “detto” diventa ancora più attuale …}
Viene in mente quella canzone di Bruno Martino “E la chiamano estate!” – Ma certe estati in Mediterraneo fanno “strani” regali a chi sceglie la rotta Genova-Isole Egadi passando a ponente della Corsica che è la parte che tutti sognano di costeggiare, ma prima di arrivare alle Bocche di Bonifacio… dentro quell’imbuto può incanalarsi una specie di scirocco che li costringe a fare i giochi…
L’amore per l’avventura é infatti la chiave di lettura anche di questo romanzo autobiografico che non si preoccupa di narrare soltanto il coraggio ed il cuore marinaro, ma soprattutto, con grande ironia, anche le inevitabili defaillances di chi va per mare in agosto conoscendo benissimo il proverbio: Chi è in mare naviga, chi è in terra giudica!
Marinella all’ombra dello spinnaker
Marinella ed il gennaker
Seguo la spedizione in remote control: è un viaggio vero, spedito ed essenziale come le manovre da compiere con le vele per rimanere in rotta e proseguire verso la destinazione.
Eventi e navigazione hanno lo stesso ritmo veloce delle decisioni e degli avvenimenti che si susseguono incalzanti. Senza nulla togliere allo skipper e al nostromo sua consorte, vien voglia d’intervenire per dare una mano … il mio coinvolgimento diventa totale all’interno di una narrazione fluida, marinara e naturale, come usano gli amici che danno del TU al mare. Una confidenza meritata. Già! quel dio-mare che la concede a pochi marinai esperti ma soprattutto UMILI, che non lo sfidano mai per poi darsi importanza nei Bar dei porticcioli.
Marinella e Rinaldo osano dare del TU al mare, ma con prudenza, in loro non c’è arroganza e supponenza, n’é tanto meno aria di sfida, semmai è palpabile l’amore e la passione, l’umiltà e il grande desiderio di conoscerlo nei suoi segreti più intimi.
Tramonto a Chiaia di luna - Ponza
Ma c’è dell’altro: questi due “innamorati” del Mare, oltre a coinvolgerci sulle rotte del diporto,
si prendono numerose pause culturali durante le programmate escursioni a terra facendoci sentire graditi ospiti. A questo punto, il remote control funziona anche sulla terraferma: colline e i pendii con viste mozzafiato. Trapani, Ustica, le Isole Pontine, Ischia, Pompei, Capraia e Portovenere ……in quei posti che Marinella adora perché profumano di archeologia e di storia.
Il lettore attento e curioso ormai li pedina con insistenza per vivere le loro stesse emozioni in quelle avventure e disavventure che non mancano mai, ed è sempre in trepidazione anche a qualche chilometro dal mare!
Sembra strano, ma in compagnia dei nostri amici, diventiamo consapevoli di un altro problema estivo molto ricorrente: è più facile navigare al largo che trovare un ormeggio nelle bellissime golfate e calanche italiane…
Vele alla fonda in bonaccia …
In queste occasioni gli echi provenienti dal bordo sono più che giustificati:
“Ogni volta che si atterra in cerca del meritato stacco e riposo notturno, l’operazione è densa di rischi per la vicinanza di altre imbarcazioni, di danni reciproci, di liti e di rara solidarietà”.
Molti “terrazzani - falsi manici cazzuti” guardano il mare come un luogo di conquista e di esibizione… e questo la dice lunga sulla civiltà che c’è in giro.
Sotto sotto, la propria barca a vela è come una piccola, unica, isola felice, una sorta di “isola che non c’è”, dove dimenticare per un periodo gli affanni della vita, apprezzando l’armonia e la pace che un lungo o anche breve viaggio sul mare regala.
Siamo giunti al termine di questa escursione e, per quanto mi riguarda, la domanda che mi pongo ogni volta è sempre la stessa: qual’è l’anima di questo libro?
Per moltissime persone il mare è soprattutto mistero ed ogni tentativo di svelarlo e spiegarlo resta quasi una sorta di profanazione. Marinella e Rinaldo ne sono assolutamente consapevoli.
Il mare riempie di stupore. Cangiante, immateriale, di colore sempre diverso, inafferrabile, inspiegabile. Le sue onde, incessanti, affascinanti: furono scelte infatti nella simbologia antica, come rappresentazione dell'eternità. Il mare come "agognata dimora", come luogo ideale, come rifugio dalla terraferma, come metafora del porto dell’anima.
MARE NOSTRUM RAPALLO
2 febbraio 2021
Una Storia di "CASE DI CAMOGLI"
UNA STORIA DI
CASE DELLE MOGLI
immagine "Case di Camogli"
archivio Ferrari
Senza invadere il territorio storico della Camogli antica, ipotizziamo invece per un momento che il nome del centro marinaro derivò da "case delle mogli".
Diviene pertanto facile accoppiare due personaggi della classica condizione Camogliese di fine '800: un promesso sposo imbarcato su un veliero in giro per il mondo e la promessa moglie, in attesa del suo ritorno in una casa a picco sul mare.
Ma attenzione, non si deve considerare l'apprensione di quelle mogli come la raffigurazione di un dipinto romantico Ottocentesco, cioè dove erano riprodotte le pazienti donne con lo sguardo perduto oltre la finestra sul mare, quasi ad amalgamare speranza e devozione. Molte consorti dei Capitani Camogliesi invero, imbarcarono insieme con i loro mariti in avventurose navigazioni Oceaniche o altre, furono addirittura rappresentanti dei loro sposi Armatori.
Ed ecco quindi una vicenda vissuta che accomuna tutto quanto detto sopra.
Due importanti Casati Camogliesi avevano compartecipato alla costruzione ed alla gestione di un veliero. Fin qui, tutto normale, diremmo, ma ecco invece che gli interessi economici vengono consolidati anche da un'alleanza di famiglia. Una delle ragazze più belle della Città, di uno di quei due Casati, diede promessa di matrimonio al figlio dell'Armatore del Casato consociato.
Il veliero, quando fu pronto a prendere il mare, venne infatti chiamato "Promessi", proprio in auspicio dì quel promettente legame. I due giovani avevano anche fatto progetti sul futuro: per mitigare nostalgia e lontananza, si sarebbero - una volta sposati - imbarcati insieme proprio sul "Promessi" negli itinerari del Mar Nero.
Il Capitano partì, ma purtroppo - durante una tempesta - un'implacabile scogliera Irlandese distrusse la sua nave e la sua vita.
Quando la notizia della tragedia giunse a Camogli, la giovane si chiuse nella sua casa e nel suo dolore. E due mesi dopo chiuse gli occhi, ormai già spenti dalla devastante tristezza.=
-testo tratto da:
"Capitani di Mare e Bastimenti di Liguria"
di G.B. Ferrari;
BRUNO MALATESTA
Capitani di Camogli
Rapallo, 27 febbraio 2021
LUNA ROSSA VINCE PRADA CUP E VA IN FINALE PER VINCERE LA COPPA AMERICA
LUNA ROSSA
VINCE PRADA CUP E VA IN FINALE PER VINCERE LA COPPA AMERICA
Sventola la bandiera italiana sulla vela mondiale
Dal mulino a vento alla pala eolica… dalla vela latina che rimonta il Nilo a
LUNA ROSSA
Quasi in ogni articolo presente sul sito di Mare Nostrum Rapallo, si parla del vento come propulsore massimo delle attività umane legate da sempre ai trasporti marittimi le quali, come sappiamo, culminarono con l’epopea dei Clippers che raggiunsero, a pieno carico, velocità di oltre 20 nodi con punte anche superiori…
La vela iniziò il suo tramonto alla metà dell’800 quando subentrò il motore e il mondo del mare cambiò rotta e la vela lentamente passò di moda convertendosi alla nautica da diporto, ma non morì; i suoi uomini si misero a studiare nell’attesa d’ingaggiare nuove intese con Eolo.
Oggi, una di queste si chiama software, uno speciale cervello elettronico che raccoglie dati da decine di sensori fissati su ogni parte dell’imbarcazione e li converte in “consigli” su come sfruttare al meglio le condizioni meteo del momento, ottimizzare l’assetto, la velocità e la performance sportiva.
La Coppa America, con gli AC75 e il Vendée Globe con gli Imoca 60, sono oggi la frontiera tecnologica della VELA. Sensori intelligenti, sistemi idraulici, software di navigazione e autopiloti più precisi dei velisti, la Coppa America e il Vendée Globe stanno sperimentando soluzioni che in futuro, ma in parte già oggi, troveranno spazio sulle barche di tutti. Si va verso un generale processo di automatizzazione delle barche per il mondo della crociera, per andare incontro anche alle esigenze del velista “ignorante”.
Mauro Giuffré e Luigi Gallerani, due bravi giornalisti del GIORNALE DELLA VELA hanno scritto:
“In futuro voleremo tutti sull’acqua come i velisti della Coppa? No. Ci sarà chi lo farà e chi continuerà con la vela di sempre, che però verrà arricchita da uno sviluppo tecnologico che è già in corso e verrà accelerato dall’America’s Cup”.
Il salto, che oggi si chiama tecnologico, è assai ampio e complesso! I velisti di ieri rimarranno tali per motivazioni passionali e si faranno seppellire all’interno delle loro imbarcazioni sotto tumuli di terra come facevano i Vichinghi, ma quelli di nuova generazione, se vorranno seguire la scia di LUNA ROSSA dovranno impegnarsi più come “ingegneri informatici” che marinai, almeno questa è la mia impressione!
Ma adesso c’inoltriamo, in punta di piedi, in questo mondo così affascinante, ricco di spettacolo e passione da destare tante curiosità e domande che spesso non hanno risposte se non dagli stessi attori e protagonisti che, tuttavia, sono anche custodi di segreti che non vengono ancora svelati.
Ma che cos’è la Prada Cup? È la selezione degli sfidanti, l’ex Vuitton Cup. È cominciata il 15 gennaio a Auckland, in Nuova Zelanda, casa dei defender. In acqua, all’inizio, Luna Rossa Prada Pirelli team (Italia), Ineos (Gran Bretagna) e American Magic (Usa), che si sono sfidati in quattro gironi all’italiana (tre regate ciascuno). Chi ha ottenuto più punti, in questo caso gli inglesi di Ineos, si è qualificata direttamente per la finale della Prada Cup (13-22 febbraio) al meglio delle 13 regate. Il resto é cronaca e ci riguarda da vicino!
Sventola la bandiera italiana sulla vela mondiale. Con una vittoria che, di prima mattina, esalta il nostro Paese, che si è svegliato presto per tifare tricolore. Luna Rossa vince la Prada Cup e conquista, dopo 21 anni, l'accesso alla finale della Coppa America, dove affronterà Team New Zealand. Ad Auckland, l'AC75 di Patrizio Bertelli ha dominato le due regate della notte contro l'imbarcazione britannica Ineos portandosi così sul 7-1 nella serie. La finale di coppa America si terrà dal 6 al 15 marzo prossimo, sempre nelle acque del Golfo neozelandese di Hauraki.
Per Luna Rossa è la seconda affermazione nella selezione degli sfidanti dopo quella del 2000: oggi come allora affronterà in finale di America's Cup i padroni di casa di Team New Zealand.
Anche la Liguria esulta per LUNA ROSSA, che ha vinto la Prada Cup, conquistando dopo 21 anni, come abbiamo appena visto, l'accesso alla finale della Coppa America.
La vela super tecnologica dello scafo italiano viene prodotta dallo stabilimento North Sails di Carasco (Chiavari) e a bordo ci sono due liguri, Pietro Sibello di Alassio ed Enrico Voltolini di Lerici! Una grande vittoria italiana, un grande orgoglio ligure!
CARASCO (Chiavari)
LE VELE DI LUNA ROSSA
Vi proponiamo alcune immagini dello stabilimento NORTH SAILS
Sotto
Gli skipper dei tre Challenger, i team sfidanti: da sinistra, Max Sirena (Luna Rossa), Terry Hutchinson (American Magic) Ben Ainslie (Ineos UK) - foto Borlenghi
PRADA CUP: TUTTO CIÒ CHE C’È DA SAPERE SU LUNA ROSSA 2021
La prima progettazione di Luna Rossa avviene nel 1999. Già alla sua prima partecipazione alla competizione 2001, l’imbarcazione dell’AD di Prada Patrizio Bertelli, arriva a contendersi l’American Cup contro la Nuova Zelanda. Quest’anno a sostenere il progetto si è aggiunto anche il gruppo Pirelli come partner. Per quest’edizione della competizione sono state coinvolte le maggiori eccellenze italiane. Ad esempio, la costruzione è stata affidata ai cantieri bergamaschi di Persico Marine e il team ha operato nel quartier generale del molo Ichnusa di Cagliari. La progettazione idraulica dal gruppo brianzolo Cariboni. Prada si è occupata della realizzazione della linea di abbigliamento di tutti i 110 dipendenti. Proprio Pirelli ha messo a disposizione le sue tecnologie e Panerai gli orologi.
Si contenderanno il ruolo di sfidanti le squadre provenienti da tre paesi:
Italia, America e Gran Bretagna.
Luna Rossa, iscritti per il Circolo della Vela Sicilia.
American Magic, iscritti per il New York Yacht Club.
Ineos Team UK, iscritti per il Royal Yacht Squadron.
Almeno il 20% dei marinai che compone l’equipaggio di ogni squadra deve appartenere alla nazionalità della squadra stessa. Gli stranieri presenti, per poter partecipare devono aver passato almeno 380 giorni nella nazione della squadra di appartenenza nel periodo di sviluppo precedente alla gara.
L’EQUIPAGGIO DI LUNA ROSSA
L’equipaggio sulla barca sarà composto da 11 atleti: cinque sul lato destro e sei sul lato sinistro. Ci saranno due timonieri: James Spithill e Francesco Bruni che avranno anche il ruolo di controllore di volo. Pietro Sibello sarà invece il trimmer randa e controllerà la vela più importante. A completare l’equipaggio ci saranno otto grinder. I grinder sono gli uomini che azionano i verricelli, regolano l’albero, l’accumulatore di energia e la scotta del fiocco. Quest’anno saranno: Matteo Celon, Umberto Molineris, Enrico Voltolini, Emanuele Liuzzi, Romano Battisti, Gilberto Nobili, Nicholas Brezzi, Pierluigi De Felice.
MASSIMILIANO SIRENA – TEAM DIRECTOR E SKIPPER
Max è alla sua settima partecipazione all’America’s Cup. Ha già partecipato con Luna Rossa nel 2000, anno in cui ha vinto Louis Vuitton Cup. Poi nel 2003 nel ruolo di prodiere e nel 2007. Ha vinto la 33esima edizione della coppa Coppa America con BMW Oracle Racing nel ruolo di responsabile dell’albero alare e a 35esima con Emirates Team New Zealand nell’edizione di Bermuda nel 2017. È diventato quindi Skipper e Team Director di Luna Rossa nella campagna per la 34esima America’s Cup, tenutasi a San Francisco nel 2013.
GILBERTO NOBILI – OPERATIONS MANAGER – GRINDER (LATO SINISTRO)
Gilberto è alla sua sesta campagna di Coppa America. Sarà l’Operations Manager. Gillo, originario Castelnovo ne ‘Monti, è stato già membro del team di Luna Rossa nel 2003 e nel 2007 nel ruolo di grinder. Ha vinto la Coppa America nel 2010 e 2013 con il team Oracle e nel 2017 con Emirates Team New Zealand. Inoltre conta numerose partecipazioni in eventi internazionali a bordo di TP52, Maxi yacht ed Extreme40 e ha navigato per quattro anni (2004-2008) nella classe Star con Francesco Bruni.
FRANCESCO BRUNI – TIMONIERE E CONTROLLORE DI VOLO (LATO SINISTRO)
Francesco è alla sua quinta America’s Cup, quarta con Luna Rossa. Ha una carriera sportiva ricca di successi: 7 titoli Mondiali, 5 Europei e 15 Nazionali in varie classi (Laser all’altura, Star al 49er). Inoltre nel 2011 è stato primo nel ranking mondiale ISAF di Match Race. Ha partecipato a tre olimpiadi ed è vicecampione del mondo nella classe Moth.
JAMES SPITHILL - TIMONIERE E CONTROLLORE DI VOLO (LATO DESTRO)
James alla sua settima America’s Cup, la seconda con Luna Rossa, è il più giovane skipper ad aver vinto l’America’s Cup. Ha conquistato il titolo della competizione per due anni consecutivi nel 2010 e nel 2013. È pluricampione nazionale e mondiale sia in regate di flotta che in match race, tra cui due vittorie alla Sydney-Hobart, con Comanche: un record ancora imbattuto. Inoltre, è stato World Sailor of the Year e Australian Sailor of the Year e il suo nome è legato alla più clamorosa rimonta della storia dello sport, da 8-1 a 9-8, durante la Coppa America svoltasi a San Francisco nel 2013.
PIETRO SIBELLO – TRIMMER RANDA (LATO SINISTRO | PUÒ CAMBIARE LATO DURANTE LA REGATA)
Pietro è alla sua seconda Coppa America con Luna Rossa. Nel 1998, insieme al fratello, Pietro sale sul 49er e, nei quattro anni successivi, diventa uno dei timonieri più forti al mondo, vincendo un Campionato Europeo e conquistando 3 medaglie di bronzo ai Campionati del Mondo. Dopo le Olimpiadi di Atene 2004 e Pechino 2008, qualifica l’Italia per le Olimpiadi di Londra 2012. Negli ultimi due anni ha ottenuto inoltre ottimi risultati nelle classi Melges, Moth e GC32.
VASCO VASCOTTO – SAILOR
Vasco è alla seconda partecipazione all’America’s Cup, la prima con Luna Rossa. Una carriera sportiva piena di successi: 25 titoli mondiali, 25 italiani e 15 europei nelle classi off shore per monotipi, dal J/24 al TP52, dal Farr 40 all’ ORC 670. Ha vinto tre MedCup e una Admiral’s Cup.
SHANNON FALCONE – SAILOR
É alla sua sesta America’s Cup. Shannon nasce in Inghilterra nel 1981 per poi trasferirsi ad Antigua all’età di 3 anni. Raggiunta la maggiore età inizia a navigare portando a termine 6 traversate oceaniche e un giro del mondo. Nell’edizione 2008-2009 della Volvo Ocean Race chiude al secondo posto a bordo di PUMA. Nel 2000 partecipa per la prima volta all’America’s cup con Mascalzone Latino. Nel 2007 partecipa con Luna Rossa. La terza e la quarta sono quelle fortunate in cui vince Oracle Team USA. Nella quinta torna con Luna Rossa nel 2015.
FRANCESCO MARIO MONGELLI – SAILOR
Alla sua prima America’s Cup, Francesco è un velista professionista, specializzato nel ruolo di navigatore, in analisi dei dati e progettazione e sviluppo di strumentazione elettronica. Ha partecipato a importanti regate offshore tra cui: Sydney-Hobart, Middle Sea Race, Giraglia, Caribbean 600, RORC Transatlantic, Newport-Bermuda, Fastnet. Inoltre, ha vinto 12 titoli mondiali, uno europeo e 7 nazionali.
PIERLUIGI DE FELICE – GRINDER (LATO SINISTRO)
La carriera velica di Pierluigi inizia a 7 anni navigando con l’optimist e prosegue con il 420 e il 470. Per la 31 e 32 edizione dell’America’s Cup entra nel Team di Mascalzone Latino. Nel 2012 entra a far parte del team Luna Rossa con il quale vince l’ACWS 12-13 e partecipa alla 34^ America’s Cup a San Francisco, continua la preparazione per la 35 AC ma il Team decide di non parteciparvi ed ora e’ nuovamente coinvolto nel ruolo di Sail trimmer per la 36 America’s cup che si svolgerà a Auckland nel 2021. Una carriera sportiva piena di successi nei maggiori circuiti internazionali (ACWS LV Trophy Extreme Sailing Series Tp 52 M40 M32 e Farr40). Inoltre, è stato 1 primo nella Isaf World Match Racing ranking ha vinto il Louis Vuitton Trophy Nice e conquistato 2 Ori 4 Argenti e 4 Bronzi in campionati del Mondo in diverse classi e ha conquistato 11 titoli Nazionali.
MICHELE CANNONI – SAILOR
Alla sua seconda Coppa America con Luna Rossa, Michele è sette volte campione del mondo nelle classi Maxi, Maxi 72, RC 44. É un velista polivalente: è stato prodiere, drizzista, comandante, trimmer, rigger. Durante la sua carriera ha ricoperto tutti questi ruoli, in match race, tra le boe e in off-shore. Vincitore delle regate offshore RORC 600 (2015-2017), Transpac (2011) e Middle Sea Race (2005-2013-2015). Nel 2009 è stato vincitore della Louis Vuitton Trophy – Nice con Azzurra.
UMBERTO MOLINERIS – GRINDER (LATO DESTRO)
Alla sua prima partecipazione in America’s Cup, Umberto ha inizia ad andare a vela all’età di 10 anni nel Mare Adriatico. Nel 2009 diventa campione italiano in regata 49er diventando campione Italiano e ottieni diversi piazzamenti nella top 10 mondiale. Nel 2012 entra a far parte della squadra olimpica Italiana. in seguito decide di chiudere con il 49er e comincia a regatare in diversi circuiti professionistici, tra cui RC44 ed M32.
ROMANO BATTISTI – GRINDER (LATO SINISTRO)
Dal 2001 ad oggi, Romano ha partecipato a due Olimpiadi, 11 mondiali, dei quali ne ha vinti 2, e 8 europei. Romano Nel 2021 ha vinto nel 2 di coppia la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra. E’ stato inoltre Campione italiano 16 volte. Negli ultimi anni decide di affacciarsi al mondo della vela, in particolare di specializzarsi nel ruolo di grinder.
ANDREA TESEI – SAILOR
Andrea è entrato a far parte del team Luna Rossa grazie al programma New Generation, quella di quest’anno sarà la sua prima America’s cup. Naviga da cinque anni nella classe olimpica 49er con la quale ha raggiunto la top10 del ranking mondiale. In carriera ha vinto un bronzo al campionato europeo 2017, un argento alla finale di coppa del mondo nel 2015 e diversi titoli ai campionati nazionali. Oltre all’attività olimpica ha regatato nei principali circuiti professionistici (Extreme Sailing Series, il World Match Racing Tour e Melges World League).
DAVIDE CANNATA – SAILOR
Questa, per Davide, è la prima partecipazione all’America’s Cup. Ha appena 4 anni quando inizia a praticare nuoto e dopo le prime esperienze in piscina intraprende la carriera open-water. Si dedica soprattutto alla lunga distanza (5km, 10km, 20km o più). Nel 2014 vince il gran prix nazionale granfondo cadetti. Inoltre, partecipa al Fina World Gran Prix Cozumel (MEX) nel 2015.
ENRICO VOLTOLINI – GRINDER (LATO DESTRO)
Enrico è alla sua prima America’s Cup. Inizia ad andare a vela da bambino, ma inizialmente è nel nuoto che ottiene maggiori risultati. Successivamente torna a praticare la vela e inizia a regatare ad alto livello nelle classi Finn e Star. In questa classe, nel 2011, vince il campionate europeo.
JACOPO PLAZZI – SAILOR
Anche Jacopo è entrato a far parte del team Luna Rossa grazie al programma New Generation, questa per lui sarà la prima America’s Cup. Originario di Ravenna, raggiunge un bronzo europeo e diversi piazzamenti tra i primi dieci in competizioni di livello mondiale nella classe 49er. Appassionato a tutto tondo di vela ad alte prestazioni, ha inoltre preso parte ai circuiti M32 e GC32.
MATTEO CELON – GRINDER (LATO DESTRO)
Matteo è entrato a far parte di Luna Rossa Prada Pirelli grazie al progetto New Generation, questa per lui sarà la sua prima America’s cup. Si avvicina per la prima volta alla vela all’età di 8 anni. A 14, dopo una parentesi nel mondo dell’atletica e dello sci di fondo, comincia a regatare su laser, presso il Circolo Nautico Brenzone, fino ad arrivare alla classe Laser Standard. Ha partecipato a numerose regate nei circuiti Extreme 40, M32 e Melges.
NICHOLAS BREZZI – GRINDER (LATO SINISTRO)
Nicholas è alla sua prima partecipazione e anche è entrato in Luna Rossa grazie al programma New Generation. Inizialmente si dedica al canottaggio. Nel 2010 vince un Campionato Europeo con la Nazionale Italiana. Inoltre, partecipa a sette Campionati del Mondo, conquistando un oro, un argento e due bronzi. Nel 2016 torna alla vela vincendo un Campionato Italiano ORC e per due anni consecutivi la Barcolana. Partecipa inoltre a una Copa del Rey e a una Middle Sea Race.
EMANUELE LIUZZI – GRINDER (LATO DESTRO)
Emanuele si avvicina al mondo del canottaggio all’età di 15 anni, iniziando a praticarlo al circolo Reale Yacht Club Canottieri Savoia. Nel 2010 diventa campione del mondo nella categoria under 23. Ha partecipato ad 11 mondiali e un’olimpiade. Nel 2017 ottiene un bronzo ai mondiali assoluti di Sarasota nella specialità 8+.
PHILIPPE PRESTI – COACH
Philippe è un velista francese classe 1965 ed è alla sua seconda partecipazione in America’s Cup con Luna Rossa. Ha già partecipato a 6 edizioni dell’America’s Cup vincendone due con Oracle Team Usa. Durante la sua carriera sportiva ha partecipato a due Olimpiadi nelle classi Finn e Soling. Inoltre, ha vinto regate in diversi circuiti internazionali come mach race, RC44, 12M ma anche nel ruolo di tattico su imbarcazioni Maxi. Ha vinto con il team australiano la prima edizione di Sail GP nel ruolo di coach.
MARCO MERCURIALI – RULES COACH
Marco Mercuriali è alla sua settima America’s Cup. Dal 1978 al 1982 ha fatto parte della squadra nazionale di Finn. A partire dal 1984 ha collaborato come allenatore con la Federazione Italiana Vela. Dal 1990 al 2000 prende parte allo staff della Squadra Olimpica. In questi dieci anni partecipa alle Olimpiadi di Barcellona ‘92, Atlanta ’96, Sydney 2000 e Pechino 2008. La sua esperienza in America’s Cup inizia nel 1983, quando ha preso parte alla prima campagna italiana con Azzurra come membro dell’equipaggio e preparatore atletico. Ha partecipato a tutte le edizioni del team Luna Rossa Prada Pirelli come allenatore (2000, 2003, 2007 e 2013). Nel 2017 ha fatto parte di Oracle Team USA.
SECOLO XIX – Articolo di Fabio Pozzo 23.2.2021
LA STAMPA
FABIO POZZO
Le tre fasi della Prada Cup
La Prada Cup inizia con quattro gironi (Round Robin) di 3 regate ciascuno, due match-race al giorno. Inizia il 15 gennaio ad Auckland (12 ore prima in Italia) e l’ultima giornata è il 22 febbraio (possibile arrivare sino al 26 gennaio, con i giorni di riserva, Reserve Day).
Il Challenger che totalizza più punti, vale a dire più vittorie (una vittoria vale 1) passa direttamente alla finale della Prada Cup. Gli altri due se la giocano nella semifinale, chi arriva a 4 punti vince e va in finale.
La semifinale inizia il 29 gennaio e va avanti sino al 2 febbraio, con la possibilità di arrivare al 4 febbraio se occorre (due giorni di riserva, Reserve Day). I due team si sfidano in 7 regate, vince chi arriva prima a 4 punti.
La finale inizia il 13 febbraio e va avanti sino al 22 febbraio, con la possibilità di andare sino al 24 febbraio (Reserve Day sono il 16, il 18, il 23 e il 24 febbraio). Si gioca su 13 regate, vince chi arriva prima a 7 punti.
Orari.
Round Robin e Semi-finale dalle 15.00 alle 18 ora locale (03.00/06.00 in Italia)
La Finale dalle 16.00 alle 18.00 ora locale (04.00/06.00 in Italia)
La seconda regata deve partire il prima possibile dopo la prima, ma non prima di 20 minuti.
Il primo lato di una regata non può durare più di 12 minuti (nel caso, si annulla la regata) e la regata complessivamente non può durare più di 45 minuti (nel caso, si annulla la regata).
Complessivamente la regata in condizioni normali dura 20/25 minuti.
Limiti di vento
Dai 6,5 ai 21 nodi per i Round Robin e seminfinale della Prada Cup
Dai 6,5 nodi ai 23 nodiper la finale della Prada Cup (vale anche per Match di America’s Cup)
Uno dei campi di regata
Il campo di regata
E’ lungo 3 km circa (tra 1,1 e 2,2 nautical miles), largo tra 900 e 1500 metri. Ci sono cinque “rettangoli” di gara, posizionati in diverse zone del golfo di Hauraki. Si presume che con vento stabile si scelga quello A, più vicino al porto di Auckland.
Prada Cup, il campo di regata e le regole
Il percorso
Prevede una partenza dei due team di bolina sino al cancello superiore con le due boe, quindi un lato di poppa per tornare indietro.
Questa sequenza va ripetuta secondo quanti giri (Laps) indica il direttore di regata, alla luce delle condizioni meteo.
La partenza
Quando vengono chiamati i 2 minuti i due team devono entrare nell’area di partenza, diciamo sul ring. Vengono assegnati dei lati di entrata, quello di destra gode del diritto di precedenza. Chi entra da sinistra lo può fare 10 secondi prima dell’avversario, una misura stabilita per evitare collisioni.
Quindi, il circling di pre-partenza, le schermaglie per trovare il lato migliore (può anche non coincidere, dipende anche dalle condizioni meteo, dal primo salto di vento presunto) e lo start. Se si taglia troppo presto la linea di partenza si è in OCS (On Course Side) e scatta la penalità (Penality). Per questi Round Robin è previsto che chi è in anticipo di 10 secondi e più, deve tornare indietro e rifare la partenza. Se invece i secondi sono minori, il team deve rallentare per andare dietro di 50 metri all’avversario, prima di riprendere la corsa. Se ci sono una penalità in pre-partenza per ciascuna barca, le stesse si elidono.
I confini laterali
Si chiamano boundary e non possono essere oltrepassati, pena la penalità.
Le boe
Le boe (marks) sono due per ciascun cancello, quello superiore (Top gate) che s’incontra risalendo di bolina, dunque al vento e quello inferiore (Bottom gate), dunque sottovento, che si passa alla fine del lato di poppa. Bisogna scegliere una boa da girare passando all’interno.
Le regole alle boe
Si applicano entro un cerchio di 70 metri dalla boa, durante la regata. Se ciascun team sceglie due boe opposte da girare, nessun problema. Ma se sono testa a testa (Neck and neck) e scelgono la stessa boa? La precedenza va a chi è più all’interno della boa o se è più avanti e l’altra deve permettere (Has to allow) alla prima barca di girare (Go around) la boa senza ostacolarla (Unobstructed). Ma se la seconda invece ha la prua (Bow) sulla poppa (Stern) della precedente? Allora il diritto di precedenza va alla seconda e può girare la boa
Ultimo giro
Alla fine del lato di poppa, si attraversa il traguardo, la finish line (che è la stessa linea della partenza/start line), ampia circa 270/300 metri.
Le regole d’incrocio
Quando le barche sono in rotta di collisione (Collision course), ha la precedenza (Right of way) chi ha mure a dritta, cioè chi riceve il vento sul suo lato destro (Right hand side). Questa è la barca di dritta (Starboard boat).L’altra ha il vento che la attraversa da sinistra (Wind coming across the left side) e diventa la barca di sinistra (port boat ).
La regola non si applica solo quando le barche si avvicinano (Approach) a un confine laterale. Non è permesso buttar fuori dal campo l’avversario (Force a boat off the race course) e quando una barca arriva entro i 90 metri dal confine, circa 5 lunghezze (Bat lenght), ha diritto di precedenza e il diritto (Right) di virare (Tack) o di strambare (Gybe)
Se invece stanno navigando nella stessa direzione e non sono sovrapposte, la precedenza è di chi sta davanti. Ma se la barca che sta dietro riesce a far passare la sua prua davanti alla poppa di chi la precede, allora guadagna diritto di precedenza e quella davanti deve farsi da parte (mossa efficace, soprattutto in pre-partenza).
Le barche
Gli Ac75 sono monoscafi straordinari, risultato di una ricerca esasperata, mutuata dall’industria aerospaziale.
Pesano complessivamente 7,5 tonnellate, hanno uno scafo essenzialmente composto da fibre di carbonio lungo 20,7 metri e largo un massimo di 5 metri. Non c’è chiglia, salvo un rigonfiamento longitudinale, chiamato skeg che serve per aiutare il “decollo” della barca, cioè il suo sollevarsi dall’acqua e per evitare che resti troppo spazio tra il fondo dello scafo e l’acqua, che non aiuta la sua idro/aerodinamicità.
C’è un bompresso di 2 metri, che serve per issare la vela di prua chiamata Code Zero, più grande (200 mq) del fiocco normale (tre, superiori ai 90 mq; il più piccolo per vento forte) e che si usa con vento più leggero. La randa, centrale e principale, fissata all’albero di 25,5 metri di altezza, è doppia, formata da due pelli con una intercapedine in mezzo. E’ ampia dai 135 ai 145 metri quadrati.
Il timone è a forma di T rovesciata, è lungo 3,5 metri e ha un’estensione massima di 3 metri.
La grande novità è costituita dai foil, le derive laterali, che sono due grandi bracci che pesano 500 chili l’uno e che possono reggere sino a un carico di rottura di 27 tonnellate. Sono in carbonio e raggiungono una profondità massima di 5 metri e un’estensione di 4 metri. Si possono alzare e abbassare nell’acqua, grazie a un sistema di batteria alimentata idraulicamente (l’energia generata dagli uomini a bordo che girano le “manovelle”). In assetto di volo il foil sottovento (leeward) resta in acqua e genera l’effetto sollevamento della barca, insieme con il timone, e l’altro foil, quello sopravvento (windward) resta sollevato e provvede al bilanciamento della barca.
Prada Cup, come volano gli Ac75?
L’equipaggio
E’ formato da 11 uomini, per un peso massimo di 960-990 chili. Non è consentito avere un ospite a bordo.
Luna Rossa è l’unica ad avere due timonieri, l’australiano Jimmy Spithill che prende in mano la barca quando è a mura a dritta e il siciliano Francesco Checco Bruni che fa altrettanto quando è a mura a sinistra. In questo modo, i timonieri restano sempre al loro posto, mentre sulle barche degli inglesi (Ben Ainslie) e degli americani (Dean Barker) il timoniere si sposta da un lato all’altro della barca ad ogni cambio di mure. Su Luna Rossa quando un timoniere non è in azione si occupa di regolare il “volo”, cioé il settaggio dei foil (flight control/controller)
Su Luna Rossa c’è poi un randista, Pietro Sibello, che si occupa della regolazione della vela centrale e principale. Gli altri otto uomini sono alle manovelle, a girare vorticosamente per generare l’energia necessaria a mantenere in funzione il sistema idraulico che muove tutte le componenti della barca. Tra questi ci sono due trimmer che si occupano di regolare la vela di prua e Gilberto Gillo Nobili che si occupa del software di bordo.
ALBUM FOTOGRAFICO
LUNA ROSSA
I FOILS UNA TECNICA RIVOLUZIONARIA
I foil-arm degli Ac75 sono i bracci che solleveranno la barca in navigazione, facendola volare. Sono delle strutture ad “esse” allungata, in carbonio, di 4,5 metri, che hanno un’ala all’estremità, di 4 metri e che sono mossi da un sistema idraulico ed elettronico cui sono collegati.
Come funzionano i foil?
I foil sono appendici in grado di produrre una spinta verticale e far sollevare in parte o quasi del tutto l'imbarcazione dall'acqua. In questo modo si riduce drasticamente la superficie a contatto dell'acqua e quindi la resistenza idrodinamica, con conseguente notevole aumento della velocità.
Foiling, volare sull’acqua, un sogno che è diventato realtà. Tutto grazie ai foil, delle ali che invece di fendere l’aria sollevano le barche sopra l’acqua, con incredibili vantaggi. Qui vi spieghiamo come funzionano e vi mostriamo le applicazioni reali.
Volare sull’acqua è un sogno leonardesco che oggi sta diventando realtà. Il merito è dei foil, ali che, invece di sostenere il volo nell’aria degli aerei, sostengono la barca, permettendogli di sollevarsi sopra la superficie dell’acqua. Ovviamente senza decollare.
Ma cosa sono e come funzionano?
Il foiling riguarda l’uso di ali, i foil, attaccate allo scafo di imbarcazioni che regala una maggiore portanza a velocità di planata, sufficiente a sollevare lo scafo completamente fuori dall’acqua.
Qual è il vantaggio?
Sollevare la barca sopra la superficie dell’acqua riduce il disturbo delle onde, rendendo più confortevole la navigazione. Ma non solo. Le ali (foil), se mobili, possono anche migliorare la stabilità e la manovrabilità. Opportunamente regolate, possono migliorare l’efficienza anche senza sollevare la barca.
La tecnologia dei foil, che risale già agli Anni ’50 ma che ha conosciuto larga diffusione mediatica dopo le imprese del trimarano Hydroptère e la scorsa Coppa America, è stata oggetto di grande sviluppo. Ne abbiamo parlato tanto anche noi: con l’arrivo sul mercato dei Moth e più di recente dei catamarani GC32, Flying Phantom e SL33 chiunque può provare l’ebbrezza di volare sull’acqua.
Ma siete sicuri di sapere come funziona davvero la navigazione “foiling”? Ce la siamo fatta raccontare sul numero di Agosto del GdV da un “professore” d’eccezione: Mario Caponnetto (nella foto), architetto navale genovese classe 1961 che ha vinto due America’s Cup con Oracle (nel 2010 e nel 2013) come membro chiave del team di progettazione fluidodinamica (CFD), e che ora è approdato alla corte di Luna Rossa.
L’UOVO DI COLOMBO DEI KIWI
“Chi ha testato barche come GC32 e Flying Phantom – esordisce Caponnetto – è rimasto sorpreso dalla possibilità di ottenere immediatamente un ‘volo’ stabile e sicuro. La chiave di tutto risiede nella tipologia dei foil impiegati, caratterizzati da un angolo di tip del foil elevato: è l’uovo di Colombo scoperto (pare casualmente) dai neozelandesi durante la progettazione del loro AC72. Quando una barca è in volo la forza idrodinamica verticale prodotta dal foil (lift) è esattamente uguale al peso della barca (e di verso opposto). Se per una qualsiasi perturbazione (onde, raffiche, accelerazioni o decelerazioni in manovra) le due forze diventano leggermente diverse la barca tenderà o a uscire dall’acqua (se il lift diventa maggiore del peso) o a scendere fino a che lo scafo non tocchi l’acqua. Un modo per compensare queste perturbazioni – prosegue Caponnetto – è quello di agire sull’angolo del foil rispetto al flusso dell’acqua. Se l’angolo aumenta il lift aumenta e viceversa. Se per esempio il foil sta perdendo lift e la barca inizia a scendere, si può aumentare l’angolo agendo sul rake del foil (ovvero l’inclinazione longitudinale) per ristabilire la lift esatta: ma i tempi di reazione del sistema ‘equipaggio + meccanismo di controllo del rake’ non sono abbastanza veloci e il sistema diventa instabile”.
LA STABILITÀ “PASSIVA”
“I foil di questi cat volanti ‘per tutti’ sfruttano però un altro effetto che dà loro una stabilità di volo ‘passiva’ che prescinde dal controllo umano del rake. Se infatti la parte orizzontale del foil (tip) deve produrre una lift uguale al peso della barca, la parte verticale (strut) ha la classica funzione della deriva di una qualunque barca a vela, cioè quella di produrre una forza laterale o side-force (in direzione sopravento) uguale e opposta a quella prodotta dalle vele (che spingono sottovento). Se, per esempio, il foil comincia a spingere troppo e la barca inizia a sollevarsi, si andrà riducendo la superficie laterale della deriva e questa, costretta a produrre sempre la stessa forza laterale, potrà farlo solo con un maggiore angolo di scarroccio della barca”.
LA CHIAVE RISIEDE NELLO SCARROCCIO
Vediamo adesso come lo scarroccio può stabilizzare il volo: “Se il tip del foil è orizzontale – spiega Caponnetto – in effetti questo non succede. Ma se invece è angolato verso l’alto, la velocità laterale causa dello scarroccio ha una componente perpendicolare alla superficie del foil stesso. Detto in maniera semplice l’acqua comincia a spingere il foil di nuovo verso il basso, fino a che non si ristabilisce l’equilibrio (le figure in alto a sinistra e destra mostrano le situazioni di disequilibrio e equilibrio). In pratica tanto maggiore è l’angolo del tip del foil rispetto all’orizzontale (angolo di diedro) tanto più la barca sarà stabile e non saranno richieste correzioni manuali. Va detto infine che la resistenza all’avanzamento del foil aumenta con l’angolo di diedro e normalmente va cercato il migliore compromesso tra stabilità del volo e velocità della barca”.
IL TIMONE DI LUNA ROSSA E’ PIU’ LUNGO DI INEOS
LUNA ROSSA, IL CONTROLLO LO GARANTISCE L’EQUIPAGGIO
Gli Ac75 sono bolidi che viaggiano sull’acqua a 50 nodi di velocità. Servono velisti speciali per controllare una barca cos
Undici, come una squadra di calcio. O se preferite un’orchestra dove ciascuno deve suonare al tempo giusto. L’AC75 richiede un equipaggio assolutamente diverso da quello delle imbarcazioni delle precedenti America’s Cup: del resto, è una ‘rottura’ totale con i multiscafi delle ultime edizioni e nulla a che vedere con i monoscafi dei primi anni 2000.
Il sistema di foiling - l’insieme delle appendici che in condizioni ideali consentono allo scafo di ‘decollare’ dall’acqua - regala prestazioni mai viste nella storia della vela: 40 nodi in bolina larga, 50 nodi alle andature portanti. In alcune simulazioni pare che l’AC75 abbia toccato velocità cinque-sei volte superiori all’intensità del vento.
Molti sostengono che questa sia un’edizione dove il mezzo conta troppo rispetto alle capacità dell’uomo. In realtà ci vuole un controllo assoluto da parte dell’equipaggio: per andare più forte dell’avversario e per non rischiare incidenti.
Un progetto completo
Ecco perchè la composizione dell’equipaggio e del team in generale è stata effettuata da Luna Rossa Prada Pirelli, con estrema attenzione e pensando anche al futuro. “Abbiamo creato un progetto quale New Generation per identificare i giovani velisti italiani in vista della prossima America’s Cup – racconta Max Sirena, lo skipper e direttore tecnico della sfida - ho ricevuto ben 700 curriculum, chiamando un centinaio di ragazzi per i test sino a scegliere quelli non per forza più bravi o già capaci, ma i più adatti a vivere in un team”.
E non bisogna pensare che quelli a bordo si limitino al singolo ruolo: ognuno ne ha almeno un paio, di carattere tecnico e logistico. E a partire dai timonieri, sono fondamentali dal primo disegno di un AC75. “Una volta c’erano gli ingegneri, i progettisti e gli skipper: tre ruoli nettamente distinti. Adesso chi ‘pilota’ le barche partecipa molto attivamente alla progettazione. Il timoniere vincente è anche quello che sa mettere a punto il mezzo più veloce” - sottolinea il patron Patrizio Bertelli.
Cinque e sei
Da chi è composto l’equipaggio di Luna Rossa Prada Pirelli? Sul lato destro dell’AC75 figurano cinque uomini, sul lato sinistro ne sono presenti sei. I timonieri sono due, che avranno anche il ruolo di ‘controllore di volo, a conferma che questa classe decolla letteralmente dall’acqua – grazie ai foil – e quindi può permettersi anche una terminologia aeronautica.
Da una parte c’è l‘australiano James Spithill (vincitore della regata, in due edizioni, con BMW Oracle), dall’altra il palermitano Francesco Bruni che è stato uno dei maggiori specialisti del 49er, skiff olimpico su cui ha gareggiato in quattro edizioni dei Giochi. Sono due per la ragione che mentre uno tiene la ruota, l’altro regola le appendici e quindi paradossalmente è decisivo nell’assetto dello scafo.
Un altro ‘reduce’ del 49er, l’alassino Pietro Sibello, è invece il trimmer randa: ha l’importante compito di controllare la vela più importante dell’AC 75 ed è l’unico velista che cambierà posizione durante la regata, a seconda del bordo. Curiosità: ha in mano un vero e proprio joystick con cui comanda le regolazioni della vela principale, utilizzando l’energia pompata nell’impianto idraulico dai grinder.
Il tattico è scomparso
La nuova classe ha di fatto abolito il ruolo di tattico, un tempo fondamentale.
“La tattica non si fa più a bordo, come nelle regate classiche ma preventivamente, fino a pochi minuti dal via – racconta Vasco Vascotto, uno dei velisti italiani più vincenti in assoluto, per la prima volta su Luna Rossa Prada Pirelli – il mio compito, a bordo del gommone, è proprio verificare insieme ai timonieri la corrente e il vento dell’Hauraki Gulf, come attaccare quell’avversario nei suoi punti deboli o su quale bordo puntare dopo la partenza. Alle velocità che si raggiungono in un attimo, non c’è spazio per la creatività a bordo”.
A completare l’equipaggio dell’AC75, gli otto grinder: sono gli uomini – di indubbia potenza fisica - che azionano i verricelli composti da una torretta con le due caratteristiche manovelle laterali. Come gli altri velisti a bordo, sono dotati di un casco e di un interfono per comunicare tra loro: il primo è diventato protezione imprescindibile nell’America’s Cup quando sono arrivati i catamarani, il secondo ha trovato il primo impiego proprio nell’edizione ad Auckland, nel 2000, dove Luna Rossa conquistò la Louis Vuitton Cup per poi essere sconfitta in finale dai padroni di casa.
La potenza delle braccia
A bordo della barca, i grinder saranno Matteo Celon, Umberto Molineris, Enrico Voltolini, Emanuele Liuzzi, Romano Battisti (argento alle Olimpiadi di Londra 2012 nel Due di coppia di canottaggio), Gilberto Nobili, Nicholas Brezzi, Pierluigi De Felice.
Sono decisivi più di quanto si pensi perché tranne che per la movimentazione dei bracci dei foil (c’è un motore elettrico), tutto viene regolato con l’impianto idraulico e ogni volta che il trimmer muove qualcosa, un segnale li avvisa che c’è la necessità di mettere pressione nell’impianto. Due grinders (uno per lato) hanno poi il compito di regolare la vela di prua che ha una gestione meno complicata rispetto alla randa: bastano due winch separati che servono per fare le virate “normali”: si molla una scotta e si ‘cazza’ l’altra, come sulle barche da diporto.
CONCLUSIONE
Il Nostro viaggio intorno ai segreti di LUNA ROSSA termina con questa immagine che sembra uscita da un romanzo di Ian Fleming con tutti i suoi avvenieristici segreti pseudo militari in cui alla fine vince sempre il più buono, il migliore in tutti i sensi.
Questo è l'AUGURIO con cui ci stringiamo intorno a questi nostri eroi con la fervida speranza nel cuore che I VENTI AUSTRALI DI AUCKLAND siano loro favorevoli per farli VOLARE verso la vittoria "ALATA"!
Ringraziamenti:
Al C.l.C Fabio Pozzo giornalista della STAMPA e del SECOLO XIX, amico di Mare Nostrun Rapallo.
A tutte le riviste del settore VELA-NAUTICA che, in assenza di una bibliografia mirata all'alta tecnologia di LUNA ROSSA, si sono magnificamente sostituitie ai docenti della materia con termini chiari, comprensibili, adatti quindi alla divulgazione di cui, anche noi, con molta modestia, ci occupiamo.
L'Associazione MARE NOSTRUM RAPALLO - NO PROFIT - Ha il seguente scopo istituzionale: - la promozione della cultura marinara, nel mondo giovanile e non, avuto riferimento ai profili storici, documentali, letterari, del modellismo ed artistici in genere, attraverso contatti fra persone, enti ed associazioni ed anche attraverso la costituzione interna di gruppi che svolgano attività che consentano ai propri associati di apprendere, sviluppare, accrescere e diffondere le proprie conoscenze e capacità e di tutte quelle attività che serviranno alla diffusione capillare ed alla crescita della cultura marinara in genere; - l'ampliamento degli orizzonti didattici di educatori, insegnanti ed operatori sociali, in campo marinaresco affinché sappiano trasmettere l'amore per tale cultura storica ed artistica come un bene per la persona ed un valore sociale; - proporsi come luogo di incontro e aggregazione nel nome di interessi culturali assolvendo alla funzione sociale di maturazione e crescita umana e civile, attraverso l'ideale dell'educazione permanente.
CARLO GATTI
Rapallo, 21 Febbraio 2021
LA CHIESA DI SAN SIRO-LA PRIMA CATTEDRALE DI GENOVA
CHIESA DI SAN SIRO
LA PRIMA CATTEDRALE DI GENOVA
Per la sua vicinanza alle calate interne del Porto Vecchio, è stata per 17 secoli il primo approdo religioso per un numero imprecisato di marinai e pellegrini che sono giunti via mare nel grande scalo genovese.
UBICATA NEL CENTRO STORICO DELLA CITTA’
Sino a qualche tempo pensavo che Genova fosse la città in Europa col più grande centro storico mentre non è così, si direbbe una definizione impropria, cosa assolutamente non vera, con i suoi 113 ettari, dimensione molto minore rispetto, ad esempio, a Venezia o Napoli.
La città ha il centro storico più denso perché è cresciuta all'interno delle sue mura e così le case, separate da stretti caroggi, sono cresciute in altezza.
Il centro storico di Genova è un dedalo di viuzze e di vicoli ed è un piacere perdersi tra di essi, sempre con la dovuta cautela, scoprendo angoli suggestivi ammirando edicole votive agli angoli dei palazzi.
Genova è nota col soprannome di la Superba e il primo a soprannominarla così fu Francesco Petrarca, che nel 1358 scrisse:
Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare
Questo soprannome si pensa sia dovuto alla conformazione della città che sembra protendersi verso il mare.
Pensando però ai suoi bellissimi palazzi, situati proprio nel centro storico, direi che superba si può considerare anche un sinonimo di altera e orgogliosa, ovvero considerare Genova come una città ricca di palazzi stupendamente affrescati che si possono vedere in occasione dei ROLLI DAYS.
I PALAZZI DEI ROLLI – GENOVA di Carlo GATTI
Insomma, non ci sono parole per spiegare "i caroggi di Genova". Ogni angolo di questa miriade di viuzze svelano qualcosa di questa città. Dalle più turistiche vie, tenute ora veramente bene, zeppe di localini, musicisti, artisti di strada e controllate dal forse dell'ordine che vigilano sui numerosi turisti a quelle meno trafficate dove gli abitanti sono perlopiù nord africani, ecuadoriani e sembra di essere in qualche casbah di Marrakech o di Tunisi con bancarelle e ristorantini etnici di ogni tipo e comunque decisamente caratteristici i caroggi, sicuramente da visitare quando si decide di fare un viaggio a Genova
Ma la sorpresa che ogni volta ci sbalordisce di questo affascinante centro storico è la ricchezza di chiese meravigliose, veri musei d’arte la cui storia viene da molto lontano.
Perché la Chiesa nel ‘600 cambiò il suo stile originale e si vestì quasi ovunque di BAROCCO? La risposta a questa domanda ci permetterà di capire alcune cose importanti della sua bimillenaria storia.
La Chiesa cattolica è l’unica religione monoteista che non abolì mai le rappresentazioni della divinità in tutte le sue forme artistiche che conosciamo. Al contrario, questo rapporto si rafforza nel clima “particolare” della Controriforma vedendo nel mondo dell’Arte lo strumento più idoneo per rimarcare la differenza con l’ambiente culturale protestante. La contestazione, forse più profonda di Lutero, si esprime proprio sulla ricchezza scenografica rinascimentale delle Chiese italiane considerata eccessiva e lontana dalla povertà delle origini, se non addirittura offensiva della rappresentazione della divinità.
In pratica, tutto ciò che la Riforma luterana mette alla berlina, nella Controriforma fissata dal Concilio di Trento (1545-1563), viene amplificata gettando più o meno inconsapevolmente le linee guida del BAROCCO, ossia la messa in scena in modo strabiliante del grande spettacolo della fede. Questo fenomeno si manifestò in misura maggiore nelle regioni come la Liguria, più esposte, via mare, al “contagio” protestante.
Oggi parliamo di
SAN SIRO
l'antica Cattedrale
Diciamo subito che il nome di questo santo rievoca principalmente il celebre stadio milanese, il cui nome è dovuto in realtà ad un altro santo omonimo, vescovo e martire presso Pavia nel IV secolo e festeggiato al 9 dicembre, il cui culto si è esteso sino a Milano.
La basilica di San Siro, è un edificio religioso situato nell'omonima via, nel quartiere della Maddalena. Eretta secondo la tradizione nel IV secolo. Vi fu seppellito il santo vescovo Siro e divenne la prima cattedrale di Genova. La sua comunità parrocchiale fa parte del vicariato "Centro Ovest" dell'arcidiocesi di Genova.
LA PIU’ ANTICA CHIESA DI GENOVA
Si trova a pochi passi dall’Acquario - Porto Antico
(In alto a sinistra della mappa)
Chiesa di San Siro di Struppa, Genova (Molassana). Pannello centrale del polittico raffigurante episodi dell'agiografia di San Siro, vescovo di Genova, con l'immagine del santo che scaccia il basilisco.
LA LEGGENDA DEL BASILISCO
Al nome del santo è legata la leggenda del Basilisco, stando alla quale il vescovo genovese avrebbe snidato il mostro dal suo nascondiglio, situato in fondo al pozzo a lato della chiesa. A ricordare l'evento sono un bassorilievo medioevale murato tra le arcate di un portico duecentesco nello slargo dinanzi al lato meridionale della chiesa e all'interno, nel catino absidale, un affresco seicentesco di Giovanni Battista Carlone.
Secondo le storie dell'epoca, a quei tempi a Genova c'era un grosso basilisco che si nascondeva in un pozzo collocato presumibilmente dalle parti di vico San Pietro della Porta. Il rettile terrorizzava i genovesi e appestava la città con il suo fiato, e per sconfiggerlo i cittadini si rivolsero a San Siro, il loro vescovo.
Il santo si avvicinò al pozzo, vi calò un secchio e ordinò al rettile di entrarvi dentro. L'animale obbedì, e allora San Siro prese una barca, andrò in mare, e ordinò nuovamente al basilisco di tuffarsi e nuotare via. E così fu.
In vico San Pietro della Porta c'è tuttora una lapide, risalente al '500, che raffigura San Siro e il basilisco. L'iscrizione dice: «Qui si trova il pozzo dal quale il Beatissimo Siro, arcivescovo di Genova, fece uscire il terribile serpente di nome basilisco». Il Santo viene raffigurato mentre sconfigge il rettile anche nella chiesa di San Siro di Struppa (vedi foto). In realtà, probabilmente, la leggenda indicava la lotta di San Siro non contro un rettile vero, bensì contro gli eretici ariani, simboleggiati dal basilisco.
L’ingresso della chiesa
UN PO’ DI STORIA
L'antica chiesa di San Siro fu eretta nel IV secolo; originariamente dedicata ai Dodici Apostoli, nel VI secolo cambiò la propria intitolazione in favore del vescovo Siro.
Il Martyrologium Romanum cita anche: “un San Siro coevo del precedente e perciò talvolta con esso confuso. Questi fu vescovo del capoluogo ligure, ove si dedicò con grande zelo alla cura delle anime sottoposte alla sua cura. Pochissimo sappiamo delle sue origini, ma alcuni studiosi lo vorrebbero nativo del fondo vescovile di Molliciana, odierna Molassana, e quindi più precisamente nella zona di Struppa, ove infatti sorge una grande ed antica basilica a lui dedicata. Non a caso il santo è talvolta citato come “San Siro di Struppa”.
Nel periodo del suo ministero pastorale, collocabile approssimativamente tra il 349 ed il 381, la vita cristiana della città di Genova progredì a tal punto che i suoi contemporanei tramandarono ai posteri il nome di Siro abbinandolo meritevolmente al ricordo di un pastore santo e vigilante. In età ormai avanzata e circondato da un’indiscussa fama di santità. Siro morì il 29 giugno di un anno imprecisato, forse proprio il 381 che viene considerato l’ultimo del suo episcopato.
Ricevette sepoltura nella basilica genovese dei Dodici Apostoli, che in seguito prese il suo nome. In seguito le sue spoglie vennero traslate nella attuale Cattedrale ad opera del vescovo Landolfo ed in tale anniversario, il 7 luglio, l’arcidiocesi di Genova ne celebra la festa.
La prima ricostruzione
Nel 1006 (o nel 1007) il vescovo Giovanni II la eresse in Abbazia, assegnandola ai Benedettini che grazie a generose donazioni (tra l'XI e il XII secolo) fecero costruire una grande basilica romanica a tre navate, sul luogo della chiesa originaria. Da quel momento quell’area, il cosiddetto “Burgus”, cominciò ad espandersi.
La basilica fu consacrata il 9 agosto 1237 dall'arcivescovo Ottone II, alla presenza di numerose autorità ecclesiastiche tra cui il patriarca di Gerusalemme Geroldo di Losanna; i Benedettini vi rimasero fino al 1398, quando, sotto il pontificato di Bonifacio IX, dopo un periodo di declino protrattosi per tutto il XIV secolo, la chiesa venne data in Commenda. L'arciprete Oberto Sacco fu il primo abate commendatario.
Due secoli dopo, il 5 agosto 1575, con il definitivo abbandono degli ultimi benedettini, papa Gregorio XIII affidò la chiesa ai Padri Teatini, presenti a Genova dal 1572 nella vicina chiesa della Maddalena; il titolo di abate venne invece trasferito al vescovo pro-tempore di Genova, ed è tuttora attribuito all'arcivescovo in carica.
Chi era Gaetano da Thiene? (ordine religioso fondato da Gaetano di Thiene)
SUL CASTELLO DI RAPALLO SOPRAVVIVE UN SIMBOLO RELIGIOSO
di Carlo GATTI
Il rifacimento cinquecentesco
Nel 1580 l'intera ala meridionale della chiesa fu distrutta da un incendio e i Padri Teatini ne decisero la totale ricostruzione. La paternità del progetto del nuovo edificio barocco, strutturato secondo le forme previste dalla Controriforma, è incerta: dagli storici è alternativamente attribuito al Vannone (al quale si deve con certezza la cappella Pinelli all'interno della chiesa), al padre teatino Andrea Riccio o a Daniele Casella. Accanto alla chiesa furono realizzati anche il convento e il chiostro.
I lavori, iniziati nel 1584, si protrassero fino al 1619, quando fu completata la cupola, ma già nel 1610 vi si celebrò la prima messa solenne, mentre nel 1613 vennero completate le principali strutture murarie; le decorazioni interne furono realizzate nel corso di tutto il XVII secolo mentre la facciata principale, in stile neoclassico, sarebbe stata realizzata solo nell'Ottocento.
I Teatini chiesero inutilmente un finanziamento pubblico per la ricostruzione della chiesa, mentre le sovvenzioni non mancarono da parte di varie famiglie patrizie genovesi.
Nel XVIII secolo, l'apertura della Strada Nuovissima (attuale via Cairoli), comportò un ridimensionamento del convento e del chiostro. Nel 1798, per le leggi di soppressione degli ordini monastici emanate dalla Repubblica Ligure napoleonica, i Teatini dovettero abbandonare il convento e la chiesa, che fu affidata al clero diocesano.
Dall'Ottocento ai giorni nostri
Nel 1821 fu finalmente realizzato il prospetto principale, in stile neoclassico, su disegno di Carlo Barabino. architetto genovese al cui nome sono legati numerosi edifici pubblici nei primi decenni dell'Ottocento ed il piano di espansione urbanistica della città.
Ai lati del portale d'ingresso, statue in stucco della Fede, di Nicolò Traverso, e della Speranza, di Bartolomeo Carrea. Sotto al timpano si trovano dei bassorilievi raffiguranti vari episodi della vita di San Siro. La chiesa subì gravi danni a causa di bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale e fu restaurata negli anni immediatamente successivi. In particolare furono distrutte due cappelle della navata di sinistra e l'altare di nostra Signora della Provvidenza.
Tra il 2007 e il 2008 sono stati eseguiti restauri delle decorazioni e degli affreschi delle cappelle e del presbiterio
La chiesa di San Siro oggi è senza il campanile che, come già accennato venne demolito nel 1904 per timore di un crollo, avendo evidenziato grosse crepe nella struttura. Alto 50 metri, era simile a quelli della vicina chiesa delle Vigne e della Commenda di Prè ed era stato innalzato nell'XI secolo, all'epoca della prima ricostruzione della chiesa. La decisione di demolire la quasi millenaria torre campanaria romanica fu presa sull'onda emotiva suscitata dal crollo del campanile di San Marco a Venezia, avvenuto il 14 luglio 1902, ma a differenza di questo non venne più ricostruito.
Del campanile resta solo la parte più bassa, fino all'altezza del tetto della chiesa, non visibile perché affacciata su un cortile privato.
Chiostro
Il chiostro di S. Siro fu fatto edificare dai Padri Teatini nel 1575, in occasione del rifacimento della chiesa. In parte ridimensionato nel XVIII secolo per l'apertura della "strada nuovissima" (via Cairoli) è oggi semiabbandonato e non visitabile. Al centro, dove un tempo si trovava il pozzo del convento, sorge una struttura circolare, sormontata da un tetto a pagoda sostenuto da una serie di colonne in ghisa, edificata nel 1907 ad uso di bagni pubblici e rimasta in funzione fino agli anni trenta del Novecento.
L’INTERNO DELLA CHIESA
Abbiamo già accennato al Barocco genovese, ma ora entriamo nella chiesa per aggiungere qualche dettaglio in più alle notevoli opere d’arte di cui faremo un breve sommario nella speranza che possa essere utile al lettore intenzionato a visitarla.
Irregolare, contorto, grottesco: erano questi i termini con cui inizialmente si soleva qualificare il BAROCCO che nacque a Roma nella prima parte del Seicento. Gli stessi aggettivi, alquanto dispregiativi, erano stati pronunciati secoli prima anche per lo stile Gotico...
La diffusione dello Barocco nel contesto genovese è legata a una fase particolarmente fiorente e fortunata della Repubblica di Genova. Alcune famiglie nobili tra cui le dinastie Doria, Spinola, Pallavicini, Adorno, Balbi, Grimaldi, Lomellini, Durazzo, Pallavicini, Sauli, Negrone, Brignole Sale, Giustiniani, Imperiale, Lercari, Cattaneo, Centurione e poche altre che vollero mostrare la propria “magnificenza” commissionando ritratti, ma soprattutto facendo costruire e decorare tante chiese nonché palazzi cittadini e ville.
All’interno di questo prodigioso contesto economico e artistico, fondamentale fu l’attività del pittore genovese Gregorio de Ferrari.
L’artista decorò la volta e la cupola della Basilica di San Siro. Al suo interno, nel 1676 il pittore affrescò “La gloria di s. Andrea Avellino e tele con Estasi di s. Francesco e Riposo durante la fuga in Egitto”.
SAN SIRO: Le opere BAROCCHE DELLA SCUOLA GENOVESE DEL ‘600
L'interno, a tre navate su colonne binate, è uno scrigno di tesori.
La decorazione fu realizzata quasi interamente dai Carlone.
Tommaso intervenne come stuccatore, mentre Giovanni Battista realizzò gli affreschi della navata centrale, della cupola ("Gloria di San Siro") e del coro ("Miracolo del basilisco"), in collaborazione col quadraturista Paolo Brozzi.
Infine una curiosità dal punto di vista storico: nella chiesa di San Siro il 23 giugno 1805 fu battezzato Giuseppe Mazzini.
GLI ARTISTI CHE OPERARONO IN SAN SIRO
§ Navata centrale: Affreschi di Giambattista Carlone e Carlo Brozzi. Nel tondo: La cattura di Cristo e le Tre Virtù Teologali. Le tre Medaglie (Invocazione di San Pietro, Martirio, Caduta di Simon Mago) alludono alla prima intitolazione della Chiesa ai dodici apostoli, opera di G. B. Carlone.
§ Presbiterio e coro: Nel catino San Siro che tira fuori dal pozzo il basilisco di G.B. Carlone. Sopra all’altare maggiore, in un quadrato: San Siro portato in cielo da angeli e santi, sempre ad opera di G.B. Carlone. Fra gli ornamenti realizzati dal Brozzi ci sono varie figure, da notare gli angeli che sorreggono gli scudi di cui uno è lo stemma Pallavicini (promotori delle opere di restauro). L’altare maggiore, in marmo nero e bronzo, è opera dello scultore Puget. Realizzato tra il 1669 e il 1670, è stato pensato come oggetto isolato, che può essere aggirato dai e visibile dai quattro lati. La sua collocazione comportò probabilmente l’abbattimento del muro della clausura.
§ Cupola: Il Paradiso, dipinto da Carlone, si rovinò e fu restaurato nel 1760 circa da Gio. Battista Chiappe.
§ Volta: Nel punto in cui la navata si allarga a crociera, in due medaglie laterali sono rappresentati l’Imperatore Eraclio che sale al calvario con la croce e Costantino il Grande che prevede la vittoria. Secondo l’Alizeri, anche queste figure sarebbero state restaurate dal Chiappe, mentre Giuseppe Passano ha rifatto i putti rovinati dal tempo.
§ Sacrestia: È molto grande e ospita opere che provengono dalla Chiesa dei PP. Teatini in Sampierdarena e dall’oratorio di Santa Maria.
- Dall’oratorio:
- Annunciazione, di Domenico Piola.
- Parto e Presentazione della Vergine, di Giacomo Antonio.
- Sant’Andrea Avellini, di Giuseppe Canotto.
- Sant’Anna e San Gioachino, di Giuseppe Galeotti.
- La Salita al Calvario, di Bernardo Castello.
- Sant’Anna in contemplazione di Gesù, forse opera del De Ferrari.
Dalla chiesa in Sampierdarena, quattro tavole sulla parete di sinistra:
- Martirio di Giovanni Battista e SS. Gaetano e Sant’Andrea Avellini, di Domenico Piola.
- San Francesco e Il Riposo nella fuga d’Egitto, su commissione della Famiglia Centurione.
§ Fonte Battesimale
Si colloca tra la prima e la seconda cappella, risalente al 1445 e proveniente dalla San Siro benedettina.
Capelle
Furono realizzati nel 1641 da Rocco pennone, con il sostegno economico da Agostino Pallavicino, rappresentato nella statua sopra l’ingresso di cui non è noto l’autore; probabilmente si tratta di seguaci dei Carlone o di artisti provenienti da ambito lombardo.
Navata Sinistra
Annunciazione di Orazio Gentileschi
§ I Cappella: Annunciazione di Maria: Disegno di Daniello Casella, allievo di Taddeo Carlone.
Tavola d’altare: Annunciazione, di Orazio Gentileschi da Pisa. Ai lati: SS. Pietro e Paolo Sulla volta: tre misteri della Vergine, di Giovan Luca e Gerolamo Celle.
§ II Cappella: San Gaetano di Tiene La cappella era di giuspatronato dei Lomellini, che la ultimarono nel 1673. Marmi neri di Como sulle pareti, bronzi dorati sulle colonne e sull’altare. Nella nicchia: immagine del Santo. Volta della cappella (da sin.): San Gaetano in preghiera, Apparizione di Cristo Santo, Il Santo aiuta Cristo a portare la croce: tre tele di Domenico Piola, come l’affresco della volta con la Gloria di San Gaetano.
§ III Cappella: Sant’Andrea Avelllino. Il Santo assalito dai demoni e Transito del Santo di Orazio De Ferrari, alle pareti. Nella piccola volta, tre tele (sec. XVIII), pure con Storie del Santo. La volta della navatella: Gloria di Sant’Andrea Avellino di Gregorio De Ferrari.
Sull’altare, Transito di Sant’Andrea Avelllino di Domenico Fiasella.
§ IV Cappella: Madonna della Guardia, già Nostra Signora delle Grazie. (giuspatronato della famiglia Spinola, 1610-1639). L’altare attribuito a Tommaso Carlone. Sui lati, due quadri: la Nascita di Maria di Aurelio Lomi e la Decollazione di San Giovanni Battista di Carlo Bonone da Ferrara.
Sulla volta, Annunciazione, Incoronazione della Vergine, Visitazione (scuola di G.B. Carlone). Sulla volta esterna: Santa Rosa in adorazione di Maria, di Gio. Battista Carlone e altri.
§ V Cappella: Sacro Cuore (giuspatronato della famiglia Centurione, 1640-1642) L’Alizeri attesta che la cappella era intitolata a San Niccolò di Bari e presentava Cristo e Maria impongono il palio al Santo Vescovo, probabilmente opera del Sarzana.
Sull’altare, in marmi policromi scolpiti ed intarsiati, la recente tela col Sacro Cuore dei fratelli Rossi (sec. XX). Lunette: Miracolo di San Nicola e San Nicola distribuisce elemosine, attribuite a G.B. Carlone.
§ VI Cappella: Sant’Antonio (giuspatronato della famiglia Pinelli, 1588 progetto architettonico) Sull’altare, in marmi e pietre dure scolpiti ed intarsiati, è collocato un Crocefisso ligneo. L’Alizeri attesta che la cappella era intitolata al Santissimo Crocefisso.
Taddeo Carlone fu architetto della Cappella e scultore delle statue. Successivamente fu introdotta l’immagine di Sant’Antonio che risana la gamba, opera del Lomi, a sostituzione della Crocifissione, del Lomi, che venne portata in sacrestia e che era collegata tematicamente con le altre due opere, di Gio. Domenico Cappellino, che rappresentano Cristo flagellato e Cristo incoronato di spine e si trovano ai lati. Nelle nicchie (da sin.) statue raffiguranti San Gregorio, San Giovanni Battista, San Francesco da Paola, San Carlo Borromeo, attribuite a Taddeo Carlone e opere di bottega.
La cappella della Natività di Cristoforo Roncalli (Pomarancio)
La cappella è arricchita dagli intarsi di Giuseppe Carlone, nella chiesa c’è una legenda che spiega come questo altare sia impreziosito da corniola, ametista, diaspro rosso e lapislazzuli, alla base della grande Croce c’è un calvario di pirite e due magnifici angeli reggono con grazia l’altare.
§ VIII Cappella: Natività di Gesù Cristo (giuspatronato della Famiglia Lomellini dal 1598)
Finanziata da Giacomo Lomellini, presenta putti di Giuseppe Carlone. All’altare la Natività di Gesù di Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio (1552-1626). Cupoletta: dipinti di Angeli di scuola genovese del XVII secolo.
§ IX Cappella: Santa Caterina da Siena (giuspatronato dal 1598 di Barnaba Centurione)
Volta esterna: La Santa con Gesù, di G. B. Carlone. Tre lunette interne rappresentano tre episodi della vita di Maria. Tavola d’altare: Nozze mistiche di Santa Caterina attribuito ai fratelli Semino Quadri laterali: SS. Battista e Gerolamo attribuiti ai fratelli Semino. La volta adiacente della navatella: Comunione di Santa Caterina da Siena di G.B. Carlone.
§ X Cappella: San Giovanni in Bosco, già di San Matteo. (giuspatronato della famiglia Gentile dal 1599-1603)
La recente statua di San Giovanni Bosco ha sostituito il Martirio di San Matteo, stravolgendo il ciclo delle Storie del Santo. Volta interna: tre lunette con episodi della vita del santo, opera del cav. Ventura Salimbene. Da sin.: Miracolo, Scrittura del Vangelo, Predicazione (affreschi del senese V. Salimbeni, volta piccola); Vocazione e Miracolo (dei fratelli Montanari, alle pareti); Predicazione (di G. B. Carlone, volta della navatella).
§ XI Cappella: San Pio X, già della Pietà. (giuspatronato di Lorenzo Invrea dal 1600) All’altare San Pio X e i fanciulli di F. Torsegno (1958). Della bottega dei Carlone i Profeti nelle nicchie laterali; attribuiti a Bernardo Castello, gli affreschi della volta soprastante: Il serpente di bronzo, Dio Padre benedicente, Giona rigettato sul lido, Teste di Cherubini.
§ XII Cappella: di San Matteo, già della Disputa coi Dottori. (giuspatronato di Gian Giacomo Imperiale dal 1599). All’altare, molto danneggiata dall’ultima guerra, è stato collocato il Martirio di San Matteo di Agostino e Giò Battista Montanari, prelevata dalla cappella di San Giovanni Bosco.
§ Organo a canne
§ L'organo a canne della chiesa è stato costruito nel 1950 dalla ditta organaria Parodi e Marin riutilizzando la cassa e parte del materiale fonico del precedente strumento. A trasmissione meccanica, ha due tastiere e pedaliera.
§ Persone legate alla basilica di S. Siro
§ Come abbiamo già visto, in questa chiesa il 23 giugno 1805 venne battezzato Giuseppe Mazzini, figlio del medico Giacomo Mazzini e di Maria Drago (il fondatore della Giovine Italia era nato il giorno prima nell'abitazione della famiglia in via Lomellini, oggi sede del Museo del Risorgimento).
Navata Centrale
Particolare del Presbiterio con moderna illuminazione alogena
Il presbiterio con l'altare maggiore di Pierre Puget
VOLTA e cupola
Cupola: Il Paradiso, dipinto da Carlone, si rovinò e fu restaurato nel 1760 circa da Gio. Battista Chiappe.
Nel punto in cui la navata si allarga a crociera, in due medaglie laterali sono rappresentati l’Imperatore Eraclio che sale al calvario con la croce e Costantino il Grande che prevede la vittoria. Secondo l’Alizeri, anche queste figure sarebbero state restaurate dal Chiappe, mentre Giuseppe Passano ha rifatto i putti rovinati dal tempo.
Cappelle della navata laterale
Carlo GATTI
Rapallo, 8 Febbraio 2021
Bibliografia:
- Il Centro Storico di Genova - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia
IV edizione - Autori: E.Mazzino - T.O. De Negri - L.Von Matt - 1978
- Guida d'Italia: LIGURIA - Touring Club Italiano
- Tesori della Liguria visti da Vittorio Sgarbi - Secolo XIX 1992
- GENOVA - Secolo XIX - di Guido ARATO - 1992
Le foto sono state prese in parte dal web a scopo divulgativo.
Si ringraziano i siti:
www.irolli.it - Tripadvisor-www.vegiazena.it -
Miss Fletcher -
ceraunavoltagenova.blogspot.com
www.itinerariinitalia.com
QUANDO A GENOVA SI FACEVANO LE GRANDI OPERE PORTUALI
QUANDO A GENOVA SI FACEVANO LE GRANDI OPERE PORTUALI…
Oggi se ne parla soltanto, da tanto tempo!
Porto di Genova. Da molto tempo ormai si parla di spostare più al largo l’attuale diga Duca di Galliera per consentire il passaggio sicuro delle navi “container” in epoca di gigantismo navale. La discussione sulle tre opzioni da scegliere per il piano finale dell’opera, gigantesca e molto costosa, è in atto proprio in questi giorni e i giornali ne riportano puntualmente i disegni - le varie fasi e problematiche.
La foto computerizzata riprodotta qui sotto rappresenta una delle soluzioni in cui vede la futura diga esterna che è nelle menti dei suoi progettatori.
La vecchia diga, costruita tra le due guerre, appare ancora nella ricostruzione digitale per rimarcare visivamente le distanze utili per la navigazione e manovra interna delle navi. La vecchia Duca di Galliera sarà demolita nel momento in cui le banchine saranno protette dalla nuova diga.
Al momento questa é la soluzione più gettonata
Sono passati 100 anni dalla nascita del Porto Nuovo ai piedi della LANTERNA, e l’intero sistema portuale genovese soffre, già dai primi Anni ’60 del secolo scorso, della mancanza di spazi per la crescita costante del numero di navi e, da circa 20 anni anche per le loro dimensioni per cui oggi si parla di GIGANTISMO NAVALE.
Del futuro del Porto di Genova avremo o avranno modo di parlarne e scriverne le future generazioni, tenendo presente che in Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio e nulla di più provvisorio del definitivo.
Lo dicono in Francia da due secoli (il n’y a que le provisoire qui dure), ma l’arguzia ci sta così a pennello che la ascriviamo di volta in volta a Flaiano, a Prezzolini o ad altri padri putativi delle citazioni orfanelle. E’ uno di quegli aforismi vezzosi con cui amiamo commiserarci; e invece dovremmo studiarlo come una legge scientifica per decifrare il tempo fuor di sesto della politica.
TRA LE DUE GUERRE IL PORTO DI GENOVA INIZIA LA SUA CORSA VERSO PONENTE
- NASCE IL “PORTO NUOVO” SOTTO LA LANTERNA –
- HA LE “BANCHINE A PETTINE” -
- L’ARTEFICE SI CHIAMA
UMBERTO CAGNI
Porto Nuovo- I moli a pettine davanti alla Lanterna
UMBERTO CAGNI conte di Bu Meliana è stato un ammiraglio ed esploratore italiano. Ricoprì le cariche di senatore del Regno e commissario al Consorzio autonomo del porto di Genova.
Nel 1911 all'inizio della guerra italo-turca sbarcò a Tripoli nella Libia ottomana occupando la città con poche centinaia di soldati. Durante la prima guerra mondiale guidò la flotta d'incrociatori di Brindisi e poi della base navale della Spezia.
Con Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, il 12 giugno 1899 l'ammiraglio Umberto Cagni salpò da Christiania (oggi Oslo) sulla baleniera di legno di 350 tonnellate Jason, (ribattezzata Stella Polare) per tentare di raggiungere il Polo Nord per via “di superficie”, cioè su quel mare di ghiaccio e raggiunse la baia di Teplitz. Erano imbarcati, oltre a Cagni e a Luigi Amedeo, dodici italiani, tra cui gli amici (Querini, Cavalli, Molinelli), otto norvegesi (che costituivano l'equipaggio), un centinaio di cani da slitta, provviste alimentari e attrezzature varie.
L'ammiraglio lasciò il servizio militare nel 1923. Morì nel 1932 e fu sepolto nella sua città natale, Asti.
Umberto CAGNI
Politecnico di Torino
Corso di Laurea Magistrale in
Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Paesaggistico‐Ambientale
IL CONCETTO DI “CENTRO STORICO” E LE SUE TRASFORMAZIONI NELLA GENOVA DEL NOVECENTO:
CITTÀ E PORTO NELLE POLITICHE PER IL CENTRO STORICO
Relatore:
Prof. Andrea Longhi
Candidata: Rachele Gangale
Riportiamo la pag. 168
Nella relazione del 1929 del presidente del Consorzio Autonomo del Porto, l’Ammiraglio Cagni, tra le opere in corso di realizzazione per l’ampliamento portuale, vennero indicate la nuova arteria Genova‐Sampierdarena e la nuova sede‐ferroviaria lungo la spiaggia di Sampierdarena.118
I successivi quattro anni furono decisivi per l’ulteriore ampliamento dello scalo portuale fino al Polcevera. Nel 1933 risultarono infatti pressoché ultimate le opere di difesa a mare del Bacino Mussolini con il prolungamento del molo di ponente per 3.400 metri. Nel 1933 fu completata la realizzazione dei primi due sporgenti previsti, Etiopia ed Eritrea, con un incremento di piazzali per attività portuali di 25 ettari, funzionali ad un incremento del 22% della capacità commerciale dell’intera struttura portuale. Nello stesso anno venne completata la diga di sottoflutto di ponente e appaltati, per un importo di 28 milioni, gli ultimi tre sporgenti previsti nel progetto. All’inizio del conflitto i primi due sporgenti erano funzionanti: entrambi erano infatti dotati di magazzini e di impianto ferroviario.119
Proposta di sistemazione del bacino di Sampierdarena elaborata dall’ing. Albertazzi, nel 1928 (A.S.C.G.) ‐ F.BALLETTI, B. GIONTONI, Una città tra due guerre, DE FERRARI EDITORE S.R.L., GENOVA, 1990, P.29
bacino di Sampierdarena in corso di costruzione (A.S.A.) ‐
F.BALLETTI, B. GIONTONI, Una città tra due guerre, DE FERRARI EDITORE S.R.L., GENOVA, 1990,P.29
Il porto di Genova nel 1934
G. BORZANI, Cento anni di pianificazioni, IN Merci, strutture e lavoro nel porto di Genova tra ‘800 e ‘900, M.E. TONNIZZI, FRANCOANGELI, GENOVA,2000, P.213
MARE NOSTRUM RAPALLO, con i suoi relatori, è stata numerose volte invitata dalla “A Compagna” presso la sede di Palazzo Ducale. Per chi non lo sapesse, parliamo dell’Associazione storica e culturale ligure più antica del capoluogo regionale fra quelle attive. Fondata nel 1923, ha in passato varcato i confini regionali con una sede a Torino; il nome è stato tratto dall'antica Compagna Communis, nucleo del costituendo comune e futura Repubblica di Genova.
DA A COMPAGNA RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
A COMPAGNA
Articolo a firma Umberto Cagni, pubblicato sul bollettino n° 3 – Marzo 1929
È stata di questi giorni, pubblicata la Relazione sulle «Opere costruttive, i Servizi, le Tariffe, le Maestranze› del Porto di Genova, pel 1928». L’Ammiraglio Cagni, ha scritto una delle più belle pagine della storia millenaria del nostro grande emporio marittimo. È storia vissuta, della quale Egli è narratore ed artefice: utilissima per segnare non solo il corso degli avvenimenti attuali, ma per tracciare le linee maestre dell’immediato futuro. Col 1928 si è chiuso il ciclo delle opere a ponente che prendono nome da Vittorio Emanuele III, di quelle a levante che prendono nome dal Duca degli Abruzzi. E si apre il ciclo delle nuove grandiose opere che prendono nome da Benito Mussolini. Sarebbe interessante poter seguire lo scritto dell’ammiraglio Cagni in tutti i particolari che riguardano l’attività del porto: i mezzi di scarico, l’ordinamento del lavoro e delle tariffe, il traffico. Le contingenze dello spazio ci costringono a stralciare alcuni dei punti più rilevanti che riguardano le opere costruttive, opere meravigliose delle quali è meritorio rimanga in queste pagine il ricordo; come è meritorio che rimanga un segno di gratitudine verso l’illustre Presidente del Consorzio Autonomo.
L’attività del porto
L’anno 1928 ha segnato per il movimento portuale di Genova una ripresa ascensionale veramente confortante a cui à [sic] fatto riscontro un intenso fervore di opere e di provvedimenti da parte dell'Amministrazione consortile nel preparare tempestivamente gli adeguati mezzi portuali per gli ulteriori sviluppi dei traffici.
Il totale del movimento di quest’anno (salvi i più esatti accertamenti che saranno oggetto della consueta relazione statistica di prossima pubblicazione) si aggira infatti su tonn. 8.624.000 delle quali circa 7.151.000 sbarcate, 991.000 imbarcate e 482.000 di bunkers, il che significa un aumento di oltre 878.000 tonn. negli arrivi e di 72.000 tonn. negli imbarchi, una diminuzione di circa 77.000 tonn. di bunkers; in totale un maggior incremento di circa 873.000 tonn. sul 1927, in modo che il movimento complessivo segna una cifra mai raggiunta per il passato.
Il Bacino Vittorio Emanuele III
Nel campo delle opere portuali va posto in evidenza il lavoro compiuto nel Bacino Vittorio Eman. III, già aperto al traffico nel 1925, il quale è ormai ultimato coll’entrata. in esercizio del suo secondo sporgente (il Ponte S. Giorgio) completamente attrezzato, realizzando così dai 5 a 6 nuovi accosti per piroscafi con carbone, con fosfati ed eventualmente con minerali alla rinfusa.
Complessivamente il Bacino Vittorio Emanuele III, adibito di regola allo sbarco dei carboni e dei fosfati, disporrà di 2100 metri di banchina utilizzabile e capace di 15 accosti serviti complessivamente da 40 elevatori elettrici. dotati di una velocità pratica di sbarco di tonn. 2000 di carbone all’ora.
IL BACINO VITTORIO EMANUELE III – L’OFFICINA DI RIPARAZIONE ELEVATORI
Il Molo di Ponente
La risacca che nell’inverno scorso, durante i forti venti da libeccio, disturbava il lavoro in questo grande bacino dei carboni, è stata definitivamente eliminata con l’avvenuto compimento del Molo di Ponente, il quale ridossa uno specchio acquo [sic] di oltre trecentomila metri quadrati, che rimane fin d’ora a disposizione del traffico, mentre, senza l'accennata opera, sarebbe stato utilizzabile soltanto tra quattro anni.
Il molo predetto è stato costruito in trenta mesi ed è costato circa 10 milioni di lire in confronto dei 12 previsti. Fu eseguito con cassoni di calcestruzzo gettati entro casse-forme di tipo speciale, portati galleggianti sul posto e riempiti di calcestruzzo in modo da costituire così dei blocchi di m. 12 X 6 X 6,50. Esso è lungo 400 metri, e la sua testata, che era prevista a 130 m. dalla diga foranea, è stata invece portata a soli m. 80 dalla diga stessa, in modo da chiudere con maggior efficacia l’accesso del mare di libeccio.
IL MOLO DI DIFESA DI PONENTE
Il Porto Duca degli Abruzzi
Il Porto Duca degli Abruzzi, con uno specchio acqueo di 40.000 mq. viene a resultare fra l’antico Molo Giano ed il nuovo Molo di scirocco Umberto Cagni, fra i quali si è costruita una leggera diga a piloni per difendere dai residui oleosi galleggianti lo specchio acqueo stesso. Il Molo Umberto Cagni misura uno sviluppo di m. 690 e, colla diga foranea, difende l’avamporto e le calate del vecchio porto dalle frequentissime agitazioni di scirocco, inconveniente molto serio, lamentato sempre per il passato.
Il molo sarà prolungato ancora di 40 metri, in modo che l'imboccatura del porto da m. 293, come è attualmente, si ridurrà a m. 250, misura giudicata più che sufficiente per la manovra di entrata delle navi.
Questo piccolo porto costruito in appena due anni, è, com’è noto, destinato alla marina da diporto dalla quale traggono vita tante interessanti industrie delle nostre riviere e che contribuisce a formare quello spirito marinaro, mai abbastanza sviluppato nel nostro popolo.
Sulla calata di questo porto è già costrutta la grandiosa sede del R. Yacht Club e presto vi sorgeranno anche quelle minori del Rowing Club, della Società di Canottaggio Elpis e della benemerita Società Ligure di Salvamento, in modo che questo specchio acqueo, dove troveranno sicuro ormeggio i candidi yachts della marina da diporto, avrà una degna cornice di decorosi edifici, sicché potrà gareggiare per sicurezza, comodità ed eleganza coi più noti ritrovi dello sport nautico del Mediterraneo.
Il nuovo Bacino da Carenaggio
Ad appena tre anni da quando, nel maggio 1925, Sua Maestà Vittorio Emanuele III faceva brillare la prima mina di scavo del nuovo bacino da carenaggio, quest’opera, invero grandiosa, era compiuta, ed ospitava, il 19 luglio u. s., il primo grande transatlantico, il Conte Rosso.
Tutte le costruzioni che l’alacre nostro armamento ha varato in questi ultimi anni, e che prima dovevano valersi, per le operazioni di carenamento e di raddobbo, di bacini militari in Italia o, peggio, di quelli stranieri, possono essere accolte in questo bacino, la cui lunghezza è superiore alle massime lunghezze dei piroscafi modernissimi.
Le dimensioni del bacino sono infatti: lunghezza del gargame esterno alla testata interna dell’emiciclo: m. 240 - larghezza, tra le pareti verticali interne: m. 32 - Profondità della soglia esterna del bacino: m. 11 - Capacità: mc. 90.000.
E, se nuove prossime costruzioni dovessero superare di qualche decametro lo sviluppo del bacino, provvidenze di non difficile né costosa attuazione possono venire adottate per servire anche ai nuovi piroscafi, senza turbare per nulla l’esercizio di questo.
Per l’esecuzione dell’opera che è costata circa 32 milioni, si sono scavati 110.000 metri cubi di terra e 40.000 di roccia; si sono impiegati in media 200 operai; si è adoperato un complesso di lamiere e di ferri laminati, per le due porte, del peso di 700 tonnellate; si sono costruiti 60.000 metri cubi di murature diverse.
I magazzini per l’esportazione sul Ponte Caracciolo
Sul ponte Caracciolo i grandi magazzini in cemento armato destinati al concentramento del servizio di imbarco, ed ai quali fu posto mano al principio dell’annata, sono in avanzatissima costruzione, esempio notevole di celerità edilizia. Quest’anno vi si sono compiuti lavori per Lire 8.000.000 circa e se ne prevede il completamento entro il primo semestre 1929. La superficie complessiva dei vari piani sarà di mq. 24.000.
I MAGAZZINI PER L’ESPORTAZIONE A PONTE CARACCIOLO
La Stazione Marittima Passeggeri
Quest’anno ha visto anche accelerati i lavori per il compimento della grandiosa Stazione Passeggeri a Ponte dei Mille. Tutta l’ala di ponente è da tempo completamente arredata ed in esercizio, il corpo centrale è pressoché ultimato anche nei suoi rifinimenti interni; dal 15 ottobre u.s. si è inoltre iniziata la costruzione dell’ala di levante, che sorgerà sull’area dell’antica stazione quest’anno demolita. È anche ultimata la piattaforma centrale, sopraelevata di 7 metri sul piano di calata e che costituirà il piazzale dal quale si staccherà il grande viadotto destinato a congiungere la Stazione alla Piazza Principe, presso il monumento al Duca di Galliera, al disopra dei fasci dei binari e della nuova grande arteria che unirà via Milano a via Carlo Alberto. Sono ora in avanzato corso le fondazioni dei piloni di sostegno del viadotto stesso, nonché le opere di deviazione del grande fognone del Lagaccio, che veniva a trovarsi lungo l’asse delle fondazioni stesse.
Si prevede che per l'ottobre 1929 la Stazione sarà completa e risulterà, per comodità ed eleganza, superiore a qualsiasi altra stazione marittima.
LA STAZIONE MARITTIMA PASSEGGERI A PONTE DEI MILLE
La nuova arteria Genova - Sampierdarena
Quest'anno ha anche visto, ad opera del Consorzio, finalmente aperto il varco alla nuova grande arteria Genova Sampierdarena, attraverso la cava rocciosa della Chiappella, che prelude al completo sbancamento di tutto il colle di San Benigno. Sono stati espropriati ed abbattuti i caseggiati verso Sampierdarena che ricadevano sul tracciato; ed ora si sta sistemando la sede stradale colla relativa fognatura e pavimentazione.
LA NUOVA STRADA GENOVA SAMPIERDARENA
I mezzi meccanici
Né l’Amministrazione Consortile ha trascurato quanto si attiene all’attrezzamento ed alla manutenzione del porto.
Sul Ponte S. Giorgio (l’ultimo entrato in esercizio) sono stati installati 9 elevatori elettrici di tipo moderno; sono pronte le 9 gru elettriche destinate ai nuovi magazzini dell'imbarco al Ponte Caracciolo; si è iniziata la costruzione di altre 24 grue [sic] pure elettriche, e si sta procedendo all’arredamento dei ponti Caracciolo ed Assereto, in armonia alle destinazioni a ciascuno assegnate.
Colle opere costruite dall’Amministrazione, è giusto citar ancor quelle dovute all’iniziativa privata incoraggiata dal Consorzio (il quale ha dato in concessione le aree necessarie) e che contribuiscono ad aumentare potentemente la efficienza del Porto.
I GRANDI ELEVATORI DI CARBONE
Depositi olii minerali
Tra quelle che, pur essendo state iniziate negli anni decorsi, sono state perfezionate o completate in ogni loro parte nel 1928, oltre ai grandi magazzini per cotoni per mq. 11.000 di superficie coperta, costruiti dalla Società Esercizio Magazzini al Molo Vecchio, ricorderò il grande stabilimento della Società Generale degli Olii Minerali, a levante della Calata Stefano Canzio, e quello per gli Olii Lubrificanti della «Vacuum Oil» alla Calata della Sanità.
Specialmente notevole lo stabilimento per gli Olii Minerali che è capace, nei suoi otto serbatoi metallici, di oltre quarantamila tonnellate di olii combustibili.
I DEPOSITI PER GLI OLI MINERALI
La grande centrale termo-elettrica
La grandiosa Centrale termo-elettrica, la cui costruzione fu iniziata nel 1927 a cura del Consorzio Centrali Termiche, alla radice del ponte S. Giorgio. è completamente ultimata, come edificio e pressoché anche negli impianti interni dei macchinari.
Per la celerità di costruzione, per la potenza e la bontà dei macchinari impiantati, questo stabilimento costituisce una magnifica prova della capacità dei tecnici italiani e della potenzialità della siderurgia nazionale.
L’edificio misura 275.000 mc. ed è costrutto e racchiuso in una gigantesca ossatura metallica, pesante oltre 6000 tonn.
La centrale è disposta per una potenza totale di 130.000 KW di cui la metà già pronta a funzionare.
L’OFFICINA TERMODINAMICA «CONCENTER»
Lo spianamento del promontorio di S. Benigno
Procedono inoltre alacremente, in base alla legge 9 febbraio 1927, n. 321, le operazioni di esproprio e di demolizione delle proprietà sul colle di San Benigno, per accelerare l`inizio dei lavori di spianamento di questo promontorio che divide Genova da Sampierdarena e la cui eliminazione, non solo faciliterà la fusione delle due città, ma offrirà delle aree pianeggianti per oltre 37 ettari che, con quelle che si otterranno dai riempimenti lungo la spiaggia di Sampierdarena, daranno a Genova quello che finora le mancava per essere un porto franco veramente efficiente: gli spazi necessari agli stabilimenti industriali, che potranno lavorare per l`esportazione in franchigia doganale.
LA NUOVA STRADA GENOVA SAMPIERDARENA
Il nuovo bacino Benito Mussolini
La consegna dei lavori per la prima parte del nuovo Bacino Mussolini dinanzi a Sampierdarena, appaltati per Lire 74.500.000, venne effettuata il 16 aprile di quest’anno e già sono stati eseguiti m. 600, su 800 in progetto, della sottostruttura della diga foranea (Principe Umberto) e la demolizione della soprastruttura del molo di difesa del porticciuolo di servizio per il cantiere dei massi.
Questa prima parte del bacino consterà di due ponti lunghi m. 400 e larghi 130 con relativi magazzeni ed arredamenti, e, com’è detto nella relazione 22 dicembre sopra riportata, aggiungerà al porto 25 ettari di piazzali e ben 1100 m. di banchina praticamente utilizzabile, alla quale potranno lavorare simultaneamente 15 piroscafi accostati: aumenterà cioè di oltre un quinto la capacità del nostro porto 'rendendo possibile (coll’attuale intensità per metro lineare) un movimento annuo di 10 milioni di tonnellate; ma, come ho dimostrato nella relazione 22 dicembre, già riportata, essa sarà insufficiente qualora si voglia che questo movimento si svolga in maniera più comoda e più economica e cioè ad una quota assai inferiore a quella sforzata di 850 tonn. alla quale è costretto a lavorare oggi.
Riassumendo, possiamo, con giusto orgoglio di Italiani, constatare che il nostro porto lavora con ordine e fervore, che ogni anno accresce la propria attività e che vanta masse lavoratrici di grande abilità, inquadrate e protette come in nessun altro porto del mondo.
Nell’aumentata possibilità di lavoro e di conseguente benessere, le maestranze hanno anzi visto il frutto della disciplina e si sono rese conto della nobiltà della funzione delle classi lavoratrici, quando questa si esplichi nell'orbita e pei fini della Nazione.
Possiamo oggi dire che nel nostro porto, grazie al sincero e sano spirito di collaborazione, che è l’essenza del Fascismo, il lavoro non ha arresti di sorta e che sotto il potere moderatore del Consorzio, fiancheggiato dall’assidua opera dei Sindacati Nazionali, tutte le eventuali divergenze fra datori di lavoro e lavoratori vengono pacificamente ed onestamente risolte.
Questa concordia di animi ci affida che, mercé l’ingrandimento del porto ed il miglioramento delle vie ferroviarie d’accesso, Genova potrà mantenere il primato nel Mediterraneo e reggere vittoriosamente il confronto coi più grandi porti stranieri.
Il Presidente
U. Cagni
CARLO GATTI
Rapallo, martedì 2 Febbraio 2021