CALATA SANITA', GENOVA RICORDI DELLA QUARANTENA
CALATA SANITA’ – GENOVA (1)
RICORDI DELLA QUARANTENA (2)
Panoramica del porto di Genova
Sullo sfondo la LANTERNA che si alza “superba” sulla nave portacontainer (scafo nero) ormeggiata a Calata Sanità.
Nave operativa sotto le gigantesche gru di Calata Sanità
La nave sta ormeggiando a Calata Sanità
La nave sta ormeggiando a Calata Sanità
Nel porto di Genova c’è tuttora una banchina nel Porto Vecchio, che è destinata al traffico dei containers. Si chiama CALATA SANITA’ in ricordo della sua “vecchia” destinazione d’ormeggio delle navi che non avevano avuto LA LIBERA PRATICA (Inglese: Practique) dalle Autorità Sanitaria, in quanto provenienti da zone infestate da malattie esantematiche tipo colera, peste ecc….
CODICE INTERNAZIONALE DEI SEGNALI
Il codice internazionale nautico è un sistema di codifica che consente di rappresentare lettere singole dell'alfabeto, numeri o interi messaggi attraverso segnalazioni con bandiere, le quali vengono issate sulle navi verticalmente a gruppi di quattro e vengono lette dall'alto verso il basso. Il codice fa parte del Codice internazionale dei segnali (INTERCO)
Bandiera per la segnalazione di Covid 19 a bordo
In relazioni a recenti allarmismi riguardo la segnalazione sui media di bandiera gialla a bordo di un natante all’Argentario, Artemare Club sente il dovere di ricordare che questa insegna issata su una nave o barca, nell'immaginario popolare significa qualcosa di negativo, di malattia contagiosa e invece è esattamente il contrario, il suo nome tecnico è Bandiera di libera pratica o lettera "Q" del codice internazionale dei segnali.
La bandiera gialla, chiamata anche erroneamente bandiera di quarantena va issata quando richiesto alla crocetta principale di sinistra e significa che tutto l’equipaggio è in buone condizioni di salute, non ci sono epidemie a bordo e che si richiede la “libera pratica” per entrare in porto e sbarcare, si ripete corrisponde ad una dichiarazione fatta all’autorità marittima del porto di arrivo che l’equipaggio è in perfette condizioni di salute e che si richiede il permesso di ormeggiare e sbarcare.
Invece la bandiera quadra composta di quattro scacchi di colore giallo e nero, bandiera di segnalazione corrispondente alla lettera “L”, se fatta sventolare da sola significa “malattia contagiosa a bordo” e per il comandante della nave o barca che la espone è un segno di riconoscimento e di responsabilità
L’uso delle bandiere è ritenuto un caposaldo nella tradizione marinaresca poiché da sempre l’unico mezzo sicuro per comunicare tra imbarcazioni e con terra, nel “Codice internazionale dei Segnali” il contatto visivo di ogni singola bandiera acquisisce un significato proprio e codificato se issata singolarmente.
La LIBERA PRATICA altro non è che il permesso di entrare in porto per espletare le operazioni commerciali.
La Libera pratica sanitaria viene rilasciata dall'Unità territoriale dell’USMAF-SASN immediatamente via radio o con le altre forme di comunicazione rapida (Fax, Telegramma, Fonogramma, Telex, via informatica alla casella di posta elettronica del richiedente) utilizzate per la richiesta, oppure, in caso di navi provenienti da Paesi sottoposti ad ordinanza ministeriale per specifiche malattie, di segnalazione di malattia, di decesso o di evento di interesse sanitario a bordo, al termine dell'ispezione effettuata a bordo dal personale dell' Unità Territoriale dell’ USMAF-SASN in entrambe i casi (rilascio senza o con accesso a bordo) viene fornita indicazione di data e ora di concessione.
Q Quebec - Significato: La mia nave è indenne e chiedo libera pratica
Trucco Mnemonico: Q, come ‘Question’, richiesta
La bandiera gialla, chiamata anche erroneamente bandiera di quarantena, va issata quando richiesto alla crocetta (dell’albero) principale di sinistra e significa che tutto l'equipaggio è in buone condizioni di salute, non ci sono epidemie a bordo e che si richiede la “libera pratica” per entrare in porto e sbarcare e operare…
Bandiera da issare per segnalare malattia contagiosa a bordo - Codice internazionale dei segnali marittimi lettera L
La bandiera a scacchi gialla e nera che assume significati diversi se issata in porto o durante la navigazione. Nel primo caso indica la presenza di un’epidemia a bordo e quindi che la nave è sottoposta a quarantena (infatti nei secoli scorsi veniva utilizzata per comunicare casi di peste e vaiolo); nel secondo caso invece corrisponde alla lettera L del Codice Internazionale dei Segnali Marittimi, ovvero la richiesta di fermare immediatamente la propria nave.
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La parola “pratiqua” sia di origine ispanica
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La “practique House” era la struttura che ospitava i malati sospetti…
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MAGISTRATO DEI CONSERVATORI DI SANITA’ era la massima Autorità genovese in materia di salute pubblica.
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Magistrato dei conservatori del mare - Questa magistratura aveva la piena e massima autorità in materia marittima. Giudice supremo in ogni causa penale e civile riguardante la marina, regolava anche la costruzione navale, la tenuta dei libri di bordo, il reclutamento di equipaggi; concedeva il permesso di partenza dal porto di Genova, riscuotendo la tassa per le navi di portata superiore alle cento salme.
BANDIERE DI BORDO, UNA QUESTIONE DI STILE
TUTTOBARCHE
The international YACHTING MEDIA
https://www.tuttobarche.it/magazine/bandiere-di-bordo-una-questione-di-stile.html
PER CHI AMA LA STORIA …
QUARANTENA: In origine, segregazione di quaranta giorni prescritta per malati affetti da malattie contagiose; in seguito, isolamento, segregazione di persone o animali per motivi sanitari, indipendentemente dal numero dei giorni.
A differenza della quarantena, l’isolamento separa solo gli individui riconosciuti come malati dalla popolazione sana. Lo scopo però è lo stesso: IMPEDIRE i contatti umani per evitare la diffusione del contagio.
Per secoli le epidemie di peste hanno seminato distruzione in tutto il mondo. Quando la Morte nera colpì l'Europa verso la fine degli anni 40 del quattordicesimo secolo, uccise quasi un terzo della popolazione.
Le epidemie hanno avuto un ruolo rilevante nella storia dell’umanità sul piano sanitario, demografico, sociale ed economico.
Nel V secolo a.C. Ippocrate di Kos, il padre della Medicina scrisse:
“Chi non conosce il proprio passato rimane un bambino”.
Un bambino non ha memoria del passato…! A noi di una certa età non rimane che una riflessione: guai a disperdere il patrimonio di conoscenze acquisito nei secoli di lotta alle grandi epidemie.
“Sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento”: le parole tratte dal LEVITICO, precisamente, del Vecchio Testamento, descrivono misure di isolamento per persone affette da peste o lebbra.
La lebbra, conosciuta fin dai tempi Biblici, come abbiamo appena visto, si manifestò nell’alto Medioevo con focolai a carattere epidemico. La malattia continuò a manifestarsi nei secoli successivi e fu sempre ritenuta una conseguenza dell’indigenza e delle precarie condizioni igienico-sanitarie delle popolazioni del tempo.
Nel 541 d.C. fu attuata una forma di quarantena durante la cosiddetta:
peste di Giustiniano perché iniziò durante il regno di questo imperatore bizantino che si ammalò ma sopravvisse. L’epidemia si protrasse a ondate fino all’ottavo secolo, colpendo il Medioriente, il Mediterraneo e l’Europa e causando centinaia di migliaia di morti.
Nel 640 d.C., nel pieno dell’ottava ondata, il vescovo Gallo II di Clermont-Francia, scrisse ad un suo collega: “la peste è sbarcata a Marsiglia e viaggia verso l’entroterra bisogna impedire che raggiunga i loro vescovadi”.
Era un invito a disporre guardie armate al confine con la Provenza, allo scopo di impedire ogni forma di commercio.
LE REPUBBLICHE MARINARE CONTRO LA PESTE NERA
La guerra batteriologica dei Tatari contro i Genovesi.
L'epidemia si diffonde dal 1346, a partire da una colonia genovese del Mar Nero, Caffa. Fattore scatenante fu il primo caso di guerra batteriologica della storia di cui ci siamo già occupati. I Tatari, impegnati in un lungo assedio della località della Crimea, mettono in atto un'idea tanto geniale quanto criminale: martoriati dalla peste, decidono (letteralmente) di catapultare le loro vittime al di là delle fortificazioni genovesi scatenando la peste, la morte. Fuggiti via mare, i coloni liguri intraprendono una tragica odissea. Giungono a Messina, la città dello Stretto li lascia sbarcare, ma ben presto il morbo comincia a fare vittime anche lì. Inevitabilmente, i coloni genovesi vengono cacciati dalla Sicilia e fanno rotta verso Genova, ma la loro stessa città li respinge.
Marsiglia, invece, concede loro ospitalità e di lì ha inizio il peggio (peste deriva non a caso dal superlativo latino peius). Da quel momento (fine 1347 - inizio 1348) e per almeno tre secoli, si apre un ciclo quasi continuo tra pandemie, epidemie e focolai locali: per convenzione, si parla di tre grandi ondate - 1348, 1576 e 1630 - ma si può dire che la malattia non abbia mai lasciato l'Eurasia sino alla scoperta degli antibiotici.
LINK:
1346 - LA PESTE A BORDO CON I GENOVESI IN VIAGGIO DA CAFFA (CRIMEA) ALL’ITALIA di Carlo GATTI
https://www.marenostrumrapallo.it/caffa/
E’ risaputo che già nell’alto Medioevo (476-1000 d.C.) si cercava di combattere la peste imponendo restrizioni agli spostamenti delle persone. Tuttavia, il termine “quarantena” fu inventato più tardi, quando questa misura fu usata per contenere la Peste nera, nel XIV secolo.
Immagine iconografica della peste del 1300
Che la peste venisse principalmente diffusa dai mercanti era ormai noto da secoli. Nel 1374 la Repubblica di Venezia cominciò per questo motivo a controllare, come misura preventiva, le navi commerciali provenienti da porti a rischio infezioni e a controllare, financo a respingere quelle giudicate non sicure dagli ufficiali-sanitari della città lagunare.
UNA DATA STORICA
Il 27 luglio 1377
LA PRIMA QUARANTENA della storia
(in realtà della durata di 37 giorni)
RAGUSA (oggi Dubrovnik)
Divenne legge a RAGUSA* (Città Stato della Croazia-l’attuale Dubrovnik), che in seguito ispirò la SERENISSIMA per la costruzione del lazzaretto "ospedale per contagiati".
Si trattò di una legge innovativa, sicuramente rivoluzionaria:
Tutti i viaggiatori in arrivo da regioni in cui era diffusa la peste dovevano rimanere in isolamento per un periodo di 30 giorni prima di entrare in città, con gravi pene per chi avesse trasgredito.
*La Repubblica di Ragusa (nota anche come repubblica ragusea o, dal nome del suo santo protettore, repubblica di San Biagio) è stata una Repubblica Marinara dell'Adriatico, esistita dal X secolo al 1808.
IL LAZZARETTO VECCHIO DI VENEZIA
Il primo nella storia
Il Lazzaretto Vecchio è un'isola della Laguna Veneta, situata molto vicino alla costa occidentale del Lido di Venezia. Ospitò un ospedale, che curava gli appestati durante le epidemie.
Venezia in breve seguì la stessa procedura, ma il periodo fu esteso a 40 giorni, (periodo che coniò il nome: quarantena! perché secondo la medicina del tempo, le malattie di questo tipo facevano il loro corso entro questo intervallo di tempo.
Per la peste bubbonica: dall’infezione alla morte passavano in media 37 giorni, quindi la durata originaria della quarantena era relazionata alla durata di questa malattia.
Non è un caso che le città-portuali di due potenti Repubbliche Marinare siano state le prime a rendere obbligatoria la quarantena. Le rotte da loro battute presentavano rischi oggettivi di contagio e, un’epidemia incontrollata avrebbe distrutto la loro economia in forte espansione.
Sulla scia di Venezia e Ragusa, molte altre città cominciarono a sperimentare la quarantena, assieme ad altre forme di controllo del contagio a essa collegate.
Nel 1467 - Genova seguì l'esempio di Venezia. Nello stesso anno il vecchio ospedale (lebrosario) di Marsiglia fu convertito in ospedale per gli appestati: il grande lazzaretto di questa città, forse il più completo nel suo genere, è stato edificato nel 1526 sull'isola di Pomgue. Le pratiche in tutti i lazzaretti del Mediterraneo non erano differenti dalle procedure inglesi nei commerci con il sudovest asiatico e con il Nord Africa.
Nel 1831 - Con l'approssimarsi del colera, furono costruiti nuovi lazzaretti nei porti occidentali che in seguito vennero utilizzati per altri scopi.
Solo nel XIX secolo si è cominciato a discutere di un quadro di riferimento internazionale con le International Sanitary Conferences, (14 in tutto, la prima svoltasi nel 1851, l’ultima nel 1938) il cui lavoro confluì nell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nata dopo la Seconda guerra mondiale.
IL LAZZARETTO DI GENOVA
ALLA FOCE
UN PO’ DI STORIA GENOVESE….
Nel XV secolo, nella piana sulla sponda sinistra del Bisagno, fu edificato un lazzaretto per l’isolamento e il ricovero dei malati contagiosi e dei passeggeri delle navi giunti in porto e soggetti a quarantena, soprattutto in occasione di epidemie di peste.
Ne parla Agostino Giustiniani, negli Annali della Repubblica di Genova (1537).
L’imponente edificio fu ampliato all'inizio del XVI secolo per iniziativa di Ettore Vernazza notaio e filantropo. Nel 1576 l’edificio fu ingrandito su disegni di Girolamo Ponsello.
L’edificio serviva per l’isolamento e il ricovero dei malati contagiosi, provenienti soprattutto dalle navi, ma qui furono ricoverati anche i malati dell’epidemia di peste del 1600, di quella manzoniana del 1630 e delle successive ondate del 1656-1657, le quali determinarono la morte di ben 92.000 persone.
Jean-Jacques Rousseau
Nel Settecento, per la precisione dal 12 al 25 luglio del 1743, fu ospitato nel lazzaretto genovese anche il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau che preferì trascorrere lì la quarantena in totale solitudine, piuttosto che nella promiscuità di Calata Sanità. Lo scrittore accennò a quest’ esperienza in un brano delle Confessioni (l. VII).
Lo scrittore francese si era imbarcato a Tolone, ma la feluca su cui viaggiava era stata fermata da unità inglesi, provenienti da Messina, dove infuriava la peste, per cui, all’arrivo a Genova dovette sottostare alla quarantena che, come abbiamo appena letto, preferì trascorrere al lazzaretto, anche se era stato avvertito che non vi era alcun mobile. Infatti non vi trovò né un letto, né una sedia e neppure uno sgabello o un fascio di paglia per sdraiarsi.
Scrisse infatti: «Dapprima mi divertii a cacciare le pulci che avevo preso sulla feluca, e quando infine, a furia di cambiar vestito e biancheria, riuscii a liberarmene, procedetti all'arredamento della camera che m’ero scelta. Con gli abiti e le camice preparai un ottimo materasso; con varie salviette cucite insieme mi feci le lenzuola; con la vestaglia, una coperta; un cuscino, col mantello arrotolato; ricavai il sedile da una valigia distesa, e una tavola con l’altra posata sul fianco». I pasti gli venivano serviti in gran pompa, con la scorta di due granatieri, e poi poteva dilettarsi a leggere i libri che aveva con sé, ma anche a passeggiare nel cimitero, oppure salendo fino in cima all'edificio, dove da un lucernario che dava sul porto poteva osservare l’entrata e l’uscita delle navi.
Domenico Del Pino, Veduta del Lazzaretto Vecchio, della Foce,
del Bisagno con la collina d'Albaro dalle mura delle Cappuccine
(Stampa colorata a mano, prima metà del XIX secolo, Genova,
Gabinetto Disegni e Stampe,
L’edificio fu più volte modificato. Nel 1810 l’ampliamento fu sostenuto dal Comune e da donazioni di privati. Il lazzaretto svolse la sua attività fin verso la metà dell’Ottocento, quando, con gli sviluppi della medicina, le sue funzioni furono trasferite al nuovo ospedale di Pammatone.
L’edificio fu demolito, consentendo l’ampliamento del CANTIERE NAVALE già da tempo esistente sulla spiaggia della Foce.
A ridosso del Molo Nuovo le navi in "quarantena"
Particolare di acquaforte colorata ad acquarello di G.Piaggio e di Del Pino - 1818 ca - Collezione Topografica del Comune di Genova.
Notiamo la Lanterna ed il Convento di San Benigno. Una draga è al lavoro nel centro della rada.
IL MOLO NUOVO CON LE NAVI IN QUARANTENA
Incisione di Nicholas M.J.Chapuy e Isidore L.Deroy - ca 1850 - Civica Raccolta Bertarelli Milano - La Lanterna con la Porta della Lanterna. Sulla destra si nota appena la cupola per le funzioni religiose presso l'ufficio di Sanità-Quarantena.
NEL NUOVO SECOLO SI GIRA PAGINA
Nel 1900 fervono grandi lavori in città, ed anche nel Porto.
La città si industrializza, si espande, e così il porto deve trovare una nuova dimensione e cerca spazio a Ponente.
Nel 1905 il Re "posa" la prima pietra del nuovo bacino portuale della Lanterna dando così il via alla prima espansione portuale verso ponente.
Cartolina ed. Gianbruni - NPG - non circolata
Messa la "prima pietra" i lavori languono per mancanza di fondi, con un grande fiorire di progetti, ma nessuna realizzazione.
Si arriva alla fine della Prima grande guerra con un nulla di fatto e si decide finalmente di iniziare i lavori nel 1920.
Si comincia con il prolungamento a Ponente della diga foranea il Molo Duca di Galliera.
Quindi si esegue il taglio di una sezione obliqua della diga per permettere il transito delle navi dall'avamporto al nuovo specchio creatosi davanti alla Lanterna.
Il tutto è ben illustrato dalle piantine che seguono in ordine cronologico.
La Freccia Blu indica Calata Sanità nel tempo...
1922
1927
ANNI '30-'40
ANNI '50
Inizio Nuovo Millennio
Carlo GATTI
Rapallo, 26 settembre 2022
R.M.S. QUEEN HELIZABETH 2
R.M.S. QUEEN HELIZABETH 2
Durante la sua visita nel nostro capoluogo il 16 ottobre 1980, la Regina Elisabetta disse:
“GENOVA E’ LA CITTA’ PIU’ BRITISH D’ITALIA”
IL SECOLO XIX ha scritto:
OGGI , 8 SETTEMBRE 2022
LA CITTA’ E’ IN LUTTO PER LA REGINA ELIZABETH II
Mare Nostrum Rapallo ha voluto dedicare questo “semplice omaggio marinaro” alla Regina d'Inghilterra per ricordare Lei e le navi che hanno portato il Suo NOME ILLUSTRE per i SEVEN SEAS.
Il RMS Queen Elizabeth 2, RMS: Royal Steamer, anche soltanto QE2, era l'ammiraglia di Linea Cunard. Il Queen Elizabeth 2 ha fatto il suo viaggio inaugurale nel 1969 ed è stata una delle ultime grandi navi passeggeri transatlantiche. Con una lunghezza di 293,5 metri e una velocità massima di 32,5 nodi è stata anche una delle navi passeggeri più grandi e veloci in circolazione. Il 30 dicembre 1964 fu firmato il contratto con il costruttore navale John Brown Shipyard Clydebank in Scozia.
La costruzione iniziò lì il 5 luglio 1965.
Dopo il varo il 20 settembre 1967, la nave fu battezzata dalla Regina Elisabetta 2 - Il 19 novembre 1968, il Queen Elizabeth 2 fece le prove in mare guidate dal Capitano "Bill" Warwick.
Dal 26 novembre 1968 si sono svolte le prove nel mare irlandese.
Il 22 aprile 1969 fu fatto un piccolo viaggio inaugurale in direzione di Las Palmas de Gran Canaria.
Il 2 maggio 1969, il viaggio inaugurale ufficiale verso New York.
Nel 1975 viene effettuata la prima crociera intorno al mondo.
Nel maggio 1982, il Queen Elizabeth 2 requisita per il trasporto di truppe per il Guerra delle Falkland. Il 12 maggio 1982 fece rotta per la Georgia del Sud con 3.000 uomini a bordo.
L'11 giugno 1982 il transatlantico è tornato sano in salvo a Southampton.
Nell'ottobre 1986, la sostituzione delle turbine a vapore a propulsione diesel-elettrica.
Il 7 agosto 1992, il Queen Elizabeth 2 finì sulle rocce a Vineyard Sound, queste rocce non erano segnate sulla carta nautica.
Una vasta ristrutturazione ha avuto luogo nel dicembre 1994.
Nel 1995 ancora una volta il Queen Elizabeth si ritrovò vittima di un incidente, in quanto fu colpito da un’onda anomala di circa 30 metri di altezza, ma fortunatamente senza riportare danni rilevanti o vittime...
L'11 settembre 1995, il Queen Elizabeth 2 prese in pieno l’uragano Luis mentre era in rotta per gli Stati Uniti e scarrocciò su un basso fondale.
Il 2 gennaio 1996, il Queen Elizabeth 2 registrò il traguardo dei 4 milioni di miglia nautiche navigate sul Libro di bordo.
Nel 1996, dopo la vendita di Trafalgar House a Kvaerner, la proprietà di Cunard Line è passata a questa azienda norvegese.
Nel maggio 1998 Kvaerner ha venduto la Cunard Line negli Stati Uniti alla Carnival Corporation.
Il 29 agosto 2002, il Queen Elizabeth 2 registrò il traguardo dei 5 milioni di miglia nautiche navigate.
Il 18 giugno 2007 è stato annunciato che il Queen Elizabeth 2 è stato venduto per quasi $ 100 milioni al Dubai World, una delle isole create artificialmente al largo della costa di Dubai.
Il 7 gennaio 2008 ha iniziato il suo ultimo tour mondiale. L'intenzione era che il QE II fungesse da hotel di lusso da quelle parti. La nave ha salpato l'ultima volta dal suo porto di origine: Southampton l'11 novembre 2008.
Queen Elizabeth 2 a Rotterdam
La QE-2 nel bacino di carenaggio del suo Home Port
SOUTHAMPTON
ALBUM FOTOGRAFICO
INTERNI DEL TRANSATLANTICO QUEEN ELIZABETH II
Di seguito alcune immagini degli interni, che con innumerevoli restyling sono cambiati nel corso degli anni... Dalla netta distinzione in classi fino alla trasformazione in nave da crociera, si è passati dal classico al moderno, passando per l'Art Decò e il contemporaneo... Insomma un infinità colori, ambienti, arredi, sempre più belli e sempre più nuovi che ancora oggi lasciano ai passeggeri l'opportunità d’immaginare il fascino di quell'epoca in cui viaggiare sull'oceano era un vero sogno.
Nave da crociera Cruise ship |
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QUEEN ELIZABETH 2 |
Classificazione |
Classification |
L.R. n. - + 100 A1 LR Survey Type: Continuous Survey Date: 2006-12 LR Machinery Class: + LMC |
Bandiera |
Flag |
Regno Unito - United Kingdom |
Armatore |
Owner |
CUNARD LINE - LONDON - U.K. |
Operatore |
Manager |
Cunard Line Ltd. -Southampton - United Kingdom |
Impostazione chiglia |
Keel laid |
05.07.1965 |
Varo |
Launched |
20.09.1967 |
Consegna |
Delivered |
02.05.1969 |
Cantiere navale |
Shipyard |
John Brown and Co. - Clydebank - SCOTLAND - U.K |
Costruzione n. |
Yard number |
736 |
Tipo di scafo |
Hull type |
scafo singolo - single hull |
Materiale dello scafo |
Hull material |
acciaio - steel |
Nominativo Internazionale |
Call Sign |
G B T T - |
I.M.O. International Maritime Organization |
6725418 |
|
M.M.S.I. Maritime Mobile Service Identify |
576059000 |
|
Compartimento marittimo |
Port of Registry |
Southampton |
Numero di Registro |
Official Number |
|
Posizione attuale |
Actual position |
CLICCA QUI / CLICK HERE |
Stazza Lorda |
Gross Tonnage |
70.327 Tons |
Stazza Netta |
Net Tonnage |
32.182 Tons |
Portata ( estiva ) |
DWT (summer) |
15.521 Tonn |
Lunghezza max |
L.o.a. |
293,53 m |
Lunghezza tra le Pp |
L. between Pp |
270,40 m |
Larghezza max |
Breadth max |
32,01 m |
Altezza di costruzione |
Depth |
18,86 m |
Pescaggio max |
Draught max |
9,945 m |
Bordo libero |
Freeboard |
|
Motore principale |
Main engine |
9 - MAN B&W 9L58/64 - 450 rpm |
Potenza motore |
Engine power |
9 x 10,625 kW (tot 95.625 Kw ) |
Velocità max |
Max speed |
28,50 kn |
Eliche di propulsione |
Propellers |
2 - cinque pale/ five blades |
Passeggeri max |
Passengers max |
1.791 |
Equipaggio |
Crew |
921 |
Ponti |
Decks |
12 - passeggeri / passengers 10 |
Bunker |
Bunker |
|
Inserita |
Posted |
07.09.2008 |
Aggiornata al |
Last updated |
10.11.2013 |
STORIA DI UNA NAVE
QUEEN HELIZABETH 2 a Southampton
Scheda Tecnica
Costruttore: John Brown&Company, Clydebank
Armatore: Cunard Line - Istithmar
Varo: 20 settembre 1967
Entrata in servizio: 2 maggio 1969
Lunghezza: 293 metri
Larghezza: 32 metri
Velocità: 28 - 34 nodi
Capacità: 1777 passeggeri, 1040 equipaggio
Da prestigioso transatlantico a nave quarantena: la triste parabola della Queen Elizabeth 2
Da prestigioso transatlantico a nave quarantena, questa è la triste parabola della Queen Elizabeth 2: infatti nei giorni scorsi sono apparsi sul web diversi articoli che raccontano di alcuni giovani italiani che sono stati trasferiti sulla vecchia ammiraglia Cunard dopo essere stati trovati positivi a bordo di MSC Virtuosa a Dubai. E’ qui che si trova ormai dal 2008 in uno stato di conservazione certamente non ottimale dopo che faraonici progetti per una sua seconda nuova vita emiratina non si sono mai concretizzati. Ora la nave viene classificata come ristorante ed hotel galleggiante e in questa veste che è stata scelta da MSC Crociere come appoggio per i suoi passeggeri che vengono trovati positivi a bordo di “Virtuosa”, Infatti oggi le compagnie crocieristiche sono tenute a disporre dei covid-hotel per sbarcare gli ospiti e i membri dell’equipaggio infettati senza sintomi o con sintomi lievi che necessitano di un luogo dove trascorrere la quarantena.
Per come è strutturata però la QE2 non è una nave ideale per svolgere questo compito, infatti all’epoca della sua costruzione le cabine con balcone erano una rarità. Così gli ospiti in quarantena vengono alloggiati in cabine con piccoli oblò mentre viene concessa mezz’ora d’aria giornaliera (15 minuti al mattino e 15 al pomeriggio) su un ponte all’aperto poppiero (una delle celebri terrazze vista mare dell’ex “Cunarder”). In ogni caso solo una parte della nave viene dedicata a questa funzione, quindi il resto della parte hotel resta aperto e perciò a Capodanno a bordo si è svolto anche un tradizionale veglione.
Questi sfortunati connazionali però probabilmente ignorano di trovarsi, loro malgrado, su una delle navi passeggeri più famose della storia, vediamo di ricordare la sua epica vita operativa. Il 20 settembre 1967 veniva varata sulle rive del fiume Clyde niente meno che dalla regina Elisabetta II. Da allora il mondo dello shipping è completamente cambiato, il cantiere John Brown dove è stata costruita non esiste più, Cunard Line ora fa parte dell’americana Carnival Corporation, le crociere di massa hanno avuto il sopravvento, soltanto l’inossidabile sovrana d’Inghilterra è ancora al suo posto.
Per i profani forse l’acronimo QE2 vuol dire ben poco, ma si tratta di un autentico mito della marineria britannica. Una carriera iniziata balbettando con la consegna appena nel maggio del 1969 a causa di problemi tecnici che ne rallentarono il completamento. Negli anni Settanta con la scomparsa graduale di tutti i grandi transatlantici a causa dall’avvento dell’aereo (come i nostri Michelangelo e Raffaello), rimase l’unica unità inossidabile sulla linea Southampton-New York, alternata sempre più a crociere. A tutt’oggi è la nave di linea ad aver operato più a lungo nella storia della navigazione: ha trasportato 2,5 milioni di passeggeri per oltre 5,6 milioni di miglia.
Dopo questi eventi la sua carriera fu ancora lunga con diversi refit (la sua stazza lorda passò nel tempo da 65.863 t. a 70.327 t.) passando anche per una costosa rimotorizzazione (1986-87) dove il suo apparato propulsivo a turbina fu sostituito da un moderno sistema diesel-elettrico.
Con l’acquisizione di CUNARD da parte di CARNIVAL (1998) iniziò il suo lento declino culminato con l’entrata in servizio della nuova ammiraglia QUEEN MARY 2 (2004).
Dedicata ormai solo alle crociere, una volta venduta ad un fondo d’investimento degli Emirati ha effettuato il suo ultimo viaggio con destinazione Dubai nel novembre 2008.
CUNARD: le tre Regine della flotta insieme in navigazione verso Southampton per il decimo anniversario di Queen Mary 2
ECCELLENZE REGALI
Queen Mary 2, il grandioso transatlantico della flotta Cunard, e le due navi gemelle Queen Elizabeth e Queen Victoria sono salpate insieme da Lisbona, in Portogallo, dirette a Southamtpon, nel Regno Unito, dove arriveranno venerdì 9 maggio per celebrare in grande stile il decimo anniversario di Queen Mary 2.
Per la prima volta in assoluto le tre Regine Cunard sono state fotografate side-by-side in mare aperto con un’inedita prospettiva “a germoglio” che ha richiesto mesi di pianificazione meticolosa e che è stata immortalata grazie a un elicottero dedicato.
Queen Mary 2 (foto sopra) ha fatto scalo a Lisbona – l’ultimo dell’itinerario – nell’ambito della sua World Cruise ed è stata poi raggiunta dalle altre due navi che avranno il compito di accompagnarla fino a casa, in Inghilterra, in grande stile.
Protagonista indiscusso della navigazione, Queen Mary 2 è ancora oggi il transatlantico in servizio più veloce, grande, lungo e largo esistente al mondo, battezzato da Sua Maestà la Regina nel 2004. Da allora, la nave ha navigato per oltre 1,5 milioni di miglia nautiche su oltre 400 diverse rotte, raggiungendo 182 porti in 60 Paesi e trasportando oltre 1,3 milioni di persone.
QUEEN ELIZABETH
Queen Elizabeth, (foto sopra) l’ammiraglia della flotta Cunard Line, è stata realizzata nel 2010 nello stabilimento Fincantieri di Monfalcone.
90.900 tonnellate di stazza lorda – è l’ultimo membro della famiglia Cunard ed è entrata in servizio, dopo il battesimo tenuto da Sua Maestà la Regina, nel 2010.
CLASSE QUEEN ELIZABETH
PORTAEREI
HMS QUEEN ELIZABETH – HMS PRINCE OF WALES
La classe Queen Elizabeth (in precedenza CV Future o CVF project), è una serie di due navi portaerei sviluppate per la Royal Navy.
Il HMS QUEEN ELIZABETH (R08) è entrato in servizio nel 2017, con due anni di ritardo rispetto alla previsione originaria. Il gemello HMS PRINCE OF WALES (R09), dopo aver rischiato di non essere mai realizzato è infine entrato in servizio nel 2019.
I vascelli hanno un dislocamento di circa 65.000 tonnellate a pieno carico, sono lunghi 280 metri, larghi 70, alti 39 e in grado di trasportare 40 aerei. La necessità di sostituire la vecchia classe INVINCIBLE, era già stata confermata dal Ministero della Difesa britannico nel 1998.
Quella volta che vennero a Genova la Regina Elisabetta e il Principe Filippo!
Era il 16 ottobre del 1980. Giornata piovosa...
Quell’anno la Regina Elisabetta stabilì un “tour” ufficiale in Italia ed il 16 Ottobre, sull’agenda c’era scritto GENOVA.
Per le strade della SUPERBA c’erano migliaia di persone. La gente guardava dalle finestre che si affacciavano sulle strade percorse dal corteo.
L'itinerario comprendeva Tursi, palazzo Gio. Agostino Balbi e la Prefettura, con l’allora sindaco Cerofolini e il principe Filippo d’Edimburgo.
Chi si ricorda di quella giornata, sicuramente non potrà non raccontare dell’incontro con la marchesa Cattaneo Adorno nella sua dimora di via Balbi, palazzo Durazzo Pallavicini. «Non so perché la regina scelse di venire da me. Credo che le avessero parlato del mio palazzo», raccontò proprio la padrona di casa.
La visita era stata fissata per il tè (che domande?). Però, dopo aver ammirato la collezione affissa alle pareti, Elizabeth scelse un caffè. «All’italiana. Senza latte», ricordava la marchesa.
GENOVA, 20 ottobre 1995 - Manovra di attracco a Ponte Andrea Doria (Genova) del
"QUEEN LIZABETH II"
della CUNARD Line.
L'ultimo dei transatlantici ancora in servizio sulla Linea Nord Europa/New York. Partita il 15 ottobre da Southampton per una crociera nel Mediterraneo, la nave ha scalato Genova come unico porto italiano. Varata nel 1967, la nave è stata completamente ristrutturata nel 1994.
Filmato dell'arrivo del transatlantico QUEEN HELIZABETH II A GENOVA
https://www.youtube.com/watch?v=PmGWajg6ILw
Carlo GATTI
Rapallo, giovedì 15 Settembre
Note:
Ho sempre scritto IL QUEEN HELIZABETH II riferendomi al TRANSATLANTICO, pur sapendo che solo le navi da guerra vanno riportate al maschile.
H.M.S - (abbreviazione per Her/His Majesty's Ship, ovvero Nave di Sua Maestà) è il prefisso navale utilizzato per le navi della Royal Navy, la marina da guerra britannica. È seguito dal nome proprio della nave, come ad esempio per la HMS Victory
R.M.S - Royal Mail Ship - significa che la nave svolgeva anche il servizio postale
FONTI:
Scritti e Archivio fotografico dell’Autore
IL PORTO visto dai fotografi – Genova 1969-1995 Silvana Editore
CUNARD – Glory days – David L. Williams
PICTURE HISTORY OF THE CUNARD LINE – 1840-1990;(Author) Frank O.Braynard – William H. Miller Jr
OCEAN LINERS – Philip J. Fricker
S/S CARPATHIA UNA NAVE CON DUE DESTINI,,,
S/S CARPATHIA
UNA NAVE CON DUE DESTINI …
CUNARD LINE - UK -
PRIMA PARTE
La CARPATHIA si coprì di gloria nel salvataggio di ben 705 naufraghi del S/S TITANIC.
Della TRAGEDIA DEL TITANIC ci siamo già occupati in passato, ma per coloro che volessero “rivisitarne” la storia, propongo il nostro LINK:
TITANIC - UNA STORIA BREVE ... di Carlo GATTI - Salvataggi e Disastri
https://www.marenostrumrapallo.it/tita/
IL TITANIC VA INCONTRO AL SUO DESTINO
Due immagini del Comandante ROSTRON del CARPATHIA
Il transatlantico CARPATHIA arrivò sul punto del naufragio alle 04 del 15 aprile 1912 zigzagando in un pericoloso percorso tra larghi strati di ghiacci , quando il TITANIC era già affondato da circa 90 minuti. Nelle ore successive l'equipaggio recuperò e fece salire a bordo i 705 naufraghi. Terminata con successo la fase della messa in sicurezza dei superstiti, il Comandante Rostron comunicò alle altre navi in zona d’aver concluso le operazioni di salvataggio e, dopo un rapido confronto con l'amministratore Joseph Bruce Ismay della rivale White Star Line (Compagnia Armatrice del TITANIC), sopravvissuto al naufragio, invertì la rotta e ritornò a New York, dove giunse il 18 aprile.
Per l'aiuto prestato al Titanic, l'equipaggio del Carpathia venne premiato con medaglie dai superstiti: i membri dell'equipaggio vennero premiati con medaglie di bronzo, gli ufficiali con medaglie d'argento; il Comandante Rostron ricevette la medaglia d'oro e una coppa d'argento, che gli vennero consegnate da Margaret “Molly” Browm, una delle più celebri e facoltose superstiti del Titanic.
Rostron fu successivamente ospite del Presidente americano William Taft alla Casa Bianca e ricevette la Medaglia d’oro del Congresso, il più alto riconoscimento civile conferito dal Congresso degli Stati Uniti d’America.
ISTITUTO D'ISTRUZIONE SUPERIORE "MARCONI"
Quando Marconi salvò 700 passeggeri del Titanic
La notte del 14 aprile del 1912, 109 anni fa, il transatlantico britannico Titanic colpisce un iceberg e rapidamente affonda: muoiono subito circa 1500 dei 2224 passeggeri. Quattro giorni dopo il naufragio un altro transatlantico, il Carpathia, arriva nel porto di New York con oltre 700 sopravvissuti. Qualcuno dirà che che si erano salvati “solo grazie al genio di un uomo”: Guglielmo Marconi. Non era a bordo del Titanic, ma c’era una sua invenzione: il telegrafo senza fili. Qualche anno prima infatti Marconi aveva fondato a Londra una società per mettere sul mercato un’applicazione della sua intuizione, l’utilizzo delle onde radio per trasmettere messaggi. La “Wireless Telegraph and Signal Company” era stata costituita il 20 luglio 1897, dopo che l’ufficio brevetti inglese aveva riconosciuto l’invenzione della trasmissione senza fili. Fu un successo.
Nel 1912 la maggior parte delle navi passeggeri avevano l’apparecchiatura venduta dalla società di Marconi e gli operatori iniziarono a chiamarsi “marconisti”. Marconi aveva anche stabilito un messaggio breve che nel linguaggio del codice Morse, sarebbe dovuto servire per dare l’allarme in caso di pericolo: il CQD. Ma all’epoca mandare messaggi era una pratica ancora non regolamentata: non c’era un canale dedicato e nemmeno un turno di orario continuo. Inoltre era offerto come servizio ai passeggeri di prima classe per comunicare con la terraferma.
Il giorno prima del naufragio un guasto momentaneo aveva messo fuori uso l’apparecchiatura, si erano accumulati molti messaggi dei passeggeri e per questa ragione diverse segnalazioni di ghiaccio sulla rotta del Titanic non furono ricevute. Alle 23 e 40 l’impatto con l’iceberg. La fortuna nella tragedia fu che il marconista del Carpathia, che era a 60 miglia dal punto del naufragio, era ancora sveglio e ricevette la richiesta di soccorso. Era un messaggio con il codice stabilito da Marconi, il CQD, anche se da quattro anni il mondo aveva scelto un nuovo sistema di allarme universale, l’SOS. L’ultimo messaggio dal Titanic fu però un SOS …—…
Il Carpathia arrivò che era quasi l’alba. A New York il direttore generale delle Poste accolse i sopravvissuti dicendo loro di ringraziare solo un uomo e la sua meravigliosa invenzione: Guglielmo Marconi.
(Riccardo Luna)
Una scialuppa di salvataggio del Titanic
Nel corso delle ore successive l'equipaggio fece salire a bordo i 705 superstiti e le lance di salvataggio del transatlantico della White Star Line e partì per New York, dove giunse il 18 aprile.
Rostron fu successivamente ospite del Presidente degli Stati Uniti William Howard Taft alla Casa Bianca, e ricevette la Medaglia d'oro del Congresso, il più alto riconoscimento civile conferito dal Congresso degli Stati Uniti d'America.
Guardando la foto del transatlantico CARPATHIA salta agli occhi una curiosa particolarità marinaresca:
Pur essendo una nave a vapore collaudata ormai da un centinaio di anni d’esperienza di meccanica navale: caldaie, elettrogeni, dinamo, motori ed eliche che poteva sviluppare 15 nodi di velocità, sulla sua “coperta” giganteggiavano ben quattro alberi, come avevano in dotazione i velieri del secolo precedente.
Come spiegano gli storici di quell’epoca, esisteva ancora agli inizi del ‘900 una nutrito numero di passeggeri che dubitavano della SUPREMAZIA del motore e si sentivano più rassicurati se la nave su cui erano imbarcati aveva la possibilità di issare le vele in caso di avaria al motore.
Il 5 maggio 1903 - Il Carpathia effettuò il suo primo viaggio da Liverpool a Boston, e presto prese servizio tra New York, Trieste, Fiume e altri porti del mar Mediterraneo. Fu utilizzata come nave per il trasporto delle truppe della Canadian Expeditionary Force, durante la prima guerra mondiale.
Nella notte di domenica 14 aprile 1912, il Carpathia navigava da New York a Fiume. Tra i suoi passeggeri erano presenti i pittori americani Colin Campbell Cooper jr e sua moglie Emma, il giornalista Lewis Skidmore, il fotografo Francis Blackmarr, e Charles Marshall, i cui tre nipoti stavano viaggiando a bordo del Titanic.
Alle 23,40 il Titanic ebbe una collisione con un iceberg, nell'Atlantico settentrionale. Il telegrafista del Carpathia Harold Cottam ricevette un messaggio da Cape Race (Terranova), in cui si affermava che la stazione aveva traffico privato per il Titanic.
Il telegrafista del Carpathia Harold Cottam (nella foto sopra)
Pensò che sarebbe stato utile e inviò un messaggio al Titanic affermando che Cape Race aveva traffico per loro. In risposta ricevette un segnale di soccorso. L’RT Cottam svegliò il Capitano Arthur Rostron, che subito tracciò una rotta da percorrere a velocità massima (17 nodi, corrispondenti a 31 km/h) per l'ultima posizione nota del Titanic, a circa 58 miglia (93 km) di distanza.
NON ERA IL MOMENTO!
Lo scienziato italiano Guglielmo MARCONI, forse non tutti lo sanno, doveva imbarcare come INVITATO SPECIALE sul TITANIC nel suo viaggio inaugurale. All’ultimo momento cambiò idea e preferì partire sul LUSITANIA.
Il Nobel bolognese – come ricorda Giuliano Nanni in un dossier curato dalla Fondazione Marconi per il centenario del Titanic – alla fine preferì il Lusitania, che partiva qualche giorno prima, "perché quando andava in America – spiega l’appassionato filatelico – ne approfittava per lavorare. Temeva che sul Titanic il viaggio inaugurale e la notorietà lo avrebbero distratto".
La circostanza viene accennata dallo stesso Marconi in una lettera alla moglie Beatrice da New York il 16 aprile 1912:
"Questo spaventoso disastro del Titanic (sul quale come sai stavo per imbarcarmi) mi costringerà a rimanere qui due o tre giorni in più. Ho assistito a scene strazianti di persone disperate venute qui e negli uffici della Compagnia a implorarci di scoprire se vi fosse qualche speranza per i loro parenti (...). Sebbene soltanto in pochi si siano salvati, tutti sembrano molto grati al wireless. Non riesco ad andare in giro per New York senza essere assalito e acclamato. Peggio che in Italia...".
Guglielmo Marconi è considerato il padre della radio non solo per gli apparecchi e gli strumenti inventati, o per essere stato il primo a depositarne il brevetto, ma anche e soprattutto per averne avuto l’idea, diventata un sogno, la cui realizzazione lo impegnò nel corso di tutta la sua esistenza, fin dai primi esperimenti a Villa Griffone nel 1895.
Marconi ha sempre avuto piena coscienza delle potenzialità della comunicazione senza fili, anche quando nessuno confidava in lui e nelle sue intuizioni, e il suo essere lungimirante è sempre stato accompagnato dalla riflessione critica su quanto già fatto.
In senso ampio, l’invenzione della radio ha risvolti e evoluzioni ancora oggi: la tecnologia inventata dal genio bolognese, infatti, è fondamentale per il funzionamento del telefono cellulare, ma anche per le imprese spaziali su Marte o Saturno.
I sistemi di radiocomunicazione hanno infatti permesso di realizzare le imprese astronautiche mentre i satelliti, a loro volta, stanno portando un notevole contributo all’ulteriore sviluppo delle telecomunicazioni mondiali.
Analogamente, internet e il telefono cellulare, la cui comparsa ci ha resi quasi increduli, sono diventati parte della normalità quotidiana e non è sempre scontato recepirli come sintesi finale di una serie di passaggi tecnologici che hanno nella radio l’elemento vitale e fondante. La componentistica elettronica inizialmente sviluppata per l’industria della radio ha reso possibile il decollo dei calcolatori elettronici e, a distanza di anni, l’informatica è diventata un elemento portante delle radiocomunicazioni.
Se oggi possediamo i cellulari, i tablet e il wi-fi, se possiamo utilizzare le immagini satellitari e ipotizzare viaggi su Marte, lo dobbiamo anche e soprattutto a Marconi, il signore del wireless, un italiano che alla fine dell’Ottocento ha inventato il terzo millennio, grazie a quel formidabile crescendo di scoperte scientifiche e successi imprenditoriali che ne fanno un precursore dell’era digitale, quasi uno Steve Jobs ante litteram.
Lo scienziato italiano Guglielmo MARCONI, forse non tutti lo sanno, doveva imbarcare come invitato SPECIALE sul TITANIC nel suo viaggio inaugurale. All’ultimo momento cambiò idea e preferì partire sul LUSITANIA.
Il Nobel bolognese – come ricorda Giuliano Nanni in un dossier curato dalla Fondazione Marconi per il centenario del Titanic – alla fine preferì il Lusitania, che partiva qualche giorno prima, "perché quando andava in America – spiega l’appassionato filatelico al telefono – ne approfittava per lavorare. Temeva che sul Titanic il viaggio inaugurale e la notorietà lo avrebbero distratto".
La circostanza viene accennata dallo stesso Marconi in una lettera alla moglie Beatrice da New York il 16 aprile 1912:
"Questo spaventoso disastro del Titanic (sul quale come sai stavo per imbarcarmi) mi costringerà a rimanere qui due o tre giorni in più. Ho assistito a scene strazianti di persone disperate venute qui e negli uffici della Compagnia a implorarci di scoprire se vi fosse qualche speranza per i loro parenti (...). Sebbene soltanto in pochi si siano salvati, tutti sembrano molto grati al wireless. Non riesco ad andare in giro per New York senza essere assalito e acclamato. Peggio che in Italia...".
PARTICULARS DEL TRANSATLANTICO CARPATHIA
Armamento: Cunard Line
Bandiera: UK – Porto di registrazione: Liverpool – Costruttore: C.S. & Hunter, Newcastle sul Tyne
Data d’impostazione: 10.9.1901 – Varo: 6.8.1902 – Fine allestimento: febbraio 1903 –
Viaggio inaugurale: 5.5.1903 – Durata servizio: 1903-1918 – Il transatlantico fu silurato ed affondato il 17 luglio 1918 dal sottomarino tedesco U-55 al largo della costa meridionale irlandese, a Ovest delle Isole Scilly.
Itinerario Transatlantico: Liverpool-Queenstown-Boston
Itinerario Invernale: Trieste–Fiume-New York
Itinerario: |
Transatlantica: Liverpool – Queenstown – Boston· Trasferito alle estati di Liverpool – Queenstown – New York· Inverni Trieste – Fiume – New York |
Caratteristiche della nave
Stazza lorda: 13.555 ts – Lunghezza: 170 mt. – Larghezza: 19,66 mt. – Ponti: 7
Propulsione: 2 Eliche - 2 motori a vapore quadrupla espansione - Wallensend Slipway Co.
Velocità max: 15.5 nodi – Velocità di esercizio: 14 nodi
Capacità Passeggeri: 1.704 - dopo il 1905: 2.550 – 1° cl. 1000 – 2° cl. 200 – 3° Cl. 2.250
EQUIPAGGIO: 300 circa
I ponti inferiori del CARPATHIA erano ben areati mediante “maniche a vento” in coperta che erano integrati da ventilatori elettrici. I sistemi di ventilazione erano progettati per forzare aria fresca su serbatoi termici a spirale, che potevano essere alimentati con acqua fresca durante l'estate o vapore durante l'inverno, riscaldando e raffreddando così la nave a seconda delle condizioni. Sebbene la nave fosse completamente elettrificata con oltre 2.000 lampade aveva, inoltre, lampade a olio di riserva nelle cabine quando entrò in servizio, nel caso si verificasse un'interruzione elettrica.
Il CARPATHIA era un design modificato rispetto alle sisters ships classe IVERNIA: (Ivernia-Saxonia-Carpathia) che erano 12 mt. (12 m) più corte. Il Carpathia aveva in dotazione quattro alberi dotati di gru che avevano una notevole capacità di movimentare carico rispetto a quanto era possibile su un transatlantico dell’epoca. Il Carpathia aveva un'unica ciminiera molta alta progettata con lo scopo di allontanare la fuliggine ed il fumo ben lontano dalle aree passeggeri.
Le tre nuove navi non erano particolarmente veloci, poiché erano state progettate per il trasporto degli emigranti europei verso gli USA, quindi erano in grado di risparmiare sui costi di carburante. Le tre navi divennero sia strumenti che modelli attraverso i quali la CUNARD Line fu in grado di competere con successo con i suoi maggiori rivali, in particolare la compagnia leader degli inglesi White Star Line, le linee tedesche Norddeutscher Lloyd (Lloyd della Germania settentrionale) e Hamburg America Line (HAPAG).
La concorrenza tra le più grandi Compagnie Passeggeri di Navigazione del mondo di allora fu scandita per molti decenni dalla Competizione per la conquista del NASTRO AZZURRO di cui proponiamo il LINK di un nostro scritto che ebbe molto successo:
IL REX CONQUISTA IL NASTRO AZZURRO - di Carlo GATTI – Storia Navale
https://www.marenostrumrapallo.it/rex-2/
SECONDA PARTE
CARPATHIA
STESSA NAVE - UN’ALTRA TRISTE STORIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Negli anni successivi al tragico evento del TITANIC, il CARPATHIA continuò a navigare tra mediterraneo e atlantico fino allo scoppio della prima guerra mondiale quando fu requisito dalla marina inglese per essere adibito al trasporto di truppe canadesi in Europa.
I porti di partenza: New York – Halifax - I porti d’arrivo: Liverpool – Glasgow e viceversa
Partecipò a numerose spedizioni, facendo parte di grandi convogli trasportando scorte, armi e soldati per anni fino al 1918.
Il 15 luglio 1918, la nave fu silurata e affondata da un sottomarino tedesco mentre navigava west-bound con a bordo 57 passeggeri e 166 membri d’equipaggio. Era diretta negli USA per imbarcare militari americani e canadesi che sarebbero stati impiegati nei vari scenari della guerra in Europa.
Il CARPATHIA partì all’alba da Liverpool (UK) diretto a Boston (USA), faceva parte di un convoglio formato da altre 6 navi. Alle 09.15 fu avvistato un siluro provenire dal lato sinistro. Tutte vane risultarono le manovre per evitarlo. La nave fu colpita all’altezza della stiva n.3 dal sottomarino tedesco U-55. Subito dopo un secondo siluro penetrò nella Sala Macchine uccidendo all’istante 5 membri dell’equipaggio e mettendo fuori uso i motori, vari apparati elettrici, la Stazione Radio e due scialuppe di salvataggio. Il comandante del CARPATHIA William Prothero, a bordo da due anni, trasmise alle altre navi del convoglio, con le bandiere del CODICE INTERNAZIONALE DEI SEGNALI, la richieste di emettere via radio messaggi di soccorso, usò anche razzi luminosi per attirare l’attenzione delle motovedette di scorta. Le altre navi del convoglio partirono a tutta velocità per sfuggire al sottomarino.
Il Comandante William Prothero
Captain Prothero: Cunard archive D42/PR2/1/103/3
Il Comandate ebbe la freddezza, il tempismo e le capacità marinaresche d’evacuare la nave impartendo l’ordine: “ABBANDONO NAVE” e i passeggeri con l’equipaggio, sopravvissuti al siluramento, fecero in tempo ad imbarcare sulle scialuppe di salvataggio. Il Comandante si assicurò che i “LIBRI DI BORDO” non cadessero nelle mani del nemico, infine ordinò alla scialuppa più vicina di avvicinarsi per imbarcare e salvarsi insieme ai suoi ufficiali. Il CARPATHIA affondò subito dopo.
(vedi foto sotto)
Il Carpathia affondò dopo essere stato colpito da tre siluri sparati da U-55 a ovest di Land's End.
Il sottomarino tedesco U-55 emerse completamente dalla superficie del mare e sparò un terzo siluro che colpì la nave vicino agli alloggi dei cannonieri provocando una massiccia esplosione che condannò definitivamente il CARPAZIA.
Il sottomarino tedesco U-55 emerse completamente dalla superficie del mare e sparò un terzo siluro che colpì la nave vicino agli alloggi dei cannonieri provocando una massiccia esplosione che condannò definitivamente il CARPAZIA.
Questo fu il “profilo” che il sottomarino tedesco U-55 cercò d’inquadrare nel periscopio di bordo per farla inabissare con tre siluri.
Operazione di salvataggio dei naufraghi
Cacciamine sloop SNOWDROP Classe HMS AZALEA (nella foto)
Il Carpathia cominciò ad imbarcare acqua e ad affondare di prua. A parte i cinque membri dell'equipaggio morti in sala macchine, tutte le altre 218 persone a bordo furono tratte in salvo il giorno seguente dalla nave Snowdrop. L'ultimo avvistamento della nave fu alle 02:45, mentre la sezione di poppa spariva sott'acqua.
Appena il sottomarino U-55 iniziò ad avvicinarsi alle scialuppe per catturare i naufraghi, il cacciamine di scorta HMS SNOWDROP (classe Azalea) si avvicinò al sottomarino, aprì il fuoco e riuscì a scacciare l’U-Boote. Verso le 13.00, recuperati i sopravvissuti, fece rotta per Liverpool dove arrivò la sera del 18 luglio.
HMS SNOWDROP registrò l’ora e la posizione dell’affondamento del CARPATHIA.
Affondamento: … Ore 11.00 era il 17.7.1918
Posizione: ……….. Latitudine: 49° 25′ Nord - Longitudine: 10° 25’ Ovest
A circa 120 miglia (190 km) a ovest del famoso faro di Fastnet (foto sotto)
Lo scoglio di FASTNET LIGHT HOUSE
Ecco dove si trova FASTNET ROCK dal quale prende il nome la regata
La Fastnet race è una gara fra imbarcazioni d'altura che si disputa al largo delle coste della Gran Bretagna. È considerata una delle classiche offshore. Viene disputata ogni due anni ed è lunga 608 miglia nautiche.
Al momento del suo affondamento, il Carpazia era il quinto piroscafo della Cunard Line affondato in altrettante settimane, gli altri erano il Ascania, il Ausonia, il Dwinsk e il Valentia, lasciando a galla solo cinque Cunarder dalla grande flotta prebellica. Al momento del suo affondamento, il Carpazia era il quinto piroscafo Cunard affondato in altrettante settimane, gli altri erano il Ascania, il Ausonia, il Dwinsk e il Valentia, lasciando a galla solo cinque Cunarder dalla grande flotta prebellica.
Il 9 settembre 1999, le agenzie di stampa Reuters e AP riportarono che nella settimana precedente l'associazione Argosy International Ltd guidata da Graham Jessop (figlio dell'esploratore sottomarino di fama internazionale Keith Jessop), aveva trovato il relitto del Carpathia sul fondo dell'Oceano Atlantico, circa 185 miglia (298 km) a ovest di Lands End (Cornovaglia), il punto più occidentale dell'Inghilterra.
"È in condizioni discrete per un relitto di quell'età", disse Jessop. "È tutta d'un pezzo, ed è in piedi".
L'anno successivo lo scrittore e subacqueo americano Clive Cussler annunciò che la sua organizzazione, NUMA, aveva trovato il relitto nella primavera del 2000, a una profondità di 150 metri.
Concludiamo la nostra ricerca con la storia del KILLER del transatlantico inglese CARPATHIA
La foto mostra U-52 della Classe U-51
L'U-55 fu un sottomarino tedesco della Prima guerra mondiale.
È noto per aver silurato e affondato il transatlantico britannico RMS CARPATHIA. Il battello era comandato dal capitano di vascello Wilhelm Werner, e l'affondamento del Carpathia avvenne ad ovest dell’Irlanda il 17 luglio 1918.
Un altro sottomarino tedesco portò questa sigla, varato nel 1938 ed affondato il 30 gennaio 1940 al comando del tenente di vascello Werner Heidel presso le Isole Scilly; aveva al suo attivo 6 navi affondate per un totale di 15.853 Grt (Gross Rate Tonne).
DESCRIZIONE GENERALE
UC 55
Tipo: U.Boot – Classe: Tipo U-51 – Proprietà: Kaiserliche Marine – Ordine: 23 agosto 1914 – Cantiere: Germaniawerft Kiel
Varo: 28 dicembre 1916 – Completamento: 18 marzo 1916 – Destino Finale: Arreso al Giappone il 26 novembre 1918
Ha servito con il nome O3 tra il 1920 e il 1921
CARATTERISTICHE GENERALI
Dislocamento in immersione: 902 t. – Dislocamento in emersione: 715 t. – Lunghezza: 65,2 mt. – Larghezza: 6,44 mt
Altezza: 7,82 mt. - Pescaggio: 3,64 mt. – Velocità in immersione: 9,1 nodi – Velocità in emersione 17,1 – Autonomia: 9400
ARMAMENTO
4 siluri – 7 torpedo – 2 x 8,8 cm cannoni
“Una nave in porto è sicura, ma non è per questo che sono state costruite le navi.”
Grace Murray Hopper
Carlo GATTI
Rapallo, martedi 13 settembre 2022
ROMA - LA FONTANA DELLA BARCACCIA
ROMA
„Sì, posso dire che solamente a Roma ho sentito che cosa voglia dire essere un uomo. Non sono mai più ritornato a uno stato d'animo così elevato, né a una tale felicità di sentire. Confrontando il mio stato d'animo di quando ero a Roma, non sono stato, da allora, mai più felice.“
Johann.Wolfgang.von.Goethe
FONTANA DELLA BARCACCIA
Immersa nella fontana omonima, il nome barcaccia è già di per sé un programma … poiché non era proprio una bella imbarcazione, anzi era piuttosto tozza e possente proprio come una barca da lavoro che era per certi versi simile ad un rimorchiatore laborioso ed instancabile del secolo scorso.
Un breve inciso:
Quando fui assunto dalla Società Rimorchiatori Riuniti di Genova, la prima cosa che imparai salendo a bordo del M/r BRASILE fu davvero sorprendente: non si chiamava “rimorchiatore” ma BARCACCIA per i furesti, BARCASSA per i genovesi: un nome particolare che avevo ignorato fino a quel momento. Mi suonava “strano” soprattutto perché il BRASILE era stato varato da pochi anni ed aveva una linea molto elegante che le conferiva il primato di “primadonna” tra una sessantina di “mastini” molti dei quali meritavano il nome di “gloriosa barcaccia”.
Non era un termine dispregiativo, ma piuttosto la reminiscenza storica di un “barcacciante”, (uomo di rimorchiatore, esperto nelle manovre navali portuali, che sa come aiutare una nave in difficoltà), che era stato a Roma per turismo e dopo aver visto LA FONTANA DELLA BARCACCIA, ritornò a Genova per diffondere un nuovo termine marinaro che testimoniasse la gloriosa discendenza del “gruppo RR genovese” dai navigatori portuali tiberini i quali, come i loro antichi predecessori romani, trasportavano le merci dal porto “marittimo” di Traiano a quello fluviale di Ripetta nel centro di Roma.
Si parla della FONTANA DELLA BARCACCIA come di uno dei luoghi più fotografati di Roma, sarà per la presenza di Piazza di Spagna che si trova ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti, sarà per il rituale di bere un sorso d’acqua, ma forse perché la Barcaccia è uno dei piccoli grandi capolavori di Roma.
L'opera fu costruita al livello del suolo per compensare la poca pressione dell'acquedotto dell'Acqua Vergine che in quel punto era molto bassa. Sulla parte esterna della prua e della poppa sono due grandi stemmi di Urbano VIII con tre api, simbolo della famiglia Barberini; ai lati degli stemmi l’acqua esce da finte bocche di cannone. Nella parte interna vi sono invece due soli con volto umano, altro emblema dei Barberini, dalle cui bocche esce l’acqua, raccolta da volute che la incanalano verso l’esterno. Al centro, da una vasca, esce un altro grosso zampillo d’acqua.
FONTE: Anna Maria Cerioni
L’insolita vasca a forma di barca riceve l’acqua versata da un catino centrale allungato e da due grandi soli, posti internamente a prua e poppa dello scafo. Dai lati, realizzati in modo da dare la percezione che la barca stia affondando, l’acqua trabocca nell’ampio bacino sottostante, in cui, delle bocchette di finte cannoniere, sui lati esterni a prua e poppa, versano zampilli d’acqua, incorniciando gli stemmi papali con le tre api, simbolo della famiglia Barberini.
Tra le diverse interpretazioni che riguardano la fontana della BARCACCIA di piazza di Spagna, ne segnaliamo due che hanno antiche tradizioni popolari. La prima ci racconta come la particolare forma della “fontana della Barcaccia” deriverebbe dalla presenza nella piazza di una barca in secca giunta lì a causa della piena del Tevere del 1598.
L’altra ipotesi parte ancora da più lontano e riporta che sul posto vi si svolgesse una naumachia che nell’Antica Roma era uno spettacolo direi “teatrale” che rappresentava una storica battaglia navale del passato.
Per l’inaugurazione del tempio di Marte Ultore (Marte Vendicatore), Augusto diede una naumachia che riproduceva fedelmente quella di Cesare. Come ricorda egli stesso nelle Res gestae, fece scavare sulla riva destra del Tevere, nel luogo denominato “bosco dei cesari” (nemus Caesarum), un bacino dove s’affrontarono 3.000 uomini, senza contare i rematori, su 30 vascelli con rostri e molte unità più piccole.
Riferimento: due LINK di Carlo GATTI
LE NAUMACHIE PIU’ FAMOSE DELLA STORIA
https://www.marenostrumrapallo.it/nau/
STORIA DELLA NAUMACHIA
https://www.marenostrumrapallo.it/machi-2/
Infine, in base allo shape stesso della “Barcaccia”, con le sue murate basse e larghe, non è da escludere la teoria che, nel mondo romano, la barcaccia fosse semplicemente un’imbarcazione, che risaliva il Tevere fino al vicino porto di Ripetta, ed era adibita al trasporto fluviale dei barili di vino provenienti dalle province romane del Mare Nostrum.
La fontana della Barcaccia, collocata al centro di piazza di Spagna fu commissionata da Papa Urbano VIII Barberini (1623-1644) il quale mise in atto un progetto del 1570, relativo alla costruzione di fontane pubbliche nelle piazze principali di Roma attraversate dall’antico Acquedotto Vergine ristrutturato.
Fonte: Romano Impero: La fontana fu commissionata a Pietro Bernini architetto dell’Acqua Vergine dal 1623 e padre del più celebre Gian Lorenzo (1598-1680) con il quale non è da escludere vi sia stata una collaborazione.
Autore: Pietro Bernini - (1562-1629)
Datazione: 1626-1629
Materiali: travertino
Alimentazione originaria: Acquedotto Vergine
Le fontane di Roma dimostrano come i romani abbiano sempre avuto una gran passione per le acque pubbliche, dagli acquedotti alle terme e come, dopo i secoli della decadenza, tale passione si sia affermata nella costruzione delle numerose fontane (oltre 2.000) che ancora oggi ornano vie e piazze romane.
Scalinata di Trinità dei Monti
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La Scalinata di Trinità dei Monti, realizzata tra il 1723 e il 1726 su progetto dell’architetto romano Francesco De Sanctis (1693-1740), costituisce il raccordo scenografico tra le pendici del Pincio dominate dalla chiesa della SS. Trinità e la sottostante piazza di Spagna.
L’idea di superare il forte dislivello con una scalea è documentata già nel 1559. Venti anni dopo la Camera Apostolica acquistò il terreno ai piedi della chiesa per realizzare la scalinata che negli intenti di papa Gregorio XIII (1572-1585) doveva essere “simile a quella dell’Aracœli”. Solo nel 1660, grazie al lascito del francese Stefano Gueffier, furono redatti i primi progetti da parte di numerosi architetti: è di questo periodo quello attribuito alla bottega di Gian Lorenzo Bernini, fondamentale per la successiva progettazione in quanto propose l’andamento concavo e convesso delle pareti e le rampe a tenaglia. Sorse allora l’annosa controversia tra lo Stato della Chiesa e la corona di Francia sul possesso dell’area interessata, che costituì una delle cause del mancato avvio dei lavori.
Nel 1717, infine, Clemente XI bandì un concorso per il progetto a cui parteciparono i maggiori architetti del tempo. I lavori, sempre a causa della citata controversia, iniziarono solo sotto Innocenzo XIII (le aquile araldiche della sua casata - Conti - compaiono, insieme ai gigli di Francia, sui cippi alla base del monumento), e furono ultimati da Benedetto XIII nel 1726.
La lunga scalinata, che sembra adagiarsi sul colle articolandosi in un continuo alternarsi di sporgenze e rientranze, è espressione di una monumentalità tipica del settecento romano che la accomuna alle altre importanti realizzazione urbane del secolo costituite dal porto di Ripetta (demolito alla fine del XIX secolo) e da fontana di Trevi.
Sottoposta nel tempo a numerosi interventi di manutenzione, la scalinata è stata oggetto di un importante restauro completo nel 1995.
Dall'ottobre 2015 la scalinata è stata sottoposta nuovamente a restauro; l’inaugurazione dopo i lavori si è svolta giovedì 22 settembre 2016 (maggiori informazioni sul restauro)
Dal 23 settembre 2016 la scalinata ridiviene normalmente percorribile.
IN ETA' IMPERIALE
Augusto e in particolare Tiberio, si impegnarono per pulire gli argini dai detriti e impedire che si costruisse sulle rive del Tevere per evitare danni quando il fiume si innalzava; in pratica venne istituito un piano regolatore che impediva ai privati di costruire vicino agli argini e tutte le case costruite abusivamente venivano distrutte.
Possiamo solo constatare che l’abusivismo edilizio è una malattia endemica della nostra etnia latina che viene da lontano…
L’ANTICO PORTO DI RIPETTA
Il porto di Ripetta, così detto per distinguerlo da quello di Ripa Grande dopo l'Isola Tiberina, non esiste più: con i lavori di costruzione dei muraglioni è stato sepolto sotto il Lungotevere in Augusta che costeggia l'Ara Pacis, il mausoleo di Augusto imperatore, e le due chiese attigue: San Rocco, dedicata agli osti che qui ricevevano i rifornimenti di vino, e San Girolamo degli Schiavoni. Proprio davanti a quest'ultima si trovava l'approdo, che ebbe una sistemazione architettonica solo nel Settecento, quando si poterono utilizzare le lastre di travertino del Colosseo cadute a causa di un crollo. L'opera, voluta da Clemente XI, fu affidata ad Alessandro Specchi nel 1705, che realizzò una raffinata scalinata digradante verso il fiume. Il porto era decorato con una fontana che serviva anche da faro, sormontata da una lanterna a forma di stella, simbolo araldico della famiglia di papa Clemente, gli Albani. La fontana era circondata da una balaustra e le due colonne, erette alle estremità, fungevano da 'idròmetri' e vi si segnava il livello del Tevere quando straripava. La fontana, unico elemento del porto rimasto, si trova oggi poco lontano, in un giardinetto presso ponte Cavour sulla sinistra del fiume, in vista di Palazzo Borghese. Tra le memorie del porto di Ripetta, toccante è quella di San Camillo: giovane scapestrato, lavorava come inserviente nel vicino ospedale di San Giacomo al Corso, per ripagare le cure che gli avevano guarito una piaga alla gamba. In quel periodo, andava spesso a giocare a carte con i "barcaroli" di porto Ripetta. Anni dopo si convertì e divenne il "padre dei poveri", fondatore dell'ordine dei Camilliani, dediti ad alleviare fame e miseria. Come ogni grande città, Roma richiamava folle di mendicanti e diseredati. All'epoca di Camillo il numero degli 'straccioni' si era fatto incalcolabile e capitava periodicamente che un bando ne decretasse l'espulsione. Così Camillo s'imbatté un giorno in una carovana di miserabili diretta al porto di Ripetta per l'imbarco. Camillo tentò di tutto per fermare la triste partenza, ma gli sbirri erano irremovibili. S'inginocchiò e scongiurò di dargli almeno i due più malmessi. L'accorata petizione toccò il comandante delle guardie che, commosso, acconsentì. Il santo scelse i due più vicini alla morte e li portò sulla riva del fiume, dove a lungo e ad alta voce li consolò e pregò che potessero concludere i loro giorni in grazia di Dio.
Dove siamo?
Come potete vedere dalla mappa, non ci siamo allontanati granché dalla BARCACCIA.
In questo modo potrete scoprire anche il Porto di Ripetta all’epoca del Bernini.
Da GUIDE DI ROMA:
Quando, nei primissimi anni del Settecento, si pose mano alla realizzazione dell’approdo monumentale, si trovarono sotto le melme della riva le tracce degli antichi attracchi: la Roma Antica, in epoca imperiale, utilizzava infatti talmente tanto intensamente il fiume Tevere che quasi tutte le rive dello stesso erano affiancate da banchine adatte all’approdo dei natanti (che alcuni studiosi sostengono si svolgessero ininterrottamente dal Campo Marzio fino al Testaccio).
Fu la costruzione delle mura difensive di Aureliano alla fine del III secolo d.C. che, anticipando in qualche modo l’effetto moderno dei muraglioni, distaccò gran parte della città dal fiume: un lungo muro intervallato da piccole torri si distese infatti a quel punto dall’altezza della Porta Flaminia (la nostra porta del Popolo) fino al Ponte di Aureliano (più o meno all’altezza di Ponte Sisto).
Queste mura sul fiume furono tuttavia rese permeabili ad un certo traffico mediante l’apertura di alcune posterule: una di queste venne a trovarsi all’altezza dell’attuale Chiesa di San Rocco. Da lì, attraverso i giardini del Mausoleo di Augusto, si raggiungevano le zone edificate del Campo Marzio fin sotto le pendici, estese dal colle Quirinale al Pincio e lussureggianti di fastose dimore gentilizie.
Abbiamo scelto alcuni dipinti d’epoca che rappresentano momenti di vita fluviale quotidiana:
Battelli a vapore con ruota a pale sul TEVERE
Una visione comune in tutto l'ottocento e primi del novecento, i piroscafi erano un modo efficiente ed elegante per il trasporto di merci e di persone.
Il porto, prima dei Ponti
Lo scalo di Ripetta, con un movimento minore rispetto a quello di Ripa Grande, accoglieva il traffico fluviale proveniente da monte e serviva allo smercio dei carichi diretti al centro di Roma. Vi ancoravano, partiti da Orte e da Terni, i barconi carichi di legna, carbonella e grano, portando quei vini leggeri e comuni che il Belli e con lui i Romani chiamavano “l’acquaticci de Ripetta”.
Incisione di Giovanni Battista Piranesi (ca.1750)
Il porto Clementino, detto comunemente “di Ripetta” per distinguerlo da quello maggiore di Ripa Grande, fu sistemato da papa Clemente XI, donde il nome. In effetti, in una delle numerose posterule delle “Mura Aureliane” (che allora correvano ancora dall’antico “ponte Aureliano” fino all’altezza di “porta Flaminia”) si era venuto a formare, già dal XIV secolo, un piccolo, rudimentale porticciolo “abusivo”, pressappoco all’altezza della chiesa di S.Rocco, per lo scarico di legname, carbone e vino. Nel 1704 papa Albani, Clemente XI, approvò la proposta del suo presidente delle strade per la creazione di un sistema di banchine, scalinate e piazzale superiore, un progetto, cioè, che prevedeva la sicurezza e la facilità di approdo di un porto unito alla bellezza ed alla gradevolezza di un monumento.
L’arrivo del sale a Roma in un dipinto di Gaspar Van Wittel
Il porto di Ripetta in un’incisione di Ettore Roesler Franz del 1880. Si intravede appena, sulla destra, seminascosto dalla scalinata, lo zampillo della fontana.
Piazza del Porto di Ripetta. La fontana del porto e la sua lanterna, fondamentale per l'approdo notturno (foto Marco Gradozzi).
Piazza del Porto di Ripetta. Una delle due colonne su cui furono incisi i livelli raggiunti dal fiume durante le inondazioni più celebri (foto Marco Gradozzi).
Abbiamo dato un breve sguardo panoramico sul movimento portuale di RIPETTA che ci ha permesso di intravedere sulle sponde del fiume dettagli architettonici interessanti, ma anche le linee delle imbarcazioni tipiche della Roma del ‘600, quelle che percorrevano il Tevere con le derrate alimentari ed avevano i bordi molto bassi per facilitare il ruzzolare delle cisterne e le botti del vino.
Concludiamo con l’immagine del Ponte Rotto, icona della esondazione del Tevere nel 1598 che non fu mai più ricostruito. La BARCACCIA che ispirò il Bernini… sarebbe stata trascinata da quella devastante piena del Tevere fino ai piedi di Trinità de’ Monti dove si sarebbe incagliata.
Il PONTE ROTTO
(detto anche Ponte maledetto)
La metà del ponte rimasta in piedi, ancorata alla riva destra, fu trasformata in giardino pensile, una sorta di balcone fiorito sul fiume che restò tale fino alla fine del Settecento, quando la precaria stabilità del ponte lo rese del tutto inagibile.
Nel 1853, le nuove tecnologie industriali, con un progetto dell'ing. Pietro Lanciani, restituirono vita al ponte con una passerella metallica, che venne costruita per colmare la parte mancante del rudere. Dopo oltre 300 anni il ponte riprese a collegare le due rive opposte e poté essere nuovamente attraversato. Tale soluzione durò fino al 1887, quando fu decretato l'abbattimento della passerella e la creazione del nuovo e adiacente Ponte Palatino.