L’AMMIRAGLIO ANDREA DORIA NEL TIGULLIO

 

L’AMMIRAGLIO ANDREA DORIA

NEL TIGULLIO

Una battaglia navale che ci è stata tramandata oralmente…

 

 

                                                                             Foto di Monica Patané

 

Al servizio di Francesco I

Andrea Doria e la sua flotta riuscirono, ancora una volta, a prendere il mare prima che arrivassero i nemici.

Trovato rifugio nella roccaforte dei Grimaldi a Monaco, l'ammiraglio iniziò a compiere una serie di colpi di mano contro le coste occupate dagli spagnoli, passando da un successo all'altro e riuscendo pure ad evitare che Marsiglia, accerchiata dagli imperiali, si arrendesse.

Durante il periodo in cui Andrea Doria serviva la corona francese, il golfo del Tigullio divenne teatro di una delle sue audaci operazioni navali. Sfruttando la copertura della notte e la conoscenza dei venti locali, il Doria guidò le sue galee in un attacco a sorpresa contro una flotta di galeoni spagnoli ancorata tra Santa Margherita Ligure, Rapallo e Portofino. La battaglia fu breve ma intensa: alcuni vascelli furono catturati, mentre altri incendiati sotto il fuoco incrociato. Questo episodio dimostra ancora oggi l’abilità che ebbe l’Ammiraglio genovese nel coordinare attacchi fulminei sfruttando al massimo le condizioni ambientali a suo favore.

Le vittorie di Doria furono inutili. Nel 1525 Francesco I perse la cruciale battaglia di Pavia, fu catturato e trasportato a Madrid. 

 

Ritratto di Andrea Doria (Oneglia)Opera di Sebastiano del Piombo

 

 

Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno - Opera del Bronzino

 

 

ANDREA DORIA è stato un ammiraglio, politico e nobile italiano della Repubblica di Genova.

Nascita30 novembre 1466, Oneglia, Imperia 

Morte25 novembre 1560, Genova 

Partner: Peretta Usodimare, Alfonso I del Carretto

Luogo di sepoltura: Chiesa di San Matteo (Genova)

DinastiaDoria

In carica1531 – 1560

Madre: Caracosa Doria di Dolceacqua 

 

Andrea Doria non lasciò figli e la sua eredità venne raccolta da Gianandrea, figlio dell'erede prediletto Giannettino (ucciso dai Fieschi nel 1547).

 

 

Andrea Doria raffigurato sul prospetto principale del Palazzo San Giorgio

 

Andrea Doria è una figura centrale nella storia navale del XVI secolo. Le sue imprese militari si sono svolte principalmente nel Mediterraneo, dove le sue abilità tattiche e la sua capacità di cambiare alleanze gli permisero di giocare un ruolo determinante negli equilibri di potere tra le grandi nazioni europee, in particolare tra Francia e Spagna, riflettendo le complesse dinamiche politiche dell’epoca.

 

Galeone spagnolo del XVI secolo

 

 

Un galeone del XVI secolo era lungo mediamente 40-42 mt (o più) per una larghezza d'una decina di metri. I galeoni avevano da tre fino a cinque alberi e in genere l'albero di trinchetto (prodiero) possedeva tre vele quadre, la più grande era la vela di trinchetto, seguita dal parrocchetto e dal velaccio di trinchetto.

 

Una ventina di anni fa, lo storico rapallese Pierluigi Benatti mi raccontò di una epica battaglia che si svolse nel golfo Tigullio tra Portofino e Rapallo. Andrea Doria, venuto a conoscenza di una flotta di galeoni spagnoli all’ancora nel Tigullio, li sorprese all’alba, ne catturò una parte e ne affondò le restanti.

Secondo la sua narrazione, la strategia tipica di A. Doria includeva operazioni all’alba per cogliere il nemico impreparato, una tattica che gli permise di ottenere numerosi successi.

In merito alla specifica battaglia nel golfo del Tigullio, purtroppo non ci sono molte fonti dettagliate  e disponibili che descrivano esattamente un episodio con le caratteristiche che P. Benatti mi menzionò. Tuttavia, è noto che Andrea Doria, durante il periodo in cui era al servizio di Francesco I di Francia (a partire dal 1522), condusse diverse operazioni contro le flotte spagnole e barbaresche, spesso sfruttando sia la sorpresa sia la velocità delle sue galee.

 

 

Le navi del Principe

 

Andrea Doria era famoso per le sue tattiche innovative, tra cui l’uso delle galee leggere e manovrabili che potevano attaccare rapidamente e ritirarsi altrettanto velocemente.

Questo approccio era particolarmente efficace contro le più lente e pesanti navi da guerra spagnole. L’uso della sorpresa e degli attacchi all’alba era, come abbiamo appena accennato, una componente chiave delle sue operazioni, come testimoniano molte delle sue campagne di successo.

Anche se il racconto specifico di P. Benatti non è facilmente reperibile, questa descrizione è in linea con le modalità operative di Andrea Doria che seppe sfruttare con grande maestria l’importanza strategica della costa ligure durante le guerre del XVI secolo, e come il grande ammiraglio abbia influenzato le sorti di questi conflitti attraverso operazioni audaci e ben pianificate.

 

 

GALEA GENOVESE

 

 

Galea Genovese in rada a Genova, in posizione di "sosta breve" (pronta a partire con breve preavviso).
Notare i remi alzati, non perchè si preparasse a vogare ma perchè in quel particolare "assetto" non c'era posto per poterli ricoverare lungonave e nemmeno in posizione "trasversale" così venivano tenuti fuori bordo, assicurati ai banchi di voga.

 

 
Un telone ricopre tutta la nave riparando l'equipaggio da sole, pioggia, freddo (a seconda dei casi). I rematori riposano sui banchi di voga, dormendo come possono.....

Galea o galera è un'ampia tipologia di navi da guerra e da commercio, usata nel Mar Mediterraneo per oltre tremila anni, spinta dalla forza dei remi e talvolta dal vento, grazie anche alla presenza di alberi e vele: il suo declino cominciò a partire dal XVII secolo, quando venne progressivamente soppiantata dai velieri, estinguendosi definitivamente alla fine del XVIII secolo.

La struttura leggera e affilata, e la propulsione a remi la rendeva veloce e manovrabile in ogni condizione; le vele quadre o latine permettevano di sfruttare il vento quando favorevole.

La struttura leggera ed affilata era però un handicap in quanto non permetteva di montare cannoni in batteria (come i galeoni e le altre navi a propulsione velica del tempo) riducendo l'armamento ad un solo piccolo "pezzo" a prora e qualche "innocua" spingarda. Era quindi una nave usata solo per lo speronamento e l'abbordaggio ma che rischiava di essere affondata da una "bordata" ben diretta.

In quaranta metri di lunghezza poteva "ospitare" 200 rematori ed altrettanti soldati armati.

Non era quindi una nave adatta a lunghi viaggi senza scali intermedi ma bensì per la navigazione costiera e la guerra di corsa.

 

Ricostruzione a grandezza naturale, vista da prora - Galata Museo del mare. Si vede il cannone prodiero due armigeri e una spingarda.

 

 

LUCIANA GATTI

Centro di studio sulla tecnica, Genova

http://geca.area.ge.cnr.it/files/302569.pdf

 

ARMI DA FUOCO SULLE IMBARCAZIONI GENOVESI

NELLA PRIMA META’ MODERNA

 

Clicca tre volte su  VISTA - "ingrandisci"

 

 

 

 

 

Esempi di Battaglie e Operazioni Navali condotte dall’ammiraglio Andrea Doria

 

La Battaglia di Capo d’Orso (1528)

Ad Amalfi, presso Capo d’Orso, si combatté il 28 aprile 1528 una battaglia navale (detta anche “della Cava” o “d’Amalfi”) tra le navi di Filippino Doria e quelle spagnole comandate dal marchese del Vasto.

 

                                                                        George Loring Brown – Vista d’Amalfi, Baia di Salerno

 

Una delle battaglie più famose in cui Doria giocò un ruolo cruciale. Durante questa battaglia, la flotta francese, comandata da Doria, sconfisse una flotta spagnola, rafforzando il controllo francese sul Mediterraneo occidentale.

                                                   

Gli Spagnoli, alle sei galere (CapitanaGobbaVillamarinaPerpignanaCalabreseSicana) avevano aggiunto due fuste, due brigantini e molte barche, che erano state armate con materiale e personale tolto al presidio di Napoli, sicché potevano sperare d’assalire in forze superiori le otto galere di Filippino, prima che giungessero i promessi aiuti veneziani. Il Doria, avvertito in tempo, mosse risolutamente contro gli assalitori, ma, accortosi d’essere più debole, ricorse a uno stratagemma: ordinò al suo luogotenente Lomellino di simulare la fuga appena giunto a tiro del nemico, e di prendere il largo con le sue tre galere, ritornando poi a tempo opportuno per investire di fianco. Gli Spagnoli, dopo avere poco efficacemente sparato sugli avversari, mossero all’abbordaggio, e già due galere di Filippino erano state conquistate, quando le unità del Lomellino attaccarono secondo il previsto, determinando la completa vittoria. Quattro galere e due brigantini spagnoli furono presi o colati a fondo, e 1400 uomini circa uccisi o messi fuori di combattimento; da parte di Filippino nessuna unità perduta e caduti circa 500 uomini.

La battaglia di Capo d’Orso è l’unico combattimento di notevole importanza, che ricordi la storia nella prima metà del secolo XVI tra squadre di popoli civili.

 

 

La Presa di Genova (1528)

Il Doria rifiutò la Signoria della città, preferendo lasciare ad alcuni "Riformatori" la stesura di una nuova costituzione. Savona fu la prima vittima della rinata Repubblica: il suo porto fu distrutto ed interrato, ed i genovesi provvidero a potenziare la fortezza del Priamar per dominare la città, che non si riprese più. La Compagna Communis cessò di esistere e fu istituita la Repubblica di Genova con questo nome; furono resi ancora più importanti gli "Alberghi", liste di "iscrizione" alla nobiltà della Città, riconosciute dal governo.

 

 

Svolta filospagnola di Andrea Doria e Ricostruzione del Dominio genovese da 1528 al 1530

 

Nel 1528, Andrea Doria, l’influente ammiraglio e politico genovese, cambiò alleanza, abbandonando il re di Francia Francesco I per entrare al servizio dell'imperatore Carlo V di Spagna. Questa mossa strategica fu cruciale per l'esito degli eventi a Genova. Doria, con il supporto della flotta spagnola, riuscì a sollevare la città contro il dominio francese. La popolazione genovese, stanca del controllo francese e delle sue imposizioni, si ribellò. Doria sfruttò abilmente il malcontento diffuso e la sua reputazione per guidare la rivolta. La flotta spagnola, insieme alle forze di Doria, assediò la città, costringendo i francesi a ritirarsi. Dopo la cacciata dei francesi, Genova passò sotto l'influenza spagnola, ottenendo una certa autonomia sotto la protezione dell'Impero. Questo cambiamento politico permise a Doria di instaurare un governo oligarchico, con un nuovo sistema di governance che consolidò la sua posizione di potere e rafforzò l'indipendenza di Genova rispetto alle altre potenze europee. Il voltafaccia di Doria e la conseguente presa di Genova segnano un momento cruciale nella storia della città, dando inizio a un periodo di rinnovata prosperità e stabilità sotto la protezione spagnola.

 

 

La Difesa di Corfù (1537)

 

 

Nel 1537, l'isola di Corfù, sotto il controllo della Repubblica di Venezia, fu minacciata da un'imponente flotta ottomana comandata da Khayr al-Din Barbarossa. Andrea Doria, al servizio dell'imperatore Carlo V, giocò un ruolo cruciale nella difesa dell'isola. Consapevole della superiorità numerica della flotta ottomana, Doria mise in atto una strategia difensiva ingegnosa e coordinata. Egli rafforzò le difese costiere e organizzò una serie di pattugliamenti navali per monitorare i movimenti del nemico. Le sue abilità nella guerra navale e la sua capacità di mantenere alto il morale delle truppe furono determinanti. Nonostante i ripetuti attacchi degli Ottomani, Doria riuscì a mantenere le linee di difesa intatte, infliggendo gravi perdite agli assalitori. La resistenza eroica delle truppe veneziane e genovesi, supportata dall'esperienza tattica di Doria, impedì agli Ottomani di conquistare l'isola. La difesa di Corfù dimostrò la competenza di Doria nel gestire operazioni navali complesse e la sua capacità di coordinare efficacemente le forze alleate. Questo successo non solo consolidò la reputazione di Doria come uno dei più grandi ammiragli del suo tempo, ma contribuì anche a mantenere l'equilibrio di potere nel Mediterraneo, proteggendo gli interessi veneziani e dell'Impero. La difesa di Corfù nel 1537 rimane un esempio lampante di strategia militare e di resistenza contro un nemico formidabile.

Intorno agli Anni 1522-1525, sebbene già legato in precedenza al fronte filospagnolo, Andrea Doria si mise al servizio della Francia: le sue galee si battevano a fianco di quelle di Francesco I e A. Doria arrotondava con i proventi della cattura delle navi nemiche, spagnole o barbaresche, e il riscatto dei prigionieri.

 

L’Importanza strategica del Golfo del Tigullio

 

Le insenature di levante del Promontorio di Portofino offrono riparo alle imbarcazioni con i venti di Tramontana, Maestrale e Libeccio

 

Quella parte del Tigullio, situata tra Portofino e Rapallo, aveva un’importanza strategica notevole. Questo tratto di costa ligure offriva, anche allora, ripari naturali che erano vitali per le operazioni navali. La conoscenza approfondita di questi luoghi da parte di Andrea Doria gli conferiva un vantaggio significativo rispetto ai suoi avversari, spesso meno familiari con le insidie della costa ligure.

 

 

Immaginaria Battaglia nel Tigullio

A questo punto, anche senza una documentazione precisa della battaglia, si può tentare di descrivere la battaglia nel golfo del Tigullio basandosi sulle “classiche” tattiche di Andrea Doria.

Riproponiamo brevemente il quadro storico:

Durante il periodo in cui Andrea Doria serviva la corona francese, il golfo del Tigullio divenne teatro di una delle sue audaci operazioni navali. Sfruttando la copertura della notte e la conoscenza dei venti locali, Doria guidò le sue galee in un attacco a sorpresa contro una flotta di galeoni spagnoli ancorata tra Santa Margherita Ligure e Rapallo. All’alba, le navi spagnole furono colte di sorpresa. La battaglia fu breve ma intensa: alcune navi furono catturate, mentre altre affondarono sotto il fuoco incrociato….

 

Andrea Doria era abilissimo nel coordinare “colpi di mano micidiali” sfruttando al massimo le condizioni ambientali a suo favore.

Quello era il suo mare, la tramontana notturna era il suo vento preferito, ed il servizio di spionaggio terrestre (vedette appostate ovunque) e le perlustrazioni marittime ravvicinate, lo informavano costantemente circa:

- La presenza di imbarcazioni spagnole in perlustrazione intorno al Promontorio di Portofino.

- Le eventuali precauzioni prese dagli spagnoli per respingere attacchi di sorpresa tra cui:

a) Cannoni e artiglierie in posizione e pronti a sparare.

b) Consistenza di soldati armati in coperta

c) Posizione e prontezza delle attrezzature marinaresche (alberi e vele)

Presumibilmente, valutate tutte le informazioni, Andrea Doria, sfruttando il vento di terra, fece compiere alla sua flotta un’ampia curva verso il largo per poi rientrare nel golfo del Tigullio da levante onde poter procedere speditamente, in “linea di  fianco”, mettendo la prua di ogni galea su un bersaglio designato da colpire a distanza ravvicinata.

Possiamo soltanto immaginare gli effetti di tale sorpresa: caos totale a bordo delle navi spagnole. Fuoco e fiamme, urla che coprono gli ordini degli ufficiali, marinai che si tuffano in mare. I vascelli sono tutti impossibilitati a salpare le ancora nel tentativo di scappare e a reagire alle cannonate delle imbarcazioni genovesi.

Possiamo immaginare le galee di Andrea Doria che dopo il primo attacco ai remi, si dividono, accostando una parte verso il mare e l’altra verso terra, compiendo un circolo e ripresentandosi in “linea di fianco” per terminare il “lavoro chirurgico” con un secondo e definitivo attacco micidiale, che non è più di sorpresa ma solo un atto predatorio che frutterà la vittoria ed un eccellente bottino per i genovesi.

 

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

Oneglia - Casa Natale di Andrea Doria

 

 

 

Oneglia - Vicino alla Basilica di San Giovanni Battista e al Mercato Andrea Doria, scendendo verso il mare si trova l'edificio dove nacque Andrea Doria. C'è una targa commemorativa del grande Ammiraglio.

Oneglia - Mercato Andrea Doria MCMXXX

 

 

 

ANDREA DORIA A GENOVA

 

PALAZZO DORIA PAMPHILJ - VILLA DEL PRINCIPE

 

 

 

GENOVA - La chiesa di San Matteo

 

E’ un edificio religioso cattolico del centro storico di Genova, fa parte del vicariato “Centro Est” dell’arcidiocesi di Genova. Si affaccia sull’omonima piazza, che nel Medioevo era il centro dell'insediamento della famiglia Doria, e rappresenta forse l'angolo meglio conservato della Genova medioevale. La chiesa è formalmente ancora oggi Abbazia dei Doria.

 

GENOVA - La cripta di Andrea Doria

 

Andrea Doria è ricordato come uno dei membri più importanti della famiglia, se non il più importante. Alla sua morte, il Montorsoli venne incaricato di realizzare la cripta del capitano, insignito del prestigiosissimo titolo di "Defensor" per le sue azioni a protezione della cristianità. Lo spazio fu ricavato al di sotto dell'altare della chiesa. Per accedervi si scende per uno scalone di marmo bianco, lo stesso che ricopre completamente l'ambiente. Al centro si trova la tomba del principe, un sarcofago sormontato da due angeli a circondarne l'effige.

Il marmo bianco ricopre le pareti della cripta che ancora oggi ospita il sepolcro di Andrea Doria.

 

 

I palazzi dei Doria a Genova (foto sotto), si trovano nella zona della Chiesa di S. Matteo in pieno centro storico

 

 

 

 

 

 

 

SAN FRUTTUOSO DI CAMOGLI

 

 

 

LE TOMBE DEI DORIA

 

 

 

 

La cripta all'interno dell'Abbazia di San Fruttuoso con le tombe dei Doria come si presentavano prima del restauro conservativo operato dal Fondo Ambiente Italiano nel 1983.

Dal livello inferiore del chiostro si accede al profondo vano a volta concesso ai Doria dai monaci come sepolcreto. 


Le tombe nobiliari, nelle quali alloggiano le salme di alcuni importanti membri della famiglia Doria morti tra il 1275 e il 1305, sono in marmo bianco e pietra grigia alternati nella tipica bicromia ligure.

Sono disposte a schiera sui tre lati del vano e sono costituite da arche in muratura singole o a coppie, in gran parte con epigrafi, sormontate da arcosoli a sesto acuto sorretti da colonnine in marmo con tettuccio a capanna.


Oltre alle tombe della famiglia Doria, nella cripta sono presenti le tombe delle sorelle Maria e Caterina Avegno, eroine di San Fruttuoso, ivi sepolte per disposizione degli stessi principi Doria. 

 

 

 

 

Riferimenti:

 

ANDREA DORIA

https://www.treccani.it/enciclopedia/andrea-doria_(Dizionario-Biografico)/

 

ANDREA DORIA

https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Doria

 

ANDREA DORIA – STORIA LOCALE - PORTOFINO

https://www.portofinoamp.it/storia-locale/andrea-doria

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 23 Maggio 2023

 

 

 

 

 

 

 

 

 


SANTUARIO DELLA MADONNA DI MONTE GRISA - TRIESTE

 

SANTUARIO DELLA  MADONNA DI MONTE GRISA 

TRIESTE

 

 

Nel mese di maggio, il profumo dei fiori si mescola con la brezza marina, avvolgendo Trieste e i cuori dei suoi abitanti in un'atmosfera di devozione e gratitudine. È il periodo in cui il Santuario della Madonna di Monte Grisa risplende con particolare fervore, richiamando pellegrini da ogni angolo del mondo. Ma per me, uomo di mare e figlio della Liguria, questa devozione va oltre la semplice pratica religiosa. È un legame profondo, intessuto con i ricordi dell'oceano e delle esperienze vissute tra le onde.

 

 

 

 

Come marinaio, ho imparato a confidare nel conforto di Maria in ogni pericolo, a cercare il suo sostegno quando il mare si fa burrascoso e le stelle sono il mio unico faro. Ogni viaggio, ogni nodo marinaro, è un atto di devozione, un ex voto sussurrato al vento. E così, quando mi trovo di fronte al Santuario di Monte Grisa, non vedo soltanto pietra e argento, ma il riflesso della mia fede e delle mie speranze, nel rollio ed il beccheggio nelle onde dell’Adriatico.

In questo articolo, desidero condividere con voi questo legame profondo, raccontare di Trieste, città marinara tanto cara al mio cuore, e del Santuario della Grisa che è diventato per me il rifugio sicuro nelle tempeste della vita.

 

 

 

 

Il Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina è un Santuario Mariano cattolico a nord della città di Trieste. Sorge all'altitudine di 330 metri sul monte Grisa, da cui si gode di una vista spettacolare della città e del golfo. Fu progettato dall'ingegnere Antonio Guacci su schizzo del vescovo di Trieste e Capodistria Antonio Santin: la struttura triangolare evoca la lettera M, iniziale della Vergine Maria.  Il Santuario è caratterizzato da un'imponente struttura in cemento armato, con la presenza di due chiese sovrapposte.

 

 

Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina di Monte Grisa, con la sua mole domina la splendida città di Trieste ed il suo golfo

Il santuario fu consacrato il 22 maggio 1966

 

 

UN PO’ DI STORIA

 

Il santuario mariano di Monte Grisa, che domina il golfo di Trieste, è inconfondibile con la sua forma a M e la caratteristica struttura portante in cemento armato a triangoli che ne hanno fatto una delle più fotografate tra le chiese moderniste.

Nel 1945 l'arcivescovo di Trieste Antonio Santin fece un voto alla Madonna per la salvezza di Trieste, minacciata di distruzione dagli eventi bellici. Finita la guerra.

nel 1948 monsignor Strazzacappa propose di realizzare, con l'intervento di tutte le diocesi d'Italia, un tempio di interesse nazionale dedicato alla Madonna.

Nel 1959, papa Giovanni XXIII decise che il Tempio sarebbe stato dedicato a Maria Madre e Regina come simbolo di pace e unità tra tutti i popoli, in particolare tra entrambi i lati del confine, che dal luogo del santuario dista meno di 10 chilometri.

Da aprile a settembre di quell'anno ebbe luogo il cosiddetto "pellegrinaggio delle meraviglie": la statua della Madonna di Fatima attraversò varie città italiane e raggiunse Trieste, accolta dall'arcivescovo, il 17 settembre 1959. Due giorni dopo fu posta la prima pietra del grande tempio.

Era desiderio di tutti avere per il nuovo tempio una statua della Madonna di Fatima: a ciò provvide il vescovo di Leiria João Pereira Venâncio, il quale incaricò lo stesso scultore che aveva eseguito la statua per la capelinha di scolpirne una uguale per Trieste.

Il 22 maggio 1966 il tempio fu consacrato e iniziarono i pellegrinaggi dall'Italia e dall'estero.

Dal 2011 il Tempio può vantare la presenza di un coro che canta in stile gregoriano in seno alle cerimonie religiose: il Coro Incanto Gregoriano.  Il repertorio, oltre ai normali canti della Messa, esegue oggi delle magnifiche salmodie e litanie che il repertorio Gregoriano presenta e che, puntualmente, favoriscono la spiritualità, la devozione e la dimensione del Sacro.

 

Logo del Santuario Mariano

 

 

 

GLI ESTERNI DEL SANTUARIO

 

La facciata esterna dell’edificio mostra 3 grandi dimensioni architettoniche: la piramide ad indicare la trascendenza, la composizione dei triangoli ad indicarne la pluralità e la sua monolitica struttura ad indicarne l’unità.

Nella composizione di questi 3 grandi simboli, il Tempio anche dall’esterno, annunzia un messaggio sempre attuale: “l’unità nella pluralità si raggiunge quando si guarda in alto, dove si scorge maggiormente ciò che unisce anziché ciò che divide”.

 

 

 

 

 

 

Nel LINK sotto viene spiegata l’interessante Architettura dell’edificio con le sue SIMBOLOGIE E SPIRITUALITA’.

 

http://www.montegrisa.org/architettura-simbologia-e-spiritualita

 

Antonio Guacci

 

L’ing.  Antonio Guacci, docente dell’università di Trieste presso la facoltà di ingegneria civile, accolse l’invito del committente mons.  Antonio Santin, Vescovo di Trieste-Capodistria ad edificare un Tempio Mariano che raccogliesse la memoria di quattro eventi nazionali:

 

Il voto fatto dal presule per la salvezza di Trieste (30 apr. 1945)

Il ricordo dei soldati caduti e dispersi (1945)

Il dramma dell’Esodo Giuliano-Dalmata (1943-1956)

La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria (13 sett. 1959)

 

Antonio Guacci elaborò un originale progetto, un “Memoriale”, su un ciglione carsico a 330 metri sul livello del mare, visibile da tutti i paesi che si affacciano sul golfo. Il triangolo nel linguaggio simbolico biblico, rappresenta la trascendenza di Dio.

Nel Nuovo Testamento, richiama la prima verità della fede, la Trinità: un solo Dio in 3 persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Il volume dell’edificio è di c.a. mc 40.000, con un’altezza di circa ml. 40, con la superficie dell’aula inferiore di mq 1.600 e di quella superiore di mq 1.500; dimensioni ragguardevoli per un edificio di culto, tanto da renderlo assieme alla sua ubicazione il più maestoso di Trieste.

Le pareti a vetro della chiesa superiore conferiscono all’aula trasparenza e luminosità che la rendono in continuità con il cielo, il mare e la vegetazione circostante.

Tra le tante simbologie rappresentate in questo Santuario, a noi interessa segnalarvi anche un aspetto molto particolare che rispecchia il forte legame della Trieste marinara con il culto Mariano:

La chiesa superiore assomiglia alla “coperta” di una nave, dove l’altare maggiore, indica il “ponte di comando”: il “nocchiero” Cristo unendola a Se con il suo spirito, la sospinge verso la gloria del Padre.L’altare della Madonna, invece, in fronte all’altare dell’Eucarestia ne suggerisce la “rotta” della nave: “fate quello che Egli vi dirà” (Gv.2,5).

 

 

INTERNI DEL SANTUARIO

LA CHIESA SUPERIORE

 

 

GALLERIA D’IMMAGINI

 

 

 

 

 

LA CHIESA INFERIORE

http://www.montegrisa.org/chiesa-inferiore

 

 

La chiesa inferiore, invece, con gli intrecci dei fasci luminosi, con le sue “lame” di luce e le penombre donano all’interno un’aurea di mistero che invita alla riflessione ed al silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

DATI E DATE

 

Stato

 Italia

Regione

Friuli-Venezia Giulia

Località

Trieste

Coordinate

45°41′35.2″N13°44′57.18″E

Coordinate45°41′35.2″N 13°44′57.18″E (Mappa)

Religione

cattolica di rito romano

Titolare

Nostra Signora di Fátima

Ordine

Istituto Servi del Cuore Immacolato di Maria

Diocesi

Trieste

Consacrazione

1966

Architetto

Ing. Antonio Guacci

Stile architettonico

brutalismo

Inizio costruzione

1963

Completamento

1966

Sito web

Sito ufficiale del Santuario

 

 

Per chi ama Trieste segnalo i seguenti Link:

Trieste, breve esposizione della sua storia

https://www.trieste.com/citta/storia.html

 

 

La Risiera di San Sabba, il lager di Trieste

https://www.storicang.it/a/risiera-di-san-sabba-il-lager-di-trieste_15529

Il colle di San Giusto è il centro storico di Trieste

https://it.wikipedia.org/wiki/San_Giusto_(Trieste)

 

La grande festa del mare a Trieste: storie e curiosità sulla Barcolana

https://www.triesteprima.it/social/barcolana-storia.html

 

Triestini Celebri

https://www.trieste.com/citta/celebri.html

 

 

A cura di:

Carlo GATTI

 

Rapallo, 8 Maggio 2024

 

 


GENOVA - QUANDO TUTTO GIRAVA INTORNO AL PALAZZO DEL PRINCIPE

 

GENOVA - QUANDO TUTTO GIRAVA INTORNO AL PALAZZO DEL PRINCIPE

 

LA FREGATA ARGO DI ANDREA DORIA

 

 

                                                                                                                                                              Foto: A Mae Zena

 

                                                                                                                                                                                             Foto: Tripadvisor

 

Navigando nella bonaccia del Porto Antico, lo sguardo attento potrebbe scorgere un'imbarcazione che evoca l'antica grandezza dei mari: la fregata "Argo" di Andrea Doria, ancorata con antica fierezza. Questo vascello è stato ricostruito con maestria, rispettando i disegni originali del Cinquecento. Le vele si ergono alte, con i vessilli verdi, segno distintivo della casata, e quelli bianchi con l'aquila araldica dei Doria. Un tendale di velluto cremisi, prezioso al tatto, completa l'immagine.

In quei tempi lontani, l'"Argo" serviva a trasportare nobili e notabili che giungevano via mare al Palazzo del Principe, regale dimora che svettava sulle onde, permettendo all'ammiraglio di dominare con lo sguardo il golfo di Genova. Oggi la situazione è ben diversa: lo scenario è dominato dalla “sopraelevata” e dalle moderne navi da crociera ormeggiate a Ponte dei Mille, come mostra la foto sotto.

 

 

                                                                                                                                                                             Foto: di Anna Armenise

 

                                                                                                                                                                                           Foto: A Mae Zena

 

Davanti al giardino meridionale, dove una statua di Nettuno rendeva omaggio al potere marittimo (pensatelo senza il porto moderno, ma in armonia diretta col mare), le galee delle aquile dei Doria attraccavano quando l'ammiraglio, sia Andrea che Giovanni Andrea, doveva imbarcarsi sulla sua Ammiraglia o sbarcarne per tornare a casa.

 

 

                                                                                                                                                              Foto: il Caffaro

LA CAPITANA

 

Ma non solo l'Argo sventola le sue vele nel Porto Antico. L'ammiraglio, infatti, aveva sempre ancorate in Darsena dodici galee pronte per la guerra, che poi divennero venti, con la Capitana, la galea più prestigiosa del suo tempo, al loro comando.

La storia racconta di un tempo in cui l'ammiraglio e l'Imperatore Carlo V concordarono l'impresa in Africa, e per tale avventura, fu necessario allestire una nuova flotta e una degna capitana. Così, sotto gli occhi dell'Imperatore, fu varata la Quadrireme, una galera maestosa, tanto sontuosa da far invidia agli antichi imperatori.

Le bandiere sventolavano, gli stemmi brillavano, e le parole latine adornavano le vele, mentre l'ammiraglio, ritratto come Nettuno, dominava con fierezza il mare.

 

 

                                                                                                                                                                                                            Foto A Mae Zena

Nel 1538, a Genova, l'arrivo dell'Imperatore Carlo V e del Papa Paolo III fu celebrato con una grandiosa parata navale, una dimostrazione di potenza che preparava il terreno per una crociata contro gli Ottomani, preludio alla vittoria di Lepanto nel 1571.

 

Così, tra storia e leggenda, le navi del Principe solcarono i mari, portando con sé il destino di imperi e regni, tra le onde del Mediterraneo.

 

 

 

IL PALAZZO DEL PRINCIPE

VISTA FRONTALE

 

                                                                                                                                                                                                                Foto: Tritaly.com

 

“Il Signor Principe facea fare una quadrireme, legno non usitato, per vedere se riuscita bene, per servirsene riuscendo molto utilmernte” raccontano i cronisti del tempo e ancora “L’Imperatore è sbarcato in la quadrireme, la quale è la più bella galera che si possa immaginare, e a popa li è preparata una cameretta ove dormirà esso et lo Infante Don Luis di Portugal”.

“La quadrireme è tale che a gran fatica non si potrebbe meglio pingersi et immaginarsi”… un altro storico… “Questo legno era con sì raro artificio et con tanta et si nuova magnificenza fabbricata, et ornato così riccamente, che pareggiava in questo genere le spese superbissime delli antichi imperatori”.

“Il Principe Andrea Doria ha fatto una galera per la cesarea Maiestà; quale dicono essere longa quindice palme et larga quatro più delle altr. Dove che nelle altre usano tre rafforzati (tre fila di rematori) per banco in questa ne usano quatro: E de qui preso il nome Quadrireme. In prora vanno tre gagliardi, che così dicono stendardi, con Bandere de damasco cremesin; longhe palmi ventitrè l’una, posti tutti in oro. In quello de mezo una stella tutta d’oro col campo pieno de razi et freze atorno, con littere che dicono, “Vias tuas Domine dimostra mihi (Signore mostrami le tue vie”.

Nelle altre dui la impressa de sua Maestà; con facelle de foco, con parole che dicono Ignis ante ipsum precedet (il fuoco lo precede).

Ne la bandiera della Gabbia qual pendeva fino al mare un Angelo molto grande con littere intorno che dicono Misit deus angelus suum ut custodiat te in omnibus viis tuis (Dio pose un suo angelo a custode delle tue vie).

Ne la bandiera de la Antena (pennone) uno Scuto, una celata (elmo), una spada con parole intorno Apprehende arma et scutum et exurge in adiutorium mihi (Afferra lo scudo e le armi e corri in mio aiuto).

Tre stendardi, dui de largheza de sette pezze, l’altro de otto longo palme vinticinque; l’altro trenta.

 

 

                                                                                                                                                        Foto: Galata Museo del Mare

La poppa della ricostruzione di una galea genovese presso il Museo Galata”

 

 

 

                                                                                                                                                        Foto: A Mae Zena

“La prua della galea”

 

Nel grande il Crucifixo con freze (frecce) d’oro senza parole. Neli altri dui le armi de sua Maestà et staranno innanzi la popa dreto le qual anderà una bandiera de damasco biancho longa vintisei palmi; in mezo una pietra de littere Arcum conteret et confriget ; arma et scuta ombure tigni (l’arco si consuma e si spezza; brucia le armi e gli scudi col fuoco), et per lo campo chiave calici et croce de sancto Andrea. Dale bande duoi altre bandiere con littere intagliate Et plus ultra con l’impressa stemma di sua Maiestà.

Poi si ferno vintiquatro bandiere de damascho con campo gialo messo in oro con le arme de sua Maiestà: con le frezi rosse ne li cantoni de argento con le impresse de la sua Maiestà.

La Camera viene tutta intaliata de lavori bellissimi de legname messi in azuro et or, et de più altri paramenti di tela d’oro e d’argento.

Le pope viene medesimamente intagliata de uno Cendale de Veluto cremisino fodrato de brocato riccio sopra riccio; et un altro di scarlato pe ogni dì.

La Ciurma vestita di seta con camise lavorate di seta. L’arteglieria che è portata da ogni parte serà molto grossa e minuta.; gli huomini che ce andaranno si pensa che saranno ben vestiti et ben armati con questa et quatordece altre galere andava in Barzellona ove se intende che serà sua Maiestà. Et sono opinioni che voglia venir in Italia un’altra volta: pur il più crede che no, et che il Principe piglierà li sette mila spagnoli che sono in ordine per questa impresa:  et l’armata de Spagna et de Portugallo et verrà in Sardegna. El signor Marchese con le altre galere et nave che son qui, imbarcarà li quatro milia italiani et sette milia Todeschi che sono in Lombardia, et andràno a napoli e de lì in Sicilia per pigliare cinque milia spagnoli che sono lì: et le galere passeranno in Sardegna”.

 

 

                                            Foto Musei di Genova - Comune di Genova

 

“L’Ammiraglio ritratto da Sebastiano del Piombo”

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                   Foto: Genova Today

Il quadro di Andrea Doria con il gatto Dragut

 

 

La tela, attribuita al pittore fiammingo William Key, ritrae il vecchio Andrea Doria, con il viso smunto e rugoso, una lunga barba bianca e, intorno al collo, il Toson d’Oro che gli ha donato Carlo v. 

Il principe guarda lo spettatore con due occhi straniti, nonostante il carisma che emana la sua persona. Il gatto, robusto e nel pieno delle sue forze, invece fissa il suo padrone. C’è una tensione palpabile, un forte contrasto tra i due. Doria ormai è stanco e alla fine della sua vita, mentre il gatto Dragut appare maestoso nel suo portamento e dà una sensazione di sazietà e appagamento. Sic transit gloria mundi.

 

Da GENOVATODAY

Nell'immaginario popolare, ai gatti sono concessi un po' tutti i nomi, specie quelli stravaganti. E non manca chi ha deciso di chiamare il suo felino come un temibile pirata, nonché suo acerrimo nemico: è il caso del celebre ammiraglio genovese Andrea Doria, vissuto tra il '400 e il '500.

La storia è riportata alla luce dalla tela "Ritratto di Andrea Doria con il gatto" di William Key, conservata nelle sale di Palazzo del Principe. Nel quadro si vede il nobile con il suo grosso gatto Dragut. Ma chi era Dragut, e perché venne chiamato così?

L'ammiraglio, nel 1540, diresse alcune operazioni navali volte a frenare le continue incursioni dei corsari ottomani. Sotto il suo comando, suo nipote Giannettino in particolare riuscì finalmente a catturare Dragut, luogotenente di Khayr al-Din Barbarossa, il temibile "Barbarossa" comandante della flotta ottomana. Dragut venne consegnato all'ammiraglio Andrea Doria che - vista la pericolosità dell'individuo ma anche il prestigio della cattura - lo fece incatenare ai remi della sua nave per quattro anni. Dopo 48 terribili mesi in queste condizioni, ritenutolo ormai innocuo, lo fece vendere come schiavo. Insomma, la carriera di Dragut sembrava ormai finita, invece Barbarossa si ricordò di lui e, secondo alcune fonti, pagò un ricco riscatto per riportare ai suoi servizi il suo luogotenente. Questo la dice lunga di come Dragut fosse stimato.

Sulla base di questi racconti, si dice che Andrea Doria nutrisse un certo rispetto (e forse anche dell'affetto) nei confronti di un nemico così temibile e valoroso, che non si era arreso nemmeno dopo 4 anni di prigionia. Insomma, una di quelle persone che, se non fosse appartenuta a un fronte opposto, probabilmente Doria avrebbe voluto al suo fianco. E dunque, in suo onore, chiamò Dragut il proprio gatto.

 

 

Dragut immortalato al Palazzo Ducale

 

                                                                                                                                                                                                                                           Foto: Wikipedia

 

Nelle nicchie sopra il cornicione della settecentesca facciata del Palazzo Ducale, disegnata dall’architetto Cantoni, sono presenti otto singolari sculture. Si tratta di otto statue realizzate (1777) dall’artista Giacomo Maria da Bissone che immortalano, incatenati e sottomessi alla Repubblica, otto grandi nemici di Genova. Da sinistra a destra sono lì posti ad eterna ed imperitura gloria della Superba.

 

 

                                                                                                                                                    Foto: A Mae Zena

Il pirata DRAGUT occupa la terza nicchia

 

 

 

 

Mare Nostrum Rapallo

RAPALLO: “mamma… li turchi” !

https://www.marenostrumrapallo.it/li-turchi/

 

 

RINGRAZIA

Per l’indispensabile contributo …

 

 

 

UNA VISITA CONSIGLIATA, REALE O VIRTUALE, PER CONOSCERE UN PEZZO IMPORTANTE DELLA STORIA E DELL’ARTE DELLA GENOVA RINASCIMENTALE

DORIA PAMPHILJ

 

 

Villa del Principe - Palazzo di Andrea Doria - Genova

 

 

https://www.doriapamphilj.it/genova/la-visita/

 

 

 

 

 

Mare Nostrum Rapallo segnala il libro:

2015 - DRAGUT – AMMIRAGLIO E CORSARO OTTOMANO – Emilio CARTA

 

 

RINGRAZIAMENTI:

Per le immagini pubblicate a scopo divulgativo: Palazzo del Principe Genova

  • VISITGENOA 

  • A MAE ZENA

  • TRIPADVISOR

  • ARTE E MUSEI

  • COMUNE DI GENOVA

  • GUIDA DI GENOVA

  • GENOVA TODAY

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 6 Maggio 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


NAVI SENZA EQUIPAGGIO

NAVI SENZA EQUIPAGGIO

 

La prima guerra mondiale (1914-18) segnò la fine della plurisecolare navigazione commerciale a vela.

Con le invenzioni dello scienziato italiano Guglielmo Marconi (1874-1937) il mondo intero entrò nella MODERNITA'. 

A tutt’oggi (2024), gli strumenti di uso comune sono i figli e nipoti della sua rivoluzione tecnologica, anche la nascita della prima nave mercantile senza equipaggio di cui oggi ci occupiamo.

 

ESPERIMENTO DI  GUGLIELMO MARCONI DA BORDO DELL' "ELETTRA" - ACCENSIONE DELLA FACCIATA DEL PALAZZO DEL MUNICIPIO DI SIDNEY (AUSTRALIA)

 

Guglielmo Marconi ripreso all'interno della cabina-radio della nave-laboratorio Elettra nell'atto di eseguire l'esperimento

 

 

La nave-laboratorio Elettra ormeggiata  al Molo Duca degli Abruzzi nel porto di Genova

 

26 marzo 1930

Sono le 11.30 quando Guglielmo Marconi dal suo yacht-casa-laboratorio ormeggiato a Genova accende le luci del Municipio di Sidney attraverso un segnale radio. Il semplice gesto di premere un bottone diventa un’onda elettromagnetica capace di viaggiare alla velocità della luce per ventimila chilometri, incontrare un commutatore e compiere la magia.

 

Quel giorno nasceva il COMANDO DA REMOTO

 

OGGI LA STORIA MARITTIMA STA VIVENDO UNA SVOLTA EPOCALE

 

Il 4 settembre 2021, la rivista FOCUS pubblicò un articolo intitolato:  

 L’azienda norvegese: YARA MARINE TECHNOLOGIES lavora per la messa a punto della prima nave porta container “autonoma” (senza equipaggio), completamente elettrica, a emissioni zero. Si chiama:

 

“ YARA BIRKELAND

 

Quell’annuncio shock fece molto scalpore nello shipping internazionale e noi “gente di mare” lo ricordiamo per l’inquietudine e l’incredulità che tuttora ci rende incapaci di fare una sintesi razionale tra i vantaggi e gli svantaggi di una così radicale innovazione.

Oggi affrontiamo l’argomento soprattutto per prendere atto che IL FUTURO DELLA MARINERIA E’ GIA’ QUI, giunto nottetempo in sordina sull’imboccatura dei nostri porti come un atto di pirateria del 1500, e non ci rimane che confessare la nostra insufficiente preparazione nel reagire e commentare un tema rivoluzionario di grande portata storica che cambierà, nel bene e nel male, molte delle nostre certezze.

 

Quando i sogni diventano realtà!

 

Nel 2017 la Compagnia norvegese mostrò al mondo il progetto in miniatura

 

 

Oggi, 2O24 -  La YARA MARINE TECHNOLOGIES leader di questo Progetto avanzato, si dichiara PRONTA ed ha come obiettivo il trasporto delle merci via mare.

La Yara Birkeland è già operativa come “nave autonoma” ed opera tra le sponde di un fiordo: attracca e ormeggia regolarmente nel porto di Horten  (sponda occidentale del fiordo di Oslo-Norvegia.

 

La freccia rossa a sinistra indica il porto di Horten-Oslofjorden

 

 

La sua breve storia è iniziata nel 2021 compiendo il suo primo viaggio autonomo tra Herøya e Brevik (due città norvegesi), ma in futuro collegherà altri porti commerciali col suo carico di fertilizzanti, destinati in futuro ai mercati asiatici.

 

MASSIMO CONTROLLO 

Senza equipaggio, la sua navigazione è affidata a tre centri di controllo a terra. Nella prima fase del progetto, la movimentazione del carico è affidata ai portuali, ma secondo Jon Sletten, direttore dello stabilimento Yara di Porsgrunn, l'obiettivo è di rendere totalmente autonome tutte le tradizionali ed ormai “superate” operazioni commerciali.

La Yara Birkeland, lunga 80 metri e larga 15, potrà viaggiare a una velocità di 13 nodi (circa 24 chilometri l'ora) e sarà in grado di trasportare 60 container a pieno carico.

 

 

 

La nave “Yara Birkeland” in navigazione nella rada di un fiordo norvegese. Il ponte di comando è ancora al suo posto, ma nella foto successiva appare senza ponte di Comando, che risulta sbarcato insieme al suo equipaggio…

 

 

Le funzioni di automazione, compresi l'autocrossing e l'autodocking, saranno implementate nel 2027, mentre dal 2028 anche i traghetti locali saranno operativi al 100% in navigazione autonoma tramite controllo da remoto e senza equipaggio.

14 mar 2024

 

IL QUADRO GENERALE

 

Come abbiamo già annunciato, l'innovazione nel settore marittimo ha raggiunto nuove vette con l'avvento delle navi autonome, come la "Yara Birkeland", che promettono emissioni zero e maggiore efficienza operativa. Tuttavia, dietro questa svolta epocale si celano sfide importanti.

 

Vantaggi - Riduzione dell'errore umano

La “tecnologia autonoma” può ridurre significativamente il rischio di incidenti dovuti a errori umani migliorando così la sicurezza in navigazione e nelle operazioni portuali.

Inoltre, le navi autonome possono essere programmate per ottimizzare le rotte e ridurre i tempi di transito, portando a una maggiore efficienza nel trasporto marittimo.

Grazie alla propulsione elettrica e alla mancanza di emissioni dirette, le navi autonome contribuiscono alla lotta contro il cambiamento climatico e all'inquinamento atmosferico.

 

Sfide da affrontare - Adattamento infrastrutturale

I porti devono essere adeguati per poter gestire le esigenze delle navi autonome che potrebbero richiedere infrastrutture specializzate per la ricarica e la manutenzione programmata periodica ed anche eccezionale.

L'introduzione delle navi autonome potrebbe portare ad una riduzione della domanda di lavoro per i marittimi tradizionali, sollevando preoccupazioni riguardo alla sicurezza del lavoro e alla perdita di competenze.

Anche se le navi autonome promettono di ridurre l'errore umano, è necessario garantire che i sistemi di controllo e le procedure di emergenza siano robusti per prevenire incidenti inaspettati.

 È fondamentale affrontare le questioni legate alla sicurezza e all'occupazione in modo proattivo, investendo nella formazione professionale e nell'adattamento delle infrastrutture portuali. Inoltre, è importante riconoscere che l'innovazione tecnologica è inevitabile e può portare a benefici significativi se gestita con saggezza e lungimiranza.

 

Conclusione:

Il futuro della navigazione marittima è in rapida evoluzione, guidato dall'innovazione tecnologica e dalla ricerca di soluzioni sostenibili. Mentre le navi autonome sollevano domande e sfide, è essenziale affrontare queste sfide con determinazione e apertura mentale, lavorando verso un futuro in cui la navigazione sia più sicura, efficiente ed ecologica per le generazioni a venire.

 

Riflessioni personali:

Il comando da remoto ha acquisito oltre un secolo di esperienza in tutti i campi civili e militari, ma ritengo che sarà piuttosto difficile sostituire l'esperienza marinara maturata in almeno tre millenni da milioni di marinai.

Come affrontare la gestione di queste navi sempre più lunghe, in spazi ristretti, con carichi pericolosi? Occorrerà dedicare molta “esercitazione” da parte dei Sistemi di Controllo a terra in “remote”! Non ho alcun dubbio sul fatto che i gestori di queste operazioni navali siano scelti tra i più bravi professionisti del mare!

Personalmente non sono in grado di fare previsioni realistiche perché mi sento tuttora ancorato a quell’esperienza storico-marinara che non può essere facilmente sostituita dalla tecnologia tout court. Anche con l'avvento delle navi autonome e dei sistemi di controllo remoto, ci sono situazioni in cui l'istinto e l'esperienza umana giocano un ruolo insostituibile, soprattutto in condizioni complesse in cui i Comandanti di navi devono decidere come e quando scappare da un pericoloso ciclone, oppure come affrontare falle, vie d’acqua, riparazioni d’urgenza in emergenza (situazioni-limite).

Tuttavia, so quanto la Norvegia, che vanta antichissimi primati di marineria, sia in grado di ottimizzare e risolvere qualsiasi situazione, siano esse di routine sia emergenziali. Altre numerose nazioni altamente “marinare” tra cui l’Italia, daranno un contributo significativo alla soluzione di queste tematiche di ultima generazione.

 

 

Tentiamo una sintesi:

 

Conoscenza locale: I marinai con esperienza hanno una comprensione approfondita delle condizioni locali, come correnti, marea e condizioni atmosferiche specifiche della regione in cui operano. Questa conoscenza è cruciale per navigare in modo sicuro e efficiente,

Capacità decisionale: Gli equipaggi con esperienza sono in grado di prendere decisioni rapide e informate in situazioni di emergenza o inaspettate, basandosi sulla loro conoscenza pratica e sul loro istinto.

Abilità di gestione del rischio: I marinai esperti sono addestrati a gestire situazioni ad alto rischio, come il trasporto di carichi pericolosi, minimizzando il rischio di incidenti e danni.

 

Il nostro auspicio - Integrazione con la tecnologia

 

L'introduzione di navi autonome e tecnologie avanzate nel settore marittimo è inevitabile, ma è importante riconoscere il valore insostituibile dell'esperienza marinara accumulata nel corso dei secoli. Affrontare sfide complesse come la gestione di navi molto lunghe in spazi ristretti richiederà molto tempo ed una combinazione di buon senso, esperienza pratica e tecnologia avanzata. L'obiettivo dovrebbe essere quello di integrare in modo efficace queste risorse per garantire la sicurezza e l'efficienza delle operazioni marittime anche in futuro.

È fondamentale investire nella formazione e nell'addestramento degli equipaggi per comprendere e utilizzare efficacemente la tecnologia a loro disposizione. La sinergia tra l'esperienza umana e la tecnologia può massimizzare l'efficacia e la sicurezza delle operazioni marittime.

Il nostro auspicio impone, tuttavia, una domanda cruciale:

I sistemi di assistenza avanzati possono fornire dati e suggerimenti utili, ma la decisione finale dovrebbe ancora essere presa dall'equipaggio con esperienza?

A breve avremo l’ardua sentenza!

 

 

VI PROPONIAMO ALCUNI LINK DI GRANDE INTERESSE:

 

Ammiraglio Giardino: “La nave autonoma arriverà presto e sarà sicura”

https://www.youtube.com/watch?v=Q6KbTryCGVs

 

Navi senza equipaggio, nel porto di Livorno si sperimentano le manovre digitali.

In corso il progetto 5G Mass, targato Cnit-Guardia costiera. Dall’AI il sogno di abbattere fino al 90% degli errori umani.

https://www.ilsole24ore.com/art/navi-senza-equipaggio-porto-livorno-si-sperimentano-manovre-digitali-AFA5PX9C?refresh_ce=1

 

“Le navi senza equipaggio? Un futuro molto vicino”

https://www.lastampa.it/economia/2017/12/15/news/le-navi-senza-equipaggio-un-futuro-molto-vicino-1.34083569/

 

Navi senza equipaggio: dal 2028 si punta ad avere un codice di regolamentazione internazionale

https://www.shippingitaly.it/2022/05/06/navi-senza-equipaggio-dal-2028-si-punta-ad-avere-un-codice-di-regolamentazione-internazionale/

 

Le navi a guida autonoma prendono il largo: prospettive e rischi da mitigare

https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/le-navi-a-guida-autonoma-prendono-il-largo-prospettive-e-rischi-da-mitigare/

 

 

 

 

 Carlo GATTI

 

Rapallo, 1 Maggio 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


HELEANNA - Una ferita che brucia ancora

M/n HELEANNA - UNA FERITA CHE BRUCIA ANCORA

Il comandante Dimitrios Anthipas, un pessimo esempio di Comandante

 

Il 28 agosto 1971, a 15 miglia da Monopoli, un incendio scoppiò a bordo del traghetto greco “Heleanna”. Si trattò della più drammatica e funesta sciagura marittima accaduta in Adriatico nel dopoguerra. La tragedia costò la vita a 25 turisti imbarcati; 16 furono i dispersi, 271 feriti tra i 1089 i superstiti.

Sono trascorsi 42 anni dall’incendio della HELEANNA, ma il ricordo é sempre vivo, specialmente tra coloro che seguirono da vicino le operazioni di salvataggio, ma anche da tutti coloro che ben presto si resero conto che a bordo del traghetto viaggiavano 1174 passeggeri, quasi il doppio dei 620 consentiti, e duecento automobili. A quel punto l’apprensione si trasformò in pura rabbia e la stampa di allora definì “negrieri del mare” il comandante Antypas Dimitrios ed il suo armatore Efthymiadis.

 

Da dove uscì quel maxi-traghetto con la ciminiera a poppa come una petroliera?

 

 

Negli anni ’60 l’armatore greco Constantino S. Efthymiadis comprò quattro petroliere svedesi per convertirle in traghetti passeggeri:

la MARIA GORTHON (rinominata PHAISTOS), nel 1963;

la SOYA-MARGARETA (rinominata MINOS), nel 1964;

la SOYA-BIRGITTA (rinominata SOPHIA), nel 1965;

la MUNKEDAL (rinominata HELEANNA), nel 1966.

Nel 1954 la nave cisterna Munkedal fu costruita dai cantieri Götaverken di Göteborg-Svezia. Ma il suo destino fu segnato dalla chiusura del Canale di Suez* che costrinse le petroliere a compiere il lungo e costoso periplo dell’Africa, linea che sarebbe risultata economica soltanto con l’introduzione del  “gigantismo navale”. Così fu, e tutte le stazze minori, tra cui le petroliere svedesi sopra citate, furono messe fuori mercato. 

 

Nota: Dopo la GUERRA DEI SEI GIORNI del 1967, il canale rimase chiuso fino al 5 giugno 1975).

 

Da sempre i greci sono considerati validissimi marinai, ma anche un po’ spregiudicati. L’armatore C.S.Efthymiadis era un fedele garante di questa tradizione. La sua intuizione gli permise, infatti, di trasformare e reclamizzare la nuova unità come “il più grande traghetto del mondo”. 

Nel 1966, mantenendo il suo aspetto esteriore, la petroliera Munkedal fu ridisegnata al suo interno per la sistemazione di numerose cabine/passeggeri, mentre sulle fiancate dello scafo furono installati portelloni con rampe di nuova concezione per l’imbarco/sbarco di auto al seguito e mezzi pesanti. Rinominata Heleanna, il traghetto entrò in linea sulla rotta Patrasso–Brindisi-Ancona e ritorno. 

 

La cronaca dell’incidente

Al momento del disastro l’Heleanna si trovava 25 miglia nautiche a Nord di Brindisi, a 9 miglia al largo di Torre Canne, più verso Monopoli. Proveniva da Patrasso ed era diretta ad Ancona con 1174 passeggeri e 200 mezzi  (auto, tir e autobus). 

Tutto ebbe inizio alle 05.30 del 28 agosto 1971 quando una fuga di gas dai locali della cucina, fra la panetteria, la riposteria ed il locale ristoro provocò un  incendio a poppa. Si parlò di un corto circuito, forse una manovra errata di accensione dei polverizzatori della cucina, oppure di uno spandimento di gas liquido, ma anche di una possibile fuoriuscita di nafta dalla cassa di alimentazione della calderina.

Alcuni testimoni affermarono che l’incendio prese il sopravvento solo quando il fuoco lambì le bombole di ossigeno facendole esplodere. Poco dopo successe un fatto molto anomalo: in una cala di poppa vicino al timone, scoppiò un’altra bombola d’ossigeno che bloccò istantaneamente l’organo di governo che era, in quel momento, posizionato 15° a dritta. Il traghetto, ormai in panne, ma ancora abbrivato, compì un’ampia accostata in cui il vento  propagò l’incendio a tutta la nave. 

L’Heleanna aveva in dotazione 12 scialuppe di salvataggio sufficienti per 600 persone, la metà delle persone imbarcate. Le inchieste promosse dalle Autorità dimostrarono che metà delle lance erano inutilizzabili per via degli argani bloccati dalla ruggine. Tra quelle calate a mare, una si ribaltò e precipitò in mare probabilmente per il sovraccarico.

Gli idranti antincendio e i tutti i sistemi di soccorso non erano funzionanti. Le inchieste che seguirono dimostrarono che il traghetto, dal punto di vista della sicurezza, era da considerarsi sub-standard. 

Il disastro causò 25 morti, 16 dispersi e 271 feriti, alcuni anche in modo grave. Le vittime erano di nazionalità italiana, greca e francese. Non appena il Comandante della nave lanciò l’SOS, soccorsi aerei e navali partirono da Brindisi, Bari, Monopoli e Grottaglie.

I soccorsi aeronavali partirono da Brindisi, Bari, Monopoli, Taranto e Grottaglie, anche con la partecipazione di alcuni pescherecci privati (LauraMadonna della MadiaAngela DaneseNuova VittoriaS. Cosimo) che si attivarono con molta efficacia nella ricerca dei dispersi in mare ed al soccorso dei naufraghi.

L’incendio venne domato dopo molte ore. Il relitto fu rimorchiato verso porto di Brindisi e fu ormeggiato nei pressi del castello Alfonsino.

I feriti sarebbero stati più numerosi se non fosse scattata con grande tempestività l’opera dei soccorritori. Il personale dei rimorchiatori locali della Società Barretta dovette avvicinarsi fino a pochi metri dalla nave per rendere efficace il getto delle proprie spingarde, sfidando temperature altissime e respirando gas di scarico e fumi micidiali, ma dovettero farlo per domare le lingue di fuoco che fuoriuscivano da tutta la nave minacciando di far esplodere i serbatoi di benzina degli oltre 200 mezzi che si trovavano nel garage. Fatto che purtroppo avvenne con tutte le sue tragiche conseguenze.

Anche la città di Monopoli si prodigò per confortare i superstiti, dando una dimostrazione di grande generosità offrendo aiuto e accoglienza ai naufraghi dell’Heleanna.

 

Il 15 ottobre del 1972 il Capo dello Stato Giovanni Leone conferì alla città la Medaglia d’Argento al Merito Civile in riconoscimento dell’antica tradizione di ospitalità e di civismo della sua popolazione.

 

Quando siamo arrivati sul posto” – raccontò il proprietario di un peschereccio – “ci siamo trovati di fronte ad uno spettacolo agghiacciante. Lunghe lingue di fiamme uscivano dalla poppa impedendoci di avvicinarci troppo. Sul ponte del traghetto dilagava il panico. Centinaia di persone tentavano di calare le scialuppe senza riuscirvi, altre che scendevano con le barche liberate, rimanevano poi sospese e bloccate a mezz’aria. Altre barche ancora, arrivavano in mare ma non sapevano come governarle. I più si gettavano direttamente in mare saltando dal ponte. Su decine di corde, calate dalle fiancate, c’erano grappoli di uomini appesi, molti erano senza salvagente. Diversi battellini di gomma, sparpagliati in mare, erano difficili da raggiungere ma anche più difficile riuscire a salirvi dentro. Dalle navi che erano accorse – racconta un altro marinaio – erano state calate delle scialuppe, ma rimanevano vuote perché la gente in mare, sfinita non riusciva a raggiungerle. Allora, molti di noi, si sono buttati in acqua per aiutarli. Mai avevo visto tanta gente disperata, annientata dal dolore per aver perso, magari un attimo prima, un amico, un congiunto. Intanto, sulle banchine dei porti di Monopoli, Brindisi e Bari, viene predisposto un imponente servizio di soccorso”. 

 

Centinaia di privati misero a disposizione i loro mezzi, altri portarono in Capitaneria indumenti e coperte. L’incendio fu domato prima di notte e l’Heleanna fu tenuta prudentemente in rada mentre gli inquirenti tentarono di accertare le responsabilità dell’accaduto. 

Pare che nella confusione generale, il Comandante del traghetto sia stato il primo a perdere la testa. Alcuni testimoni, infatti, affermarono che il capitano Anthipas abbia lasciato la nave subito dopo l’allarme, mentre la moglie, che era con lui sul traghetto, sostenne il contrario. Per la verità, un’evidenza ci fu e molti la testimoniarono in diverse sedi: il comandante Dimitrios Anthipas, giovanissimo e senza esperienza, giunse “asciutto” sulla banchina di Brindisi, e il 29 agosto del 1971 cercò addirittura la fuga, ma venne arrestato al varco frontaliero del porto di Brindisi, poco prima d’imbarcarsi furtivamente con la moglie su una nave diretta in Grecia. Il comandante venne arrestato con l’accusa di omicidio colposo e per abbandono della nave. 

Dimitrios Anthipas sarà poi estradato in Grecia mentre chi ha perso tutto: auto, bagagli, valori, la stessa vita di moglie, figli, genitori e parenti non sarà neppure risarcito. Gli assicuratori si rifiuteranno di pagare per l’evidente violazione, da parte della nave, delle norme stabilite nelle polizze assicurative.

All’epoca del “sinistro”, le acque territoriali comprendevano una fascia di 6 miglia nautiche (11.112 KM), poi modificate per legge in 12 miglia dal 27 febbraio 1973), per cui il disastro avvenne in acque internazionali. Ma le Autorità italiane dichiararono la loro competenza a processare il comandante della nave poiché alcune vittime del disastro erano perite in acque territoriali italiane ed almeno una era morta in ospedale a Brindisi. Anche le autorità greche furono interessate al processo, in quanto la nave batteva bandiera ellenica.

 

L’Heleanna in fiamme

 

Notare la vicinanza del rimorchiatore che punta le spingarde antincendio sulla poppa dell’Heleanna

 

 

 

Targa commemorativa del naufragio a Monopoli

 

 

 

Dopo due anni e mezzo di sosta forzata nel porto di Brindisi, per il relitto dellHeleanna giunse il momento del congedo, dell’ultimo trasferimento verso un Cantiere di Spezia che aveva il compito di demolirne una parte e trasformarne il resto in una chiatta portuale multipurpose.

 

 

 

Il rimorchiatore  genovese ESPERO in navigazione

Rimorchiatore incaricato dell’ultimo viaggio apparteneva alla Società Rimorchiatori Riuniti di Genova, si chiamava ESPERO, era l’ultimo nato della  flotta, 5.000 CV di razza, con una strumentazione d’avanguardia: elica intubatatowing winch(troller) modernissimo, elica di manovra a prora(bowthruster) ed una elettronica up to date applicata a tutti i suoi apparati. Chi scrive, era già stato per sette anni al comando di rimorchiatori portuale d’altomare; per motivi d’anzianità toccò a lui collaudare questo moderno “fuoriclasse”. Come? Per un puro caso, si presentò una duplice occasione. 

Si trattava di rimorchiare in successione, due relitti, entrambi da Brindisi a La Spezia che all’epoca era il primo porto nazionale della demolizione navale.

Il primo era la petroliera SAN NICOLA della famosa Società Garibaldi, che aveva subito un’esplosione nella cisterna n.10 che squarciò la coperta della nave dando di sé una immagine terrificante.

La seconda era il traghetto passeggeri HELEANNA di cui ci siamo occupati in questo drammatica ricostruzione.

 

Lo squarcio in coperta della petroliera San Nicola

 

Testimonianza dell’autore:

Quando salii a bordo del “traghettone” per controllare la situazione generale e studiare gli attacchi di rimorchio, cercai invano di trovare un metro di lamiera liscia ed intatta.

In pratica, l’interno dello scafo era stato devastato completamente dalle altissime temperature provocate dall’incendio. Le lamiere dei ponti erano ondulate e bugnate come la pelle di un lebbroso. Delle 200 autovetture ancora presenti nel lunghissimo garage, erano rimasti gli scheletri deformati da un fuoco impietoso che era durato a lungo causando, purtroppo, vittime e sofferenze indescrivibili.

Avevo già compiuto un’ottantina di rimorchi in tutto il mondo, ma non mi ero mai trovato davanti a tanta devastazione, desolazione e tristezza.

 

 

Manovra d’uscita della HELEANNA da Brindisi

 

1° Problema

Quando andai sul castello di prora per approntare gli attacchi di rimorchio mi trovai di fronte ad una strana situazione: non sapevo dove attaccarmi. Il copertino deformato aveva piegato le bitte, sollevato il salpancore e indebolito ogni centimetro del castello. 
Alla fine decisi di far passare alcune grosse cravatte d’acciaio da quei due passacavi in alto che sembrano 
due occhi ai lati del tagliamare (vedi foto). Era come prendere un toro per le narici e vi assicuro che non 
c’era altro da fare. Come attacco di riserva presi al  “lazo”  tutto il castello di prora evitando  gli spigoli con coppi di gomma, legno, tanto grasso e sacchi di juta.

 

2° Problema

In precedenza ho accennato all’esplosione di una serie bombole di ossigeno sistemate vicino al timone 
della nave; fu proprio questa la causa che bloccò l’organo di governo 15° a dritta costituendo un grande problema per la navigazione a rimorchio.

La soluzione del problema era nelle mani di un’officina specializzata che avrebbe raddrizzato il timone, ma dentro un bacino di carenaggio che nessuno era disposto a pagare….. 
Mi dovetti rassegnare, pur sapendo che avevamo davanti 800 miglia di “navigazione manovrata”.

Infatti, appena allungammo il cavo e ci mettemmo in tiro, il rimorchio accostò sulla sua dritta.

Quando doppiammo Santa Maria di Leuca, il vento rinforzò e ci accompagnò fino all’arrivo.

Riuscimmo a tenere una velocità intorno alle 6 miglia, ma quando il vento aumentava nelle golfate, l’Heleanna ce la vedevamo al traverso e per rimettercela di poppa dovevamo allascare le bozze, far venire il cavo da rimorchio in bando e poi dovevamo ripartire “alla gran puta”  per andare a riprendere il toro per le corna e rimettercelo  di poppa.

Questa era la navigazione manovrata in cui si rischiava di strappare sia le bozze che il cavo da rimorchio.

 Pendolammo per 20 ore a ridosso dell’Isola di Ischia, sia per controllare l’attrezzatura, ma soprattutto per 
far scivolare verso Est una forte depressione che spingeva il rimorchio fino a sorpassarci, costringendoci 
a vere acrobazie per non farci “prendere per il c…” Un’espressione marinara che rende perfettamente
l’idea di ciò che può succedere quando il rimorchio, non essendo in assetto di navigazione, prende il sopravvento, infrangendo quelle poche ma importanti regole 
marinaresche, che si dovrebbero sempre rispettare.

 
Il 16.2.74 arrivammo finalmente a Spezia, e quando il mio amico pilota Nino Casaretto, il quale aveva subito l'esplosione nella cisterna n.10 che squarciò la coperta della nave dando di sé una immagine terrificante, venne a bordo per la manovra di consegna del relitto ai rimorchiatori locali, mi disse in dialetto: 
“Ma non ti vergogni d’andare in giro con questo accidente... attaccato al sedere” ?
“Vergogna no! – gli risposi –  A brindisi non vedevano l’ora di levarselo dal sedere  e trovarne un altro 
disposto al sacrificio. Dicono che nella vita bisogna provarle tutte! Eccomi qui, felice e contento d’essere arrivato!”

 

APPENDICE: 

Rapporto Viaggio

 

 

Mi spiace! L'immagine non è leggibile, i numeri sono lì... fidatevi! Purtroppo i morti sono altrove. Che Dio li benedica!

 

 

UNO SCAMPATO PERICOLO....

La nostra socia Marinella Gagliardi Santi, notissima scrittrice e Skipper di lungo corso, dopo aver letto questo articolo, ha voluto rilasciarci la sua ESISTENZIALE TESTIMONIANZA. per la quale non possiamo che unirci felicemente a questa fantastica coppia di “marinai” per lo scampato pericolo!

"Il ricordo di quella tragedia mi ha toccato da vicino ancora di più, perché Rinaldo ed io, allora non ancora fidanzati, avremmo dovuto imbarcarci proprio sull'Heleanna! Mi aveva invitato ad andare in Grecia insieme a lui ma gli avevano detto che non c'era posto sull'aereo: al ritorno non ci sarebbe stato alcun problema perché avremmo preso proprio quel traghetto! Così io non sono partita con lui, lui si è imbarcato su un aereo in realtà completamente vuoto, e per il ritorno ha preso nuovamente l'aereo.

Pericolo scampato per un pelo, la sorte ha voluto così!"

 

Carlo-GATTI

Rapallo, 21.3.2013 / Rielaborato nella nuova versione del sito, venerdì 17 Maggio 2024