QUATTRO PASSI IN RIVA AL MARE …
SCULTURA IN BRONZO DELLA NINFA CALIPSO
CEUTA-SPAGNA
Opera dello scultore Ginés Serrán Pagán. L’altezza della statua raggiunge i 5,50 m e pesa 750 kg. Secondo il racconto dell’Odissea di Omero era figlia di Atlante e viveva sull’isola di Ogigia, che gli autori pongono nell’Occidente mediterraneo. Donna bellissima e immortale, Calipso fu punita dagli dei per essersi schierata dalla parte del padre nella Titanomachia. Fu costretta a rimanere sull’isola di Ogigia, dove le Moire mandavano uomini bellissimi ed eroici di cui non faceva che innamorarsi, ma che poi dovevano partire.
Un giorno Odisseo, scampato al vortice di Cariddi, approdò sull’isola e Calipso se ne innamorò. L’Odissea racconta come ella lo amò e lo tenne con sé, secondo Omero, per sette anni offrendogli invano l’immortalità, che l’eroe rifiutava perché voleva ritornare nella sua amata Itaca per riabbracciare la moglie Penelope. Per questo Odisseo chiese a Zeus di intervenire. Il dio allora mandò Ermes per convincere Calipso a lasciarlo partire e lei a malincuore acconsentì. Gli diede legname per costruirsi una zattera, e provviste per il viaggio. Gli indicò anche su quali astri regolare la navigazione.
Secondo alcune tradizioni, dall’eroe avrebbe avuto due figli, ovvero Nausinoos e Nausithoos.
LA STELLA D’ITALIA
di Marco FIGARI
*LA STELLA D’ ITALIA*
La Stella d’Italia (o colloquialmente lo “Stellone”) è il più antico simbolo patrio.
È una stella a cinque punte che campeggia nell’emblema della Repubblica Italiana, circondata da una ruota dentata d’acciaio (simboleggiante l’industria), con un ramo di quercia (forza e dignità) e uno di ulivo (pace).
Allegoricamente l’Italia è stata rappresentata per molto tempo come una figura femminile, fiera, dalle fattezze e dai colori tipicamente mediterranei, riccamente togata, dal capo turrito e con oggetti vari che simboleggiano il potere (scettro, spada, bastone del comando di Minerva) o l’abbondanza (spighe di grano, cornucopia), fino alla sua apparizione con la Stella sopra il capo, nell’iconologia di Cesare Ripa del 1603 anche se l’allegoria risulta già raffigurata come “stellata” in epoca tardo imperiale (II-VII secolo d. C.).
Le stellette militari, che figurano sulle divise delle forze armate italiane, così come sulle prore delle navi della Marina Militare, derivano proprio dalla Stella d’Italia. I primi militari che adottarono le stellette sul bavero furono gli ufficiali di fanteria dell’Esercito nel 1871.
C’è da dire anche che la “Stella d’Italia” è da identificare con l’astro più luminoso dopo il Sole e la Luna, ovvero il pianeta Venere, celebrato come identificativo della penisola italica (Esperia) sin dal viaggio di Enea dalla Grecia, da Stesicoro (VI secolo a. C.) e da altri poeti come Lucrezio. L’epopea è stata ripresa successivamente, per esempio, da Giosuè Carducci nelle Odi Barbare, Scoglio di Quarto:
_[…] E tu ridevi, stella di Venere,_
_stella d’Italia, stella di Cesare:_
_non mai primavera più sacra_
_d’animi italici illuminasti […]_
Cieli sereni e.. stellati
ELOGIO ALLA BANDIERA
Le navi sono state indiscutibilmente teatro di molte innovazioni tecnologiche; da sempre si notano miglioramenti sia nel comparto mercantile che in quello militare. Basta confrontare due immagini, una di una galea romana e una di una moderna unità da crociera per osservare che sono cambiati i materiali, le propulsioni, i mezzi di navigazione, le comunicazioni, le costruzioni stesse. Dopo duemila anni, realizziamo però che solo un mezzo di segnalazione è rimasto immutato: la bandiera.
Albero di trinchetto di una moderna nave da crociera
Parrebbe di constatare l’ovvio, ma da tempi remoti quell’insegna è – tra l’altro – simbolo d’identità di un gruppo di persone, sia esso uno stato, una potenza militare, l’equipaggio di una nave o, semplicemente un dispositivo di comunicazioni. E ha pure i suoi limiti: a parte la fragilità alle intemperie, il più evidente è che di notte non può essere ovviamente usata.
Certo, la digitalizzazione del rapportarsi in mare è ormai prassi normale, una nave può essere identificata e rappresentata su varie interfacce, sempre che abbia una delle sue “scatolette” (AIS) in funzione. Ciò nonostante, le bandiere sono utilizzate.
Sulle navi militari, dove le procedure di comunicazione sono più stringenti, vengono gestite dai “segnalatori”, sulle mercantili è il personale di coperta che se ne occupa. E bisogna fare attenzione ancor oggi ad utilizzarle. Basta issare la bandiera di cortesia in un porto estero che sia sgualcita o strappata, per ricevere commenti negativi dalle autorità ospitanti.
La pratica più comune per mostrare le bandiere: a sinistra si nota la bandiera di “pilota a bordo” e “richiesta di libera pratica”. A dritta, la bandiera di cortesia
(USA) e la bandiera sociale. Al picco poppiero, la bandiera nazionale (Marshall Islands)
E’ perciò meticolosa l’attenzione verso le regole delle bandiere: per esempio si dovrebbe mostrare la bandiera di cortesia (cioè quella della nazione ospitante) solitamente sul lato dritto dell’albero di trinchetto, oppure nel tenere sempre “a riva” la grande bandiera nazionale sull’alberetto di poppa, per ammainarla quando la nave salpa e issare simultaneamente lo stesso vessillo (più piccolo) sul picco del medesimo albero di trinchetto! E sul suo lato sinistro saranno mostrate le bandiere che segnalano le varie operazioni della nave: per esempio “richiesta di libera pratica” o “ho il pilota a bordo”. Tutti questi significati sono elencati nel noto “CIS”, codice internazionale dei segnali, osservato da tutte le unità mercantili.
Che le bandiere fossero un emblema rilevante lo si intende anche dalla nomenclatura delle parti che le compongono. Quello che sembra un insignificante fazzoletto, è invece un mezzo che necessita di manutenzione e di attenzioni speciali.
Le parti di una bandiera
Quando una nave mercantile parte, tutte le bandiere vengono ammainate; ciò per evitare inutili danni causati dalle condizioni meteorologiche ad un oggetto che, dopo tutto, rimane confezionato come al tempo delle galee. Solo in particolari frangenti il vessillo di nazionalità è issato in alto mare, sul picco del trinchetto, e cioè quando si incontra– per esempio – una nave militare.
Ancora oggi, durante una giornata ventosa, si mette a riva una bandiera “incazzottata”, cioè avvolta a pacchetto nel suo “alabasso” (vedi immagine precedente) per evitare eccessivo stress al vento durante la salita. Una volta a riva, si dà il famoso strappo sulla sagola stessa per scioglierla così al forte vento: è una manovra suggestiva, un’eredità che viene da molto lontano.
Il gran pavese a riva su un’unità da crociera
Desideriamo infine concludere quest’appassionato scritto descrivendo l’uso più gioioso delle bandiere: il gran pavese! Senza invadere il territorio storico e etimologico del termine, quelle variopinte insegne segnaletiche vengono mostrate in segno di festa sia su unità mercantili che militari, generalmente stese sugli alberi da prua a poppa e che sicuramente non verranno eliminate nei tempi moderni.
Bon voyage!
GINO PAOLI
“Il ricordo di Boccadaze e di quando ci vivevo in mezzo alla gente che preferisco, la gente chiusa e sincera, semplice e scorbutica che mi assomiglia. Ricordi di maccaja vissuta nei bar a giocare, o di libeccio, quando non si può andare a pescare e si diventa per forza gente di terra”.
IL MAXI CANNONE DEL SESTIERE CERISOLA (Rapallo)
CHE AVRA’ L’ONORE DI ORGANIZZARE E REALIZZARE
IL PANEGIRICO 2023
IL MARTIN PESCATORE CHE NON PARLAVA INGLESE
A cura di Carlo GATTI
Rapallo, 7 Giugno 2023