LA MICHELANGELO – UNA TRISTE STORIA
Il 16 Settembre 1962, a causa dei numerosi cambiamenti sui progetti originali, finalmente lo scafo della Michelangelo scese in mare. Quel giorno nei cantieri navali di Sestri Ponente (Genova) fu presente al varo anche un rappresentante della Chiesa e in questa occasione Giuseppe Zuccoli, il presidente in carica della Società Italia Navigazione, la compagnia armatrice. Fu Laura Segni, la moglie del Presidente della Repubblica a dare il via al varo.
L’11 Marzo 1965 il grande liner italiano iniziò le prove in mare che superò con successo. L’unico difetto che si presentò furono le forti vibrazioni allo scafo quando procedeva alla massima velocità. Il problema fu risolto nell’inverno successivo con la sostituzione delle eliche.
Il 21 Aprile 1965, dopo ben 5 anni dalla posa della chiglia. La Michelangelo venne consegnata. Costò complessivamente 75 miliardi di Lire di allora. L’Italia di Navigazione lo considerò un investimento conveniente. Come ultimo collaudo, prima del suo viaggio inaugurale, partì per una crociera nel Mediterraneo.
Il 12 Maggio 1965, l’ultimo gioiello della Marina Italiana partì con grandi festeggiamenti e con 1.495 passeggeri per il suo viaggio inaugurale da Genova a New York al comando del capitano Mario Crepaz. Il viaggio inaugurale si svolse con un servizio perfetto. Due mesi più tardi si unì la gemella Raffaello. La Michelangelo guadagnò molta popolarità fra i non pochi VIP che scelsero di attraversare l’Atlantico via mare.
La gente di mare si affezionò presto alla nave ed il soprannome “Mic” l’accompagnò nei porti e nelle traversate oceaniche.
Nel gennaio 1966, la Michelangelo rientrò in cantiere per eliminare le suddette vibrazioni, apportando adeguate modifiche alle eliche che non solo eliminarono le pericolose vibrazioni, ma la resero anche più veloce raggiungendo la notevole velocità di 31,59 nodi (quinta nave più veloce al mondo dopo la Queen Elizabeth, Queen Mary, United States e France) superando anche la Raffaello che prima delle modifiche era leggermente più veloce, grazie ad un profilo leggermente diverso dello scafo. In ogni caso la velocità di crociera venne mantenuta a 26,5 nodi, per limitare i costi di esercizio.
Nonostante avesse passato con successo la revisione nell’Aprile 1966, quell’anno si rivelò il più tragico per il servizio della Michelangelo.
UN’ONDA ANOMALE LA RESE FAMOSA…
Il 12 Aprile 1966, mentre aveva superato di poco la mezza traversata e si trovava a due giorni e mezzo da New York, si scontrò con un’onda anomala che sfondò la parte frontale delle sovrastrutture uccidendo due passeggeri, un membro dell’equipaggio, e facendo piu’ di 50 feriti, fra cui 10 in gravi condizioni.
ED ECCO LE DRAMMATICHE FOTO ….
Era la mattina del 12 Aprile 1966, la Michelangelo stava procedendo verso New York con 745 passeggeri a bordo. Quel giorno si sviluppò una tempesta di enorme potenza, molte navi si trovarono in difficoltà, 5 marinai furono spazzati via dal ponte di coperta della nave da carico inglese Chuscal. Erano circa le 10 del mattino quando un’onda anomala si presentò di fronte al transatlantico italiano proprio nel momento più sfavorevole per essere affrontata. Il comandante Giuseppe Soletti, alla sua ultima traversata, devio’ verso sud dalla rotta standard, per evitare il centro della tempesta. Venne consigliato ai passeggeri di stare in cabina, per evitare di essere sbattuti tra le paratie dei corridoi. A bordo c’era anche lo scrittore tedesco Gunther Grass con la moglie e l’ammiraglio Giurati, il presidente dell’Italia Navigazione.
Claudio Suttora, il Primo Ufficiale, racconta: “Le onde diventavano sempre più alte e violente, e proprio alla fine di un grande beccheggio ci siamo trovati davanti quell’onda enorme. La Michelangelo, che fino a quel momento era stata in grado di risalire le onde, infilò dritta la prua in quell’enorme, spaventoso e insuperabile muro d’acqua… nessuno di noi si rese conto di cosa stesse per succedere, quell’onda ci si è formata davanti quasi all’improvviso… per fortuna l’urto non fu così forte da danneggiare anche il timone, così riuscimmo presto a rimettere la nave contro le onde”.
Claudio Cosulich, all’epoca Comandante in 2a della Michelangelo, racconta: “Quando arrivò l’onda, non ero sul ponte di comando, un’onda precedente aveva scoperchiato una presa d’aria sul ponte di prua ed ero andato con quattro volontari a riparare il danno, per evitare che l’acqua entrasse. Avevamo appena finito e stavamo scendendo una scaletta sotto il ponte… cademmo tutti rovinosamente… fu come incassare in pieno una cannonata da 305 mm.”
L’onda scavalcò la prua alta circa 18 metri e sfondò le lamiere dalla parte frontale della nave, distanti piu’ di 70 metri dalla cima della prua, e molti oblo’ spessi quasi 2 centimetri fin sul ponte di comando, a 25 metri dalla linea di galleggiamento. Due passeggeri, che avevano la cabina nella parte colpita dall’onda, morirono quasi subito, un membro dell’equipaggio morì poco dopo. I feriti furono piu’ di 50, 10 dei quali, gravi. Lo stesso Cosulich, che in seguito divenne l’ultimo comandante della Michelangelo, riportò una serie di fratture al braccio sinistro. Poco dopo l’incidente il transatlantico venne raggiunto da una nave militare americana che fornì assistenza medica supplementare, mentre I medici della Michelangelo lavorarono ininterrottamente fino all’arrivo a New York.
A New York la Michelangelo si fermò 3 giorni per le riparazioni temporanee, consistenti nella copertura della parte colpita, mentre al ritorno in Italia venne adeguatamente riparata e rinforzata, sostituendo le lamiere della parte frontale, fatte in lega di alluminio, con lamiere di acciaio in modo da renderla più resistente in futuro. Lo stesso lavoro venne eseguito sulla Raffaello.
Per diminuire il peso delle navi e ridurre il consumo di carburante, l’alluminio era infatti utilizzato per le sovrastrutture di molte navi moderne negli anni ’60, così dopo l’incidente della Michelangelo anche altre navi come il France e lo United States ebbero la parte frontale rinforzata in acciaio. Questo fu l’unico grave incidente della storia della Michelangelo.
UNA FESTA CHE I PASSEGGERI PORTAVANO NEL CUORE PER SEMPRE!
Negli anni in cui i due grandi LINERS italiani erano impiegati nei viaggi di linea attraverso l’Atlantico, il momento del loro incrocio era l’attesa occasione di una grande festa per i passeggeri. Le navi viaggiavano infatti intorno ai 26 nodi, quindi si sarebbero incontrate ad una velocità relativa di oltre 50 nodi. Nel momento calcolato del passaggio molto ravvicinato al traverso, mantenevano ovviamente una distanza di sicurezza, “le navi suonavano le sirene, i passeggeri sparavano fuochi artificiali, tiravano palloncini volanti e le possenti onde scuotevano le navi a vicenda”.
L’INIZIO DELLA FINE….
IN UN SOLO ANNO, ERA IL 1970, LA COMPAGNIA AEREA PAN AMERICA REGISTRO’ IL TRASPORTO DI UN MILIONE DI PASSEGGERI TRA L’EUROPA E GLI STATI UNITI.
In quell’anno divenne sempre più chiaro che l’epoca romantica dei transatlantici era ormai tramontata. il 96% dei viaggi transatlantici avvenivano ad alta quota. La compagnia inglese Cunard ritirò dal servizio le sue due regine (QUEEN MARY E QUEEN HELIZABETH) rispettivamente nel 1967 e 1968. Nello stesso anno la United States Line ritirò dal servizio la sua unità principale, la “UNITED STATES”.
La gestione era diventata antieconomica. La cruda realtà era questa: quando la nave viaggiava con solo 400 passeggeri a bordo, erano stipendiati 1.450 persone di equipaggio, e quando l’Italia Navigazione cercò di negoziare con i rappresentanti sindacali la riduzione dei componenti l’equipaggio, i sindacati rifiutarono ogni soluzione chiedendo altresi’ di aumentare le loro paghe. Venne allora in aiuto il Governo italiano, che accettò di sovvenzionarne la gestione delle navi.
“Non aiutarono la situazione i numerosi scioperi, indetti successivamente dall’equipaggio per futili motivi come quello indetto (non sappiamo se della Michelangelo o Raffaello) perché non veniva loro servita acqua minerale in bottiglia, ma acqua del rubinetto. L’Italia di Navigazione, cercò allora di compensare le perdite riducendo la velocità di crociera, ma non ne ebbe un apprezzabile ritorno economico. Un’altra iniziativa fu quella di offrire tariffe a prezzi speciali verso gli Stati Uniti, alla fine del 1972. Nonostante ciò, per molte persone queste tariffe stracciate non furono un incentivo sufficiente per intraprendere un viaggio turistico. Fu presto chiaro per quasi tutti che il mercato del trasporto-passeggeri transatlantico era ormai troppo piccolo per due navi così grandi”.
La situazione peggiorò nel giro di una notte quando il prezzo del petrolio salì da 35$ a 95$ al barile. Come ben sappiamo, i transatlantici di quell’epoca avevano bisogno di grandi quantità di carburante per cui i loro costi di esercizio diventarono enormi.
Nel 1974 e 1975 la Michelangelo venne impiegata per gran parte del tempo nelle crociere divenute nel frattempo il business delle vacanze. Ma la MIC era considerata troppo grande per il mercato crocieristico di allora. Non solo, il problema che impediva lo sfruttamento al meglio delle gemelle Michelangelo e Raffaello come navi da crociera era la suddivisione interna in tre classi, non idonea ad un uso da crociera.
L’Italia di Navigazione tentò comunque di impiegare la Michelangelo in diversi tipi di crociere, dalle classiche ai Caraibi, ai viaggi speciali a Rio de Janeiro, a Capo Nord. Ma nessuna delle rotte provate ebbe successo, così il 26 Giugno 1975 la Michelangelo partì tristemente da New York, per il suo ultimo viaggio verso Genova.
“Nel 1975, i finanziamenti del governo ammontarono a 100 milioni di lire al giorno, 700 dollari per passeggero trasportato. Intanto la stampa inizio’ a chiedersi perché mai i contribuenti avrebbero dovuto continuare a pagare per mantenere questi “monumenti galleggianti, rappresentanti di un’era ormai finita” e proclamarono che queste navi dovevano essere affondate anziché sovvenzionate. Il governo annunciò che non poteva più continuare a pagare 100 milioni di lire al giorno per tenere le due Gemelle in funzione e nella primavera 1975 comunicò all’Italia Navigazione che le sue navi non avrebbero più ricevuto alcuna sovvenzione”.
Questo provvedimento significò la fine per le due fantastiche Gemelle.
“L’ultimo viaggio fu ben lungi dall’essere un addio brillante e solenne, la biblioteca e la lavanderia di bordo erano chiuse durante l’intero viaggio, le sigarette e le bevande alcoliche finirono, i negozi erano chiusi, l’aria condizionata venne spenta in mezzo all’Atlantico, il servizio di bordo era approssimativo e inefficiente, insomma tutto il contrario di quello che la rese famosa. Inoltre, accessori e suppellettili incustoditi andarono a ruba, prelevati dai passeggeri che non volevano rinunciare ad un ultimo souvenir. Prima ancora che i passeggeri potessero lasciare la nave, l’equipaggio incominciò a smontare e impacchettare la posateria e tutta le ceramiche.”
Nella foto. La Messa domenicale in navigazione. da sinistra Carlo Gatti, a seguire il Comandante in 2° Claudio Cosulich, il Commissario Governativo, il Comandante della M/n VULCANIA Giovanni Peranovich ed il Capo Commissario di bordo.
Chi scrive, è il giovane pilota del porto di Genova che si diede “volontario” per l’ultimo ormeggio della MICHELANGELO (come nave passeggeri) a ponte Andrea Doria. “Non era il mio turno, ma spiegai ai colleghi che il comandante della MIC era stato il mio 1° Ufficiale sulla M/n Sarturnia ed in seguito anche il mio Comandante in 2a sulla M/n Vulcania e che sarei stato felice di salutarlo per rinnovargli la mia stima e vicinanza nel momento piu’ triste e difficile della sua carriera”.
“Il 12 Luglio 1975, il Comandante triestino Claudio Cosulich fu l’ultimo a comandare la Michelangelo come nave passeggeri. La manovra d’ormeggio ben riuscita venne salutata da voci che acclamavano gridando “Bravo Capitano!” sia da bordo, sia dalle migliaia di persone che accorsero per assistere dal molo.”
Così dopo soli 10 anni di servizio, 121 traversate atlantiche e 245.839 passeggeri di linea trasportati, la più prestigiosa unità di bandiera italiana ammainò la bandiera.
Dopo un breve periodo trascorso a Genova sotto l’occhio interessato di tanti armatori dello shipping internazionale, la Michelangelo venne posta in disarmo nella baia di Portovenere a La Spezia, dove venne raggiunta poco tempo dopo dalla gemella Raffaello, malinconicamente vicine, presso i famosi cantieri demolitori situati proprio in quella zona, ma il momento della loro demolizione era ancora lontano, la loro attesa fu lunga ed estenuante: la maggior parte dei possibili acquirenti le giudicarono troppo grandi, tanto per cambiare…
Successivamente, con molta sorpresa, entrò in scena uno strano personaggio: lo Shah di Persia (oggi Iran) che mostro subito d’essere interessato all’acquisto delle due “meraviglie” per impiegarle “squallidamente” come caserme galleggianti. L’Italia di Navigazione accettò tra il profondo dispiacere di tutte le persone che l’avevano costruite, degli equipaggi che l’avevano avute come casa, oltre ai tantissimi passeggeri in cui era rimasto un bellissimo ed indelebile ricordo di tante traversate oceaniche.
Il 12 Dicembre 1976 vennero vendute per 35 miliardi di lire in totale, quando ne erano costate 150.
Così nel Luglio 1977 la Michelangelo e la Raffaello, private del loro arredamento originale, affrontarono l’ultimo viaggio spinte dalle loro potenti turbine, con destinazione Bandar Abbas.
In quell’anno, la MIC venne trasformata in nave caserma, ospitante 1.800 persone. Per 15 anni la Michelangelo fu utilizzata in quel ruolo mantenendo il suo nome e 50 manutentori italiani inclusi nel suo equipaggio che si occupavano della cura della nave.
Quando pero’ alla fine degli anni ’70 lo Shah di Persia venne cacciato dal potere, il personale italiano venne rimandato in Italia.
“Nel 1978 fu proposta una ristrutturazione che permettesse il riutilizzo delle due unità come navi da crociera rivolte ad una clientela di lusso: la loro capacità ricettiva sarebbe stata ridotta a 1300 passeggeri e, pur rimanendo di proprietà iraniana, avrebbero navigato, sotto una conveniente bandiera di copertura nelle acque del Mediterraneo e dei Caraibi. Il progetto prevedeva anche un nuovo nome: Michelangelo e Raffaello sarebbero diventate “Scià Reza il Grande” e “Ciro il Grande”.
Alla commissione di esperti giunta appositamente dall’Italia per verificare la fattibilità del progetto e per effettuare la manutenzione, apparve evidente il grave stato in cui versavano le strutture: gli scafi erano arrugginiti, la pavimentazione lignea dei ponti scoperti iniziava a deformarsi e gli ambienti interni erano ormai in balìa di armate di topi. Quelle che pochi anni prima erano state le ammiraglie della flotta italiana non avrebbero mai più navigato.”
Purtroppo, da quelle parti del globo, non esisteva alcuna tradizione marinara degna della fama di queste due navi che caddero nella piu’ totale trascuratezza fino a ricoprirsi di ruggine e “quelli che un tempo erano saloni degni di una reggia, divennero immensi alberghi per topi!”
Così, nel 1991, gli ufficiali iraniani decisero che la nave non fosse più utilizzabile in nessun modo e venne venduta a peso ai demolitori pakistani. Ma quello di cui c’era bisogno non erano l’acciaio, il rame o altre materie prime, ma la capacità e la volontà di dirigere queste navi verso nuovi impieghi e con un’amministrazione piu’ seria.
La Michelangelo fu rimorchiata fino Karachi, dove arrivò il 7 Giugno 1991 e venne demolita sulla spiaggia. Per diversi anni, i venditori ambulanti di Karachi vendettero i più svariati souvenir della Michelangelo: accessori per cucine, rubinetti, e persino i water…
Questa fu la fine della nave più grande, stupenda e innovativa della nostra Marina.
UNA TRISTE DEDUZIONE
La storia delle navi passeggeri Michelangelo e Raffaello rappresenta non solo un’epoca d’oro per il trasporto marittimo, ma anche un monito sui danni di visioni errate e strategie manageriali inefficaci. Nonostante la loro magnificenza e l’innovazione ingegneristica, le decisioni politiche ed economiche che hanno accompagnato la loro costruzione e gestione si sono rivelate disastrose. L’overcapacity, la mancanza di una visione a lungo termine e l’incapacità di adattarsi a un mercato in rapida evoluzione hanno portato a costi enormi, che si sono tradotti in perdite miliardarie per l’Italia. Questi errori non solo hanno minato il potenziale delle due navi, simboli di orgoglio nazionale, ma hanno anche illustrato la necessità di una programmazione più attenta e lungimirante, capace di rispondere alle sfide di un’industria in continuo mutamento. La lezione da trarre è che il progresso tecnologico deve sempre essere accompagnato da una strategia ben definita e una comprensione approfondita del mercato globale.
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Carlo GATTI
Rapallo, 21 ottobre 2024