ANNI ’60
RICORDI DI BORDO E DINTORNI…
Breve introduzione.
I marittimi non amano raccontare i propri trascorsi in mare perché pensano di non essere capiti dai “terrestri”… Ma come ben sappiamo, ogni regola ha le sue eccezioni, il comandante Nunzio Catena é una di queste.
Il saggio che oggi ci dà in lettura, riporta indietro di mezzo secolo le lancette dell’orologio facendo rivivere i personaggi di bordo con le loro mansioni sulle “carrette” dei mari. Nunzio é stato imbarcato su quei “brutti anatroccoli” come Roosevelt definì i LIBERTY nella cerimonia del primo varo. Pochi naviganti del Nuovo Millennio conoscono l’epopea di queste navi che furono costruite e montate in pochi giorni nei cantieri USA, con l’obiettivo di rifornire l’Europa in guerra. Esse dovevano compiere soltanto una traversata atlantica, ma per molte di loro, la carriera terminò con la demolizione verso la fine degli anni ’60. In un’altra sezione del sito di Mare Nostrum Rapallo, abbiamo riportato una serie di articoli dedicati a queste navi definendole:
“Le navi che vinsero la guerra e poi la pace”
Alcune Liberty furono rimotorizzate e trasformate internamente per il trasporto di auto-FIAT dall’Italia agli Stati Uniti adeguandosi, in parte, alle nuove esigenze del mercato. Nunzio ci parlerà di questo trasporto, del quale segnaliamo anche un video e altri simpatici aneddoti. Riteniamo pertanto che molti anziani “lupi di mare”, leggendo questi ricordi, rivivranno una parte della loro gioventù, ma siamo inoltre convinti che anche le nuove generazioni di studenti nautici e giovani ufficiali in servizio troveranno in queste “testimonianze” notevoli spunti di riflessione su come si navigava al tempo dei loro nonni, senza strumenti elettronici, con il radar che andava in avaria nel momento in cui serviva, con il radiogoniometro inattendibile… molto spesso affidandosi soltanto al sestante e al buon senso marinaresco.
Buona lettura!
Carlo Gatti
webmaster
FINALMENTE SI NAVIGA…
Quando finalmente iniziai il Corso Capitani di coperta, ero talmente motivato che terminai l’anno scolastico 1961 con una buona media e fui invitato a partecipare al concorso della Lega Navale Italiana, a livello nazionale – alunni IV° Corso Istituti Nautici Italiani – e nel mese di Luglio, m’arrivò la comunicazione che avevo vinto il Viaggio Premio con la Flotta Lauro-Napoli (che aveva navi passeggeri dislocate in tutto il mondo).
Mamma, sempre previdente, mi disse: “micc(i) cacche maj de lan(a).. ‘nz pò mai sapè, t(e) mann a dò fa lu fredd ..?!!!
(Traduzione: metti qualche maglia di lana, non si può mai sapere, se ti mandano dove fa freddo.? !!!”)
Mamma aveva ragione! Grazie alle potenti raccomandazioni che avevo… quando mi presentai all’Armamento Lauro di Napoli, mi dissero: “vada ad Augusta (Sicilia), imbarchi sulla petroliera ‘VOLERE’ noleggiata sulla rotta Mina al Ahmadi (Golfo Persico) – Augusta! “
Data la calura del Golfo Persico in estate, quel viaggio era noto con il nome: per l’inferno e ritorno. L’aria condizionata all’epoca era soltanto un privilegio di non molte navi passeggeri.
Partii e portai a termine il viaggio con soddisfazione e tanto interesse, e lo avrei anche ripetuto, ma non fu possibile per la riapertura della scuola a Ottobre. Ebbi delle ottime referenze da parte del Comandante, il quale mi disse: “Quando prende il Diploma, puo’ imbarcare con Lauro..!!
IL 26/7/62, conseguito finalmente il diploma di Allievo di Coperta (vedi il sospirato primo grado nella foto), un mio amico che aveva navigato mi consigliò d’inoltrare domanda d’imbarco alla Compagnia Italnavi di Genova. Era il 10 settembre e scrissi:
“Mi chiamo … Nato il… a… ecc. ecc… Se sono necessarie raccomandazioni, non leggete oltre.”
In pratica, mi ero raccomandato da solo…!
Infatti, a stretto giro di posta, mi risposero di inviare il Libretto di Navigazione per essere messo al turno particolare, il che significava che sarei stato assunto, ma la mia partenza sarebbe dipesa dal numero di Allievi che mi precedevano.
Avrei dovuto baciare per terra per essere stato assunto…, ma quanto avrei dovuto aspettare? Non potevo più aspettare, ero logorato dall’attesa! Sarei ritornato da Lauro, magari anche con il diavolo, ma dovevo assolutamente partire. Subito!
All’epoca viaggiavo gratis in treno e quella sera stessa partii per Genova. La mattina seguente alle 9, mi presentai in Via Fiasella n.1, sede dell’ufficio d’Armamento. Mi presentai con la “lettera d’assunzione” all’addetto agli imbarchi che mi chiese il “libretto di navigazione”.
Al che io domado:
“Quanto tempo devo aspettare per imbarcare? Quanti Allievi sono prima di me?”
E quello con voce alterata mi risponde: “Cinque o sei!”
Al che io di rimando:
“No, grazie! mi ridia il libretto… Io devo imbarcare subito!”
Mentre stavamo parlando entrò un signore anziano con le sopracciglie che sembravano cespugli, ed in dialetto genovese chiese qualcosa all’impiegato. Intuii e m’intromisi:
“Comandante, io non posso aspettare, mi dispiace ma…”
Lui guardò il libretto, mi riguardò e disse all’impiegato”:
“mettilo per primo!”
Tornai a casa passando da Roma. Il 25 sett. 1962 mi arrivò il telegramma: “Presentarsi domattina per imbarco”.
Non sapevo in quel momento se dovevo essere finalmente Felice! In realtà lo ero… Però c’erano troppe cose alle quali ero legato. Mio nipote Vanni, sopratutto, aveva solo due anni, mi chiamava “ziò” e durante l’estate lo portavo con me.
La “vela” di nunzio
I “massi”
Mamma e papa’ sarebbero rimasti soli, ma il loro dispiacere, minimamente dimostrato, era compensato dal fatto che dopo tanto ero riuscito a fare quello che volevo: la barca, i massi, gli amici e tutto ciò con cui ero cresciuto assieme e che ora dovevo lasciare.
In ultimo presi un po’ della mia terra (sabbia), salutata mamma senza una lacrima mi disse:
“abbad a te mamm, pe’ nu, nun tene’ pensiero!”
traduzione: bada a te, mamma, per noi non aver pensiero.
Non avevo un’agenda vera e propria, ma una piccolina dove annotai le ore degli ultimi saluti… Alle 21,30 partiva il treno per Torino. Bisognava cambiare a Voghera per Genova dove si arrivava al mattino, in tempo per andare al “diurno” sotto la Stazione e lavarsi (con le locomotive a carbone s’arrivava neri come un marocchino..!!) per poi presentarsi in Compagnia. Sarei imbarcato su una nave nuova, la “PORTOVADO” che si trovava a Taranto.
Nel viaggio da Genova a Taranto, visto che dovevo passare da casa, mi sono fermato tra un treno e l’altro con la gioia di tutti…
A Taranto imbarcai sulla PORTOVADO, una nave da carico nuova e bella..! Caricammo grandi tubi di acciaio per un gasdotto costruito dalla SNAM che univa la Patagonia a Buenos Aires. Quel viaggio prevedeva lo scalo a Bahia Blanca, la navigazione lungo il Rio della Plata per caricare mais a Rosario e Villa Costitution, si completava il carico a Buenos Aires per poi ripartire per Genova. Viaggi meravigliosi, soste abbastanza lunghe nei porti, belle citta’ e sopratutto belle ragazze! Ebbi la fortuna d’incontrare un equipaggio meraviglioso. Mi volevano tutti bene! Appena imbarcato, facevo la guardia con il 2° Ufficiale Nardini dalle 20 alle 24. Con lui mi sento ancora oggi al telefono.
M/n PORTOVADO
Ero felice e non mi sembrava vero di poter fare quello che avevo tanto sognato. Ho sempre dormito poco, mi ritiravo a mezzanotte ed alle 4 ero fresco come una rosa… e andavo dietro a tutto l’equipaggio per imparare il più possibile. Quando a bordo seppero la storia dei miei due diplomi: di macchina e di coperta, mi dissero: “noi siamo stati ‘dei belinuin’ ad aver fatto questa scuola. Ma tu sei un doppio ‘belinun’…” Non voglio parlare delle varie avventure nel periodo che sono stato a bordo. Con alcuni diventammo proprio amici (Benvenuto, l’Allievo piu’ anziano di me, Cesare Ferrero 3° ufficiale (I tre dell’ave maria!). Dopo un anno, anche se spesso cambiavano i viaggi, dal punto di vista professionale, avrei voluto fare esperienze diverse per imparare meglio la professione. Un anziano Comandante mi diceva: “la barca vecchia fa il buon Capitano”! Cosi’ quando vidi quei liberty feci come Ulisse con la maga Circe, ne fui incantato anche se fu molto difficile rinunciare a tutto quello che avevo a bordo di quella nave nuova!
Toccavo e ritoccavo quell’anello che avevo al dito regalatomi da mia madre il giorno del mio ventesimo compleanno, dove era scritto: “Nunzio e il Mare”. Il destino ha voluto cosi’: farmi incontrare Peppino di Bartolomeo… Il mio compagno di classe che ‘scappava’ dal Liberty Italvega. Io gli proposi il cambio e come ho già raccontato in altre occasioni, sono andato dal Comandante di Armamento che mi aveva conosciuto e gli dissi”:
“Comandante, sono sul ‘Portovado’ da un anno e conosco anche quanti chiodi ci sono a bordo. Vorrei andare sull’Italvega”.
Mi guardò, abbozzò un sorriso e mi accontentò.
Così tagliai i ponti con il Sud America! Ma quando ritornai a casa, mi venne a trovare il famoso Peppino il quale, dopo l’esperienza del Portovado, si diede all’agricoltura per coltivare le sue terre. Peppino aveva un pacchetto in mano, me lo diede dicendomi il nome del mittente. Premetto che avevo sempre odiato indossare amuleti d’oro, all’epoca portavo al collo una catenella di rame con un’ancoretta usata dai modellisti di navi. Nel pacchetto c’era l’ancora che la sera dell’addio era rimasta impigliata nel ‘suo’ vestito… Viene da pensare alla Madama Butterfly. Quando arrivò il Portovado, lei stava aspettando sulla banchina insieme alle sue amiche. Peppino era imbarcato al mio posto e proprio a lui, prima della partenza, riconsegnò il pacchetto che conteneva un bigliettino: “Il Mare ha la forza di rompere anche le catene più forti..! Buon vento, Capitano“. In quel momento, per quanto fossi troppo felice, la cosa mi fece pensare un pò: “Quella persona non mi era affatto indifferente!” Forse ci sto’ pensando più in questo momento in cui il tempo ha offuscato anche la sua immagine. Quanti ricordi!
Allievo di Coperta del Nuovo millennio
L’ALLIEVO DI COPERTA DEGLI ANNI ’60 lavorava in simbiosi con il 1° UFFICIALE DI COPERTA, ossia il COMANDANTE in seconda della nave.
I gradi del 1° Ufficiale di coperta
Quando ritorno con la mente a quel periodo mi prende la nostalgia…
Io ho sempre sostenuto che buon Ufficiale si diventa da Allievo, perchè solo da Allievo puoi chiedere le cose che non sai e, se non lo fai in quei mesi, saràa difficile farlo in seguito, perchè una volta diventato 3° Ufficiale, ti viene male chiedere ad un altro Ufficiale quella cosa che non sai… e così quelle ombre te le porti dietro…
Le mie FUNZIONI e MANSIONI di Allievo di Coperta.
Sono di “guardia” (la cosiddetta “DIANA”) con il 1° Ufficiale di coperta nei seguenti orari 04/08 – 16/20
Dopo aver salutato il personale di guardia sul Ponte di Comando, il mio primo lavoro é quello di caricare il cronometro della nave in senso antiorario. Alla domanda: “perché”? Segue la risposta: “così ti svegli meglio”. Segue l’eventuale “correzione” da apportare su apposito registro (qualora l’Ufficiale R.T. (Marconi) avesse preso il segnale orario). Calcolo l’eventuale avanzo/ritardo del CRONOMETRO di bordo, altrimenti il Primo dirà di quanti minuti; dopodiché faccio il giro di tutti gli orologi di bordo: cabina del Comandante, sale mensa, cucina e avviso la Sezione Macchina.
Nella parte alta: Calcolo del Punto Nave. Esempio di Retta d’Altezza di sole trasportata all’ora della Meridiana
Calcolo del Punto Nave. Le sette Rette d’Altezza s’incrociano quasi nello stesso punto del grafico. Si tratta di un’ottima performance.
Varie … a disposizione del 1° Ufficiale: navigazione in corso, controllo se vi sono modifiche alle caratteristiche dei fari e fanali, se la navigazione é sottocosta, oppure mi dedico alla preparazione del calcolo astronomico chiamato: “osservazione astri al crepuscolo” per ottenere il punto nave, se la navigazione é in altomare. Ore 06,00 – Arriva il Nostromo con le “sonde sentine”, DDFF (doppi fondi), depositi acqua dolce ed altri depositi; aggiornamento dati sull’apposito registro e riporto il consumo giornaliero dell’acqua dolce, controllo eventuali anomalie con sonde precedenti. Seguono gli ordini del 1° Ufficiale al Nostromo per i lavori da effettuarsi in giornata. Appena giunge l’ora dell’osservazione, si procede con la seguente annotazione dati: orario esatto cronometro, allertato prima da: “Lesta” e poi “Stop” – e dalla contemporanea lettura dell’altezza dell’astro sull’orizzonte misurato al sestante dal 1° Ufficiale che scandisce il nome dell’astro. La stessa operazione si ripete per tutti gli astri osservati. Terminate le osservazioni astronomiche si procede piuttosto rapidamente con il calcolo del punto nave. Tempi operativi del 1°Uff. = 10/15 min, con conseguente senso di sconforto dell’Allievo… 2 ore se andava bene – specialmente le prime volte.
Al “Sorgere del sole”, si calcola l’Amplitudine (ortiva), per il controllo dell’eventuale errore della bussola che si registra sull’apposito Registro, con conseguente correzione della rotta al timoniere.
Sul brogliaccio del Ponte di Comando viene annotato tutto ciò che ha rilevanza nautica: di un punto cospicuo (faro, costa, boa ecc.), cambi di rotta, tutto quello che interessa la navigazione ed alla fine della guardia il tutto viene trascritto sul Giornale Nautico parte 2a, nell’apposito riquadro e firmato dall’Ufficiale di guardia.
Smontato di guardia, il compito più odioso, almeno per il sottoscritto, (non ammettevo all’epoca di fare errori per colpa di altri), devo andare dal Cambusiere e chiedere il Menù del giorno per la Mensa del Com.te-D.M. degli Ufficiali, Sottufficiali e Comuni, quindi scriverli e metterli sui rispettivi tavoli. Premessa: a casa mia si mangiavano minestre semplici, chiamate per quelle che erano. La domenica, gnocchi o pasta all’uovo, (magari ‘alla chitarra’, specialità abruzzese). A bordo invece, il Cambusiere cominciava a dettare piatti con dei nomi stranieri che io non avevo mai sentito e quindi non ero in grado di scrivere, allora lo chiedevo all’interessato, il quale mi rispondeva in dialetto ligure: “che ne so io! Ho fatto la 5a Elementare. Tu hai le scuole alte..!!” Avevo il terrore di sbagliare, non sapevo a chi chiedere, se ci ripenso, mi sento male ancora adesso.
Ritorno sul ponte di comando per seguire la navigazione. Stiamo navigando sottocosta. Dò un’occhiata alla carta nautica, visualizzo i punti cospicui, prendo i rilevamenti e li disegno ottenendo il punto nave sulla carta nautica. Ripeto l’operazione con intervalli di tempo divisibili per 6.
Ogni lunedì devo cambiare la carta al barografo ed altri registratori settimanali. Un quarto d’ora prima della fine del turno di guardia, registro le voci richieste dalla pagina a sinistra del Giornale Nautico p. 2a (Rv, Rm, Rb, Mare: direzione e forza – Vento: direzione e forza – Cielo,…… – Visibilità …….- Barom. ….., tendenza… – Temper. term.asc…., term.bgt….- Umid.Rel……%. ed altri dati meteo.
Dalle 8 in poi: controllo lavori in coperta, e poi inizia il lavoro in segreteria. Nota dolente: a scuola nessuno mi aveva consigliato di imparare a scrivere a macchina, poiché a bordo sarebbe stato essenziale… Non voglio qui raccontare di quanti fogli ho buttato nel cestino perchè non me la sentivo di presentare al Comandante una lettera con una cancellatura!! Ho proprio sofferto per questa mia carenza e bastava che avessi qualche minuto libero, per fermarmi in segreteria ed esercitarmi. In quella specie di “ufficio” finivo per passarci gran parte della giornata.
Poco prima delle 10.00 interrompo il lavoro che ho intrapreso, mi cambio e ritorno sul Ponte di Comando per il rito della retta d’altezza di sole, da “trasportare” e utilizzare con la meridiana alle 12.00 per la determinazione del Punto Nave a mezzogiorno.
Ritorno al lavoro che stavo facendo regolandomi di terminarlo per le 11.45, orario stabilito, fin dall’antichità, per l’incontro del Comandante con gli Ufficiali di Coperta sul Ponte per il calcolo congiunto del Punto Nave a mezzodì.
Come Allievo, mi pianto con gli occhi sul cronometro per annotare l’orario della MERIDIANA del sole (l’altezza massima del sole nella giornata), e quindi l’angolo misurato dagli Ufficiali che sono tre e di solito, anche se di pochi secondi, le misure sono diverse. Quello che conta è la lettura effettuata del 1° Ufficiale, ma é d’uso fare anche la media matematica delle altezze rilevate, che è quella della quale si tiene conto nei calcoli. Ottenuto il Punto Nave a ½ dì, viene messo sulla carta, ed ogni Ufficiale calcola con le formule analitiche, la distanza percorsa dal ½ dì precedente e la velocità nelle ultime 24 ore. Si passa infine al calcolo delle miglia percorse dalla partenza ed alla velocità generale del viaggio.
Il Comandante controlla il punto-nave sulla carta e decide se ci sono le condizioni necessarie per apportare eventuali correzioni alla ROTTA.
Terminati i calcoli si va tutti a pranzo, eccetto il 3° Ufficiale che ha già pranzato alle 11, ed ora monta di quardia fino alle 16.00. L’ultimo compito della mattinata per l’Allievo di coperta consiste nel consegnare alla Sez. Macchinisti i dati giornalieri: la posizione della nave, le miglia percorse, la velocità effettuata, tramite i quali verranno calcolati i consumi di carburante, acqua ed altro. Poi di corsa a mensa, perchè la fame si fa sentire.
Se a bordo c’è un bell’ambiente, il pranzo è il momento più bello della giornata in cui ci si racconta le proprie avventure, ci si prende anche in giro e finalmente si dimenticano le malinconie ecc…
Di solito si festeggia sempre qualcosa… un buon pretesto per bere del buon vino e non il solito ‘cancarone’, quello che passa il ‘convento’.
Di solito sono gli Allievi al primo imbarco che ‘offrono o soffrono da bere…’ per il passaggio di Gibilterra (le Colonne d’Ercole), per il passaggio dell’Equatore, la prima volta nel Nuovo Continente ecc. ma di solito si é felici di pagare (eccetto qualche soggetto ligure!!). A bordo c’é anche il “quaderno delle musse” una specie di SPIA che segnala gli errori VERBALI (non professionali) degli ufficiali che incorrono in qualche “SVISTA” per cui si deve offrire da bere! Una volta ho detto: “sono passato all’una e il tuo oblò era ‘acceso’…” – “paga da bere gondone!”
Dopo il pranzo segue l’ora della SIESTA, ma io non ho problemi di sonno, anzi, dormo pochissimo e ne approfitto per vedere sempre qualcosa di nuovo. Vado in segreteria ad esercitarmi a scrivere a macchina, se a qualcuno non dà fastidio il ticchettio della macchina da scrivere, altrimenti me ne andavo sul ponte, se al 3° Ufficiale non dà fastidio, ma credo che non gli sembri vero d’avere un Allievo pure lui, ed a me non sembra vero essere finalmente a bordo… la casa più bella del mondo!
Dalle 16.00 alle 20.00, monto di nuovo di guardia sul Ponte di Comando insieme al 1° Ufficiale. Il lavoro si svolge con più calma, specie in navigazione in mare aperto e con buona visibilità. Il Primo ha più tempo da dedicare a me: mi fa delle domande per saggiare la mia preparazione, mi spiega cose nuove, ed io ne approfitto per fargli quelle domande che ho in mente da tanto e finalmente trovo chi me le spiega.
Ho sempre pensato che buoni Ufficiali si diventa a partire dal grado di Allievo, quando è lecito e doveroso “chiedere” ciò che non si sa. Se ti restano delle lacune professionali te le trascini quando sarai 3° e oltre, ma non avrai più il coraggio di chiedere lumi denunciando in giro la tua ignoranza….
L’esperienza che si accumula vicino al Primo Ufficiale é davvero notevole, lui é il Comandante in 2° della nave, e deve sapere tutto per poter sostituire il Comandante in caso di necessità. Al suo fianco si ha modo di imparare tutti i suoi compiti: la preparazione del piano di carico, con tutti i problemi che esso comporta, la stabilità, l’assetto, evitare ‘tramacchi’ per scaricare merce nei porti successivi, ecc.. ecc..
Ritorniamo agli incarichi dell’Allievo di coperta. E’ necessario aggiornare i Portolani, l’Elenco dei Fari e Fanali, la cui differenza consiste nella portata: sopra le 15 miglia i primi, sotto le 15 miglia i secondi. Inoltre ci sono le correzioni delle carte del viaggio tramite i Notices to Mariners che arrivano con la posta in ogni porto scalato. Oppure, se mancano pochi giorni all’arrivo in un grande porto come Genova, occorre fare le richieste di tutto il necessario che possa servire per il viaggio successivo. Nel nostro caso, si parla di un viaggio di tre mesi (in Pacifico, con il Liberty, con destinazione Vancouver).
C’é uno stampato diviso per settori: Coperta, Camera, Cucina e varie…comincia con: Aghi da velaio… ecc. e seguono centinaia di altre voci. Per fare la richiesta, occorre scrivere, per ogni voce, la rimanenza, che l’Allievo deve calcolare con il responsabile di ogni settore.
Il pennese, per esempio, é il responsabile delle pitture, pennelli e accessori vari. Il carpentiere é colui che provvede al rizzaggio del carico con travi, puntelli, costruzione di casci, quindi maneggia tavole, putrelle, chiodi, vernici ecc… Il nostromo é colui che segnala l’usura e la mancanza di cavi di ormeggio, cavi di acciaio consumati dei verricelli, ghie, lezzino ecc. C’é poi il cuoco/cambusiere con le sue ordinazioni di piatti, bicchieri, posate ed anche gli stuzzicadenti e la carta igienica… ed a proposito di quest’ultima, c’è un aneddoto un po’ pesante, ma che non posso fare a meno di raccontare. Per ogni voce, il 1°Ufficiale scrive la richiesta, ed all’arrivo in porto, il Com.te d’Armamento esamina la richiesta, chiede ragguagli e di solito ne taglia una buona parte del quantitativo (i tagli ci sono sempre stati…non meravigliamoci di quelli odierni!). Il nostro viaggio, come abbiamo detto, dura circa 100 giorni, siamo 45 persone, quindi i rotoli di carta igienica sono diverse centinaia. Alla richiesta di tanta carta igienica il Com.te d’Armamento, esclama in dialetto genovese: “Belan, quantu papè da cù”. Al che il 1° Uff.le, senza scomporsi, risponde:” ‘scia sà Cumandante, qui a bordo g’han tutti u vizio maledettu de nettase u cù..!!”
Beh, sto divagando un po’! Torniamo al calcolo dell’ora del tramonto del Sole e l’ora del crepuscolo, anche perchè dalle 18.00 alle 19.00 c’é il rilievo da parte del 3° Uff.le per permettere al 1° Uff.le di andare a cena insieme al sottoscritto, ma la mia cena é subordinata a quelle ore astronomiche che ho già calcolato in anticipo e che, in verità, mi interessano molto di più. Così accade che spesso mi faccio lasciare un panino che divoro tranquillamente dopo le 20. Quindi c’é da misurare e calcolare l’amplitudine (occasa) e, come al mattino, compio le stesse operazioni: calcolo l’errore della bussola magnetica, seguita dalle registrazioni sugli appositi registri. L’unica differenza é che di solito, al tramonto, specialmente in certi posti, c’é un cielo meraviglioso e ti prende quella malinconia che solo Dante, con poche parole, poteva riassumere:
“Era già l’ora che volge il disio
ai naviganti ‘ntenerisce il core
lo dì c’han detto ai dolci amici addio”
Beh! non lasciamoci prendere dalla commozione.
C’e da preparare il calcolo per l’osservazione delle stelle che devono essere prese al crepuscolo serotino, finchè l’orizzonte è ancora ben definito. Quindi si procede con le stesse operazioni del crepuscolo mattutino.
Si procede con l’annotazione dell’orario-osservazione. Altezza di quattro stelle misurata con il sestante sull’orizzonte dal 3° Uff.le. Segue il calcolo per la determinazione del Punto Nave. Mentre gli Ufficiali possono usare un metodo più sbrigativo, l’Allievo deve usare le Tavole Logaritmiche, perchè all’esame di Patentino, é prescritto l’uso di quelle tavole. (Siamo nei primi anni ’60, l’esame é scritto ed orale, se non si supera la prova, si deve aspettare sei mesi per ripeterla).
Alle 19.00 il 1° Ufficiale torna sul ponte. Quindi viene messo il punto nave sulla carta nautica, e seguono le stesse procedure del mattino (brogliaccio, compilazione del Giornale Nautico Parte 2a, riordino della Sala Nautica. Alle 20.00 monta il 3° Ufficiale e il 1° Ufficiale gli lascia le consegne: se vi sono navi in vista, riferisce per ognuna la direzione e in particolare quelle che vengono rilevate con lo stesso angolo.
In vicinanza della costa mostra i vari fari con le proprie caratteristiche e le eventuali consegne lasciate dal Comandante.
Alle 20,00 termina il mio servizio di guardia. Mangio il mio panino, se non ho fatto in tempo a mangiarlo prima, poi vado a fumarmi una sigaretta a poppa… Mi piace tanto vedere la scia della nave, specie se nell’acqua ci sono quei microrganismi che la rendono fosforescente e mi fanno pensare…
Se la temperatura lo permette, vado in cabina, scrivo le cose più importanti della giornata sul mio diario, poi leggo qualcosa oppure scrivo a qualcuno/a.
Questo succede in navigazione, con tempo buono. Se il tempo é cattivo le cose da imparare sono altre.
Le cose cambiano quando la nave si trova in porto. Occorre dotarsi soprattutto di un block notes (formato tasca-camicia caki) e matita. Si deve prendere appunti di tutto: in quale stiva si lavora, a che ora è stata aperta. Se si lavora con mezzi di bordo o di terra. Annotare l’eventuali interruzioni nelle operazioni di carico/scarico, dalle …. alle….., la motivazione (se da addebitare al bordo, oppure a terra per la mancanza di camion, ecc…). Durante la caricazione o discarica, bisogna controllare, insieme all’addetto che carica/scarica, il numero dei pezzi (casse, cartoni, tavole ecc), perchè poi occorre riconsegnare quel quantitativo che abbiamo concordato (scritto poi sulle polizze di carico), per ogni divergenza avvisare il 1° Ufficiale. E tante altre cose che adesso non mi sovvengono, ma una la ricordo molto bene: CONOSCERE BENE LE LINGUE STRANIERE E SOPRATUTTO L’INGLESE..!!!!
Quanto ho scritto (e forse sembra tanto..!), sono i compiti principali che ogni giorno, tutti gli Allievi svolgevano abitualmente, su ogni tipo di nave nei primi Anni ’60. Chiaramente quello che “sembrava tanto” i primi giorni, in seguito diventava routine. Ma, oltre a questi incarichi, c’erano tante altre cose da fare che, a poco a poco, ti facevano conoscere la nave dalla sentina fino alla formaggetta.
Ora, di tutto quello che ho raccontato: di quanto si faceva a bordo, e si aveva a disposizione per conoscere la nostra posizione in mare e per poter navigare da un porto all’altro del mondo, non esiste più nulla o quasi.
Speriamo che, a bordo delle mega-navi villaggi turistici ambulanti, abbiano avuto il buon gusto di trovare un angolo (sacrificando qualche metro quadrato ai giardini con le palme), dove mettere una bacheca con questi oggetti: cronometro, bussola magnetica, chiesuola, effemeridi nautiche, sestante, squadrette, carte nautiche (cartacee), con delle frazioni sotto che indicavano: il numero di correzioni (Avvisi ai Naviganti) che dovevano essere apportate sulla carta. Oggi le carte elettroniche in uso a bordo, vengono aggiornate automaticamente).
Se devo essere sincero, mi piacerebbe sapere quali sono, oggigiorno, i compiti dell’Allievo di Coperta, oltre all’applicazione delle Norme per evitare gli abbordi in mare, che oggi sono facilitate dalla strumentazione esistente a bordo.
Avendo esercitato il ruolo di Allievo Ufficiale di Coperta 50 anni fa, come sopra ho descritto, non saprei se dire a quelli di oggi: beati voi !!
Ognuno, si sa, rimpiange sempre la propria giovinezza, ma io rifarei l’Allievo Ufficiale allo stesso modo: amando il Mare con tutto quello di romantico ed d’avventuroso che riusciva a trasmetterci.
Da sinistra, 3°Uff. M. Gambetta, 2°Uff.G.Tosco, All.Cop. N.Catena
Per un certo periodo ho navigato con il Comandante Stefano Galleano, un vero gentleman. In navigazione, alle 11 offriva l’aperitivo sul ponte di comando. Nei porti americani (il nostro era un Liberty USA), ci ordinava d’indossare la divisa con dignità per mostrare e ricevere rispetto dalle Autorità che salivano a bordo…… anche se non avevamo più navi.
“Colpi di mare in faccia !”
La nave “liberty” ITALVEGA paga un duro pedaggio alla barra del fiume Columbia River
M/n ITALVEGA (ex Liberty canadese) a Venezia (Foto di repertorio)
2/03/1964 – “Eravamo all’uscita del Columbia River, provenienti da Portland (Oregon), con una copertata di legname (tavole-red wood), assicurata tutto a regola d’arte (con cavi acciaio, catene, cavi ecc.). Avevamo il Pilota a bordo, il quale ci aveva avvisato che fuori c’era un po’ di mare lungo. Il Com.te fece rizzare le ancore, i bighi e ordinò di sgombrare la prora. Io ero l’allievo di coperta, in manovra ero sul Ponte di comando, addetto al brogliaccio e al telegrafo di macchina (era ancora quello meccanico..!!). Avvicinandoci alla barra lo spettacolo si faceva sempre più interessante, ma anche ricco d’incognite per quei relitti che affioravano insabbiati e sbandati con gli alberi che sembravano croci battute dal vento e dal mare. La corrente piuttosto forte del fiume, incontrando l’onda di mare, ne provocava l’innalzamento. Si formava così un treno di onde di piccolo periodo e molto ravvicinate tra loro. La prora cominciò ad inabissarsi e poi a riaffiorare pesantemente, come cercasse di respirare affannosamente dopo una lunga apnea. Il punto di collisione tra il fiume ed il mare era ormai vicino e noi eravamo lì, tra l’incudine ed il martello per sfidare quella natura antica che recitava il suo ruolo con grande imponenza. Improvvisamente si formò un vuoto, la prora precipitò e poi s’innalzò come per difendersi davanti ad un’onda gigantesca che era lì, di prora a dritta. Il Pilota ebbe il tempo di urlare: “watch!” – Io mi attaccai ai galletti del finestrino, pensando ad alta voce: “se devo morire… lo voglio vedere!” – L’onda si abbatté su di noi come un maglio con tutto il suo immenso peso sulla parte prodiera, urlando, frangendo e avvolgendo il ponte comando. Ricevuto il colpo da K.O. L’Italvega, s’inclinò paurosamente a sinistra, ma poi riuscì lentamente a riemergere! Dopo vari scrolloni si rimise in assetto …
Come si vede dalla foto, l’onda battendo sulla plancia, aveva sfondato il finestrino dal quale osservavo la scena atterrito, frantumandomelo in faccia! Schegge pesanti di vetro antisfondamento, oltre il mio viso, andarono a picchiettare la paratia dietro il timoniere! Io subii diverse ferite da contusione e da taglio, ma ne valse la pena, ero ancora vivo !! Non sono credente, ma le continue preghiere di mia madre, credo, siano valse a qualcosa….!!
Da una prima stima dei danni emerse che dalla coperta erano stati strappati interi settori di legnami, altri erano stati divelti e sparpagliati dappertutto, come si vede bene dal gruppo di foto riportate successivamente. In stiva i danni erano ancora più ingenti. Fortunatamente non ci furono gravi danni alle persone. Alcuni marinai si salvarono attaccandosi ai tubi passanti in coperta, oppure trovando altri appigli sul cielo del corridoio. Resistettero con la forza delle loro braccia e della disperazione a quell’improvvisa valanga d’acqua che scese da prora verso poppa con una forza selvaggia, ma si salvarono!! Fuori dalla barra del fiume, il mare aveva riacquistato la sua dignità, era diventato improvvisamente docile e composto, proprio come l’umore dell’equipaggio che dopo lo scampato pericolo, imprecò reagendo a modo suo: “All’arrivo sbarco e non metterò più piede su una barca…! Magari vado a fare il minatore…, ma il mare non mi vedrà più!… ecc….”.
Tutti ripresero ben presto il proprio lavoro per rimettere in sicurezza la nave, ben sapendo che non era “straordinario retribuito”, ma pura normalità marinaresca.
Poi… bastava un po’ di bonaccia, un bel tramonto, un porto, una lettera… e si dimenticava tutto…, perché quella era la vita che avevamo scelto, almeno fino alla prossima tempesta..!!
Rapporto e foto dei danni riportati dalla M/N ITALVEGA in uscita alla foce del Columbia River.
DANNI (Archivio Nunzio Catena)
Sul sito di MARE NOSTRUM Rapallo, nella sezione Video della Home Page, abbiamo inserito un interessante Film-documentario della Liberty ITALTERRA, rimotorizzata e adattata al trasporto di autoveicoli FIAT sulla rotta Savona-Los Angeles. S’intitola:
LA NAVE DELLE MILLE AUTO
Qualche giorno dopo quel brutto episodio alla barra del Columbia River, per il quale rischiai di perdere la vista o fors’anche la testa…, ebbi modo di conoscere un signore il quale mi invitò a passare un weekend con la sua famiglia, presso una tenuta che avevano presso la foce di un fiume, credo si chiamasse Clyde.
Un posto bellissimo sul Pacifico, dove onde lunghe e maestose rotolavano sulla spiaggia respingendo tutto ciò che il fiume tentava di riversare in mare ogni giorno. M’incamminai lungo la seaside e di fronte a quell’infinita bellezza mi sembrava di pregare a modo mio facendo lo slalom tra dune di rami secchi da anni bruciati dal sole e dal sale. Ad un certo punto mi trovai davanti ad una piccola radura, in mezzo alla quale il mio sguardo cadde su questa radice a forma di croce.
Era proprio una croce naturale, non costruita. Rimasi bloccato e pensoso, non sapevo se raccoglierla come ricordo o lasciarla al suo destino “oceanico”. Poi decisi di prenderla pensando che forse era lì proprio per me. L’ ho presa e l’ho appesa sulla paratia della mia cuccetta e, da allora, decisi che quella Croce sarebbe stata sempre con me…!! Così è stato. Appena sposati, per prima cosa la sistemai sopra sul letto. Oggi é ancora al suo posto. Non posso dire che mi abbia portato fortuna, ma è ancora lì. La guardo ogni tanto e le pongo qualche domanda…!
L’ho lasciata sempre così, come l’ho trovata. Non le ho passato neanche una mano di copale, per renderla più lucida affinché potesse emanare dalle sue cellule la sua protezione.
Anche l’ancora, ricordandomi vagamente la CROCE, l’ho sempre portata al collo come simbolo marinaro di speranza e fortuna.
M/n ITALTERRA in uscita dal porto di Genova
Questa foto é stata scattata quando ero 3° Ufficiale sulla M/n ITALTERRA. Da qualche parte ho scritto che sulla Liberty ITALTERRA era stata costruita la plancia sulla esistente controplancia, come si vede dalle tavole attaccate ai candelieri, per lasciare libera la plancia dove era stato costruito un lungo tavolo, per poter facilitare la compilazione dei piani di carico ed altro.
I Barracudda immortalati in queste foto, entrarono in sintonia con la velocità del nostro Liberty e finirono in pentola… Questi esemplari, li catturò il Comandante. Su questa nave (M/n ITALTERRA) sono stato imbarcato da 3° Ufficiale, per più di un anno, con il Com.te SOPRANI (nella foto), professionalmente in gamba e non solo come pescatore di BARRACUDA. In Adriatico, i miei amici li pescano insieme agli sgombri, ma non sono più grandi di 30 cm. Tra qualche anno, con la tropicalizzazione del Mediterraneo raggiungeranno le stesse misure delle foto.
Dopo aver sostenuto con successo a Genova l’esame del Patentino per diventare 3° Ufficiale, volli ritornare su un altro Liberty.
IL 3° UFFICIALE Coperta – ITALNAVI
Su quasi tutte le navi mercantili di 50 anni fa, il servizio di guardia del 3°uff.le, era il seguente: 08.00/12.00 – 20.00/24.00
Il significato di questa “guardia quasi giornaliera” é intuitivo: in quanto si parla del più giovane ufficiale di bordo, capo guardia, che non disdegna sicuramente della presenza/consulenza del Comandante che spesso, durante il giorno, sale sul Ponte di Comando. Con la Soc. Italnavi, invece, il 3° Ufficiale faceva la guardia 12.00/16.00 e 00.00/04.00 ritenuta, giustamente la più solitaria. L’ultimo periodo da Allievo di coperta, il 1° Ufficiale o perchè avesse davvero da fare, o perchè faceva parte del tipo di ‘addestramento’, sempre più spesso mi lasciava solo di guardia (con la frase di rito: “se c’è qualcosa, chiama!”). Nei punti di traffico, in occasione di accostate ed anche nei momenti delle osservazioni stellari, me la sono sempre cavata egregiamente, forse perchè dietro di me c’era qualcuno a quale rivolgermi!!
Ricorderò per sempre l’emozione della mia prima esperienza di “capo guardia” alla partenza da Genova come 3° Uff.le. Dopo le consegne passatemi dal 2° Uff.le, sempre gli stessi fari, le stesse operazioni da fare, eppure, mi tremavano le gambe! I punti nave li facevo ogni 15 minuti e sempre con i binocoli agli occhi, per controllare le luci delle navi in vista. Sembravo un soldatino con la carica, se ci ripenso ora, sono state sicuramente le 4 ore più lunghe della mia vita. Dietro di me non c’era nessuno che suggerisse… era subentrata la RESPONSABILITA’ che faceva la differenza. Da quel momento era tutto cambiato e solo allora ne sentivo il peso. Da Allievo, dinnanzi a qualsiasi dubbio o problema, volevo sapere il perchè, e per il 1° Ufficiale dovevo essere una bella rottura di p…! Ma da 3° Ufficiale, se avevo qualche dubbio a chi lo avrei chiesto? C’era di mezzo la dignità, l’onore, la professionalità. Il dubbio sarebbe rimasto con me. E credo che una buona massima sia questa: BUONI UFFICIALI, SI DIVENTA DA ALLIEVI.
Naturalmente, giorno dopo giorno, la tensione si allentava e poco alla volta le cose, sempre con la dovuta attenzione, rientravano nella normalità.
Oltre la guardia, il compito più gravoso per il 3° Ufficiale era:
LA CONTABILITÀ DI BORDO.
Sulle navi di bandiera italiana era consolidata tradizione di bordo che la contabilità fosse a carico del 2° Ufficiale di bordo. Faceva eccezione la Società Italnavi che attribuiva questo incarico al 3° Ufficiale di coperta.
Senza aver mai studiato qualcosa inerente la ragioneria, senza un manuale della materia da consultare a bordo, molto spesso capitava, da Allievo Ufficiale di coperta aspirante al grado di 3° Ufficiale, di voler imparare a fare le paghe dell’equipaggio. Purtroppo, capitava anche che il 3° in carica non volesse mostrarti le “formule magiche”, forse per essere rimpianto quando sarebbe sbarcato… A me è capitato proprio così, ma misi in pratica il consiglio di mio padre che spesso mi diceva: “Ricordati figliolo che il mestiere lo devi rubare!” Mi diedi da fare e mentre il 3° Ufficiale era di guardia, io approfittavo per rubargli qualche segreto. Noi avevamo il Contratto Nazionale, e le paghe dovevano essere fatte a bordo con tutte le trattenute di legge e naturalmente secondo le istruzioni che via via giungevano dagli uffici di terra con il variare delle leggi, decreti, emendamenti ecc… Insomma era il tipico lavoro che prima e dopo quegli anni ’60 era svolto normalmente dai ragionieri di terra nei loro uffici armatoriali (scagni).
Sarà dura da capire per chiunque, ma noi sull’Italterra, non avevamo neppure la calcolatrice, la prima la vidi sulla Cesana ed era del tipo a manovella.
Dovendo moltiplicare per 9, si doveva abbassare nove volte la manovella. Una manna piovuta dal cielo…
A fine mese, il 1° Ufficiale consegnava il quaderno con i turni di guardia in porto: diurno, notturno, festivo, con le relative tariffe… poi il registro dell’overtime (ore di straordinario compiuto dall’equipaggio) per le quali c’erano da considerare le domeniche e i sabati in navigazione per gli ufficiali, oltre ad altre voci come i ratei della tredicesima e quattordicesima ecc. che sarebbe troppo lunghe elencare. Di 45 persone, non c’erano due con lo stesso importo totale al quale, alla fine, si dovevano applicare le trattenute di legge. Terminata la contabilità per lo Stato e per la Compagnia, cominciava quella di bordo, vale a dire l’insieme delle spese fatte a bordo da ciascun membro dell’equipaggio che andavano in detrazione dallo stato paga.
1) Il Cambusiere presentava al contabile di bordo un’infinità di bigliettini, su cui scriveva i consumi di bevande di ogni marittimo per ogni giorno del mese ed il prezzo corrispondente.
2) Le rimesse alla famiglia in precedenza raccolte ed inviate all’Armatore
3) Anticipi presi nelle varie valute nei vari porti (con valore cambio uff. di quel giorno).
4) Sigarette, liquori, ed altri generi disponibili a bordo.
5) Costo telegrammi e operazioni varie effettuate nel mese dal Marconista.
6) Costo francobolli tramite Agenzia, (ultime lettere consegnate prima della partenza. Occorreva avere il Tariffario Postale di quello Stato per tutte le altre destinazioni, perchè spesso c’era qualche ‘disgraziato’ che scriveva dall’Argentina alla fidanzata svedese. A bordo c’era la bilancetta di precisione, cioé l’Ufficiale Postale.
Il 3° Ufficiale era addetto alla “salute pubblica”
1) Riempiva gli stampati per visita medica dei marittimi che ne facevano richiesta.
2) All’estero accompagnava i marittimi dal medico fiduciario della Cassa Marittima e preparava la documentazione per l’Agenzia ed il Consolato in caso di sbarco: Libretto Navigazione, conteggio liquidazione e dichiarazione di soddisfazione….
3) Eventuale acquisto medicinali qualora prescritti ma non presenti a bordo. Eventuali cure come da prescrizione medica.
Il 3° Ufficiale era anche addetto al “Servizio Doganale”
1) Prima dell’arrivo in porto, in ogni ‘saletta’ veniva lasciato un quaderno ove ogni membro dell’equipaggio, doveva annotare tutti i generi soggetti a dogana in suo possesso: sigarette, liquori, macchine fotografiche, apparati radio, registratori ecc.
Sigarette, liquori, caffé in dotazione alla nave erano tenuti in un apposito locale, al quale veniva applicato ‘il sigillo’. La porta d’accesso poteva essere aperta soltanto dopo la partenza, fuori dalle acque territoriali di quel Paese. Spesso, durante la sosta, c’era una visita di controllo “la controvisita”, per assicurarsi che gli articoli dichiarati fossero ancora a bordo e non venduti in quel porto. (Sarebbe interessante descrivere dove venivano nascoste certe merci di contrabbando, precisando tuttavia che in quegli anni non si sentiva ancora parlare di droga, ed era un genere completamente sconosciuto dai marittimi!).
Il 3° Ufficiale di coperta aveva anche il compito della cartografia, cioé la corretta tenuta dei testi di bordo: Portolani, Fari e Fanali e l’aggiornamento delle carte in dotazione alla nave, sia quelle dell’Istituto Idrografico della Marina, (Avvisi ai Naviganti), sia quelle internazionali soggette a correzioni (Notices to Mariners), oltre naturalmente a quelle che giungevano ogni giorno via radio a determinate ore.
L’Autorità Marittima esercitava periodicamente il controllo della cartografia di bordo.
Faceva parte della Sicurezza di bordo l’accurato controllo d’usura di tutti i mezzi di carico/scarico di bordo: bighi di carico, paranchi, pulegge, ghie, cavi ecc… con messa in evidenza, timbro e data controllo Ente classificatore. Ed altro. In questa operazione il 3° Ufficiale era coadiuvato dall’Allievo di coperta.
2° UFFICIALE di Coperta era responsabile della Sicurezza
Il 2° Ufficiale, sulle navi – “Italnavi” faceva la guardia dalle 08.00/12.00 ed dalle 20.00/24.00. Il suo compito principale era sicurezza di bordo:
1) Lance di salvataggio
Controllo di tutte le dotazioni prescritte:
Eventuale scadenza di segnali di soccorso – fuochi a mano, razzi a paracadute, fumogeni ecc.. loro scadenza ed eventuale richiesta.
Controllo dotazioni viveri, acqua, loro scadenza ed eventuale richiesta.
Controllo e manutenzione sistema ammaina/recupero Lance Salvataggio.
“Esercitazioni Periodiche di Abbandono Nave”, con istruzione equipaggio.
Prova RTF portatile lance salvataggio.
Ruolo emergenza aggiornato per tutte le persone dell’equipaggio con i vari compiti in caso di Abbandono Nave e consegna ad ognuno del cartellino indicante quale lancia assegnata e mansioni da svolgere.
Tenere aggiornato quaderno esercitazioni pratiche effettuate periodicamente e vistate da Com.te, per controllo Autorità Marittima.
Esercitazione simulata di “Uomo in Mare”, con relativa prova di recupero di un fusto gettato fuoribordo.
2) Servizio Antincendio
Controllo scadenza e ricarica estintori esistenti a bordo.
Quadro generale della nave con ubicazione estintori con loro numero di riconoscimento ed altri mezzi antincendio, asce, tute ecc.
Ubicazione e numero identificazione idranti, controllo stati manichette.
Controllo Stazione fissa CO2
Controllo pompe emergenza esaurimento icendio
Illustrazione periodica sull’uso di tutti i mezzi antincendio.
Ricarica estintori a schiuma e CO2 ecc.
Simulazione Incendio Grave a bordo. Controllo se ogni componente l’equipaggio, sia in grado di svolgere il suo compito.
Le Annotazione sull’apposito registro erano vistate dal Com.te e, a richiesta, anche da parte della Autorità Marittima, il cui controllo generale poteva essere anche di questo tipo: Il Comandante di bordo riceveva improvvisamente un messaggio dalla Capitaneria di questo tenore: “alle ore…, si è sviluppato un incendio in quel punto della nave… Provveda alle necessarie misure richieste…”
Procedura prevista:
– Segnale con fischio per incendio grave a bordo, se in porto.
– Avvisare Autorità Marittima, Vigili del Fuoco che hanno a disposizione i mezzi antincendio.
– Altre precauzioni vengono prese qualora si tratti di una petroliera, nel qual caso può essere opportuno rimorchiare la nave in rada, secondo le normative di sicurezza vigenti.
Al termine della simulazione, l’Autorità Marittima rilasciava la sua valutazione sulla preparazione dell’equipaggio in base al tempo e ai mezzi impiegati.
M/n CESANA
In questa foto in divisa bianca da 2° Ufficiale, ero imbarcato sulla M/n CESANA (già dei COSTA). Anche il comandante Cervia, ci teneva che la indossassimo.
Quando mi sono sposato, a Roma, in una chiesa piuttosto esclusiva, c’erano tre fotografi ma siccome odiavo mettermi in posa per la foto con la zia, la cognata ecc. diedi 10.000 lire ad ognuno di loro purché se ne andassero. (Nel ’67, 10.000 L. era una cifra…), non vi dico la reazione di quelli..”grazie dottò” e via. Ne ho tre o quattro, fatte di nascosto… da qualche parente. Che devo fare? Sono fatto così (male, lo riconosco).
Qui mi trovavo in una chiesetta…meravigliosa in mezzo ad un villaggio tropicale di palme e capanne. Dietro alla foto scrissi a mia futura moglie Marilena: “cerca una chiesetta così e ci sposiamo subito”.
La “giancada”
Quel villaggio era in un posto meraviglioso del Brasile, a Nord di Recife, era così bello che sono stato in forse se ripartire o meno… I pescatori usavano quelle giancade fatte di pochi tronchi, con vele di stracci ricuciti. Ogni mattina ne uscivano una decina e forse ne rientravano otto alla sera! C’era infatti una ragazza americana della FA0, che cercava di aiutare queste famiglie accudendo ad una marea di bimbi bisognosi e forse orfani. Ricordo che avevano un pozzo con una pompa non più funzionante e siccome da 2° Ufficiale avevo in carico i mezzi di sicurezza, provvidi a lasciargliene un paio che non erano più omolagate.
Prima di partire acquistai un carretto di generi alimentari che lasciai a quei bambini. So che non bisogna raccontare quando si fa del bene, ma oggi lo dico soltanto per far capire ciò che provavo per quelle persone. Da bordo presi cime e cimette per quei pescatori che mi diedero in cambio conchiglie, un carapace di tartaruga e persino un’ancora ancora in ottimo stato, a dimostrazione del loro elevato grado di “marineria”.
Quel giorno, tornando a bordo, mi capitò di vedere davanti ad una capanna una coppia di europei che mi raccontarono in breve la loro storia. M’invitarono insieme all’Allievo che mi ero portato dietro, nella loro capanna dove l’unico mobile era il baule con il quale avevano spedito le loro poche cose. Erano due insegnanti belgi che avevano fatto una nuova scelta esistenziale.
Il marito della coppia, cercava di organizzare la vendita del pescato. Quei poveri pescatori erano sfruttati dai mafiosi locali, dai quali era già stato seriamente minacciato…
La moglie era incinta ed il loro coraggio è stato premiato da Dio: da Baires mi mandarono un biglietto che annunciava la nascita di un bel maschietto.
Juanin
Avevano con loro una piccola scimmia della quale mi ero innamorato, prima di partire me la regalarono e me la portai a casa come ricordo di quella straordinaria conoscenza… solo un matto come me poteva sfidare quel forte cambio di clima dal loro caldo al nostro inverno.
Dovevo sposarmi di lì a due mesi… Marilena credeva che fossi scomparso. Purtroppo solo a Baires trovai un ufficio postale.
Avevamo scalato Baires per caricare una copertata di casse di ananas, e ricordo che il caricatore, per impedire che si toccasse il carico, ci regalò 60 casse di ananas, che imbevuto di whisky era la fine del modo.
Vi presento Juanin dopo il bagno… Notare l’eleganza con l’accappatoio fatto all’uncinetto dalla povera mamma.
L’ho chiamai così perchè il paese più vicino si chiamava Juan Pessoa. Ogni animale che “imbarcavo” lo chiamavo con il nome di provenienza.
Cercando di acclimatarlo, lì era estate e da noi inverno, mi feci dare dall’amico 1° Macchinista Giorgio Costaguta (riviera di levante, ma non ricordo il paese) una lampada a raggi infrarossi, credo venisse usata in Sala Macchine per asciugare i motori elettrici. Avevo costruito una scala che utilizzavo per tenere Juanin ad una certa temperatura. Era la mascotte di bordo e la tenevo libera in cabina. Quando mi sdraiavo in cuccetta, Juanin si metteva sulla guida della tendina ed io parlavo con lui… Ad un certo punto mi addormentavo e lui veniva giù e con le sue manine mi apriva un occhio, come per dire: che fai, adesso non mi parli più ?? Era di un’intelligenza paurosa.
Quando scrivevo a Marilena, Juanin s’incazzava perchè non parlavo con lui, si sentiva escluso ed allora si metteva con la schiena contro la mano e puntava i piedini, come per fermarmi.
Quello stesso viaggio, non ricordo che porto fosse, vidi un cane sulla banchina… un lupo incrociato, lo ricobbi subito come un “cane di bordo” di qualche nave diretta in Inghilterra. A quei tempi erano guai per chi teneva un cane a bordo, forse per questo lo avevano lasciato a terra.
Marilena mi dice spesso: “tu dovevi fare il frate..” Perchè ho sempre fatto il tifo per i meno fortunati: uomini, animali oppure persone anziane. Per farla breve, prima di partire, raccolsi pure il cane chiamandolo Bubu. Non ci crederete, ma Bubu si metteva accovacciato vicino a me e appena chiudeva gli occhi, Juanin scendeva giù e gli tirava i baffi…! Giustamente quello s’incazzava, ed io pensavo che prima o dopo Juanin sarebbe finito in un morso.. lo faceva 50 volte al giorno ed è riuscito a sopravvivere.
Quando portai Juanin a casa, gli feci la cuccetta con il guscio di mezza noce di cocco riempita di cotone e la sistemai sopra il caminetto.. a mia madre faceva un po’ impressione perchè diceva che assomigliava ad un topo…e ripensandoci, non aveva tutti i torti! Quando ripartii se ne prese cura Marilena.
Purtroppo, dopo un’intensa nevicata, forse a causa del freddo o altro, Juanin diventò cieco e poco dopo morì.
Per fortuna, subito dopo nacque la mia prima figlia Marina, perchè io sono stato male, fisicamente e moralmente!
È vissuto poco più di un anno. Gli avevo fatto una gabbia nel gardinetto dalla parte della ferrovia, dove poteva saltare come voleva al riparo di gatti ecc.
La cagnetta Palma
In quel gardinetto, c’era la gabbia delle poiane, la villetta di “Palma”, la cagnetta che avevo riportato da Las Palmas, il soggiorno diurno del pappagallo “Pedro”, da Bahia Salvador che ha vissuto 26 anni, la sistemazione del Gabbiano “Ubaldo”, ammaestrato.
Ubaldo, il gabbiano ammaestrato
Quando voleva, andava con i suoi amici, poi ritornava; una volta, forse si sarà innamorato, se ne andò e non è più tornato..! Adesso a Ortona Mare è cambiato tutto, la ferrovia ha sistemato il secondo binario ed ha costruito il Muro di Berlino a due metri da casa.
Se devo essere sincero, quella casa non mi piace più, la spiaggia è cambiata. Prima i sassi erano puliti ed il mare era a 20 mt. da casa; ora tutta quella sabbia è quasi polvere!
Sono scomparsi, sepolti dalla sabbia, i blocchi di cemento, sopra i quali andavo a studiare e a prendere il sole. A dirla con Celentano “Ora é cambiato tutto”.
Non ho finito di raccontare di “Bubù”, che era una femmina e non vi dico del mucchio di problemi quando partorì otto cuccioli da nutrire con l’integrazione di latte con il biberon e dei tentativi per lasciarlo ai portuali un po’ indecisi cercando di corromperli anche con numerose stecche di sigarette. Purtroppo a bordo nessuno se la sentiva di gestire una situazione così complessa e laboriosa.
In effetti, la mia passione per gli animali é andata anche oltre …. e non posso nascondere che a bordo ho avuto una foca, piccolina, “Madrin” perchè l’avevo presa a P.to Madrin, in Patagonia. La tenevo nel bagno di una di quelle cabine destinate all’isolamento. Per andare incontro alle sue abitudini climatiche avevo chiuso i termosifoni, la tenevo immersa nell’acqua fredda e si nutriva soltanto di pesce vivo che io stesso pescavo. In seguito, quei figli di buona madre di colleghi, aprirono il termosifone… e feci appena in tempo a liberarla!
Ancora oggi, quando si parla di Juanin, noto che mia moglie Marilena, purtroppo, non mi ha ancora perdonato quel mese senza posta… e s’incazza ancora come una vespa, come se il fattaccio fosse successo la settimana scorsa, magari con una sudamericana alla fine del mundo…
IL PAPPAGALLO PEDRO
Pedro era un pappagallo brasiliano che portai come ricordo dall’ennesimo viaggio in Sud America. Aveva imparato a parlare discretamente ed era davvero uno spasso per tutti i bambini che venivano a trovarlo e con i quali parlava e rideva, sopratutto con loro.
Quando mi trasferii in Sardegna, lo lasciai ai miei genitori che per motivi di salute lo affidarono a zio Ferruccio (Ferro). Quando tornai definitivamente non ebbi il coraggio di riprenderglielo. Stavano troppo bene insieme! Zio Ferro era un tipo tutto particolare… aveva una tromba-giocattolo di plastica con cui riusciva a suonare il Silenzio in maniera eccellente e ‘Pedro’ lo ripeteva alla Nini Rosso (di vecchia memoria). Gli zii non avevano figli e litigavano soltanto… così Pedro s’inserì nella famiglia assumendo il ruolo di paciere dialogando con Ferro dalla mattina alla sera.
Questo zio fumava anche il “bastone di S. Giuseppe” e dovette subire una tracheotomia che lo relegò parecchio tempo in ospedale. Una sera, rispettando l’orario di visita, gli portai Pedro dopo un viaggio avventuroso in auto… la povera bestia raccava come un mozzo al primo imbarco in mezzo ad una burrasca, ed ogni volta bestemmiava come un turco, perchè gli aveva insegnato anche quello, quando c’era qualcosa che non andava… Arrivati al varco, mi fermò il guardiano dicendomi: “dove va con quella bestia”. Di rimando risposi: “il Padrone di questo animale, è ricoverato qui da oltre due mesi, non ha parenti, questo è il suo unico convivente, perciò ha tutto il diritto di entrare!” Per farla breve, con un pacchetto di Marlboro risolsi, come sempre il problema. Quando si rividero fu davvero una scena commovente. Dall’agitazione, Pedro non sapeva più cosa fare e dire che ci volle il primario per ristabilire un po’ di ordine… Pedro aveva preso posizione sul trespolo delle flebo e non c’era modo di spostarlo. Pedro rimase con Ferro fino all’ultimo, poi lo riportai con me, ma improvvisamente, dopo alcuni giorni, si ammalò di crepacuore e morì per seguire il suo alter ego nell’al di là. Pedro stette con noi 26 anni e diverse generazioni di bambini lo conobbero, giocarono e crebbero con lui. Pedro e Ferro erano entrambi ghiotti di peperoncino rosso, mangiavano le stesse cose e vivevano in simbiosi. Erano nati l’uno per l’altro…
C.I.R.M. – Una BENEMERITA ISTITUZIONE
SERVIZIO GRATUITO DI TELEMEDICINA
Il Centro Internazionale Radiomedico è sorto nel 1935, allo scopo di fornire assistenza radiomedica ai marittimi, imbarcati su navi senza medico a bordo, di qualsiasi nazionalità, in navigazione su tutti i mari.
Il CIRM ha la sua sede in Roma ed i suoi servizi medici, sono gratuiti. Essi includono l’interessamento per un eventuale trasbordo del paziente su nave fornita di servizi medici o, se la distanza lo permette, il prelievo del malato con mezzi navali o aerei per una rapida ospedalizzazione.
Spesso durante le tempestose traversate Atlantiche, capitava qualche imprevisto di salute ad un membro dell’equipaggio che generava preoccupazione, specialmente nel Comando di bordo che doveva in qualche modo trovare una soluzione al problema. E’ quindi giunto il momento per raccontare com’era organizzato il “servizio sanitario di bordo”, tramite una delle poche istituzioni della quale l’Italia poteva essere orgogliosa (in quanto al mondo ne esisteva una simile soltanto a New York). Sto parlando del C.I.R.M. (Centro Internazionale Radio Medico), fondato inizialmente dal conte dott. Guido Guida il quale, aiutato da altri medici, assicurava gratuitamente l’assistenza medica agli equipaggi delle navi mercantili di qualsiasi nazionalità. Il primo presidente fu Guglielmo Marconi, in quanto allora era indispensabile la trasmissione R.T. ed i messaggi via Roma Radio, avevano la precedenza su tutti gli altri (sigla PAM PAM) ed erano gratuiti. Il C.I.R.M. era un Ente senza fini di lucro e veniva finanziato da offerte volontarie di Armatori e Marittimi, ai quali periodicamente venivano chieste, ed ognuno rispondeva con una cifra che rispecchiava la propria possibilità e sensibilità. C’è stato un periodo in cui si è rischiato di perdere questa unica ed utilissima istituzione, che fu poi ripotenziata grazie all’interessamento del Com.te Prospero Schiaffino, (Armamento Italnavi). Premesso che ogni nave, a seconda dei viaggi e del numero delle persone imbarcate, doveva essere dotata di una infermeria e di medicine ben definite e consigliate dallo stesso C.I.R.M. che fossero quindi in grado di far fronte ai vari tipi malattie e soprattutto infortuni che spesso si verificavano durante il viaggio. Ogni sei mesi, veniva effettuata da parte di un Medico della Sanità Marittima, un controllo sui medicinali ed altre dotazioni prescritte e rilasciava un Certificato di Visita Cassetta Medicinali, compreso il controllo della morfina e di altri stupefacenti prescritti, riportati su un apposito Registro Stupefacenti. Di solito il compito sanitario di bordo, veniva assegnato al 3^ Ufficiale, il quale era responsabile della gestione di questo settore. Durante il Corso all’Ist.Tec.Nautico, era prevista una ora settimanale di Igiene Navale, durante la quale, oltre allo studio delle varie parti del corpo, venivano descritti i vari tipi di malattie ed i relativi rimedi da prendere. 50 anni fa, quando ci s’imbarcava da 3°Ufficiale, si era responsabili di questo settore senza aver mai praticato una puntura! Negli USA, dove per tradizione è stata data molta importanza alla sicurezza, all’arrivo in porto, ancor prima d’iniziare le operazioni commerciali, veniva a bordo un infermiere il quale chiedeva dove era ubicata l’INFERMERIA, poi applicava sulle paratie della nave le frecce che indicavano il percorso per raggiungerla. Spesso appariva la scritta : “SAFETY FIRST” e sottobordo era già pronta una apposita barella in caso di necessità. In fondo al pontile, lungo il quale erano ormeggiate diverse navi da entrambi i lati, c’era una Autoambulanza sempre operativa, con Medico a Bordo.
Dopo qualche anno ricordo che anche in Italia si fecero dei passi avanti nella preparazione sanitaria degli ufficiali naviganti. Per esempio, fu richiesto agli ufficiali di coperta di presenziare un certo numero di ore in un Pronto Soccorso. La prestazione veniva registrata sul Libretto di Navigazione dell’interessato. Purtroppo, come ho riferito in precedenza, da 3° Ufficiale, il mio primo impatto con la siringa fu traumatico. A farne la spesa fu il Direttore di Macchina che stoicamente subì il mio tremolio con le titubanze della prima puntura. Pur conoscendo la tecnica esatta di come fare un’iniezione, lottavo contro la paura di fargli male e la mortificazione qualora la mia imperizia fosse venuta all’orecchio del Comandante…
Con l’anzianità di servizio acquisii esperienza. Quando facevamo rifornimento di medicinali a Genova, mi facevo regalare dei profilattici da consegnare all’equipaggio, soprattutto a quei ‘disgraziati’ cui non mancavano le tentazioni… durante i viaggi in Sud America (Argentina e Brasile). Ricordo una loro tipica definizione: “i gondoni in vendita da quelle parti li fanno con pezzi di camera d’aria di biciclette”. Comunque, dopo un paio di giorni, dalla partenza dal Brasile, si formava la coda davanti all’infermeria di bordo. “Sior purtroppo mi brucia…” – La diagnosi era sempre la stessa: scolo (Blenorragia!).
50 anni fa, non c’erano le siringhe “usa e getta” e sapendo come di solito si svolgevano le cose, avevo diversi bollitori per sterilizzare gli attrezzi che consegnavo ad ognuno dei pazienti che, istruiti adeguatamente, dovevano presentarsi alle 12 meno ¼, e alle 23,45 davanti alla mia cabina, pronti per la terapia di penicillina (tipo calce).
“Se ti fa male, domani non venire” – “No, sior, va bene, grazie!” Con un po’ di umorismo, devo dire che era divertente osservare i miei pazienti dal Ponte di Comando mentre camminavano verso la cala del pennese per prendere pennelli e pitture…. Camminavano tutti allo stesso modo: con una gamba tesa…!
Prima di continuare, desidero raccontare questo episodio, accaduto a LONG BEACH, a bordo dell’ “Italterra” quando ero 3° Ufficiale, addetto a questo servizio. Eravamo in partenza. Durante la chiusura della stiva, si stavano sistemando i pannò sulle galeotte, un marinaio cadde accidentalmente in stiva. Data l’organizzazione appena descritta, in un attimo il marinaio si trovò sull’ambulanza e, presi alcuni suoi effetti personali, giungemmo a sirene spiegate all’ospedale dov’era tutto pronto per intervenire sul malcapitato. Il medico, Via Radio, aveva diagnosticato e concordato l’intervento. M’informai subito sul da farsi per procedere allo sbarco urgente del marittimo, la nave era in partenza. Con grande meraviglia mi risposero che nel giro di qualche ora il marinaio sarebbe stato dimesso e in grado d’affrontare il viaggio di ritorno. Infatti, poco dopo me lo riconsegnarono mummificato, con un rifornimento di qualche chilometro di garze e stecche di legno di varie misure, con raccomandazioni e istruzioni da osservare per il viaggio di ritorno. Adesso possiamo anche sorriderci sopra, ma quando occorreva medicarlo, soltanto per srotolarlo ci voleva più di una persona, era una specie di girarrosto e la persona più utile a bordo era il carpentiere che sapeva riposizionare tutte le stecche alle parti infortunate. Comunque all’arrivo in Italia, era migliorato di molto.
Ritorniamo all’organizzazione sanitaria di bordo.
Ogni marittimo, aveva una sua cartella clinica, ed in caso di necessità, il Comandante inviava al C.I.R.M. le notizie essenziali circa il tipo di malattia, con la descrizione dei sintomi e siccome non era permesso (privacy) trasmettere in fonia le notizie, queste venivano codificate con gruppi di 5 o 6 lettere, con un codice particolare. Il C.I.R.M. emetteva una diagnosi e, conoscendo le medicine esistenti a bordo, prescriveva la cura e dava l’appuntamento per i successivi appuntamenti per l’aggiornamento delle condizioni del paziente. Nei casi gravi in cui era ritenuto necessario d’intervento medico, il Centro si accertava della presenza in zona di navi passeggeri o militari, oppure consigliava il dirottamento verso il porto più vicino.
Un caso analogo successe proprio a noi. Partiti da Lisbona l’11 gennaio ‘64 diretti a Long Beach via Panama, l’Allievo M.F. vomitava ripetutamente, e subito si pensò che fosse a causa del mare molto mosso. Infatti, il Comandante per evitare danni al carico, accostò di 180°. Purtroppo il malessere continuava. Anche la cura prescritta dal C.I.R.M. sembrava inefficace. Alle 18.40 del 14 gennaio, il Comandante decise di tornare indietro per sbarcare l’Allievo sull’Isola di Madeira! Portata la velocità al massimo, si fece rotta per Funchal dove si arrivò il 15 gennaio ‘64 alle ore 06.35. Il Pilota ci portò alla fonda a ridosso del molo, e terminata la manovra giunse subito il medico. Seguì un’immediata visita del medico che consigliò lo sbarco del povero Allievo per sospetta peritonite. Alle 11.15 si salpò e si riprese navigazione per Panama…..!
Un altro salvataggio del C.I.R.M.
Le due foto riportate sotto, si riferiscono allo sbarco dell’Operaio Meccanico M.P. dall’ “ITALTERRA” sempre a Funchal. Fui proprio io ad accompagnarlo all’ospedale, all’epoca ero il 3° Ufficiale di bordo, responsabile della “salute a bordo”. Il marittimo era stato colpito tre giorni prima da ‘angina pectoris’ durante il viaggio di ritorno, da Panama a Gibilterra. Grazie ai consigli del CIRM fu sbarcato e, da notizie successive, fummo informati che aveva superato abbastanza bene gli effetti di quell’episodio.
In quella occasione sarei potuto morire, ma le preghiere di mia madre mi salvarono ancora una volta. Stavamo per toccare la banchina con un mezzo dei barcaioli locali del porto di Funchal, scivolai mentre mi accingevo a saltare e finii in mare tra la banchina e lo scafo di quel pesante barcone che preso dall’onda della risacca, stava per schiacciarmi. Proprio in quel momento in cui immaginai la mia fine, sentii una mano che mi afferrava da dietro sollevandomi verso la salvezza. Non era ancora giunto il momento segnato dal “Destino”!
Lo sbarco di un marittimo
IL MARCONISTA – “Marconi” – R.O.
Sulle navi passeggeri i Marconisti erano tre e coprivano le 24 h. Il 1° Radiotelegrafista (Capo Stazione Radio) aveva il grado di 1° Ufficiale, gli altri da 2° Ufficiale, mentre sulle navi da carico ve ne era uno soltanto e svolgeva un orario a seconda della posizione della nave.
Il loro regno era la Stazione Radio ed i loro compiti principali erano:
1) Ascolto continuo di eventuali messaggi di soccorso, pericolo ecc..
2) Ascolto liste traffico per eventuale traffico in arrivo.
3) Trasmissione eventuali messaggi da bordo a terra.
4) Ascolto segnale orario per correzione cronometro di bordo.
5) Ascolto Avvisi ai Naviganti, riguardanti la nostra zona di navigazione.
6) Ascolto Bollettini Meteo.
Quando c’era cattivo tempo, Marconi arrivava con quella ‘velina’ (un po’ diversa da quelle di Berlusca.. ) dove era scritto: Una depressione di ……mb, in posizione Lat….. e Long……., si muove in direzione….. E qualche altra notizia.., queste erano le previsioni disponibili del tempo. Il Comandante, a seconda della profondità della depressione e della sua direzione, delle caratteristiche della nave, del carico ed altri parametri, stabiliva la rotta più opportuna.
7) Ascolto notizie ANSA:
Come facesse quel “cristiano” con le cuffie a ricevere quella stampa trasmessa ad una velocità superiore a 120 caratteri al minuto, per me resta un mistero! So che il momento più bello della giornata per noi arrivava a mezzogiorno, quando si poteva leggere ciò che succedeva nel mondo, ed era il nostro unico contatto con la terraferma.
Questa era la ‘potente’, si fa per dire… RADIO dei LIBERTY con la quale il povero Marconi doveva inviare i messaggi dal Pacifico all’Italia!!
Ricevitori automatici. Tutte le navi hanno dei ricevitori automatici così sistemati:
1) Stazione radio/marconista, 2) Plancia 3) Cabina Com.te. Questi ricevitori si mettevano in funzione automaticamente allorquando una nave, prima di emettere l’SOS, trasmetteva il Segnale d’Allarme composto di una serie di 12 linee in 1 minuto con il compito di mettere in allarme tutti i ricevitori automatici delle navi in navigazione, alle quali perveniva anche il nominativo della nave in difficoltà e la sua posizione.
OROLOGIO DI BORDO – STAZIONE RT
I settori colorati dell’orologio (vedi foto) indicano tutt’oggi i tre minuti obbligatori di silenzio radio, in modo da poter ricevere anche i segnali radio di soccorso più deboli perché lontani. Sulla frequenza internazionale di soccorso 2182 in fonia, si esegue per 2 periodi all’ora, da xx.00 a xx.03 di ogni ora e da xx.30 a xx.33 di ogni mezz’ora. Sulla frequenza di 500 kHz in grafia, da xx.15 a xx.18 e da xx.45 a xx.48 .
E poi Marconi era la ‘speranza’ che risolveva qualsiasi problema elettrico.
Non funzionava quella specie di radar? Arrivava lui con il tester e tutti trattenevano il respiro nell’attesa del responso. Poi seguiva la ricerca affannosa del relais di rispetto nelle nelle spare parts.
Il Marconista di bordo era invidiato da tutti perchè all’arrivo in porto, essendo vietate le trasmissioni radio, era fuori servizio fino alla partenza. Per questo motivo l’ultima lettera alle famiglie, prima di partire, la spediva sempre lui.
Davvero struggente, per quelli della mia generazione, l’ultimo messaggio emesso da Roma Radio : CQ CQ CQ DE IAR IAR IAR che annunciava che dalle 00.00 UTC dei 01/01/2004 le Stazioni Radio Italiane terminavano il proprio servizio, e chiudeva:
“Good look and fair winds to maritime community stop”
Ormai le comunicazioni a bordo delle navi, sono regolate da quanto previsto dal GMDSS per quanto riguarda strumentazione e personale addetto.
Erano ‘brutti tempi’ per andare per mare allora, ma il tempo fa dimenticare le cose brutte ed il tutto, riguardandolo ora, sembra più bello, tanto da rimpiangerlo!
Il Marconista era la salvezza della nave, fino all’estremo SOS, ma a volte bastava ricevere una sola ‘parola’, per ridare il sonno ad una persona che l’attendeva con grande ansia.
Tra fidanzati, spesso si usava un brevissimo messaggio che significava tutto OK. La mia era “PENSOTI”…
Molto spesso Marconi era anche un amico e partecipava anche lui alle mie ansie: “Marco’… la prossima ‘Lista di traffico’ a che ora è? Senti pure Londra…vedi tu..!
Quando finalmente quel “Pensoti” arrivava, Marconi veniva di corsa a dirmelo in cabina, se ero da quelle parti!
Quel giorno, sul tavolo della Mensa Ufficiali, si notavano tanti fiaschetti di Chianti.. E alla domanda: “Chi offre”? La risposta era “U Cadenna”, perchè? Per “INTIMO GAUDIO”.
Testo e foto di
Nunzio Catena
Con la complicità del Presidente-Webmaster Carlo Gatti con il quale condivido tanti ricordi ed esperienze degli Anni ’60.
Ortona, 31 Marzo 2014