L’800 MARINARO DI RAPALLO
Era il mio primo imbarco e stavamo navigando al largo del Tigullio. Il Comandante Cesare Cuneo di Rapallo inforcò i binocoli guardò, verso Montallegro e disse:
“Quando un Santuario Mariano svetta su un golfo, testimonia non solo la devozione dei marinai, ma anche la presenza di un’importante tradizione navale”.
Quella frase mi rimase impressa nella memoria, forse perché allora non mi convinse tanto “la tradizione marinara” di Rapallo, la quale aveva cancellato, ormai da quasi un secolo, le tracce marinare di un tempo coprendole, in un solo decennio, con una striscia di eleganti e fastosi alberghi di 1° categoria.
Oggi sono pochi quelli che, rovistando incuriositi tra le ingiallite cartoline d’epoca, rimangono stupiti nel notare, per esempio, che Rapallo è stata sede di un Cantiere Navale importante, che operò dal 1868 sino alla Prima Guerra Mondiale e costruì persino il “Caccin”, un brigantino oceanico di 1.500 tonnellate
Gio Bono Ferrari scrisse: “ La strada delle Saline, quella dalla tipica porta secentesca, pullulava a quei tempi di calafati e maestri d’ascia. E v’erano i ciavairi con le massacubbie ed i ramaioli, nonché i fabbri da chiavarde per commettere i cruammi. E gli stoppieri, i ramieri e il burbero Padron Solaro, socio del camogliese De Gregori, che aveva fondachi di velerie, d’incerate e di bosselli.”
Beh! Oggi si stenta ad immaginare che la zona descritta, sia stata il cuore pulsante dell’industria e del commercio di Rapallo, quando anche la lingua, intrisa di termini marinareschi e mestieri ormai scomparsi, odorava di pece, catrame e rimbombava di echi medievali, ultimi sibili di un’era legata al prezioso legname da costruzione navale.
Il Congresso di Vienna diede il famoso “colpo di timone” e dai riformatori, intellettuali e docenti vennero regole moderne ed una forte spinta a creare una “Nuova Marina Mercantile”, che doveva unificare tutte le tradizioni marinare del Paese e trasformarle secondo una formula tanto breve quanto efficace:
“L’arte del navigare va accompagnata da una scienza del navigare stesso”.
A metà ‘800 si passa dal romanticismo dei “Capitani Coraggiosi” ad una classe di professionisti. Cantieri e Scuole Navali sorgono dirimpettai, perché legati ai “bisogni” della nuova industria marittima che sente avvicinarsi il rombo del motore della Rivoluzione Industriale e quindi la necessità di essere pronti per il passaggio epocale dalla marineria velica a quella moderna. Non ci si può quindi meravigliare se anche Rapallo, così vicina a Genova ed alla formidabile tradizione di Camogli, fosse presa dal vortice del rinnovamento e facendo riferimento sulla notevole tradizione dei suoi naviganti ed emigranti si candidasse come sede di una Scuola Nautica Privata che, infatti, ebbe il suo riconoscimento nel 1853 da parte del Ministero dell’Educazione Nazionale.
Le vicissitudini belliche del periodo pre-unitario rinviarono l’apertura della scuola al 19.11.1861. Ma fu con l’arrivo del preside Edoardo Salviati che gli alunni salirono dall’esiguo numero di 12 agli 82 iscritti, dei quali il 50% erano residenti a Rapallo.
Ma non erano solo rose e nel 1869 una prima Commissione Governativa invitava l’Amministrazione ad assumere docenti che la potevano rendere “Un’Istituzione vera e seria e non un’illusione come lo è al presente”. Il rigore mostrato dal Governo funzionò e nel 1870-1871 Rapallo divenne sede di esame anche per conseguire il grado di Capitano di Lungo Corso.
Nel 1872-1873 la Scuola Nautica di Rapallo ottenne il tanto atteso Riconoscimento Governativo e raggiunse l’apice della sua esistenza. Un “Rapporto Elogiativo” redatto da Giovanni Ardito, Presidente della Giunta di Vigilanza ne rimarcò la crescita per numero di alunni, oltre 300 e per la promozione, 67%. La Scuola acquisì sussidi straordinari dal Ministero ed un posto di rilievo nel Levante, nonostante l’apertura delle scuole di Recco e Chiavari che erano temibili concorrenti rispetto al potenziale bacino d’utenza.
Purtroppo, sulla Scuola Nautica si addensarono improvvisamente nere nubi temporalesche: il Commissario Wladimiro Sablicich, militare severo ed intransigente, dichiarò: “…. quello di Rapallo è un organismo poco corretto perché gli studenti non frequentano per imparare, ma per conseguire la licenza in breve tempo e con il minor studio possibile” . Wladimiro andò giù duro e denunciò “ il quasi analfabetismo di studenti che dopo pochi mesi di corso si presentano all’esame … Un candidato non conosce i mesi dell’anno….
Salviati si difese denunciando “….un meccanismo perverso che sussiste nella male intesa concorrenza tra gli Istituti Nautici della zona”. Edoardo Salviati, gran matematico, perdette l’ufficio di Preside. Nonostante la gravità dell’accaduto, la Scuola continuò ad essere frequentata da un buon numero di allievi, ed il 14 febbraio 1875 fu dichiarata – SCUOLA GOVERNATIVA – e nel marzo 1876 – REGIO ISTITUTO NAUTICO -.
Ma la crisi della Marina Velica era nell’aria da tempo ed il Governo preferì concentrare la popolazione studentesca marinara della Riviera nell’Istituto Nautico di Camogli. Queste furono le cause che giustificarono in successione la chiusura degli Istituti di Chiavari, Recco ed infine, il 1 dicembre 1878, quello di Rapallo. Da quel giorno il levante ligure ebbe il suo “Polo Nautico” nel piccolo borgo di Camogli, che diede all’Italia, dal 1800 al 1900, 3700 Capitani di mare, 2932 bastimenti mercantili e più di 500 Macchinisti Navali di prima classe.
Carlo Gatti
Rapallo, 08.03.11