WINDJAMMER
L’ultima tipologia di velieri commerciali.
Il Canto del Cigno della Vela
Nave a Palo HERZOGIN CECILIE
Nel 1849 avvenne un fatto epocale nella storia della marineria: per effetto della scoperta di ricchi giacimenti d’oro in California, si creò un flusso di emigranti, ricercatori d’oro appunto, che era disposto ad imbarcarsi su qualsiasi mezzo diretto a S.Francisco via Capo Horn; il Canale di Panama si inaugurerà soltanto nel 1914.
Nello stesso periodo gli americani “inventarono” il CLIPPER. Le flotte d’Europa volavano verso l’ovest e fu l’epoca di memorabili gare tra questi “levrieri dei mari”, di brillanti records ed exploits di Comandanti e costruttori che passarono alla storia per la loro abilità e coraggio. Da quel clima “sportivo” di competizioni nacquero anche le scommesse a livello planetario sui Clipper vincitori.
Si scoprì l’oro anche in Australia e giunse l’ora dello sfruttamento commerciale dell’Oceano Pacifico. I grandi velieri commerciali viaggiavano carichi di emigranti e si incrociavano senza sosta lungo la rotta del Capo di Buona Speranza. Le lunghe traversate spronavano i Cantieri Navali inglesi a creare un tipo di veliero adatto alle grandi rotte oceaniche.
Purtroppo, la caccia all’oro non durò molto e, di conseguenza, il flusso migratorio andò scemando, ma il salvataggio dei grandi velieri dal disarmo totale avvenne per opera del guano della costa cilena, il grano californiano, e l’esistenza in Australia di grandi territori da colonizzare. Inoltre, buoni noli erano considerati: il cotone indiano, il carbone inglese, il nitrato cileno (eccellente fertilizzante) e la carne secca della Nuova Zelanda che riempivano le stive dei grandi “carriers” (Windjammer), gli ultimi velieri commerciali che resistevano ancora alla concorrenza dei più lenti, ma certamente più economici mercantili a vapore.
Mentre la nave a vela in legno tramontava definitivamente, il suo posto veniva preso dal veliero in ferro prima, e poi da quella in acciaio. Con l’apertura del Canale di Suez nel 1869, il mondo della vela accusò un ulteriore colpaccio perché solo le navi a vapore potevano utilizzarlo evitando il periplo dell’Africa. Il lento ma costante progresso della nave a vapore ottenne in quegli anni il monopolio del trasporto passeggeri.
Nel 1890 solo il 10% del naviglio varato dai cantieri inglesi era privo di propulsore a vapore: il rimanente alberava imponenti fumaioli tra la persistente selva di alberi e sartiame.
La navigazione a vela, dopo cinquemila anni di universale pratica, veniva lentamente sconfitta dal nuovo mezzo meccanico. Già! Lentamente, perché la lotta fu aspra e durò ancora nel corso della Prima guerra mondiale, quando gli U-BOOT tedeschi ne fecero scempio con il cannone.
Riservate ai velieri d’altomare rimanevano solo alcune rotte, quelle estreme dei collegamenti con le regioni più lontane (Australia e Cile). Regioni troppo lontane per la limitata autonomia della nave a vapore.
Il grande veliero da carico-WINDJAMMER presentava ancora due notevoli vantaggi:
– non doveva fermarsi per caricare carbone
– il vento non costava nulla
Facendo presa e insistendo coraggiosamente su questi due concetti, Francesi, Tedeschi e Scandinavi costruirono velieri sempre più grandi, destinati a caricare una sempre maggiore quantità di merci. Mentre la flotta dei velieri americani andava lentamente declinando, quella inglese divenne la prima al mondo.
Entriamo ora nel mondo della tipologia windjammer usando la classica definizione: “grandi velieri da trasporto che vennero realizzati tra la fine del XIX e l’inizio del XX Secolo”.
La grande novità costruttiva: scafo in ferro, e 3 – 5 alberi armati con vele quadre. Questa configurazione dava loro un profilo caratteristico perché furono le più grandi navi a vela mai costruite, avevano grandi stazze e non pochi vantaggi:
– la costruzione in metallo rendeva sia la produzione sia la manutenzione più economica di una nave a vela in legno di pari dimensioni.
– Lo scafo era più resistente e quindi permetteva il trasporto di un carico maggiore di una nave di dimensioni più grandi.
– Il moderno concetto di costruzione in serie sfruttava i rilevanti vantaggi dati dall’economia di scala.
– Lo stesso materiale: ferro prima, acciaio in seguito con il quale venivano realizzate, era di per sé meno costoso del legno. Inoltre lo scafo risultava più sottile e quindi lo spazio interno era maggiore.
– Il disegno costruttivo tipico del windjammer mostrava una particolarità molto importante per l’impiego dei più recenti ritrovati tecnologici. Le vele erano semi meccanizzate, gli alberi erano profilati in acciaio e, quando possibile, anche le manovre e il sartiame erano in acciaio.
– Lo scafo era affilato e rendeva il windjammer molto veloce e, nonostante il peso di quattro alberi, poteva raggiungere velocità media tra 15 e 18 nodi. La Herzogin Cecilie (vedi foto) aveva raggiunto la fantastica velocità di 21 nodi.
– Ma c’era un altro aspetto economico di grande rilievo: l’equipaggio tipico di un veliero dell’epoca era composto da: comandante, secondo, nostromo, 15 marinai esperti e 5 apprendisti, mentre l’equipaggio richiesto per governare un windjammer poteva essere di sole 14 persone.
– L’armamento e l’attrezzature fornivano prestazioni migliori della goletta e poteva navigare seguendo il vento meglio di una nave a palo, ed infine era più maneggevole di una nave dotata di sole vele quadre. La capacità di carico variava tra le 2.000 e le 5.000 tons. Il tipico carico, come abbiamo già visto, era costituito da guano, legno grezzo, grano e carbone.
– Su questo sito di Mare Nostrum Rapallo, nei titoli degli articoli riportati alla fine del presente servizio, abbiamo dedicato numerose pagine a questa tipologia WINDJAMMER a cui l’Italia diede numerose e celebri Navi a Palo di grandi stazze.
A cinquantotto anni dalla tragedia del famoso veliero-scuola PAMIR è doveroso un ricordo alla memoria del Comandante Johannes Diebitsch e dei suoi ufficiali, marinai ed allievi che perirono nel naufragio, avvenuto nell’oceano Atlantico a causa del violentissimo uragano “Carrie”. Il veliero aveva un equipaggio di ottantasei uomini e solo sei di essi si salvarono. La nave a palo tedesca (windjammer) Pamir, 3.020 di Stazza Lorda, naufragò nel settembre 1957.
Nel suo ultimo viaggio commerciale via Capo Horn, avvenuto nel 1949 sotto bandiera finlandese il Pamir aveva un equipaggio di 34 persone. Gli ufficiali erano cinque (comandante, primo ufficiale, secondo ufficiale, terzo ufficiale e nostromo), 14 marinai esperti, 5 marinai semplici e 5 mozzi di coperta, cuoco, assistente di cucina, cameriere e aiuto cameriere e infine un meccanico. I tempi erano definitivamente cambiati e i grandi windjammer si assunsero il compito di tramandare l’ARTE MARINARESCA velica alle nuove generazioni di marinai e ufficiali di mezzo mondo. Gli ultimi WINDJAMMER sopravissuti navigano ancora oggi con il nome, a tutti noto, di Tall Ships.
Tutte queste innegabili peculiarità del windjammer prolungarono la vita della vela essendo questi scafi molto competitivi (sulle lunghissime distanze) contro le prime navi a vapore che non superavano la velocità di 8 nodi.
Cinque Alberi PREUSSEN
Il più grande windjammer mai costruito fu il PREUSSEN che aveva 5 alberi. Il suo dislocamento era di 11.600 tons. Nella traversata dell’Oceano Atlantico, poteva mantenere una velocità media di 16 nodi.
La produzione maggiore di windjammer avvenne tra il 1870 e 1890 poi, quando la navigazione a vapore incrementò potenze, dimensioni e velocità, cominciò il loro inevitabile declino.
ALCUNE DIFFERENZE TRA IL CLIPPER ED IL WINDJAMMER
Clipper e Windjammer vengono spesso confusi perché somiglianti nello shape, ma si tratta di due tipologie di navi molto diverse. Il Clipper era una nave progettata in funzione della velocità, mentre il Windjammer lo era per la capacità di carico e la maneggevolezza. Molti Clipper avevano una costruzione mista (legno e ferro) e velatura completa, ma una capacità di carico inferiore alle 1.000 tons. I Windjammer erano invece di costruzione interamente metallica ed avevano, come abbiamo già visto, una capacità di carico molto elevata. Al tramonto del favoloso Clipper comparve sulla scena dei sette mari il Windjammer e fu il canto del cigno del mondo della vela da carico.
SEEADLER
Durante la Prima guerra mondiale, la Marina Imperiale Tedesca, utilizzò il Seeadler che stabilì un record come ultima nave a vela partecipante ad un conflitto. L’impiego principale dei windjammer restò però quello commerciale e, sebbene considerati una razza in via d’estinzione, alcuni restarono in servizio commerciale fino agli anni cinquanta del ventesimo secolo. L’avvento del motore DIESEL diede il colpo finale ai windjammer che terminarono la loro carriera occupando una nicchia nel trasporto di merci rappresentata dai collegamenti con quei porti che non disponevano di riserve di acqua o di combustibile e in alcune zone dell’Australia nel trasporto della lana e per le isole più lontane per il trasposto del guano.
Nave a Palo SEDOV
Ai giorni nostri, il più grande windjammer esistente ancora in attività è la nave scuola russa Sedov mentre il quattro alberi Moshulu, che può vantare il titolo di più grande windjammer esistente, è stato trasformato e viene utilizzato come ristorante di lusso a Philadelphia-USA. Spesso è possibile vedere altri esemplari di queste navi durante le principali manifestazioni dedicate alle gare tra le varie categorie di TALL SHIP.
Windjammer PASSAT
Windjammer KRUSENSTERN
Montague Dawson Paintings American Windjammer Under Full Sail
Windjammer KRUZENSTERN
Volle Fahrt voraus: Die “Sea Cloud II” erinnert an die Glanzzeiten der Großsegler.
Nave a Palo FRATELLI BEVERINO
Varato nel 1882 col nome di “Glenorchy” dalla Glen Line di Glasgow, passava alla Casa Beverino che nel 1909 lo vendeva a Gioacchino Lauro passando in Pacifico col nome “Cavaliere Lauro”. Passato infine col nome “Italia” all’armatore Esposito di Meta, di ritorno dal Cile con un carico di nitrato veniva investito da un piroscafo e affondava in pochi minuti.
Nave a Palo EMANUELE ACCAME
È la nave a palo più famosa e longeva di Loano, attiva su tutti gli Oceani. Varata a La Spezia nel 1891, gemella della “Edilio Raggio”, saliva a fama internazionale nella gara del grano sotto bandiera svedese col nome di “G.B.Pedersen”. Due drammatici passaggi di Capo Horn richiamarono il suo nome su tutta la stampa internazionale, quando, alla cappa durante una tempesta, venne salvata dalla collisione di un veliero inglese dall’allarme dato dalla bambina del capitano inglese, che stava a bordo con lui. Nel 1908 veniva a trovarsi a navigare tra i campi di ghiaccio che stavano chiudendosi riuscendo a guadagnare il mare libero all’ultimo momento. Dopo il 1911 veniva venduta alla Norvegia, poi alla Svezia distinguendosi in fatto di rendimento veloce. Nell’aprile del 1937, il grande veliero veniva speronato da un piroscafo ed affondava in 20 minuti ponendo così fine a 46 anni di navigazione.
SATURNINA FANNY
Fu realizzata nel 1890 su piani del Tappani nel Cantiere Nicolò Odero di Sestri Ponente dall’Ingegnere Navale Fabio Garelli che ne diresse la costruzione. Scafo in acciaio. Stazzava 1.594 tonnellate. Venne varata il 4 febbraio 1891. Armatori Raffo & Bacigalupo di Chiavari.
“ERASMO” in seguito “Pinguin”
Varato a Riva Trigoso nel 1903 per conto degli armatori Raffo e Bacigalupo di Chiavari, fu unità veloce collezionando primati malgrado le molte tempeste nelle quali ha avuto la ventura d’incappare, in Atlantico e nel Pacifico. Venduto alla Casa tedesca Laeisz, navigava col nome di “Pinguin” e veniva demolito nel 1923 dopo aver alzato anche la bandiera francese.
Nave a Palo “REGINA ELENA” – In seguito: “Ponape” – “Bellhouse”
Armato da Casa Milesi di Genova, veniva varato a Riva Trigoso nel 1903. Allestito con cura sotto la sorveglianza di capitani esperti, condotto in campagne effettuate con passaggi veloci e con carichi di vario genere non escluso il nitrato peruviano e il petrolio in cassette, nel 1912 veniva ceduto alla Casa Laeisz col nome di “Ponape”. Catturato dagli inglesi durante la prima guerra mondiale, navigava col nome “Bellhouse” passando poi sotto bandiera norvegese fino al 1927. Lunghezza 96 metri, larghezza 13,10, pescaggio 7 metri. Scafo in acciaio, stazzava 2.365 tonnellate. Portata 3.500 tonnellate. Era uno dei più bei quattr’alberi italiano. Aveva le vele di belvedere e controbelvedere.
Nave a Palo ITALIA
Scafo in acciaio, stazzava 3.109 tonnellate lorde, 3.030 nette. Lunghezza 98,80 metri, larghezza 14,54. Immersione 7,67 metri. Era armata con doppi velacci, velaccini e belvedere.
Con la sua portata di 4.200 tonn., è stato il più grande veliero costruito dai cantieri nazionali. Varato al Muggiano nel 1903 per conto degli armatori Cavalieri Becchi e Sturlese di Genova, attrezzato a nave a palo con i ritrovati più recenti, con 18 vele quadre, randa e 12 vele triangolari, albero maestro di 50 m. , era una nave splendida alla quale, però, non ha arriso la fortuna, che gli ha decretato la breve vita di 3 anni. Due le campagne, la prima di circumnavigazione del globo; la seconda campagna tra Europa, Australia e nuovamente Europa via Capo Horn. Durante la terza campagna, 1908, diretto allo scalo cileno di Iquique, l’“Italia” arrivava verso sera sotto costa quando veniva a mancare completamente il vento lasciando le vele inerti sicché bisognava ricorrere all’assistenza di uno dei pochi rimorchiatori della zona, che non fu possibile trovare (o giungeva troppo tardi). Il mare lungo che arrivava da Sud Ovest, dagli sconfinati spazi oceanici aperti, complice la corrente, spinsero il veliero sulle rocce della costa che scendeva a picco decretandone la fine per naufragio. Sinistro successo anche ad altre navi perché, essendo il mare molto profondo, era molto difficoltoso fermare la deriva per mezzo delle ancore. L’”Italia” riusciva tuttavia ad effettuare la manovra richiesta ma troppo tardi perché la poppa, ruotando, arrivò con il timone proprio sulle rocce che aprirono una via d’acqua fatale. Non rimaneva all’equipaggio che allontanarsi con le lance di salvataggio, che venivano soccorse da alcuni pescherecci.
Nave a Palo “GABRIELE D’ALI’” gemella della “Principessa Mafalda”
Progettista e Direttore dei Lavori fu l’Ingegnere Navale Fabio Garelli.Scafo in acciaio, stazzava 2.385 tonnellate. Zavorra 800 tonnellate d’acqua.Bastimento bello e dalla linea filante, risultò essere molto veloce anche per l’ampia velatura: gabbie, doppi velacci e controvelacci erano alti uguali sui tre alberi. Tra di essi e tra il contromaestro e la mezzana dotata di randa e controranda vi erano tre vele di strallo che, con fiocco, controfiocco e trinchettina al bompresso completavano l’imponente piano velico.
Fu un’ottima unità della Casa D’Alì di Trapani, il veliero più grande dell’Armamento meridionale italiano, varato nel 1903. Passato indenne tra i pericoli della guerra, veniva demolito a Trieste nel 1923, ultima nave a palo della flotta velica commerciale italiana.
– Si RINGRAZIA l’Archivio Fotografico dell’Agenzia Bozzo di Camogli che ci ha concesso la divulgazione di un pezzo della nostra Storia Marinara.
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– Nave a Palo ITALIA – C. CONCORDIA, due naufragi a confronto
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Carlo GATTI
Rapallo, 4 Maggio 2005