Fausto Mazza, autore del presente articolo, è Comandante di Cantiere e RSPP presso il cantiere navale T. Mariotti S.p.A. Dopo l’interessante pezzo sulle riparazioni navali, oggi punta i riflettori sopra un’altra realtà poco conosciuta: le chiatte.
J.G.
TRASPORTI SU CHIATTA
di Fausto Mazza
LE CHIATTE UN SETTORE DI NICCHIA
Le chiatte pontate sono galleggianti privi di propulsione, pressoché a forma di parallelepipede, caratterizzati da portate elevate, grande robustezza strutturale, ampie coperte libere da ingombri e pescaggio ridotto. Internamente il guscio dello scafo risulta suddiviso in compartimenti stagni, di capacità e numero adeguati ai fini della gestione dell’assetto.
Un ulteriore declinazione di questi mezzi di trasporto sono le chiatte semisommergibili. Queste sono mezzi specializzati che, mediante la gestione della zavorra, possono immergersi, appoggiandosi sul fondo e riemergere.
* La chiatte semisommergibili sono utilizzate per l’esecuzione delle seguenti operazioni: Analogamente alle chiatte normali, per il trasporto marittimo di grandi manufatti in relazione a opere in ambito civile, portuale, navale, offshore o, nell’ambito dei lavori marittimi, come piattaforme galleggianti in abbinamento all’utilizzo di mezzi di sollevamento terrestri quali gru semoventi ruotate o cingolate.
* Varo di costruzioni navali e moduli offshore mediante immersione parziale o totale della chiatta sia in acqua libera che dentro a un bacino di carenaggio.
* Presa in carico e messa a secco di unità navali o altri manufatti galleggianti in maniera del tutto analoga ad un bacino galleggiante.
La caricazione può avvenire mediante carrelli multiruota idraulici, sistemi di traslazione con verricelli, sollevamento verticale tramite gru o affondamento e successiva emersione della chiatta.
Le chiatte sono iscritte nel Registro del Naviglio Minore e dei Galleggianti e tipicamente sono prive di equipaggio imbarcato a ruolo. Non essendoci un ruolo equipaggio a bordo delle chiatte non esiste il Comandante. L’operatore incaricato della gestione della zavorra viene indicato con il termine anglosassone, mutuato dall’ off-shore, di Ballast Engineer o in maniera ancora più impropria con quello, preso a prestito dalle petroliere, di Tankista. Non esistono requisiti specifici per la qualifica di Ballast Engineer che, ai fini dell’Autorità Marittima, non esiste proprio. Il Ballast Engineer può essere un CLC (Capitano di lungo Corso) o un CDM (Capitano di Macchina) ma può anche benissimo essere un perito industriale o un geometra o semplicemente una persona con esperienza pratica, in grado di governare il mezzo e di seguire le istruzioni per la zavorra preparate da terzi. E’ ovvio che, in relazione alle competenze specifiche, il profilo ideale per ricoprire questo ruolo sia quello del Capitano di Lungo Corso.
A seconda delle loro caratteristiche costruttive, le chiatte possono essere abilitate alla navigazione a rimorchio anche Internazionale Lunga. I trasferimenti avvengono sempre in assenza di personale a bordo; durante la navigazione le chiatte sono sotto la responsabilità del Comandante del rimorchiatore che ne effettua il trasferimento.
I sistemi di bordo di una chiatta semisommergibile non presentano aspetti tecnici di spicco. L’operazione nevralgica è sempre una sola: la movimentazione della zavorra per permettere la gestione di assetto, immersione ed emersione. Il macchinario di bordo si riduce ad un generatore che alimenta gli impianti di bordo, pompe di zavorra ove presenti, un compressore che fornisce l’aria compressa necessaria per lo spiazzamento della zavorra e per l’utilizzo del verricello salpancore.
Su una chiatta di moderna concezione troveremo un sistema di tele-livelli che consente all’operatore di conoscere la quantità d’acqua presente all’interno delle singole casse di zavorra; un sistema telecomandato di valvole di presa mare e valvole per la gestione della zavorra; un sistema di pompaggio della zavorra per mantenere l’assetto; un ulteriore sistema di spiazzamento della zavorra mediante aria compressa, utilizzato per emergere a seguito di un’immersione.
Purtroppo, molte unità ancora in servizio sono di concezione antiquata, con impiantistica ridotta al minimo, quindi caricazione e discarica della zavorra avvengono per sola gravità, nessuna possibilità di trasferire la zavorra a bordo, espulsione della zavorra mediante spiazzamento con aria compressa e nessuna indicazione remota dei livelli delle casse.
Le sistemazioni di ormeggio di questi mezzi sono minime a prua e pressoché inesistenti a poppa, dovendo quest’ultima essere lasciata libera per il transito dei carichi. A prora, oltre all’ancora con relativo verricello salpancore dotato di campane di tonneggio, troviamo gli attacchi Smit per i rimorchi, le bitte di ormeggio e i passacavi. Ulteriori bitte di ormeggio saranno presenti in coperta lungo i fianchi fino a poppa. Sulla prora o lungo il fianco, troveremo festonato il cavo di rimorchio d’ emergenza.
Lavorare su questi mezzi, in particolare su quelli più vecchi, costringe il personale ad aguzzare l’ingegno per superare tutti i problemi che si possono presentare nel corso dell’operazione. In queste circostanze è fondamentale conoscere molto bene le caratteristiche tecniche del mezzo, i suoi limiti tecnici, le sue magagne, in essere e probabili, e il suo comportamento nelle varie fasi dell’operazione. Questa conoscenza permetterà all’operatore di riconoscere eventuali anomalie e di porvi rimedio.
L’assenza di sistemazioni di manovra sulla poppa ed in coperta costringe all’adozione di sistemi alternativi, spesso poco ortodossi, per poter mettere in forza le cime d’ormeggio. Generalmente si ovvierà alla mancanza del verricello a poppa, imbarcando un mezzo ruotato in grado di tirare con forza adeguata, tipicamente un muletto o una piccola semovente. La cima verrà collegata al mezzo ruotato tramite una bozza, messa in forza con la dovuta attenzione e successivamente abbozzata e voltata in coperta. Si tratta di manovre che, oltre a comportare un discreto impegno fisico, richiedono perizia marinaresca, prudenza ed una buona manualità.
In maniera del tutto analoga al naviglio maggiore, anche le chiatte si trovano ad operare in porti diversi sia in Italia che all’ estero. La manovra di arrivo può essere suddivisa nelle seguenti fasi: imbarco in rada del personale addetto all’ormeggio e del pilota, rilascio del rimorchio d’altura e connessione dei rimorchiatori portuali, passaggio dalla rada all’ormeggio e manovra di ormeggio vera e propria.
Generalmente il personale addetto all’ormeggio si compone di una squadra di ormeggiatori locali assistita dal personale della chiatta. Data la natura particolare di questi mezzi, la buona collaborazione con i servizi portuali è essenziale. Se il pilota, il rimorchiatore di altura e i rimorchiatori di porto fanno un buon lavoro, la vita del personale addetto all’ormeggio è resa decisamente più facile. In caso contrario le manovre di arrivo e di partenza, in particolare la disconnessione / connessione del rimorchio d’altura, possono tramutarsi in un incubo, sia dal punto di vista del tempo impiegato che da quello della sicurezza sul lavoro.
Il nolo giornaliero della chiatta, del rimorchiatore e delle attrezzature per la movimentazione comporta un esborso significativo per il noleggiatore, quindi tutte le lavorazioni vengono effettuate nell’ottica di evitare tempi morti, per terminare l’operazione nel minor tempo possibile. Spesso queste operazioni sono vincolate da limitazioni ai fini della sicurezza, quali l’esecuzione del lavoro in orario diurno, o limiti in relazione alle condizioni di vento e mare.
Non appena ormeggiati, cominciano le predisposizioni propedeutiche all’operazione vera e propria.
Il personale di bordo fa l’assetto secondo le istruzioni ricevute dal noleggiatore, assiste il perito chimico di porto per il rilascio del certificato di non pericolosità, assiste il personale del noleggiatore incaricato della realizzazione delle predisposizioni necessarie all’imbarco del manufatto o delle operazioni di derizzaggio dell’eventuale manufatto da sbarcare. La chiatta diventa un cantiere vero e proprio, popolato da persone indaffarate: tecnici del noleggiatore, manovali, carpentieri e saldatori, tecnici della ditta incaricata della movimentazione, ispettori del proprietario dei manufatti, periti dell’assicurazione e della classe solo per dirne alcuni. La corrente per il funzionamento di tutta l’attrezzatura elettrica, tipicamente saldatrici e smerigliatrici angolari, può essere fornita da un generatore mobile, dal generatore della chiatta o più raramente da terra.
Durante questi giorni di attività frenetica, la casamatta della chiatta, con la sua puzza di gasolio, offre al personale, oltre alla possibilità di bere un caffè o un sorso d’ acqua in pace, un riparo sempre gradito, sia dai raggi del sole d’estate, che dal vento e dalla pioggia d’inverno. In queste circostanze il caffè, abbinato al necessario spirito di cooperazione, mantiene oliato il meccanismo dei lavori.
Una volta completata la preparazione comincia il lavoro vero. Che sia l’imbarco o lo sbarco di una grande gru portuale o il varo di un supply vessel o di un manufatto di carpenteria metallica destinato all’off-shore, l’attenzione è massima.
Movimentando carichi su ruote si deve lavorare in sintonia con il responsabile della movimentazione. Gestendo oggetti molto pesanti, l’assetto della chiatta varierà in maniera notevole al variare della posizione del convoglio in coperta; sarà cura del responsabile della movimentazione evitare il più possibile movimenti inutili che costringano a continue variazioni di assetto e cura dell’operatore della chiatta assecondare la movimentazione. L’aver predisposto al meglio l’assetto della chiatta e la distribuzione della zavorra a bordo consentirà di sveltire la movimentazione, la presenza di personale esperto sia a bordo che dalla parte della ditta incaricata della movimentazione è di importanza strategica per la buona riuscita del lavoro.
Quando si vara, la manovra di affondamento viene gestita dal personale della chiatta con particolare attenzione alla stabilità trasversale. A meno che non siano dotate di cassoni stabilizzatori, le chiatte semisommergibili non possono affondare con assetto longitudinalmente dritto. Questo fa sì che l’affondamento debba avvenire entro certi limiti di profondità, che permettano alla chiatta di appoggiarsi sul fondo in sicurezza. Per evitare che la chiatta, immergendosi libera, possa veder compromessa la sua stabilità trasversale, si deve avere cura di mantenere un assetto positivamente appoppato fino al raggiungimento dell’appoggio dello specchio di poppa sul fondale. Una volta soddisfatta questa condizione, si potrà completare l’allagamento delle casse di zavorra prodiere fino al raggiungimento della massima immersione. L’emersione, che sia a seguito di un varo o per mettere a secco una piccola unità navale o un manufatto galleggiante è un operazione altrettanto delicata. Si pompa aria per espellere la zavorra e far emergere la prua fino a quando non si è in grado di garantire la stabilità trasversale della chiatta, dopodiché si espelle zavorra dalla poppa per provocarne il distacco dal fondale. Una volta avviata, l’emersione della poppa è molto rapida e non può essere arrestata. Sui fondali fangosi, l’effetto ventosa del fondale rende l’emersione ancora più subitanea e meno controllabile.
Alternativamente all’effettuazione delle operazioni con immersione ed emersione in acqua libera, varo e messa a secco possono essere effettuati dentro ad un bacino di carenaggio di dimensioni adeguate. La chiatta in questo caso sarà poggiata sullo scalo del bacino ed il livello dell’acqua in vasca gestito dal personale del bacino su indicazioni del personale della chiatta.
Mentre le operazioni di varo e presa in carico sono sempre vissute dentro la dimensione tecnico-nautica tipica della cantieristica navale o dell’offshore, nei grandi trasporti ci si ritrova ad operare in una dimensione terrestre, dove il personale della chiatta spesso è costretto ad interfacciarsi con persone che non hanno la minima idea di cosa sia un trasporto marittimo. In questi casi, i comportamenti dinamici dell’insieme chiatta / carico causati dalle maree, dal vento e dalla risacca del porto, generano nel terrestre il bisogno irrefrenabile di fare domande:
* Perché la chiatta sta affondando? Non stiamo affondando è la bassa marea.
* Perché la banchina è piu’ bassa della chiatta? Siamo in alta marea, il livello del mare è salito.
* Perché la chiatta prima era dritta e adesso è sbandata? Portiamo una struttura alta 70 metri, il vento ci fa sbandare.
* Perché non riuscite ad impedire che si muova quando passano le navi? Perché non siamo un camion posteggiato in un piazzale.
Se il personale del noleggiatore è completamente nuovo a questo tipo di operazioni, alla fine della giornata si torna a casa o in albergo con un bel mal di testa. Quando si lavora fuori sede, il protocollo serale è quello di tutte le trasferte: doccia, rendicontazione della giornata, aperitivo e/o telefonate, cena e giretto in città, quattro chiacchere con i colleghi prima di andare a dormire anche per organizzare le attività del giorno dopo.
Quando si lavora a bordo di queste cenerentole dell’armamento navale le giornate sono lunghe ma le soddisfazioni non mancano. Vedere l’ultimo asse di un grande convoglio che scende a terra o sale a bordo, completare il varo oppure mettere a secco una costruzione navale, vedere la chiatta che si allontana dalla diga trainata dal rimorchiatore d’altura è sempre appagante. Umili quanto versatili, le chiatte semisommergibili possono vantare una flessibilità d’ impiego che non teme paragoni.
Fausto Mazza, autore del presente articolo, è Comandante di Cantiere e RSPP presso il cantiere navale T. Mariotti S.p.A.
Rapallo, 26 Luglio 2018
A cura del webmaster Carlo Gatti