28 giugno 1940
L’AFFONDAMENTO DELLA MOTONAVE PAGANINI
Rappresentazione pittorica del naufragio
Una tragedia dimenticata, come l’ha definita qualcuno, o comunque poco nota. È quella dell’affondamento della motonave Paganini, esplosa il 28 giugno 1940 al largo di Durazzo. A bordo del piroscafo c’erano oltre novecento soldati: provenivano per la maggior parte dalla Toscana, e in particolare da tre reparti fiorentini.
Due belle e felici immagini della PAGANINI in navigazione
L’affondamento della motonave “Paganini” fu forse il primo disastro della Seconda guerra mondiale. In quei giorni, si ammassavano truppe in Albania destinate all’occupazione della Grecia.
La sera del 27 Giugno del 1940, la motonave Paganini salpa da Bari facendo rotta per Durazzo. Si tratta di una nave civile di poco meno di 2.500 tonnellate, noleggiata alla Tirrenia.
L’imbarco avviene nella confusione più totale: non ci sono elenchi, per anni questo particolare agevolerà le illusioni di molte famiglie. Addirittura, quattro soldati di Anghiari fanno un salto a casa a casa per salutare le famiglie, perderanno la nave a loro destinata, saliranno sulla Paganini, per loro significa la morte. Un altro perde la nave per andare a comprare le sigarette, prenderà il piroscafo successivo, si salverà.
Al tramonto del 27 giugno il convoglio, formato dalla Paganini, da una nave cisterna, e dalla nave scorta cacciatorpediniere Fabrizi, parte alla volta dell’Albania.
La nave sbandata é in preda al fuoco, tra poco s’inabisserà
All’alba del 28 giugno la nave M/N PAGANINI ha un sussulto causato da un’esplosione nella stiva N.2. Immediatamente divampa un furioso incendio, la cui causa è tutt’ora controversa.
Le fiamme si levano subito altissime, grida, disperazione, panico. Il naufragio avviene alle 6,15 mentre la motonave si trova al largo di Durazzo.
A bordo del piroscafo, che può trasportare 58 passeggeri, oltre alle merci, vi sono oltre 900 soldati del diciannovesimo reggimento artiglieria e una sezione dell’Istituto geografico militare, entrambe di stanza a Firenze.
La maggior parte proviene della Provincia di Firenze, altri dalle città e dalle zone circostanti: Mugello, Chianti, Val di Sieve, Valdarno. Di queste zone si contano numerosi caduti, dispersi e naufraghi che furono tratti in salvo. Centinaia erano i soldati della val di Sieve presenti in Albania, inquadrati nei Reggimenti della Divisione Venezia.
Dei circa 220 morti e dispersi, secondo la lista pubblicata fino dalla sera dell’11 luglio, il 90% delle vittime era in forza al 19° Reggimento Artiglieria della Divisione di Fanteria Venezia di stanza a Firenze, con sede alla Caserma Baldissera, detta la Zecca.
In un mare di fuoco, i soccorsi sono difficili e scarsi, nonostante la vicinanza della costa albanese. Per molti giorni non si hanno notizie, poi l’11 luglio i famigliari apprendono dai giornali della sorte dei loro cari.
Il ministero della guerra invia alle famiglie le solite fredde parole di circostanza. I bollettini di guerra non parleranno mai dell’accaduto.
Secondo le indagini esperite dal tribunale di Tirana nel luglio 1940 l’incendio, scoppiato nella stiva n. 2 della motonave, è dovuto a sabotaggio.
Quanti furono i morti, i dispersi, i mutilati? Incertezze e carenze burocratiche hanno alimentato per anni le speranze di chi non si rassegna alla fine dei loro cari. C’è poi il mistero dei grandi invalidi: feriti straziati, privati degli arti e della vista che sarebbero stati ospitati in alcuni istituti fiorentini. Circostanza, anche questa che avrebbe alimentato la speranza di alcune madri e mogli che per anni sono state alla ricerca dei loro cari.
Il naufragio della Paganini è passato sotto silenzio, per quasi settant’anni non si è riusciti a sapere quasi niente. Cos’è accaduto veramente? Quanti sono i morti e i dispersi? Sono molti i misteri che hanno avvolto la fine della motonave che è costata la vita a oltre 219 soldati, secondo le fonti ufficiali, secondo altri la cifra complessiva sarebbe di 340 uomini.
Fa da sfondo alla tragedia il pressapochismo e l’impreparazione che caratterizza l’entrata in guerra dell’Italia e la vicenda della Paganini ne è la riprova lampante: soldati, armi, muli, paglia, fieno e macchinari sono sistemati alla rinfusa nelle stive e ammassati in coperta, mancano le scialuppe di salvataggio e le vie di fuga non sono adeguate all’abbandono veloce della nave, i giubbotti di salvataggio non sono adeguati e molti non sanno usarli.
La storiografia ufficiale si è dimenticata della Paganini, rimasta invece nella memoria di molti. Ogni anno nella basilica della Santissima Annunziata a Firenze è celebrata una Messa in suffragio dei caduti. L’appuntamento si ripeterà anche quest’anno alle 12 di lunedì 28 giugno.
IL DIFFICILE RECUPERO DEI NAUFRAGHI
La Fabrizi affiancò la Paganini sul lato dove si erano concentrati più uomini, e l’equipaggio della torpediniera si prodigò nel recuperare quanti più uomini possibile. In tutto la torpediniera riuscì a trarre in salvo 437 naufraghi, tra cui parecchi feriti ed ustionati, anche in modo grave.
Due immagini d’epoca della Paganini in fiamme al largo di Durazzo
Il relitto della Paganini, la cui posizione era nota ad alcuni abitanti di Durazzo, è stato ritrovato ed identificato nel gennaio 2009 da un gruppo di subacquei guidato da Cesare Balzi. La nave giace a 35 metri di profondità a 2,4 miglia dalla riva tra Durazzo e Capo Pali (ed a quattro miglia dall’uscita del porto di Durazzo), sbandata di 45 gradi a sinistra, con le strutture superiori che giungono a 28 metri; la prua è rivolta a sudovest, con rotta 210°. La zona prodiera è la più danneggiata, con parte del ponte e della plancia che sono crollate (non solo per effetto dell’incendio, ma anche a causa della pesca con la dinamite effettuata da alcuni pescatori locali), mentre la poppa è relativamente ben conservata, in particolare la poppa estrema, unica parte della nave a non essere stata raggiunta dall’incendio del 28 giugno 1940. I locali interni sono ricoperti da uno strato di sabbia e fango. La campana della Paganini è stata recuperata e restaurata ed è conservata dal National Center of the Stocktaging of Cultural Properties del Ministero del Turismo, Cultura, Gioventù e Sport dell’Albania, a Tirana.
Ogni anno, il 28 giugno – sin dal 1941, vengono commemorati i caduti della Paganini con una messa celebrata nella Basilica della Santissima Annunziata a Firenze.
ALCUNI DATI TECNICI E STORICI
Motonave mista da 2424 (o 2427) tsl, 1421 tsn e 2985 tpl, lunga 85,34-89,61 m, larga 12,19 e pescante 6,4, con velocità massima 13,7 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Tirrenia, con sede a Napoli, ed iscritta con matricola 55 al Compartimento Marittimo di Fiume.
Breve e parziale cronologia.
15 novembre 1927
Impostata nel Cantiere Navale Triestino di Monfalcone (numero di costruzione 194).
23 luglio 1928
Varata nel Cantiere Navale Triestino di Monfalcone.
29 settembre 1928
Completata per la Compagnia Adria Società Anonima di Navigazione, con sede a Fiume. Ha cinque gemelle: Donizetti, Puccini, Rossini, Verdi, Catalani (la serie «Musicisti»), tutte destinate ad andare perdute in guerra, tre di esse con fine particolarmente tragica. Possono trasportare 58 passeggeri più le merci.
1° gennaio 1937
Trasferita alla società Tirrenia, che ha assorbito la compagnia Adria. Unitamente alle gemelle, la Paganini, noleggiata dal Commissariato per la Marina Mercantile (Ministero delle Comunicazioni), presta servizio sulla linea n. 32 (Fiume-Venezia-Ancona-Bari-Catania-Malta-Messina-Palermo-Napoli-Livorno-Genova-Imperia-Marsiglia-Barcellona-Tarragona-Valencia-Fiume per totali 3997 miglia nautiche).
10 giugno 1940
L’Italia fa il suo ingresso nella seconda guerra mondiale; la linea n. 32 viene sospesa e la Paganini viene fermata a Livorno.
La motonave viene poi noleggiata dal Ministero della Marina (senza essere requisita; altra fonte data l’inizio del noleggio al maggio 1940, anziché al giugno) per trasportare truppe in Albania, in previsione dell’invasione della Grecia.
18-26 giugno 1940
Lavori di adattamento alla mansione di trasporto truppe: nelle stive prodiere e poppiere vengono sistemate centinaia di cuccette per i soldati; vengono realizzati box per alloggiare gli animali; poi la nave si trasferisce a Taranto e qui viene armata con un cannone da 120/45 mm, sistemato a poppa, e due mitragliere contraeree binate da 13,2 mm, collocate sul cielo della plancia.
Per chi desiderasse approfondire l’argomento, segnalo il blog:
CON LA PELLE APPESA AL CHIODO
Carlo GATTI
Rapallo, 6 Novembre 2019