QUANTO E’ SLEGATA L’ANCORA DALL’ELICA E DAL TIMONE
BY JOHN GATTI •6 OTTOBRE 2020•13 MINUTI
Nel corso degli anni l’ancora come ausilio alla manovra, ha ceduto il posto – in ordine d’importanza – al passo variabile e ai thrusters.
Non molti anni fa era normale impostare una manovra di affiancamento a una banchina, con il lato nave non favorevole all’effetto dell’elica, prevedendo l’uso dell’ancora.
A questo proposito voglio riportare una piccola esperienza, maturata nel mio periodo da allievo, tratta dal libro “A bordo con il Pilota“:
“Il pilota che mi seguiva nella manovra aveva molta esperienza e il coraggio/pazienza di far continuare la gestione all’allievo fin quasi al “punto di non ritorno”. Questo è positivo, perché l’adrenalina provocata da un “quasi impatto” salvato il più tardi possibile lascia un segno indimenticabile e vale più di molta teoria.
Eravamo a bordo di una nave lunga cento metri che pescava sette metri e mezzo, monoelica a passo fisso sinistrorsa, timone tradizionale e senza elica di prora.
Dovevamo percorrere circa due miglia di canale per poi accostare di novanta gradi a dritta e affiancare in banchina con il fianco sinistro, senza evoluzione.
Poco dopo aver imboccato il canale, un altro pilota imbarcato su una nave in partenza ci chiese di aumentare la velocità per permettergli di mollare gli ormeggi.
Il mio ragionamento spiccio si limitava a considerare che ero a bordo di una nave piccola, che per me equivaleva a “piccoli problemi”.
Portai la macchina ad Avanti Mezza e passammo la metà del canale a setteno di di velocità. Una volta liberato il transito per l’altra nave, ridussi ad Avanti Adagio, ma la velocità scese solo di un nodo e, per farlo, ci mise parecchio tempo, ma dentro di me ero tranquillo perché continuavo a pensare che “la nave era piccola”…
A qualche centinaio di metri dall’accostata di novanta gradi scesi ad Avanti Molto Adagio.
Per farla breve, realizzai di avere un’elevata velocità, relativa alla situazione contingente, troppo tardi.
Fermai la macchina, ma la nave carica era troppo pesante e lenta nelle risposte.
Cominciai a sudare freddo: mi vedevo già contro la nave ormeggiata di fronte a noi.
Rimisi in moto la macchina, ma con il Molto Adagio la velocità di accostata era sempre troppo lenta e fui costretto ad aumentare fino ad Avanti Mezza. Il timone riprese a rispondere bene a scapito di una velocità che riprese a salire.
Lo scenario che si presentava ai nostri occhi era il seguente: una nave ormeggiata a sinistra e la nostra destinazione cento metri più avanti, duecentocinquanta metri di fronte finiva tutto: solo cemento.
Per chiudere il cerchio posso dire che avevamo a che fare con una velocità prossima ai sei nodi e a un effetto dell’elica che, a marcia indietro, ci avrebbe fatto dare una pruata in banchina…
Ormai ero in panico.
Intervenne il pilota.
Diede subito tutto il timone a dritta e, non appena la nave cominciò ad accostare, mise la macchina Indietro Tutta e il timone in mezzo: l’effetto dell’elica fermò l’evoluzione e chiamò la prua a sinistra; a quel punto diede fondo all’ancora di dritta. Una lunghezza e mezza in acqua, fece agguantare e poi filare un’altra mezza lunghezza.
Risultato: dopo qualche minuto eravamo ormeggiati in banchina, perfettamente in posizione.
Considerazioni:
- la prima cosa che risulta evidente è la differenza tra il limite dell’allievo e quella del pilota, dovuta a una questione di abitudine alla reazione nelle situazioni critiche affrontata nelle migliaia di manovre già effettuate. Aggiungo l’abitudine all’uso disinvolto dell’ancora che elimina le esitazioni.
- La teoria è la base imprescindibile, ma la pratica concretizza le parole incidendo l’esperienza nella memoria.
- La velocità non è un valore assoluto, ma relativo alla situazione contingente.
- Anche la grandezza della nave è spesso relativa: solitamente gli ausili alla manovra sono proporzionati alla stazza e il pescaggio può rendere una piccola nave molto difficile da governare.
- La sicurezza della manovra in cui si è impegnati è la cosa più importante. Nel caso specifico, far aspettare qualche minuto in più il pilota in partenza non avrebbe portato nessuna conseguenza, mentre aumentare la velocità ha creato una situazione di potenziale pericolo.
- L’errore più grave è stato quello di non prevedere i passaggi successivi, arrivando al punto di accostata in prossimità dell’ormeggio senza la possibilità di ridurre la velocità.
- La giusta sequenza avrebbe previsto una riduzione progressiva della velocità, in modo di arrivare al punto di accostata con circa due nodi, per poi accelerare nell’evoluzione assicurandosi un maggior controllo. Terminata la rotazione si doveva stabilizzare la rotta, fermare la macchina e dare fondo per poi continuare dragando l’ancora.
In questo racconto sono stati messi in evidenza diversi punti, tra i quali troviamo la pianificazione dell’uso dell’ancora.
In questo racconto sono stati messi in evidenza diversi punti, tra i quali troviamo la pianificazione dell’uso dell’ancora.
In effetti, per una questione di “allenamento del gesto” al fine di renderlo fluido in caso di necessità, non sarebbe sbagliato utilizzare, di tanto in tanto, l’ancora anche solo per esercizio.
Purtroppo la reale efficacia di questo strumento, oggigiorno, la si apprezza soprattutto nelle emergenze. Situazioni in cui la rapidità d’intervento è il fattore che, il più delle volte, determina il controllo degli eventi o l’inevitabile impatto.
In generale i vantaggi nel suo utilizzo sono numerosi:
- controllo della caduta della prora in banchina;
- arresto della nave con uso minimo della macchina;
- gestione della rotta con l’ancora a dragare;
- posizionamento dell’ancora come aiuto per il successivo disormeggio;
- e così via.
Passo variabile ed eliche di manovra hanno semplificato le cose…
Come ben sappiamo, e senza entrare troppo nei particolari, le eliche a passo fisso hanno le pale solidali al mozzo e non è possibile agire sul loro orientamento. Questo comporta tutta una serie di limiti di cui è necessario tenere conto:
- per invertire la direzione di moto, si deve fermare il motore e riavviarlo con l’asse accoppiato in senso inverso. Ogni volta occorre un nuovo avviamento, che ha bisogno d’aria, che non è infinita…
- a seconda del timone di cui sarà dotata la nave che stiamo manovrando, avrà una sua velocità minima di governo. Alcune, dotate di timone dall’ampia superficie manovrano fino a velocità molto basse, altre meno. In ogni caso tutte hanno un limite.
Va da sé che, per pareggiare i conti in queste condizioni, l’ancora è la soluzione ideale.
Abbiamo detto che l’avvento delle eliche a passo variabile e delle eliche di manovra ha cambiato la situazione.
Vediamo perché.
Per prima cosa rinfreschiamo la memoria definendo
il passo dell’elica: che è la distanza teoricamente percorsa in un giro completo dall’elica, trascurando la cedevolezza del fluido, che corrisponde alla distanza che la stessa percorrerebbe se si muovesse all’interno di un corpo solido. (Approfondimenti nel video “Le eliche“)
Si deve proprio alla possibilità di variare a piacimento il passo dell’elica una delle rivoluzioni avvenuta nelle impostazioni delle manovre, discorso che vale, in particolar modo, per le navi medio/piccole. Quelle cioè, dove spesso l’ancora sostituiva egregiamente il lavoro dell’eventuale rimorchiatore.
Le eliche a passo variabile ruotano sempre nello stesso senso a giri costanti.
Niente più problemi di avviamenti e facilità a regolare la velocità a seconda dell’esigenza.
Questo sistema porta con sé anche diversi difetti, come la difficoltà a mantenere la rotta a passo zero, dovuta alla continua rotazione dell’asse; la resa a marcia indietro generalmente scarsa e accompagnata da un forte effetto dell’elica; e diversi altri che in questo contesto non andiamo ad affrontare.
Sta di fatto che la possibilità di poter agire sul passo per regolare la velocità, permette di avere un controllo maggiore sulla manovra; se poi aggiungiamo un’elica di prora, allora l’ancora diventa veramente una cosa di cui, in queste condizioni, si può fare a meno.
Ma l’ancora, nonostante la frequenza del suo utilizzo sia diminuita considerevolmente negli ultimi anni, resta una delle carte più importanti del mazzo.
Mi è capitato solo una quindicina di volte, in più di vent’anni da pilota, di doverle utilizzare in situazioni d’emergenza, ma vi assicuro che se in quelle occasioni non avessi avuto “familiarità” nell’utilizzo di questo ausilio, il conto in soldi dei danni che ne sarebbero derivati sarebbe stato veramente alto.
Consiglio, per chi non l’avesse ancora fatto, di dare un’occhiata anche all’articolo “Ancore: quelli a prua non sono orecchini!”
Per approfondimenti sulle ancore e il loro utilizzo: “Il punto sulle ancore“.
JOHN CARLO GATTI
Rapallo, 8 Ottobre 2020