LA COLLINA DEGLI ULIVI - Poesia

LA COLLINA DEGLI ULIVI

 

 

La collina degli ulivi

Sulla collina dell’infanzia

caduti gli ultimi frutti,

si assopivano

le aeree chiome

degli antichi ulivi.

Improvvisi

libeccio o scirocco

–in gara con i marini flutti-

in argentee onde

le agitavano.

Nella notte

al cigolar dei rami

la casa

–nei sonni –

diventava un veliero:

in tempestose acque

ci trasportava

verso le lontane isole

sognate.


Maria Grazia Bertora

Scritta nel 2007 inedita

 

 

Rapallo, 30 Gennaio 2020


TSS EARNSLAW, LA NAVE A CARBONE PIU’ VECCHIA DEL MONDO

TSS EARNSLAW

LA NAVE A CARBONE PIU’ VECCHIA DEL MONDO

Viaggia ancora sul lago WAKATIPU

New Zealand del Sud


La Nuova Zelanda é uno stivale rovesciato composta da due grandi isole. Ha una Superficie di 268.021 Km2 - Poco meno dell'Italia 301.338 Km2 - Abitanti: 4.100.000.

Siamo “partiti” per la nuova Zelanda alla ricerca della nave in servizio più vecchia del mondo (109 anni). Nel suo palmarez si legge che ha ospitato la regina d’Inghilterra con il principe Filippo e quasi tutti gli ultimi Presidenti degli Stati Uniti.

Il mondo marittimo anglosassone é da sempre convinto che le navi abbiano un’anima come le persone, quindi un destino che talora é glorioso e va conservato come una reliquia e onorato come una bandiera nazionale! Noi italiani non siamo buoni recettori di questo sentimento che é tuttora sballottato tra le onde del nazionalismo e del patriottismo senza percepirne il vero confine.

Il piroscafo TSS EARNSLAW nell’attesa della sua crociera giornaliera


Su questa mappa del lago Wakatipu é marcata al centro la città di Queenstown capolinea della crociera della nave a carbone TSS Earnslaw una delle più antiche attrazioni turistiche di OTAGO.


Lago Wakatipu

Il TSS EARNSLAW in navigazione. Le crociere partono regolarmente durante il giorno.

La piacevole crociera di 90 minuti attraverso il lago Wakatipu mette in mostra alcuni spettacolari paesaggi alpini di Queenstown e offre la possibilità d’esplorare un pezzo della sua natura vivente.

UN PO’ DI STORIA


Il TSS Earnslaw è parte integrante della storia pioneristica di Queenstown di cui é anche l'icona più gettonata. Il piroscafo fu incaricato dalle ferrovie della Nuova Zelanda di servire le comunità intorno al lago Wakatipu. Lo Steamer Ship é stato varato nello stesso anno del TITANIC, il viaggio inaugurale (maiden voyage) della TSS Earnslaw avvenne il 18 ottobre 1912.


TSS Earnslaw - Vintage Steamship - 1912

Conosciuta come La signora del lago, ha fornito un collegamento essenziale tra le comunità agricole isolate lungo il lago e il mondo esterno. Lunga 48 metri, era la più grande barca sul lago e trasportava passeggeri, pecore, bovini, posta e provviste.

Quasi demolita nel 1968, fu salvata e acquistata da Real Journeys e messa di nuovo in servizio per il trasporto passeggeri intorno al lago. Da allora il TSS Earnslaw è stata accuratamente restaurata nelle sue condizioni originali: tutto ciò che si vede di lei oggi è fedelmente identico all’aspetto del suo primo viaggio.

Oggi, la TSS Earnslaw è l'unica nave a vapore tuttora in funzione nell'emisfero meridionale, questa realtà le conferisce un alone epico unico al mondo.

Il TSS Earnslaw è apparso in diversi film tra cui un cameo in Indiana Jones e il Kingdom of the Crystal Skull come Amazon River Boat.

Parti della nave a strascico SS Venture nel King Kong di Peter Jackson sono state ispirate dal TSS Earnslaw. Il famoso compositore Ron Goodwin ha composto un brano musicale ispirato al ritmo delle macchine alternative della TSS Earnslaw.

Lo abbiamo già accennato, ma lo sapevate….?

Nel marzo 1990, il TSS Earnslaw ha trasportato la regina Elisabetta e il principe Filippo.

In altre occasioni sono state ospiti a bordo: il re e la regina del Belgio, il principe della Thailandia e numerosi presidenti degli Stati Uniti.

Seguono tre immagini d’epoca, un po’ ingiallite dal trascorrere del tempo, ma intatte nel loro fascino old fashion che si contrappone alla modernità “pacchiana” di tante navi che oggi solcano i sevenseas …





Il TSS Earnslaw è un piroscafo a doppia elica di epoca edoardiana*, l'unica nave a carbone che trasporta passeggeri nell'emisfero meridionale. È una delle più antiche attrazioni turistiche nel centro di Otago (una delle 16 regioni della N.Z. - situata nella parte Sud-Orientale dell’Isola Meridionale.

*L’Epoca Edoardiana (1901-1910)

L’Epoca Edoardiana è il periodo tra il 1901 ed il 1910, cioè l’epoca del regno di Edoardo VII.
Dopo la morte della regina Vittoria  avvenuta il 22 gennaio 1901, il suo successore fu il primogenito
Edoardo VII che segnò la fine dell’epoca vittoriana e l’inizio di un nuovo secolo.
Mentre la regina Vittoria non partecipava alle uscite in società (era solita ripetere “Noi no, che non ci divertiamo”), re Edoardo VII era un grande frequentatore di circoli mondani ed un grande viaggiatore.
La Londra ereditata dalla Regina Vittoria, era una Londra capitale di un impero che si estendeva per 4 Continenti e contava più di 500 milioni di abitanti
.

VISITANDO LA NAVE …


TSS EARNSLAW

Cartatteristiche tecniche

Lunghezza: 51,2 m

Costruzione iniziata: 4 luglio 1911

Varo: 24 febbraio 1912

Pescaggio: 2,1 m

Velocità: 13 nodi

Sala Macchine

  • La nave a carbone TSS Earnslaw è sottoposta a manutenzione annuale.
  • Per ulteriori info rivolgersi: Centro visitatori Real Journeys, Steamer Wharf, 88 Beach Street, Queenstown

Sul depliant della Compagnia leggiamo:

QUEENSTOWN-DART RIVER SAFARI E CENA CON CROCIERA

Il tour di mezza giornata include un’emozionante escursione con un motoscafo moderno tipo Jetboat, una passeggiata in una foresta autoctona ed una gita in jeep: un’esperienza indimenticabile! Si raccomandano: abiti e scarpe comode - in inverno guanti e giacca impermeabile ed in estate cappellino ed occhiali da sole.

Nel pomeriggio inoltrato ci si imbarca su un vaporetto dello scorso secolo la TSS Earnslaw che ha solcato le acque del lago per oltre 100 anni ed é conosciuta affettuosamente come la SIGNORA DEL LAGO.

Si naviga attraverso il lago sino a raggiungere Walter Peak ove si visita in tutto relax i magnifici giardini della tenuta coloniale Colonel’s Homestead ove si é ospitati per una elegante cena nell’edificio originale. Il menù comprende le tipiche pietanze Neozelandesi a base di gustose carni e verdure seguite dall’immancabile dessert. Dopo la cena é possibile assistere ad uno spettacolo tipico degli allevamenti neozelandesi lo sheep shearing (tosatura delle pecore). Al termine si rientra a Queenstown sempre navigando sulla “signora del lago”.

A BORDO DELLA NAVE


Sala Macchine

La crociera sul lago è adatta a tutte le età. E’ possibile visitare la sala macchine per scoprire le due grandi macchine alternative (a vapore) al lavoro. Nelle vicinanze potrai vedere la raccolta di foto storiche nel nostro mini-museo, controllare il ponte e persino unirti a un cantante insieme al pianista.


Il pianista...

Oppure, se preferisci, rilassati e goditi un vino o una birra o un po' di cibo da caffetteria nel nostro Promenade Café a bordo.

 

DUE CHIACCHIERE CON IL COMANDANTE SUL PONTE DI COMANDO …

Telegrafo di macchina

Dopo averlo omaggiato del “crest” dei Piloti del porto di Genova, il cinquantenne barbuto Comandante m'invita sul Ponte di comando per scambiare due parole che presto diventano un’affabile conversazione tra vecchi amici avendo anche lui la Licenza di Pilotaggio del suo distretto, in pratica siamo colleghi che lavorano agli antipodi del mondo...

Ormai questa “vecchia signora” non ha più segreti per te …!

A dirti la verità appena mi distraggo un attimo mi frega... Ho lavorato su molte navi nella mia vita, ma nessuna di loro aveva la personalità di Earny ... dotata del temperamento di una anziana nobildonna decaduta... piena di sé, con poca umanità. Una signora scontrosa ed arrogante che vuole comandare in ogni situazione… perché é convinta che solo lei sappia ormeggiare e disormeggiare senza andare a sbattere… in fondo tutti la guardano, l'ammirano, parlano di lei... così si sente sempre bella e desiderata; in poche parole lei é  il COMANDANTE ed io sono il suo timoniere...

Mi sembra di capire che tra voi ci sia un po' di rivalità: due primedonne sulla scena prima o poi fanno scintille...


Un po' di verità  c'é nelle tue parole. Insomma non ci fidiamo  troppo l’uno dell’altra ... ne parliamo spesso … a volte litighiamo, specialmente quando c’é vento di tramontana che ci scarroccia di pancia, purtroppo il nostro pescaggio  é limitato a 2 metri a causa dei fondali. Inoltre, quando ci avviciniamo all’ormeggio, i turisti si spostano tutti dal lato banchina per vedere la manovra, la nave s’inclina, una delle due eliche fuoriesce e non lavora più come dovrebbe, per cui la Earnslaw tende ad accostare da un lato, dove incontra meno resistenza.

Ogni manovra risulta diversa da tutte le altre…

Una cosa é certa, se trasformassero la Earnslaw in una unità moderna con l’elica di prora, azipod ecc… tu faresti una vita migliore, ma la nave perderebbe quel fascino che attira turisti da tutto il mondo…!

Hai ragione! Devo anche dirti che spero di non essere io al comando qualora venisse in mente all’armatore di trasformarla in un “soggetto moderno”, facile da manovrare… sarebbe una noia tremenda! Questo antico “ferro”, come sai, ha il timone piccolo, le accostate sono lente e molto lunghe, le devi prevedere con largo anticipo ed é lì che mi diverto!

Allora provo ad andare sul personale… Ma tra voi, se non esiste un po’ di feeling, cos’altro vi tiene insieme?

Provo ad essere sincero: alla sera sono felice di “legarla alle bitte”, lasciarla sola in castigo nel suo “brodo”, e andarmene a casa. Ma dopo un po’ sento che questa “son of a bitch” strapiena d’idiosincrasie… mi manca! Allora chiedo a mia moglie di venire a fare quattro passi, ritorniamo sottobordo, io per controllare che Earny non sia scappata senza di me… mentre mia moglie ogni volta cerca di capirne qualcosa  di più… e credo che sia anche un po’ gelosa…

di CARLO GATTI

Rapallo, 2 gennaio 2020


LE NAVI DEGLI EMIGRANTI

LE NAVI DEGLI EMIGRANTI

Furono molti i bastimenti che trasportarono nei loro viaggi transoceanici milioni di persone alla ricerca di fortuna in nuovi Continenti. Molte furono le persone che pur d'imbarcarsi vendettero quel poco che gli era rimasto: l'asino, la vigna, la casa, con la speranza di fare fortuna per poter un giorno ritornare.

Le piccole flotte di navigazione italiane dopo il 1870 furono curate e incentivate con sussidi dal Governo del Regno d'Italia: all'inizio del Novecento alcune di esse erano dei colossi grazie soprattutto al denaro degli emigranti.

Perseo

Lombardia

Città di Genova

Mendoza

Caserta-Venezuela

Florida

Bologna

Luisiana

Indiana

Lazio-Palermo

Principe di Udine

Virginia

Regina d'Italia

Duca degli Abruzzi

Re d'Italia

Principessa Mafalda

San Giovanni

Europa

Guglielmo Peirce

Regina Elena

America

Taormina

Re Vittorio

Ancona

Tommaso di Savoia

1883

1901

1903

1904

1904

1905

1905

1906

1906

1906

1906

1906

1907

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1907

1908

1908

1908

1908

1908

1909

Principe Umberto

Duca d'Aosta

Principessa Mafalda

Cavour

Duca di Genova

Dante Alighieri

Garibaldi

Giuseppe Verdi

Colombo

Duilio

Conte Rosso

Conte Verde

Giulio Cesare

Conte Biancamano

Virgilio

Roma

Orazio

Saturnia

Conte Grande

Vulcania

Augustus

Victoria

Conte di Savoia

Rex

Piemonte

1909

1909

1909

1911

1912

1914

1914

1914

1915

1916

1921

1922

1922

1925

1926

1926

1927

1927

1927

1928

1928

1931

1931

1932

1935

Negli ultimi decenni del XIX secolo il fenomeno dell'emigrazione iniziò ad avere numeri e aspetti che non poterono essere più sottovalutati e si fece sempre più stringente la necessità di provvedere ad una sua adeguata regolamentazione. E' in questa ottica che, con la legge Crispi del 30 dicembre 1888 n. 5866, si recepì il crescente fenomeno dell'emigrazione anche se, ancora per una volta, venne privilegiato l'aspetto repressivo a quello della tutela degli emigranti e dei loro diritti minimi. Con la nuova normativa, tuttavia, venne riconosciuto all’emigrante il pieno diritto di espatriare per motivi di lavoro ma furono introdotte delle discrete restrizioni dovute al mancato espletamento degli obblighi militari. La legge disciplinava, inoltre, tutti gli aspetti riferibili ai contratti di trasporto; introduceva la figura dell'agente che aveva il compito di rappresentare, in modo capillare sul territorio, gli interessi degli armatori e ne regolamentava le competenze in modo da garantire una sia pur blanda forma di tutela dell'emigrante nei confronti delle grandi compagnie di navigazione.

Sempre nell’ottica di questa filosofia, le norme stabilivano, infine, quali dovessero essere le condizioni minime relative alla sistemazione a bordo dei piroscafi a cui gli emigranti avevano diritto (1). La legge del 1888 ha il pregio di regolamentare per la prima volta in modo organico molti degli aspetti del flusso migratorio anche se non garantiva ancora in modo adeguato l'emigrante rispetto agli armatori e agli agenti delle compagnie di navigazione. Una delle critiche più sentite era quella che si esplicitava con la seguente considerazione “l'emigrante viene preso per mano fino al porto di imbarco e poi lasciato al proprio destino”.

La legge 31 gennaio 1901, n. 23

Dopo un ampio e articolato dibattito che vide come protagonisti diversi esponenti politici tra cui gli onorevoli Luzzatti e Pantano, si giungeva agli inizi del ‘900, alla formulazione di una nuova legge sull'emigrazione che finalmente veniva incontro agli emigranti tenendo in considerazione i loro diritti e assicurando efficaci strumenti di protezione. Si trattava della Frontespizio della legge del 1901legge n. 23 del 31 gennaio 1901. Il punto qualificante della nuova normativa fu quello di imporre la creazione di un unico ente di controllo, il Commissariato Generale per l'emigrazione (alle dipendenze del Ministero degli Affari esteri), a cui erano demandate tutte le incombenze relative al problema migratorio che, fino a quel momento erano state parcellizzate tra le diverse amministrazioni dello Stato (articolo 7). La legge, inoltre, aboliva gli agenti delle compagnie di navigazione e li sostituiva con i “rappresentanti dei vettori”, i quali, a loro volta furono obbligati, per diventare tali, a richiedere annualmente al Commissariato una specifica “patente di vettore” (articoli 13 e seguenti).

Per garantire un’adeguata tutela dell’emigrante la legge del 1901 istituiva delle commissioni ispettive nei vari porti di imbarco (Genova, Napoli, Palermo) con il compito di verificare se le navi impiegate a tale scopo rispondessero ai requisiti imposti dalle normative sanitarie. A bordo dei piroscafi, poi, furono previsti commissari viaggianti e medici militari che avevano il compito di verificare l’osservanza delle disposizioni sancite dal regolamento di attuazione della legge e l’adeguatezza degli spazi a disposizione degli emigranti. La protezione attiva della norma non si limitava a tutelare l'emigrante fino al momento dello sbarco in terra straniera, ma assicurava una adeguata protezione anche dopo la conclusione del viaggio con la creazione, nei principali paesi di immigrazione (anche se con ritardo e tra notevoli difficoltà), di patronati e di enti di tutela obbligati a fornire assistenza legale e sanitaria a chi ne avesse bisogno.

Furono istituite, inoltre, delle “commissioni arbitrali provinciali” che avevano il compito di intervenire in caso di controversie tra l’emigrante e il vettore di emigrazione o di un suo rappresentante (articoli 26 e 27). La legge del 1901 venne, in seguito, integrata dalla legge 2 agosto 1913 n. 1075 e dal decreto luogotenenziale del 29 agosto 1918 n. 1379 che rivedevano la normativa in materia di commissioni arbitrali (dando la facoltà agli ispettori d’emigrazione di derimere alcune controversie), e inasprivano le penali da comminare alle società di navigazione e ai loro agenti in caso di inosservanza della legge.
Con il testo unico del 1919 si intese, infine, riorganizzare tutta la normativa in materia di emigrazione conferendo maggiori poteri al Commissariato per l’emigrazione che fu in grado di intervenire nei paesi esteri in modo più incisivo per garantire l’emigrante con norme adeguate ai tempi e con il principio, finalmente del tutto affermato, della libertà di espatrio per motivi di lavoro (anche se era prevista la possibilità di impedire temporaneamente l’espatrio in quelle nazioni che non offrivano adeguati margini di sicurezza).

Il regime fascista e la fine del Commissariato per l’emigrazione

Con l’avvento del fascismo al potere, il fenomeno migratorio venne sottoposto dal regime ad un generale ripensamento che ne cambiò la natura arrivando, addirittura, ad abolire il termine “emigrante” per sostituirlo con quello di “lavoratore italiano all’estero”.
Sempre in questa ottica, l’emigrazione (i lavoratori italiani all’estero, appunto) fu sfruttata anche a fini propagandistici e di politica estera. Dal punto di vista legislativo il fascismo tenne fede a questo cambiamento di politica tanto che con il D.L. 26 aprile 1927, n. 628 fu abolito il Commissariato per l’emigrazione che diventò una “semplice” direzione generale del Ministero degli Affari Esteri (la Direzione generale degli italiani all’estero).

FONTI - LINK:

LE NAVI PASSEGGERI DI LINEA ITALIANE - DAL 1900 AL 1970

file:///Users/carlogatti/Desktop/Le%20NAVI%20PASSEGGERI%20di%20Linea%20italiane%201900-1970.webarchive

IL SOGNO AMERICANO

http://www.terraiblea.it/files/IL%20SOGNO%20AMERICANO.pdf

ALBUM FOTOGRAFICO

In questa stupenda immagine scattata nel 1926 sul ponte di Comando di una nave passeggeri del Lloyd Sabaudo, si vedono due personaggi della nostra Riviera di Levante: in primo piano, davanti al timoniere, il 1° Ufficiale chiavarese ERNANI ANDREATTA (Sr), un Commissario di bordo ed il celebre ANTONIO LENA Comandante del CONTE DI DAVOIA. Infine a destra tre passeggeri della 1a classe.

In aggiunta alle foto contenute nel mio artico: LE NAVI PASSEGGERI DI LINEA - DAL 1900 AL 1970, riportiamo, in ordine cronologico, n.15 foto di navi famose nella loro epoca per aver trasportato numerosi emigranti dall'Italia al Nord America.

PERSEO

LOMBARDIA

FLORIDA

REGINA D'ITALIA

MANIFESTO PUBBLICITARIO

DUCA DEGLI ABRUZZI

RE D'ITALIA

AMERICA

GIULIO CESARE

DUILIO

A sinistra: PRINCIPESSA MAFALDA

DUCA DI GENOVA

GIUSEPPE VERDI

CONTE ROSSO

ROMA

CARLO GATTI

Rapallo, 19 Novembre 2019

 


ASEPOTESSI - Favola

ASEPOTESSI

Questa è la storia vera di un bambino scontento.

Guardava la TV e pensava: “Ah, se potessi andare in bicicletta!”.

Se un amico gli prestava la bicicletta smetteva di pedalare dopo tre minuti e sospirava: “Ah, se potessi giocare a calcio!” E così via.

I giorni passavano monotoni e grigi tra un sospiro e un’esclamazione: “Ah, se potessi…”

Parenti ed amici lo soprannominarono Asepotessi e questo rimase il suo nome.

Un giorno Asepotessi era a scuola alle prese con un problema che non gli veniva ed esclamò, come al solito: “Ah, se potessi essere sulla spiaggia, invece di star qui a faticare!”

Lo sentì una fatina, di solito occupata in casi più seri, e decise di accontentarlo o, se non ci fosse riuscita, di raddrizzarlo, per non essere più disturbata dai suoi sospiri.


Detto fatto Asepotessi si ritrovò disteso su una sabbia dorata e luccicante come solo le fate possono trovare ormai. Passarono pochi minuti e già sospirava: “Ah, se potessi fare il bagno e rinfrescarmi, ma non so nuotare.”

La fatina esaudì il suo desiderio e Asepotessi fu immerso in un mare limpidissimo, e sapeva galleggiare!

L’euforia di saper nuotare durò poco, presto sostituita dalla fatica. “Ah, se potessi riposarmi su una barchetta, allora sì che sarebbe bello.”

Ciaf, ciaf una barchetta apparve per incanto. Asepotessi vi si issò e si lasciò trasportare per le invisibili strade delle correnti.

Dopo un po’ incominciò a soffrire il mal di mare. “Ah, se potessi…”

La fatina non gli lasciò neanche terminare la frase. Ormai aveva deciso di aiutarlo e con le buone o con le cattive voleva farlo maturare.


Asepotessi si ritrovò così in costume da bagno e scalzo in un fitto bosco di castagni tappezzato di ricci.

Per la prima volta in vita sua doveva pensare alla sopravvivenza, a ripararsi dal freddo, a trovarsi un rifugio. Alla meglio si confezionò sandali di corteccia e una tunica di foglie. Quanto alla fame si accontentò degli avanzi di un pic-nic.

Incominciava ad imbrunire ed il silenzio del bosco si animava di mille rumori: fruscii, gridi, battiti, tonfi. Era giunto il momento della paura.

Il nostro povero amico era così occupato a cercarsi un rifugio, che neanche una volta gli sfuggì la solita frase: “Ah, se potessi!”

Si arrampicò su un albero facile facile, si abbandonò tra i rami divaricati ed, esausto, si addormentò.

Sognò di essere a scuola, di saper risolvere il problema e di passarlo a qualche compagno vicino. Si sentiva felice di scrivere, di faticare, di vivere. E nel sogno sorrise.


La fatina decise che la prova era stata superata e Asepotessi poteva tornare alla vita normale. Ormai era cambiato.

Lo sollevò e lo portò a scuola, dove tutti erano così impegnati che non si erano accorti della sua assenza.

Asepotessi ricordava tutto, ma non era sicuro di aver vissuto quell’esperienza magica e si convinse di averla solo immaginata.

Aveva però fastidio ad un piede. Che fossero spine conficcate? Riccio di mare o di bosco? Sorrise al ricordo e vi assicuro che da quel giorno Asepotessi non fu più né noioso, né annoiato.

 

ADA BOTTINI

Rapallo, 17 Dicembre 2017

 

 


SUPER PETROLIERA "SALEM"- Una Frode Colossale

Super petroliera SALEM

Una Frode Colossale

Vista aerea della T/t Sea Sovereign, in seguito South Sun, ed infine T/t SALEM

Esiste un capitolo poco pubblicizzato della Storia Navale che riguarda le navi affondate senza una causa ben precisa e riscontrata: cattivo tempo, collisione, falla, errore di manovra … tolte le quali, rimane soltanto l’intenzionalità:

La nave deve essere affondata!

Queste pratiche criminali sono raccolte in un faldone antico come il mondo e precisamente da quando esistono forme di protezione finanziaria contro la perdita totale di una nave. In questi casi l’osso da spolpare é l’Assicurazione, un Ente che copre finanziariamente i danni al carico e alla nave. Il relativo PREMIO  a carico dell’armatore é obbligatorio per tutte le navi in circolazione sui settemari. (Soltanto le supercargo in circolazione  nel mondo oggi sono: 60.000).

Com’é noto, la categoria d’incidenti “provocati” a cui ci riferiamo, riguarda la TRUFFA concordata tra un armatore disonesto ed un equipaggio consenziente che definire “pirata” sarebbe molto riduttivo, non solo, ma come vedremo in questa sceneggiata compaiono anche altri attori insospettati …

L’obiettivo da raggiungere é sempre lo stesso: entrare in possesso della cifra STIPULATA CON L’ASSICURAZIONE per la perdita della nave.

Il fenomeno riguarda lo shipping internazionale, in particolare quello che si riferisce alle “bandiere ombra”.


Con il termine bandiera di comodo (o anche bandiera ombra o bandiera di convenienza) si indica la bandiera (Insegna) di una nazione che viene issata da una nave di proprietà di cittadini o società di un'altra nazione. In questo modo, il proprietario della nave può spesso evitare il pagamento di tasse e ottenere una registrazione più facile; la nazione che fornisce la bandiera riceve soldi in cambio di questo servizio.

I bassi oneri di registrazione, la bassa tassazione, la libertà dalle leggi sul lavoro e la sicurezza, sono fattori motivanti per molte bandiere di comodo.

Citando The Outlaw Sea di William Langewiesche:

«Nessuno pretende che una nave provenga dal porto dipinto sulla sua poppa, o che ci sia mai almeno passata vicino. Panama è la più grande nazione marittima sulla terra, seguita dalla sanguinosa Liberia, che a malapena esiste. Non c'è bisogno nemmeno di avere una costa. Ci sono navi provenienti da La Paz, nella Bolivia senza sbocco al mare. Ci sono navi che provengono dal deserto della Mongolia. Inoltre, gli stessi registri sono raramente basati nelle nazioni di cui portano il nome: Panamá è considerata una "bandiera" vecchio stile, perché i suoi consolati gestiscono la documentazione e raccolgono le quote di registrazione, ma la "Liberia" è gestita da una società in Virginia, la Cambogia da un'altra nella Corea del Sud e la fiera e indipendente Bahama da un gruppo che opera dalla City di Londra.»

Secondo l'International Transport Workers Federation:

«Le vittime sono più numerose sulle navi con bandiera di comodo. Nel 2001, il 63% di tutte le perdite in termini di tonnellaggio assoluto erano a carico di 13 registri di bandiere di comodo. I primi sei registri in termini di navi perse erano tutti bandiere di comodo: Panama, Cipro, Saint Vincent, Grenadine, Cambogia e Malta.

Questo é il quadro generale. Ora ci occuperemo di un caso “archiviato” da tempo, anche dalle vecchie generazioni… ma noi riteniamo che vada sempre ricordato sia per le dimensioni della nave colata a picco sia per il valore del carico “scomparso”... non in fondo al mare (per fortuna), ma venduto prima che la nave affondasse dolosamente.

Caso “emblematico” di un fenomeno ricorrente per il quale occorre essere sempre vigili. Un tempo si diceva:

“MAI abbassare la guardia!”

T/T SEA SOVEREIGN

Foto della collezione di Micke Asklander

 

Breve storia della nave

La superpetroliera T/T Sea Sovereign, fu ordinata nel 1969 a Stoccolma per la Società Salénrederierna AB e venne costruita presso il Cantiere Kockums di Malmö. Nel 1977 la Salénrederierna vendette la supertank a Pimmerton Shipping Ltd. (Liberia), mentre la South Sun e la gestione delle navi furono assegnate alla Wallem Ship Management Ltd. (Hong Kong). Due anni dopo, la South Sun fu venduta a Oxford Shipping Inc. (USA). La nave fu ribattezzata SALEM, ma rimase sotto bandiera liberiana.

Caratteristiche della nave

Class and type: VLCC

Tonnage: 96,228 GRT

Lunghezza fuori tutta: 316.08 m (1,037.0 ft)

Larghezza: 48.77 m (160.0 ft)

Altezza: 24.50 m (80.4 ft)

Potenza installata: 32,000 hp (24,000 kW)

Turbina: 1 × Stal-Laval steam turbine

Velocità: 16 knots (30 km/h; 18 mph) max

Equipaggio: 25

SALEM was a supertanker which was scuttled off the coast of Guinea on 17 January 1980, after secretly unloading 192,000 tons of oil in Durban, South Africa. The oil was delivered in breach of the South African oil embargo and the ship was scuttled to fraudulently claim Insurance.

T/T SEA SOVEREIGN presso il Cantiere Blohm & Voss, Hamburg, l’1 marzo 1972

© Foto Torkjell Bang Pedersen.

LA TRUFFA

Quattro giorni dopo aver lasciato Mina Al Ahmadi-Kuwait, porto di caricazione, il noleggiatore Mantovani di Genova vendette il carico trasportato dalla SALEM al gruppo SHELL per 56 milioni di dollari. Questo tipo di transazione non è raro.

A metà gennaio la SALEM ormeggiò ad una piattaforma off-shore di Durban (Sudafrica) e scaricò 180.000 tonn. Di crude oil.

Lasciata Durban, la nave fece rotta per un punto al largo della costa del Senegal, uno dei più profondi dell’Oceano Atlantico. Quando la nave si trovò sul posto, il Comandante diede ordine di aprire le valvole di presa/scarico mare (sea-valves) Kingston.

La SALEM si zavorrò fino a colare a picco.

Era il 17 gennaio 1980

MA SUCCESSE L'IMPREVISTO

Un’ora prima che la nave affondasse, una petroliera inglese BP’s British TRIDENT apparve all’orizzonte.

Non era stato lanciato  alcun segnale di soccorso (S.O.S) nell’etere, e l’equipaggio della TRIDENT fu sorpreso nel vedere quella enorme petroliera che stava lentamente affondando mentre il suo equipaggio era da tempo sulle lance di salvataggio. Inoltre furono ancor più sorpresi quando videro che i naufraghi avevano con sé gli effetti personali raccolti in perfetto ordine nelle proprie valigie, non solo, ma avevano anche svaligiato la cambusa di bordo di generi alimentari di ogni tipo, anche di conforto: bottiglie, sigarette, liquori duty-free, ma non ebbero il tempo di salvare i libri di bordo….

L’equipaggio dichiarò ingenuamente:

“ ... che la petroliera affondò rapidamente, dopo diverse esplosioni…”

Ma la vera sorpresa, la più incredibile per il comando della TRIDENT, fu l’assenza completa di tracce del naufragio della nave nella zona, neppure una goccia delle 200.000 tonnellate di carico era stato versato in mare, nonostante la nave fosse esplosa in più riprese (così fu dichiarato dall’equipaggio) e quindi fosse affondata senza rilasciare neppure un pezzo di legno, un salvagente, una boetta… durante l’inabissamento. Neppure una vittima!

Ma la VERITA’ venne a galla ...

La famosa Compagnia di Assicurazioni LLOYD’S di Londra ricevette dall’armatore della nave la richiesta di 56,3 milioni di dollari per la “perdita totale” della SALEM, si trattava della cifra più alta mai ricevuta fino ad allora…

Gli investigatori dei LLOY’S si misero al lavoro e ben presto scoprirono che la SALEM aveva scaricato “segretamente” 192.000 tonnellate presso l'Oil Drilling Platform di Durban (Sudafrica) che era in quel periodo sottoposta a Sanzioni Economiche. (La risoluzione n. 1761 dell'assemblea  generale delle Nazioni Unite fu approvata il 6 novembre 1962 in risposta alle politiche razziste di apartheid istituite dal Governo Sudafricano). Il crude-oil fu quindi sbarcato in questa splendida città dell’emisfero australe:

"in violazione dell’embargo petrolifero sudafricano"

Gli altri attori famosi di cui parlavamo erano: lo Stato Sudafricano e la Compagnia Petrolifera Sudafricana SASOL che acquistò il carico (crude-oil) per 43 milioni di dollari USA.

La truffa “sarebbe” stata più credibile se, una volta “imboscato il carico”, fosse sparita anche la superpetroliera per ATTI DI DIO. E così fu! Sotto questa voce "Atti di Dio" vengono catalogati tutti i disastri navali dovuti ad uragani, cicloni, tempeste ecc…

MA… i fatti andarono diversamente dal previsto; é stata sufficiente la stupidità dell’equipaggio ... ed un po' di sfortuna.

Le sentenze

Dalla rivista SEATRADE WEEK NEWSFRONT del Giugno 1995 Estrapoliamo alcuni dati interessanti:

Com.te della SALEM:   Dimitrios Georgoulis

Direttore di Macchina: Antonis Kalamiropoulos

Capt. d’Armamento:    Nikoleos Mitakis

Marconista:                 Vassilios Evagelides

Fred Soudan:  Il regista dell’intera operazione

Nel 1985, tredici membri dell’equipaggio furono processati in Grecia.

- Otto furono assolti

- Capt. Mitakis fu condannato a 11 anni di carcere per aver scelto ad hoc un equipaggio adatto all'impresa.

- Il Comandante Dimitrios Georgoulis fu condannato a 4 anni di carcere.

- Il Direttore di macchina ed il 1° Macchinista ebbero 3 anni.

- Il marconista Vassilios Evagelides fu condannato a due anni per non aver lanciato l’S.O.S.

- Fred Soudan fu giudicato negli USA da una corte del Texas e fu condannato a 35 anni di carcere. Pare, però, che l'illustre "pirata" abbia scontato soltanto due anni della pena. Complice la moglie, evase dal carcere. A questo punto non é difficile immaginare che la coppia sia stata accolta "trionfalmente" su una di quelle isolette "appartate" del mare Oceano che battono "bandiera ombra".

- Gli investigatori stimarono che “la banda criminale” ricavò dalla frode un profitto di circa 20 milioni di dollari, di cui 4 milioni andarono a Fred Soudan.

Conclusione: Al termine della ricostruzione di questo colossale imbroglio, ho la sensazione d'aver scritto la sceneggiatura di un film d'avventura: INCREDIBILE, MA VERO!

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi!

Carlo GATTI

Si ringrazia il dott. Cesare Ientile per la segnalazione del caso che fu definito: "La più grande truffa del Secolo".

20 Settembre 2017

 

 

 


ABBAZIA DELLA CERVARA - NOTA MARINARESCA

ABBAZIA DELLA CERVARA

NOTA MARINARESCA

 

DIETRO LA LAPIDE

Memoria del passaggio di papa Gregorio XI alla Cervara


Il papa Gregorio XI nacque il 9 maggio 1330 nel Castello di Maumont presso Rosiers-d'Égletons, nella regione francese del Limosino, morì a Roma il 27 marzo 1378. Fu l'ultimo dei Papi di Avignone, poiché nel 1377 riportò a Roma la sede papale dietro le preghiere di Caterina da Siena.

Fece una precoce carriera ecclesiastica e studiò all'Università di Angers. Nel 1342 canonico del capitolo della cattedrale di Rouen, poi di quello di Rodez e quindi di quella di Parigi, di cui divenne anche arcidiacono. Morto papa Urbano V nel 1370, venne eletto suo successore con voto unanime. Non essendo ancora divenuto sacerdote, dovette essere ordinato presbitero e vescovo prima dell'incoronazione ufficiale. Pierre Roger de Beaufort è stato il 201º Papa della Chiesa cattolica dal 1370 alla morte.

Una visita illustre arricchisce la storia della Cervara, efficacemente ricordata da una lapide marmorea nel chiostro.

Gregorio XI, alla fine di ottobre del 1376, era in viaggio per mare verso Roma col proposito di riportarvi la sede papale quando, scoppiata una tempesta, trovò rifugio a Portofino e ripartì l’indomani. Il viaggio però non poté continuare di nuovo per il maltempo. Servì quindi un ritorno al borgo nel giorno della solennità di Tutti I Santi festeggiati grandiosamente al monastero della Cervara, per la quale occasione concesse indulgenza ai futuri visitatori della chiesa abbaziale nella stessa ricorrenza (Archivio di Stato di Genova, Archivio Segreto, 1550).

Gregorio XI, l’ultimo papa di Avignone, era stato eletto nel conclave del 29 dicembre 1370 e incoronato il 5 gennaio 1371 a 42 anni. Limosino, il suo nome era Pierre Roger ed era nipote di un altro papa avignonese, Clemente VI (1342-1352) che, destando qualche scandalo, lo aveva creato cardinale appena diciottenne. Nelle biografie viene presentato amante degli studi, compiuti soprattutto in Italia, a Perugia, di buoni costumi e di salute cagionevole.


Il cammino per riportare la sede papale a Roma era iniziato da Avignone il 13 settembre 1376 per continuare via mare da Marsiglia il 2 ottobre. Le dimensioni della flotta erano notevoli: trentadue galee e moltissime imbarcazioni tanto da sembrare una città sul mare.

Prima di Portofino un altro piccolo borgo aveva ospitato il papa per sosta forzosa infatti, poco dopo Marsiglia, si fermò alcuni giorni a Villefranche, a causa di una tempesta. Ripartito si fermò a Genova per undici giorni, dove celebrò la festa dei Santi Simone e Giuda. Quindi l’episodio portofinese e la visita alla Cervara: “ivit ad quoddam monasterium monachorum nigrorum, quod vocatur Sancti Hieronymi et distat a portu per tria milliaria; ubi celebravit et fuit factum officium solemniter”.

La presenza papale nel monastero fu occasione di gioia della comunità per quell’inaspettata speciale festa di Tutti i Santi; una lapide ricorda l’evento anche nel monastero.  San Gerolamo della Cervara all’epoca della visita di Gregorio XI era un’istituzione benedettina in vigore da quindici anni, essendo stata fondata nel 1361 sotto l’impulso dell’allora vescovo genovese Guido Scetten.

Il viaggio di Gregorio XI continuò con altre soste, fu a Natale a Corneto (Tarquinia) e giunse trionfalmente a Roma il giorno 17 gennaio 1377. La parte romana della sua vita fu breve; un biografo lo descrive indebolito dal viaggio e carico di preoccupazioni, fino alla morte avvenuta la notte tra il 26 e il 27 marzo 1378.

A cura di Carlo GATTI

Rapallo, 16 Gennaio 2020

Nota bibliografica

B. Guillemain, Il papato ad Avignone in Storia della Chiesa (vol. XI) a cura di A. Fliche-V. Martin, Milano, 1994

L. A. Muratori, Vitae Romanorum Pontificum a sancto Petro usque ad Innocentium VIII in Rerum italicarum scriptores, Milano, 1734 (ristampa anastatica 1983)


ELLIS ISLAND (1892-1954)

ELLIS ISLAND (1892-1954)

FU LA META DEI POPOLI EUROPEI CHE INSIEME RISCOPRIRONO

THE NEW WORLD

Ellis Island è un isolotto parzialmente artificiale alla foce del fiume Hudson nella baia di New York. L'originaria superficie (poco più di un ettaro) fu incrementata fra il 1890 e il 1930 con i detriti derivanti dagli scavi della Metropolitana di New York, fino a raggiungere gli attuali 11 ettari.

Antico arsenale militare, dal 1892 al 1954, anno della sua chiusura, è stato il principale punto d'ingresso per gli immigrati che sbarcavano negli Stati Uniti. Attualmente l'edificio ospita l'Ellis Island Immigration Museum che è visitabile utilizzando il medesimo biglietto e traghetto che consente l'accesso anche alla vicina Statua della Libertà.


MUSEO DELL’IMMIGRAZIONE DI ELLIS ISLAND

ECCO DOVE SI TROVA


Nel Museo dell'emigrazione a New York ci sono ancora le valigie piene di suppellettili e di povero abbigliamento delle persone che reimbarcate per l'Italia, nella disperazione si buttavano nelle acque gelide della baia andando quasi sempre incontro alla morte.



Museo dell’Immigrazione – Ellis Island

UNA BREVE CITAZIONE

La Sinfonia n. 9 in mi minore di Antonín Dvořák (op. 95), nota anche col titolo di Sinfonia "Dal Nuovo Mondo", fu pubblicata come sinfonia n. 5, ma è in realtà la nona ed ultima fra le sinfonie di Dvořák (pron.Dvorgiak).

Il titolo si riferisce evidentemente al NUOVO MONDO, ossia il Continente Americano, dato che la sinfonia fu composta quando il compositore ceco era direttore del New York National Conservatory of Music. La cultura americana stimolò e arricchì Dvořák, che propose una sinfonia di matrice classica europea, spiritual afroamericani e la musica dei nativi americani, ma contaminata dalla musica autoctona, come gli spoirituaal afroamericani e la musica dei nativi americani.

Questa citazione ha una sua logica storica in quanto fu composta nel 1893 a New York, l’anno successivo all’apertura di ELLIS ISLAND. La sinfonia fu eseguita in prima assoluta alla Carnegie Hall il 16 dicembre di quello stesso anno dalla New York Philharmonic diretta da Anton Seidl, ottenendo un enorme successo.

Neil Armstrong portò l'opera sulla LUNA durante la missione APOLLO 11, la prima con atterraggio sulla Luna, nel 1969.

 

UN PO’ DI STORIA

Fra il 1880 e il 1915 approdano negli Stati Uniti quattro milioni di italiani, su 9 milioni circa di emigranti che scelsero di attraversare l'Oceano verso le Americhe. Le cifre non tengono conto del gran numero di persone che rientrò in Italia: una quota considerevole (50/60%) nel periodo 1900-1914.

Circa il settanta per cento proveniva dal Meridione, anche se fra il 1876 ed il 1900 la maggior parte degli emigrati era del Nord Italia con il quarantacinque per cento composto solo da Veneto, Friuli Venezia Giulia e Piemonte.
Le motivazioni che spinsero masse di milioni di Meridionali ad emigrare furono molteplici.

Durante l'invasione Piemontese, operata senza dichiarazione di guerra, dal Regno delle due Sicilie, i macchinari delle fabbriche, non dimentichiamo che Napoli era allora una città all'avanguardia in campo industriale, furono portati al Nord dove in seguito sorsero le industrie del Piemonte, della Lombardia e della Liguria.

Le popolazioni del Meridione, devastato dalle guerra con circa un milione di morti, da cataclismi naturali (il terremoto del 1908 con l'onda di marea nello Stretto di Messina uccise più di 100,000 persone nella sola città di Messina) depredato dall'esercito, dissanguato dal potere ancora di stampo feudale, non ebbero alternativa ad emigrare in massa. Il Sistema Feudale , ancora perfettamente efficiente, permetteva che la proprietà terriera ereditaria determinasse il potere politico ed economico, lo status sociale, di ogni individuo. In questo modo, le classi povere non ebbero praticamente alcuna possibilità di migliorare la propria condizione.

Da aggiungere ai motivi dell'esodo la crisi agraria dal 1880 in poi, successivamente l'aggravarsi delle imposte nelle campagne meridionali dopo l'unificazione del paese, il declino dei vecchi mestieri artigiani, delle industrie domestiche, la crisi della piccola proprietà e delle aziende montane, delle manifatture rurali.

Gli Stati Uniti dal 1880 aprirono le porte all'immigrazione nel pieno dell'avvio del loro sviluppo capitalistico; le navi portavano merci in Europa e ritornavano cariche di emigranti. I costi delle navi per l'America erano inferiori a quelli dei treni per il Nord Europa, per questo milioni di persone scelsero di attraversare l'Oceano.

L'arrivo in America era caratterizzato dal trauma dei controlli medici e amministrativi durissimi, specialmente ad Ellis Island, l'Isola delle Lacrime.

I primi 700 emigranti attraccano a Ellis Island il 1 gennaio 1892. Alla fine dell'anno saranno oltre 450mila gli immigrati passati dall'isola di fronte a Manhattan. Il picco sarà raggiunto nel 1907, con oltre 1 milione di arrivi, tanto da indurre le autorità newyorchesi a potenziare la struttura con un ampliamento importante, e ad affidare ad un commissario all'immigrazione, William Williams, la gestione del personale di Ellis Island per estirpare la piaga dilagante della corruzione.

Con lo scoppio della Grande Guerra l'attività del centro diminuì sensibilmente, e per un periodo la struttura fu destinata alla detenzione dei cosiddetti "enemy aliens", i potenziali nemici di origini straniere presenti sul territorio e sospettati di spionaggio.

Soltanto tre anni dopo la fine delle ostilità iniziò il declino di Ellis Island per effetto dell'Immigration Quota Act voluto dal Presidente Warren G. Harding, seguito nel 1924 dal National Origins Act, che fissava un tetto al flusso di immigrazione sul territorio Usa, stabilendo anche le quote massime per i rispettivi Paesi di provenienza.

Dalla Grande Depressione alla Seconda guerra mondiale Ellis Island fu praticamente svuotata, funzionando negli anni della guerra come ospedale militare. Dal 1950 alla chiusura definitiva alla metà di novembre del 1954, l'isola che accolse milioni di nuovi americani fu in parte ceduta alla Guardia Costiera e in parte adibita a centro di detenzione ed espulsione per stranieri sospettati di attività sovversive e di legami con i comunisti durante gli anni della Guerra Fredda.

Oggi è sede del Museo dell'Immigrazione e dal 1965 monumento nazionale degli Stati Uniti.

Il porto di Ellis Island ha accolto più di 12 milioni di aspiranti cittadini statunitensi (prima della sua apertura altri 8 milioni transitarono per il Castle Garden Immigration Depot di Manhattan), che all'arrivo dovevano esibire i documenti di viaggio con le informazioni della nave che li aveva portati a New York. I Medici del Servizio Immigrazione controllavano rapidamente ciascun immigrante, contrassegnando sulla schiena con un gesso, quelli che dovevano essere sottoposti ad un ulteriore esame per accertarne le condizioni di salute (ad esempio: PG per donna incinta, K per ernia e X per problemi mentali).

Chi superava questo primo esame, veniva poi accompagnato nella Sala dei Registri, dove erano attesi da ispettori che registravano nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di denaro, riferimenti a conoscenti già presenti nel paese, professione e precedenti penali. Ricevevano alla fine il permesso di sbarcare e venivano accompagnati al molo del traghetto per Manhattan.

I "marchiati" venivano inviati in un'altra stanza per controlli più approfonditi. Secondo il vademecum destinato ai nuovi venuti, "i vecchi, i deformi, i ciechi, i sordi e tutti coloro che soffrono di malattie contagiose, aberrazioni mentali e qualsiasi altra infermità sono inesorabilmente esclusi dal suolo americano". Tuttavia risulta che solo il due percento degli immigranti siano stati respinti. Per i ritenuti non idonei, c'era l'immediato reimbarco sulla stessa nave che li aveva portati negli Stati Uniti, la quale, in base alla legislazione americana, aveva l'obbligo di riportarli al porto di provenienza.

Il picco più alto si ebbe nel 1907 con 1.004.756 persone approdate.

Dal 1917, modifiche alle norme d'ingresso limitarono i flussi immigratori. Venne introdotto il test dell'alfabetismo e dal 1924 vennero approvate le quote d'ingresso: 17.000 dall’Irlanda, 7.500 dal Regno Unito, 7.400 dall’Italia e 2.700 dalla Russia. La Depressione del 1929 ridusse ulteriormente il numero degli immigrati, dai 241.700 del 1930 ai 97.000 del 1931 e 35.000 nel 1932. Contemporaneamente Ellis Island diventò anche un centro di detenzione per i rimpatri forzati: dissidenti politici, anarchici, senza denaro e senza lavoro vennero obbligati a tornare al loro paese d'origine. Gli espulsi a forza dagli Stati Uniti furono 62.000 nel 1931, 103.000 l'anno successivo e 127.000 nel 1933.

Durante la Seconda guerra mondiale vi furono detenuti cittadini giapponesi, italiani e tedeschi e il 12 novembre 1954 il Servizio Immigrazione chiuse definitivamente, spostando i propri uffici a Manhattan. Dopo una parziale ristrutturazione negli anni ottanta, dal 1990 ospita il Museo dell'Immigrazione.

 

QUANDO LE FOTOGRAFIE RACCONTANO PIU’ DELLE PAROLE…

DOVE SI TROVA ELLIS ISLAND?



LE FOTO A SEGUIRE, DOVREBBERO AVERE ... UN ORDINE CRONOLOGICO A PARTIRE DAL 1 GENNAIO 1892 FINO ALLA META’ DEL NOVEMBRE 1954

1927 – Ellis Island ripresa dall’alto

Rappresentazione pittorica della speranza dipinta sui visi dei nostri emigranti dinanzi alla agognata AMERICA!

Ellis Island – E’ l’ora di pranzo


Circa 10 milioni di americani possono rintracciare le loro radici attraverso Ellis lsland. Al primo piano, sul retro, c’è la mostra "La popolazione d’America", che narra quattro secoli di immigrazione americana, offrendo un ritratto statistico di coloro che arrivavano: chi erano, da dove venivano, perché venivano.

Ellis Island, intorno al 1895. (Hulton Archive/Getty Images

Arrivo di emigranti ad Ellis Island, 1902

Anno 1902


Un gruppo di immigrati attendono di fare la visita medica presso a Ellis Island, prima di poter essere ammessi negli Stati Uniti, nel 1904.(Hulton Archive/Getty Images)

Controllo molto accurato della vista

Un gruppo di immigrati ebrei inglesi attendono l'ispezione a Ellis Island, prima di poter entrare negli Stati Uniti (Hulton Archive/Getty Images)

Due immigrati ebrei a Ellis Island con lo sfondo dei grattacieli di Manhattan

Un funzionario doganale distribuisce le etichette dell'immigrazione a una famiglia di immigrati tedeschi presso la sala di registrazione a Ellis Island. (Lewis Hine W/Getty Images)

Gli immigrati dall’Europa viaggiavano letteralmente ammassati…

La suffragetta inglese Emmeline Pankhurst, subito dopo il suo rilascio da Ellis Island, il 27 ottobre 1913. (Topical Press Agency/Getty Images)


Alcuni bambini che giocano su un carro a Ellis Island. Il carro ha scritto di lato 'Zio Sam' ed è decorato con numerose bandiere americane (Augustus Sherman/Hulton Archive/Getty Images)

Alcuni immigrati si sottopongono ad uno dei numerosi esami medici per completare le procedure per uscire da Ellis Island ed entrare negli Stati Uniti, nell'agosto del 1923. (Topical Press Agency/Getty Images)

Una foto, scattata prima della Prima Guerra Mondiale, di alcuni immigrati che pranzano a Ellis Island.

Alcuni immigrati in coda per bere a Ellis Island, nel 1920. (General Photographic Agency/Getty Images)


Uno sguardo intenso sul proprio futuro… é scolpito sul volto di una giovane immigrata ebrea russa a Ellis Island. (Lewis W Hine/Getty Images)

Una famiglia di immigrati italiani a bordo di un traghetto a Ellis Island. Lewis Hine W/Getty Images)

Il presidente americano Lyndon Johnson mentre parla a Ellis Island, dopo aver firmato il nuovo progetto di legge sull'immigrazione, ai piedi della Statua della Libertà. Sullo sfondo lo skyline di New York dell'epoca. (Central Press/Getty Images)

Un gruppo di bambini con un'insegnante, nel 1943: a molti giovani immigrati vennero insegnate diverse lingue durante il soggiorno a Ellis Island. (B. Newman/Three Lions/Getty Images)

Michael Corrie, un bambino di 9 anni rifugiato dall'Inghilterra, sul traghetto per Ellis Island da New York durante la Seconda guerra mondiale. Evacuato da Bedford nel 1941, Corrie arrivò a New York senza un visto d'ingresso, poiché suo padre si era dimenticato di darglielo e dovette andare a Ellis Island (Keystone/Hulton Archive/Getty Images)

Henry "Red" Johnson (terzo da sinistra con il cappello bianco) mentre lascia il New Jersey, l'11 aprile 1932, in compagnia di alcuni funzionari dell'immigrazione e della polizia, verso Ellis Island. Verrà consegnato alle autorità federali per un'udienza con l'accusa di aver infranto le leggi sull'immigrazione. Johnson era un marinaio amico di Betty Gow, la babysitter del figlio di Charles Lindbergh: i due furono accusati di aver rapito il bambino, che fu in seguito trovato morto. Per il crimine fu poi condannato Bruno Richard Hauptmann, un immigrato clandestino tedesco, mentre Johnson venne espulso. (AP Photo)

Henri Barbusse, lo scrittore e pacifista francese, in una foto al suo arrivo a New York a bordo della nave Berengaria, il 29 settembre 1933. Si dichiarò membro del partito comunista e fu detenuto a Ellis Island prima di poter entrare nel Paese. (AP Photo)

Alcuni visitatori della stazione di detenzione di Ellis Island mentre arrivano sul traghetto da Manhattan il 13 giugno 1947. Il recinto di filo spinato racchiudeva l'area riservata ai detenuti in attesa di conoscere il loro destino. Molti di loro venivano espulsi e rimandati nel luogo di nascita dei genitori.

Alcuni giovani detenuti a Ellis Island che giocano mentre i genitori cercano di chiarire con l'immigrazione i problemi che impediscono loro l'ingresso a New York il 1° agosto, 1951. (AP Photo/Dan Grossi)

Arne Petterson è l'ultimo straniero a lasciare Ellis Island per entrare a New York, prima della chiusura del principale punto d'ingresso per gli immigranti. La foto ritrae Petterson sul traghetto da Ellis Island, il 12 novembre 1954. Petterson, un marinaio norvegese di Narvik, è stato rilasciato sulla parola grazie a un amico non identificato, che gli fece da sponsor per la cittadinanza. (AP Photo)

Pearl Buck, vincitrice del premio Nobel, apparve davanti a una commissione del Senato per discutere su una proposta per l'uso futuro di Ellis Island, a New York, il 6 dicembre, 1962. Pearl Buck, che era all'epoca la presidentessa del Consiglio di fondazione di una scuola di formazione a Vineland nel New Jersey, aveva proposto di usare l'isola per aprire un centro diagnostico internazionale per le persone con disabilità. Nella foto con il suo progetto.

Una foto del 1924 della stanza in cui avvenivano le registrazioni degli immigrati a Ellis Island (AP Photo/


La foto di una guardia tra alcuni cittadini giapponesi in viaggio verso Ellis Island su una barca l'11 agosto 1945, dopo il loro arrivo a New York dall'Europa sulla SS Santa Rosa. Facevano parte di un gruppo di 158 cittadini giapponesi che sarebbero stati imprigionati come nemici stranieri. (AP Photo/Matty Zimmerman)

Harry Ferguson, mentre viene fotografato all'arrivo a Ellis Island, il 7 gennaio 1933. Si era fatto passare per il principe Michael Romanoff, per essere ammesso negli Stati Uniti. Ferguson fu scoperto e doveva essere espulso, ma scappò da Ellis Island per poter partecipare ad uno spettacolo teatrale. (AP Photo)

1927- New York - Ellis Island vista dall’alto

In questa bella immagine dall’alto si vede chiaramente la banchina d’ormeggio dei traghetti che trasportavano gli immigrati dai Piers dei transatlantici al controllo di Ellis Island

APPENDICE

MUSEO GALATA DEL MARE

GENOVA


"Da Genova a Ellis Island. Il viaggio per mare ai tempi della migrazione italiana" è la grande mostra sull'emigrazione italiana visitabile a partire dal 19 giugno al Galata Museo del Mare. L'allestimento - 8 sale in 3 gallerie per un totale di circa 1200 metri quadri - che intende mostrare le condizioni di viaggio degli emigranti diretti negli Stati Uniti nel periodo tra il 1892 (anno in cui entra in funzione Ellis Island) e il 1914 (scoppio del primo conflitto mondiale) rappresenta una tappa essenziale nel percorso che il Comune di Genova / Istituzione Mu.MA - Musei del Mare e della Navigazione si è prefisso per la realizzazione del "MEM - Museo dell'Emigrazione", quale sezione all'interno del Galata Museo del Mare.
Dopo il grande successo rappresentato dalla realizzazione della
Sala "Piroscafo", una ricostruzione ambientale, che unisce allestimenti marittimi originali ad elementi multimediali (un simulatore navale, completo di videoproiezione, manovrabile dalla timoneria), il Galata Museo del Mare, con il sostegno della Regione Liguria e della Compagnia di San Paolo, sponsor sia della mostra che del nuovo allestimento museale MEM, prosegue sul filone del viaggio tra Otto e Novecento.
Rispetto alle mostre tradizionali sul tema dell'emigrazione, per lo più fotografiche e documentarie,
"Da Genova a Ellis Island" vuole far rivivere al Visitatore l'esperienza "emigrazione". Munito di un passaporto e di un biglietto di viaggio, il Visitatore arriverà a Genova e qui incontrerà la realtà di una città che, in pieno sviluppo industriale, vive sull'emigrante eppure lo disprezza e lo considera un problema sociale. Attenderà, come molti, all'addiaccio - magari per giorni - l'arrivo del proprio battello e poi entrerà nella ricostruzione dell'antica stazione marittima di Ponte Federico Guglielmo (oggi è Ponte dei Mille) e, dopo i controlli e le raccomandazioni, potrà salire a bordo del piroscafo di emigrazione.
Come il momento dell'imbarco e della partenza è, nella vicenda dell'emigrazione, l'ora più drammatica, quando si tagliano i legami con la propria terra e i propri affetti, così nella mostra "Da Genova a Ellis Island" il centro emozionale è la grande scena dell'imbarco, con la ricostruzione della Stazione Marittima, del Molo e la fiancata del piroscafo "Taormina" ricostruita nei minimi dettagli a grandezza naturale, sulla scorta dei disegni originali conservati dal museo: e così, fisicamente, il Visitatore salirà a bordo, in cerca della sua cuccetta, nei cameroni comuni (divisi in uomini e donne) o potrà esplorare gli ambienti di servizio: come i bagni, il refettorio, la sala medica, ma anche la prigione - dove venivano rinchiusi i violenti e i clandestini - e l'Ufficio del Commissario di bordo.
Un viaggio negli ambienti del piroscafo d'emigrazione e, co
contemporaneamente, un vero viaggio "virtuale". Dagli oblò e dalle finestrature sarà possibile vedere il mare, in diverse condizioni di luce, di giorno, al tramonto e durante una notte di luna, e infine passare sotto la Statua della Libertà, il momento del pathos e della commozione. Ma questa non è la fine del viaggio. Il Visitatore, da emigrante, sbarcherà a Ellis Island, l'isola a due miglia da New York: qui entrerà nella Inspection Line, il percorso fatto di visite mediche, interrogatori e test per verificare se possedeva i requisiti per essere accolto in America. E qui verrà ricostruito il percorso, fatto di attese, domande, visite, oltre a mostrare ciò che accadeva a chi non era in regola, o era malato o comunque giudicato non idoneo a entrare negli Stati Uniti. L'ultima scena, infine, apre le porte del Nuovo Mondo o, più esattamente, la città di New York dove la gran parte degli emigranti giunti dall'Europa si fermava alle prese con i problemi concreti del trovare un lavoro, una casa, curare la salute e sbarcare il lunario.
"Per realizzare la mostra Da Genova a Ellis Island - commenta Maria Paola Profumo, Presidente del Mu.Ma - abbiamo sviluppato una coproduzione, tra l'Istituzione Mu.MA e l'Ellis Island Immigration Museum di New York. Il contatto diretto e la collaborazione con anche l'Ambasciata USA in Italia, ha permesso visite, invio di materiale e documentazione. Un contatto importante, perché va ricordato, che gli italiani che passarono a Ellis Island furono oltre 3.000.000, una percentuale enorme sui circa 12.000.000 che tra il 1892 e il 1956 - periodo di funzionamento dell'isola - vi transitarono, il che fa del nostro popolo quello che maggiormente dovette subire le procedure e i controlli di questa fase dell'immigrazione americana".
Se Ellis Island Immigration Museum, struttura visitata ogni anno da milioni e milioni di visitatori, americani e no, luogo simbolo del "melting pot" è il partner di riferimento della mostra, l'elenco delle collaborazioni è molto lungo e qualificato. "La mostra si avvale della collaborazione di alcuni dei centri di studio sull'emigrazione e di raccolta documentaria più importanti in Italia: come la Fondazione Paolo Cresci di Lucca, che ha collaborato per la parte iconografica e documentaria, con l'Archivio Ligure di Scrittura Popolare, diretto da Antonio Gibelli che ha messo a disposizione l'importante e variegata documentazione di lettere e immagini, per lo più di emigranti liguri, o il CISEI - Centro Internazionale di Studi sulla Emigrazione Italiana di Genova. Così come va ricordata la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma che ha messo a disposizione della mostra il dipinto più famoso e significativo dell'emigrazione italiana: "Gli Emigranti" di Angiolo Tommasi. Datato 1895, misura 4 metri x 3 e rapprsenta un grande affresco che mostra l'attesa degli emigranti, uomini e donne, vecchi e bambini, di regioni diverse. E dove li mostra? Proprio a Genova, lungo il Ponte Federico Guglielmo".
Genova, secondo Pierangelo Campodonico che è il curatore della mostra con il collaudato staff di museologi del Galata Museo del Mare, non è un "luogo qualunque dell'emigrazione italiana: è la porta attraverso la quale passano buona parte degli moltre 29.000.
000 milioni di italiani che partono per l'emigrazione. E' perciò doveroso realizzare nella nostra città un luogo dove si possa fare memoria di questo".
Collaborazioni scientifiche, ma non solo: "una mostra non è un libro - prosegue Campodonico - pertanto abbiamo posto molta attenzione alle forme espressive: e così siamo stati aiutati dalla Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova, che ha messo "in scena" molti dei documenti raccolti, registrandoli, a voce e in video, a creare la straordinaria colonna sonora della mostra, fatta da musiche dell'emigrazione, ma anche e soprattutto da dialoghi, monologhi, testi di lettere, avvisi e avvertimenti che accompagneranno il Visitatore-Emigrante lungo il percorso. Ma anche l'iconografia ha la sua parte, e così l'Istituto Artistico Nicolò Barabino, con il suo corso di ritrattistica ha realizzato la reinterpretazione dei ritratti fotografici di Augustus Sherman, impiegato e fotografo di Ellis Island, le cui immagini rappresentano nel modo più struggente l'ansia e le speranze degli emigranti, ma anche la loro straordinaria varietà etnica e culturale".
Una mostra "diversa", nelle attese del Galata Museo del Mare, destinata a non essere il tradizionale percorso artistico o documentario in uno dei grandi temi del Novecento e della modernità, ma soprattutto "un percorso emozionale, segnato dall'ansia e dalla speranza. Perché la storia dell'emigrazione è una storia di uomini e donne, di persone, di sentimenti. E gli stessi sentimenti che furono dei nostri padri, sono oggi quelli di tanti emigranti tra noi, non dobbiamo scordarcerlo. E' questo il senso di una memoria civile", conclude Maria Paola Profumo.

CARLO GATTI

Rapallo, giovedì 14 Novembre 2019


LA MARINERIA DI CAMOGLI DALLA GUERRA DI CRIMEA ALL'UNITA' D'ITALIA

PREMESSA:

Ogni pietra di Camogli ci racconta una pagina della sua luminosa storia, grazie soprattutto alla sua gente che oggi, pur distratta dalla modernità, riesce a mantenere viva la sua antica tradizione marinara scolpita di ricordi legati ai suoi celebri Comandanti di velieri ed ai suoi valentissimi Armatori.

Sul nostro sito: MARE NOSTRUM RAPALLO abbiamo raccolto nel tempo tante pagine della sua gloria indiscussa, ma quella che  oggi vi proponiamo fotografa l’apice raggiunto dalla potenza marittima di Camogli durante la Guerra di Crimea. Il conflitto fu combattuto, dal 4 ottobre 1853 al 1º febbraio 1856, fra l’Impero russo da un lato e un'alleanza composta da: Impero ottomano, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna dall’altro. La guerra ebbe origine da una disputa fra Russia e Francia sul controllo dei luoghi santi della cristianità in territorio ottomano.

Vi lascio ora alla dotta esposizione dell’avv. G. B. Roberto Figari, rappresentante della Società Capitani & Macchinisti Navali, al convegno “Il contributo dei liguri all’unità d’Italia” promosso dalla Consulta Ligure e tenutosi nella fortezza del Priamar a Savona lo scorso 19 giugno 2011.

Carlo Gatti

LA MARINERIA DI CAMOGLI DALLA GUERRA DI CRIMEA ALL’UNITA’ D’ITALIA



La vicenda plurisecolare della marineria mercantile di Camogli - come del resto quella della marineria di ogni paese - si interseca fisiologicamente nel suo sviluppo con momenti di tensione politica, con crisi congiunturali e talora con vere e proprie vicende belliche. 

Già ai tempi della spedizione d’Egitto del Buonaparte i camogliesi avevano messo a disposizione del Commissario del Governo di Francia numerose loro imbarcazioni per quell’impresa, che si risolse peraltro – almeno per alcuni di loro – come un vero disastro economico.  Ed ancora ai tempi della campagna d’Algeria di Carlo X i camogliesi – frequentatori abituali delle coste provenzali e buoni conoscitori di quelle nordafricane – non si erano tirati indietro, noleggiando al nuovo Governo francese molti bastimenti per il trasporto di materiali e di truppe, tanto che non mancò il caso di interi nuclei familiari trasferitisi definitivamente prima da Camogli a Marsiglia e poi da Marsiglia addirittura ad Algeri.  Si trattava di ghiotte occasioni di guadagno, colte con accortezza e tempismo dai camogliesi, i quali – avvezzi alla pratica del contrabbando fin dai tempi del blocco navale britannico - non si preoccupavano più di tanto di allinearsi con il proprio Governo, quanto di approfittare al meglio della congiuntura sul mercato internazionale dei noli. Non è questa la sede per soffermarci sulle origini di quel conflitto; basti ricordare che la contesa scoppiò tra Russia e Turchia e che Gran Bretagna e Francia, volendo tenere lo zar fuori dal Vicino Oriente, si allearono col sultano.
L’intervento sardo-piemontese fu poi un raffinato espediente di Cavour per inserire al meglio il piccolo regno nel gioco delle grandi potenze. Lo  stesso Cavour, durante la discussione alla Camera sulle convenzioni con l’Inghilterra  per l’intervento in Crimea, a chi gli faceva presente - per dissuaderlo  dall’entrare in guerra con la Russia - che i negozianti liguri avevano già  investito milioni per accaparrarsi il prossimo raccolto di grano russo,  rispose malizioso che “i capitani mercantili genovesi già da lungo tempo  hanno dichiarato la guerra alla Russia, poiché in gran numero hanno  noleggiato le loro navi alle potenze occidentali belligeranti e stanno da  più mesi nei porti del Mar Nero”. E se è vero che la partecipazione del regno di Sardegna alla guerra di Crimea pose utili premesse all’unificazione d’Italia, è ancor più vero che l’impegno degli armatori camogliesi nel supporto logistico a quella spedizione risultò determinante, così come lo stesso Cavour ebbe a riconoscere.  Alcuni capitani ed armatori camogliesi si fregiarono infatti – alla fine della guerra - di decorazioni inglesi e francesi, oltre che sabaude, ma il più bel riconoscimento lo ebbero forse proprio tutti insieme da Cavour che, rivolgendosi all’industriale senatore Bombrini, pare abbia detto: “Se i servizi per le truppe di Crimea sono andati così bene, il merito è di quei diavoli di camogliesi che hanno saputo donare al Piemonte una vera marina mercantile”.

Ma ne valse la pena, dal momento che certi noli, come quelli per il trasporto di munizioni, garantivano in un viaggio di andata e ritorno utili pari al totale valore del bastimento impiegato, con rendite del 65% sul capitale investito nelle carature.  Non furono infatti motivazioni patriottiche, o d’alta politica, a muovere i camogliesi, bensì l’esigenza di mettere comunque a profitto, al miglior profitto, la loro consolidata conoscenza delle rotte del Levante, l’esperienza secolare dei loro capitani, la versatilità d’uso e di manovra del loro naviglio.
In quegli anni Camogli aveva già raggiunto un notevole grado di prosperità, che venne consolidata dall’attuazione e dallo sviluppo di quell’importante iniziativa – inizialmente suggerita da un armatore della vicina Recco, ove peraltro l’idea non trovò seguito – che fu l’Associazione di mutua assicurazione marittima camogliese, fondata il 20 marzo 1853 e destinata ad operare fruttuosamente per oltre un trentennio. Riservata ai soli camogliesi, l’associazione, che nel 1855 assicurava ben centoquarantatre bastimenti, per più di ventitremila tonnellate complessive e per un valore totale di oltre tre milioni di lire, consentì per ben sette lustri un contenimento dei rischi reali d’esercizio dell’impresa marittima ed una maggiore disponibilità di capitale libero per gli armatori locali.

Si racconta che nel loro piccolo porto “si armava e si calafatava di giorno e di notte, …al chiarore… di due barili di pece, acceso uno sulla punta del molo e l’altro al centro della piazzetta della calata” per sfruttare al meglio il tempo disponibile. Gli armatori di Camogli trasportarono in Crimea di tutto: truppe, cavalli, ma soprattutto merci varie, munizioni, vettovaglie, artiglieria. Del resto gli inglesi avevano noleggiato solo delle grandi navi, il cui carico richiedeva molto più tempo che se la stessa quantità di materiale fosse distribuito su un maggior numero di bastimenti di minor   portata. 

Lo stesso Cavour aveva potuto rendersi conto dell’utilità del nostro naviglio, così come delle maggiori capacità ed operosità dei nostri   equipaggi rispetto a quelli britannici. La grande conoscenza delle rotte da parte dei capitani camogliesi consentiva poi che spesso un loro bastimento effettuasse l’andata e il ritorno nello stesso tempo in cui un altro bastimento effettuava la sola andata e la discarica. I loro viaggi venivano organizzati in convogli, squadre da dieci o quindici velieri, che si davano appuntamento all’inizio dell’Egeo e da lì proseguivano di conserva nell’arcipelago, infestato dai pirati, e quindi per gli stretti, dopo i quali era l’insidia delle navi russe. Astuzie, colpi di fortuna, sciagure e gesti di coraggio sono retaggio dei discendenti di quanti presero parte ai viaggi della Crimea, la cui memoria è stata in taluni casi perpetuata dagli scritti di Gio Bono Ferrari.
Dopo la discussa partecipazione alla guerra di Crimea, il generale sviluppo della marina mercantile del regno sardo-piemontese - il cui fulcro era nel porto di Genova - fu indubitabile. Ma a ben vedere la realtà economica che – durante e dopo quell’esperienza bellica – seppe conseguire i maggiori benefici fu proprio l’armamento mercantile di Camogli, che giunse all’unificazione nazionale con una flotta di tutto rispetto, dopo aver investito in nuove costruzioni buona parte dei profitti ottenuti proprio durante la campagna di Crimea, ponendo così le solide basi di quella che divenne la marina mercantile del regno d’Italia.

Avv. G.B. FIGARI

Rapallo, 21 Ottobre 2019

 

 


LA FAVOLA DI ANDREA LIMONE

LA FAVOLA DI ANDREA LIMONE

Questa è la storia vera

del bambino Andrea

prima della cura

che fece sulla scura

sabbia di Framura


Tutti dicevano che Andrea era livido e acido come un limone.

I più benevoli gli dicevano: “Dai, ridi un po’, la vita è bella.” E lui se era in vena, tirava le labbra con un sorriso, che pareva una smorfia e lo faceva sembrare ancora più triste. Altri lo prendevano in giro e non lo chiamavano più con il suo nome, l’avevano soprannominato “Limone” e lo lasciavano in disparte.

A vederlo con il suo colorito pallido e olivastro, le occhiaie sotto gli occhi scuri e spenti, le labbra livide sembrava davvero che nel suo corpo circolasse spremuta di limone invece che sangue.

Un giorno, mentre se ne stava seduto su un muretto davanti al mare, le gambe penzoloni che, battevano ritmicamente contro il muro, arrivò sulla spiaggia una bambina un poco più grande di lui.


Non l’aveva mai vista a Framura, però gli piaceva. Decise allora, seguendo le sue tendenze negative, di essere particolarmente antipatico con lei. Lei alzò la testa, lo vide e subito sorridendo, gli chiese “Ciao, come ti chiami?”

“Che te ne importa?”

Lei non ci fece caso e imperterrita continuò: ”Io sono Luisella, e tu?”

“Io Limone, ti va bene così ‘?

“Che strano nome. E’ uno scherzo” fece lei ridendo.

“Non è uno scherzo. Mi chiamano Limone, perché io sono un limone, faccio bruciare gli occhi e la lingua e, se non mi lasci in pace, ti tiro anche una pietra.”

Come se non lo avesse sentito lei piegò la testa da un lato e disse: “Sai, ti devo fare una confidenza, a me i limoni piacciono moltissimo, li mangerei mattino, mezzogiorno e sera. Stai attento: se sei un vero limone, a merenda ti mangio.” Concluse ridendo.

“Ah, ah la spiritosa, non mi fai ridere neanche se mi faccio il solletico.” Rispose lui sbuffando.

Scese dal muretto e se ne andò.

Il giorno dopo però era ancora lì e c’era lei.

“Ciao Limone, giochi con me? Guarda, ho portato una palla, perché speravo che venissi anche tu sulla spiaggia oggi.”

“Oh, che originalità. Una palla. E’ un gioco vecchio come il cucco” rispose lui.

“A me piace sempre, ma se ne sai uno migliore insegnamelo. Io ci sto.” disse lei mentre palleggiava con abilità.

“Va beh, dai non ho voglia di pensare. Tira.”

Per un po’ giocarono e si divertirono poi, stanchi, si sedettero sulla spiaggia a riposare.

Luisella ricominciò a chiacchierare:”non ho capito se ti piace chiamarti Limone oppure no?” Gli chiese.

Andrea non ci aveva mai pensato. Gli altri, quando parlavano con lui, gli davano ordini o consigli. Non gli chiedevano mai il suo parere.. Dopo qualche minuto di riflessione disse:

”Sì, mi piace. Voglio essere acido. Non mi piace piacere. “Che discorso complicato e falso. Chi t’ha detto “che il limone non piace a nessuno? A me piace moltissimo, te l’ho già confidato”.

“Come fa a piacerti una cosa che fa digrignare i denti e venir la saliva in bocca, appena l’assaggi?”

“Sai perché? Tu parli del limone acerbo. Anche tu forse sei un po’ acerbo. Se verrai qui tutti i giorni a parlare e a giocare con me sulla spiaggia e prenderai tanto sole, diventerai un bel limone e… i limoni maturi sono una bontà”

Andrea non rispose, ma fece quello che gli aveva suggerito Luisella, non perché credesse alla sua teoria, ma perché gli piaceva molto stare con quella bambina si sentiva anche meglio come se il gelo che aveva dentro si sciogliesse al sole.

In capo a un mese era irriconoscibile: Abbronzato, sorridente e irrobustito. Insomma un bel limone maturo pieno di vitamine e sali minerali.

Sarà stato il sole, il mare, la spiaggia di Framura o Luisella, chi lo sa?

Fatto sta che dopo la cura la filastrocca suona così:

Questa è la storia vera

del bambino Andrea

dopo la cura

che fece sulla scura

sabbia di Framura

dove divenne

solare e biondo

come un bel limone

luminoso e tondo.

 

ADA BOTTINI

Rapallo, 7 nivembre 2017

 


STOCCOLMA-IL DISASTRO DEL GALEONE WASA

 

STOCCOLMA

IL DISASTRO DEL GALEONE WASA

Museo Wasa - 1.300.000 visitatori l'anno

10.000 visitatori giornalieri (alta stagione)


 

Nella bellissima Stoccolma c’è un relitto di un antico galeone da guerra svedese (custodito all’interno dell’omonimo museo ad esso dedicato), che ha avuto una fine tragica e paradossale proprio il giorno della sua inaugurazione. In ogni naufragio c’è un qualcosa che va storto, una forzatura ingegneristica, un errore umano in navigazione o più semplicemente una mancanza di rispetto dell’uomo verso le leggi del mare. Oggi vi raccontiamo la storia del galeone Vasa, la più grande nave da guerra mai costruita all’epoca, vanto della marina svedese ma incapace di navigare.


Durante la guerra dei Trent’anni (1618-1648), nella primavera del 1628, la flotta di Gustavo II Adolfo, re di Svezia, si arricchì di una nuova unità:

Il galeone a tre alberi Nya Wasa.

Il nome derivava dalla dinastia dei Wasa, alla quale Gustavo II apparteneva. Artigiani e artisti olandesi e svedesi, agli ordini di Henrik Hybertsson, aveva creato una splendida nave: il cassero di poppa raggiungeva i 20 metri d’altezza, di cui 15 sopra il livello del mare. L’albero maestro svettava a 52 metri d’altezza,

quelli di trinchetto e di maestra avevano vele quadre con vela di gabbia. L'albero di mezzana aveva una vela latina e, sul bompresso, c'era una civada. Complessivamente la nave poteva issare 1275 mq di vele che le consentivano di raggiungere una velocità di 10 nodi.

Gallerie esterne, cupole, arabeschi, bassorilievi e più di 700 statue di legno dorato ornavano l’opera morta, la parte emersa dello scafo.

Costruito a Stoccolma subì, prima ancora che scendesse in mare, numerose modifiche che influirono in modo disastroso sulla stabilità del galeone. Molte di queste furono richieste dal Re che interferì parecchio nella sua costruzione. La nave venne allungata e fu aggiunto un secondo ponte che permise di portare il numero dei cannoni a 64 pezzi. Il cassero era particolarmente alto e tutte le sovrastrutture furono pesantemente decorate.  Fu imbarcato, oltre all'armamento completo, anche un enorme quantitativo di vasellame, quadri e arredi.  La nave era imponente ma troppo stretta rispetto alla lunghezza ed al peso. Inoltre il baricentro era pericolosamente alto.  Si cercò di porvi rimedio aumentando la zavorra ma questo avvicinò ancor più il ponte di batteria inferiore al pelo dell'acqua.

Alle quattro del pomeriggio del 10 agosto 1628 la nave uscì dal porto di Stoccolma per il viaggio inaugurale. Mollati gli ormeggi, la nave mise la prua su Alvsnabben, nell’arcipelago di Stoccolma. Rimorchiato fino a Södermalm, il maestoso veliero dai vivaci colori nazionali issò le prime vele di trinchetto, di mezzana e le due vele di gabbia.


Giunto a cento metri a sud dell’isolotto di Beckholmen, una raffica improvvisa investì il cassero di dritta, facendo sbandare la nave e provocando un rapido ingresso di acqua dai portelli aperti della seconda batteria.

Il timoniere fu molto bravo a recuperare la stabilità, ma una seconda raffica lo inclinò ancora. A questo punto l'acqua cominciò ad entrare dai portelli dei cannoni del ponte inferiore che erano aperti, e la nave affondò rapidamente.

In pochi minuti la nave la nave affondò in 32 metri d’acqua adagiandosi sul fianco sinistro. Circa 50 furono le vittime, ma con il Wasa andarono a fondo anche 100.000 riksdaler, la moneta svedese dell’epoca, pari a 50 milioni di dollari di oggi. Una vera catastrofe nazionale. Le operazioni di recupero furono subito effettuate. L’inglese Ian Bulmer riuscì a raddrizzare il relitto e a disalberarlo in parte. Nel 1664 lo svedese Hans Albrekt ed il tedesco Andreas Peckell, giovandosi di una campana pneumatica, recuperarono 53 dei 64 cannoni. Nel 1954 lo studiuoso Anders Franzen ed il campione subacqueo Arne Zetterström con la scuola navale subacquea svedese tentarono il recupero del relitto che, dopo sei anni, rivide la luce il 24 aprile 1961. Il relitto risultò miracolosamente ben conservato grazie alla ridotta salinità delle acque del Baltico, alla scarsa presenza di ossigeno nel fondale ed al fatto che la nave era costruita con massiccio legno di rovere. Il Wasa fa ora bella mostra di sé nel museo di Stoccolma che porta il suo nome e che fu inaugurato nel 1990 fornendoci l’unica preziosa testimonianza del veliero del XVII secolo.

Nelle sue sale si trovano anche i numerosissimi manufatti, fra cui 700 statue, che furono recuperati intorno al relitto.

 

ALBUM FOTOGRAFICO

Dati Nave:

Tipo: ..........................galeone a tre alberi

Varo: .........................1627

Lunghezza: .............metri 70 (dal bompresso

Larghezza: ..............metri 11,50

Immersione: ...........metri 4,80

Dislocamento: .......tonn. 1.400

Superficie velica: ...mq 1.150

Armamento: ...........Prima batteria: .......  28 cannoni da 24 libbre

Seconda batteria:..... 22 cannoni da 24 libbre

Terza batteria: .........   2 cannoni da 1 libbra

8 cannoni da 2 libbre

6 mortai da6 libbre

Equipaggio:............133 marinai, 300 soldati

 

Carlo GATTI

Rapallo venerdì 14 2017