Le NAVI PASSEGGERI di Linea italiane 1900-1970

LE NAVI PASSEGGERI DI LINEA ITALIANE

DAL 1900 AL 1970

Un particolare aspetto dell’attuale Made in Italy, che tanto onore ci fa nel mondo, è quello delle navi da crociera. La chiave di lettura di questo fenomeno italiano in costante crescita, si trova obiettivamente nella richiesta del mercato turistico globale e nelle indubbie capacità di qualche bravo Armatore nostrano. Tuttavia, noi siamo tra coloro che notano, con immenso piacere, una grande eredità riemergere dal passato: la tradizione navale del nostro Paese che prese avvio all'inizio del ‘900, con il trasporto di linea dei passeggeri e che culminò con l’epoca d’oro dei transatlantici in quei ventidue anni che intercorsero tra le due guerre mondiali. Un certo tipo di navigazione che sembrava dovesse scomparire e che invece ci è stato conservato.

All’epoca furono le massicce ondate migratorie verso il Nuovo Continente e la nascita di un flusso turistico americano verso l'Europa,  a stimolare da una parte le grandi Compagnie di Navigazione a creare navi più capienti, più confortevoli, più belle e più veloci e, dall'altra, i Cantieri a soddisfare tali richieste con tecnologie ed innovazioni sempre più avanzate. Oggi, la grande nave pare essere l’ultima occasione  per evadere dagli agglomerati urbani con i loro problemi ambientali; il turista brama la riscoperta di  un rifugio naturale che annulli i ritmi frenetici della vita lavorativa e rallenti il progresso dei trasporti aerei che uccide il tempo e non concede più nulla alla gioia degli occhi. Tra questi inconsci desideri fa capolino l’immensa, rassicurante, nave da crociera. Hotel a cinque stelle, che dolcemente s’impossessa del turista per farlo sognare in una realtà del tutto naturale come gustare un’alba, un tramonto, vivere le emozioni di una burrasca e partecipare alla navigazione che non è virtuale ma vera, con i suoi profumi salmastri in compagnia dei gabbiani, con i suoi naturali movimenti di rollio e beccheggio. C’è un filo che lega ancora l’epoca d’oro dei transatlantici di linea a quella crocieristica odierna: l’idea di vivere una pausa, una nuova esperienza senza affanni, immersi nella natura, rassicurati da equipaggi disponibili, gentili e professionali. Nulla è cambiato! Chi scrive, ricorda che a bordo del Vulcania e Saturnia, nei primi anni ’60, numerosi passeggeri nordamericani viaggiavano con l’equipaggio, ripetendo le traversate atlantiche perchè s’innamoravano dello “stile italiano”, dell’arte itinerante delle nostre navi, incuriositi della presenza di celebri attori, scrittori, politici ecc... attratti dalla prestigiosa cucina dei nostri chef, divertiti degli shows artistici sempre nuovi, dei giochi di società, dei films in prima visione, delle immense biblioteche internazionali, ed ogni viaggio era sempre diverso come le vere emozioni della vita che non si ripetono mai. Questi sono forse i motivi per cui, nell’era degli aviogetti supersonici e dei viaggi spaziali, la nave resta d’attualità. Le masse alienate delle grandi città, delle metropoli industriali scoprono una nuova filosofia di vita, fanno propria un’occasione irrepetibile di civiltà.

Una Curiosità Storica

Nell’anno 1854,  il Sicilia di 828 Tsl.  una minuscola - diremmo oggi - imbarcazione a elica, partì da Palermo ed arrivò a New York, dimostrando al mondo che l’Atlantico poteva essere attraversato in sicurezza per opera dell’uomo, senza l’aiuto del vento, aveva a bordo 48 passeggeri e un carico di agrumi siciliani. Tuttavia, le speranze di iniziare un regolare servizio di linea s’infransero quando, nello stesso anno, la nave affondò vicino alle coste irlandesi.

A volte la Storia accelera i suoi Ritmi

l’Unità d’Italia - La fine della Guerra di Secessione americana - Il flusso migratorio verso le Americhe - L’Apertura del Canale di Suez e d’alcuni varchi alpini - furono i trampolini che proiettarono le capacità  imprenditoriali di molti armatori. Toccò dieci anni più tardi, nel 1864, all’armatore genovese Giovanni Lavarello, inaugurare il primo servizio di linea tra Genova ed il Sud America, mentre il primo servizio regolare di linea fra l’Italia e New York fu quello stabilito dalla Compagnia palermitana Florio che iniziò con quattro navi sotto le 2.000 Tsl: due acquistate di seconda mano, mentre la Vincenzo Florio e la Washington di 2840 Tsl, di costruzione scozzese,  erano nuove e sviluppavano una velocità di 12,5 nodi.

* Una Significativa Statistica

La breve statistica che segue, fotografa la lenta evoluzione dei nostri bastimenti dalla vela al motore.

1865 – su un totale di 1.274 bastimenti   - 3 erano a vapore

1890 -  su un totale di 2.271 bastimenti   - 225 erano a vapore

1904 -  su un totale di 2.512 bastimenti   - 1416 erano a vapore

*(Dati ricavati dal Registro Navale Italiano (R.I.N.A) a cura della Società Cap. e Macch. Di Camogli).

I cannoni e i siluri germanici, affondando gli ultimi maestosi e silenziosi corsieri dei mari,  decretarono la fine di un’epoca irrepetibile, giustamente ricordata come Epopea della Vela. Quel vuoto mercantile, ridotto ormai - per la verità - ad un’esigua percentuale, fu colmato prontamente e definitivamente dai  piroscafi sempre più potenti e sicuri che diedero inizio ad una nuova tradizione quella delle: Navi di Linea

Nasce la N.G.I. dalla fusione della Florio e la Rubattino

La Africa (nella foto), fu una delle prime navi a transitare il Canale di Suez nel 1869 quando apparteneva alla Soc.Rubattino. L’unità, pur avendo il motore, disponeva di tre alberi per armare le vele e tutto ciò aumentava la sicurezza (soprattutto psicologica) dei passeggeri.

La nuova Società fu battezzata N.G.I (Navigazione Generale Italiana) nacque nel luglio del 1881 e risultò composta di 81 vapori, per un tonnellaggio complessivo di 59.727 tonnellate. Soltanto 8 navi erano di costruzione italiana a dimostrazione di quanto fosse in ritardo l’intero settore navale, se paragonato a quello inglese da cui provenivano le altre 73 unità della neonata Società. La N.G.I  fu l’unica a detenere la linea passeggeri nel Nord Atlantico fino al 1901 e poi, ancora per  vent’anni ad esserne il leader su  quelle rotte.

Sempre nel 1901, la N.G.I ingoblò la Soc. La Veloce che era in linea nel Sud America con 12 navi, che presto furono trasferite su quella del Nord America.

All’inizio del 1904 la N.G.I disponeva di ben 103 navi che furono impiegate su tutte le principali rotte commerciali del mondo.

Il vero Business

A partire dai primi anni del secolo XIX fino agli anni ‘60 del novecento, il trasporto degli emigranti attirò investimenti sicuri e produsse uno sviluppo nelle Costruzioni Navali il cui eco rimbalza ancora oggi nei Cantieri della nostra regione e, come abbiamo visto, ne caratterizza tuttora i loro attuali successi. Le cifre che seguono danno un’idea della vastità del fenomeno: 5.340.000 italiani emigrarono negli Stati Uniti, di cui 4.480.000 negli anni compresi tra il 1880 e il 1924.

Con l’avvento del secolo XX, il traffico marittimo internazionale segnò uno sviluppo sempre maggiore. I Paesi protagonisti di questa nuova epopea dei trasporti marittimi, sviluppatasi in un clima di forte concorrenza, di rischi colossali e del gigantismo più avanzato, furono dapprima la Gran Bretagna e la Germania. Poi fu la volta degli Stati Uniti, del Canada, dell’Italia, della Francia, dell’Olanda e dei  Paesi Scandinavi.

La potente N.G.I si fa paladina ed ambasciatrice dell’Italia sul Mare

Per difendere l’autonomia italiana sui mari, era necessario pensare in grande per uscire dalla cerchia ristretta delle competizioni locali. Occorreva entrare con coraggio nel già prospero mercato internazionale, la cui natura era caratterizzata da un forte “sentimento nazionalistico”.

La N.G.I intendeva soprattutto assicurarsi il traffico degli emigranti italiani che era gestito dalle altre bandiere europee, in condizioni di privilegio, non essendo gravata da tutti quegli oneri che invece incidevano sui bilanci delle nostre società di navigazione. Nel 1900 sul totale di 97.927 emigranti partiti dall’Italia per il Nord America, 79.787 (83%) era stato trasportato dalla bandiera estera e 18.140 (17%) da quella italiana. “I nostri piroscafi partivano stracarichi e in condizioni pietose dal lato delle comodità e dell’igiene. Gli emigranti erano trattati a bordo nel peggiore dei modi ed erano sistemati fino al terzo e al quarto corridoio delle stive e in ciascuno a tre ordini di cuccette sovrapposte. Costretti a trascorrere le ore diurne in coperta erano esposti alle piogge, al sole, alle temperature più calde o più fredde a seconda delle latitudini in cui viaggiavano. L’alimentazione era ridotta al  minimo indispensabile e su alcune navi la distribuzione dell’acqua potabile erano veri agenti trasmettitori di malattie”. (Radogna-Ogliari-Rastelli-Spazzapan “Storia dei Trasporti Marittimi” Vol.III)

Due Leggi decisive

Questa miserevole situazione che si rinnovava nei porti d’imbarco, venne diffusa e amplificata da famosi scrittori e dai giornali dell’epoca;  infine, il Governo si decise ad emanare una nuova Legge sull’Emigrazione, che fu promulgata il 31 gennaio 1901 e che disciplinò il trasporto degli emigranti con norme ben precise per impedire ogni speculazione. Sicurezza, igiene, comodità, tariffe di passaggio furono regolamentati e  fu affidato ad un Commissario per emigrazione, il controllo ed il funzionamento dei flussi migratori.

Nello stesso 1901, il Governo con un altro provvidenziale colpo di timone, fornì all’Italia Marinara un importante provvedimento: fu infatti promulgata la Legge Bettolo in favore dell’Industria delle Costruzioni Navali, che stabilì in 8.000.000 £ la sovvenzione  ai Cantieri e all’Armamento di linea.

La N.G.I ne approfittò per ordinare la costruzione di 5 piroscafi da passeggeri, due ai Cantieri di Riva Trigoso, due a quelli di Sestri Ponente  e uno a Livorno. Il programma della Società genovese fu di intensificare i servizi liberi e in particolar modo quelli per le due Americhe per il trasporto dei passeggeri  e degli emigranti, in modo da poter affrontare la concorrenza estera, che nei primi anni del nuovo secolo si presentò ancora più invadente.

Nacque così, nei primi anni del ‘900 il primo servizio organizzato di linea.

La Nascita del Lloyd Sabaudo

Il Lloyd Sabaudo nacque il 21.6.1906 con la partecipazione della Casa Reale.

Nel biennio 1907-08 furono varati tutti e sei i nuovi grandi piroscafi transatlantici ordinati nel 1904 per le Linee del Nord e del Sud America. Della Classe Ducale facevano parte: “Duca degli Abruzzi”-“Duca di Genova” (nella foto)-“Duca d’Aosta”. Della Classe Regale facevano parte: “Re Vittorio”-“Regina Elena”-“Principe Umberto”. Le navi gemelle stazzavano: 7838-4119 tonn.

Il cosiddetto salto di qualità fu compiuto dalla Società L.S. tra il 1922 ed il 1930, con l’entrata in servizio della classe “Conti” sulla linea del Nord America. Le prime unità: il Conte Rosso ed il Conte Verde, di costruzione inglese, erano molto simili;  così come lo erano le altre due unità: il Conte Biancamano, anch’esso di costruzione inglese, ed il Conte Grande che invertì la tendenza e fu costruito in Italia dallo Stabilimento Tecnico di Trieste.

19.2.1922 -Il Conte Rosso in uscita dal Porto di Genova per il suo viaggio inaugurale per N. York

Queste quattro “signore” dei mari avevano in comune il fascino dell’Italian Style ed una riconosciuta affidabilità. Queste indiscusse qualità attirarono una clientela di prestigio e proiettarono il Lloyd Sabaudo verso nuove ed ancor più prestigiose costruzioni e l'Italia  riuscì a conquistare senza ombra di dubbio il suo posto al sole distinguendosi con navi di ottimo gusto e comfort, oltre che di prestigio e di alta tecnologia. I due poli cantieristici di Genova e Trieste diventarono così i protagonisti di una sfida all'eccellenza nella costruzione dei più bei transatlantici in quella che venne definita "l'età dell'oro" dei liners.

La N.G.I verso il Rinnovamento

Il Giulio Cesare e il Duilio della N.G.I furono progettati nello stesso periodo della classe “Conti” del Lloyd Sabaudo, ma rispetto a queste unità avevano un tonnellaggio superiore e quindi erano in grado d’incutere maggior rispetto alla forte concorrenza nordeuropea, che già da tempo operava con navi di grande stazza.

Giulio Cesare e Caio Duilio (nella foto), le cui lunghezze erano prossime ai 200 metri, rappresentarono il raggiungimento di un importante traguardo tecnologico, sul difficile percorso del traffico passeggeri che era in grande espansione, non solo per la crescente domanda, ma soprattutto per il prestigio che aspirava la forte politica espressa dai Governi degli Stati più importanti dell’epoca.

La N.G.I verso il Cosolidamento


A metà degli anni ’20, la N.G.I di Genova progettò, costruì e mise in linea per gli Stati Uniti due splendide navi: la Roma e l’Augustus. Le misure di queste due unità erano le più grandi mai costruite con bandiera italiana dai Cantieri genovesi Ansaldo. Il Roma (1926) era dotata di una turbina italiana che le consentì la ragguardevole velocità di 24 nodi, corrispondenti a circa 50.000 cavalli di potenza e con oltre 30.000 tonnellate è stata la più grande nave costruita sino ad allora e anche la più lunga (215 mt); fu anche la prima ad essere dotata di piscina e relativi servizi. Per far comprendere la sua grandezza all'epoca veniva descritta come un "monumento del mare, più lungo di San Pietro, più largo del Ponte di Rialto e più alto della Torre di Pisa".

II primato del Roma (nella foto) è stato superato un anno dopo dalla M/n Augustus, 32.650 t.s.l.

Sull’Augustus era stato installato un motore Diesel (tipo Mann) e la sua velocità risultò inferiore, ma sempre intorno ai 20 nodi. L’Augustus fu la prima nave ad avere un ponte lido con piscina all'aperto. Questi due imponenti transatlantici, dalle linee eleganti e moderne, ebbero un meritato successo e rimasero sulla linea di New York sino alla fine del 1932. Alla fine del 1940 a Roma fu requisita dalla Regia Marina con il proposito di trasformarla nella portaerei Aquila.

Le navi italiane già allora si distinguevano fra tutte, mettendo in luce quelle che erano le caratteristiche del Made in Italy: una supremazia incontrastata non solo per il design inimitabile e l'innegabile gusto negli allestimenti interni, ma anche per le soluzioni  tecnologiche adottate.

Nei tardi anni '20, Benito Mussolini, decise che l'Italia sarebbe stata fra le nazioni leader in tutti i campi: scienza, esercito ed anche in mare. Prima di questo momento, dalla seconda metà del XIX secolo, tutte le navi più prestigiose in servizio sull'Atlantico erano inglesi della Cunard Line e della White Star e francesi. Le tedesche che proprio con la  North German Lloyd stava costruendo in quegli anni le sue due più veloci e grandi navi della sua storia, il Bremen e l'Europa, che furono anche campioni di velocità. Sta di fatto che i transatlantici in rotta nel Nord Atlantico erano anche la vetrina internazionale delle nazioni che le possedevano. Per tale scopo il Lloyd Sabaudo e la NGI ricevettero finanziamenti per la costruzione di due nuovi supertransatlantici italiani. Nel 1927 Mussolini annunciò che l'Italia avrebbe presto incominciato la costruzione di due navi per le quali il mondo intero stava aspettando, più tardi nominate Rex e Conte di Savoia. Di queste due, il Rex sarebbe stata la nave più grande e veloce, ed arredata in stile più classico, in contrasto con la tendenza Art-Deco di allora, iniziata con la nave francese Île de France.

A fronte di questo, l'Italia non aveva però una forte Compagnia di navigazione sotto la sua bandiera, così il Duce decise che le tre principali compagnie italiane, la NGI il Loyd Sabaudo e la Cosulich Line, si sarebbero fuse per dare vita ad una forte Compagnia nazionale: l'Italia di Navigazione.

Anni ‘30

L’EPOPEA  DEI  LEVRIERI: REX”  -  “CONTE  DI  SAVOIA”

Con questi Giganti di linea, la genovesità entrò nell’olimpo delle grandi tradizioni marinare del mondo. Si giunse così agli anni '30, anni gloriosi caratterizzati dallo splendore del Rex e del Conte di Savoia, i più grandi transatlantici mai posseduti dalla flotta italiana. Sono nomi che da sempre colpiscono la nostra immaginazione: il Rex è forse il più famoso, il più sognato, il più iconografico transatlantico italiano, una leggenda resa immortale da Fellini nel suo film "Amarcord". Il Rex era un super-liner da 50.000 tonnellate con dodici ponti, il top del lusso e dell'eleganza, l'ammiraglia cui sarebbe spettato il ruolo di portabandiera dell'Italia, simbolo dello stile italiano e della qualità del Made in Italy. Costruito a Genova Sestri per l'utilizzo nella prestigiosa rotta verso New York, ha legato il suo nome alla conquista del Nastro Azzurro, battendo nel 1933 il record della traversata Gibilterra - New York compiuta in 4 giorni e 13 ore, ad una velocità media compresa tra le 28,5 e le 30 miglia orarie.


16 .8.1933 - Il Rex (nella foto) con il Gran Pavese delle grandi occasioni, entra trionfante a New York. Lo attende l’ambito Nastro Azzurro guadagnato sulla distanza storica Gibilterra-New York (Ambrose) di 3.181 miglia coperta in 4 giorni-13 ore e 58 minuti, alla velocità oraria di 28,92 nodi. Il Record gli fu strappato, dopo soli due anni, dal francese Normandie, un "mostro" da 83.000 tonnellate di stazza e 314 metri di lunghezza.

Nave

Rex

Conte di Savoia

Bandiera

Italiana

Italiana

Compartimento

Genova

Genova

Ordinato

2.12.29

28.12.29

Cantieri

Ansaldo-Genova

S.Marco-trieste

Committente

N.G.I

Lloyd Sabaudo

Varo

1.8.31

28.10.31

Stazza Lorda

51.062

48.502

Lunghezza f.t. in metri

268

248

Larghezza

29,5

29

Equipaggio

756

786

Potenza Cavalli

142.000

130.000

Ponti

12

11

Archittetura-Stile

‘800

‘900

Velocità Massima

29

29,5

Passeggeri in 3 classi

1392

1278

Nuvole nere  apparvero, in modo prematuro, all’orizzonte e presagirono  tempeste su tutto il mondo. Presto calerà il sipario sulla “stagione d’oro dei transatlantici” che lasceranno la scena  ai nuovi barbari. Gli eventi bellici della 2a guerra mondiale  interruppero e conclusero la  brillante e breve carriera del Rex e Conte di Savoia in modo molto tragico. Nel 1939 sulle murate delle navi italiane vennero dipinte due grandi bandiere tricolori in segno di neutralità, per distinguerle dalle unità degli stati coinvolti nella 2a guerra mondiale. Il 25.5.1940 la Direzione della Società Italia di Navigazione annunciò la sospensione del servizio transatlantico di linea. Rex e Conte di Savoia furono destinate ad un lungo disarmo verso porti più sicuri di quello di Genova. Il 9 settembre 1943 i Tedeschi occuparono Trieste. Sul Rex iniziarono subito le razzie di tutti i suoi preziosi arredamenti, tappeti, quadri, posaterie, porcellane ecc…Il 13 marzo 1944 l’ex-ammiraglia cambiò bandiera e dal quel giorno fece compartimento Amburgo. Il 10 giugno 1944 il Rex si salvò miracolosamente da un terribile bombardamento a tappeto che colpì tragicamente Trieste. Stessa tragica sorte era già toccata al Conte di Savoia l’11 novembre del ’43 quando la più bella unità italiana fu ridotta ad un ammasso di lamiere fumanti, sotto i bombardamenti di una squadriglia d’aerei tedeschi. Durante questo periodo, le altre maggiori navi italiane, fra cui il Roma e l'Augustus, furono o bombardate dagli alleati o auto-affondate dai tedeschi. L'Italia perse  31 delle sue 37 navi passeggeri. La buona sorte baciò invece le sue unità più vecchie: Saturnia e Vulcania che continuarono a prestare servizio fino al 1965, quando entrarono in servizio la Michelangelo e la Raffaello.

Le Quattro Sorelle: Saturnia e Vulcania, Neptunia ed Oceania

Furono costruite per la Soc. Cosulich di Trieste.

Primi anni ’60. Il Vulcania incontra il Saturnia (foto) in oceano per la gioia dei passeggeri.

Un ricordo particolare meritano le motonavi Saturnia, Vulcania, Neptunia e Oceania. Le quattro unità più importanti  della Linea Cosulich, (assorbita in seguito dalla Società Italia di Navig.) furono costruite dal Cantiere Navale Triestino di Monfalcone tra il 1924 e 1934, la cui storia ci riporta  nell’atmosfera ormai perduta della vita a bordo delle navi passeggeri nella prima metà del secolo XX. Nel 1924 la Cosulich, diventata Società Triestina di Navigazione, realizzò un vero e proprio salto di qualità con l’impostazione dei transatlantici Saturnia e Vulcania.

Le due navi varate rispettivamente nel 1925 e nel 1926, hanno rappresentato una svolta nello stile architettonico e nell'arredamento, passando dal liberty ad un gusto più razionale e moderno, anche se ancora fortemente classicheggiante. Prime al mondo, queste navi si distinguevano per un nuovo e più moderno disegno dello scafo e dello skyline, caratterizzato da un unico fumaiolo particolarmente basso. Progettate per i servizi celeri di linea tra Trieste e il Nord America, le due navi si distinsero per le scelte moderne e coraggiose operate particolarmente per quanto riguardava gli apparati propulsivi diesel, in ragione della velocità, dell’economicità  di esercizio e dell’affidabilità  generale. Neptunia e Oceania furono sotto alcuni aspetti ancora più innovative di Saturnia e Vulcania, ma ebbero la sfortuna di andare presto perdute durante la seconda guerra mondiale. Saturnia e Vulcania operarono lungamente nel secondo dopoguerra, venendo infine demolite all’inizio degli anni Settanta. Numerose furono le navigazioni che videro queste navi far parte di numerosi convogli e partecipare alle missioni di rimpatrio dei civili italiani dall’Africa Orientale, tra il 1942 e il 1943.

LA RIORGANIZZAZIONE POSTBELLICA

Strutture ed infrastrutture portuali distrutte e inagibili. Fondali da bonificare e sgomberare da centinaia di relitti. La Flotta italiana ridotta ad un’esigua entità. Questa era in sintesi la drammatica situazione dell’Italia marinara l’8.5.1945, alla fine delle ostilità. Lo sforzo riorganizzativo compiuto dal Governo italiano dell’epoca per avviare una rapida ripresa fu intrapreso in molte direzioni: Costituzione del Comitato Gestione Navi (Co.Ge.Na.)- Concessioni di contributi sulle spese per il recupero ed il ripristino di circa 2000 navi e per la ripresa della cantieristica. Creazione del Ministero della Marina Mercantile che fu suddiviso in quattro Direzioni Generali ed in tre Ispettorati. Furono stipulati Accordi con il Governo degli Stati Uniti per l’acquisto di: 95 navi del tipo LIBERTY, 20 petroliere del tipo T/2, 8 navi da carico del tipo N/3. Nel 1947 si conclusero le trattative per la restituzione ed il rientro in patria dagli USA di 14 prede belliche tra cui il Conte Biancamano-Conte Grande-Vulcania-Saturnia.

Le M/n Conte Grande (nella foto) e Conte Biancamano rimasero prevalentemente sulla linea del Sud America, con la livrea bianca, dal dopoguerra sino alla loro demolizione. Mentre la livrea nera era usata sulla linea del nord America.

Al centro della ripresa dei traffici si trovarono le Società del gruppo Finmare (Soc. Italia-Lloyd Triestino S.p.A di Navig. – Adriatica S.p.A – Tirrenia S.p.A) che in pochi anni, riuscirono a ripristinare i collegamenti commerciali e passeggeri con tutte le sponde nazionali ed internazionali del periodo anteguerra. Al Lloyd Triestino S.p.A spettò i collegamenti di linea con l’Australia e l’India. La prima unità, denominata Australia fu consegnata nell’aprile 1951, seguirono ”Oceania”, consegnata  il 3 agosto 1951 e la Neptunia” consegnata il 5 settembre 1951. Nel febbrario 1952 fu inaugurata  la  linea dell’Africa con due navi: Africa ed Europa di 11.427 tonn S.L. La terza linea per l’Estremo Oriente fu inaugurata nel marzo-aprile del 1953 con le motonavi “Victoria” e “Asia” che avevano caratteristiche analoghe alle precedenti.

In questa foto della M/n ASIA si può notare l’inconfondibile linea elegante dell’Italian Style.

Alla fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia aveva perso l’88% delle navi passeggeri o miste. Nel frattempo cresceva vertiginosamente la domanda per il trasporto di reduci, smobilitati, persone compromesse con il regime, rifugiati politici, apolidi ed in particolare gli emigranti italiani. In questa fase delicata della nostra storia, si attivarono ancora una volta gli Armamenti privati: Sidarma, Italnavi, Sitmar, Co.Ge.Dar. Costa, Fassio, Frassinetti, Garrone, Gavarrone, Grimaldi, Bianchi, Messina, Lauro, Marsano, Musso, Zanchi ed altri che seppero far fronte alle richieste, adattando ed adibendo le loro unità alle linee del Plata, Brasile e, in seguito, dell’Australia. Grazie al loro coraggio, la bandiera italiana poté ancora solcare i mari in un frangente in cui molti la davano per spacciata. Gran parte di questi Armatori, per i più svariati motivi, uscirono di scena negli anni ‘60;  al contrario, altri come Costa e Lauro sopravvissero a tutte le tempeste e  seppero rimanere sui mercati con vecchie carrette riciclate nel dopoguerra, per arrivare alla fine del secolo alla gestione d’immense navi da crociera, petroliere-mammut, containers di ultima generazione ed altro pregiato naviglio.

1961- La M/n Marco Polo nelle chiuse del Canale di Panama.

La Classe Navigatori formata dalle motonavi: Marco polo, Amerigo Vespucci, Antoniotto Usodimare, Paolo Toscanelli (Lloyd Triestino), recuperate e ricostruite come unità miste dopo il 2° conflitto mondiale, entrarono in servizio nell’immediato dopoguerra per la “Società Italia” sulla linea del Sud Pacifico (Venezuela-Columbia-Equador-Perù-Cile). Queste unità avevano cinque stive e potevano trasportare 700 passeggeri, di cui 89 in Classe Unica e 614 in 3° Classe. Avevano una Stazza L. 9800 tonn. erano lunghe 148 metri, larghe 19 e sviluppavano una velocità di 16 nodi. Sappiamo per esperienza personale, che moltissimi nostri concittadini trapiantati in Cile, Venezuela e Perù hanno navigato su queste navi che hanno servito onorevolmente quella linea sino al 1963, anno in cui i Navigatori furono sostituiti dalle più efficienti motonavi della Classe Musicisti: Donizetti (ex Australia), Verdi (ex Oceania), e Rossini (ex Neptunia, tutte provenienti dal Lloyd Triestino). Avevano una Stazza L. di 13.140 tonn. erano lunghe 161 mt. larghe 21 e viaggiavano ad una velocità di 18 nodi, avevano due motori ed una capacità di passeggeri di 772, di cui 136 in 1° Classe e 536 in Turistica. Con queste navi i collegamenti tra Genova ed i nostri emigranti sudamericani fecero un notevole salto di qualità. Aria condizionata, piscina, sale da giochi, cinema ed alloggi più confortevoli, allietarono e resero meno duri quei viaggi a cavallo dell’equatore che duravano mediamente un mese e mezzo a traversata. Nel 1976, ritenendo la Compagnia armatrice non più redditizio quel particolare collegamento marittimo, i tre esemplari vennero messi in disarmo, preludio di una successiva demolizione. I “Musicisti” furono tra le ultime navi di linea.

La Neptunia del Lloyd Triestino (nella foto), nel 1963  diventò la m/n  Rossini della Soc. Italia.

“ANDREA DORIA” – CRISTOFORO COLOMBO”

In questa foto si possono ammirare le più belle “linee architettoniche navali” mai costruite.

Nave

Varo

Bandiera

Stazza L.

Passeg.

Equip.

Vel.

A.DORIA

C.COLOMBO

1951

Italia

29.083

1134

572

23

La stagione d'oro dei transatlantici iniziò, tuttavia, il suo declino con la fine del secondo conflitto mondiale, sebbene ancora dopo la guerra siano stati varati gli ultimi splendidi liners. In Italia, dal cantiere di Genova Sestri uscirono  l'Andrea Doria nel 1951 e il Cristoforo Colombo nel 1953, navi dotate di aria condizionata in tutte le classi e di ogni comfort allora concepibile per intrattenere il passeggero e rendere gradevole la sua permanenza a bordo. D'altra parte la concorrenza del mezzo aereo, imbattibile quanto a tempi di percorrenza, toglieva sempre più clienti ai transatlantici, determinando da parte delle Compagnie di Navigazione l'ultimo tentativo di contrastarne il declino realizzando navi ancora più imponenti e veloci. La prima di queste due navi fu l'Andrea Doria, partita per il suo viaggio inaugurale da Napoli a New York il 14 Gennaio 1953. La sua gemella, la T/n Cristoforo Colombo prese il mare l'anno seguente. Era identica all'Andrea Doria, forse un po' meno ricercata negli arredi. Dopo soli due anni di vita, il 25 Luglio 1956, l'Andrea Doria fu accidentalmente speronata e affondata dal transatlantico svedese Stockholm. L'Italia Navigazione fu devastata dalla perdita della sua nave più prestigiosa e ripresasi dallo shock, ordinò la costruzione di un nuovo transatlantico la T/n Leonardo Da Vinci, lunga 233 metri e di 33.000 tonnellate di stazza, costruita appunto per rimpiazzare l'Andrea Doria e che fu ultimata nel 1960.

"La Leonardo da Vinci, qui ripresa nel suo viaggio inaugurale, fu costruita nel 1960 per rimpiazzare la perdita dell'Andrea Doria."

La Leonardo da Vinci viene ingiustamente spesso trascurata, ma si può considerare come la madre della Michelangelo e Raffaello. Infatti conteneva per la prima volta una serie di innovazioni, mai presenti fino a quel momento sulle altre navi. Fu la prima nave ad essere dotata di cabine con servizi privati per tutte le classi, ad avere aria condizionata in tutta la nave, ad essere dotata di due coppie di alette stabilizzatrici retraibili. Fu anche la prima nave passeggeri a non avere le sale macchine divise in locali caldaie e locali turbine, ma ad essere dotata di due sale macchine completamente indipendenti per ciascuna elica, come le navi da guerra. Le scialuppe erano tutte dotate di motore e il meccanismo di discesa consentiva di calarle anche in caso di sbandamento laterale della nave fino a 25°, caratteristica che impedì l'uso di metà scialuppe sull'Andrea Doria. Queste ed altre caratteristiche architettoniche furono ulteriormente perfezionate ed adottate sulla Michelangelo e sulla Raffaello. Nei primi anni '60 l'Italia di Navigazione annunciò che la Leonardo da Vinci sarebbe stata equipaggiata con la propulsione nucleare, ma ciò non avvenne. La ragione di questa scelta stava negli alti costi di esercizio della nave, i maggiori della flotta passeggeri, probabilmente dovuti al progetto dello scafo, basato su quello della classe Andrea Doria, poco adatto per navi di dimensioni maggiori, provocando un maggiore consumo di carburante. Ma ormai in quegli anni il trasporto aereo stava prendendo piede, sottraendo sempre più velocemente passeggeri al trasporto marittimo. Già nel 1958 la metà dei passeggeri attraversavano l'atlantico in aereo. Però all'interno del Mediterraneo la concorrenza aerea non era così forte e, alla fine degli anni '50, l'Italia Navigazione decise la costruzione di due nuovi supertransatlantici.

Michelangelo e Raffaello - Le ultime navi di Linea

Nave

Stazza L.

Lungh.

Largh.

Poten.

Pass.

Michelangelo

45.911

275,81

31.05

87.000 cv

1.775

Raffaello

45.933

275,81

31.05

87.000 cv

1.775

Impossibile quindi non citare quelle che erano considerate due cattedrali del mare, le turbonavi Michelangelo e la Raffaello, realizzate nella prima metà degli anni '60, navi capaci di 30 nodi di velocità grazie agli oltre 100.000 cavalli di potenza ed in grado di trasportare 1.800 passeggeri suddivisi in tre classi.

1975 - “Michelangelo” e Raffaello” - Ormeggiate al ponte Andrea Doria in attesa di ordini...

Le due ultime navi di linea servirono il Nord Atlantico dal 1965 al 1975. Questi due  transatlantici sono annoverati tra i più belli che siano mai stati costruiti, ma furono anche celebri per la tristezza che li avvolse a causa della loro prematura fine e vendita agli arabi del Golfo Persico. A parte l'immenso supertransatlantico francese Normandie, che stette in servizio solo 4 anni, poche altre navi subirono un destino così inglorioso e immeritevole. Non erano veloci come il liner americano United States, l'ultimo vincitore del Nastro Azzurro (Blue Ribbon), non furono vittime di una sorte così maligna come accadde al Titanic, sebbene fossero splendide e moderne come nessun altra nave prima di loro, vissero  fuori del loro tempo. Le due navi erano in effetti due immense Cattedrali che tutti ammiravano e c’invidiavano; i loro saloni erano arredati con quadri e sculture di famosi artisti contemporanei e il loro arredamento era affidato ai migliori architetti italiani. Durante il loro periodo di attività, i loro interni erano mostrati in televisione come il simbolo Italiano della più avanzata tecnologia navale. Dopo il loro fallimento inglorioso, principalmente imputabile alla loro pessima gestione, queste navi meravigliose furono completamente ignorate e dimenticate da tutti, come se non fossero mai esistite e il loro nome viene tuttora associato soltanto per certe disavventure come quella che segue.

MICHELANGELO, 12APRILE1966 – L’ONDA ANOMALA

Era la mattina del 12 Aprile 1966, la Michelangelo stava procedendo verso New York con 745 passeggeri a bordo. Quel giorno si sviluppò una tempesta di enorme potenza, molte navi si trovarono in difficoltà, 5 marinai furono spazzati via dal ponte di coperta della nave da carico inglese Chuscal. Erano circa le 10 del mattino quando un'onda anomala si presentò di fronte alla nave proprio nel momento più sfavorevole per essere affrontata. Il comandante Giuseppe Soletti, alla sua ultima traversata, deviò verso sud (dalla rotta standard), per evitare il centro della tempesta. Venne consigliato ai passeggeri di stare in cabina, per evitare di essere sbattuti per i corridoi. A bordo c'era anche lo scrittore tedesco Gunther Grass con la moglie, e l'ammiraglio Giurati, il presidente dell'Italia Navigazione.

Claudio Suttora, racconta: "Le onde diventavano sempre più alte e violente, e proprio alla fine di un grande beccheggio ci siamo trovati davanti quell'onda enorme. La Michelangelo, che fino a quel momento era stata in grado di risalire le onde, infilò dritta la prua in quell'enorme, spaventoso e insuperabile muro d'acqua... nessuno di noi si rese conto di cosa stesse per succedere, quell'onda ci si è formata davanti quasi all'improvviso... per fortuna l'urto non fu così forte da danneggiare anche il timone, così riuscimmo presto a rimettere la nave contro le onde".

Claudio Cosulich, all'epoca vice comandante della Michelangelo, racconta: "Quando arrivò l'onda, non ero sul ponte di comando, un'onda precedente aveva scoperchiato una presa d'aria sul ponte di prua ed ero andato con quattro volontari a riparare il danno, per evitare che l'acqua entrasse. Avevamo appena finito e stavamo scendendo una scaletta sotto il ponte... cademmo tutti rovinosamente... fu come incassare in pieno una cannonata da 305 mm."

L'onda scavalcò la prua alta circa 18 metri e sfondò le lamiere dalla parte frontale della nave, distanti più di 70 metri dalla cima della prua, e molti oblò spessi quasi 2 centimetri fin sul ponte di comando, a 25 metri dalla linea di galleggiamento.

Due passeggeri, che avevano la cabina nella parte colpita dall'onda, morirono quasi subito, un membro dell'equipaggio morì poco dopo. I feriti furono più di 50, 10 dei quali, gravi. Lo stesso Cosulich, ultimo comandante della Michelangelo, riportò una serie di fratture al braccio sinistro.

Poco dopo l'incidente, la Michelangelo venne raggiunta da una nave militare americana che fornì assistenza medica supplementare, mentre i medici della Michelangelo lavorarono ininterrottamente fino all'arrivo a New York.


A New York la Michelangelo si fermò 3 giorni per le riparazioni temporanee, consistenti nella copertura  della parte colpita, mentre al ritorno in Italia venne adeguatamente riparata e rinforzata, sostituendo le lamiere della parte frontale, fatte in lega di alluminio, con lamiere di acciaio in modo da renderla più resistente in futuro. Lo stesso lavoro venne eseguito sulla Raffaello. Per diminuire il peso delle navi e ridurre il consumo di carburante, l'alluminio era infatti utilizzato per le sovrastrutture di molte navi moderne negli anni '60, così dopo l'incidente della Michelangelo anche altre navi come il France e lo United States ebbero la parte frontale rinforzata in acciaio.

Questo fu l'unico grave incidente della storia della Michelangelo e più tardi sia la Michelangelo che la Raffaello superarono senza alcun danno una tempesta di eguale intensità.

GLI ARMATORI PRIVATI DEL DOPOGUERRA

Nel settembre 1939 erano iscritte sotto bandiera italiana 717 navi passeggeri. Al termine del conflitto ne erano rimaste soltanto 56.

LA SIDARMA Società Italiana di Armamento. A questa Società costituita nel 1938, a causa degli eventi bellici rimase soltanto la Andrea Gritti di 8073 t.s.l. che, trasformata e adattata al trasporto di 620 emigranti in cameroni, e fu la prima nave italiana ad arrivare in Sud America dopo la 2° G.M.

Si unì sulla stessa linea l’ex “Liberty” trasformato in passeggeri Francesco Barbaro, sostituito nel 1948 dalla nuovissima M/n Francesco Morosini sulla linea del Centro America. In seguito alla gestione  in comune con la Soc. ITALNAVI si aggiunse la M/n Luciano Manara della Cooperativa GARIBALDI che trasportava 844 emigranti sulla rotta del Venezuela. Questo servizio passeggeri durò fino al 1955. L’ITALNAVI Società di Navigazione. Costituita nel 1924 come Società Commerciale di Navigazione, diventò ITALNAVI nel 1947, quando si decise di estendere l’attività al traffico d’emigrazione.

La più gloriosa delle sue unità fu la M/n Sestriere (nella foto) varata a Taranto nel 1942, riuscì a sopravvivere ai siluri e ai tutti i bombardamenti aeronavali. Celebre restò il suo viaggio con partenza l’8 novembre 1946 da Genova  per Filadelfia con a bordo 50 equipaggi destinati a 50 navi Liberty venduti dagli USA all’Italia. Anch’essa fu modificata in nave passeggeri per il trasporto di 737 emigranti. LA SITMAR Società Italiana Trasporti Marittimi era stata costituita nel 1938 e disponeva di navi da carico. Nel dopoguerra acquistò dal Governo USA una turbonave di tipo Victory che venne trasformata per il trasporto di 1132 emigranti e fu ribattezzata Castelbianco. Dopo alcuni viaggi per l’Australia, prese servizio sulla linea del Brasile-Plata, poi ritornò sulla linea per l’Australia. Nel 1950 fu acquistata dalla SITMAR e fu ribatezzata Castelverde. Nell’ottobre del 1950 fu acquistata la  nave passeggeri Fairstone di 12450 t.s.l.

ribatezzata Castel Felice (nella foto) che fu messa inizialmente sulla linea dell’Australia, poi su quella centro americana e successivamente su quella del Brasile-Plata. La Sitmar introdusse l’alternanza stagionale dei viaggi sulle rotte di maggior traffico, in periodo invernale dal Nord Europa per l’Australia e la Nuova Zelanda, sia via Suez o Cape- town che via Panama e in periodo estivo nell’Atlantico settentrionale dal N.Europa per il Canada e gli USA. Castelbianco e Castelverde furono trasformate in modernissime navi per il trasporto di un migliaio di passeggeri ciascuna e furono messe sulla linea Nord Europa-Centro America. Sullo scafo della portaerei Attacker fu costruita la Castelforte che poteva trasportare, con aria condizionata, 1462 passeggeri. La linea per l’Australia-N.Zelanda fu inaugurata nel 1958 con partenza da Southampton.


L’ultima nave passeggeri acquistata dalla SITMAR fu la Fairsea, già portaerei di scorta Charger. Nel luglio 1958 passò alla bandiera italiana e subì la trasformazione per il trasporto di 1412 passeggeri e fu destinata alla linea fissa dell’Australia. Nel 1970, l’autore la rimorchiò da Panama verso la demolizione a La Spezia. La nave aveva subito un grave incendio in sala macchine.

LA CO.GE.DAR. Compagnia Genovese d’Armamento. Iniziò la sua attività per il trasporto emigranti per il Plata alla fine del 1946 con la M/n Filippa. Nel maggio 1949 entrò in servizio la M/n Genova adattata al trasporto di 800 emigranti per l’Australia. Nel 1954 acquistò la M/n Aurelia di 10.022 t.s.l. che fu adattata per il trasporto di 1124 emigranti in servizio per l’Australia. Nel 1955 la M/n Genova fu trasformata in nave passeggeri a Monfalcone e fu ribatezzata Flaminia ed entrò in servizio nell’agosto 1955 per il trasporto di 1024 emigranti da Genova per l’Australia.

Nell’ottobre 1961 fu acquistata la T/n Flavia (nella foto) di 15465 t.s.l. destinata anch’essa alla linea dell’Australia in sostituzione della Flaminia.

LA HOME LINES INC. Per quanto costituita con capitali stranieri e la sua flotta battesse bandiera panamense, la Home Lines ebbe stato maggiore ed equipaggio interamente italiani e fu gestita da una organizzazione marittima anche italiana. Iniziò la sua attività con la M/n Argentina (ex-Bergenfjord) che partì da Genova per il Plata il 13 gennaio 1947. La sua seconda nave fu il Brasil (ex-Drottningholm) che partì da Genova per il Brasile-Plata l’8 prile 1948. A questi due primi piroscafi seguì a fine 1947 la M/n Kungsholm di 21255 t.s.l. che fu radicalmente trasformata a Genova, fu ribatezzata Italia e partì da Genova per il suo primo viaggio per il Plata il 27 luglio 1948. Un’altra eccellente unità fu l’Atlantic (ex-Malolo) trasformata radicalmente dall’O.A.R.N di Genova, effettuò il suo primo viaggio per New York il 14 maggio 1949. Nei primi anni ’50 le navi citate spesse volte cambiarono linea per la vendita  l’acquisto di nuove navi. La Argentina fu rifatta e ribatezzata Homeland e navigò fino al 1954 quando fu demolita.

Un altra unità degna di essere ricordata fu l’Homeric (ex-Mariposa) (nella foto) di 24907 t.s.l sulla quale navigarono migliaia di nostri marittimi della Riviera di Levante. Con la vendita dell’Italia nel 1964 vennero a cessare i servizi di linea transatlantici della Home Lines.

COSTA CROCIERE

L'evoluzione storica della compagnia

La storia di Costa Crociere è la storia di un successo imprenditoriale. Nasce nel 1854 sotto il nome del suo fondatore "Giacomo Costa fu Andrea" e si distingue a tal punto nel commercio di tessuti e di olio di oliva tra i mercati di Genova e della Sardegna, da doversi dotare ben presto di una flotta per il trasporto merci in tutto il mondo. Già alla fine del diciannovesimo secolo le sue navi raggiungono lidi lontani come quelli australiani, dove il consistente flusso di emigrati italiani genera la domanda di prodotti alimentari nazionali. Costa si specializza nell'acquisto dell'olio d'oliva grezzo nei paesi del Mediterraneo per esportarlo oltreoceano. Nei primi decenni del ‘900 l'incremento è tale da portare Costa a esordire in campo navale: nel 1924 con il piccolo piroscafo Ravenna, utilizzato per gli approvvigionamenti di materia prima sui mercati del Mediterraneo orientale e nel ‘28 con il Langano. Negli anni ‘30 comincia la tradizione di battezzare le navi con i nomi di famiglia: Federico (‘31), Eugenio ed Enrico (‘34), Antonietta, Beatrice e Giacomo (‘35). All'inizio della Seconda Guerra Mondiale la sua flotta conta 27.534 tonnellate di stazza suddivise tra otto navi. Alla fine del conflitto solo il Langano sopravvive, ma Costa riprende l'attività armatoriale costruendo e acquistando altre navi per i servizi di cabotaggio. La distruzione della flotta passeggeri italiana, la domanda sempre più crescente di traffico passeggeri, la crisi economica e il flusso migratorio transoceanico attirano l'attenzione della lungimirante famiglia Costa che nel 1947 inaugura un servizio passeggeri di prima classe, già dotata di aria condizionata, e di classe intermedia.

Fu il piroscafo Maria C. a cominciare a soddisfare la domanda dei primi passeggeri subito seguito dalla Anna C. (nella foto), il primo transatlantico italiano ad attraversare l'Atlantico Meridionale dalla fine del conflitto. E nel 1947 la Giacomo Costa fu Andrea diviene “Linea C.". I servizi commerciali verso l'America del Nord sono, invece, inaugurati nel 1948 con la nave liberty Maria C., subito affiancata dalla Luisa C., mentre nel '53 Franca C. apre nuove rotte verso il Venezuela e le Antille. Il varo di navi lussuose, dotate di aria condizionata nella prima e nella seconda classe e di ambienti confortevoli ed eleganti, un servizio impeccabile che prevede ospitalità, comfort e ricette della migliore tradizione mediterranea, contrassegnano l'indiscutibile stile italiano.

Nel 1957 viene inaugurata la prima nave commissionata da Costa ai cantieri genovesi dell'Ansaldo, la Federico C. (nella foto) ancora suddivisa in tre classi, dotate di ristorante e piscina dalle forme ardite. Successivamente Bianca C., Enrico C., Andrea C., Flavia C., Fulvia C., Columbus C. e Carla C. vengono ristrutturate nell'ottica di offrire qualcosa di più di semplici mezzi di trasporto. Nel 1959 Costa realizza la prima nave al mondo completamente dedicata alle crociere di svago di 7 o 14 giorni negli Stati Uniti e nei Caraibi: la Franca C., a cui viene affiancata nei mesi invernali la Anna C., che propone mini crociere da tre o quattro giorni da Port Everglades alle Bahamas. I primi anni '60 sono trionfali e alle ormai consuete rotte in Sud America o ai Caraibi si affiancano le crociere nel Mediterraneo, nel Mar Nero, in Brasile, Uruguay e Argentina, fino allo stretto di Magellano e all’Antartico.


Il successo delle crociere Costa è tale che nel 1964 la compagnia ordina la costruzione della "Eugenio C." (nella foto), subito ribattezzata “la nave del futuro" per l'equipaggiamento e l'eleganza. Una nave, non più formalmente distinta in tre classi, ma concepita con un ponte unico, su cui si affacciano tutti i saloni. Un chiaro indizio del fatto che l'Eugenio C. sarebbe stata completamente adibita al servizio crocieristico, il futuro scelto da Costa Armatori. La prima nave, ad esclusivo uso passeggeri, fu la "Franca C." che nel 1968 inaugura la formula di viaggio “volo+nave", destinata a cambiare completamente il modo di concepire la vacanza, proponendo, anche a chi aveva poco tempo a disposizione, crociere brevi all'altro capo del mondo.  Ancora una volta l'evoluzione dei tempi dà ragione alla Costa, che nel corso degli anni

'70 arricchisce la propria Flotta con navi prese a noleggio tra cui spiccano le splendide gemelle

Daphne e Danae (nella foto), che solcano il Mediterraneo d'estate e i Caraibi d'inverno, con alcune puntate in Alaska, Scandinavia, Sud America, Africa ed Estremo Oriente.

LA FLOTTA LAURO. Achille Lauro ereditò la sua prima nave di cabotaggio nel 1912 e riuscì a costituire una considerevole flotta di ben 56 “cargos” mercantili prima della Seconda guerra mondiale. Quando quel terribile conflitto terminò, 53 navi andarono perdute, 19 furono catturate ed altre 34 colarono a picco per azione aerea, siluramento o autoaffondamento. Nel 1947 l’armatore ripartì da zero entrando nel mercato del trasporto emigranti e, a tale scopo, fece trasformare tre navi da carico: il Ravello che mise nel 1947 in linea per il Plata, l’Olimpia (ex-Liberty) trasformato a Genova partì per il Brasile e Plata nel gennaio 1948 ed il Napoli (ex-Araybank, residuato bellico di Suda), trasformato e riadattato nei Cantieri del Muggiano in nave passeggeri. Questa fu la prima nave italiana a tornare nel nuovissimo continente australiano nel dopoguerra nel settembre 1948. Queste tre navi, tuttavia, rimasero pur sempre, sia nell’apparenza che nei conforts, delle navi mercantili prive di eleganza. La prima nave della compagnia che poteva essere considerata un transatlantico fu acquistata nel 1949 dalla Soc. americana Grace Line e cambiò  il suo nome in Surriento (nella foto) (ex-Barnett, ex-Santa Maria), si trattava di un residuato bellico danneggiato in chiglia durante lo sbarco degli alleati in Sicilia.


Fu ripristinata a Genova presso l’O.A.R.N. e salpò da Genova per l’Australia il 23 maggio 1949 affiancandosi al Napoli. La ricomposta Flotta Lauro fece il suo primo salto di qualità, con l’acquisto di due ex-portaerei USA derivate da navi da carico tipo C3, che vennero completamente trasformate in navi passeggeri. La prima fu chiamata T/n Roma, 14975 t.s.l. e partì per la linea dell’Australia il 30 agosto 1951.


La seconda fu la ribatezzata T/n Sydney (nella foto) 14.985 t.s.l. partì anch’essa per l’Australia un mese dopo la Roma. L’entrata in linea delle due australiane, consentì a Lauro di spostare la Ravello e la Surriento sulla linea del Centro America. Durante il periodo 1950-1960 Achille Lauro divenne il “Re di Napoli” e fu proprietario di ben 50 navi, molte delle quali erano nuove costruzioni di grande qualità e tecnologia.


Nel gennaio 1964 Lauro acquistò di seconda mano due motonavi olandesi, la prima era la M/n Willem Ruys, varata nel 1947, iniziò i lavori di completo refitting il 4 settembre 1964 presso i Cantieri Navali Riuniti di Palermo e fu ribatezzata Achille Lauro (23.629 t.s.l.) (nella foto). La seconda, era la M/n Oranje, varata nel 1939, entrò nei Cantieri O.A.R.N. di Genova il 7 gennaio 1965 per un radicale rinnovamento e fu ribatezzata Angelina Lauro (24.377 t.s.l.). A causa di due incendi che danneggiarono entrambe le navi in cantiere a pochi giorni di distanza, la loro entrata in linea subì dei notevoli ritardi. L’Angelina Lauro fu consegnata solo nel febbraio 1966 con 24.377. La sua capacità di trasporto fu di 1616 passeggeri. L’Achille Lauro partì da Genova il 13 aprile 1966 e poteva trasportare 1731 passeggeri. Le due lussuose navi rimasero sulla linea della’Australia-Nuova Zelanda. Nel 1971 l’Achille Lauro chiuse definitivamente il servizio di linea dedicandosi esclusivamente all’attività crocieristica. Anche L’Angelina Lauro fu ceduta al Gruppo Costa nel 1977 e fu impiegata nelle crociere. Negli anni Settanta l’impero Flotta Lauro fu amministrato da suo figlio Ercole. Il “Comandante” morì nel 1978 e due anni dopo la Lauro Lines entrò in fallimento. Fu venduta alla MSC che chiamò la flotta prima “Starlauro” e poi “Mediterranean Shipping Company”.

FRATELLI GRIMALDI Sp.A. – Sicula Oceanica S.p.A.

I fratelli Grimaldi di Napoli iniziarono il loro Servizio di Linea passeggeri nel dopoguerra approfittando della favorevole congiuntura. La loro prima nave, (ex-Liberty USA) fu trasformata nel 1949 per il trasporto di 516 emigranti in cameroni, ribatezzata Marengo fu adibita a viaggi per il Venezuela-Antille e l’Avana. L’anno successivo cambiò nome in Urania II (6752 t.s.l.) ed inaugurò la linea per il Plata. Nel gennaio 1949 acquistarono un vecchio piroscafo passeggeri inglese, varato nel 1909, e lo trasformarono completamente per il trasporto di 900 passeggeri in due classi.

Ribattezzato Auriga (10.856 t.s.l.) fu messo sulla linea del Plata e poi su quella del Venezuela. Una terza celebre unità, la Lucania (6723 t.s.l.) fu acquistata a Marsiglia e si trattava di una nave antiaerea trasformata in nave passeggeri per il trasporto di 910 emigranti. Nel 1951 entrò in linea per il Centro America. Nel 1955 l’attività continuò attraverso la SI.O.SA con l’acquisto della turbonave francese Florida varata nel 1926 e fu ribattezzata Ascania (9536 t.s.l.) che successivamente fu messa sulla linea del Francia-UK-Quebec. Nel 1957 fu adibita alla linea UK-Centro America. Nel giugno 1955 fu acquistata dai francesi la turbonave  inglese Campana varata nel 1929. Fu radicalmente trasformata nei Cantieri Navalmeccanica di Napoli ed adattata al trasporto di 1221 passeggeri suddivisi in due classi, con il nuovo nome di Irpinia (12.279 t.s.l.) che fu messa sulla linea Nord Europa-Centro America-Caraibi. Un’altra celebre unità acquistata dalla SI.O.SA in quegli anni fu la ribattezzata Venezuela (18567 t.sl.) (ex-Empress of Australia-ex-De Grasse) varata  nel 1924. Fu messa in linea per le Antille nel 1956. In seguito fu allungata e la sua capacità di trasporto arrivò a 1500 passeggeri suddivisi in tre classi. Fu demolita nel 1962 in seguito ai danni subiti contro scogli sommersi nella rada di Cannes. Fu sostituita dall’Irpinia (foto sotto) che fu radicalmente trasformata presso l’Arsenale Triestino.

Un nuovo motore di 15.000 CV le consentiva una velocità di servizio di 20 nodi. Completamente rinnovata negli interni, con sistemazioni per 1200 passeggeri in due classi, e con un unico fumaiolo più aerodinamico a caratterizzare l’aspetto esterno. La nuova nave di 13.204 t.s.l. entrò in servizio sulla linea Marocco-Venezuela. Nell’ottobre 1965 venne poi acquistata la M/n Vulcania della Italia S.p.A. di Navigazione che ribattezzata Caribia (24.495 t.sl.) dal febbraio 1966 venne adibita alla linea UK-Francia-Portogallo-Madeira-Venezuela-Antille sostituendo l’Ascania che fu demolita nel 1968.

Dalle navi di Linea alle navi da Crociera

Ma bisogna attendere gli anni '80 affinché il business delle crociere decolli. Quelli, infatti, sono gli anni delle nuove realizzazioni, l'epoca di navi radicalmente nuove rispetto ai liners dell'epoca d'oro, nuove navi indirizzate a nuovi mercati, con l'affermazione definitiva del carattere turistico della crociera: in sostanza, il passaggio dal "trasporto dei passeggeri alla maggiore velocità possibile", al "diporto" consentito dall'evoluzione della società, con diffuso benessere economico, sufficiente tempo libero, necessità di ricostruzione psico-fisica, rivalutazione del mare.

Oggi la nave da crociera moderna ha perso la "vernice" e l'aspetto della nave veloce fatta per solcare i mari unendo due punti, in tutte le stagioni, anche le più tempestose, per diventare un albergo di lusso ed un "villaggio vacanze" galleggiante che naviga in mari azzurri e tranquilli. Le nostre navi rappresentano gli splendidi "ambasciatori" nel mondo, testimonianza diretta di quelle doti di imprenditorialità, creatività artistica, raffinatezza e cultura che da sempre ci contraddistinguono.

 

Carlo GATTI

Rapallo, 20.02.12


LUCIO MASCARDI, un rapallino da ricordare

LUCIO MASCARDI

un rapallino da ricordare!

2002, Riccione - Campionati Italiani Masters  - Medaglie e record con gli intramontabili(da sinistra):  Lorenzo Marugo, Carlo Gatti, Cristina Grugni, Lucio Mascardi e Alba Caffarena.

 

Una quindicina d’anni fa o forse più, con l’intento di proporre al pubblico di “Mare Nostrum” una ricerca sugli emigranti rapallini nelle Americhe, mi accorsi quasi per caso d’aver avuto, per tanti anni, come compagno di squadra nella RAPALLO NUOTO - MASTER, un autentico personaggio: Lucio Mascardi, un signore d’altri tempi… con un passato “straordinario” che era noto soltanto ai suoi familiari. Lucio era geloso dei suoi ricordi personali e pur avendo una memoria di ferro - era stato  archivista del Comune di Rapallo - non amava rivivere certi episodi che avevano  segnato dolorosamente la sua vita. Per la verità, Lucio, anche quando raccontava le sue imprese a volte veramente drammatiche, riusciva ad insaporirle con aneddoti succosi e ricchi d’ilarità, perché il suo umorismo era tale che, in qualche modo, doveva prevalere persino sulla ferocia dei tedeschi, sul freddo delle steppe russe e sui mitragliamenti a raffica dei tovarish che sibilavano a pochi centimetri dalla sua moto da bersagliere motorizzato. Lucio se n’è andato dieci anni fa, all’età di 88 anni, in  modo avventuroso, così come aveva vissuto, scivolando su una pietra mentre cercava funghi sul monte Aiona con i suoi nipoti. Lucio aveva collaborato ad importanti testate come giornalista sportivo ed era soprattutto un autentico campione di nuoto. Il suo record sui 200 rana è tuttora imbattuto ed è visibile sul display del sito della Federazione Italiana Nuoto.

 

Lucio Mascardi, nacque nel 1916 a Rapallo. Quando era ancora in fasce, come si diceva un tempo, emigrò con la mamma Clorinda Sbarbaro ed il papà Antonio verso il Cile, dove il nonno Tommaso era emigrato a fine ‘800 ed era morto prematuramente nel 1907 sulle Ande, in treno, per malattia. Anche Gerolamo, fratello della mamma Clorinda era emigrato in Cile nei primi anni del ‘900 ed aveva iniziato la sua attività negli Almacien, diventandone  proprietario, in seguito fondò una prima fabbrica di tessuti e poi un’altra ancora più grande a Tomé. Gli Almacien erano i supermercati ante litteram: c’era di tutto e per tutti, ma erano tempi difficili e quando si trovavano decentrati per ragioni strategiche, non mancavano le rapine e gli assalti  tipo far-west. La vita di questi nostri emigranti era improntata al coraggio, all’iniziativa ed alla sfida dei mercati. Gli Sbarbaro, fedeli alle loro origini costiere, fondarono anche una fabbrica di prodotti ittici, la SIAP. Questa società ebbe due rapallesi come soci: Gasparini e Peruggi. Queste fabbriche, per le note vicende politiche, vennero in seguito nazionalizzate e tanti sacrifici svanirono improvvisamente nel nulla. L’impegno, il coraggio, l’operosità di molte generazioni di emigranti, che portarono tecnologia, progresso, lavoro e amore per il “nuovo mondo”, s’immolarono sull’altare delle nuove infauste ideologie.

 

Il destino di Lucio, tuttavia, era stato scritto per essere compiuto sull’altra sponda dell’oceano.

 

“Tomaso di Savoia” – Lloyd Sabaudo /1907-1928)


“Re Vittorio” – N.G.I.  (1907-1929)

 

Nel 1919, tre anni dopo l’arrivo della famigliola in Cile con il p.fo “Tomaso di Savoia”, il padre Antonio moriva e la madre Clorinda, decideva di rientrare in Italia con il piccolo Lucio di 4 anni, contro il parere del fratello e di tutti gli altri parenti; tre giorni di treno sulle Ande e poi il triste imbarco a Buenos Aires sul p.fo “Re Vittorio”.

 

A quel tempo Rapallo era certamente più bella di oggi, ma la vita in Riviera non era  così facile e le opportunità di lavoro erano molte scarse e quando Clorinda, ancora giovanissima, rimase completamente cieca, per lei e per il suo unico figlio, il sopravvivere diventò ancora più difficile. Nel frattempo, le nubi nere del regime facevano presagire tempi ancora più duri e, con l’avvicinarsi della Seconda guerra mondiale, a nulla valsero le rimostranze di Lucio che si opponeva all’arruolamento per non abbandonare la madre in quella penosa condizione. Lucio era diventato un atleta: buon nuotatore-pallanuotista in estate, ed ottimo calciatore d’inverno, aveva un fisico robusto e la Patria, minacciandolo di diserzione, lo inquadrò inderogabilmente nel Corpo dei Bersaglieri.

 

Le truppe italiane inviate sul Fronte orientale Russo tra il 1941 e il gennaio del 1943

 

La Campagna di Russia era l’occasione per pagare l’obbligo morale che Mussolini sentiva nei confronti di Hitler dai tempi della non belligeranza.

 

“Il Duce era sicuro circa il buon esito dell’impresa e confidava nella potenza tedesca e nella scarsa capacità di resistenza sovietica” - Sosteneva Lucio che amava spesso analizzare, da storico appassionato, le vicende della 2° Guerra mondiale -“Mussolini ignorò la pur minima valutazione logistica e ordinò in tempi ristrettissimi la formazione e l’invio al fronte del CSIR (Corpo di Spedizione Italiano Russia) di cui feci parte insieme a più di 60.000 soldati italiani già operativi nell’agosto del 1941 sotto il comando del generale G. Messe. Nel giugno del 1942 questo Corpo iniziale  venne rinforzato ed inglobato in un secondo corpo di Spedizione chiamato ARMIR Armata Italiana in Russia”.

 

Dopo circa un anno speso a difendere un fronte di 270 chilometri lungo il fiume Don, Lucio riuscì a rientrare fortunosamente in Italia per le note ragioni familiari.

 

Giunto a Rapallo – mi raccontò Lucio - Ero intenzionato a rimanervi per sempre. Ne avevo già viste fin troppe… In un primo tempo mi nascosi nei boschi, poi mi consigliarono di darmi ammalato e, grazie al Dott. Bruno, riuscii ad ottenere due settimane di cure mediche, ma poi fui preso dai carabinieri ed inviato con la forza, per la seconda volta, sul fronte russo.

 

 

La situazione, quando rientrai nei ranghi, era ancora abbastanza stabile, poi, tra il dicembre del 1942 e il gennaio del 1943 si scatenò la grande offensiva invernale dell’Armata rossa. Fummo investiti in pieno dall’urto degli attaccanti e, inferiori di uomini e di mezzi, fummo costretti alla ritirata e a marciare per centinaia di chilometri nelle terribili condizioni climatiche dell’inverno russo. Il numero delle vittime tra i nostri soldati italiani fu di 84.830 tra caduti e dispersi; se sono ancora qui a raccontare questi fatti è perché durante la famosa ritirata, io e pochi altri compagni riuscimmo a salvarci rifugiandoci ogni notte nelle Isbe, (erano le case di legno dei contadini russi) dove c’erano solo donne, che ci sfamavano e poi ci ripulivano anche dei pidocchi ed altri insetti che ci torturavano peggio dei P.P.Sh (Pepescia) e delle baionette dei loro mariti in guerra contro di noi”.

 

Isba russa degli anni ‘40

 

La lunga notte buia di Lucio si concluse con lo svanire degli ultimi bagliori di guerra e, grazie alla sua forte fibra cominciò a costruire il suo futuro. Un posto in Comune, un felicissimo matrimonio con Rina, la nascita di Antonella e poi i nipoti Francesco e Tommaso. Una vita che è proseguita serena e metodica dopo il pensionamento e che iniziava ogni mattina con la visita al cimitero alla mamma Clorinda e alla suocera…. che aveva coccolato e protetto fino alla soglia dei cent’anni. Il suo giro giornaliero proseguiva poi con l’ormeggio della bicicletta vicino alla porta principale della parrocchia, un salto al Bar Colombo per salutare gli amici Nebbia e Gallo, un po’ di spesa al mercato e poi il rientro a Costaguta, nel suo regno, nel suo bosco sopra villa Sbarbaro, dove si era rifugiato durante la guerra, dove cercava funghi, dove si “allenava” con il suo fidato rastrello ogni giorno e con qualsiasi tempo. In questo suo paradiso, ogni tanto radunava gli amici, stappava il suo vino migliore e gli trasmetteva, inconsapevolmente, l’amore  per le cose “semplici” come la modestia, il culto per la famiglia, per lo sport e per tutto ciò che emanava con naturalezza da ogni suo poro: l’onestà pratica nel quotidiano e quella intellettuale nei valori etici e morali. Lo spirito religioso era per lui talmente naturale e scontato da non sentirne mai la necessità di esibirlo o nasconderlo.

 

Lucio è stato un grande maestro di vita!

 

Carlo GATTI

Rapallo, 22 Aprile 2014

 

 


OLTERRA-Un CAMOGLINO nella tana del lupo

UN MARINAIO CAMOGLINO

NELLA TANA DEL LUPO

GIBILTERRA 1940-1943

Un po’ di storia

Gibilterra è uno degli obiettivi principali per gli uomini dei mezzi d’assalto italiani. La base è il punto d’appoggio per le squadre navali che operano in Atlantico e nel Mediterraneo occidentale ed è anche il crocevia per i convogli in sosta e in formazione da e per l’Inghilterra e Malta.

SMG. SCIRE’

Questa unità, per la lunga e gloriosa attività svolta con i mezzi d’assalto e per la quale il suo stendardo fu decorato di Medaglia d’Oro al V.M. è un po’ il simbolo della categoria dei battelli “avvicinatori”. Queste le missioni compiute dallo Sciré come vettore di mezzi d’assalto:

Operazione “B.G.1”: obiettivo Gibilterra con 3 “S.L.C”.* (C.C. Borghese)-Iniziata il 24.01.1940 ed interrotta a 50 miglia dall’obiettivo per ordine di Supermarina in quanto la squadra inglese era uscita in mare.

Operazione “B.G.2”: obiettivo Gibilterra con 3 “S.L.C.” (C.C. Borghese)- Alle 02.19 del 10.10.1940. Rilascio dei mezzi a 3 miglia dall’entrata del porto. Per avarie agli apparecchi ed agli autorespiratori degli operatori i 3 “S.L.C.” non riescono a penetrare nel porto militare.

Operazione “B.G.3”: obiettivo Gibilterra con 3 “S.L.C.” (C.C Borghese)- Dopo aver imbarcato gli operatori a Cadice affiancandosi nottetempo alla cisterna italiana Fulgor, alle 23.58 del 26 maggio 1941, avviene il rilascio dei mezzi in fondo alla grande rada di Algeciras. Anche questa volta la missione fallisce per avaria agli apparecchi e cattivo funzionamento dei respiratori.

Operazione “B.G.4”: obiettivo Gibilterra con 3 “S.L.C.” (C.C. Borghese)-Alle ore 01.07 del 20 settembre 1941 nella rada di Algesiras. Primo successo dei mezzi subacquei con l’affondamento di due navi-cisterna ed una motonave.

*S.L.C.= Siluri a lenta Corsa

La petroliera OLTERRA

La Regia Marina, nell’intento di perfezionare i metodi d’attacco alle navi in rada a   Gibilterra, aveva intanto attrezzato come “base” per i mezzi d’assalto subacquei, la petroliera Olterra, internata sin dall’inizio del conflitto nel porto spagnolo di Algesiras, prospiciente la base inglese. Per la prima volta, tra l’altro, gli operatori dei “maiali” avrebbero avuto buone probabilità di evitare la prigionia, facendo ritorno a bordo dell’ Olterra dopo aver attaccato le unità nemiche.

Purtroppo, la prima missione così programmata:

Operazione “B.G.5 -7 dicembre 1942 - si concluse tragicamente con la morte di tre uomini, tra cui il T.V. Licio Visintini.

In seguito, gli attacchi portati con i “maiali” dell’ Olterra avrebbero ottenuto cospicui risultati l’8 maggio 1943 (con l’affondamento di tre mercantili alleati tra cui un “Liberty” e il 4 agosto 1943, azione nel corso della quale furono affondati un altro “Liberty”, una petroliera norvegese e un piroscafo da carico britannico. In entrambe le azioni, tutti gli operatori – tranne uno, fatto prigioniero nel corso della seconda missione – rientrarono a bordo dell’ Olterra senza essere stati individuati dalle sentinelle e dalle vedette portuali della Royal Navy.

LA BASE DI GIBILTERRA

A lanciare l’idea della base-Olterra fu Antonio Ramognino, un tecnico incorporato nella X flottiglia Mas ed esperto di mezzi d’assalto. Da tempo lo stratega studiava il progetto e nella primavera del 1942 fece una ricognizione nella rada di Algesiras per cercare il punto d’appoggio da cui partire all’attacco dei mercantili inglesi.

 

 

Ramognino sposò una giovane spagnola e prese in affitto una villa situata nelle vicinanze di Puenta Maiorga. In ottima posizione sopraelevata, era situata a poca distanza da “La Linea” e a 4000 metri da Gibilterra. Per non insospettire le autorità spagnole, il tecnico disse che la villa serviva a “ritemprare le forze di donna Conchita Ramognino, esaurita dalla permanenza d’alcuni mesi in Italia”. In realtà la villa – che dopo la guerra sarà battezzata “Villa Carmela” – divenne un osservatorio italiano per seguire costantemente i movimenti dei mercantili inglesi ancorati a una distanza dai 500 metri ai 2000 metri dalla spiaggia antistante la casa.

Ottenuto il punto d’appoggio, Ramognino studiò e poi scelse delle piccole imbarcazioni su cui sistemare  una carica esplosiva di tre quintali oppure otto cariche di tipo “mignatta”. Ma nell’attesa del loro arrivo, il comando della X-Mas decise di compiere un’operazione contro i mercantili alla fonda, in una notte del novilunio del luglio ‘42.

Durante la missione svolta nella primavera del 1942, Antonio Ramognino notò che la nave cisterna italiana Olterra di 4.995 tonn.  - di proprietà dell’armatore genovese Zanchi – era stata portata dal comandante Amoretti di Imperia, sui bassi fondali delle adiacenti acque territoriali spagnole e lì erano state aperte le valvole Kingston, per impedire che gli inglesi si impadronissero della nave con un “colpo di mano”. Il piroscafo era attraccato alla banchina orientale del porto di Algesiras, proprio di fronte a Gibilterra. Dalla roccaforte si poteva vedere la città, le case lungo la costa, il porto militare e delle navi in entrata ed in uscita, si poteva riconoscere il tipo, il tonnellaggio e quindi l’eventuale obiettivo. Algesiras era il posto ideale per osservare Gibilterra, ma dal posto d’ormeggio dell’ Olterra tutto era ancora più visibile.

Appena Ramognino rientrò in Italia lo fece presente al comando della Xa Flottiglia Mas. L’idea di sfruttare la petroliera italiana per far partire i mezzi d’assalto da un punto vicino alla Rocca era veramente allettante. La proposta fu accettata. Così il comando dei mezzi d’assalto iniziò subito le trattative con l’armatore dell’ Olterra, stabilendo che una ditta spagnola di recuperi marittimi fosse incaricata di riportare a galla il piroscafo. L’armatore ovviamente doveva restare all’oscuro di tutto.

A questo punto della “grande” storia, nota a tutti gli uomini di mare, introduciamo la figura del Direttore di macchina del piroscafo Olterra, Paolo Denegri di Camogli, un  eroe per caso,  e mai riconosciuto  come tale, dalle Autorità militari e civili, forse per l’infausta conclusione della guerra, o probabilmente a causa della morte in azione di chi l’aveva scelto ed apprezzato per le sue qualità umane e capacità professionali.

Denegri aveva acquisito una notevole esperienza professionale a bordo delle migliori navi dell’epoca, con il grado di Direttore di Macchina e quando l’Italia entrò in guerra accumulò sulla Olterra un incredibile periodo continuativo d’imbarco: 64 mesi, (5 anni e 4 mesi)- in pratica tutto il periodo bellico ed oltre… -  testimoniato peraltro dal  suo “Libretto di Navigazione”.

In quell’insolito frangente, Denegri ha recitato, senza il minimo dubbio, la parte dell’oscuro e sconosciuto personaggio che ha costruito le infrastrutture logistiche a bordo della sua nave, ed ha quindi permesso la realizzazione delle azioni insidiose dei nostri assaltatori delle quali,  in parte, abbiamo già accennato.

La documentazione che c’è pervenuta tramite i figli di Denegri, Raffaella e Angelo è quella ufficiale e burocratica e la riportiamo come Allegati al termine di questo saggio. Tuttavia questi Atti, pur  provando la sua fattiva collaborazione ed il suo geniale supporto tecnico, non danno che una pallida idea dell’immenso e pericoloso lavoro svolto dal D.M. Denegri dentro una tana di lupi affamati.

A distanza di oltre 60 anni da quegli avvenimenti, si rimane ancora increduli ed ammirati dinanzi al coraggio di quest’uomo costretto a chiudersi nel silenzio più totale e ad armarsi soltanto del proprio coraggio. Non è retorica! Denegri era sorretto soltanto dall’amor patrio e dalla sua scorza marinara di camoglino doc, che non era quella tipica di un militare per scelta, ma qualcos’altro d’indefinibile, nella quale tuttavia si era identificato, accettando di seguire le sorti della sua bandiera e della sua nave, nella condizione precaria del falso-militarizzato in zona nemica, per poter dare tutto se stesso alla Marina Italiana ed alla Patria.

All’epoca degli assalti alle navi anglo-americane nella rada di Gibilterra, Denegri aveva meno di 50 anni ed era nel pieno della sua maturità psicofisica. Non erano mancati in quegli anni i contatti con la sua famiglia residente a Camogli, ma nulla poteva trapelare della sua particolare missione fiancheggiatrice degli assaltatori. La sua famiglia, per tutta la durata del conflitto, è stata completamente all’oscuro dell’attività svolta da Paolo a Gibilterra e dei numerosi pericoli in cui si era volontariamente cacciato. Il T.V. Visentini, uomo d’assoluto valore ed abituato a pesare il valore degli uomini, aveva ponderato a lungo sulle  referenze professionali, umane e caratteriali di Denegri e infine aveva scelto l’uomo “giusto” per le sue imprese.

La nave aveva subito un volontario incaglio per non cadere in mani nemiche, ma non era  mai stata abbandonata dal suo Direttore di Macchina. L’armatore della nave si prestò subito a collaborare e fece le regolari pratiche con le Autorità spagnole, spiegando di voler mettere la nave in efficienza. Ciò era alla base di tutto. Con regolari permessi potevano, così, farsi i lavori di trasformazione, far arrivare i materiali, giocando su tutti gli inganni. Il problema degli uomini fu pure risolto con la graduale sostituzione dell’equipaggio mercantile rimasto sull’Olterra. Era logico, inoltre, che nell’operazione del “riarmo” dovessero essere chiamati altri marittimi e tecnici specializzati. I nuovi arrivati appartenevano alla Marina da guerra o erano militarizzati. Alcuni erano operai delle officine di San Bartolomeo alla Spezia. Ma il vero scopo della nave genovese, come abbiamo visto, non era quello di ritornare a solcare i mari, ma era ben altro: sprigionare nottetempo dal suo ventre “uomini rana armati di mignatte e maiali con la testata carica di tritolo. Questo era il vero segreto che univa Denegri alla Xa Flottiglia Mas.

Riprendiamo il racconto e c‘inoltriamo nelle viscere dell’ “Olterra” trasformata in un moderno “cavallo di Troia”. Paolo Denegri non era l’eroe omerico che aveva escogitato la strategia di questa fantastica impresa, ma era il Direttore di Macchina, il massimo esperto-tecnico di bordo.

Dell’ Olterra Denegri conosceva i disegni a memoria, il numero dei chiodi, i bulloni e le lamiere che la tenevano insieme. Paolo era a bordo della cisterna dal 1936 e n’era anche la memoria storica. Chi poteva fare a meno di lui sulla “nuova” Olterra? Chi era in grado di modificare le strutture della nave, e nasconderle nello stesso tempo al nemico e poi far funzionare quel congegno bellico micidiale? Paolo, navigante civile e uomo pacifico, si trovava in mezzo a valorosi guerrieri, vere macchine da guerra, addestrati per affondare naviglio e uccidere nemici, ma erano giovani armati fino ai denti che erano però assolutamente disarmati di fronte alla tecnica navale. Per fortuna, con i guerrieri della Decima erano giunti dall’Italia alcuni ottimi operai, che avevano fatto gruppo con il D.M. Denegri, unica mente dislocata in fondo a quella cisterna, che solo lui conosceva fino al punto di trasformarla in una piscina per le prove idrauliche dei “maiali”. Presto questo strano dott. Jekyl, direttore della più piccola orchestra del mondo, suonerà per gli inglesi al ritmo di testate al tritolo.

STORIA DELLA TRASFORMAZIONE DELL’ OLTERRA

IN UN OMERICO CAVALLO DI TROIA

Dopo sommarie riparazioni alla carena, logorata per l’usura del tempo e del mare, l’ Olterra, che da un anno e mezzo era ferma e sbandata sui bassi fondali, fu rimorchiata nel porto spagnolo e ormeggiata alla testata del molo esterno. A questo punto l’organizzazione entrò in azione.

Naturalmente non bisognava destare sospetti nelle autorità spagnole (fin dal 10 giugno 1940 un picchetto di carabineros alloggiava sulla cisterna internata a norma degli accordi internazionali) ma soprattutto occorreva stare con gli occhi aperti nei riguardi degli inglesi, e non si doveva dimenticare che l’ Olterra era ormeggiata proprio sotto le finestre dell’albergo Vittoria, sede del consolato britannico di Algesiras.

D’accordo con il T.V. L.Visintini – distaccato sull’ Olterra per appoggiare gli uomini rana che operano a villa Carmela – il comando della Xa- Flottiglia Mas stabilì di trasformare la petroliera in una base per i “nuotatori d’assalto” e per i “maiali”,

A partire dall’estate del 1942, tutti gli sforzi della flottiglia furono dedicati all’ Olterra. E ora che la nave era ormeggiata al molo di Algesiras, occorreva attrezzarla e poi imbarcarvi gli operai e i tecnici per ripristinare i macchinari. Soprattutto bisognava trovare il sistema di far salire a bordo i mezzi d’assalto smontati e imballati, gli operatori, gli attrezzi e gli utensili indispensabili per il montaggio degli ordigni.

Bisognava far tutto all’insaputa degli spagnoli e dei britannici. Si giocava d’astuzia. Così appena lo scafo fu riportato a galla, venne subito semi-affondato per far riemergere dall’acqua tutta la prora, dicendo che occorreva martellarla e ripulirla. Due uomini su una zattera ben coperta da un telone si infilarono sotto la prora e lavorarono, pulirono e batterono, finché aprirono un bel buco di un metro quadrato, chiudibile dall’interno con un pezzo di lamiera fissa come un portello. L’ Olterra venne rimessa in orizzontale quindi si passò alle caldaie. Si ottenne che dall’Italia arrivassero casse piene di tubi necessarie alle riparazioni.


L’officina di montaggio si poteva raggiungere solo dal ponte di coperta e per tre strade: o smontando la nave, o conoscendo bene la strada o dedicando all’impresa ore e ore, perché bisognava percorrere un intricato labirinto che non finiva mai, reso impraticabile da cunicoli, scalette ripide e buie, pertugi che si potevano varcare solo strisciando, inseguiti da topi grossi come gatti. L’ultimo “possibile” passaggio era costituito da una scaletta a pioli che perpendicolarmente scendeva da un buco aperto nel soffitto della stiva di prora. Lì in fondo lavoravano i sommozzatori.


A missione compiuta, il foro superiore della stiva sarebbe stato rinchiuso  con una lamiera, nascondendo il rifugio e sarebbe stato riaperto per il prossimo montaggio. Un’altra lamiera chiudeva anche l’ingresso della piscina, attraverso il quale erano messi in acqua, uno alla volta, i “maiali” che, da quel buco sotto la prora, entravano in mare cavalcati dai piloti. I “maiali” rimasti senza testa, dopo l’assalto agli obiettivi, venivano riappesi agli argani sopra la piscina, completamenti nascosti, in attesa di essere nuovamente riforniti della carica di tritolo.

L’estate del 1942 fu quindi spesa interamente per preparare la nave ai compiti di base segreta per l’attacco a Gibilterra con i “maiali”. Il comando della base avanzata costituito sulla Olterra fu affidato al T.V. L.Visintini e, dopo la sua morte in azione, al C.C. Notari.

Dalla Olterra la Xa-Flottiglia Mas effettuò tre azioni:

Operazione “B.G.5” – 7 dicembre 1942

Operazione “B.G.6” -  7 maggio   1943

Operazione “B.G.7” -  3 agosto     1943

L’organizzazione era diventata, nel frattempo, così perfetta che non soltanto gli spagnoli – i quali dopo la terza missione cominciarono a effettuarvi parecchie ispezioni -  ma neppure gli inglesi, che dopo l’8 settembre 1943 la rimorchiarono a Gibilterra e non scoprirono mai nulla. A nessuno venne  in mente che da lì erano partiti i mezzi d’assalto italiani violatori della piazzaforte britannica. Ma probabilmente la cosa più stupefacente della vicenda dell’ Olterra è che un presidio spagnolo di sei uomini, comandati da un sergente, sostava permanentemente a poppa con l’incarico di vigilare e garantire la neutralità della nave. C’era una vera e propria officina che lavorava a pieno ritmo e loro non hanno mai sentito e visto niente.

Da un vecchio libro: “Eroismo Italiano Sotto i Mari” di R.B.Nelli Editore  De Vecchi-1968

riportiamo una realistica descrizione della preparazione per un attacco degli uomini “gamma”.

“La spedizione è ostacolata da innumerevoli difficoltà. Però gli italiani ci riescono e ai primi di luglio, uomini e cose sono riuniti a Cadice. Gli operatori entrano in territorio spagnolo divisi in due gruppi; il primo viene spedito alla base sommergibili di Bordeaux, poi da San Jean de Luz prosegue a piedi per sentieri montani attraverso i Pirenei aiutati da agenti della marina italiana; il secondo raggiunge Barcellona a bordo del piroscafo Mauro Croce e gli operatori sbarcano come marittimi disertori. Poi tutti insieme, a gruppi di tre, vengono condotti a Cadice e alloggiati a bordo della cisterna Fulgor. Nei giorni 11 e 12 arrivano a Algesiras e salgono sulla Olterra ancora semiaffondata. Per giustificare la presenza di tanta gente su quella nave l’equipaggio inizia finti lavori di manutenzione e di raddobbo.

Alla spicciolata, gli uomini dei mezzi d’assalto salgono a villa Carmela all’alba del 13 luglio: Ramognino ha già preparato tutto, accoglie gli 11 uomini e li nasconde alla vista della polizia spagnola e degli agenti britannici. Dall’osservatorio della villa, nascosto con una gabbia di pappagalli, gli operatori possono studiare i bersagli e il tratto di spiaggia dal quale muoveranno all’attacco dei piroscafi.

Gli operatori portano tre “mignatte” a testa e la squadra dei “nuotatori d’assalto” è così composta: S.V. Agostino Straulino, S.V. Giorgio Baucer, i marinai Giovanni Lucchetti, Vago Giari,

il sottocapo palombaro Giuseppe Feroldi, il palombaro Bruno di Lorenzo (di Rapallo) ed il capo silurista Alfredo Schiavoni, il 2° capo cannoniere Alessandro Bianchini, il sottocapo Evideo Boscolo, il fuochista Rodolfo Lugano, il fuochista Carlo Bucovaz. Undici uomini in totale.

E nel pomeriggio viene dato il via alla operazione CG1. Alle 3 del 14 luglio gli operatori, in completo equipaggiamento d’attacco, escono dalla villa e raggiungono la spiaggia seguendo un itinerario studiato in precedenza. In mezz’ora, passando uno alla volta davanti ai poliziotti che percorrono la spiaggia nei due sensi, tutto il personale entra in acqua. Nuotando silenziosamente, gli 11 uomini dirigono al largo; motoscafi incrociano nella rada e lanciano piccole bombe di profondità a intervalli serrati. Gli italiani riescono a passare ma ogni tanto sono costretti alla più assoluta immobilità, anzi a scomparire sott’acqua quando la luce di un riflettore passa sulle loro teste. Avanzano piano, hanno paura che lo sciacquìo li tradisca”.

Il documento qui sopra riportato si riferisce all’Atto di Requisizione dell’Olterra dopo i fatti dell’8 settembre 1943 ed alla nomina di Denegri responsabile della nave in assenza del Comandante.

Per dovere di cronaca dobbiamo soltanto aggiungere che il D.M. Paolo Denegri riportò, dopo tanti anni d’esilio, la sua amata  Olterra a Genova e qualcuno a Camogli ricorda che l’intrepido D.M. sostituì il Comandante anche nella navigazione di rientro. Erano tempi veramente duri, ed il fatto non ci sorprende più di tanto, perchè i comandanti superstiti della guerra erano pochi e paragonabili a merce molto preziosa…

Alla cessazione delle ostilità, l’Olterra riprese di nuovo a navigare. Posta finalmente in disarmo, giunse nella rada di Vado (Savona) nei primi mesi del 1961 e poco dopo iniziò la sua demolizione. Nel Museo Navale di La Spezia sono esposte alcune vecchie lamiere che costituivano parte del coronamento di poppa della nave su cui, in grandi lettere bianche su fondo nero, si legge:

Olterra-Genova

Anche nel Museo Marinaro di Camogli esiste un cimelio della nave, si tratta di un salvagente anulare che porta stampigliato il glorioso nome dell’Olterra.

Paolo Denegri sbarcherà definitivamente dall’Olterra il 29.4.1947 e continuerà a navigare con le navi dell’armatore Costa fino al 10.9.1960, data dello sbarco dall’Enrico C.

Da quel giorno  iniziò il suo meritato retired”.

Paolo Denegri  si spense il 19 novembre 1962 all’età di 69 anni.

In quella terribile tempesta che fu la seconda guerra mondiale,

lapiccola Liguria vantò alcuni primati:

- Un terzo del naviglio civile italiano, perduto nel conflitto, faceva

parte del compartimento Genova.

- Il più alto numero di Medaglie d’Oro al Valore Militare e di Marina: 20

Delle 130 Medaglie d’Oro concesse dalla Marina in 5 anni di guerra per fatti d’arme aeronavali, 31 andarono agli uomini dell’assalto o a coloro che si erano resi partecipi delle stesse imprese.

X-Flottiglia M.A.S.

“Erede diretta delle glorie dei violatori di porti che stupirono

il mondo con le loro gesta nella prima guerra mondiale e det-

tero alla Marina Italiana un primato finora ineguagliato, la X

Flottiglia M.A.S. ho dimostrato che il seme gettato dagli eroi

nel passato ha fruttato buona messe. In numerose audacissime

imprese, sprezzante di ogni pericolo, fra difficoltà di ogni ge-

nere create, così, dalle difficili condizioni naturali, come nei

perfetti apprestamenti difensivi dei porti, gli arditi dei reparti

d’assalto della Regia Marina, plasmati e guidati dalla X Flot-

tiglia M.A.S. hanno saputo raggiungere il nemico nei più si-

curi recessi dei muniti porti, affondando due navi da battaglia,

due incrociatori, un cacciatorpediniere e numerosi piroscafi

per oltre 100.000 tonnellate.

“Fascio eletto di spiriti eroici, la X Flottiglia M.A.S. è rimasta

fedele al suo motto: “Per il Re e la Bandiera”.

(Mediterraneo, 1940-1943)

Lo storico navale Tullio Marcon ha provato statisticamente che la mortalità tra il personale incursore fu nettamente inferiore a quella registrata tra gli equipaggi caduti della Marina Militare Italiana, nel secondo conflitto mondiale:

Mezzo d’assalto

Tonn.Affond

O Dannegg.

Interventi

Operatori                                 Impiegati

Operatori       Morti

Operatori

Prigionieri

Maiale

184.861

14

101

4

33

Barchino

16.484

7

41

2

12

Motoscafo

11.050

31

80

3

-

Gamma

28.348

14

71

10

13

Totali

247.743

66

293

19

58

Da questa breve statistica di T.Marcon si rileva che: su 293 militari assaltatori (incluse le riserve),

impiegati in 66 azioni, i morti furono 19 (7%) – i prigionieri 58 (20%). Andando ora ai valori assoluti per i caduti, la citata percentuale del 7% sale al 10% se si considera che tra i 293 impiegati

sono inclusi diversi reimpieghi, valutabili in un centinaio circa. Si hanno quindi 19 caduti su circa 190 uomini. Ebbene se si rammenta che sulla forza di 190.000 uomini in servizio con la Regia Marina, dal 1940 al 1945 i morti furono quasi 29.000, ossia il 15% del totale in valore assoluto, si può concludere che per i Mezzi d’assalto la sopravvivenza fu nettamente superiore a quella di altre specialità.

ALLEGATO N.1

ALLEGATO N.2

ALLEGATO  N.3

ALLEGATO  N.4

ALLEGATO  N.5


ALLEGATO  N.6

Bibliografia

M.Brescia-E.Carta-C.Gatti   Il Tigullio Un Golfo di Eroi. Ed. Busco-Rapallo.-2002

S. Bertoldi Navi e Marinai Comp. Generale Editoriale

R.B. Nelli                            Eroismo Italiano Sotto I Mari De Vecchi Editore

M.Spertini-E.Bagnasco       I Mezzi D’Assalto della Albertelli Editore 3 ristampa

Xa Flottiglia Mas

J.V.Borghese                       Decima Flottiglia Mas

Virgilio Spigai                    Cento Uomini Contro Due Flotte

Ringraziamenti:

Si ringrazia il Socio Nino Casareto, genero del compianto Socio Paolo Denegri per averci segnalato l’inedita storia qui riportata.

Un ringraziamento particolare va rivolto alla Signora Raffaella ed al Signor Angelo, figli di Paolo per averci consentito, sia la visione dei documenti che la pubblicazione e diffusione degli stessi sul sito della Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli e Mare Nostrum Rapallo.

 

Carlo GATTI

Rapallo, 20.02.12


Relazione ATTIVITA' MARE NOSTRUM 2013

RELAZIONE

Attività Mare Nostrum 2013

L’anno 2013 è stato ricco di eventi ed avvenimenti che, grazie anche all’attività culturale e promozionale portata avanti dalla nostra associazione, hanno particolarmente arricchito l’offerta storico-documentale dedicata alle nostre radici marinare ed agli appassionati  cultori di storia locale.

 

In linea generale vanno ricordati per il loro valido supporto promozionale il nostro sito sul web, il periodico Il MARE, il MUSEO MARINARO Tommasino-Andreatta ospitato presso la Scuola TTLLC di Chiavari e l’Associazione il SESTANTE di cui il presidente Giancarlo Boaretto é nostro socio.

 

Ciò detto si evidenzia il corposo elenco degli eventi realizzati nell’anno 2013.

 

19 gennaio 2013 alle 16.30

 

L'Associazione "Caroggio Drito" ha organizzato l’incontro sull'affascinante tema:

 

"Dall'antica Pompei alla Santa Inquisizione in Sardegna e in Liguria tra riti magici e stregoneria". Il nostro socio Marinella Gagliardi  é intervenuta insieme a E.Carta. Ha presentato la giornalista Silvana Gamberi Gallo.

 

29 gennaio 2013 alle 16.00

L’Associazione A Compagna ha organizzato l’incontro a Palazzo Ducale sull’avvenimento:

 

"Nave Locarno, un naufragio in salotto con la benedizione della Madonna di Montallegro"

 

Sono intervenuti i soci Emilio Carta e Carlo Gatti con una grande cornice di pubblico.

 

2 febbraio 2013 alle 17.00

 

La Lega Navale Sezione di Chiavari ha organizzato la conferenza sul tema:

 

“Chiavari sul Mare - Così era e così Cambiò” - CAMBIAMENTI DEL LITORALE DI  CHIAVARI NEGLI  ULTIMI 300 ANNI. Relatore il socio Ernani Andreatta che ha proiettato il primo DVD di un’opera che ne comprende ben 6, a cura del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari.

 

6 febbraio 2013

 

Mare Nostrum ha presenziato l’Expo SEATEC (AREA UNIMOT a SEATEC 2013) Rassegna Internazionale di tecnologie e subfornitura per la cantieristica navale e da diporto. A cura della Segreteria dell'ATENA di Spezia del cui fa parte il nostro socio di M.N. Marco Prandoni.

 

22 marzo 2013

 

Organizzato  dal Polo navale del DITEN dell'Università di Genova e da ATENA,  si é tenuto a Genova, nel Salone d'Onore di Villa Cambiaso, Via Montallegro 1 sul tema:

 

Organizzazione di un cantiere navale. Evoluzione e prossimi sviluppi. Dalle grandi ristrutturazioni impiantistiche alla diversificazione della produzione.

 

Ringraziamo il nostro socio Ing. Marco Prandoni (cuore pulsante della ATENA).

 

23 marzo 2013

 

Molti soci di Mare Nostrum si uniti agli amici del Sestante nella visita all’Accademia di Livorno, come sempre ben riuscita e ottimamente organizzata dallo staff del Sestante.

 

15 Maggio 2013

 

In concomitanza con l'inaugurazione dell'anno Accademico presso la  Scuola Telecomunicazioni FF AA di Chiavari, c’é stata  l'inaugurazione delle sale che hanno ampliato, in modo molto significativo, il Museo Marinaro Tommasino-Andreatta, Per l’occasione é stata aperta al pubblico la Sala Storica delle Telecomunicazioni.

 

 

19 maggio 2013

 

Abbiamo presenziato presso l’Arsenale di Spezia, alla conferenza sul tema:

 

"PROGETTI INNOVATIVI DI NAVI CON PROPULSIONE LNG".

 

Ottima l’organizzazione a cura del nostro socio Marco Prandoni (Segretario della ATENA – Sezione La Spezia)

 

4 giugno 2013

 

Si é tenuta presso il Circolo Ufficiali Marina Militare – La Spezia la conferenza sul tema: INNOVAZIONI TECNICHE SULLE FREGATE FREMM.

 

13-23 giugno 2013

 

L'Associazione Cardiologica PUNNY ODAGLIA – Presidente Cav. Elena Lavagno Canacari ha organizzato per l’Ambito Cultura una MOSTRA dal titolo:

 

ARCOBALENO DI ARTISTI- MOSTRA COLLETTIVA MULTIDISCIPLINARE DEGLI ARTISTI RAPALLESILa Mostra, patrocinata dal Comune, ha avuto luogo presso la VILLA QUEIROLO. Mare Nostrum é stata invitata per esporre i libri dei suoi esponenti-scrittori: Emilio Carta, Carlo Gatti, Marinella Santi Gagliardi.

 

16 giugno 2013

 

PALIO MARINARO DEL TIGULLIO 2013

 

All’evento ha partecipato come organizzatore il socio Ernani Andreatta con il suo Museo Marinaro nelle quattro prove pogrammate dal 16.6 al 21.7

 

20 luglio 2013

 

Molti soci di Mare Nostrum hanno partecipato alla gita all’Isola del Tino, splendidamente organizzata dalla Scuola di Telecomunicazioni FF.AA. di Chiavari.

 

 

Programmi estivi:

 

Mare Nostrum é stata ospite degli organizzatori dell'Expo ed ha curato alcuni eventi che sono stati promossi pubblicitariamente e in forma gratuita attraverso depliant e pubblicità varie con la programmazione di tutti gli eventi.

 

Mercoledì 31 luglio – 10 agosto

 

Per IL COMITATO DIRETTIVO - EXPO-RAPALLO E TIGULLIO, Mare Nostrum é andata in scena all'Oratorio dei Bianchi presente il sindaco Costa, altre personalità, molti "vecchi" rapallini, testimoni e tanti soci-sostenitori che ci hanno supportato nella rievocazione dell’evento LOCARNO. E’ stata molto gradita la presentazione della pubblicazione: "LOCARNO, naufragio in salotto - Rapallo 3 gennaio 1961" che porta i nomi degli autori Emilio Carta e Carlo Gatti ed é corredata dall’eccellente DVD il cui autore é il comandante Ernani Andreatta. Il nostro socio-grafico ed esperto d’arte Claudio Molfino ha curato la parte fotografica della Mostra.

 

Il naufragio della LOCARNO appartiene ormai alla storia della nostra città e tutti coloro che hanno pochi capelli oppure sono canuti, ieri hanno spostato indietro le lancette del tempo di 52 anni provando le stesse emozioni, lo stesso stupore di quando videro per la prima volta "violata ed aggredita" la LORO PASSEGGIATA.

 

 

Sabato 3 agosto

 

Il Comitato Direttivo EXPO, per il Laboratorio Culturale inserito fra gli eventi dell'Expo,  ha organizzato presso la sala convegni del Gran Caffè Rapallo sul lungomare di Rapallo, un evento speciale con la partecipazione del poeta dialettale rapallese Mauro Mancini: una vera e propria sperimentazione culturale e insieme poetica.

 

I giornalisti Silvana Gamberi Gallo ed Emilio Carta hanno letto i versi di alcuni fra i più significativi poeti universalmente conosciuti: da  Hemingway a Prévert, da Quasimodo a Lorca, da Ungaretti e Carducci a Hughes e Jimenez. Gli stessi versi, tradotti da M. Mancini,  sono stati riletti dallo stesso in lingua genovese creando sicuramente un notevole pathos fra il pubblico presente.

 

Sabato 3 agosto

 

Nella stessa Sala convegni, nel pomeriggio della stessa giornata, si é tenuta la cerimonia per la consegna di un RICONOSCIMENTO ad un importante socio di M.N. Con giudizio unanime del Comitato Direttivo dell'Expo-Rapallo e Tigullio e dell'associazione cardiologica “Il Cuore” presieduta da Mauro Barra  é stato assegnato al giornalista Emilio Carta: il Premio "Scrivo con il cuore", per l'intensa attività giornalistica a favore dell'Anffas Villa Gimelli di Rapallo quale Direttore responsabile del periodico "Penisola".  Un riconoscimento destinato annualmente agli operatori dell'informazione liguri particolarmente distintisi nel settore sociale.  La rivista, diffusa a livello nazionale, si appresta a raggiungere la soglia dei 15 anni di ininterrotta attività e si occupa dei problemi dell'handicap, del sociale e della civile convivenza e del rispetto del prossimo. "Penisola" è nata grazie alla ferrea volontà del Presidente dell'Anffas Villa Gimelli, Rosina Zandano, che del trimestrale è anche direttore editoriale. Con lei ed Emilio Carta, unitamente ad un gruppo di preziosi collaboratori, tra i quali ricordiamo il comandante Carlo Gatti, la rivista ha ormai assunto un ruolo guida nel difficile compito di divulgare problemi e diritti dei diversamente abili che altrimenti resterebbero nell'ombra.

 

Emilio Carta é stato presentato dal medico pediatra Giorgio Mainieri, localmente responsabile dell'Unicef.

 

Domenica 18 agosto


 

Andreatta Ernani, Boaretto Giancarlo, Catena Nunzio, Gatti Carlo e Prandoni Marco hanno portato alcune peculiarità culturali della nostra Associazione in quel covo di Armatori, Capitani e Marinai che é LERICI, città natale del celebre Comandante Francesco Tarabotto. A lui ed al REX sono stati dedicati tutti i nostri applauditi interventi. Ottima l’organizzazione del Presidente Cristina Anastasi che ci ha accolti con grande ospitalità.

 

Per maggior completezza dei dettagli vi rimandiamo al sito di Mare Nostrum dove é pubblicata la locandina-programma degli interventi avvenuti nella serata.

 

Sabato 9 novembre

 

Mare Nostrum ha debuttato con l'inaugurazione della 32a Mostra annuale 2013 presso l’antico Castello di Rapallo. Grande affluenza di pubblico in Comune per la presentazione della 13a Pubblicazione alla presenza del Sindaco e dei rappresentanti delle Associazioni partecipanti, stampa e TV. Si é parlato diffusamente degli argomenti trattati:

 

- Cantiere di Riva Trigoso, il suo fondatore Erasmo Piaggio, i VARI di navi mercantili, il tragico varo della Principessa Jolanda, la figura di Francesco Tappani, rievocata e riabilitata dopo le false "leggende metropolitane" che lo avvolsero dopo il varo.

 

- Molto apprezzate le foto e storie delle Navi Militari varate a Riva T. - curate da M.Brescia e F.Bucca.

 

- Un vero rapallino: l'artista Luciano Bottaro é stato raccontato da E.Carta che al termine ha fatto consegnare dal Sindaco una copia della Pubblicazione alla moglie ed alla figlia dell'artista.

 

- La conferenza stampa si é conclusa con una applauditissima proiezione di un DVD del comandante Ernani Andreatta dedicata al Cantiere Navale di Riva Trigoso, al Capo Cantiere Francesco Tappani ed alla sua successiva carriera di Podestà di Chiavari. Molto apprezzata la storia "tormentata" della Colonia Fara.

 

Mare Nostrum ha confermato la sua vocazione nel riscoprire quelle  pagine di storia rivierasca che sono poco note o addirittura sconosciute.

 

 

Domenica 10  novembre

 

- Il secondo evento di Mare Nostrum dedicato al disastro della Costa Concordia. In pratica, é andata in onda una improvvisata “Recita Teatrale” basata su una serie di documenti prodotti dal regista E. Andreatta". Un improvvisato processo al comandante F. Schettino senza esclusioni di colpi.

 

E.Carta, Moderatore; C.Gatti, Pubblico Ministero; E.Andreatta, Perito di superficie; C.Boaretto, Perito di fondo (fondale); R.Donati nel difficile ruolo di Avvocato (d'ufficio) di F.Schettino.

 

Il dibattito ha avuto uno svolgimento graditissimo al numeroso pubblico presente che, immedesimato nel ruolo d'interlocutore/giuria, ha partecipato appassionandosi alla discussione sui vari PUNTI cronologici del VIAGGIO SENZA RITORNO  della C.C. Gran parte del pubblico avrebbe voluto continuare a formulare domande ed avere risposte ben oltre i limiti di tempo stabiliti. Presenti all'evento numerosi Comandanti, appassionati di mare e i nostri soci che ci seguono e sostengono con grande amicizia e stima.

 

 

Sabato 16 novembre

 

L’evento é stato dedicato ad una “conversazione”  con lo storico di memorie dannunziane Prof. Gian Paolo Buzzi:

 

"Navigare necesse est: d'Annunzio e il mare". Ne é emersa la gigantesca figura di Gabriele d'Annunzio intriso di acqua di mare, potente nuotatore dell'Adriatico, velista, diportista, cavaliere, culturista, poeta, drammaturgo, pubblicista, linguista, storico, politico, ultimo esemplare della “belle Epoque”, traghettatore dell'Italia dall'800 al '900, EROE militare, assaltatore, aviatore, amatore, e decine e decine di altre definizioni e situazioni sono emerse in modo che definire "piacevole" sarebbe molto riduttivo. Il "nostro" prof. G.P. Buzzi, socio della FONDAZIONE IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI, ci ha accompagnato, con la sua profonda conoscenza del VATE, lungo un percorso di storia, infarcita di aneddoti e riferimenti letterari che ci hanno coinvolto grazie soprattutto alla sua capacità di espressione forbita ma mai ricercata, talvolta profonda ma sempre chiarissima, attraente e molto simpatica.

 

Questa atmosfera é durata da quando ci siamo incontrati alle 10.15 fino alle 15.00 quando ci siamo lasciati dopo il pranzo a base di ravioli di Portofino, trippa ecc.....!

 

GRAZIE Professore della sua indimenticabile "CONVERSAZIONE"!

 

 

Domenica 17 novembre

 

Giunti al giro di boa degli EVENTI di Mare Nostrum 2013, c’é stato l’"incontro" con Stefano Risso. L'ingegnere, che ruota a tutto campo intorno al mondo marinaro, ci ha imbarcato sul HMS VICTORY e, servendosi di un ottimo power point, ci ha offerto un interessante "visita guidata" sostituendosi al "quartermaster" della nave-Museo che l'aveva sopportato......con le sue insistenti domande per tre ore e mezzo a Porthmouth (parole sue!). Il racconto dell'imbarco é risultato piacevolissimo,  Nitti ha saputo alternare la descrizione rigorosa della struttura, degli armamenti e degli alloggi a curiosità inedite sul numeroso equipaggio del VICTORY inondando Mare Nostrum d'aneddoti storici talvolta anche macabri e sanguinari, ma veri e quindi graditi perché si era ancora lontani dal pasto...

 

Grazie Nitti e complimenti per la tua competenza enciclopedica e per l'humor britannico che ogni tanto vai a rispolverare sul posto....

 

Sabato 23 novembre

 

E’ stata la volta dei nostri soci: Giancarlo "Gianca" Boaretto - Presidente del SESTANTE, Giampiero "Pighin" Barbieri, Enzo "Enzino" Gaggero - past President. Il TRIO si é esibito nell'ordine citato dopo aver diviso e alleggerito  il CORPOSO materiale accumulato: slide, power point, filmati di grande interesse sia per la qualità sempre ottima, sia per l'interesse degli argomenti. Il 1° conferenziere della mattinata: G.Boaretto ci ha intrattenuto sulla storia antica e moderna dei Fari e Fanali e, tra il serio ed il faceto, ci ha fatto viaggiare “idealmente” nel Mediterraneo antico e moderno portandoci da un faro all'altro, a bordo prima  di una nave oneraria antica, poi su una nave da crociera moderna che costeggia. Il 2° conferenziere Ing.Pighin, astronomo dilettante dal linguaggio matematico, ma “comprensibile” ci ha fatto invece viaggiare su percorsi STELLARI, tra una galassia e l'altra parlandoci di buchi neri e rivelandoci i significati dei colori delle stelle attraverso proiezioni d'immagini affascinanti dell'universo, davvero contagiose...e accattivanti!

 

Il 3° conferenziere, Enzo Gaggero si é assunto con molta bravura, passione e precisione il compito di STORICO illustrandoci le navi della M.M. che hanno portato, e portano nella versione moderna, i nomi delle costellazioni. Navi, stelle e molti aneddoti sulle "stellette" militari, sull'eroe Millo, sulle parate militari del 1962. Un panorama storico davvero interessante nei contenuti e nella rappresentazione effettuata con materiale di proprietà del SESTANTE ma anche proveniente dai Musei della della M.M. quindi originale e di primissimo ordine. GRAZIE E COMPLIMENTI ai nostri amici e soci del SESTANTE!!!!!

 

Sabato 30 novembre

 

Il giornalista, scrittore e documentarista subacqueo trapanese Ninni Ravazza, uno dei più noti esperti internazionali di storia e cultura delle tonnare del Mediterraneo, ci ha intrattenuti con: “La millenaria pesca del tonno non è solo mattanza, ma storia, passione, cultura, amore e rispetto per il mare e per la natura”. A questo vanno aggiunti valori come la tradizione e l'economia.

 

Lo scrittore ha ripercorso inoltre due decenni di vita vissuti assieme ai tonnaroli di Bonagia e Favignana.

 

E’ stato inoltre proiettato il documentario “La tonnara nascosta”, filmato realizzato dallo stesso Ninni Ravazza vincitore del Premio internazionale “Un video per un museo” della HDS sezione del Mediterraneo.

 

Domenica 1 dicembre

 

Per l’ultimo degli eventi in programma, Mare Nostrum ha presentato Carolina Birindelli presidente dell'Associazione Amatori Palio del Tigullio ed il libro: “Il Palio Marinaro del Tigullio 1936/2013. La storia” - Curato dalla stessa Associazione. E’ stato inoltre proiettato lo specifico filmato (DVD autore Ernani Andreatta) dedicato appunto alla storia del Palio. Emilio Carta ha presentato  gli autori: Ernani Andreatta, Andrea Ferro ed Enrico Paini.

 

NUOVI SOCI

 

Diamo il benvenuto ai nuovi soci di Mare Nostrum:

 

Comandante Mario PALOMBO – Comandante Carlo ARNOLDI – Capitano di Macchina Luciano BRIGHENTI – Giornalista e scrittore Renzo BAGNASCO – Ing. Stefano “Nitti” RISSO –

 

RINGRAZIAMENTI:

 

Rivolgiamo un particolare ringraziamento al Comandante Mario Palombo che ci ha tenuto costantemente informati, con la sua specifica preparazione nel ramo navi-passeggeri, sulla tragica vicenda della Costa Concordia, non solo, ma la sua esperienza ci é stata di valida guida nell’intricata panoramica dei problemi “marinari” che caratterizzano la nostra epoca.

 

Un particolare ringraziamento a tutti i soci che pur non rivestendo incarichi nel Direttivo dell’Associazione ci forniscono articoli, fotografie, DVD e collaborazione sul piano culturale in molteplici campi.

 

Ringrazio il Direttivo al completo per il lavoro svolto e quasi sempre oscuro, per la corposa dedizione di tempo alla nostra Associazione, non li nomino perché in questa relazione annuale compaiono spesso con il loro operato sul campo. Concludo ringraziando i soci che pur avendo cariche di prestigio in altre Associazioni non mancano di offrire supporti qualificati rappresentando, oltretutto, Mare Nostrum oltre i confini della cultura storico-marinara della nostra regione.

 

AVVISO: Tutti coloro che desiderino visionare gli “Eventi” di Mare Nostrum 2013 nei dettagli, possono entrare nel sito seguendo il percorso e cliccando:

 

Mare Nostrum Rapallo, Home Page, La bella Rapallo, Ricerca Articoli, Rapallo Arte.

 

 

Il Presidente

 

Carlo GATTI

 

 

 

Rapallo, Mercoledì 8 Gennaio 2014

 


Navi LIBERTY:La Seconda SPEDIZIONE DEI MILLE

 

LA SECONDA SPEDIZIONE DEI MILLE

In una nostra precedente pubblicazione, definimmo i Liberty:

“Le navi che vinsero la guerra e poi la pace”

“L’operazione Liberty” prese il via il 27 Settembre 1941 con l’entrata in linea dell’ormai celebre “PATRICK HENRY”, e si concluse con la consegna dell’ultimo esemplare, il “RODA SEAM” del tipo “collier” (carboniero) il 13 Ottobre 1945 da parte del Cantiere “Delta” di New Orleans-Louisiana. Tra queste due date ne scesero in mare ben 2710.

Viaggio inaugurale di una nave Liberty

Queste carrette dei mari furono costruite per compiere una traversata oceanica durante la Seconda guerra mondiale, tra gli agguati dei sottomarini dell’Asse, che agivano negli Oceani adottando  la ben nota tattica  “a branco di lupi”. In seguito a queste azioni belliche, affondarono circa  200 Liberty.

Subito dopo la fine del conflitto “i brutti anatroccoli”, come li definì F. D. Roosvelt,  ripresero a navigare e i più longevi lo fecero dignitosamente per circa trent’anni, partecipando alla ricostruzione della flotta mercantile  di quasi tutti i paesi belligeranti.

Nel 1945 si concluse una tragica guerra che fu combattuta in cielo, in terra ed in mare, lasciando ovunque distruzione, miseria e rovina.

Soltanto poche cifre sono sufficienti per mettere a fuoco un quadro spaventoso:

-  nel 1939 la flotta mercantile italiana contava 3.3 milioni di tonnellate di stazza lorda per un totale di oltre 1200 navi.

- nel 1945 le navi superstiti erano ridotte ad un numero molto esiguo che non raggiungeva in totale le 200.000 tsl. Inoltre le strutture ed infrastrutture portuali erano distrutte ed inagibili, i fondali da sgomberare da centinaia di relitti e da bonificare per la presenza di migliaia di proiettili e bombe inesplose.

A questo punto cruciale della storia martoriata del nostro paese, era necessario reagire con fermezza alla pericolosa situazione di stallo, ed era oltremodo impellente chiamare a raccolta tutte le forze vive e disponibili sul territorio, per passare ad un rapido piano  di ricostruzione.

Il viaggio della Rinascita

La motonave Sestriere

Così fu definito il viaggio della M/n SESTRIERE, che trasferì a Baltimora-USA 50 equipaggi destinati ad imbarcare su 50 navi tipo-Liberty acquistati dai primi coraggiosi Armatori Italiani. Quel giorno a Genova, alla presenza del Capo dello Stato - non è facile retorica -  rinacque la Marina Mercantile Italiana. Con molta curiosità,  entriamo ora nel vivo del racconto della spedizione e ci poniamo all’ascolto della oral-story del comandante Giuseppe “Gio” Ferrari, classe 1918, uno fra i rari superstiti di quella prima singolare avventura. Il protagonista è il figlio dello storico camogliese Giò Bono Ferrari, personaggio amatissimo da tutti i liguri rivieraschi per i suoi accuratissimi libri di storia e tradizioni  che ci hanno fatto conoscere i segreti della nostra terra e del nostro mare.

Comandante Ferrari, sono passati 56 anni dal giorno della partenza del SESTRIERE da Genova. Erano tempi duri! Avevo 26 anni e partii col grado di 2° ufficiale di coperta. Oggi si direbbe che ero poco più di un ragazzo, ma in realtà ero già un reduce di guerra; quattro anni di guerra “vera” sui sottomarini della R.M. dove mi ritrovai imbarcato al  termine del corso effettuato  all’Accademia di Livorno. Poi venne l’8 Settembre ’43 ed ormeggiammo la nostra unità a Taranto, nella attesa del suo trasferimento a Malta per  consegnarla agli Inglesi. Nel febbraio del ’44 mi congedai dalla M.M. per seri motivi di salute e fu la mia fortuna!  Il mio equipaggio, comandato dal C.c. Scarpa affondò in Atlantico con il smg Settembrini, fuori Gibilterra. Terminato il conflitto eravamo tutti in “braghe di tela”, perché tutto era stato distrutto: navi, porti, cantieri navali, fabbriche, ferrovie, strade. Eravamo affamati e senza lavoro. Ma la voglia di  rimboccarci le maniche era tanta e a tutti i livelli; dovevamo ricostruirci un futuro, al più presto, soprattutto per dimenticare il passato. La grande occasione ce la diedero gli Americani su un piatto d’argento. Una parte della loro enorme flotta, composta di circa 2000 Liberty in disarmo nelle rade e nelle foci dei fiumi, fu messa in vendita sul mercato, nell’ambito del piano Marshall, per favorire una rapida ripresa dei  trasporti e dei commerci internazionali in un rinnovato clima di pace mondiale. I noli favorevoli e l’impellente richiesta di carbone, per avviare la produzione industriale Europea, impresse quella strana euforia che presto si tramutò in una frenetica attività imprenditoriale.

Il progetto c’era ed era concreto. La nostra speranza in seguito salì alle stelle  quando si sparse la voce dell’acquisto in blocco di 50 Liberty-Ships, che sarebbero state  ritirate, direttamente in America, da 50 equipaggi italiani. Alcuni nostri coraggiosi Armatori: Lauro, Costa, Ravano, Pittaluga, Marsano, la Soc. Italia, il Lloyd Triestino, la Cooperativa Garibaldi, la Soc. Citmar, l’Alta Italia, Gruppi Amatoriali Savonesi ed altri ancora avevano firmato il contratto con la garanzia del Governo Italiano. Si aprì immediatamente la caccia all’imbarco.

Ci parli della M/n SESTRIERE.

La M/nave da carico SESTRIERE meriterebbe un capitolo a parte, se non altro per le innumerevoli avventure di guerra in cui si trovò coinvolta. La bella motonave di 8652 t.s.l., apparteneva alla Società di Navigazione Italnavi di Genova,  era una delle pochissime superstiti della Seconda g.m. - Varata a Taranto nel 1942 fu trasformata, in occasione del nostro viaggio verso gli States, per il  trasporto di circa 800 emigranti in cameroni approntati nei corridoi delle cinque stive e provvisti di letti a castello per tre persone ciascuno.

Comandante, immagino che l’altissimo numero di passeggeri ammassati negli angusti corridoi delle stive del SESTRIERE vi abbia procurato dei disagi non solo logistici…

Ad essere sinceri eravamo consapevoli della portata storica dell’avvenimento e quindi della nostra condizione di privilegio, tuttavia ricordo che non mancarono i mugugni e le rimostranze. Ricordo soprattutto che ci venne a salutare lo stesso sindacalista Giulietti alla Stazione Marittima, il quale  nell’occasione ci  rassicurò sia per l’abitabilità della nave, che per la sicurezza del trasporto di quell’imponente e un po’ speciale carico umano, in quell’imminente  spedizione oltre oceano. Non ricordo esattamente, ma credo che  ci fecero imbarcare e poi sbarcare due o tre volte dalla nave, nello stesso giorno, per permettere alle squadre di bordo di stanare gli immancabili clandestini. Ne furono trovati alcuni, ma sette riuscirono ad arrivare in America. Era l’8 novembre 1946 quando, alla presenza del Capo dello Stato, lasciammo la banchina passeggeri di Ponte dei Mille fecendo rotta  per Baltimora-Stati Uniti. Al comando della spedizione c’erano due grandi Comandanti in fase d’avvicendamento: il camoglino C.l.c. Pastorino  e l’imperiese C.l.c. Arimondi. Il nostro gruppo, appartenente all’armatore Achille Lauro, fu sistemato nei corridoi della stiva n°4, a poppavia del cassero, in letti a castello da tre posti. Alcuni tavolacci per il consumo dei pasti erano stati approntati nei corridoi stessi, mentre per i servizi igienici ci dovemmo accontentare d’alcune tughe di legno costruite in coperta e fornite d’acqua di lavaggio in circolazione permanente, con scarico diretto in mare.   Chiunque può immaginare gli effetti di una tale situazione di promiscuità in un così esiguo  spazio vitale. Ma la fortuna ci diede una grossa mano. Considerando la stagione in corso, il tempo fu eccellente ed il viaggio durò soltanto 14 giorni.

Come siete stati accolti in America?

“Arrivati felicemente a Baltimora-Maryland iniziò un iter burocratico per noi tanto sorprendente quanto inatteso. Quasi subito  fummo trasferiti a Hampton Roads, nella Baia di Chesapeake-Virginia. Consegnati in stile militare al Reparto dell’Emigrazione fummo a lungo interrogati  sui nostri trascorsi bellici e politici, sulla  base del Crew’s List (Ruolino Equipaggio) che, spedito da Genova, era ovviamente giunto negli States prima di noi ed era già stato analizzato e verificato a dovere. Il pericolo da evitare, per le preposte Autorità della Virginia, era costituito dall’eventuale infiltrazione di comunisti nel tessuto sociale americano.

Ci presero le impronte digitali e ci rilasciarono un apposito tesserino che conservo ancora tra i mie cimeli di navigante. Alcuni medici ci visitarono accuratamente e diedero l’O.K. al nostro ingresso negli Stati Uniti. La sosta  fu breve e quasi subito fummo trasferiti via treno a New York per ritrovarci il giorno dopo nella famosa Ellis Island.


Che cosa rappresentava per voi Ellis Island?

La sua posizione isolata ed emarginata, situata alle porte  di quella enorme e pulsante megalopoli che è la città di New York, inizialmente ci evocò la “quarantena” dei nostri emigranti, la diffidenza e il sospetto, i lunghi periodi d’isolamento, i rimpatri forzati. Poi, da buoni italiani, e per il fatto d’essere emigranti provvisori, già in regola con tutte le formalità burocratiche, ci organizzammo la nostra vita privata ed il  tempo libero. In seguito, facendo visita ai nostri connazionali,  conoscemmo le loro realtà quotidiane  ed anche le loro alterne fortune. In quel magico limbo rimanemmo in attesa della sospirata chiamata. Ma il nostro Liberty non era ancora pronto per la consegna. Nel frattempo, con altri sette del mio equipaggio, trovai  anche la possibilità di guadagnare 35$ la settimana presso una fabbrica di dolci. Il proprietario era un camoglino “doc”,  e durante i ventidue giorni d’attesa, grazie al suo appoggio, incontrammo tanti altri connazionali che ci portarono a scoprire  quella affascinante città che era rimasta “estranea” alla guerra e che aveva galoppato velocemente verso una nuova era. Alcuni della “spedizione” non resistettero al fascino del “New World” e disertarono con l’aiuto di parenti già immigrati e regolarmente residenti. Tuttavia il gruppo d’Ellis Island si andava assottigliando ogni giorno, finché giunse anche per noi la convocazione ufficiale. La nostra nave si trovava presso la “Reserve Fleet” di Mobile-Alabama e quando fu stabilita la data di partenza, la raggiungemmo in treno. Il viaggio durò trentasei ore.

Reserve Fleet - Navi Liberty ormeggiate in massima sicurezza

Al primo impatto con quella baia ricoperta di centinaia di Liberty ancorati ed affiancati a rovescio, (prora con poppa), ci venne naturale riflettere su  quell’immensa produzione bellica ed alla presunzione di chi ci aveva governato per vent’anni e che non aveva minimamente stimato il patrimonio umano, la ricchezza, le capacità tecniche ed organizzative, di quella potenza economica che era l’America di quel tempo. E ci fu subito un’altra sorpresa: ci aspettavamo, dato il basso costo d’acquisto della nave, d’imbarcare s’un residuato bellico quasi da demolire. Al contrario ci trovammo su un Liberty perfettamente funzionante, in ottimo stato di conservazione, perché era visibile, in ogni suo angolo, l’opera di una manutenzione accurata ed eseguita  ogni  giorno durante la sosta alla fonda. La nave era  provvista di frigoriferi, ampie salette, cabine singole per gli ufficiali e doppie per la bassa forza. La strumentazione nautica: girobussola, radiogoniometro, eco-scandaglio, costituiva una novità assoluta per quell’epoca. Devo dire che tutto il  materiale a nostra disposizione sul Liberty era all’avanguardia per quei tempi.

Reserve Fleet: Navi "VIctory" - "T/2" ed altre ormeggiate sull'Hudson River

Presi dall’entusiasmo ci organizzammo a dovere e dopo qualche giorno partimmo per il nostro primo viaggio diretti a Pensacola-Florida. Ci attendeva un carico di carbone per Genova. “AIDA LAURO” era il suo nuovo nome che io stesso scrissi sulla poppa della nave.

Quel mio primo sospirato imbarco da civile  durò ben 36  mesi e fu il primo di una lunga serie che mi legarono fedelmente al mio Armatore Achille Lauro per tutta la vita. La mia carriera prese inizio in quei giorni fatidici, prima come Ufficiale e Comandante, in seguito  come Ispettore e Dirigente dislocato un po’ dappertutto nel mondo, inseguendo o precedendo, a seconda delle circostanze, sia  le navi da carico,  sia quelle più famose come l’Achille Lauro, l’Angelina L. il Napoli, la Surriento, la Roma, la Sidney ed altre. Comandante Ferrari, siamo giunti al termine di questa rievocazione storica e le assicuro che spesso ci siamo sentiti imbarcati al suo fianco. La ringraziamo per questa insolita emozione.

NOTE

1 – Il Liberty del com.te Ferrari si chiamava  “JOHN EINIG”. Impostata il 1.12.1943, fu varata il  14.1.1944 e consegnata il 31.1.44 dal Cantiere Navale St. Johns River di Jacksonville con il n.28. Durante la guerra  navigò nell’Oceano Pacifico. Per la cronaca fu demolita a La Spezia nel 1969 dopo una navigazione durata 25 anni in tutti i mari del mondo.

2PATRICK HENRY fu il primo Liberty a scendere in mare il 27 settembre 1941, e quel giorno diventò il LIBERTY FLEET DAY. Per la sua costruzione occorsero 245 giorni, un tempo che fu gradualmente ridotto. Fu proprio di Baltimora il Cantiere che lo costruì: Bethlehm Fairfield Shipyard.

3 - Nel 1946 furono offerte all’Armamento italiano importanti possibilità di rinnovamento e di ricostruzione: il provvedimento del Governo in data 20 Agosto 1946 concedeva in particolare agli Armatori di trattenere la valuta estera introitata perché fosse impiegata nell’acquisto di naviglio usato e lo Ship Act degli Stati Uniti consentiva la vendita all’estero di navi residuate di guerra a condizione di particolare favore. Per facilitare l’acquisto delle navi furono stipulati accordi tra il Governo degli Stati Uniti e quello Italiano, per cui il Governo Italiano provvide a comperare in proprio le navi dalla U.S. Marittime Commission e a rivenderle agli armatori secondo un criterio di preferenza in base alle perdite subite. Il prezzo medio di ogni Liberty si aggirava sui 225.000 $. Il Governo Italiano provvide, inoltre a fornire agli Armatori la valuta per il pagamento immediato del 25% del prezzo e al Governo degli Stati Uniti la garanzia per il pagamento del residuo 75% in 20 anni al tasso del 3,50%. Furono così acquisite alla bandiera italiana in tre lotti successivi 95 navi da carico del tipo “Liberty” o similare, di circa 7.600 t.s.l. e 10.800 t.p.l, 20 navi cisterna del tipo “T/2” di circa 10.400 t.s.l. e 16.600 t.p.l. e otto navi da carico del tipo “N3” di circa 2.000 t.s.l. e 2700 t.p.l.

4 – ELLIS ISLAND - New York con la sua gigantesca baia fu di gran lunga il punto d’arrivo principale delle correnti migratorie dall’Europa a partire dalla metà dell’ottocento. Nel 1892 il vecchio centro di raccolta di Castle Garden, sulla punta di Manhattan, era stato sostituito da Ellis Island, una delle isole della baia, che fu chiusa definitivamente all’inizio degli anni Cinquanta. (Soltanto da poco tempo è diventato un grande museo dell’immigrazione). Nel 1924, tra l’inaugurazione e l’approvazione di leggi molto restrittive sull’immigrazione, passarono da Ellis Island 24 milioni di persone. Nel solo 1907, anno record, un milione 200 mila. Tra il 1900 e il 1920 la media degli “arrivi” negli States, concentrati per la maggior parte su Ellis Island, fu di duemila al giorno.

Ellis Island richiamò gli Ebrei, gli Slavi, gli Italiani ed in pratica tutta l’immigrazione dell’ultima parte dell’ottocento e dei primi decenni del nostro secolo che non fosse né anglosassone, né scandinava; composta quindi d’uomini e donne in gran parte scuri di capelli, di religione cattolica oppure ortodossa, e comunque estranei al mondo protestante.

Esisteva un’invisibile ma significativa linea di demarcazione, una specie di frontiera religiosa  ben definita dal Luteranesimo ed ancor più rimarcata dai movimenti radicali Calvinisti che furono poi gli artefici di una nuova filosofia economica  Americana. L’industriale d’oltre oceano aveva bisogno, come non mai, delle loro braccia. L’atmosfera che li accoglieva era tuttavia assai più difficile e diffidente di quella che qualche decennio prima aveva accolto le precedenti ondate.

Carlo GATTI

Rapallo, 19.02.12

 

First, some general information and statistics:

 

According to the records available in Italy, a total of 2,490 Liberty ships were built during the period December 1941 / June 1945, at an average cost of US$ 1,782,192 and average production of 2 ships per day. The unit built in the least time, from keel laying to launching, was the Robert E. Peary that took 4 days, 15 hours, and 30 minutes, during the period 8 - 12 November 1942, at the Permanente Metal Works Yard 2, in Richmond, California. The average time of construction was about 17 days per ship....!

 

The first vessel to be launched was the Patrick Henry (December 1941, in Baltimore). The Stephen Hopckins, using her guns, allegedly sunk the German cruiser STIER (already damaged). The Charles. H. Cugle became, well after the end of the hostilities, the first

 

floating nuclear electric generating plant, under the name of STURGIS and operated by the Army Corps of Engineers.

 

Secondly, with specific reference to the Liberty ships given to Italian Companies, we have the following information:

 

128 ships were delivered in total. The attached tabled list 1 a) gives the original hull number, Shipyard, year of commission, Engine Manufacturer, original US name, year of registration under Italian flag, Italian name, Italian Owner, and home port.

 

List 1 b) shows the life of the 128 ships, with their US original name, the first Italian name, any subsequent names and flags, and finally, the year and place of scrapping.

 

Some additional interesting statistics concerning Liberty ships registered in Italy:

 

First Liberty ship registered under Italian flag: the MONTELLO (ex Harriet Monroe), in 1946, for the company Alta Italia of Genova.

 

Average life of the 128 ships registered in Italy: 24 years.

 

There were 9 ships that were re-engined with diesel engines (see table 2).

 

There were 3 ships converted to storage vessels.

 

Four vessels were cut in two, re-welded to another section and eventually resulting in 2 re-built ships (four halves were scrapped).

 

Four ships, all belonging to Italia di Navigazione, sailed for 27 year under Italian flag (30 and 31 years from commissioning).

 

Out of the total 128 ships, 5 were lost at sea under the original owner and Italian flag, 1 under Italian flag but different owner, 6 under different owner and flag.

 

Of the 128, 104 ships are known to  have been scrapped, 5 ships we do not know their final ending, 3 were converted to storage, 4 were cut in half and became 2, 12 were lost at sea.

 

One ship. the TITO CAMPANELLA, under the original US flag and name (SAMSYLARNA) was sunk by German torpedoes in 1944, in the east Mediterranean. Re-floated and acquired by the company Campanella in 1952, was later sold to Poland in 1961 and named HUTA AOSNOWIEC. Eventually she was scrapped in Bilbao, Spain in 1971.

 

 

Cesare Sorio

 

 

 

 

 

 

 


MARE NOSTRUM 2013


Città di Rapallo - Assessorati alla Cultura

Mare Nostrum” XXXII Edizione

Modellismo navale, Arte, Storia e Tradizioni marinare

ANTICO CASTELLO SUL MARE

9 novembre - 1 dicembre 2013

orario: Venerdì, Sabato e Domenica 15-18 - Sabato 9 novembre e Domenica 1 dicembre: 10-12 / 15-18

chiusura: lunedì, martedì, mercoledì, giovedì

IL PROGRAMMA

Sabato 9 novembre ore 10.30: Sala Consiliare

Conferenza stampa d’apertura della 32^ Mostra Mare Nostrum e presentazione della pubblicazione curata da Maurizio Brescia, Francesco Bucca Emilio Carta, Carlo Gatti alla presenza degli autori.

Domenica 10 novembre - ore 11: Centro Incontri del Gran Caffè Rapallo.Il giornalista E. Carta intervisterà i comandanti Ernani Andreatta e C. Gatti su: “Costa Concordia, il naufragio della marineria?” Proiezione di un DVD curato da E. Andreatta.

Sabato 16 novembre – ore 11 Centro Incontri del Gran Caffè Rapall. Conversazione con lo storico di memorie dannunziane Prof. Gian Paolo Buzzi che avrà per tema: “Navigare necesse est: d’Annunzio e il mare”. Proiezioni d’immagini d’epoca.

Domenica 17 novembre – ore 11 Centro Incontri del Caffé Rapallo. Conferenza “La vita e il cibo a bordo dei Vascelli” di Stefano Risso.

Sabato 23 novembre – ore 11 Centro Incontri del Gran Caffé Rapallo. Conferenza sui temi: “La tecnologia non può "rottamare" i fari e i fanali delle nostre coste” - “Che stelle quelle navi. Le navi con nomi di stelle e costellazioni” - a cura di T.V. Enzo Gaggero, il Prof. Giampiero Barbieri. Presenta Giancarlo Boaretto Pres. dell’Ass. Il Sestante. Proiezione di immagini di navi con i nomi di stelle e costellazioni e il mondo delle “stellette” sulle divise dei militari italiani.

Domenica 24 novembre - ore 11 Centro Incontri del Caffè Rapallo. Conferenza “Naufragio in salotto: la Locarno" di E. Carta e C. Gatti. Proiezione del DVD realizzato dal comandante E. Andreatta.

Sabato 30 novembre – ore 11 Centro Incontri del Gran Caffé Rapallo. Conferenza “La tonnara nascosta. Amore e morte fra le reti” La millenaria pesca del tonno non é solo “mattanza”, ma storia, passione, cultura, rispetto per la natura. Interverrà lo scrittore-sub dott. Ninni Ravazza - Proiezione de "La tonnara nascosta” vincitore del Premio Un Video per un Museo 2001 della HDS sezione Mediterraneo

Domenica 1 dicembre - ore 11 Presentazione del libro con DVD.

"Il Palio Marinaro del Tigullio. 1936 - 2013 - La Storia"

Introduce Emilio Carta - Voce narrante nel DVD. Presentano Carolina Birindelli, Presidente Associazione Amatori Palio del Tigullio e gli autori Ernani Andreatta - Andrea Ferro - Enrico Paini

Domenica 1 dicembre – ore 18 Chiusura e saluti agli espositori.

Sala Charlie – I Cantieri di Riva Trigoso

LE NAVI MILITARI VARATE NEL CANTIERE

DI RIVA TRIGOSO

Cacciatorpediniere lanciamissili Andrea Doria

A cura di Maurizio Brescia in collaborazione con Francesco Bucca. Questa sezione della mostra "Mare Nostrum", grazie al consueto apporto di immagini d'epoca e attuali (fornite dai più importanti collezionisti e fotografi navali italiani), illustra le numerose unità militari costruite a Riva Trigoso a partire dal 1927 che ai giorni nostri - come nel caso della portaerei Cavour, dei caccia lanciamissili tipo "Doria" e delle fregate tipo "FREMM" di cui è tuttora in corso la costruzione - proiettano la Marina Militare verso i suoi impegni e le sue attività nel futuro.

IL DISASTROSO VARO DELLA

“PRINCIPESSA JOLANDA”

di Carlo Gatti

Per quasi tutto l’800, Riva Trigoso fu un modesto borgo di uomini di mare divisi tra coloro che imbarcavano per il lungo corso su velieri mercantili, quelli che sceglievano la pesca a corto e medio raggio, ed infine il terzo gruppo, dedito alla costruzione di leudi, rivani e gozzi. Chi ha un po’ di salmastro nelle vene, sa che un qualsiasi rivano ha dato molto all’Italia sul mare, e dinanzi al suo patrimonio genetico occorre riflettere e fare chapeau. Il Cantiere navale di Riva Trigoso, grazie alla sua perfetta location, assorbì sia le maestranze locali, sia quelle dei cantieri rivieraschi in via d’estinzione. Questo ‘passaggio di consegne’ garantì, in ogni caso, la sopravvivenza di quel patrimonio di dati tecnici maturato da molte generazioni di costruttori navali. Grazie a questo intelligente connubio, Riva Trigoso diventò in breve tempo uno dei più importanti Cantieri Navali italiani.

Sala Charlie – Nuvole parlanti

Sala Delta – Astronomia

I FARI E LE STELLE, I VERI AMICI

DEI NAVIGANTI

a cura dell’Associazione Il Sestante

www.ac-ilsestante.it email: sestante_vg@libero.it

Sala Bravo - Documenti


A cura del presidente

Carlo GATTI






REX-CONTE DI SAVOIA-L'Epopea dei Levrieri

Anni ‘30

L’EPOPEA DEI LEVRIERI

REX - CONTE DI SAVOIA”

Con questi Giganti di linea, near sisters”, la genovesità entrò nell’olimpo delle grandi tradizioni marinare del mondo.

La loro perfetta armonia: esito felice di equilibrio, eleganza e tecnologia, ebbe il suo ambito riconoscimento con la conquista del prestigioso BLUE RIBBON.

Il REX con il Gran Pavese entra trionfante a New York – Lo attende il “Nastro Azzurro”

The REX arriving at New York – she won the “Blue Ribbon” for her services

Era il 16 agosto 1933. Il Nastro Azzurro fu assegnato al REX sulla distanza storica Gibilterra-New York (L.V. Ambrose): Il percorso di 3.181 miglia fu coperto in 4 giorni-13 ore e 58 minuti, alla velocità oraria di 28,92 nodi.

Il REX sullo scalo di costruzione nei Cantieri Navali di Sestri Ponente.

The REX on the shipyard’s slipway at Sestri Ponente (Genoa)

I dati tecnici delle due navi sono riportati nella parte tradotta in inglese alla fine dell'articolo.

 


Il CONTE DI SAVOIA in navigazione davanti alla Rocca di Gibilterra.

The CONTE DI SAVOIA in navigation off Gibraltar.


Il CONTE DI SAVOIA visto di poppa in navigazione

The CONTE DI SAVOIA seen by the stern in navigation

Per potersi adattare alle colossali misure dei due transatlantici, il porto di Genova dovette procedere alla demolizione del tratto terminale del Molo vecchio e dragare il canale d’attracco verso Ponte dei Mille. Fu progettata e realizzata la nuova Stazione Marittima di Ponte Andrea Doria ed infine fu realizzato un’ulteriore bacino di carenaggio della lunghezza di 261 metri.

Nuvole nere apparvero, in modo prematuro, all’orizzonte e presagirono tempeste su tutto il mondo. Presto

calerà il sipario sulla “stagione d’oro dei transatlantici” che lasceranno la scena ai nuovi barbari.

Un’altra bella immagine dell’elegante linea del CONTE DI SAVOIA

Gli eventi bellici della 2a guerra mondiale interruppero e conclusero la brillante e breve carriera del REX e CONTE di SAVOIA in modo molto tragico.

Nel 1939 sulle murate delle navi italiane vennero dipinte due grandi bandiere tricolori in segno di neutralità, per distinguerle dalle unità degli stati coinvolti nella 2a guerra mondiale.

8 Settembre 1944: il REX sotto i bombardamenti della R.A.F.

The REX under bombardment by the R.A.F. on the 8th September 1944

Il 25.5.1940 la Direzione della Società Italia di Navigazione annunciò la sospensione del servizio transatlantico di linea. REX e CONTE di SAVOIA furono destinate ad un lungo disarmo verso porti più sicuri di quello di Genova.

Il REX, dopo vari scali intermedi, ormeggiò al molo VI° di Trieste.

Il CONTE di SAVOIA trovò l’attracco a Venezia-Malamocco.


1947: il REX colpito a morte giace su un fianco in attesa della demolizione

1947: the REX overturned on her side awaiting demolition


L’11 settembre 1943, i tedeschi incendiarono il CONTE DI SAVOIA per impedirne la fuga e la consegna agli alleati. La nave bruciò completamente e affondò nella rada. Il 6 ottobre 1945 il relitto fu recuperato, ma per una serie di motivi tecnici e soprattutto economici, la decisione fu quella di demolirla nel 1950.

The CONTE DI SAVOIA set on fire by the Germans to prevent escape and possibility delivery to the Allies. She completely burnt out sunk in the roads. On 16th October 1945, the wreck was recuperated, but for a series of technical reasons and above all economical she was finally broken up in 1950.

L’armistizio segnò la fine di queste splendide unità che spaventate e ridotte ad un ammasso di ruggine, rappresentavano ormai l’ombra ed il rimpianto di un’epoca irripetibile.

Il 9 settembre 1943 i Tedeschi occuparono Trieste. Sul REX iniziarono subito le razzie di tutti i suoi preziosi arredamenti, tappeti, quadri, posaterie, porcellane ecc…

Il 13 marzo 1944 l’ex-ammiraglia cambiò bandiera e dal quel giorno fece compartimento Amburgo.

Il 10 giugno 1944 il REX si salvò miracolosamente da un terribile bombardamento a tappeto che colpì tragicamente Trieste.

Molte incursioni della RAF convinsero i Tedeschi a rimorchiare il REX nella rada di Capodistria. Il suo trasferimento non passò tuttavia inosservato agli Inglesi che il 9 settembre 1944 apparvero nuovamente a bassa quota con i temibili Beaufighters e la colpirono a morte, con ben 123 razzi incendiari.

Stessa tragica sorte era già toccata al CONTE di SAVOIA l’11 novembre del ’43 quando la più bella unità italiana fu ridotta ad un ammasso di lamiere fumanti, sotto i bombardamenti di una squadriglia d’aerei tedeschi.

Carlo GATTI

Rapallo, 18.02.12

Questo capitolo é stato estratto dal libro di Carlo Gatti

GENOVA:

STORIE DI NAVI E DI SALVATAGGI

GENOA:

HISTORY OF SHIPS EVENTS AND SALVAGE OPERATIONS

Edizione bilingue: Italiano – Inglese

Nuova Editrice Genovese 2003

 

THE 1930’S

THE GLOURIOUS EPOCA OF THE TRANSATLANTIC LINERS

“REXANDCONTE DI SAVOIA”

With these giants of the “near sisters”, the Genovese entered into the olympus of the great world marine tradition.

Their perfect harmony: the happy outcome of equilibrium, elegance and technology, earned an ambitious reward by being awarded the prestigious:

BLUE RIBBON

To the REX for the historic distance Gibraltar-New York (Ambrose). The voyage of 3.181 miles was done in 4 days, 13 hours and 58 minutes. At the speed of 28,92 knots. It was 16th August 1933.

To be able to accomadate the colossal size of these two transatlantic liners, Genoa port had to proceed to demolish the terminal part of the Old Pier, and deepen the channel towwards the main berth of the Ponte dei Mille Pier.

The new marine Station Andrea Doria Pier was projected and built another drydock of 261 metres.

The wartime events of the Second World War interrupted and concluded the brillant and unfortunately, short career of the liners “REX” and “CONTE DI SAVOIA”.

 

FEATURES

REX

CONTE DI SAVOIA

Type

Liner

Liner

Flag

Italian

Italian

Port of Registry

Genoa

Genoa

Ordered

2.12.29

28.12.29

Shipyard

Ansaldo-Genoa

S.Marco-Trieste

Owner

N.G.I

Lloyd Sabaudo

Launching

1.8.31

28.10.31

Gross Tonnage

51.062

48.502

Lenght O.A. (Mt.)

268

248

Max. Breadth (Mt.)

29.5

29

Draught (Mt.)

10.07

10.00

Engine

Turbine Parsons

Turbine Parsons

Daily consumption

700/800 tonn. Nafta

700/800 tonn. Nafta

Max. Power (H.P.)

142.000

130.000

Decks

12

11

Watertight bulkheads

14

14

Cruising speed

28

29.5

Max. speed

29

29.5

1st Class Passengers

604

500

2nd Class Passengers

378

366

Stearage Passengers

410

412

3rd Class Passengers

866

922

Crew

756

786

Architecture style

‘800

‘900

Inauguration

25.9.32

30.11.32

Maiden Voyage: Dep.Genoa

25.9.32

3011.32

Dates Arr. N.Y.

7.10.32

13.12.32

Captain

F.Tarabotto

A.Lena

Chief Engineer

A.Risso

 

 

Dark clouds overshadowed the world’s horizon like a storm. Only too soon the curtain closed the “golden era of the transatlantics” leaving the scenery to the new “barbarics”.

In 1939 two big tricolour flags were painted on the ships’ sides so as to distinguish them as a sign of neutrality and not involved with the Second World War.

On the 25.5.1940 the Directors of the Company, “Società Italia di Navigazione”, announced the suspension of service of the two liners. REX and CONTE DI SAVOIA, were sent to more secure ports to Genoa for a long lay-up.

The REX after diverse intermediate ports finally tied up at the 6th berth at Trieste. The CONTE DI SAVOIA finally berthed at Venice-Malamocco. The amnistice signalled the end of these splendid vessels which were now reduced to a mass of rusty ruins, representing only a shadow of their past beauty and a great mourning of an unrepeatable epoca.

On 9 September 1943 the Germans occupaied Trieste. Straight away they stripped the REX of all the precious furnishing, carpets, paintings, cutlery, crockery etc..

On the 13th March 1944 the vessels’ flag was changed to a Hamburg base flag. On 10th June 1944 the REX came miraculously through a terribile low flying bombardment which tragically struck Trieste.

The many RAF raids convinced the Germans to tow the REX into the Capodistria roads. Her transfer didn’t go unnoticed by the English who on 9th Novembre 1944 appeared again making low flying raids with those terrible Beaufighters and with mortal hit her with about 123 incendiary rockets.

The tragic event had happened to the CONTE DI SAVOIA on 11th Novembre 1943 when the mass of smoking iron under the bombardment of a German air squadron.


IL CANNONE DELLE GRAZIE

Seconda guerra mondiale

- I bombardamenti navali di Genova (cenni)

- Le difese costiere di Genova (cenni)

IL CANNONE BINATO DELLE GRAZIE (Chiavari)


Scorcio suggestivo di una batteria costiera che controlla ampi spazi della costa (Sp).

Genova viene attaccata dai francesi.

Il 10 giugno 1940 l'Italia dichiarò guerra a Francia e Gran Bretagna. Quattro giorni dopo, il 14 giugno 1940, una formazione navale francese, alla guida dell'ammiraglio Emile Andre Duplat,  attaccò Genova e Savona con improvvisi bombardamenti navali sulle città. In quella occasione, fu dimostrata  l’inefficienza della difesa costiera composta dalla:


Casamatta della Batteria Mameli

Batteria Mameli. Fu costruita dal Genio Militare nel 1935 sulle alture di Pegli a difesa del ponente della città di Genova. Ricostruita dalla Todt dopo l’8 settembre 1943. Materiale : cemento e acciaio. Armamento: 3 cannoni da 152/50. Occupanti: Wermacht.

Il pontone armato Faà di Bruno a Venezia durante l’installazione dei cannoni.

Pontoni armati semoventi: GM 194 (ex Faà di Bruno) armato con due pezzi da 381/40 in torre binata e sei pezzi antiaerei da 76/40,  due da 20/70 e due da 6,5 mm.  GM 216 armato con due pezzi da 190/45, due da 20/70 e due da 6,5 mm.

Treno Armato T.A.120/3/S ad Albisola

Treni armati che erano alle dipendenze dei locali comandi DICAT  e trainati da locomotive tipo 735FS o tipo 740 FS, in grado di trasportare il convoglio ad una velocità massima di 65 km/h.

Il primo gruppo di treni armati (T.A.) aveva base logistica a La Spezia e il comando operativo a Genova, a cui dipendevano i seguenti treni: T.A. 120/1/S a Vado Ligure, T.A. 120/2/S ad Albenga, T.A. 120/3/S ad Albisola, T.A. 120/4/S a Cogoleto, T.A. 152/5/S a Recco e T.A. 76/1/S (antiaereo) a Sampierdarena. Mentre il secondo gruppo fu destinato alle coste calabresi e siciliane.

Dopo la "Notte di Taranto" dell'11-12 novembre 1940, in cui la flotta italiana fu pesantemente danneggiata da un attacco di aerosiluranti britannici decollati dalla portaerei EAGLE, il resto della flotta italiana fu spostata a Napoli, che il successivo 8 gennaio venne a sua volta bombardata. La corazzata GIULIO CESARE, lievemente danneggiata, fu trasferita il giorno dopo a Genova per le necessarie riparazioni e, a fine di gennaio 1941, salpò per La Spezia.

Il trasferimento della flotta italiana nelle basi dell’Alto Tirreno non fu una felice idea, infatti, gli inglesi pianificarono di bombardare Genova proprio per dare un segnale alla Regia Marina che le navi italiane non sarebbero state al sicuro in alcun porto italiano. Genova fu scelta come obiettivo perché oltre Manica si riteneva che le tre navi da battaglia GIULIO CESARE, CAIO DUILIO e LITTORIO si trovassero ai lavori dentro le vasche dei bacini di carenaggio, o comunque in riparazione presso le officine OARN situate nella stesso ambito portuale. In realtà  era presente soltanto la CAIO DUILIO (danneggiata nella "Notte di Taranto"), ma gli inglesi, pur essendo stati informati di quell’unico obiettivo rimasto decisero, comunque, di procedere con l’Operazione Grog (Nome in codice).

Incrociatore da battaglia HMS RENOWN

Il 9 febbraio 1941, gli Inglesi attaccano Genova

Vista inoltre l’inconsistenza delle difese poste a difesa del capoluogo, il 9 febbraio 1941 gli inglesi fecero un affondo ancora più incisivo e potente dei francesi con l’invio della Forza H, che attaccò Genova mirando ai suoi impianti portuali, industriali e metallurgici.

La squadra navale inglese, comandata dall'ammiraglio James Somerville, era composta dall'incrociatore da battaglia RENOWN, dalla nave da battaglia MALAYA, dall'incrociatore leggero SHEFFIELD, da sette cacciatorpediniere e dalla portaerei ARK ROYAL.  Alle 8.14 la S.N.I aprì il fuoco da 19 km di distanza sulla città, sparando 273 colpi da 381 mm, 782 colpi da 152 mm oltre a numerosi altri di minor calibro. La RENOWN fu la prima ad aprire il fuoco cannoneggiando dapprima il Molo Principe Umberto, poi i cantieri Ansaldo spostando infine il tiro sulle rive del Polcevera, sparando in tutto 125 proiettili calibro 381, e 450 calibro 114. La MALAYA prese di mira i bacini di carenaggio e le navi nelle vicinanze sparando in tutto 148 colpi da 381 mm; lo SHEFFIELD sparò sulle installazioni industriali poste sulla riva sinistra del Polcevera in tutto 782 proiettili da 152 mm. Molti di questi di colpi centrarono l'abitato.

Da terra, risposero al fuoco senza alcun risultato di rilievo a causa della foschia. L'attacco terminò dopo appena mezz'ora, ma la risposta delle difese costiere fu inefficace soprattutto per la portata insufficiente dei loro cannoni rispetto alla superiore gittata di quelli britannici.

- La Batteria Mameli di Pegli sparò 14 colpi da 152/50

- Il Treno Armato T.A. 152/4/T di stanza a Voltri  con 23 colpi da 152/40.

- Il Pontone Armato GM-269 con 10 colpi da 190/39.

- Il GM-194, (batteria galleggiante) sparò solo 3 colpi da 381/40 x un'avaria all'impianto elettrico.

I DANNI:

-  Molti colpi raggiunsero la centrale elettrica e i bacini di carenaggio.

– Fu colpita la nave cisterna Sant'Andrea che stava entrando in porto.

- Furono colpiti moltissimi edifici civili e storici come la Cattedrale di S.Lorenzo, la Chiesa della Maddalena, l'Accademia Ligustica, l'Ospedale Duchessa di Galliera, dove trovarono la morte 17 ricoverate, alcuni palazzi all'inizio di via XX Settembre e l'Archivio di Stato. Una delle zone maggiormente colpite fu quella di piazza Colombo.

- Molti proiettili inglesi caddero in acqua (circa il 50%).

- Dei 55 piroscafi ormeggiati in porto, 29 furono danneggiati da schegge.

- Il piroscafo SALPI ricevette due colpi diretti (di cui uno da 381 mm).

- Il piroscafo GARIBALDI che si trovava in bacino di carenaggio, riportò tre squarci nella parte prodiera della carena per effetto di un colpo esploso all'interno del bacino.

- Il danno maggiore lo subì la Nave scuola GARAVENTA che affondò.

- Le due navi militari CAIO DUILIO e il ctp BERSAGLIERE, ai lavori, non furono colpite.

- Gli impianti industriali subirono danni non gravi. Mentre i fabbricati civili subirono danni maggiori. Alla fine dell'attacco si contarono 144 vittime civili, mentre i feriti furono 272.

- I danni materiali furono enormi. Il Comune dovette provvedere ad alloggiare circa 2.500 senzatetto presso alberghi e pensioni erogando vitto ed alloggio per 2.781.218 lire; aiuti in denaro per 955.289 lire; vestiti, scarpe, indumenti vari per 692.044 lire; articoli da cucina e masserizie per 315.374 lire; affitti per 77.765; mentre dalla "Cassetta del Podestà" vennero raccolte 1.472.649 lire a cui si aggiunse un milione di lire di contributo disposto dallo stesso Mussolini. Decine di abitazioni del centro storico furono vittima di crolli anche posteriori al bombardamento.

Nascono nuove difese costiere intorno a Genova

La severa punizione inflitta dagli inglesi ai genovesi, suggerì al Regio Esercito di correre ai ripari avviando la costruzione di tre nuove batterie costiere: la batteria di Monte Moro, la Batteria di Arenzano e la batteria di Punta Chiappa a Portofino, situate in posizioni elevate e in grado di coprire tutto lo specchio di mare antistante la città.


Batteria di Monte Moro-Genova con i serventi della Wehrmacht e della RSI

L’enorme Telemetro della Batteria Mameli – Genova

Tutte e tre furono munite con pezzi da 152/40, e le batterie di Monte Moro e di Arenzano, furono armate con i formidabili pezzi navali da 381 mm. su torre binata. Si trattava quindi di “casematte offensive” i cui locali erano chiusi da ogni parte eccetto quella posteriore che era semichiusa ed aveva il compito di scaricare i fumi e i gas dopo le bordate. Genova non fu mai più attaccata dal mare e non si ebbe  l'opportunità di vedere le potenti batterie in azione, mentre vi furono numerosi attacchi aerei che vennero fronteggiati dalle numerose batterie antiaeree posizionate tutto intorno al capoluogo.

Campagna d’Italia

L’occupazione tedesca – Nasce il Vallo ligure

Per “Campagna d'Italia” s’intendono le operazioni militari condotte dagli Alleati durante la Seconda guerra mondiale, dal giugno 1943 al maggio 1945, con lo scopo d’invadere il nostro Paese e costringere alla resa il Regno d'Italia, per rompere l’alleanza con il Terzo Reich.

IL 3 settembre 1943, tra gli Alleati e una rappresentanza del governo italiano fu firmato  L’Armistizio corto di Cassibile che fu ufficializzato  l'8 settembre. Immediatamente le truppe tedesche, coadiuvate dalla RSI, presero il controllo delle fortificazioni e delle batterie italiane, in molti casi sabotate dopo la resa.

Anche l'Italia, dopo quella tanto discussa data, dichiarò la propria cobelligeranza a fianco degli Alleati il cui obiettivo, dopo la liberazione della Sicilia, era la conquista dei territori dell'Italia centro-settentrionale occupati dalla Werhmacht  e successivamente passati, in parte, sotto l'amministrazione della RSI.

L'invasione della Sicilia (in codice operazione Husky) ebbe inizio il 9 luglio 1943 con la protezione degli aerei tattici di base in Tunisia. Questo fu il motivo che spinse il comando Alleato a preferire gli sbarchi in Sicilia piuttosto che in Sardegna. Le successive tappe dell’avanzamento Alleato sul nostro territorio della campagna dipendeva dagli Appennini, che avrebbero fortemente rallentato la mobilità delle forze meccanizzate favorendo per ovvii motivi i difensori.

Il comando supremo tedesco, a tale proposito, riteneva probabile uno sbarco Alleato nel golfo di Genova, più precisamente nella riviera di levante sulle spiagge di Chiavari, Lavagna e Cavi che avesse un duplice scopo: separare e isolare le forze dell’Asse nell’Italia centrale e bloccarne la ritirata a nord. Il problema da risolvere era quindi di rinforzare le insufficienti postazioni difensive esistenti.

Nelle settimane successive l'Armistizio (8 settembre 1943), giunsero in Liguria i reparti specializzati del genio: battaglioni divisionali del genio e dell' organizzazione Todt (OT) che si avvalse anche di molta manodopera civile italiana, regolarmente stipendiata, che fu incaricata di costruire le nuove opere difensive. L'OT disponeva sul territorio di due Oberbauleitungen (OBL),  (direzione superiore dei lavori) e, da queste, dipendevano i cantieri e le imprese di costruzione. I lavori di costruzione partirono immediatamente.

A Genova furono occupate tutte le postazioni costiere, molte delle quali furono modificate e munite di moderne artiglierie protette da bunker, tobruk a muraglioni antisbarco, ostacoli anticarro e cavalli di frisia posizionati lungo le spiagge e le alture.  Le foci dei corsi d'acqua, le spiagge, strade e ponti furono disseminati di migliaia di ordigni esplosivi. Al 31 ottobre 1943 le unità tedesche presenti in Liguria avevano ricevuto 148.000 mine anticarro ed antiuomo (38.000 alla 334a divisione; 40.000 alla 356a divisione e 70.000 alla 135ª brigata).

L’eventuale sbarco Alleato sulla costa ligure, nome di copertura: "Grete/Gustav" per Genova, e "Luise/Ludwig" per Livorno, fu motivo di preoccupazione per lo stato maggiore tedesco che temeva lo sfondamento delle difese tedesche nel settore appenninico, ultimo baluardo a difesa del Nord Italia. Pertanto, entrambi i settori furono oggetto di una scrupolosa pianificazione difensiva.

Il 10 settembre, il colonnello Nagel, comandante dell'87º corpo d'armata, ricevette da Erwin Rommel istruzioni per lo schieramento delle truppe a difesa della costa ligure. La 74a e la 94a Divisione di fanteria furono dislocate attorno a Genova e Savona, dove le gole collinari appenniniche, corrispondendo alle vie di comunicazione con l'interno, erano ritenute le più idonee tatticamente per uno sbarco Alleato e per la liberazione del nord Italia. A Savona, nei sedici chilometri di costa furono schierati due battaglioni. A Voltri, in sette chilometri di costa fu schierato un battaglione. A Genova, in venti chilometri di costa ben quattro battaglioni. Gli estremi orientali e occidentali della Liguria  erano ritenuti obiettivi di secondaria importanza da parte per gli Alleati.

Per fortuna Genova non fu mai più teatro d’incursioni navali; l'unico fatto d'armi significativo si verificò il 28 aprile 1945 quando la Divisione USA Buffalo proveniente dalla Garfagnana, liberò il caposaldo di Monte Moro che si ostinava a sparare nonostante la città fosse già stata liberata.

I tedeschi non trascurarono neppure l’ipotesi di uno sbarco Alleato sulle spiagge di Chiavari, Lavagna e Cavi di Lavagna, i cui alti fondali  ben si prestavano ad una rapida conquista della Via Aurelia e della Ferrovia che transitano, tuttora, a pochi metri dal bagnasciuga.

Le numerose “tracce” delle difese costiere in cemento armato lasciate dalla TODT nella Riviera di Levante per contrastare l’eventuale sbarco degli Alleati, sono visibili ancora oggi lungo tutto il litorale, come vedremo.


Interno di un “tobruk”


Le maestranze della Todt, in collaborazione con specialisti dell'Analdo, della Oto Melara e dell'Arsenale di La Spezia, allestirono nuove batterie costiere utilizzando l'abbondante numero di pezzi campali catturati al Regio Esercito dopo l'8 settembre 1943.

Lungo la Riviera orientale, la Wehrmacht fece costruire numerose tipologie di casematte. Le più note avevano forma cubica o circolare con una feritoia rivolta verso al mare da cui spuntava un cannone da 50 mm pronto a fermare gli Alleati sulle nostre spiagge. Molte altre casematte, che affiorano tuttora tra le sterpaglie lungo le spiagge, furono per lo più costruite con tre o quattro feritoie ed erano armate con nidi di mitragliatrici di vario calibro. Le casematte più comuni erano note con il nome di tobruk e s’ispiravano alle postazioni italiane installate durante la Campagna del Nordafrica. L'efficacia di queste piccole fortificazioni convinse i tedeschi ad adottarle anche per la difesa delle coste liguri costruendole in cemento armato e incassandole a terra con piccole “riservette” per le munizioni. Spesso i tobruk venivano costruiti anche per la difesa delle batterie di maggiori dimensioni, mentre altre particolari costruzioni in cemento armato, contenevano una camera di combattimento circolare, dov'erano presenti almeno quattro feritoie armate di mitragliatrici che sbarravano l'accesso alle principali vie di comunicazione litoranee e funzionavano da posti di blocco costieri.

IL CANNONE DELLE GRAZIE (Chiavari)


Un'idea della potenza di alcune "batterie tedesche"  ce la fornì il film I CANNONI DI NAVARONE” che fu girato nel 1961  in parte sull’isola del Tino (Spezia). La superba interpretazione di Gregory Peck, David Niven,  Antony Quinn, Irene Papas esaltò l’eroica “resistenza greca” mettendo soprattutto in evidenza la capacità organizzativa della Wehrmacht di trasformare il ventre di una collina in una  fortezza  inespugnabile, fornita di tutto ciò che serviva allo scopo: gallerie, depositi, cunicoli, ascensori, teleferiche, alloggi, stazioni radio, magazzini, abitazioni con relativa logistica, impianti telemetrici, idrofoni, stazioni d’avvistamento, ma dotandola soprattutto di potentissimi cannoni in grado di sbarrare il passaggio ad un'intera squadra navale.

Dubitiamo che esistano ancora i piani di costruzione della "Batteria delle Grazie", pertanto non sappiamo se lungo il pendio che scende dal Santuario sino al livello del mare ci sia una “collina spaccata” colma di verità nascoste, armi e depositi di munizioni, scheletri che gridano vendetta...!

Purtroppo, di questo sistema di fortificazioni costiere si sono perse molte notizie. Ciò che abbiamo raccolto su questo argomento si basa più che altro su scarne annotazioni  di qualche studioso locale e sui ricordi un po' sbiaditi di anziani in via d'estinzione.

Chi conosceva la verità é uscito di scena  con i suoi segreti. Chi é stato avvicinato  ha risposto con dinieghi, qualche ammiccamento e scarso interesse per l’argomento. Noi italiani siamo fatti così. Non amiamo la storia, neppure quella che ci tocca da vicino...

Alla fine di aprile 1944 furono dislocati a Chiavari un comando locale dell'Organizzazione Todt e quello della 1104a Sezione dell'artiglieria costiera dell'esercito tedesco (Heeres-Küsten-Artillerie-Abteilung 1104).

Il SIM dei partigiani diede notizia che nella Galleria delle Grazie (Salita delle Grazie di Chiavari) erano stanziati 5 cannoni, di cui si ignorava il calibro e la quantità di munizioni. Inoltre fu costruita una piazzola scoperta in calcestruzzo armato per un cannone con a fianco un osservatorio in cemento collocato sotto il Santuario di Nostra Signora delle Grazie.

Bunker - L'Organizzazione Todt realizzò tre casematte contenenti ciascuna un cannone, con annesso ricovero per 20 uomini.

Nidi di mitragliatrici - Furono allestiti i seguenti nidi di mitragliatrici:

1) - Due postazioni per mitragliatrici con annesso ricovero in calcestruzzo armato in grado di ospitare fino a 20 soldati.

2) - Due postazioni per mitragliatrice con ricovero in calcestruzzo armato per quattro uomini.

3) - Due postazioni per mitragliatrice con annesso ricovero per due uomini.

Nel mese di settembre furono sospesi i lavori in tutta la Riviera di Levante con l'eccezione di Portofino. I lavoratori furono obbligati a raggiungere il Veneto.

Alcuni interrogativi sull’agibilità e sul funzionamento dell’impianto rimangono quindi senza risposta:

- La postazione del “Cannone delle Grazie” era rifornita soltanto da terra (S.S. Aurelia), oppure  anche dal mare tramite sentieri più o meno nascosti come dimostrano le foto a seguire del tunnel e del montacarichi? (vedi anche la planimetria n.2)

- Quanto era vasta la superficie d'interesse militare?

La scelta dell’ubicazione del sito fu senza dubbio oculata, poiché la TODT tenne conto della vicinanza del Santuario che garantiva l’uso delle varie utenze: luce, gas, acqua e linee telefoniche, oltre alle ben note vie di fuga nelle varie direzioni. Riteniamo invece illusorio pensare che sia stato scelto quel sito per farsi scudo del Santuario da eventuali bombardamenti aereo-navali degli Alleati. Ciò che successe a Montecassino, al quartiere S.Lorenzo a Roma e in moltissime altre città vicine a noi, esclude qualsiasi forma di pietismo artistico/religioso.

Non sappiamo se questi appunti smuoveranno la curiosità di qualche “addetto ai lavori”, ma sappiamo con certezza che una gita al Santuario delle Grazie ed una scarpinata nelle fasce sottostanti, sarebbe motivo d’interesse storico-naturalistico per molte scolaresche e non solo. Per gli escursionisti c'é invece un comodo sentiero a tornanti che si snoda dalla postazione fino alla sottostante "spiaggia del sale".

Pini, ulivi, lecci e gabbiani, col sottofondo del mare che s’infrange sugli scogli, sono gli unici testimoni di un'evasione  dal caos cittadino.

IL SANTUARIO DI N.S. DELLE GRAZIE

Il Santuario delle Grazie (Chiavari) si trova sulla S.S.1-Via Aurelia  in un tratto in cui la costa scende ripida sul mare. La collina é ricoperta da fitta vegetazione. Il Santuario domina il mare ed è ben visibile ancora oggi dai naviganti come nel passato. L'odierna struttura fu costruita o ingrandita a cavallo tra il XIV e XV secolo e proprio a questo periodo è databile la prima citazione scritta del Santuario, un atto notarile del 1416. Ospita al suo interno il ciclo di affreschi di Teramo Piaggio e quello più importante di Luca Cambiaso . Quest'ultimo, collocato nella contro facciata, raffigura il Giudizio Universale, e risale al 1550.

31-05-1945 • Il Rettore Don Domenico Nicolini, chiede al Comitato di Liberazione Nazionale che il ferro e il legname, abbandonati nelle vicinanze dai tedeschi alla fine della guerra, siano assegnati al Santuario per la ricostruzione del piazzale e del portico gravemente danneggiati dal conflitto.

(Archivio del Santuario delle Grazie)

Riportiamo alcune interessanti testimonianze anonime:

La batteria delle Grazie venne approntata per essere distrutta ed abbandonata la mattina del 25 aprile. L'improvviso apparire delle avanguardie americane a Cavi indusse i tedeschi a rioccupare la posizione ed intervenire bombardando l'Aurelia. L'azione rallentò la progressione degli americani permettendo ad un grosso gruppo (la famosa "colonna Pasquali") di ritirarsi in direzione di Genova lasciando lo squadrone esplorante divisionale (della divisione Monterosa) a condurre un’azione ritardatrice sulla riva dell'Entella. Con l'approssimarsi del combattimento, la batteria non fu più in grado di supportare i bersaglieri battendo bersagli lungo la foce del fiume, cioè presentanti una notevole depressione. Nel pomeriggio i tedeschi abbandonarono definitivamente la posizione rimuovendo i congegni di sparo dei due pezzi sotto l'azione della controbatteria americana (598° FA Bn). I danni ancor oggi visibili sono stati causati dal tiro diretto degli Tank-Sherman e gli M-10 (Tank Destroyers)  che appoggiarono l'assalto del 2/473° lo stesso giorno”.

“.... durante il mio giretto esplorativo avevo avuto occasione di parlare con un residente. Mi aveva detto che l'ultimo (o gli ultimi) giorni di guerra i cannoni avevano sparato in mare per svuotare la santabarbara. Devo però precisare che il mio interlocutore, causa l’età anagrafica, non aveva vissuto personalmente l'esperienza. Potrebbe essere che l'evento si riferisca a guerra ormai finita”.

- ll Comandante della batteria delle Grazie, dopo la guerra, veniva a Chiavari a villeggiare, perché era una brava persona e, grazie alla mediazione di Don Edoardo Giorgi, alla fine dell'Aprile 1945, scaricò i cannoni in mare. Don Giorgi era segretario del Vescovo e nostro insegnante di religione e ci raccontò questo episodio.

Dal libro “Cosa importa se si muore” di Mario Bertelloni e Federico Canale (Res Editrice, Milano, 1992):

Mercoledì 25 aprile [1945]. (,,,) La signora Westermann, titolare dell'albergo in via Romana, dove tra l'altro i tedeschi sono di casa, si fa portavoce di una mediazione con il comandante della batteria. Questi, un austriaco, si impegna a non sparare purché non attaccato dai Gap o dai partigiani. Tutto sembra procedere nel migliore dei modi quando, verso le ore 15, il comandante della batteria del Curlo, tale capitano Campanini, ordina di aprire il fuoco contro le truppe alleate dislocate sul lungomare di Cavi. (...).

Il capitano austriaco, mantenendo fede alla parola, non ha dato alcun ordine. I suoi non ci hanno pensato su: è passato per le armi da un tribunale volante delle SS.

Gli alleati centrano un bunker sotto il santuario delle Grazie ma è come aver pescato un jolly perché non riescono a comprendere da dove arrivino le cannonate.

Giovedì 26 aprile. (...) Prima della ritirata, pionieri tedeschi minano le postazioni delle Grazie; sotto il Santuario c'è un'autentica santabarbara. Jan Zacher e Jan Wegner, [polacchi] dell'artiglieria germanica, evitano la distruzione della chiesetta; Wegner taglia con un colpo d'ascia il filo della carica prima che salti tutto in aria e con il commilitone corre a nascondersi. (...) I due soldati e un loro ufficiale si sono sempre comportati bene con la popolazione di Rovereto fino al punto di aver pagato i danni per un cane lupo ucciso per sbaglio. Nove anni più tardi (...) quell'ufficiale tornerà a Chiavari per ringraziare del trattamento riservatogli al momento della cattura (...)

Ringrazio il T.V. Enzo Gaggero per quest'ultima testimonianza.

Ciò che é ancora visibile e parzialmente visitabile.

Tra le opere militari costruite sotto il Santuario della Madonna delle Grazie, sono visibili parti di una batteria molto ben occultata e strategica, sia per la posizione collinare con ampia visibilità semicircolare, sia per la potenza dei suoi cannoni. Per quel che si può vedere dai reperti rimasti in zona, la batteria poteva essere rifornita via terra, ma anche via mare per mezzo di un elevatore ubicato presso una galleria a livello del mare. Sono inoltre visibili altri bunker per nidi di mitragliatrici e supporti per apparati di telecomunicazioni - Osservatorio munito di telemetro per il calcolo della distanza degli obiettivi. La zona é oggi ricoperta, quasi interamente, da detriti franati negli ultimi 70 anni a causa  delle piogge invernali e, naturalmente, per l’incuria dei proprietari del terreno. Non esistono segnalazioni che ricordino il "passato militare" di questa zona.


Vista satellitare sul ponente chiavarese. Il Santuario delle Grazie (cerchio giallo n.4) é sfiorato dalla SS.Aurelia  e segna l’inizio del pendio che scende sul mare nascondendo i resti della struttura militare germanica.

ALBUM FOTOGRAFICO DELLE OPERE INSTALLATE DALLA TODT SOTTO IL SANTUARIO DELLE GRAZIE A CHIAVARI.

Le foto, scattate dal portico del Santuario delle Grazie (Chiavari), mostrano l'ampia prospettiva che si apre tra Portofino e le spiagge di Chiavari, Lavagna, Cavi di Lavagna e Sestri Levante. Su questo litorale, la Wehrmacht ipotizzava lo sbarco in massa degli Alleati. Da questa posizione dominante, il cannone binato delle Grazie, con una gittata di 20 Km, era in grado di ostacolare questa operazione.

Nel 1944, su questa massiccia piattaforma poligonale alloggiava un potente cannone navale binato. Al centro di questo basamento si nota un’ampia apertura circolare, ormai ricoperta di terra e detriti, che conteneva sia l’ancoraggio che la struttura del brandeggio delle armi. Sono passati 70 anni e il rigoglioso pino marittimo che sale in piena salute dalla base dell’impianto, ci ricorda le parole di quella canzone: “Mettete dei fiori nei vostri cannoni....”

La piazzola si erge su una serie di camminamenti sotterranei e locali destinati ad ospitare depositi di munizioni e armamenti. L'intero impianto era in collegamento con la galleria stradale che era a sua volta parzialmente utilizzata come caserma e deposito.


II possente basamento visto dal lato mare. Intorno al manufatto s'intravedono a tratti, sebbene  ricoperti da folti arbusti e spinosi cespugli di more, gli accessi ai depositi munizioni (murati e interrati) ubicati dietro il cannone, proprio sotto l'abitazione del curato. A levante dell’impianto sono ancora visibili gli effetti delle cannonate degli Sherman del 760° Tank Bn (Buffalo) che investirono la posizione il pomeriggio del 25 aprile 1945.

IL CANNONE NAVALE BINATO INSTALLATO DALLA WEHRMACHT SULLA COLLINA DELLE GRAZIE – CHIAVARI

In alto: Vista laterale dell’arma con le sue misure geometriche.

O.T.O 135/45 mm - 1937

In basso: Torretta del cannone navale vista dall’alto.


La Classe “Capitani Romani” disponeva di quattro cannoni binati O.T.O. 135/45 mm 1937. “Scipione Africano” é il modello raffigurato in questa ricostruzione.


Artiglierie dell’incrociatore italiano Scipione Africano

Una fonte attendibile sostiene che il cannone binato delle Grazie era lo stesso che fu installato sugli incrociatori della “Classe Capitani Romani” (2 x 135/45 mm) Mod.OTO-1937 visibili nella foto sopra. Quest’arma era considerata la migliore che sia stata costruita nella Seconda guerra mondiale. Avevano una gittata di 20.000 mt. ed era in grado di “battere” il golfo Tigullio, da Portofino a Sestri Levante.


Nel sentiero sottostante il basamento dei cannoni, ci s’imbatte in questo piccolo tunnel con curva a gomito a sinistra, che porta verso l'osservatorio scavato nella roccia.


Pochi metri più avanti, questa postazione delimita  il  sentiero verso ponente. Sullo sfondo della prima foto s’intravede il Santuario. Questa batteria prese parte ad azioni di fuoco per contrastare l'avanzata americana lungo la costa.

Il sentiero termina qui. Questi due basamenti (supporti) si trovano sotto il bunker con l’ampia feritoia ed appartennero ad un sistema più ampio di trasmissioni operative.

Chiavari 1937 – Rione Scogli  -

 

2010 – olio su tavola – 70x50  dell’artista chiavarese

Amedeo Devoto

 

La didascalia riporta il seguente fatto storico:

"La casa dove sono nato e dove ho passato i primi dieci anni della mia infanzia. Posta a ponente dell’attuale Colonia Piaggio venne demolita durante l’occupazione tedesca verso la fine del 1943 per edificarvi un bunker. Sulla destra si nota la galleria della vecchia ferrovia deviata più a monte nel 1908 e il pontone di “Penco” che costruisce la prima diga."

La casa natia di Amedeo Devoto fu demolita dai tedeschi per installare un Tobruk con deposito-armi. I resti di quello scempio sono visibili in questa foto.

Alcune interessanti planimetrie del 1944

(Per g.c. del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari)


La Planimetria n.1 di Amedeo Devoto riporta (in alto) la GALLERIA DELLE GRAZIE (S.S.Aurelia), (al centro) il Santuario N.S. DELLE GRAZIE e (sotto) il tratteggio della batteria con la scritta: “BUNKER CON CANNONE DELLA MARINA BINATO”.


La Planimetria n.2 di Amedeo Devoto mostra le opere difensive antisbarco. A sinistra sono leggibili le scritte: Galleria Vecchia – Deposito munizioni e cannone. Al centro: Muro antisbarco. A destra: Figo – Uliveto – Rudere – Bunker – Arenile.


La planimetria n.3 di Amedeo Devoto mostra le seguenti strutture costruite dalla Todt: a sinistra, il massiccio “muro antisbarco” quasi toccato dal “RELITTO DI UNA NAVE TEDESCA” arenata sulla spiaggia. Il muraglione antisbarco prosegue verso il centro del disegno mostrando un bunker e più sotto (nel punto più vicino alla spiaggia) una postazione per mitragliatrice. A destra, a protezione della costruzione n.3 é disegnato un tobruk per contraerea.

Dal libro  "I GATTI ROSSI" di Edoardo Torre - Una storia vera sullo sfondo del Tigullio - Edizioni INTERNOS.

Riportiamo: .... Ma, nelle notti di luna piena, le cose andavano diversamente. Allora, Edo e Gio, prendevano posto, comodamente seduti, fronte mare per godersi lo spettacolo. "Chissà se passeranno le bettoline" commentavano i due attenti al più piccolo suono. Le bettoline, così impropriamente dette, erano piccole imbarcazioni di circa una ventina di metri che trasportavano materiali e munizioni per il fronte. Quella notte il mare era una tavola, sembrava di cristallo ed il raggio della luna specchiato nell'acqua, si muoveva ed ondulava lentamente. Ad un tratto si udì distintamente provenire dal mare il ronzio cupo di motori. Un ton ton cadenzato, ovattato, ma inconfondibile. "Sono loro, stanno arrivando" dissero i due. Le bettoline solitamente navigavano lente, sotto costa, a poca distanza dal litorale, per tentare di eludere gli aerei che davano loro la caccia continuamente. Edo e Gio si fecero attentissimi; il cielo era stranamente silenzioso. Il raggio della luna inondò il tratto di mare davanti a loro mentre una piccola imbarcazione scura stava attraversando fiduciosa quella sciabolata di luce. Quand'ecco, con fragore violentissimo, come un turbine impetuoso sorto dal nulla, un caccia sorvolò le loro teste avventandosi sulla piccola navetta e inondandola di proiettili fiammeggianti sputati dalle sue ali. Edo e Gio fecero un salto sulle loro sedie e, sbalorditi, si  chiesero: "Ma da dove é uscito quello?". La piccola imbarcazione annaspò, cercò di difendersi sparando all'impazzata verso l'alto in tutte le direzioni. Mille fuochi traccianti squarciarono la notte. Il caccia fece un largo giro, poi si scagliò nuovamente sulla preda oramai in fiamme. Edo e Gio videro chiaramente i poveri marinai gettarsi in acqua per guadagnare la riva, mentre sulla loro nave parte delle munizioni stavano esplodendo. La bettolina si arenò sulla spiaggia vicino alla grande colonia: per tutta la notte si udirono i botti. Il suo relitto, irriconoscibile ed arruginito, per parecchio tempo sulla riva come testimonianza di una terribile notte di luna piena.

La planimetria n.4 di Amedeo Devoto mostra il “cuore marinaro” di Chiavari: Il Rione Scogli, con Piazza Gagliardo, ex Ciassa di Barchi, sede e scalo del Cantiere navale Gotuzzo che costruì 125 velieri a cavallo del ‘900. L'antica casa Gotuzzo (n.27) fu costruita nel 1652 e tuttora appartiene alla famiglia Andreatta-Gotuzzo. L’antica costruzione è intessuta della storia del cantiere che il proprietario, comandante Ernani Andreatta, coltiva con attaccamento e competenza. Il Museo Marinaro Tommasino Andreatta  era situato nella stessa casa padronale, ma da qualche anno, avendo acquisito un notevolissimo numero di reperti, si é trasferito nella Caserma delle Telecomunicazioni di Caperana-Chiavari.

- Un tobruk con postazione per mitragliatrice é riportata sul lato mare.

Nella parte occidentale di Chiavari sono tuttora visibili numerose tracce del sistema difensivo costiero realizzato dai Tedeschi dopo l'8 settembre. Alcuni tratti dell'esteso muro antisbarco che proteggeva la spiaggia, sono ancora presenti a levante, sia presso la foce del fiume Entella, sia in prossimità della ex Colonia marina Fara a ponente, come le foto che seguono ci indicano nitidamente.

ALBUM FOTOGRAFICO: Postazioni lato mare

"Dido" Caffarena, in questo pregiatissimo dipinto, ci riporta all'epoca dell'iniziale demolizione del MURO ANTISBARCO costruito dalla TODT dietro la spiaggia chiamata GHIAIA (geea) a Santa Margherita Ligure. Questo spazio "liberato", in estate é occupato dagli stabilimenti balneari. Sul lato di levante del muro c'era un TOBRUK semi interrato. Un altro bunker si trovava in porto, in fondo di via Favale, dove oggi si trova una stazione di benzina che forse in profondità usufruisce dell'antica struttura militare.

In questa foto del primo dopoguerra si notano le tracce di tobruk e muraglioni antisbarco sul lungomare di Chiavari (Arch.Andreatta)


1944 – 2014.  Sono passati 70 anni ...

Non tutti i bagnanti sono consapevoli che il sinuoso e affascinante litorale chiavarese, sul finire della guerra avrebbe potuto trasformarsi in un infernale TEATRO di guerra: il D-Day nostrano. Per fortuna quelle pagine di storia non furono mai scritte e le nostre spiagge continuarono a conservare i loro nomignoli originali fino ai nostri giorni, al contrario di quelli convenzionali usati dagli Alleati per esempio in Normandia: Omaha, Juno, Utah, Gold, Sword.... che ci ricordano chilometri di spiagge tinte del sangue di 10.000 anglo-americani caduti nelle prime 24 ore dello 'sbarco famoso' che liberò l'Europa dal giogo nazista.

Tracce di muraglione antisbarco

Le due foto che seguono mostrano il tipico nido di mitragliatrice antisbarco denominato Tobruk.

COLONIA FARA


La colonia Fara, intitolata alla memoria del generale Gustavo Fara é sita in via Preli a Chiavari e nacque come colonia estiva. La struttura fu commissionata dal Partito Nazionale Fascista nel 1935 come luogo e soggiorno di villeggiatura marinaro per bambini, da utilizzarsi prevalentemente nel periodo estivo. L'edificio è un esempio del Razionalismo Italiano. Una curiosità: l’impianto architettonico rappresenta un aereo con il muso verso il basso e la coda verso il cielo.

In questa foto si vede più nitidamente il profilo delle ali d’aereo

 


Estate 2013. La foto denuncia il degrado in cui versa la Colonia Fara. Resti del muraglione antisbarco sono tuttora visibili dove termina il bagnasciuga.


Il centro abitato di Chiavari termina qui. Sullo sfondo s’intravede la scogliera di Zoagli. Nella parte alta della foto svetta il Santuario della Madonna delle Grazie, sotto il quale era ben occultato il potente cannone binato antisbarco, la cui gittata (20 Km), dominava la prospettiva panoramica Portofino-Sestri Levante. L’arma era difficilmente identificabile, immersa com’era in quella collina fittamente ricoperta di macchia mediterranea che degrada dolcemente sulle spiagge sottostanti.

Si mormora che la “Batteria delle Grazie” sia poco estesa esternamente, ma molto articolata all’interno delle sue viscere. Questo inquietante aspetto é visibile ancora oggi a livello del mare, dove é visibile l’imbocco di una galleria che penetra nella collina, ma non é chiaro fin dove arrivi.

Prima dell’imbocco dell’accennato tunnel s’incontra questo tobruk che riporta la sua data di costruzione: 25.2.44

 


Rappresentazione di un tobruk armato del periodo bellico.

L’ingresso del tobruk é rimasto aperto

Proseguendo lungo il sentiero, si arriva ad una galleria forse abbandonata già nell'anteguerra in seguito a un crollo, ed in seguito utilizzata come ricovero per armi o deposito-munizioni. Sugli scogli prospicienti la galleria, sono visibili altri due tobruk, uno delle quali si é staccato ed é piombato in mare.

L'interno della ex galleria del treno con il “paraschegge”. La ferrovia fu deviata più a monte nel 1908. (Archivio Andreatta)


La parte superiore del tobruk caduto in mare si trova davanti all’entrata della galleria.

 

Ci troviamo in piazza Gagliardo, vulgo Piazzetta dei Pescatori. Nel 1944 i tedeschi erano fortemente intenzionati a demolire questa storica casa per sostituirla con un Bunker Antisbarco. La famiglia Gotuzzo si oppose con tutte le forze alla realizzazione di questo insensato progetto e, per fortuna, alla fine riuscì ad evitare il disastro. Il bunker, contenente un nido di mitragliatrici pesanti, fu costruito nella posizione da cui fu scattata la foto.

 

Il casato, oggi elegante abitazione della famiglia Ernani Andreatta, fu Sede e Sala a Tracciare del Cantiere Navale Gotuzzo.

La foto si riferisce alla bella meridiana sovrastata dallo stemma della famiglia Gotuzzo, opera di M. Vaccarezza (2001) in base ai calcoli del prof. R. Morchio (1994).

 

Declinante a ponente, è completa di lemniscata e delle iperboli che indicano la posizione del sole nei diversi mesi dell'anno, unite ai corrispondenti segni zodiacali. In basso, l'immagine della goletta FIDENTE (1922), "l'ultimo dei grandi velieri varati nel Rione Scogli dai Cantieri Gotuzzo ". Sotto, un nastro con il motto: "Chi g'à da fâ cammin o deve ammiâ ö tempo e ö bastimentö" (Chi ha da fare del cammino, deve guardare il tempo e il bastimento).

 

 

FRAMMENTI DI STORIA:

SBARCHI ANGLO AMERICANI  AVVENUTI IN ITALIA E IN PROVENZA

Il 9 luglio 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia (Op. Husky). Le forze militari presenti nell’isola durante i 38 giorni di battaglia, raggiunsero la cifra di 320.000 uomini. Di questi, quasi 192.000 erano italiani e 65.500 tedeschi. Gli addetti ai servizi erano 60.000 italiani e 5.000 tedeschi. Il numero degli italiani uccisi fu di 4.678, mentre nelle file tedesche i morti furono 4.325. I prigionieri italiani furono 116.681, mentre quelli tedeschi 5.523. Alla fine della campagna di Sicilia, si registrarono tra le truppe italiane 36.072 dispersi, mentre tra quelle tedesche 4.583. Gli Alleati lasciarono sui campi di battaglia 2.237 soldati americani e 2.062 britannici. I feriti americani furono 5.946 mentre quelli britannici 7.137. I prigionieri statunitensi furono 598, quelli inglesi 2.644 (tra cui molti dispersi). I soldati che in Sicilia si ammalarono di malaria furono 9.892 americani e 11.590 britannici.

SICILIA 1943 di Ezio Costanzo. Ediz. Le Nove Muse Editrice. Quarta edizione - 2007.

Il 9 settembre 1943 gli Alleati sbarcarono nel golfo di Salerno. Al termine della Campagna militare Avalanche, le perdite furono ingenti: gli Alleati persero 2.009, i dispersi 3.501, i feriti 7.050. Le vittime per l’Asse ammontarono a 3.500.

Il 22 dicembre 1944 gli Alleati sbarcarono ad Anzio e Nettuno. Nella Campagna militare Shingle di Anzio gli americani della 5ª armata persero circa 30.000 uomini tra morti feriti e dispersi, 12.000 le perdite inglesi (i reparti dell'8ª armata) contro le 25.000 perdite tedesche. Il risultato ci fu: Roma venne conquistata, ma con un ritardo inspiegabile, ci vollero oltre 4 mesi per compiere i 50 km che separano Anzio dalla capitale, al costo di ingenti perdite probabilmente evitabili.

Il 15 agosto 1944 gli Alleati sbarcarono in Provenza. Campagna militare Dragoon. Tra le ore 2 e le 4, paracadutisti e truppe aviotrasportate britanniche ed americane scendevano nella valle dell'Argens, alle spalle di Cannes e di Tolone, tra Le Muy, Brignoles e Draguignan. Alle ore 7 circa 1.300 apparecchi anglo-americani bombardavano violentemente le difese costiere tra Cannes e Tolone e dopo un'ora di martellamento le prime truppe americane prendevano terra tra St. Tropez e St. Raphael; circa 12 miglia a sud ovest di Cannes, incontrando scarsa resistenza. Il massiccio spiegamento di forze Alleate fece ripiegare le forze dell’Asse in più direzioni. Questo fu il motivo che tenne molto basso il numero delle vittime.  Più ad occidente, presso Hyères (due miglia ad est di Tolone) sbarcavano reparti di  commando americani e francesi.

Uno dei vantaggi dell'operazione fu la presa e l'utilizzo del porto di Marsiglia. La rapida avanzata alleata dopo le Operazioni Cobra e Dragoon rallentò fino ad arrestarsi nel settembre 1944 a causa di una carenza critica di rifornimenti. Migliaia di tonnellate di materiali vennero deviati a nord-ovest per compensare l'inadeguatezza delle strutture portuali e dei trasporti terrestri nell'Europa Settentrionale. Le linee ferroviarie della Francia meridionale vennero ripristinate, nonostante i gravi danni, verso il porto di Marsiglia e diventarono un'importante linea di rifornimento per le truppe Alleate in avanzamento in Germania, fornendo circa un terzo di tutto il fabbisogno dell'esercito.

Da queste brevi note s’intuisce che un eventuale sbarco degli Alleati sulle nostre spiagge della Riviera di levante avrebbe accelerato la conquista del porto di Genova ed impedito la ritirata dell’Asse verso nord, accorciando di conseguenza il conflitto di molti mesi.

Quanto ci sarebbe costata questa operazione in termini di vittime umane,  distruzioni di opere pubbliche, di abitazioni civili, paesaggio ecc...?

E’ meglio soprassedere! Ma ognuno, leggendo le brevi note sugli sbarchi Alleati in Italia e in Provenza, a noi vicina, può farsene un’idea dal numero delle vittime,  e non potrà che ringraziare la Madonna delle Grazie ed anche quella di Montallegro...

Ringraziamenti :

Ringrazio l’anonimo autore degli “scatti” effettuati alle opere militari sull’impervia scogliera del ponente chiavarese e per averli postati sul web come contributo alla divulgazione della nostra storia locale.

Ringrazio i giornalisti-scrittori Mario Bertelloni e Federico Canale per averci concesso le preziose testimnianze contenute nel libro: "Cosa importa se si muore" (Res Editrice, Milano, 1992)

Ringrazio il Comandante Ernani Andreatta, il pittore Amedeo Devoto, mancato di recente, e le loro famiglie per averci concesso immagini e ricordi famigliari. Agli amici degli SCOGLI, Mare Nostrum Rapallo ha dedicato cinque saggi che sono stati inseriti in questo sito:

https://www.marenostrumrapallo.it/

Sezione:    Navi e Marinai

Categoria: Saggistica Navale

 

Carlo Gatti

Rapallo, 22 febbraio 2014

 


The TALL SHIPS' RACES 2007

THE TALL-SHIP RACE - 2007

MEDITERRANEA

 

L’uomo di mare del terzo millennio dispone di una tecnologia così avanzata che era impensabile immaginare soltanto qualche decennio fa. Tuttavia, l’ambiente in cui si muove il marinaio è sempre lo stesso: quello delle tempeste, delle onde anomale, delle guerre che oscurano i sistemi satellitari di navigazione ecc…. Sembra persino ovvio affermare che le navi moderne siano più “sicure” che in passato, ma nessuna è stata ancora definita inaffondabile; gli uomini di mare lo sanno e sono anche consapevoli che il loro bagaglio  pratico e culturale  deve ancora partire da lontano, dalle cosiddette Navi-scuola che tutte le nazioni marinare adottano per la formazione dei propri quadri naviganti.

Questi preziosi lasciti della Storia Navale, oggi si chiamano TALL SHIPS, ossia gli alti velieri che solcano silenziosi gli Oceani, carichi soltanto di ricordi e di giovani cadetti che portano ovunque la “nostalgia” di un’epopea millenaria e rappresentano ancora la prima vera scuola: “la palestra del vento” per tanti futuri capitani.

La prima Tall Ships Race fu corsa nel luglio del 1956 da Torbay, sulla costa meridionale inglese, a Lisbona, nel Portogallo; i partecipanti erano 20 e l’inglese Moyana, armato dalla Scuola di Navigazione di Southhampton, vinse nella Classe A, mentre l’Italia, con Artica II, si aggiudicò la Classe B. L’avvenimento ebbe luogo grazie, soprattutto, alla tenacia dell’inglese B.Morgan che lottò per il progetto di far rivivere l’epoca dei Grandi Velieri e riuscì ad assicurarsi il patrocinio dell’allora Primo Lord del mare all’Ammiragliato, Louis F. Maountbatten.

Oggi la maggior parte dei velieri di Classe A è impiegata come “nave-scuola”, ma fu proprio la prima Race ad offrire, sin dall’inizio, l’occasione di ammirare queste splendide imbarcazioni, fornendo un ottimo strumento pubblicitario per lo sviluppo della vela, ma anche di un’originale attrazione turistica.

 

Da allora, ad intervalli regolari, la flotta degli alti velieri ha continuato, a visitare, tra una Race e l’altra, decine e decine di tradizionali città marinare in tutto il mondo. Nella stagione 1984, la goletta Marques fu vittima dell’unico disastro verificatosi sino ad oggi nella storia delle Tall Ships. La flotta si riunì a St.Malo e regatò via Las Palmas, sino allle Bermuda, dove si unì alla flotta  americana, che aveva gareggiato con partenza da Portorico. Dalle Bermuda i concorrenti fecero rotta verso Halifax, nella Nuova Scozia. Purtroppo, quando si trovarono al largo della costa orientale canadese, alcune di loro incapparono in condizioni meteorologiche assai sfavorevoli. La goletta Marques fu travolta dalla tempesta ed affondò in due minuti; 19 uomini dell’equipaggio perirono e i soli nove superstiti furono tratti in salvo dalla concorrente polacca Zawisza Czarny.

Il 1992 fu l’anno del “Quinto Centenario” della Scoperta delle Americhe. Ad onorare il Grande Ammiraglio genovese, “colui che ampliò il mondo”, si presentò la Flotta delle Tall Ships in un’importante sfilata. Lo scenario, così denso di colori e silenzi, fu la sintesi di tanti ricordi, ma soprattutto rappresentò  il ponte ideale ed insieme reale che ci unì quel giorno alle nostre radici di marinai.

A nostro parere, questo legame con il passato si esalta ancora di più  nel raffronto squilibrato con le navi d’oggi, che a detta di molti, sono il prodotto di un esasperato gigantismo commerciale.  Ci riferiamo in particolare all’ultimo varo eccellente, la nave porta-contenitori Emma Maersk che è lunga esattamente quattro volte l’Amerigo Vespucci ed ha soltanto 13 persone d’equipaggio.

A questo punto potremmo intrattenervi sulla corsa sfrenata alla robotizzazione, sulla solitudine dei naviganti moderni, sui pericoli di una semplice influenza che potrebbe decimare un equipaggio  già  ridotto, ecc….ma possiamo soltanto dire  che le battaglie contro il progresso sono tanto dannose quanto inutili e quindi sono perse in partenza.

Per il momento non ci rimane che sognare ed aspettare l’evento tanto atteso che avrà luogo il prossimo mese di luglio:

La Regata Mediterranea delle TALL SHIPS organizzata da Sail Training International che prevede il seguente svolgimento:

Dal 4 al 7 luglio  RADUNO ad Alicante.

1a Gara: Il 7  Luglio   PARTENZA da Alicante  -  Il 12 Luglio ARRIVO a   Barcellona

Trasferimento da Barcellona a Tolone.

2a Gara: Il 15 Luglio  PARTENZA da Tolone    -   ARRIVO a GENOVA tra il 28-31 luglio

Sponsor della “Tall Ships Race-Mediterraneo” è la MSC-Crociere, il cui direttore si è così espresso: “La Compagnia ha una vocazione innata per la storia e le tradizioni del mare. Le nostre navi solcano rotte e toccano porti in tutto il mondo; è per noi un onore, oltre che motivo d’orgoglio, poter offrire a Genova, porto d’imbarco delle nostre crociere, la possibilità di ospitare uno degli eventi più sentiti nel mondo della vela”.

Noi siamo felici e fiduciosi che uomini di mare abbiano preso in mano il timone della Manifestazione e proprio a loro rivolgiamo il seguente appello:

“fateci rivivere quell’emozione!”

- Era la Pasqua del 1992. Pochi spettacoli sono stati più emozionanti dell’armoniosa bellezza di una flotta di grandi velieri che sono  scivolati via, silenziosi fuori del porto, lungo una linea sinuosa e policroma che avanzava e si estendeva sempre più verso la costa della Riviera di levante.

In quella splendida giornata d’antichi revival, oltre mezzo milione di turisti estasiati, si unì ai genovesi per ammirare l’immensa rada che improvvisamente si trasfigurò in un sogno vero. Il passato sembrava risorto nelle sembianze di una processione solenne che sgusciava lentamente, con la prora in direzione del santuario della tradizione: la Camogli dei mille bianchi velieri. -

Carlo GATTI

Rapallo, 17.02.12

 

 

 

 


RELAZIONE Attività Mare Nostrum 2011

ATTIVITA’  MARE NOSTRUM 2011

RELAZIONE DEL PRESIDENTE

Cari associati,

L’anno 2011 è stato ricco di eventi ed avvenimenti che, grazie anche all’attività culturale e promozionale portata avanti dalla nostra associazione, hanno particolarmente arricchito l’offerta storico-documentale dedicata alle nostri radici marinare ed agli appassionati  cultori di storia locale.

In linea generale vanno ricordati per il loro valido supporto promozionale il nostro sito sul web, il periodico Il Mare e il Museo Marinaro Tommasino-Andreatta ospitato presso la Scuola Tlc di Chiavari.

Ciò detto si evidenzia il corposo elenco degli eventi realizzati nell’anno 2011.

In data 28.12.2010 é stata accreditata la cifra stabilita dal Comune per Mare Nostrum.

- dal 15 al 22 gennaio 2011 Emilio Carta é andato in trasferta (vacanza di lavoro) in terra siciliana. Il 19 ed il 20 gennaio é stato ospite della Regione Sicilia, assessorato ai Beni Culturali e Soprintendenza al Mare e dell’Istituto Tecnico di Palermo per due conferenze su "L'U-Boot 455 l'ultimo mistero del Mediterraneo". In entrambe le occasioni ha presentato il volume "U-Boot 455, il sottomarino della leggenda: 30 immersioni nelle acque della provincia di Genova" scritto assieme al sub Lorenzo Del Veneziano.

- Il 28 gennaio 2011 è stato stipulato il contratto per l’attivazione del sito di Mare Nostrum. Mentre a febbraio abbiamo studiato il sistema, a marzo abbiamo provveduto all’inserimento dei primi articoli. Alla fine dell’anno abbiamo raggiunto 2.000 visite di lettori.

- Il 9 febbraio 2011 sul sito di Mare Nostrum é stato inserito per la prima volta il mensile IL MARE. L’editore è Massimo Busco (nostro socio) mentre il direttore responsabile della testata è Emilio Carta.

- Il 18 marzo a Genova al Galata Museo del Mare, Emilio Carta assieme al sub Lorenzo Del Veneziano ha  presentato ha presentato il volume "U-Boot 455, il sottomarino della leggenda: 30 immersioni nelle acque della provincia di Genova".

- Il 24 marzo la signora Milena Palazzo, moglie del nostro socio Flavio Vota ha presentato un bellissimo libro di poesie presso la Sala Conferenze di Villa Queirolo.

- Il 16 Aprile all’Abbazia di S.Fruttuoso si è tenuta l’inaugurazione della mostra Storie di Navi e Relitti del Promontorio di Portofino, Patrocinata dal FAI - Echi di Liguria e Città di Camogli. Vi ha partecipato  Mare Nostrum con il socio Claudio Molfino, organizzatore e allestitore in collaborazione col grafico Sandro Bonati, Nanni Andreatta con la concessione di reperti museali e vari testi illustrativi scritti di Emilio Carta e Carlo Gatti

- Nel Marzo 2011 – Emilio Carta e Carlo Gatti hanno tenuto  una conferenza presso l’Associazione la “Corallina” di Santa Margherita sulle navi da carico USA i LIBERTY davanti ad un numeroso pubblico.

- il 4 giugno i soci Carta e Gatti sono stati invitati ad un ulteriore incontro sullo stesso argomento, “I LIBERTY” da un’altra Associazione “SPAZIO APERTO”,  di Santa Margherita Ligure.

- Venerdì 10 giugno, alle 18.00 presso la nostra sede "Gran Caffé Rapallo" si è tenuta una conferenza sulla Mostra FAI cui hanno partecipato i soci Molfino e Cartainsieme a Capretti, il Manager dell’Abbazia)di San Fruttuoso. In tale occasione è stato presentato il nuovo sponsor MEDIOLANUM .

- Ai primi di giugno é stata presentata la prima Bozza-Programma per la Mostra Mare Nostrum 2011 con le ricorrenze del 30° anno di vita di Mare Nostrum, del 10° anno consecutivo della pubblicazione di Mare Nostrum e del 150° dell’Unità Nazionale. Nonostante le obiettive difficoltà finanziarie, (tra cui il patto di stabilità)  il  Comune ha assicurato il proprio intervento assieme alla Banca Carige

- 5 Luglio – E’ stato presentato il filmato di Nanni Andreatta sul varo del LEUDO. Ne é seguito il regalo per l'Estate 2011 che Mare Nostrum ha donato in omaggio alla Tradizione Marinara Ligure che oggi, più che mai, é viva grazie a personaggi come il nostro "NANNI" che la incarna con la sua storia familiare, personale e che ci coinvolge a tutto campo con l'entusiasmo e l'orgoglio di farci sentire "attori e spettatori" di una lunga epopea che riemerge dal passato.

- 7 luglio - Più volte in estate abbiamo avuto il piacere di “osservare” il cielo insieme agli amici astrofili di Enzo Gaggero (nostro socio e presidente dell’Associazione IL SESTANTE) con Marcello Cecchi.

- In estate é stato promosso presso l’Oratorio dei Neri a Rapallo, come avviene da molti anni, l’evento MARE FORZA SETTE, animato da tanti personaggi di Mare Nostrum. Ecco il programma completo.

Mare Nostrum Rapallo -  Confraternita dei Neri - Caroggio Drito

Museo Marinaro Tommasino-Andreatta -  Il  Sestante  - Expo Tigullio

presentano

Mare Forza Sette

Al Giardino pensile dell’Oratorio dei Neri

via Magenta, Rapallo

Sabato 16 luglio ore 21.15

Presentazione del libro "Le barcacce nel cuore" di Carlo Gatti e Silvano Masini Interventi dell’autore  e di Emilio Carta

L’incontro sarà preceduto dal filmato inedito di Nanni Andreatta “Genova com’era”.

Sabato 23 luglio ore 21.15 - Enzo Gaggero e il suo Team presentano    “L’impresa di Premuda”

“…il 10 giugno 1918, Luigi Rizzo affondò la corazzata austriaca Santo Stefano con il Mas 15 e Giuseppe Aonzo colpì la corazzata Tegetthoff con il suo Mas 21”.   L’incontro sarà preceduto da un interessante filmato d’epoca.

Sabato 30 luglio ore 21.15 Ernani Andreatta, Emilio Carta e Carlo Gatti presentano il libro  “Tutto il Mare in uno Zaino” di Lola Taddei, moglie del nipote (omonimo) del comandante incagliatosi con il suo brigantino a Tristan da Cunha. L’isola vulcanica diventò  celebre sia per il naufragio del brigantino ITALIA al comando del chiavarese  Rolando Perasso, sia per la scelta che due marinai camoglini fecero di rimanere per sempre su quello scoglio sperduto nell’Oceano cedendo all’amore di due  isolane che gli diedero in seguito molti figli. Saranno presenti Lola Taddei, vedova di Rolando Perasso nipote omonimo del Comandante naufragato e la figlia Serenella Perasso che farà un excursus anche su altri libri scritti su Tristan da Cunha.

Domenica 7 agosto ore 21.15 Incontro con  l’artista  Enzo Marciante autore del libro “Storia di Genova” a fumetti. La storia della Superba, e dei suoi principali protagonisti, attraverso i secoli. Una rivisitazione scanzonata ma strettamente storica della Repubblica Marinara. Presenta Emilio Carta

- Lunedì 3 e (presso i cannoni davanti al Castello di Rapallo) e Martedì 4 ottobre presso la sede dell' Associazione Sestante di Casarza Ligure, i nostri soci astrofili  capitanati da Enzo Gaggero ci danno appuntamento alle 21 per osservare con il  telescopio la Luna al 1° Quarto e Giove.

Siamo giunti così a MARE NOSTRUM 2011

con le note ricorrenze:

a) – 150° dell’UNITA’ d’ITALIA

b) -    30° di Mare Nostrum

c) -   10° della Pubblicazione di Mare Nostrum

Il 2011 è stato - ed è ancora mentre scriviamo queste note - l'anno in cui si è celebrato il 150° anniversario dell'unità nazionale: un anno denso di avvenimenti, rievocazioni, mostre, dibattiti e ricco di importanti momenti che hanno visto coinvolte tutte le più significative componenti della nostra Nazione, tanto a livello centrale quanto periferico.

Un anno, quindi, di celebrazioni unitarie e di volontà - da parte di tutti - di ribadire i concetti che stanno non soltanto alla base della nostra storia ma che costituiscono, di per sé stessi, le basilari fondamenta del nostro vivere civile, delle nostre tradizioni e della nostra essenza culturale.

Per una fortunata coincidenza, in questo 2011 così improntato al ricordo (e al tempo stesso rivolto al nostro futuro), anche la Mostra "Mare Nostrum" fa registrare il raggiungimento di considerevoli traguardi: non certo commisurabili al tondo "150°" dell'unità d'Italia, ma di sicura valenza epocale e culturale - soprattutto se rapportati alla nostra realtà locale e confrontati con l'effimera durata di altre analoghe manifestazioni, organizzate un po' ovunque in Italia e all'estero.

Difatti, con l'edizione 2011 la Mostra "Mare Nostrum" celebra il suo anniversario trentennale, e non possiamo non tornare con la memoria alle prime, pionieristiche edizioni della manifestazione, successivamente "consolidata" nei locali dell'Auditorium delle Clarisse e - da ormai molti anni - definitivamente trasferitasi nella prestigiosa e centralissima sede del nostro "Castello a mare".

In ultimo, quella che i lettori stanno per sfogliare è la decima edizione di una pubblicazione che, ormai tradizionalmente, affianca e accompagna la Mostra nella sua sede espositiva: un percorso iniziato nel 2002 con "Il Tigullio un Golfo di Eroi" e proseguito, sino ad oggi, con una serie di fascicoli - ora rivolti alle tradizioni marinare di Rapallo, ora dedicati ad aspetti di grande respiro della storia navale nazionale - che, nel tempo, non soltanto hanno seguito un filo conduttore comune ma che costituiscono un "oggetto da collezione" ricercato da appassionati e studiosi del settore storico-navale più largamente inteso. Da questo indubbio successo pubblicistico non è disgiunta la recente costituzione, nel 2008, dell' "Associazione Culturale Mare Nostrum" (in cui gli autori sono coinvolti in prima persona), che -  a sua volta - è andata ad occupare una fondamentale posizione per il collegamento e la collaborazione tra i suoi Soci, il Comune di Rapallo, le Istituzioni locali e tutte le realtà che ruotano attorno alle iniziative tese ad approfondire la realtà marittima, navale e storica della nostra Città.

In conclusione di questo anno, così importante e simbolico per l'unità nazionale, anche la Mostra "Mare Nostrum" e l'omonima Associazione Culturale hanno pertanto deciso di dare il proprio contributo con la realizzazione di questo fascicolo il cui titolo - "Garibaldi un uomo di mare" - non può non partire dal nome di colui che - più di ogni altro - rappresenta a tutt'oggi lo spirito risorgimentale dell'Italia unitaria.

Emilio Carta affronta e approfondisce una tematica sino ad oggi mai presa in considerazione, ossia la partecipazione di rapallesi e abitanti del Tigullio alla "Spedizione dei Mille" e alle immediatamente successive fasi del consolidamento dell'unità nazionale. L'argomento è di sicuro interesse, e consente di far luce su aspetti sino ad oggi mai sviluppati, sia pure solo collateralmente a ad analoghi studi, e tantomeno approfonditi con un lavoro organico "sul campo", sulla base di documenti archivistici, raccolte di cimeli e revisione critica delle fonti storiche primarie e bibliografiche. Uno studio, quindi, che riteniamo possa "fare scuola", andando a rappresentare un "valore aggiunto" per la storia di Rapallo e del suo circondario e rappresentando un collegamento tra passato e presente soprattutto ad uso delle generazioni più recenti e dei giovani i cui corsi di studio - forse - non sono oggi così attentamente rivolti alla storia viva che si nasconde ovunque in Italia, e quindi anche nella nostra Città.

Con l'esperienza derivante da lunghi anni trascorsi in mare, al comando di rimorchiatori portuali e d'altura e nel Corpo dei Piloti del Porto di Genova, il com.te Carlo Gatti fa rivivere uno dei momenti più noti - ma sicuramente meno approfonditi dal punto di vista tecnico-marinaresco - della "Spedizione dei Mille". La partenza da Genova dei famosi piroscafi garibaldini Piemonte e Lombardo avvenne, difatti, in presenza di notevoli difficoltà nautiche, rendendo necessaria una complessa operazione di rimorchio e costituendo - probabilmente - uno dei più concitati momenti della navigazione delle due unità verso il Regno delle Due Sicilie. Anche in questo caso, l'intendimento dell'autore è stato il desiderio di divulgare fatti poco noti ma importanti, assai spesso messi in ombra da momenti maggiormente éclatanti e quasi mai portati a conoscenza del pubblico degli appassionati alle vicende storico-navali del nostro paese.

Infine, Maurizio Brescia (in collaborazione con Francesco Bucca, anch'esso socio dell' "Associazione Culturale Mare Nostrum") presenta un altro tema sicuramente legato alle vicende garibaldine ed alle figure più rappresentative del Risorgimento: le navi militari italiane che - in centocinquant'anni di storia - hanno portato i nomi di Garibaldi e Cavour. Nel tempo, la Regia Marina e la Marina Militare hanno inteso onorare l' "Eroe dei Due Mondi" e lo statista piemontese (che fu - tra l'altro - anche il primo Ministro della Marina del neocostituito Regno d'Italia) assegnandone i nomi a importanti navi che - in molti casi - hanno a loro volta scritto fondamentale pagine della nostra storia navale. Sarà così questa l'occasione per ricordare, e far rivivere con foto attuali e d'antan, le prime navi a propulsione mista che portarono i nomi di Garibaldi e Cavour e, tra le successive unità, l'incrociatore corazzato Garibaldi e la nave da battaglia Cavour, sino alle due moderne e avveniristiche portaeromobili attualmente in servizio con la Marina Militare.

La realizzazione di un programma espositivo e pubblicistico di questa portata non avrebbe potuto avvenire senza la fattiva collaborazione del Comune di Rapallo e - nella fattispecie - senza l'entusiasmo e il fondamentale apporto del Sindaco - dott. Mentore Campodonico - il quale non soltanto ha sempre "creduto" nella fondamentale valenza culturale della Mostra "Mare Nostrum" (e di questa pubblicazione) per la nostra Città, ma ha saputo far sì che l'Amministrazione Comunale ci consentisse di portare a compimento il nostro progetto con un fattivo, concreto e fondamentale appoggio.

E proprio da questa volontà, e dal sostegno che il Comune di Rapallo ci ha sempre accordato, è scaturita la collaborazione con la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, un Istituto bancario sempre attento e sensibile al supporto delle realtà culturali liguri che - pur nella difficile congiuntura economica che tutti stiamo vivendo - in occasione dell'organizzazione della Mostra "Mare Nostrum" 2011 ha dimostrato, una volta di più, di sapersi far partecipe del nostro progetto con interesse e attenzione, nella certezza che la cultura è "pagante" e che i fondi ad essa destinati costituiscono non già una perdita, ma un investimento.

Desideriamo quindi ringraziare tutti coloro che ci hanno fattivamente sostenuto e appoggiato come - d'altra parte - i visitatori che si recheranno al "Castello a Mare" nei locali della Mostra, confidando che possa rappresentare un interessante momento di "immersione" nella cultura e nella nostra storia.

E a tutti i lettori di "Garibaldi un uomo di mare" va, come è ormai decennale consuetudine, l'augurio di Buona lettura e di Buona Navigazione!

Rapallo, novembre 2011

M. Brescia - E. Carta - C. Gatti

Sabato 5 novembre ore 10.30: Sala consiliare

Conferenza stampa per l’Apertura della 30a Edizione della Mostra di Mare Nostrum e presentazione della Pubblicazione di carattere storico curata da Maurizio Brescia, Emilio Carta, Carlo Gatti, Umberto Ricci alla presenza degli stessi autori.

Domenica 6 novembre - ore 11,00:

Conferenza presso il Centro Incontri del Gran Caffè Rapallo (sede sociale dell’Ass. Mare Nostrum) tenuta dal  Cap. Umberto Ricci sul tema

“I GARIBALDINI DI RAPALLO”

Domenica 13 novembre – ore 11:

La prevista conferenza del com.te Erminio Bagnasco sul tema “ I 150 ANNI DELLA MARINA MILITARE”  per un problema familiare del noto  storico è stata sostituita da analogo intervento del socio Maurizio Brescia che ha presentato e commentato un “affresco” storico della nostra Marina Militare arricchito dalla proiezione di un centinaio di foto navali molte delle quali inedite. Hanno partecipato alla conferenza “testimonial” e importanti personaggi della marina. 

Sabato 19 novembre – ore 11.00

Conferenza presso il Centro Incontri del Gran Caffé Rapallo del com.te Enzo Gaggero sul tema  “ ORA FERROVIARIA NELL’UNITA’ D’ITALIA”

Con il regio decreto del 10 agosto 1893 Il Re adotta il “Fuso Orario” di riferimento che passa per Termoli – Etna.

Domenica 20 novembre – ore 11.00

Presentazione presso il Centro Incontri del Gran Caffè Rapallo della pubblicazione “All’inferno e ritorno: la storia del marò Mario Ammi” curata da Emilio Carta e relativa a un naufragio avvenuto in Grecia durante l’ultima guerra mondiale.

Presente il superstite Maio  Ammi ha fatto gli onori di casa il Com.te Carlo Gatti.

Domenica 20 novembre - ore 18: chiusura Mostra e saluto ai partecipanti

Orario apertura al pubblico:

Lunedì, Martedì, Mercoledì, Giovedì ....... giorni di   chiusura

Venerdì ............................. 15-18

Sabato......  10-12 -      15-18

Domenica.. 10-12 -      15-18

Le sale espositive

Antico Castello – sala al primo piano

Ha ospitati lo stand del locale gruppo della Marina Militare e la grande mostra espositiva sulla storia del mare e della navigazione attraverso il modellismo navale curata dall’Associazione modellisti “Nonno Franco” di Rapallo.

Antico Castello - sala al piano superiore

Vi erano  esposti materiale storico iconografico afferenti il 150° Annversario dell’Unità d’Italia utilizzando le collezioni private del com.te Carlo Gatti, del curatore del Museo delle Telecomunicazioni com.te Ernani Andreatta, di Emilio Carta, dello studioso Maurizio Brescia e, come annunciato, del com.te Enzo Gaggero con una Mostra su “Ora Ferroviaria nell’Unità d’Italia”.

Antico Castello - due salette al piano superiore

Erano aperte al pubblico con le seguenti esposizioni:

- Una Mostra con la riproduzione di materiale storico navale sui relitti ritrovati davanti a San Fruttuoso a cura di Claudio Molfino.

- il materiale espositivo-didattico-museale messo a disposizione dal Curatore del Museo navale Tommasino-Andreatta, comandante Ernani Andreatta;

- Le immagini relative al fascicolo didattico illustrativo “Garibaldi un uomo di mare

Gestione della fase promozionale e operativa dell’evento

La mostra è stata arricchita e promossa grazie a conferenze stampa, articoli giornalistici sui principali quotidiani e periodici liguri, realizzazione di un prezioso fascicolo illustrativo, con la stampa di manifesti, locandine    depliants a quattro colori , uno stendardo promozionale e di un pannello mobile espositivo, stampa di 100 copie del quadro illustrativo della mostra su Garibaldi realizzato dal pittore Amedeo Devoto

- Il 9 dicembre Emilio Carta e Carlo Gatti hanno presentato i loro ultimi libri sull’emittente televisiva locale STV:

- il 10 dicembre il Sindaco e il presidente di Mare Nostrum all’Oratorio dei Neri hanno presentato in anteprima nazionale il romanzo “Il Collezionista d’Armi” scritto da Emilio Carta.

-Tra i soci-collaboratori che inviano “regolarmente” materiale fotografico per l’Associazione devo citare soprattutto due persone: Pino Sorio e Scipione D’Este, due appassionati viaggiatori e visitatori di Musei Navali. Un particolare ringraziamento é dovuto all’artista pittore Amedeo Devoto che anche quest’anno ha voluto donare a Mare Nostrum due pregiatissime “opere garibaldine” che hanno onorato l’argomento principale della nostra Mostra annuale.

- In concomitanza alla nostra Mostra all’antico Castello di Rapallo, è stata inaugurata la mostra : DA CAVOUR ALLA CAVOUR – presentata  a La Spezia-Arsenale. Ideatore, realizzatore, allestitore il nostro socio Marco Prandoni. Autori di una grafica eccellente i nostri soci Claudio Molfino e Alessandro Bonati.

Ringrazio i soci e collaboratori interni ed esterni di Mare Nostrum che hanno dato la loro collaborazione con grande entusiasmo in tutte le occasioni che si sono presentate. Un ringraziamento “particolare” lo dedico a Bruno Malatesta, vice presidente della Società Capitani e Macchinisti di Camogli per l’assistenza all’attività del nostro sito.

Il Presidente

Carlo Gatti