Nascita di COPPA AMERICA

UN PILOTA DEL PORTO DI NEW YORK

FU IL PRIMO EROE DI COPPA AMERICA

Nel mondo della marineria esiste un personaggio ancora avvolto nella sua antica leggenda e dalla quale non è mai completamente uscito per integrarsi con la gente di terra tra la quale opera quotidianamente. Parliamo del pilota portuale che non solo incuriosisce le migliaia di passeggeri delle navi da crociera, quando si affacciano dalle murate per filmare l’acrobatica arrampicata di quell’omino in divisa che viene da terra per condurre la nave in banchina, ma turba anche gli abitanti della costa che spesso e volentieri confondono il suo ruolo con quello del comandante del rimorchiatore oppure con l’ufficiale di guardia sul ponte di comando e qualche volta anche con l’ormeggiatore portuale.

Il suo mestiere, antico come la prima nave, ha subito nell’arco della sua infinita storia pochi mutamenti, se pensate che tuttora per salire a bordo si serve di una semplicissima scala di corda a tarozzi di legno (biscaglina) in uso già da qualche millennio.

Una svolta, tuttavia, c’è stata all’inizio del ‘900, quando i legislatori decisero che era ora di porre fine alle pericolose gare tra singoli piloti a chi riusciva ad abbordare per primo la nave in arrivo ed acquisire quindi il diritto di prestare la propria opera. Erano vere e proprie battaglie navali ingaggiate per lavorare e sopravvivere; erano gare, tutt’altro che sportive, fra velocissimi cutters in Europa e tra shooners in America, condotte da piloti espertissimi e duri che, a similitudine dei corsari si servivono di tattiche, astuzie e cattiverie senza esclusioni di colpi e si raccontano di loro storie incredibili d’incidenti che procurarono feriti ed anche morti.

La dura scuola dei piloti portuali creò una fucina d’eccellenti skippers in tutto il mondo. Oggi salteremo l’Atlantico ed approderemo a New York per un motivo che presto scoprirete.

Si era all’inizio del 1851 e il Club Velico Reale di Londra (E.R.Y.S), saputo che il meno blasonato New York Y.C. stava costruendo una goletta (schooner) da competizione, invitò ufficialmente il sindacato americano del Club a Cowes (I. Wight) per tastare la nuova tecnologia d’oltremare. Occasione del race era la Great Exhibition organizzata dal principe Alberto, marito della regina Vittoria.

La goletta in costruzione, su specifica degli armatori, doveva essere velocissima, ma questa ambizione di primato portava il suo costo a 30.000 dollari. America era il suo nome ed era lunga 31 metri, larga 6,70, aveva gli alberi alti 24 metri e fu consegnata ai suoi armatori il 18 giugno 1851. Perse nel primo collaudo contro un’altra imbarcazione dello stesso Y.C. Forse fu un calcolo strategico che fece calare il prezzo a 20.000 $. Pochi giorni dopo lo schooner mise la prua in Atlantico e la puntò sull’Inghilterra. R. “Dick” Brown era il suo comandante che normalmente si guadagnava da vivere come Pilota portuale di Sandy Hook (N.Y.), ma la sua fama di miglior skipper del Nuovo Mondo se l’era guadagnata durante quelle regate di...lavoro, già descritte e che avevano luogo tra gli schooners dei singoli piloti, al largo del battello fanale di Ambrose, ogni volta che una nave arrivava a New York.

La traversata fu velocissima e Dick fece sapere che “America volava!” Ma gli Inglesi, chiusi nella loro idea di superiorità sui mari, definirono “scandalose e piratesche le linee della goletta…..in aperta violazione delle regole classiche dell’architettura navale”.

America, infatti, aveva gli alberi molto abbattuti verso poppa. La prima delusione per gli inglesi arrivò quando le mandarono incontro Laverock, la loro imbarcazione più veloce, per sondare le capacità dell’avversario. Il vento in prora costrinse i contendenti ad avanzare con bordi di bolina. America, con vele vecchie e appesantita dal carico, arrivò a Cowes con un vantaggio di 45 minuti. La reazione inglese all’umiliazione subita fu tale che America dovette fare bacino per dimostrare che non possedeva un’elica nascosta sotto lo scafo…

La febbre delle scommesse fece salire a 100 ghinee il valore della coppa in palio che diventò così la celebre R.Y.S. £100 Cup. 14 imbarcazioni presero il via su un circuito di 50 miglia intorno all’isola di Wight. America ebbe dei problemi e partì in ritardo, ma dopo circa un paio d’ore Dick sbaragliò il campo di regata. “Chi è in testa?” – chiese la Regina Vittoria – “America, Maestà”. “E chi è secondo?” “Non c’è secondo, Maestà”.

Cominciò così, 156 anni fa, con questo celebre motto, la leggendaria storia della Coppa America, che in questi giorni è in pieno svolgimento a Valencia. La nostra Riviera di Levante, sulla scia della sua millenaria tradizione marinara, è già in finale con due suoi grandi “figli del vento” che fanno parte del Team di Alinghi: il portofinese Francesco “Cico” Rapetti (mastman) ed il camogliese Claudio Celon (trimmer).

Carlo GATTI

Rapallo, 16.02.12

 

 

 

 

 

 

 


BIAGIO ASSERETO, L'Ammiraglio che catturò due Re

Biagio ASSERETO

L’AMMIRAGLIO CHE CATTURO’ DUE RE

NATIVO DI RECCO, SUO NONNO VENIVA DA RAPALLO

Statua di Biagio Assereto

Veduta di Genova verso la metà del 1400. Xilografia tratta dalle “Cronache di Norimberga”

Il grande poeta Francesco Petrarca così descriveva Genova nel lontano 1358:

“Arrivando a Genova vedrai una città imperiosa, coronata da aspre montagne, superba negli uomini e per mura, signora del mare”.

Sintesi mirabile delle caratteristiche principali della città ligure, del suo glorioso passato, delle sue forti tradizioni. L’orgoglio di Genova si ritrova ovunque, nella ricchezza dei monumenti e dei musei, nello splendore dei palazzi maestosi e dei parchi, nel carattere e nella lingua dei genovesi, nei “caruggi” del suo centro storico, nel grande e variopinto porto, ove regna il movimento de traffici.

Un’iscrizione in latino, posta sul pilastro meridionale di Porta Soprana, recita:

“In nome dell’Onnipotente Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, Amen. Sono munita di uomini, circondata da mura mirabili, col mio valore tengo lontane le ostili armi. Se porti pace ti é lecito toccare queste porte, se chiederai guerra triste e vinto ti ritirerai. A mezzogiorno e a occidente, a settentrione e a oriente é noto quanti moti di guerre ho superato, io, Genova!”.

In questo superbo contesto nasce e si muove Biagio Assereto

“Biagio Assereto, generale delle galee della Serenissima Repubblica di Genova, fece prigionieri due re, in Infante, trecento cavalieri. Morì l’anno 1456”.

Questa iscrizione si trova su un busto marmoreo nella Chiesa arcipresbiteriale di Serravalle Scrivia. S'ignora la data della sua nascita, ma da un documento del 1408, si ritiene che egli sia nato non dopo il 1383. Si conosce invece il luogo di nascita, Recco. Di suo padre si sa che non era un marinaio, ma un rispettato artigiano. Sua madre era una Ghisolfi, una donna appartenente a una potente famiglia di mercanti genovesi. Il nonno veniva da Rapallo, la sua famiglia era di tendenza politica filo-milanese. Aveva svolto i primi studi presso i religiosi e avrebbe dovuto essere orafo. Era di bell'aspetto, aitante nel fisico ed allo stesso tempo intellettuale, ma amava soprattutto il mare. Per queste doti entrò nelle simpatie di Francesco Spinola, allora padrone di Recco, che lo fece diplomare notaio. Iniziò, quindi, la carriera da scrivano a Porto Maurizio nel 1408 per conto del locale podestà. Un posto ottenuto dalla Repubblica di Genova. Un impiegato quindi, non un navigatore.

GALEA SOTTILE: Il nome "galera", diffusosi solo nel XII secolo, deriva dal greco γαλέoς (galeos), cioé "squalo", perché la forma assunta in quest'epoca dalla principale esponente di questo tipo di navi, la galea sottile, richiamava tale pesce: essa infatti era lunga e sottile, con un rostro fissato a prua che serviva a speronare ed agganciare le navi avversarie per l'arrembaggio. La propulsione a remi la rendeva veloce e manovrabile in ogni condizione; le vele quadre o latine permettevano di sfruttare il vento.

La forma lunga e stretta delle galee, ideale soprattutto in battaglia, la rendeva però poco stabile, e le tempeste e il mare grosso la potevano facilmente affondare: perciò il loro utilizzo era limitato alla stagione estiva, al massimo autunnale. Era obbligata a seguire una navigazione di cabotaggio, ossia vicino alle coste , in quanto la sua stiva poco capiente imponeva diverse tappe per il rifornimento soprattutto di acqua; i rematori, per il continuo sforzo fisico, ne consumavano molta. Per queste ragioni la galea era inadatta alla navigazione oceanica.

Le più famose battaglie combattute da queste navi furono quella di Salamina , nel 480 a.c. , e quella di Lepanto, nel 1571 . A entrambe queste battaglie presero parte diverse centinaia di galee.

I combattimenti tra galee si risolvevano di solito in abbordaggi, nei quali gli equipaggi si affrontavano corpo a corpo e, a partire dal XVI secolo, a colpi di archibugio; in genere si univano alla lotta anche i rematori.

Nel XV secolo le galee cominciarono ad imbarcare a bordo dei cannoni : generalmente un cannone di corsia centrale più alcuni pezzi di calibro inferiore sulla rembada. La potenza di questi cannoni, specie di quelli laterali, era però limitata perché le sollecitazioni derivanti dallo sparo scuotevano e danneggiavano la nave. Inoltre verso la fine del Medioevo si inventò il sistema di remo a scaloccio, in cui 4-5 rematori facevano forza sul medesimo remo. I rematori potevano essere uomini liberi stipendiati o (in caso di guerra) reclutati per sorteggio, schiavi e prigionieri condannati per un certo numero di anni al remo; dal termine galea deriva infatti il termine italiano galera.

Nella battaglia di Lepanto i veneziani sperimentarono con ottimi risultati le galeazze, galee molto più grandi e stabili che potevano imbarcare batterie di cannoni di grosso calibro e sparare in tutte le direzioni; tali navi, tuttavia, erano impossibili da manovrare a remi, tanto che dovettero essere trainate da due galee ciascuna.

Galea Bastarda: Galea dalle forme poppiere più piene rispetto alla galea sottile e murate più alte, era utilizzata con funzioni di nave capitana o patrona, cioè ammiraglia. Il nome derivava dal fatto che tale tipo di nave risultava essere un incrocio tra la galea sottile e la galea grossa. Ne esisteva anche una versione ridotta nota come bastardella, di dimensioni intermedie tra la galea sottile e la galea bastarda

Galeazza

Bastimento a vela e a remi, che prese forme definitive nella seconda metà del Cinquecento. Era d'alto bordo, con casseretto e castello, attrezzato con tre alberi a vele latine e il bompresso . Aveva il ponte di coperta e il suo palamento consisteva in 32 banchi sottostanti a quel ponte, con remi a scaloccio. Pertanto il ponte di coperta era libero per la manovra delle vele e poteva portare una batteria di grossi cannoni (circa 36) e altri minori installati sui fianchi. La galeazza, imitazione della galea da traffico con la sua attrezzatura e l'alto bordo, fu il coronamento degli sforzi per mettere le galee in grado di meglio opporsi al crescente predominio della nave a vela.

Dal 1423 Biagio Assereto diventa armatore e noleggiatore di galee al servizio della Repubblica e nel 1425 lo si ritrova in città, capo dei cancellieri. Uno strano cancelliere. Proprio nel 1425, eccolo capitano di una nave della Serenissima contro il ribelle Antonio Fregoso; poi comandante d’una galea nel 1427, nella flotta di Antonio Doria che restituì il reame di Napoli a Giovanna II.

Renato d’Angiò, re di Napoli, stette in carica dal 1435 al 1442

Suo predecessore fu Giovanna II, suo successore Alfonso I

Infine, sempre nel 1427, viene inviato nella zona delle Cinque Terre al comando di una galea che costringe alla resa Ferruccio Verro e lo porta prigioniero a Genova. Il fiorentino era partito da Pisa a sostegno di Tommaso di Campofregoso, che in quella regione si era fatto capo del malcontento genovese contro il duca di Milano.

Biagio Assereto

Improvvisamente, codici, rogiti e pandette vengono accantonati e nasce un nuovo ammiraglio, un vero uomo di mare: Biagio Assereto che sarà presto inserito nell’albo d’oro d’una città come Genova, già così ricca di capitani e di navigatori famosi.

Contemporaneamente l'Ammiraglio, non pago delle forti somme di danaro ricevute per le sue prestazioni in qualità di “patrono di navi”, mirava ad ottenere altri incarichi, ancora più redditizi, nell'amministrazione della Repubblica. Nel 1428 fu nominato podestà di Recco, nel 1429 commissario nel territorio di Portofino e sempre nel 1429 rappresentò Genova nel trattato di alleanza con Lucca, la quale aveva abbattuta da poco la tirannide di Paolo Guinigi, contro i Fiorentini.

La sua fama varca tutti i confini di allora quando nelll’agosto 1435 gli viene affidata una flotta ridotta di appena 12 Galee, con la quale giunse a Gaeta in soccorso di Francesco Spinola assediato da Alfonso d'Aragona. La battaglia decisiva avvenne a largo di Ponza il 5 agosto e Biagio Assereto riportò la vittoria.

Quello che segue é certamente il racconto più importante della sua più significativa impresa da AMMIRAGLIO.

Antica Stampa del porto di Gaeta

L'assedio di Gaeta e la conseguente battaglia di Ponza sono due eventi storici accaduti nel 1435. In quell'anno Alfonso il Magnanimo (Alfonso d'Aragona), nella lotta per impossessarsi del trono napoletano di Renato d'Angiò, si rivolgeva contro la roccaforte di Gaeta che ancora gli resisteva. Nel corso degli eventi veniva sconfitto e catturato dal genovese Biagio Assereto, e poi liberato dal Duca di Milano Filippo Maria Visconti.

Sotto: Il re spagnolo sconfitto

Alfonso d’Aragona

L’antefatto é il seguente: morta la regina Giovanna, il re spagnolo Alfonso d’Aragona mise in atto una strategia per riprendersi il reame di Napoli. La tattica militare scelta era la seguente: stringere d’assedio Gaeta con una armata navale per sbarcarvi le truppe, e di là muovere verso la capitale campana. Ma Gaeta fece in tempo a chiedere aiuto a Genova, che mandò un contingente, al comando di Francesco Spinola, per costruire opere di difesa.

Genova non intendeva mettersi contro potentissima Spagna, ma il presidio di Spinola finì invece a sua volta assediato, e la Repubblica di Genova dovette decidersi, o rinunciare alla propria dignità di Stato, o intervenire in soccorso delle sue truppe di Gaeta. Fu scelta una via di mezzo: armare una flotta e  inviarla in appoggio degli assediati, ma solo allo scopo di liberarli, senza arrivare a scontrarsi con gli spagnoli. La mini-Armata genovese era composta di 12 galee soltanto, e 2400 armati al comando di Biagio Assereto che era il principale sostenitore dei “falchi” genovesi. Appena giunse in vista Gaeta, seppe che Spinola, il nobile di cui era stato paggio, era ferito e che gli spagnoli stavano per occupare la città. Era il 3 agosto 1435. Proprio in quel giorno, l’ammiraglio genovese si vide venire incontro l’imponente flotta spagnola comandata da re Alfonso d’Aragona: 31 navi da guerra su cui erano imbarcati oltre 6.000 uomini. Nonostante la disparità di forze, B. Assereto accettò lo scontro, dopo aver inviato la dichiarazione scritta al sovrano spagnolo che egli intendeva soltanto soccorrere i suoi compatrioti genovesi  e riportarli in patria.

La superiorità militare aragonese era fin troppo evidente, l’arroganza del re spagnolo fece il resto, ma l’esito dello scontro fu per loro una tremenda umiliazione.

La battaglia avvenne al largo di Ponza e fu una dimostrazione d’arte militare e navale da parte di Assereto. Alla sera, gli spagnoli erano sconfitti, il bottino enorme: undici navi nemiche vennero catturate, due sole fuggirono, tutte le altre furono bruciate o affondate. Assereto prese prigionieri il re Alfonso d’Aragona, il re di Navarra, l’Infante di Aragona, il Gran Maestro di Alcantara, il vice re di Siviglia, il principe di Taranto e una lunga schiera di baroni e di gentiluomini. Assereto diede notizia della vittoria a Genova e a Filippo Maria Visconti con una relazione caratterizzata da moderazione e modestia. A Genova fu festa grossa per tre giorni. Il bottino era di dimensioni mai viste, e venne, come promesso, distribuito ai membri dell’equipaggio.

Dal  poema celebrativo delle gesta di Biagio Assereto (ammiraglio della flotta genovese)

O Ponza, tu sempre sarai ricordata per questa crudele tenzon sanguinosa, avrai rinomanza d’eterna durata, fra l’isole tutte sarai tu famosa. Fu in te che gridaro con voce paurosa entrambi gli stuoli “Battaglia, battaglia!” La vista che senza l’orror che attanaglia poter contemplarla fu maschia e animosa.

Antonio Astesano (poeta di Corte) 1436

Ma come si svolse la battaglia? Quale fu la strategia messa in atto da Biagio Assereto per potersi imporre su un avversario così potente e per l’occasione così superiore in numero di navi e di uomini armati?

Per rispondere a questa domanda ci siamo affidati ad alcune pagine del libro

“La Battaglia navale di Ponza del 1435. Alfonso il Magnanimo (1416-1458)”

di Alan Ryder(Traduzione di Silverio Lamonica)

Sul tardi Alfonso decise di assaltare Gaeta, piuttosto che rischiare di subire la rottura del suo blocco. Quindici barche con scale d’assalto appese agli alberi, si unirono alla flotta di galee che attaccava le difese marittime; a terra puntò le sue speranze su una grande torre d’assedio in legno che doveva aprire la strada a tre colonne assaltatrici comandate da lui stesso, da Enrico e da Giovanni. Pedro, a capo delle forze navali, manovrava sotto un assiduo fuoco di frecce e palle di cannone, nel tentativo di portare la nave a riva, solo per scoprire, con rammarico, che le scale d’assalto non riuscivano a raggiungere le mura che si affacciavano sul mare. Il paranco in tensione che li sosteneva cedette, gettando a mare i soldati posizionati sulle scale a pioli; tutti annegarono, tranne due che riuscirono a liberarsi dell’armatura e a nuoto raggiunsero la salvezza. Non essendo riuscita la medesima manovra ad una seconda barca, le altre si tenevano alla larga dalla linea di fuoco. A terra né uomini, né macchine da guerra potevano tener testa ad una difesa tanto determinata, quanto abile. Riconoscendo che l’attacco era fallito, Alfonso richiamò i suoi.

Ora tutto dipendeva dalla flotta genovese, le cui galee perlustravano il tratto di mare  trenta miglia al largo di Terracina, se ciò poteva essere deprecabile, Gaeta ridusse i rifornimenti di due settimane, assolutamente necessari ad evitare la capitolazione. Invece di lasciare l’iniziativa al nemico, come aveva fatto a Bonifacio, Alfonso decise di tenere i genovesi ben lontani da Gaeta, dando battaglia in mare aperto. Aveva fiducia nei suoi vascelli catalani e siciliani i quali, numericamente in vantaggio, avrebbero messo alla prova i genovesi in più di uno scontro. Così a riprova della sua notevole mancanza di fiducia, prese personalmente il comando della flotta ed invitò ad accompagnarlo una moltitudine di nobili, amministratori, e perfino spettatori, come pure una coppia di ambasciatori di Barcellona. Si dice che soltanto la nave del re, un enorme vascello comandato da Jofre Mayans, avesse preso a bordo oltre ottocento di questi passeggeri superflui (Nota 53). Anni dopo si sostenne che lui prese il comando per mettere fine ad una lite tra Giovanni ed Enrico che si contendevano quel ruolo e che tutti gli altri avrebbero seguito il re che si era messo a rischio (Nota 54). Comunque appare evidente che acquisì un certo gusto per le operazioni navali e potrebbe aver confidato nella speranza di una vittoria spettacolare, la quale avrebbe consolidato la sua reputazione di condottiero reale di operazioni anfibie. La moltitudine festante si imbarcò il 3 agosto 1435. I fratelli reali presero ciascuno il comando dei maestosi vascelli che in tutto erano nove.

Nota 53 - Si imbarcarono più di 800 persone della casa e della corte reale, come se andassero a festeggiare una vittoria certa (Zurita, Annales, VI 93).

Corona d'Aragona (o Impero aragonese) fu il nome dato all'insieme dei regni e territori soggetti alla giurisdizione dei Re d'Aragona dal 1134 al 1714. Nata dall'unione dinastica tra il Regno d'Aragona e la Contea di Barcellona, la Corona d'Aragona venne accresciuta nei secoli di altri territori: i regni di Maiorca, Valencia, Napoli, Sicilia, Sardegna, Contea di Provenza, nonché i ducati di Atene e di Neopatria.

Cinque altre navi ed 11 galee completarono la flotta che il mattino successivo presero il largo alla ricerca dei genovesi. Li avvistarono mentre si avvicinavano provenienti dalla parte di Terracina, li inseguirono verso l’isola di Ponza e si sarebbero impegnati senza ulteriori difficoltà, poiché il Comandante genovese, Biagio Assereto inviò un araldo con una bandiera bianca per chiedere di non ostacolare il passaggio, in modo che potessero consegnare le provviste destinate a Gaeta. Gli scambi di notizie conseguenti si protrassero per tante ore diurne che la battaglia dovette essere rinviata al mattino successivo (55).

L’alba li sorprese a circa quattro miglia da Ponza, un’isoletta distante trentacinque miglia dalla terraferma. Il re provò una fiducia superba, specie quando vide tre navi genovesi fuggire verso il mare aperto. Col vento che gonfiava le vele, diresse lo squadrone principale direttamente sull’ammiraglia di Assereto; in una situazione simile qualsiasi altro comandante avrebbe preferito pregare. Ma quando le navi stavano per collidere, con una bordata improvvisa Assereto fece ruotare la sua nave, urtando violentemente la poppa del vascello reale, liberandola della zavorra e facendola sbandare paurosamente. (Alfonso) non gioì a lungo dell’altezza (della sua nave) appena i due vascelli si uncinarono, né il suo equipaggio avrebbe potuto manovrare le armi con un certo effetto su un ponte inclinato. Altrove la battaglia infuriava perfino con maggior fortuna. Alcune navi genovesi si trovarono abbordate da entrambi i lati a causa del maggior numero di navi aragonesi, mentre le galee della retroguardia si lanciavano in avanti, favorite dal mare calmo e centrando il bersaglio con colpi d’arma da fuoco e con frecce. Da parte loro i genovesi fecero ampio uso di frecce infuocate, olio bollente e calce viva che la brezza soffiava sui loro avversari con un effetto devastante. Ma fu nell’abilità del combattimento che i genovesi godettero di un vantaggio schiacciante: tutti i loro uomini erano temprati dai combattimenti navali, mentre i marinai aragonesi erano fatalmente impediti da una frotta di marinai d’acqua dolce, metà dei quali in preda al mal di mare e per nulla capaci di combattere con efficacia sui ponti delle navi in preda al rollio.

Quel che decise la battaglia fu la ricomparsa, nel pomeriggio, di quei tre velieri genovesi che ebbero l’ordine di allontanarsi quando cominciò l’attacco. Ora piombavano nel mezzo del combattimento su un nemico sfibrato. Anche sulle navi ammiraglie i genovesi avevano la meglio. Cinque loro velieri circondarono la nave ammiraglia, spingendosi in avanti da prua, da babordo e da tribordo, presero il castello di prua, irruppero attraverso una barricata a mezza nave e spinsero indietro il re ed il suo seguito verso il castello di poppa, dove Alfonso trovò rifugio dalla grandine di frecce, concentrate ora sull’ultimo fortino.

Nota 55 - Rispondendo ad Assereto, Alfonso chiese di conoscere in base a quale diritto Genova aveva la presunzione di interferire nel suo regno, in soccorso dei suoi nemici. Inoltre chiese la resa della flotta genovese.

pag.  204 - Per porre fine alla loro resistenza, Assereto fece tagliare il sartiame provocando la caduta dei pennoni che fu tanto rovinosa e violenta che si aprirono i fianchi della nave. Appena l’acqua cominciò a penetrare all’interno, una freccia infuocata, scoccata da una balestra, piombò sul ponte ai piedi di Alfonso; attorno a lui i nobili caddero in ginocchio scongiurandolo di salvare la vita. Ma a chi avrebbe dovuto arrendersi? Il suo principale avversario, Assereto, di mestiere notaio, non aveva le qualità per prendere prigioniero un re. Invece egli scelse tra i capitani genovesi un certo Iacopo Giustiniano, la cui famiglia resse la Signoria di Chio e a lui consegnò la spada, dichiarando di considerarsi prigioniero del Duca di Milano, Signore di Genova. Un piccolo frammento di onore fu salvato dal naufragio della sua fortuna.

Vedendo catturato il loro re, gli equipaggi delle altre navi, già col morale a terra, si scoraggiarono del tutto. Molti si arresero senza un ulteriore combattimento. Solo Pedro, con due navi prese a rimorchio dalle galee, riuscì a fuggire nella notte. Furono catturate dodici navi, una galea bruciata ed un’altra affondata. Alfonso, Giovanni, Enrico, il Principe di Taranto, il Duca di Sessa, il Conte di Campobasso, Lope Ximenez de Urrea, il governatore di Aragona, Ramon Boyl, Guglielmo Ramon de Monteada, il Signore di Alcantara, Diego Gomez di Sandoval, con oltre cento altri nobili di alto rango di Aragona, Castiglia, Valencia, Catalogna, Sardegna, Sicilia e Napoli furono presi prigionieri. Esclamò un cronista napoletano: “Mai rete gettata in mare per una volta, non foro presi tanti pisci” ( Faraglia, Diurnali, 94).

*** A completare il disastro, i soldati della guarnigione di Gaeta, il giorno dopo, avendo saputo del trionfo dei loro compatrioti, uscirono improvvisamente dalla città, schiacciando i loro assedianti demoralizzati, portarono come trofeo le prede,  rivaleggiando con quelle catturate in mare. Assereto, arrivando poco dopo a consegnare il tanto atteso soccorso, in compagnia dei suoi prigionieri, trovò lo stato di assedio in frantumi e l’esercito reale sparso al vento. Immediatamente scaricò le merci, rilasciò migliaia di prigionieri di poco valore ai fini del riscatto e bruciò alcune navi catturate. Si dice che due giorni dopo, temendo che Spinola, nella sua qualità di ammiraglio genovese potesse sostituirlo nel comando, fece di nuovo vela alla volta di Ischia, con l’intento apparente di espellere gli Aragonesi dalle loro ultime roccaforti napoletane. Zurita (Anales VI, 98) riferisce un episodio: quando Assereto invitò Alfonso a liberare Ischia, ricevette la seguente risposta: “Neanche se pensassi di essere gettato in mare, cederei una sola pietra dei miei domini”.

pag. 205 - Comunque sia, prima che potessero raggiungere Ischia, si scatenò una tempesta che disperse le navi di Assereto. Dopo un’altra breve visita a Gaeta, abbandonò l’idea di ulteriori azioni e si diresse invece verso il porto della sua nazione. Appena fece sosta con l’Aragonese a Portovenere, vennero ordini direttamente dal Duca di Milano di non portare Alfonso a Genova, ma a Savona con Enrico e pochi nobili sbarcati il 28 agosto. Gli altri prigionieri furono sbarcati a Genova dove Giovanni, assieme a Ruiz Diaz de Mendoza, Menicuccio dell’Aquila e i figli del Conte di Castro, trovarono alloggio nel castello, i meno fortunati furono rinchiusi in una comune prigione insalubre, la Malapaga (58).

Per Alfonso era già iniziata una metamorfosi sorprendente: da prigioniero di guerra a principe trionfatore. Perfino nei giorni immediatamente successivi alla sua sconfitta, i genovesi, i quali mai potevano immaginare che un prigioniero tanto illustre potesse finire nelle loro mani, “lo trattarono con gran rispetto e deferenza, nemmeno fosse stato il Duca di Milano in persona” (59). Dato il carattere atomizzato della classe politica genovese, non c’è da sorprendersi che alcuni avessero già cominciato a considerare il vantaggio personale che avrebbero potuto ricavare da uno straordinario cambiamento degli eventi. Alcuni anni dopo, uno dei comandanti, Giovanni de Fredericis, ancora raccoglieva ricompense per essersi offerto a prendere Alfonso a bordo della sua nave  e metterlo in libertà, non ci sarebbe stato alcun attentato nel portarlo a Genova. Assereto che doveva incontrarsi con Filippo Maria, appariva ugualmente desideroso di  rispettare il desiderio del suo prigioniero reale, tanto da mettersi nelle mani del duca anziché della repubblica. L’atteggiamento del Duca di Milano fu adombrato dal suo governatore di Savona che ricevette il re con una tale deferenza da sembrare che fosse venuto non come prigioniero, ma per prendere possesso della città (60).

Alfonso trascorse dieci giorni nel castello di Savona, aspettando la prossima mossa del Duca e rifornendo il suo guardaroba, essendo arrivato coi soli indumenti che indossava. L’8 settembre, in compagnia di Enrico, il principe di Taranto, il Duca di Sessa. Inigo Davalos ed Inigo di Guevara, partì per Milano. Viaggiando con calma e percorrendo tre leghe al giorno, la compagnia attraversò Pavia per raggiungere la capitale di Filippo Maria, il 15 settembre.

Note:
58) I prigionieri che capitarono peggio furono Franci de Bellvis e Gutierre de Nava; i  loro saccheggi ai danni della flotta, infuriarono i genovesi a tal punto che furono gettati nella prigione comune e furono gli ultimi a riacquistare la libertà.

59) Zurita (Anales VI 98)

60) “il quali ricevette il Re con tanta venerazione che parea che fosse venuto non prigione, ma pigliare possessione di quella città” ( Costanzo, Historia – III 31)

Medaglia di Filippo Maria Visconti

- Terminiamo la rievocazione storica di quell’avvenimento bellico con una sintesi storica un po’ amara per l’ammiraglio Biagio Assereto. Gli avvenimenti, purtroppo, presero un’altra piega come ci racconta lo storico Giovanni Balbi:

“I prigionieri non furono condotti a Genova, che non ebbe così il suo atteso trionfo. Li volle dirottati a Milano Filippo Maria Visconti, a cui allora la Repubblica era soggetta. Alfonso d’Aragona e i suoi, una volta a Milano, furono subito rimessi in libertà e il re spagnolo sottoscrisse con il Visconti un accordo in base al quale quest’ultimo lo avrebbe addirittura aiutato nella conquista del reame di Napoli. I genovesi si ribellarono a questo voltafaccia dei milanesi e ne fecero colpa ad Assereto, accusandolo di tradimento e vietandogli il ritorno in patria: e forse un po’ di responsabilità l’ammiraglio doveva avercela, se lo ritroviamo remuneratissimo governatore di Milano al servizio di Filippo Maria Visconti e conte di Serravalle Scrivia. Infine, nel 1437, eccolo anche commissario ducale di Parma e comandante dell’armata milanese nella guerra contro Venezia. Riuscì a mostrare ancora di che tempra egli fosse. Passato al servizio di Francesco Sforza sconfisse infatti prima a Chiusa d’Adda e poi a Casalmaggiore l’ammiraglio veneziano Querini e lo costrinse a ripiegare sulle lagune. Ma si sentiva stanco di gloria e di battaglie: e così si ritirò nel suo castello di Serravalle Scrivia, ospitando amici, cacciando, dilettandosi di studi letterari, intrattenendo corrispondenza con artisti e pittori. Era amico anche di Enea Silvio Piccolomini, divenuto Pio II dal 1458. Di lui, anagraficamente, l’unica data certa é quella della sua morte: a Serravalle Scrivia, il 25 aprile 1456”.

Rapallo, 26 gennaio 2013
Carlo GATTI

Bibliografia:

- Storia di Genova – Federico Donaver

- Navi e Marinai – Compagnia Generale Editoriale

- La Battaglia navale di Ponza del 1435. Alfonso il Magnanimo (1416-1458)”

di Alan Ryder – (Traduzione di Silverio Lamonica)

- La Mia Gente – IL SECOLO XIX

 


Le T/n MICHELANGELO e RAFFAELLO

LE T/N “MICHELANGELO” - “RAFFAELLO

LE ULTIME NAVI DI LINEA

Il gigantismo del Rex e del Conte di Savoia aveva già dimostrato quanto il prestigio internazionale avesse un costo notevole superiore ai ricavi d’esercizio. Tuttavia l’errore fu ripetuto con l’impostazione delle turbonavi Michelangelo e Raffaello l’otto novembre 1960.

Ciò avvenne nonostante alcuni segnali negativi avessero già indicato un calo di passeggeri sulla linea del Nord America, pari al 26%.

La T/n Michelangelo in arrivo a Genova

I due transatlantici rappresentarono, in ogni caso, l’espressione più avanzata della tecnologia applicata alle linee architettoniche interne ed esterne, ai modernissimi impianti e macchinari, alle strumentazioni nautiche e dotazioni varie; parametri che accreditarono la loro più alta classificazione in materia di sicurezza della navigazione.

Nave- Ship

Stazza L.-G.T

Lungh.-L.o.a.

Largh.-Bread

Potenza- H.P.

Pass.

Michelangelo

45.911

275,81 mt.

31,05 mt.

87.000 CV

1775

Raffaello

45.933

 

 

 

 

Le due grandi navi di linea s’incontravano spesso a Genova

I migliori artisti, arredatori, stilisti e decoratori italiani diedero, nel rispetto di una lunga tradizione, un espressivo contributo d’immagine all’arte itinerante del nostro Paese.

La Michelangelo, costruita a Genova, partì per il suo viaggio inaugurale il 12 maggio 1965, precedendo d’alcuni mesi la sua gemella Raffaello, costruita a Monfalcone e che fu pronta a partire il 25 luglio 1965, anch’essa sulla linea di New York.

Le due unità, nonostante il sostegno di un’imponente battage pubblicitario, furono ridimensionate da alcuni insuccessi che ebbero altrettanta enfasi sui media.

La Michelangelo, dopo alcune traversate oceaniche, dovette sostituire le eliche, causa d’intense vibrazioni e scarsa velocità.

Il 12 aprile 1966 fu il giorno della tristemente nota “onda anomala” che sfondò il ponte di comando della T/n Michelangelo, uccise due persone e ne ferì molte altre, tra cui il Comandante in 2a Claudio Cosulich di Trieste.

Il 31 ottobre 1965 la Raffaello subì un incendio in sala macchine e dovette rinunciare al viaggio. Il 17 ottobre 1966 subì una grave avaria ad una caldaia.

La T/n Raffaello in manovra d’ormeggio a Genova aiutata dai rimorchiatori Tripoli e Alghero.

Il 19 maggio 1970 entrò in collisione con una petroliera ad Algesiras (Gibilterra). Il 28 settembre 1973 dovette sospendere il viaggio per un’avaria all’apparato motore.

UNA FINE ANNUNCIATA

“1.600.000 PASSE,GGERI TRASPORTATI IN UN ANNO”

Fu il titolo del manifesto pubblicitario diffuso dalla Compagnia Aerea Americana Pan-Am., per l’esercizio ’70-71.

La Michelangelo e la Raffaello in disarmo alla fonda nella baia di Portovenere alla fine del 1975.

L’annuncio rappresentò l’irriverente necrologio per l’intero settore marittimo mondiale del trasporto di linea passeggeri.

Le costruzioni delle Michelangelo e Raffaello costarono circa 100 miliardi di lire e nel 1973 le perdite di gestione ammontarono a 30 miliardi.

I due transatlantici furono fermati, disarmati, rimorchiati ed ormeggiati nella baia di Portovenere alla fine del 1975, nell’attesa di compratori.

Nel 1977 furono acquistate dal Governo dello Shah di Persia.

La Michelangelo funzionò da caserma militare nel porto di Bandar Abbas e terminò la sua esistenza nel 1991 in un Cantiere di demolizione pachistano.

La Raffaello, adibita anch’essa a struttura militare, affondò nel febbraio 1983 sotto i bombardamenti aerei iracheni.

THE LAST LINERS

THE T/S “MICHELANGELO” - “RAFFAELLO

The giant liners M/v “REX” and “CONTE di SAVOIA” had already demontrated how international prestige involved considerable higher costs to what they derived from incomes.

However, the same error was repeated with the bringing into service of the turbo vessels Michelangelo and Raffaello on 8 November 1960.

This took place even though there had been negative signals in the reduction of passengers by some 26%, on the North American line.

The two transatlantic liners represented anyway, a more advanced technical expression applied to the architectural lines both inside and out, to the very modern plants and machines, to the nautical instruments and various equipments, and parameters which gave credit to the highest classification regarding navigational security matters.

The best italian artist, interior designers, stylists and decorators, in respect of their long traditions, contributed an expressive and imaginative interpretation artwise, which is part of our country.

The Michelangelo built in Genoa, sailed on her maiden voyage on 12 May1965, to New York followed by the sister vessel Raffaello, built at Monfalcone. Her maiden voyage to New York was on 25th July 1965. Both liners covered the North American Line.

The two units, even starting with the support of an impressive mass of publicity, due to some unsuccessful events, saw their popularity diminished as they were over emphasized by the mass media.

The Michelangelo after a few transatlantic voyages, had to replace the propellers, caused by intense vibration and a scarse speed. On the 12 April 1966 was the day much publicised anomalous wave,

which shattered the command bridge, killing two persons and injuring many others.

The Raffaello on 31 October 1965, had a fire in the Engine Room and had to renounce the voyage. On 17 October 1966 she underwent bad damage to a boiler. On the 19 May 1973 she had a collision with a petrol tanker at Algesiras, Gibraltar. On the 28th September 1973 she had to suspend a voyage due to damages to the engine’s pumps.

THE ANNOUNCED CLIMAX

1.600.000 passengers transported in one year, was the contents of the publicity circulated by the American Airways PAN AM for the year 1970-71. The announcement represented, the irriverent obituary for the entire world maritime transport section of the passenger liners.

The contruction costs of the Michelangelo and Raffaello came to about 100 miliards of lires and in 1973 the management costs amounted to 30 miliards.

At the end of 1975 the two transatlantic liners were withdrawn from service, dismantled and towed to Portovenere Bay (La Spezia) where they were put into lay-up awaiting potential buyers.

In 1977 they were bought by the Government of the Shah of Persia. The Michelangelo was used a military base in the Bandar Abbas port. Her existence terminated in 1991 when a Pakistan shipyard bought her for demolition and broke her up.

In February 1983 the Raffaello which had also been adapted for militarry use, was sunk during an Iraq air bombardment.

Carlo GATTI

Rapallo, 12.02.12


RELAZIONE Attività Mare Nostrum 2012


RELAZIONE Attività Mare Nostrum 2012

 

 

Cari associati,

 

L’anno 2012 è stato ricco di eventi ed avvenimenti che, grazie anche all’attività culturale e promozionale portata avanti dalla nostra associazione, hanno particolarmente arricchito l’offerta storico-documentale dedicata alle nostre radici marinare ed agli appassionati  cultori di storia locale.

 

In linea generale vanno ricordati per il loro valido supporto promozionale il nostro sito sul web, il periodico Il Mare, il MUSEO MARINARO Tommasino-Andreatta ospitato presso la Scuola TTLLC di Chiavari e l’Associazione il SESTANTE di cui il presidente com.te Enzo Gaggero é nostro socio.

 

Ciò detto si evidenzia il corposo elenco degli eventi realizzati nell’anno 2011.

“ DA CAVOUR ALLA CAVOUR ”

140 anni di sviluppo della tecnologia navale in Italia

Sabato 17 dicembre 2011, presenti tutte le massime Autorità militari e civili di Spezia, si é tenuta l'Inaugurazione della Mostra "Da Cavour alla Cavour". Il nostro socio Ing. Marco Prandoni organizzatore, responsabile e probabilmente ideatore della Mostra, ha riscosso un "enorme" successo personale. L'idea della Mostra é nata dalla storica collaborazione tra L'Università d'Ingegneria di Genova e la Marina Militare.

A Marco Prandoni invio a nome di Mare Nostrum un grande applauso di stima per l'impegno qualitativo e quantitativo profuso che fa tanto onore a lui e alla nostra Associazione che ha collaborato con alcuni modelli del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta e con la modernissima “grafica” dei nostri soci Claudio Molfino e Sandro Bonati.

MUSEO NAVALE – ARSENALE M.M. – LA SPEZIA

Dicembre 2011-Dicembre 2012. Durante il periodo di apertura della Mostra, nella Sala Auditorium di cui essa é corredata, si sono tenute conferenze sui temi tecnici e storici navali e marittimi, ed altri eventi culturali.

28.2.2012 - Palazzo Ducale-Genova si é svolta l'annunciata conferenza sull'U-boot 455 con interventi del presidente, vicepresidente e dei due relatori: la sub Eva Bacchetti Del Veneziano e il nostro Emilio Carta. La posizione centrale del Ducale, il prestigio della "A Compagna", nonché il celebre filmato di cui dispone la nostra Associazione, hanno richiamato 150 persone che hanno dimostrato grande interesse per l'argomento  tributando scroscianti applausi all'indirizzo di Mare Nostrum.

17.3.2012 - L’Associazione “Spazio Aperto” di Via dell’Arco di Santa Margherita Ligure ha organizzato: Misteri in fondo al mare. I segreti nascosti negli abissi e nella mente umana. Relatore Emilio Carta, giornalista e autore del libro “Il collezionista d’armi”.

 

Come trasmettere le proprie conoscenze storiche, l’esperienza di navigazione, un passato da giornalista senza annoiare?

 

Quale moderatore dell’incontro si é proposto il direttore artistico di “Via dell’Arco”, Giovanni Galvani.

Sabato 24 marzo alle ore 17 nella Civica Sala incontri della Biblioteca (Genova) Emilio Carta e il sub Lorenzo Del Veneziano hanno presentato il libro dedicato al libro storico-fotografico U-Boot 455 e trenta immersioni nelle acque della provincia di Genova.

Domenica 25 marzo alle ore 16,30, ospiti dell’associazione culturale di Santa Margherita L. “La Corallina”, Emilio Carta e Carlo Gatti hanno offerto una nuova lettura del ritrovamento dell’U Boot 455, che tanto interesse ha destato in Europa e nel mondo, negli abissi della nostra costa a -120 m di profondità. Emilio Carta ha raccontato le ultime novità e verità emerse sul sommergibile tedesco, misteri che ancora dividono gli esperti ma che ormai paiono definitivamente acclarate. Il Comandante Gatti ha invece tenuta desta l’attenzione del pubblico circa le responsabilità ancora da dipanare con estrema chiarezza sul naufragio della nave da crociera Costa Concordia e sugli errori di manovra imputabili al Comando.

 

Martedì 27 marzo alle ore 18, a Genova, nella Sala Convegni della Fiera del Mare, Emilio Carta, Lorenzo Del Veneziano e Carlo Gatti hanno offerto gli ultimi spunti, anche polemici, sul naufragio della nave passeggeri Costa Concordia naufragata all’isola del Giglio nel gennaio scorso.

Venerdì 6 aprile alle ore 18 il socio Emilio Carta, al Circolo Golf & Tennis di Rapallo - come aveva già fatto a novembre durante la scorsa edizione nella sede associativa del Gran Caffè Rapallo in occasione della Mostra Mare Nostrum – ha illustrato la pubblicazione “All’inferno e ritorno” curata dallo stesso E. Carta e legata ad un episodio dell’ultima guerra mondiale del quale era stato protagonista, suo malgrado, il marò-cannoniere Mario Ammi.

 

All’incontro erano presenti anche numerosi soci della nostra Associazione. In tale occasione è stato anche presentato un breve filmato di Ernani Andreatta riguardante la “guerra sui mari”.

 

Venerdì 16.3, il periodico IL MARE con i suoi collaboratori affluiti numerosi (16) al Gran Caffé Rapallo, ha rinnovato il suo simpatico appuntamento annuale. La testata come sapete é in forte crescita con grande richiesta da parte dei rapallesi e non solo. Purtroppo, dati i tempi, la “testata” si trova in debito d'ossigeno con la pubblicità. Per l'occasione sono state consegnate dalla dott.ssa Lavagno Canacari  pergamene-ricordo al dir. Emilio Carta, all'editore Massimo Busco e all'anfitrione della serata dott. Brasey.

23 Aprile 2012

Il nostro socio T.V. Enzo GAGGERO ha tenuto l’attesa conferenza su Luigi Rizzo alla Casa della Gioventù per l’Associazione “Marinai d’Italia” a Rapallo.

 

29.4.2012

Il socio E.Carta ha presentato il suo ultimo romanzo: IL COLLEZIONISTA D’ARMI al Café Hotel Europa impegnato nel suo il primo “aperishow spy”.

19.5.2012 Il socio Maurizio Brescia ha tenuto una serie di conferenze sul tema:

152° anniversario della partenza dei Mille da Quarto

Giovedì 10 maggio

17,30 Presentazione del volume “Le navi di Garibaldi” di Paolo Piccione con l’Autore interverranno: Maria Stella Rollandi (Università di Genova), Maurizio Brescia, storico navale, membro del comitato di redazione della rivista mensile “Storia militare”, Raffaella Ponte dell’Istituto Mazziniano - Museo del Risorgimento).

19 maggio 2012Maurizio Brescia ha presentato:

Vent’anni di STORIA MILITARE meritando un grande successo personale.

PROGRAMMA ESTATE 2012 - Su invito della Proloco  di Recco, MARE NOSTRUM é stata impegnata per una serie di importanti Eventi.

1)-Sabato 4 AGOSTO - Ore  (21,15)  Enzo Marciante   ha parlato del suo libro "Storia di Genova a fumetti" ed ha proiettato delle immagini con i suoi disegni. Ha presentato Emilio Carta.

2)-Sabato 11 AGOSTO Ore (21,15) - Emilio Carta e Ernani Andreatta sono stati relatori del "Viaggio della Carlo Erre", il piroscafo maledetto. Una storia vera di emigranti colpiti dell'epidemia di colera. Per l'occasione é stato proiettato un prezioso filmato sull'emigrazione elaborato dal socio Ernani Andreatta.

3)-Domenica 12 AGOSTO Ore 21,15- Presso l’ORATORIO DEI NERI di Rapallo, E.Carta e E.Andreatta hanno intrattenuto il numeroso pubblico sul ritrovamento del relitto della "Corazzata italiana ROMA". E’ stato proiettato un filmato eccezionale e sono intervenuti testimoni ed esperti storici del settore navale.

4)-Venerdì 17 AGOSTO Ore (21,15) - Recco. Conferenza su '"I grandi Naufragi" con l’intervento di E.Andreatta-E.Carta-L.Del Veneziano-C.Gatti – Sono stati proiettati filmati sulle navi: Locarno-Bianca C.- Costa Concordia. E’ seguito un interessante dibattito.

5)-Martedì 16 OTTOBRE Ore (21,15) - Recco. Si é svolta una importante Conferenza sulla  "Storia del Rex" – E’ stato proiettato un filmato d'epoca. Sono intervenuti Andreatta E. -Carta E. - Gatti C. e testimonials dell'epopea dei transatlantici.

Mostra di Mare Nostrum ed. 2012

La Mostra si é svolta entro le seguenti date:

Sabato 13 ottobre: -   Alle 10,30 Inaugurazione della Mostra nella sala consiliare, alla presenza del Sindaco e numerosi Assessori e Autorità. Si é tenuta, in seguito, l’annunciata Conferenza Stampa e la presentazione dell’annuale fascicolo e dell'intero programma.

Domenica 28 ottobre Alle ore 17.30 si é svolta la Cerimonia di chiusura della Mostra con il saluto del Sindaco. Sono stati consegnati gli attestati agli espositori e partecipanti.

Tra il 13 ottobre e il 28 ottobre Mare Nostrum ha effettuato, ogni sabato e domenica, varie conferenze, presentazioni di libri di carattere marinaro e videoproiezioni che riportiamo qui di seguito nel Programma stampato e distribuito in migliaia di copie sul territorio.

Tra ottobre e dicembre 2012

Un nutrito programma storico-culturale ha visto impegnato il ns. Vicepresidente Maurizio Brescia.

 

Si é tenuto al Museo del Risorgimento di Genova (via Lomellini, 11) un ciclo di conferenze dal titolo "Storie di navi, uomini e battaglie". Di seguito riportiamo il programma dei quattro incontri che comprendevano proiezioni di documenti iconografici e multimediali:

10 ottobre 2012mercoledì h. 17.30
: “La Marina italiana dall’Unità alla Grande Guerra”

26 ottobre 2012venerdì h 17.00: 
”I fotografi navali, tra arte, immaginazione e tecnologia”

14 novembre 2012mercoledì h 17.00
: “Navi e marinai nell’iconografia della battaglia di Lissa” (nell'ambito della presentazione del restauro dei dipinto di Giovanni Selerio "La battaglia di Lissa", a cura di Franca Carboni dell’Istituto Mazziniano)

4 dicembre 2012martedì h 17.00: 
”Storia delle bandiere navali italiane 1848-1946”

PREMIO NARRATIVA

21 settembre 2012 alla Caserma TTLLCC di Chiavari s'é svolta la quarta edizione del Premio Narrativa.

 

Un gran successo!!!! Sia per il clima di commemorazione del ritrovamento della corazzata ROMA, sia per la partecipazione dei “parenti chiavaresi” delle vittime, sia per i vincitori dei premi. Per Mare Nostrum hanno partecipato i soci Simonetta Pettazzi, G.Boaretto e signora, il sottoscritto e signora e naturalmente Nanni Andreatta che ha prodotto e presentato un eccezionale DVD-documentario sulla Roma con rare testimonianze. Un sentito ringraziamento deve essere rivolto al Comandante Benedetti della base di Chiavari, ai suoi collaboratori ed al caro amico di Mare Nostrum Maggiore Vito Casano per la loro sempre eccellente ospitalità. Il Museo é rimasto aperto per il numeroso pubblico, che ha dimostrato, come sempre, tanta ammirazione.

MOSTRA MARE NOSTRUM 2012

Qui di seguito sono elencati gli EVENTI, gli ospiti e i temi affrontati in questa edizione.

 

 

16 novembre 2012, L’Associazione culturale STELLA POLARE ha organizzato presso il Café De Filla di Chiavari un incontro sull’AFFONDAMENTO DELLA CORAZZATA ROMA. Relatore il socio Ernani Andreatta. Presenti numerose Autorità comunali, provinciali e regionali. Il numeroso pubblico ha tributato un caloroso applauso al nostro socio Comandante per l’impegno profuso in questa ricerca di grande attualità.

 

Venerdì 30 novembre

Nella sede di Mare Nostrum, a Rapallo,  il prof. Giovanni Giosué Chiesura ha presentato il romanzo storico:

 

DEFIXIONES

Il Mistero delle Tavolette Magiche.

Autrice la nostra socia Marinella Gagliardi Santi. Grande successo di pubblico e di critica.

6 dicembre 2012 – La Spezia

Cerimonia di Chiusura della Mostra

"Da Cavour a Cavour - 140 anni di sviluppo della tecnologia navale in Italia"

- Il C.Ammiraglio Marco Manfredini, Macchinista Navale ed Ingegnere, Direttore dell'Arsenale, ha dato il BENVENUTO al numeroso pubblico presente (oltre 500 p.)

- Intervento di Aristide Massardo, Preside della Scuola Politecnica di Genova che vede riunite Ingegneria e Architettura. Professore ordinario di Macchine e sistemi per l'energia e la propulsione e ingegneria dei sistemi energetici.

- Intervento del C.Ammiraglio Claudio Boccalatte Presidente della Sezione ATENA della Spezia, che ha condotto la Conferenza sul Tema:

"Dalla regia Scuola Superiore Navale alla Scuola politecnica. Cenni sull'evoluzione della Progettazione Navale e della Didattica in Italia"

RELATORI ED ARGOMENTI:

* D.ssa Silvia Pierdicca e Dr. Giuliano Bonanno della Biblioteca della Scuola Politecnica:

"Il Patrimonio Storico Scientifico della Scuola Politecnica - Ausilii alla Didattica della R.S.S.N.”

* C.Amm. Claudio Boccalatte:

"Evoluzione della Progettazione Navale e della Didattica dal 1871 al XXI Secolo"

* Ing. Giuliano Vernengo del DITEN della Scuola Politecnica:

"Attuali Metodi e Strumenti per la Progettazione Navale e la Didattica"

Ha fatto seguito un eccellente e cordialissimo:

"Vin d'Honneur"

Un ringraziamento particolare al socio Ing. Marco Prandoni artefice di questa importante e significativa carrellata storica che ha fissato nel tempo eventi importantissimi della nostra Marina Militare. I numerosi interventi dei conferenzieri hanno illustrato i risultati tecnologici raggiunti e le applicazioni a bordo delle navi, nelle vasche idrodinamiche con le varie strumentazioni citate, ed infine le Sedi Universitarie di Ingegneria e Archittetura per la formazione del personale altamente specializzato.

Ricordo a tutti che i soci  E.Andreatta (Museo) e C.Molfino (Grafico e Coreografo) hanno collaborato al successo di Marco P.

- I soci Andreatta, Boaretto, Bucca, Gatti, Molfino, Prandoni hanno presenziato alla Cerimonia.

 

Giovedì 13 - alle ore 17.00

Mare Nostrum ha partecipato ad un meeting sul REX organizzato dall'Associazione Culturale L'AGAVE che è presieduta dalla Signora Mirna Brignole. L’ormai famoso E. Starnini ha partecipato con altri testimonials dell’epoca.  L’incontro si é svolto presso la sede ubicata nello stesso stabile di PALAZZO ROCCA. Il socio Nanni Andreatta ha proiettato un interessante Power Point di foto che ha introdotto il TEMA sviluppato dal presidente. Sono seguite molte domande del pubblico ed un nutrito dibattito.

Con gran piacere v’informo che il Sito di Mare Nostrum, che curo personalmente come webmaster, ha raggiunto le 12.000 visite in venti mesi di attività e ci ha permesso una visibilità a livello mondiale. Siamo seguiti in tutti i continenti e i nostri scritti vengono giornalmente letti e apprezzati da storici di fama mondiale.

 

Ringrazio il Sindaco e la Giunta Comunale per il contributo che viene elargito a Mare Nostrum a sostegno dell’Attività Culturale diffusa su tutto il territorio ligure e che raggiunge la sua massima espressione della annuale Mostra e Pubblicazione, che va letteralmente a ruba per l’aumento esponenziale dei suoi collezionisti.

 

Ringrazio di cuore i soci che ci aiutano “manualmente” nei mesi di punta.

 

Ringrazio coloro che collaborano al nostro successo con semplici fotografie, segnalazioni, commenti via e-mail e sul sito, perché tengono vivo l’interesse ed il gusto della ricerca e della discussione dando vivacità e un senso critico all’Associazione.

 

Ringrazio il tesoriere che, oltre a tenerci i conti in ordine, ci indica il superamento degli ostacoli che ogni anno ostacolano e aumentano la nostra fatica.

 

Ringrazio e mi complimento con i soci che organizzano Mostre fuori sede, scrivono libri e s’impegnano in convegni, incontri, congressi, simposi, raduni mettendo sugli scudi il nome di MARE NOSTRUM.

 

Ringrazio gli amici fraterni E.Andreatta, G.Boaretto, M.Brescia, E.Carta, C.Molfino, M.Prandoni con i quali la fatica ed il superamento degli impegni diventano un divertimento.

 

Ringrazio tutti coloro che per impegni familiari e di lavoro sono fisicamente lontani ma sempre pronti a sostenerci con suggerimenti e consigli.

 

Ringrazio mio fratello Giampiero che ci offre gratis la sede, la Sala Convegni e

prezzi “stracciati” per le nostre “abbuffate”.

 

Ringrazio il nostro Editore Massimo Busco che ci permette il grande vanto di possedere un organo di stampa: IL MARE in crescita costante.

 

Ringrazio i nostri soci-Presidenti di altri Enti: E. Andreatta Curatore del Museo Marinaro Chiavari, Enzo Gaggero Presidente dell’Associazione IL SESTANTE,

Giancarlo Boaretto vicedirettore del Museo Marinaro di Chiavari, che oltre ai loro pesanti impegni di routine, condividono con noi l’esigenza d’interagire, partecipare e offrire le proprie pecularieta’ al servizio di un “Progetto Comune” tendente alla divulgazione della Cultura Marinara.

 

Ringrazio infine i Nuovi Soci che ci hanno deliberatamente scelti per condividere con noi l’amore per il mare e le sue storie.

 

Il Presidente: Carlo Gatti

L’addetto stampa: Emilio Carta

 

Rapallo, 24.12.2012

 


USHUAIA - Italiani alla Fine del Mondo

USHUAIA

(Patagonia del Sud-Argentina)

ITALIANI ALLA FINE DEL MONDO

Una Storia dimenticata

Nell'immediato dopoguerra una nave, un'impresa italiana e tanta mano d'opera specializzata in cerca di lavoro e fortuna partono per la Terra del Fuoco, regione inospitale, difficile e senza strutture.


Ushuaia si trova 140 km a NW di Capo Horn - Cile.

Ushuaia è la città più australe del mondo e si trova sulla costa meridionale della Terra del Fuoco, in un paesaggio circondato da montagne che dominano il Canale Beagle (Ushi = al fondo, Waia=baia). Baia al fondo, alla fine. È così che gli indigeni Yamanas, da oltre seimila anni, chiamano il loro mondo: la "fine del mondo".

Nell’immediato dopoguerra, la decisione del governo argentino di costruire la capitale Ushuaia nella Terra del Fuoco fu presa per riaffermare la sovranità del paese sull'isola Grande, all'epoca oggetto di aspre dispute con il confinante Cile. Siamo nel 1947 e le imprese italiane ricevono l’incarico di costruire opere pubbliche. L’unica struttura presente sull’isola è un vecchio penitenziario ormai fatiscente. Occorre partire da zero: case, strade, ospedale, scuola, centrale idroelettrica. Ad organizzare la spedizione è Carlo Borsari, imprenditore edile bolognese e proprietario di una fabbrica di mobili che convince il governo argentino di saper operare con le sue maestranze anche in climi molto rigidi. Nella primavera del 1948 il presidente Peròn firma il decreto che attribuisce all'imprenditore italiano la commessa di lavoro. Il 26 settembre 1948 salpa dal porto di Genova la prima nave che, guarda caso, si chiama “GENOVA”, con a bordo, 506 uomini e 113 donne, per un totale di 619 lavoratori.

La M/n GENOVA della Co.Ge.Da. è in partenza da Ponte dei Mille per la Terra del Fuoco. Questa rara fotografia è una preziosa testimonianza di quella grande spedizione.

Durante il lungo viaggio della nave, le autorità argentine vietano di scalare i soliti porti intermedi per evitare defezioni. La paga dei lavoratori è di circa 3,5 pesos, superiore rispetto ad altri luoghi in Argentina e permette di mandare soldi alle famiglie in Italia.

Il 28 ottobre 1948, dopo 32 giorni di oceano, la M/n Genova giunge ad Ushuaia con un carico umano colmo di speranze e con le stive stracolme di materiale. Ad accoglierla c’è il ministro della Marina argentina dell'epoca. La stagione è la più favorevole per iniziare i lavori. Per i primi mesi una parte degli operai è sistemata nei locali dell'ex penitenziario, il rimanente alloggia a bordo di una nave militare del governo.

La mano d'opera è soprattutto emiliana, ma non mancano piccole comunità di veneti, friulani e croati. Nelle ampie stive della nave c’è tutto l’occorrente per la costruzione ed il montaggio di un paese moderno. Del carico fanno parte 7.000 tonnellate di materiale per allestire una fornace e la centrale idroelettrica, vi sono mezzi di trasporto leggeri e pesanti, gru, scavatrici, case prefabbricate, generatori, l’attrezzatura per la costruzione di una fabbrica di legno compensato e persino le stoviglie per la mensa dei dipendenti. L’inventario della merce trasportata comprende tutto il necessario alla comunità per essere autosufficiente ed il suo valore attuale corrisponde a venti milioni di euro che il governo argentino, ha pagato all'impresa Borsari che li aveva anticipati.

Agli emigranti provenienti dal nord Italia, le montagne alle spalle di Ushuaia ricordano le Alpi, e per tutti loro la nuova terra significa un futuro migliore per se stessi e per i propri figli. I primi due anni pattuiti con Borsari sono veramente duri per il freddo, la neve, l’oscurità e con le difficoltà di costruire opere murarie e idrauliche. Onorato il contratto, in molti decidono di stabilirsi definitivamente in questa città che hanno creato dal nulla e che sentono ormai propria. Grazie al lavoro di un nucleo di avventurieri italiani, si assiste ad un fenomeno di migrazione di massa unico al mondo. Ushuaia cresce, si popola e si trasforma in una città viva, speciale per varietà di razze e culture.

La M/n Giovanna C. degli armatori Costa di Rapallo

Restano i ricordi. Lo sforzo per l’ambientamento climatico fu sostenuto dagli emigranti grazie anche al promesso ricongiungimento con le famiglie, che fu rispettato e si concretizzò con l’arrivo di una seconda nave italiana, la M/n "Giovanna C." che giunse a Ushuaia il 6 settembre 1949 con mogli e figli. Quel giorno la comunità italiana raggiunse le 1300 unità.

Gino Borsani aveva promesso due anni di lavoro ben pagato, terre e case ai suoi uomini. “Alcuni di noi non sapevano neppure dove erano diretti” - dice Elena Medeot 78 anni, nata a Zara – “In Italia c'era il mito dell' Argentina, ma quando siamo arrivati qui, dopo un mese di navigazione, abbiamo scoperto la verità. Per scaldarsi, in un posto dove in piena estate la temperatura raramente supera i 10 gradi, si doveva risalire la montagna per fare un po’ di legna. Le promesse del bolognese svanirono in pochi mesi, così come il sogno di tutti, mettere da parte un po' di soldi e tornare a casa.

L’emigrante Dante Buiatti

“Però si mangiava carne tutti i giorni e questo già sembrava un miracolo”. Ricorda Dante Buiatti nato a Torreano di Martignacco. “Nel 1923 Avevo un lavoro in Friuli, ma era più importante dimenticare la guerra e a casa non ce la facevo”.

Dante fu uno dei pochi pionieri, arrivati ad Ushuaia con la ditta Borsari, che scelse di restare in quella terra al confine del mondo. La maggioranza, infatti, rincorse orizzonti più caldi, spostandosi in altre province “più ospitali” dell’Argentina.
Buiatti s’impegnò nell’attività commerciale del paese, che oggi continua con sua figlia Laura; mentre Leonardo, il figlio minore, gestisce un albergo.
 Sempre col cuore rivolto alla sua cittadina natale, Dante Buiatti fu uno dei principali animatori dell’associazionismo friulano e italiano nella Terra del Fuoco. Fino al giorno della sua morte è stato il principale punto di riferimento per gli studiosi dei processi migratori, per la collettività italiana, per i giovani della comunità friulana di Argentina ed Uruguay e, fondamentalmente per i suoi cinque nipoti.

Franco Borsari, figlio dell'imprenditore, ricorda ancora lo stacco del padre dalla banchina del porto di Genova. Nel 1948 aveva solo 5 anni e La lontananza terminò nel 1953 quando, insieme alla madre e le due sorelline, raggiunse suo padre a Buenos Aires per rimanervi fino agli anni Sessanta.

Marco David fu il primo figlio di italiani a nascere ad Ushuaia. I genitori erano tra coloro che vissero per qualche tempo su una nave militare del governo argentino, fino alla costruzione delle prime baracche. Il padre era responsabile tecnico del cantiere e ricorda: “C’era solo abbondanza di carne di pecora, tutto il resto doveva arrivare via nave, e d'inverno lo sbarco non era mai assicurato a causa del cattivo tempo”. La famiglia rimase ad Ushuaia fino al 1964.

Anna Maria Floriani, 85 anni, insieme al marito Osvaldo Tartarini, carrozziere, e la figlioletta Claudia di sedici mesi, fece parte del primo gruppo della M/n Genova. Di quell'impresa ricorda soprattutto il freddo dei primi tempi: “Fummo alloggiati nell'ex penitenziario, in una stanza di due metri e mezzo per due, senza cibo fresco, schiacciati dal peso della nostalgia e della solitudine. Ci sentivamo abbandonati dal mondo”. Ricorda infine le parole del marito che, arrivati nello stretto di Magellano e vedendo un cimitero di navi affiorare qua e là disse con le lacrime agli occhi: “Dove sto portando la mia famiglia?”

Mentre l'Italia si rimboccava le maniche nella ricostruzione dopo la tempesta del secondo conflitto mondiale, quella piccola, dimenticata spedizione diventò per molti di loro un’occasione di benessere e tranquillità economica.

La M/n GENOVA

ARRIVA A USHUAIA

Oggi Ushuaia è una meta turistica per crocieristi, un'isola relativamente felice nel disastro economico e sociale in cui vive l'Argentina.

Per molti anni i suoi disagiati abitanti hanno ricevuto stipendi superiori alla media nazionale, grazie anche al suo “porto franco” che diventò una ghiotta occasione per rilanciare piccole industrie e commerci. Oggi il suo centro è costellato di negozi che traboccano merce importata, e non sembra affatto una città posta ai confini del mondo. Gli italiani che hanno resistito alla tentazione di ritornare in patria non si lamentano più e si sono perfettamente ambientati come i loro figli argentini. Qualcuno è diventato persino benestante, come l'imprenditore Luciano Preto, scomparso l'anno scorso.

Certo, Ushuaia resta pur sempre la fin del mundo e i contatti con l'Italia, per mezzo secolo, sono stati davvero pochi. Dante Buiatti e Elena Medeot ci sono tornati solo una volta, con la nave, trent' anni fa. Gli eventi legati alla patria furono pochi ma indimenticabili, come la visita di Maria Beatrice di Savoia, nel 1961, l'arrivo della rivista di fotoromanzi, Grand Hotel, che le donne si passavano di mano in mano per mesi. Poi, negli anni Settanta, le feste a bordo delle navi da crociera Costa (Eugenio C. e, in seguito la Costa Allegra) che si fermavano alla fonda nella baia.La memoria muove molte emozioni e ogni 28 ottobre si consuma un rito. A USHUAIA, nella gelida Terra del Fuoco (Argentina), quindici reduci della M/nave Genova, da cinquantatré anni issano la bandiera italiana nel vento gelido che soffia dall' Antartide. Si contano di nascosto per vedere se manca qualcuno, si abbracciano con qualche lacrima e non dimenticano di rendere omaggio anche alla loro seconda bandiera, quella bianca e azzurra dell' Argentina. Figli e nipoti si stringono tutti gli anni attorno ai loro nonnos, come chiamano indistintamente i quindici vecchietti, e cercano a fatica di conservarne la storia e le tradizioni. Quindici sono i sopravvissuti di una delle più straordinarie storie dell'emigrazione italiana nel mondo.

Fa tenerezza la tenacia della piccola comunità italiana, che vuole ricordare, conservare la storia, non far sparire tutto davanti al tempo che inevitabilmente si porterà via i protagonisti della grande avventura.

ULTIMA ORA

10.12 2010 - CRUISE SHIP HORROR

Per fortuna è solo un pessimo ricordo l’odissea vissuta in alto mare, qualche giorno fa, nelle gelide acque dell’oceano Antartico, per i 166 passeggeri (16.000 $ a persona) della nave da crociera di lusso Clelia II, battente bandiera maltese. La love-boat si è trovata per ore in balia di altissime onde nello Stretto di Drake mentre proveniva dall’Antartide con un motore in avaria, il radar fuori uso e molti danni alle sovrastrutture. La Marina Militare Argentina ha reso noto che la CLELIA II ha potuto raggiungere il porto di USHUAIA scortata dalla nave polare Explorer, inviata in suo soccorso.

Carlo GATTI

Rapallo, 11.02.12

 


COS'E' LA PUDDINGA?

 

Cos'é LA PUDDINGA?

Il mare e la puddinga si sposano in quest’incantevole scenario della nostra riviera

Questo mini faraglione é noto con il nomignolo: CAREGA (sedia) per la sua inequivocabile forma. Spesso da ottobre a maggio funziona da osservatorio e trampolino per i cormorani, gabbiani e saltuariamente anche aironi. Lo scoglio si trova lungo la passeggiata tra Santa Margherita e Paraggi. Un esemplare di Pino d’Aleppo lo sovrasta offrendo uno scorcio tra i più suggestivi della zona.

Chi ama passeggiare in mezzo alla natura nostrana, si sarà accorto che a partire dalla zona di mare sottostante il convento della Cervara e proseguendo in direzione Portofino, gli scogli sembrano artificiali.

Le pietre ovali e rotonde appaiono impastate con una sorte di cemento, come se migliaia di antichi muratori si fossero messi al lavoro per ordine  di un fantomatico e stravagante Signore d’altri tempi. Invece, quella forma di stramba architettura marinara ha un nome, si chiama puddinga. Se ne vedono pochi esemplari nel mondo e noi siamo tra i pochi testimoni, per lo più distratti e disinteressati, che si ritengono dei privilegiati osservatori.

In questa carta geologica del Promontorio del Parco di Portofino, la parte superiore rappresenta il la roccia di calcare, mentre la parte inferiore quella di puddinga o conglomerato.

Il Promontorio di Portofino si snoda per 13 km, con coste rocciose che degradano dolcemente in mare. La puddinga di Portofino e il calcare del Monte Antola coesistono formando due entità geologiche distinte. Il monte Antola (1597 mt s.l.m.) è situato nella zona tra le quattro province  di Genova, Alessandria, Piacenza e Pavia. E’ la cima più elevata dell’omonimo parco e si trova sul crinale che raccorda l’alta Valle Scrivia con l’alta Val Trebbia. Si distingue per la sua sommità erbosa, a forma piramidale, sopra la quale si innalza una croce. Ai piedi della vetta sorge una piccola cappella.

La baia di Paraggi ed il mar color smeraldo appena schiarito dal riflesso della puddinga

I geologi preferiscono usare il termine tecnico conglomerato e fanno risalire la sua nascita a circa 30 milioni di anni fa. Si tratta di una roccia sedimentaria composta da ciottoli trasportati  da corsi fluviali o correnti marine.  In Liguria si può trovare nella zona del monte Maggio e del monte Antola, oltre che nel promontorio di Portofino. Scientificamente, questa particolare roccia è costituita: da ciottoli rotondi e ovali di varia grandezza cementati da una matrice calcareo arenacea o marnosa. Oppure, viene anche definita: roccia sedimentaria costituita da frammenti tondeggianti cementati con leganti a base di calcare, silice o argilla che fa pensare ad una sedimentazione in ambiente marino.

Il lettore si chiederà da dove derivi il curioso nome puddinga? E’ presto detto. Pudino é la voce usurpata agli Inglesi (PUDDING) che più comunemente corre nella forma ‘budino’. (Torta composta in varie maniere, nella quale sogliono entrare come ingredienti l’uva di Corinto e frutta candita). Ma la nostra puddinga, purtroppo, non é commestibile e rappresenta proprio un’altra sostanza che ricorda il ‘pudding anglosassone’ soltanto nel rimescolamento degli ingredienti pietrosi. Abituati, ormai, ad accostare la roccia di puddinga soltanto al lato mare del Promontorio di Portofino, rimaniamo sorpresi nello scoprire che anche l’entroterra di Genova ci offre spettacolari scenari come mostra la foto qui sotto.

Scenografici torrioni di puddinga

Alta Valle Scrivia. Il castello dei Fieschi a Savignone si trova incastrato su un roccione di puddinga. Fu un tempo fortezza e residenza padronale nonché oggetto di battaglie e assedi.

Altri poderosi blocchi rocciosi di puddinga sono conosciuti a livello scientifico come Conglomerato di Savignone, chiamato cosí proprio per la particolare diffusione che ricopre in Valle Scrivia (Monte Maggio, Monte Reale, Savignone), ma anche in Val Borbera (Ripa di Rocchetta L. Strette di Pertuso).
Osservandone gli svettamenti sembra di vedere un’antica colata di cemento con tantissime pietre di fiume catturate e ‘annegate’, con cui la natura impartisce un’innovativa tecnica costruttiva ai posteri. Questo conglomerato si é formato circa 25 milioni di anni fa (Oligocene) in seguito ai movimenti della crosta terrestre causati dalla deriva dei continenti; geometricamente si sovrappose poi ai calcari del Monte Antola.

Laddove sono presenti le puddinghe, il paesaggio assume un aspetto ripido e scosceso, mentre i corsi d'acqua sembrano seguire percorsi obbligati tra la dura roccia oligocenica.

Un altro raro e stupefacente scenario dello stesso tipo geologico, lo troviamo nella Val Vobbia, dove le alte strutture rocciose risultano essere i torrioni del Castello della Pietra e le Rocche del Reopasso, che s’innalzano entrambe dalle gole della valle.
(vedi foto sotto). Le ultime sono costituite da una cresta rocciosa di puddinga e si trovano nell'Appennino Ligure, in valle Scrivia, tra i comuni di Busalla, Crocefieschi e Vobbia, all’interno del Parco.

Il castello della Pietra (nella foto) é un’antica fortificazione sita nel comune ligure di Vobbia, ubicato nell’omonima valle in cui scorre il torrente Scrivia.  La costruzione é incastonata tra le rocce di puddinga e costituisce il più caratteristico monumento dell’entroterra genovese. Polo d’attrazione culturale e paesaggistico del Parco naturale regionale dell’Antola.

Da lontano hanno un aspetto veramente impressionante e si comprende come le popolazioni di queste zone le abbiano chiamate così. Due torrioni di puddinga alti 150 metri circa, dall’aspetto  dolomitico,  si stagliano solitari contro il cielo, spogli, austeri e inquietanti.

CARLO GATTI

Rapallo, 20 settembre 2013

 



La Storia della ANDREA DORIA

T/N “ANDREA DORIA”

LA BELLA E SFORTUNATA SIGNORA DEI MARI

La Grand Dame of the Sea sfila davanti ai grattacieli di Manhattan

Un po’ di Storia: La Riorganizzazione Postbellica.

Strutture ed infrastrutture portuali distrutte e inagibili. Fondali da bonificare e sgomberare da centinaia di relitti. La flotta italiana ridotta ad un’esigua entità.

Questa era in sintesi la drammatica situazione dell’Italia marinara l’8.5.1945.

L’Italia aveva perso l’88% delle navi passeggeri o miste.

Lo sforzo riorganizzativo compiuto dal Governo italiano dell’epoca per avviare una rapida ripresa fu intrapreso in molte direzioni:

- Costituzione del Comitato Gestione Navi (Co.Ge.Na.)

- Concessioni di contributi sulle spese per il recupero ed il ripristino di circa 2000 navi e per la ripresa della cantieristica.

- Creazione del Ministero della Marina Mercantile che fu suddiviso in quattro Direzioni Generali ed in tre Ispettorati.

- Furono stipulati accordi con il Governo degli Stati Uniti per l’acquisto di:

95 navi del tipo Liberty,

20 petroliere del tipo T/2,

8 navi da carico del tipo N/3.

- Nel 1947 si conclusero le trattative per la restituzione ed il rientro in patria dagli USA di 14 prede belliche tra cui il Conte Biancamano il Conte Grande, il Vulcania ed il Saturnia.

Nel frattempo cresceva vertiginosamente la domanda per il trasporto dei reduci, smobilitati, persone compromesse con il regime, rifugiati politici, apolidi ed in particolare emigranti italiani.

In questa fase delicata della nostra storia recente, si attivarono ancora una volta gli Armamenti Privati Genovesi: Co.Ge.Dar. – Costa – Fassio – Italnavi – Marsano – Messina – Sidarma – Sitmar - Zanchi ed altri che seppero far fronte alle richieste, adattando ed adibendo le loro unità alle linee del Plata, Brasile e successivamente dell’Australia.

Grazie al loro coraggio, la bandiera italiana poté ancora solcare i mari in un frangente in cui molti la davano per spacciata.

Al centro della ripresa dei traffici si trovarono le Società del Gruppo FINMARE che in pochi anni riuscirono a ripristinare i collegamenti con tutte le sponde nazionali ed internazionali del periodo anteguerra.

Verso una Rinascita ricca di prestigio.

Intorno agli anni ’50, un’ulteriore serie cospicua di provvedimenti legislativi favorirono la rinascita della flotta italiana. Dai Cantieri Navali nazionali uscirono, in quel periodo, navi passeggeri e da carico che furono le protagoniste nella Storia dei Trasporti Marittimi per molti decenni.

Per la Società Tirrenia, nei primi anni ’50, furono varate cinque navi motonavi gemelle della classe “Regioni”: SiciliaSardegnaCampania FelixCalabriaLazio, che s’aggiunsero alle 21 unità esistenti, ma di vecchia concezione tecnologica.

Per la Società Adriatica il 5 gennaio 1952 la M/n Enotria partì per il suo viaggio inaugurale sulla linea Italia-Egitto a fianco della M/n Esperia. Alla fine dello stesso anno la M/n Messapia entrò in servizio sulla linea Italia-Grecia-Cipro-Israele.

Per il Lloyd Triestino scesero in mare: le navi da carico UdineVicenza e le navi passeggeri AusoniaBernina.

Per la Società Italia, l’8 maggio 1950, scese in mare la Giulio Cesare, mentre l’Augustus il 19 novembre 1950. Le due prestigiose unità furono le prime navi passeggeri ad entrare in linea nel dopoguerra.

La polivalenza della serie Navigatori giocò un ruolo molto importante per i collegamenti commerciali ed il trasporto degli emigranti europei diretti verso il Sud-Pacifico (Cile e Perù).

La seconda fase della rinascita delle attività marittime si ebbe il 19.12.1952 con la consegna della splendida e sfortunata Andrea Doria e della gemella Cristoforo Colombo che avvenne il 2 luglio 1954. Entrambe le navi furono costruite dal Cantiere Ansaldo di Sestri Ponente.

Il Varo. La T/n Andrea Doria fu varata il 16 giugno 1951. Erano le 10.30 e scese in mare senza una scossa, dolcemente, docile ed esatta lungo un binario dello scalo. La bottiglia di spumante si era appena infranta sul fianco destro della prora e il nastro tricolore che fasciava il vetro non era ancora ricaduto a terra, che già lo scafo, sciolto da ogni impaccio, scivolava rapido verso il mare.

 

Al momento del varo il suo scafo pesava circa 10.000 tonnellate. Il costo finale del transatlantico fu di 14 miliardi di lire.

 

Le due foto (in alto) si riferiscono a due fasi dell’allestimento del transatlantico che durò circa due anni e si concluse negli ultimi mesi del 1952.

Le Prove di macchina dell’Andrea Doria.

Le qualità nautiche della nave: potenza, velocità, manovrabilità, stabilità, sensibilità ai comandi strumentali ecc…erano emerse molto positivamente nei giorni delle “prove in mare” che precedettero il viaggio inaugurale, nel gennaio del ’53. Nel Golfo Ligure, inanellando giri su giri in un circuito fisso tra Genova e Sestri Levante, con le macchine a tutta forza, l’Andrea Doria doveva raggiungere il limite massimo di velocità fissato dal contratto. La nave spinta gradualmente fino al massimo dei giri delle turbine, tesa in quello sforzo estremo di sollecitazioni e vibrazioni, Superò tutte le prove. I cronometristi, ad ogni passaggio davanti alle basi misurate, segnate sul monte di Portofino, comunicavano i tempi; 20 nodi, 21, 23 e poi l’annuncio, festoso, come lo sciogliersi di un incubo: “25,30 nodi, la velocità massima”.

L’Andrea Doria esce dal porto di Genova per le attese “ prove di macchina” che saranno realizzate tra le “basi misurate” posizionate tra le colline della Riviera di Levante. La foto si riferisce alla seconda uscita della nave avvenuta l’1.12.1952.

Il viaggio inaugurale dell’Andrea Doria.

LAndrea Doria partì per il Viaggio Inaugurale il 14 gennaio 1953 ed arrivò a New York nove giorni più tardi. Vicino alle coste americane il transatlantico incappò in una forte depressione con onde montagnose che la sottoposero a violente sollecitazioni allo scafo con sbandate che arrivarono a 28°. Il nuovo liner fu quindi sottoposto ad un severo test che procurò anche venti feriti tra i 794 passeggeri imbarcati. L’Andrea Doria coprì la distanza di 4.737 miglia da Genova a New York ad una velocità media di 22.97 nodi, nonostante la forzata riduzione a 18 nodi, causata dallo storm atlantico. L’Andrea Doria era stabilmente adibita alla linea espresso Genova-Cannes-Napoli-Gibilterra-New York e aveva ottenuto un grande successo nel pubblico internazionale, specialmente fra gli americani. La nave viaggiava sempre completa.

Le due foto (sopra), si riferiscono all’entrata in linea dell’Andrea Doria che avvenne nel gennaio del 1953. La partenza da Genova fu accompagnata dai fischi e le sirene di tutti i mezzi portuali e delle navi ormeggiate in porto. La bella nave, ripresa di poppa e di prora, sta lasciando- con il Gran Pavese del Maiden Voyage - la Stazione Marittima di Ponte dei Mille. Poteva trasportare 1241 passeggeri e 575 uomini d’equipaggio. Era lussuosa sin nel minimo dettaglio delle sue strutture ed era considerata l’ammiraglia della Società Italia di Navigazione.

I Passeggeri americani lanciano una nuova moda.

Con l’Andrea Doria viaggiava il jet set dell’epoca che amava l’Italian Style e soprattutto l’atmosfera di bordo. L’oggetto del desiderio, per molti VIP, non era quello di raggiungere l’una o l’altra sponda dell’Oceano Atlantico, ma il vivere “la nave”, per molte traversate, secondo una nuova moda lanciata da loro stessi.

Celebrità dello mondo dello spettacolo, (dall’alto verso il basso), le attrici: Kim Novak, Gracie Fields, Cristine Jorgensen.

Tecnica d’avanguardia installata sull’ammiraglia della flotta italiana.

L’Andrea Doria aveva in dotazione un elevato numero di lance di salvataggio, quattordici, che potevano trasportare oltre duemila persone. Un sistema antincendio sofisticatissimo ed era equipaggiata di un radar Raytheon (USA), di un secondo radar Decca (U.K.) nonché della strumentazione più moderna dell’epoca: solcometro elettrico, radiogoniometro, bussola giroscopica ed giropilota, nonché l’impianto Sprinkler per la segnalazione e lo spegnimento automatico degli incendi. Il condizionamento dell’aria era assicurato in tutta la nave da un sistema composto di ben cinquantotto apparecchi condizionatori a regolazione automatica a mezzo di termostati. Innumerevoli ventilatori ed estrattori d’aria avevano una portata complessiva oraria di ben 1.126.500 metri cubi. Le condotte di ventilazione ed estrazione avevano uno sviluppo complessivo di oltre quindici chilometri. I condizionatori assorbivano, in regime di raffreddamento, circa tre milioni di frigorie l’ora, e in fase di riscaldamento, un massimo di 4.500.000 calorie orarie. La centrale frigorifera era una delle più potenti, installate su navi passeggeri, con un impianto della potenza di 1500 CV. La cambusa per le provviste di bordo aveva un volume di circa 1450 metri cubi, di cui 850 in celle isolate e refrigerate. Le casse per l’acqua di lavanda avevano una portata di circa 3300 tonnellate; altre ne contenevano 370 tonnellate per l’acqua potabile. I depositi di nafta avevano una capacità di 4300 metri cubi, sufficiente per consentire alla nave un viaggio completo d’andata e ritorno.

Il Primo Arrivo dell’ Andrea Doria al Pier-84 di New York.

L’Andrea Doria è stato il primo grande transatlantico italiano che avesse ripreso le rotte oceaniche nel dopoguerra. Le tre foto sotto ricordano il suo primo arrivo a New York.

(Foto in alto) Si vedono due Erie Railroad ferries, l’Empire States Building e a sinistra l’Upper Hudson. (Foto sopra) si vede la famosa New York City skyline con il Woolworth Building a sinistra.

La traversata oceanica s’interrompe bruscamente con la stupenda visione dei grattacieli di New York e con i docks portuali destinati ad accogliere le più grandi navi di linea dell’epoca. Il pilota e i rimorchiatori delle Società McAllister e Moran assistono il comandante dell’Andrea Doria in manovra. Nella foto (sopra) gli uffici della Società Italia sono addobbati con disegni artistici e locandine commemorative del grande evento.

In questa affascinante rappresentazione dei Piers-passeggeri del porto di New York, si notano: la Queen Elizabeth in navigazione sul fiume Hudson e in basso da sinistra: la Costitution, l’Andrea Doria, la United States e l’Olimpia.

Attrazioni, conforts e impianti moderni a disposizione dei passeggeri.

In tre classi, l’Andrea Doria poteva trasportare complessivamente 1241 passeggeri, oltre a 575 uomini d’equipaggio. La nave disponeva di tre piscine, di quindici sale pubbliche, di ampie passeggiate coperte e scoperte, di quattro impianti cinematografici e di tutte le attrezzature e impianti tipici dei grandi liners dell’epoca, fra cui l’aria condizionata in ogni ambiente e in ogni classe. Ma la novità assoluta era forse l’installazione del radiotelefono intercontinentale a disposizione dei passeggeri.

Foto in alto: La piscina di prima classe ed il comandante P.Calamai a destra sul ponte superiore.

Al centro la piscina e il lido-bar della classe cabina. In basso la stessa pool vista dall’alto.

Un museo perduto in fondo al mare.

Con l’Andrea Doria la Marina Mercantile italiana non perdette soltanto una magnifica unità dal punto di vista della tecnica, ma anche un gioiello di architettura, di arredamento, di decorazione navale. In questo campo la flotta italiana raggiunse in quegli anni ciò che presto si chiamò in tutto il mondo “The Italian Style”.

 

Il salone di prima classe era l’elegantissimo locale d’incontro e di relax informale, ma soprattutto l’ideale passerella per le eleganti signore nelle feste di gala.

Così come nella serie dei “Conti”, lo stile italiano realizzò sontuosamente l’idea dell’albergo galleggiante, nella serie dei “Navigatori” concretizzò l’idea della casa accogliente e, soprattutto, personale, per quanto poté essere “personale” un ambiente destinato alla collettività. Il filo conduttore di questo progetto architettonico navale, imitato invano dalla concorrenza, fu l’arte, l’opera d’arte che raggiunse i livelli più apprezzati con le gemelle Andrea Doria e Cristoforo Colombo. Sopra il livello dell’artigianato, eccellente e caratteristico di ogni cosa di “gusto italiano” e che si rivelava attraverso l’accostamento delle tinte, delle materie, delle linee attraverso l’amore della bella forma evidente nelle poltrone dei saloni come nelle rubinetterie dei bagni, spiccava, sulle navi italiane la presenza dell’arte.

 

Numerosi famosi architetti: Zoncada, Pulitzer, Ratti ed il più importante Gio Ponti lavorarono agli interni dell’Andrea Doria. In questa foto si vede l’imponente statua dell’ammiraglio Andrea Doria di guardia… al salone principale della prima classe.

Si diceva….“Galleria d’arte, Museo galleggiante”…anche e specialmente dell’Andrea Doria. La Flotta Mercantile italiana nella sua spola continua attraverso gli oceani portava con sé il paesaggio dell’arte italiana. Pittori, scultori, ceramisti, disegnatori mosaicisti, vetrai italiani avevano creato questo “paesaggio” permanente sui mari, primo saluto del tradizionale paese dell’arte al viaggiatore straniero che veniva a conoscerlo. Le loro opere rendevano armoniose le lente giornate del navigare. Campigli, Mirko, Music, Sironi, Felicita Frai, Spilimbergo, Meli, Venini, E. Luzzati e tanti altri che adesso non vengono in mente, sono i nomi più illustri che hanno lasciato sulla “bella nave”, il sigillo della loro arte. Il vestibolo di prima classe, portava la firma degli architetti Cassi, Rossi e Parenti, realizzatori inoltre delle grandi scalee, delle gallerie, dei negozi e degli uffici che si affacciavano sul vestibolo, nonché delle sale da pranzo di prima classe e della classe cabina. Vi erano quattro appartamenti di lusso realizzati nella loro particolari caratteristiche di arredamento e decorative, dagli architetti Ponti, Zoncada, Minoletti e Pouchain. Attraverso grandi portoni di cristallo si accedeva alla sala da pranzo di prima classe, il cui pavimento era in gomma color pervinca. Le pareti, ornate da due grandi tarsie a soggetto allegorico, erano di radica di mirto e noce. La parte centrale della parete poppiera era interamente rivestita di pergamena. I tavoli erano in noce francese e le poltrone imbottite di gomma piuma e rivestite di seta. La saletta dei bambini aveva le pareti di frassino bianco patinato e laccato con decorazioni policrome. Anche la sala da pranzo della classe cabina era assai elegante con i suoi toni sfumati di grigio e pareti di legno “citronnier” con parti massicce in frassino d’Ungheria. La sala da pranzo della classe turistica, realizzata dagli archittetti del gruppo Anua di Genova, aveva rivestimenti di frassino e rovere di Slavonia. Sul ponte superiore erano sistemate numerose cabine di prima e seconda classe, mentre a poppa, progettate dall’architetto Ratti, spiccavano la sala delle feste, il bar, le sale di soggiorno, da gioco, di lettura, le passeggiate coperte e scoperte. La sala delle feste, in rovere di Slavonia chiaro con due grandi vetrate, era particolarmente lussuosa.


I passeggeri di prima classe spesso s’intrattenevano nelle loro lussuose ed ampie suites. Erano anche incoraggiate le nuotate sotto le stelle prima del ritiro notturno.

A prua si trovava il giardino d’inverno, opera degli architetti Ponti e Zoncada. Vi erano inoltre verande belvedere, tre piscine, sale elioterapiche e attrezzate palestre.


Il personale di un moderno salone assiste una giovane coppia nel gioco del “ horse racing”.

Sull’Andrea Doria, la decorazione della sala di soggiorno di prima classe era una delle realizzazioni più felici per estro pittorico e movimento plastico. Salvatore Fiume, che si rivelò come uno dei migliori scenografi italiani, l’aveva immaginata e decorata come una scatola magica a sorpresa. Una scena unica e multipla sulla quale era ininterrottamente interpretata la commedia dell’arte italiana; anticipo, o souvenir, di un bel viaggio nel paese della fantasia. Tra quinte e prospettive, il mondo delle immagini e dei personaggi del Carpaccio e di Tiziano, del Giorgione e di Raffaello, del Boccaccio e di Goldoni appariva e scompariva, allusivo e ridente, carico di ammiccamenti e di proposte. Il fondo del mare ha raccolto quella scena, e avrà stinto un poco alla volta la sua accensione fantastica, la scioglierà poco a poco; e spenderà, con il “grande banchetto di Nettuno”, dipinto con ritmo modernissimo da Pietro Zuffi; anche gli arazzi finissimi di Raclis, la gioiosa decorazione della stanza dei bambini, e i cento particolari preziosi nei quali, dalle stanze da letto alla Cappella di bordo, era impresso un segno della nostra immagine artistica. Ma gli artisti poterono ricominciare, e ogni cosa poté ricominciare all’indomani; anzi il giorno stesso…


La tradizionale scuola italiana di gastronomica internazionale non aveva rivali e quando tramontò l’era delle navi di linea, la diaspora dei nostri cuochi, chefs e maestri di casa andò ad arricchire le marinerie straniere. Nella foto i passeggeri stanno per gustare il buffet di mezzanotte.

Sull’Andrea Doria tutto era vivo e perfetto. Nelle grandi cucine elettriche si affaccendavano cuochi e pasticceri, dai forni usciva pane fresco e fragrante, nelle lavanderie entravano ed uscivano chilometri di biancheria, i tasti delle lynotipe battevano nella tipografia per comporre il giornale di bordo, le bobine dei film si svolgevano nelle macchine da proiezione dei cinematografi, gli impiegati ricevevano i passeggeri agli sportelli degli uffici turistici e bancari, i medici nel piccolo ospedale visitavano gli ammalati, mentre gli ufficiali e i marinai governavano la nave. Era un mondo che riproduceva, in piccola scala, tutti gli aspetti di quello grande e reale: un piccolo mondo che bastava a se stesso, per giorni e giorni, nell’immensità del mare.


Nella foto due belle signore s’intrattengono dinanzi al negozio dei regali (gift shop).

Cinquanta anni fa con un fianco squarciato l’ANDREA DORIA sparì negli abissi


Cinquanta anni fa, il 26 luglio 1956, al largo del faro americano di Nantucket (USA) che dista 180 miglia da New York, affondava la T/n Andrea Doria, speronata dal transatlantico svedese Stockholm, dopo undici interminabili ore d’agonia.


L’agonia di una nave è lunga: non tanto per il tempo contato in ore, quanto per la dolorosa tensione che l’accompagna. L’agonia dell’Andrea Doria è durata undici ore; colpita dallo Stockholm alle 23.11 del 25 luglio, è affondata alle 10.08 del 26 luglio su un fondale di 80 metri.

Il ricordo di quell’immane disastro che costò cinquantun vite umane è ancora vivissimo nella memoria dei liguri e Genova, in quei terribili giorni, fu colpita nel suo orgoglio di grande porto e maestra nella cantieristica navale. Il disastro segnò la fine repentina e luttuosa del mito del liner più bello e moderno del mondo.

In quel secondo dopoguerra, si entrò nella splendida fase della rinascita delle attività marittime proprio con la consegna della Andrea Doria soprannominata la:

La Grand Dame of the Sea

La T/n Andrea Doria varata il 16 giugno 1951, entrò in linea nel 1953. Poteva trasportare 1241 passeggeri e 575 uomini di equipaggio. Era lussuosa sin nel minimo dettaglio delle sue strutture ed era considerata la portabandiera della Società Italia di Navigazione. Con essa viaggiava il jet set dell’epoca che amava l’Italian Style e soprattutto l’atmosfera di bordo. L’oggetto del desiderio, per molti VIP, non era quello di raggiungere l’una o l’altra sponda dell’Oceano Atlantico, ma il vivere “la nave”, viaggiando con essa, per molte traversate, secondo una nuova moda lanciata da loro stessi.

Costruita secondo le prescrizioni e sotto la speciale sorveglianza tecnica del Registro Italiano Navale, del Lloyd Register of Shipping e dell’American Bureau of Shipping, l’Andrea Doria aveva una stazza di 29.700 tonnellate, una lunghezza fuori tutta di 212,50 metri, una larghezza fuori ossatura di 27,40 metri, una altezza dello scafo fino al ponte di coperta di metri 15,20; con un apparato motore a turbine della potenza normale di 35.000 CV, sviluppava una velocità di servizio di 23 nodi.

Lo scafo, oltre ad avere un doppio fondo cellulare completo, era suddiviso nella sua lunghezza da 11 paratie stagne trasversali limitate in alto dal ponte di compartimentazione (corrispondente al Ponte A, al di sotto cioè del Ponte di coperta).


Paurosamente inclinata sul fianco destro. La turbonave Andrea Doria, già abbandonata dai passeggeri e dall’equipaggio, sta per affondare.

Ma nessuna norma poteva – né potrà mai – garantire la salvezza di uno scafo colpito con la violenza con la quale la nave svedese speronò la nostra. La prua della Stockholm penetrò nello scafo dell’Andrea Doria per oltre 12 metri e aprì una falla di circa 20 metri di lunghezza – dal doppio fondo al ponte superiore – di gran lunga maggiore di quella ipotizzata nei calcoli di compartimentazione.

 

Questa foto scattata dall’autore durante l’ultima sosta dell’Andrea Doria a Genova, mostra il punto esatto in cui la nave sarà colpita dalla prora dello Stockholm.

Inoltre si può pensare che la prua contorta e accartocciata della Stockholm nel liberarsi dall’incastro nello scafo della Doria, abbia agganciato delle lamiere staccando addirittura un corso del fasciame esterno.

Comandava l’Andrea Doria il capitano Pietro Calamai, genovese: 42 anni di navigazione, volontario sul mare a diciannove anni nella Prima Guerra Mondiale, capitano di corvetta e ufficiale di rotta della corazzata Duilio nella Seconda Guerra Mondiale.


Non appena”, dichiarò il comandante Calamai in un suo rapporto a New York, “incontrammo la nebbia si provvide a chiudere le porte stagne e si cominciò ad emettere regolari segnali di nebbia e vennero prese le altre normali precauzioni.

Passato il battello-fanale di Nantucket, su scala 20 miglia, il nostro radar rilevava a considerevole distanza l’ubicazione di una nave che risultò essere la Stockholm. Siccome la nave si avvicinava e aumentava anche il rilevamento, ordinai il cambio di rotta a sinistra per garantire all’Andrea Doria il maggior spazio possibile.

“La nave che si avvicinava era costantemente osservata e, non appena uscì dalla nebbia e potemmo vederla a occhio nudo, virò verso di noi e venendoci incontro a grande velocità ci colpì sul nostro fianco destro, malgrado il mio tentativo di evitare la collisione avendo ordinato il timone tutto a sinistra, operazione che feci procedere da due fischi di sirena…”

Lo Stockholm in navigazione, con i propri mezzi, verso New York. Nelle lamiere divelte della prora, in quel momento, si trovavano ancora i corpi di alcune vittime della collisione.

La Commissione d’indagine del Ministero della Marina Mercantile consegnò i suoi rapporti che presto finirono archiviati da qualche parte. Gli atti del procedimento informativo, iniziato davanti alla Federal District Court di New York. Le Società Armatrici delle due navi si misero d’accordo per chiudere la pratica rapidamente, coprendosi con i pagamenti della stessa compagnia assicuratrice: i Lloyds di Londra. Da un preciso e chiarificatore articolo dello storico Silvio Bertoldi, apparso sul “Corriere della sera” il 16.7. 96 riportiamo alcuni stralci:

Il comandante P. Calamai fu collocato in pensione, sebbene gli mancassero due anni al limite della carriera. Era come dire che la colpa era stata sua. Specie se si tiene conto del diverso comportamento della Swedish Am. Line che promosse il capitano G.Nordenson della Stockholm. Al comando della sua flotta……

Il comandante della Stockholm Nordensson ed il suo giovane ufficiale E.Carstens, che era solo di guardia sul ponte di comando, in navigazione con la nebbia, nel momento della collisione.

Al momento della sciagura Calamai si trovava in plancia, mentre Nordenson dormiva in cabina e la sua nave era affidata al 3° ufficiale E. Carstens di 26 anni. Costui aveva calcolato male sul radar la distanza della nave italiana e quando si era reso conto di andarle addosso aveva ordinato “in extremis” una temeraria accostata di 23° a dritta che aveva costretto Calamai a scappare a sinistra per sfuggire all’ormai inevitabile collisione. Per salvare l’onore di Calamai, morto a 75 anni, dopo una lunga ed ingiusta emarginazione, sarebbe dovuto intervenire, nel 1980, un esperto della Marina USA, John Carrothers, con uno studio finalmente rivelatore della verità. Carrothers indagò sui grafici dei registratori di rotta e li rapportò alle varie scale delle distanze del radar. La sua spiegazione fu la seguente: al momento dell’avvistamento, la Stockholm aveva il radar funzionante sulla portata delle 5 miglia, mentre Carstens credeva di averlo sulla portata di 15 e si comportò di conseguenza. Riteneva così che la Andrea Doria si trovasse a 12 miglia di distanza mentre si trovava a quattro. La credeva a 6 miglia, quando era a 2 ed allora ordinò l’accostata a dritta 23° e portò la Stockholm in rotta di collisione con la nave italiana”.

Concludiamo questa breve rievocazione affermando che, quanto magistralmente riportato da S. Bertoldi è anche la versione ufficiale che viene tuttora insegnata dal Capitano Robert Meurn, docente di Navigazione all’Accademia Americana di New York ai futuri Capitani di lungo corso americani.

Il più grande salvataggio in mare della storia.

Alle 23h 22m l’Andrea Doria lanciò l’S.O.S. che diede il via ad una grande gara di solidarietà tra le navi che giunsero in zona numerose e al massimo della velocità. Le operazioni di salvataggio furono condotte in tempi relativamente brevi e con perizia da manuale.

In risposta alle tante domande cui fu sottoposto, il comandante P.Calamai precisò:

ho fatto mettere in mare le otto lance del lato destro della nave, cioè la metà di tutte le imbarcazioni di cui disponeva il transatlantico, essendo impossibile far calare in acqua quelle del lato sinistro e che comunque, precisò, erano state sufficienti.”

Navi partecipanti al salvataggio:

- Ile de France che raccolse il maggior numero di naufraghi (10 lance) e proseguì poi per New York alle 05.00, dove venne accolta al Pier n.80 con entusiasmo e tanta tristezza. Quel giorno l’intero settore dei Trasporti Marittimi ne uscì sconfitto.


Il transatlantico francese Ile de France, 43.000 tonn. Fu varato nel 1926 e restò a lungo sugli oceani, come una delle navi più famose e sicure. Fu la nave che portò maggior soccorso all’Andrea Doria.

Celebre divenne la testimonianza del comandante Raoul de Baudéan e riportato da alcuni testi dedicati al tragico avvenimento:

Ed ecco il minuto straziante dell’addio. Passiamo a trecento metri dal relitto deserto. All’intorno incrociano delle scialuppe di salvataggio contenenti una parte dell’equipaggio rimasta agli ordini del comandante. Delle navi, attirate dall’immensità del disastro, sono ferme nei dintorni. Il commissario dell’Andrea Doria, uno dei rari ufficiali che hanno potuto seguire la sorte dei loro passeggeri, sale sul ponte di comando. Faccio fare il saluto con la bandiera e con tre fischi prolungati di sirena. Più di settecento paia di occhi guardano allontanarsi la loro dimora gloriosa, il quadro moribondo della felicità di una settimana o di un anno, l’oggetto del loro orgoglio o del loro dispiacere. In molti di quegli occhi dovevano esserci lacrime. Ma un silenzio di piombo rende più eloquente il dolore e l’emozione. I miei uomini scrutano il mare dove galleggiano dei rottami, credendo di potervi scoprire un nuotatore ritardatario o un cadavere. Due miglia più lontano, lo Stockholm esce dalla nebbia con la sua atroce ferita. La prua della bianca nave non è più che una massa di ferraglia contorta dove, delle macchie chiare, evocano dei corpi nudi e probabilmente mutilati. Non oso avvicinarmi, temendo una reazione irrazionale della folla dei miei superstiti”.

- La stessa Stockholm che prese a bordo 425 passeggeri dell’Andrea Doria.

- Il cargo Cap Ann recuperò 4 lance.


La nave da carico “Cap Ann”, qui illustrata, contribuì con molta perizia alle operazioni di salvataggio.

- Il cargo militare William Thomas recuperò 3 lance.

- La petroliera R.E.Hopkins recuperò 1 lancia.

-Infine le numerose medie e piccole imbarcazioni che diedero anch’esse un preziosissimo contributo illuminando la zona del sinistro, facendo spola tra le navi ed assistendo le lance nei loro tragitti verso il recupero dei naufraghi.

 

NAVE

Tipo

Scialuppe

recuperate

Persone

salvate

Passeggeri

salvati

Equipaggio

salvato

* Ile de France

N.Passeggeri

11

753

576

177

* Cape Ann

Cargo

4

129

91

38

* Pvt.Wm.Thomas

Cargo

3

158

112

46

** R.E.Hopkins

n.cisterna

1

1

1

0

# Ed.H.Allen

n.militare

0

77

0

77

Stockholm

n.Passeggeri

7

542

425

234

 

 

 

 

 

 

T O T A L E

 

30

1660

1088

572

* =Insignita della Gallant Ship Award

**=Lettera Encomio

#= Recupera tre mezzi di salvataggio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alcune statistiche interessanti

Categoria

Passeggeri

Morti

Totale

Andrea Doria (passeggeri)

1088

46

1134

Andrea Doria (equipaggio)

572

0

572

Stockholm (passeggeri)

534

0

534

Stockholm (equipaggio)

208

5

213

 

 

 

T O T A L E

2402

51

2453

Un resoconto degli eventi del giorno della collisione:

11.31 O.L. La Stockholm lascia il molo di New York Harbor

22.20 La Andrea Doria passa al largo del battello-fanale di Natucket

22.40 La Andrea Doria localizza la Stockholm sul radar- distanza 17 miglia

22.48 La Stockholm localizza l’Andrea Doria sul radar – distanza 12 miglia

22.50 La Stockholm cambia direzione per Rotta Vera 091°

23.05 La Andrea Doria cambia direzione per Rotta Vera 264°

23.07 La Stockholm accosta 20° a dritta

23.08 La Andrea Doria accosta a sinistra nel tentativo di evitare la Stockholm

23.09 O.L. La Stockholm accosta a dritta nel tentativo di evitare la Andrea Doria

23.11 La prua rinforzata della Stockholm penetra nella fiancata dell’Andrea D.

23.22 La Andrea Doria lancia “S.O.S…necessitiamo immediata assistenza”

23.54 L’Ile de France (Cap. Beaudean) risponde all’S.O.S. e dirige sul posto

00.30 Il primo naufrago dell’Andrea Doria arriva sullo Stockholm

00.45 La fregata Cap Ann è la prima nave ad arrivare in soccorso sul posto

01.23 Il cargo William Thomas arriva e getta in mare due lance di salvataggio

02.00 La n.passeggeri Ile de France arriva e getta in mare numerose lance di salvataggio ed altri mezzi necessari al recupero dei naufraghi.

Il secondo ufficiale di macchina G.Cordera raccontò: “Ci prodigammo per rallentare l’affondamento, riuscimmo a non far mancare la corrente elettrica e ciò valse a salvare centinaia di vite. La nave colò a picco con le pompe in funzione e le luci accese. Eppure la centrale elettrica era fuori uso, allagata”.

04.30 O.L. L’ultimo passeggero, R. Hudson viene recuperato dalla R.E.Hopkins

05.30 Il comandante dell’Andrea Doria P.Calamai ed i suoi ufficiali lasciano la nave che sta affondando

06.15 Messi in salvo tutti i passeggeri la Ile de France saluta l’Andrea Doria e ritorna a New York

08.06 La Evergreen arriva sulla scena per dirigere le operaz. di salvataggio

10.08 L’Andrea Doria, piegandosi definitivamente su di un fianco affonda tra i flutti.


Ferita a morte, l’Andrea Doria sta per affondare.Tra poco il mare si rinchiuderà su quella che era la più bella e grande nave italiana della sua epoca.

Epilogo

Alle otto, anche gran parte dell’equipaggio aveva lasciato la nave: a bordo era rimasto soltanto il comandante Pietro Calamai con dieci uomini d’equipaggio.

Alle nove, anche il comandante, con gli ultimi suoi uomini, ha abbandonato la nave dopo averne ricevuto l’ordine direttamente dal Ministro della Marina Mercantile italiano on. Cassiani. Il comandante del guardacoste USA Evergreen sarebbe venuto per l’ultima volta sottobordo. La nave aveva ormai preso una paurosa inclinazione sulla dritta: un altro mezzo grado e il comandante dell’Andrea Doria non ce l’avrebbe più fatta. Calamai ed i suoi uomini hanno dovuto buttarsi in mare e sono stati tratti in salvo da un mezzo costiero e poi da un elicottero. Subito dopo i mezzi di salvataggio della Coast Guard hanno “allargato” di quel tanto che era necessario per evitare gli effetti del risucchio: poi la nave è colata a picco. E’ andata giù di prua ed anche l’ultimo atto è stato più lento di quanto si possa immaginare, è durato soltanto una decina di minuti. E’ un testimone oculare che parla:

l’acqua lambiva il ponte principale mentre la “passeggiata” di terza classe era già sotto il livello di almeno quattro metri e la nave sbandava sempre più a dritta, il fianco che l’aguzzo e brunito sperone dello Stockholm aveva squarciato nel cuore della notte, erano le 10.08 quando la prua del magnifico transatlantico si immerse, senza un sussulto nell’oceano. Prima la poppa è uscita dall’acqua con le sue due eliche ormai inerti, col suo lungo timone piegato, ha pencolato così, forse ancora un minuto, forse pochi secondi in più. Non guardai l’orologio perché i miei occhi erano fissi su quella parte sempre più piccola della mia nave che affondava. Poi pian piano tutto venne ingoiato dalle acque e in ultimo si alzò a perpendicolo la poppa, sulla quale la luce fece rifulgere un’ultima volta le lettere d’oro del nome:

Andrea Doria

Risucchio, schiuma, qualche fumata di vapore, qualche relitto dei ricchi addobbi delle prime classi, qualche relitto dei modesti bagagli della “turistica”, qualche scialuppa che l’ Andrea Doria non era riuscita a mettere in mare e che all’ultimo momento si era staccata dai paranchi e galleggiava. Si chiudeva così, con questo scenario squallido e spettrale uno dei più drammatici disastri del mare.

Alle 10.08 la nave italiana “ANDREA DORIA” affondò in 225 piedi d’acqua (75metri di profondità) in posizione: Latitudine: 40° 29’.4 N - Longitudine: 60° 50’.5 W

Assicurazioni: L’Andrea Doria era totalmente ricoperta da assicurazione. Il cinquanta per cento della perdita ricadde sul mercato inglese, presso cui le Compagnie italiane si erano contro-assicurate. Secondo l’agenzia “Italia” la nave era assicurata presso varie compagnie italiane per 16,5 miliardi di dollari, pari a 10 miliardi e 230 milioni di lire dell’epoca. Le percentuali di assicurazioni erano le seguenti: 20% Mutua Marittima Nazionale; 18,75% Assicurazioni Generali; 11,20% Sicurtà tra Armatori; 11% Assicurazioni Italia; 10% Adriatica Sicurtà; 8,40% Levante; 8% Fiumeter; 3% Unione Mediterranea; il resto da 2,50% a 0,25% a Compagnie minori. Il 50% era assicurato sul mercato inglese. Il costo per la costruzione e l’allestimento della nave era stato di 15 miliardi di lire, di cui due miliardi e mezzo già ammortizzati. Assicurazioni complementari, avevano tuttavia coperto i corredi, il bagaglio e macchinari speciali per oltre due miliardi. Il contributo dello Stato era stato di quattro miliardi. La collisione dell’Andrea Doria ed il suo successivo affondamento fu una delle più importanti notizie dell’anno 1956 e fece dimenticare per un po’ di mesi gli altri grandi avvenimenti del periodo: la crisi del Canale di Suez, la rivolta d’Ungheria, la guerra d’Algeria e la rielezione del presidente Dwight D. Eisenhower.

Carlo GATTI

Rapallo, 09.02.12


...QUANDO S'ANDAVA PER PAGELLI...

 

... Quando s’andava per pagelli ...

 

Le estati del dopoguerra erano calde e di notte si cadeva tra le braccia di Morfeo sotto la zanzariera in giardino, cullati dallo swing che saliva in collina dalla Taverna Azzurra. Eravamo cresciuti in fretta sotto le bombe di Pippetto e c’era una gran voglia di allontanare le paure degli sfollamenti, degli umidi rifugi e dei proiettili che piovevano senza preavviso. Il peggio era passato e con gli amici di famiglia, ogni lunedì, si rendeva omaggio alla vita in mare aperto e poi sulla spiaggia. Mio padre e i suoi amici ci mettevano al remo e noi li portavamo a pescare i pagelli al largo di Zoagli. Mio fratello Pino aveva già una bella cascetta mentre io difendevo il mio posto di lavoro gonfiando ‘a muscolatûa d’un peccetto’ (la muscolatura di un pettirosso)  improvvisando smorfie da vogatore esperto.

 

... Il rito che precedeva la partenza ...

 

 

Il castello negli anni ‘50

L’appuntamento era intorno alle 04 sugli scogli posti di protezione all’antico Castello ‘per fâ a stramüse’ *(stramuggine, chiamata anche tramuise nel ponente genovese). Questi vermi d’acqua di mare, lunghi due o tre centimetri, dimoravano in blocchi di sabbia sommersi e si muovevano in una ragnatela di gallerie sapientemente architettate; oggi, gli amici delle Nagge mi dicono che quelle esche sono in fuga da tempo, ma nessuno sa per quale rotta e perché...

 

 

Un bell’esemplare di pagello, era l’obiettivo della spedizione...

Un tempo questo vermicello copriva interamente l’amo del bolentino e diventava invisibile all’ignaro pagello che rimaneva fregato. Questa preda era il principe del medio fondale, un pesce estremamente combattivo e lo ricordo come un grande ‘ribelle’ anche quando era di taglia modesta. Il pagello era un ambito trofeo di cui fregiarsi al rientro sull’imbarcadero di Langano! Sotto il sole cocente il suo dorso abbagliava come una pietra preziosa e la livrea bruno-rosato sfumava elegante sui fianchi.

La focaccia era ancora calda: “attenzion che no se bàgne” . Il vino bianco era appena uscito dalla ghiacciaia: “attenzion che no s’inverse”. Ogni movimento intorno a quel lungo e pesante gozzo ligure assomigliava ad un rito antico, che ogni lunedì veniva celebrato in onore della dea della pesca e della navigazione. *(Artemide era venerata a Creta come Dictunna, inventrice delle reti).

Nessuno parlava. Il buio disegnava ombre che proiettavano sangue dagli occhi e dalle mani: la mattanza di pagelli nel mare nostrum apriva lentamente il suo palcoscenico.

Non era una facile cattura! Ma Leo, il nostromo di bordo, conosceva le armîe,  *(punti di riferimento a terra) e non si sbagliava mai. Solo lui intuiva i movimenti del pagello sui fondali misti di fango, sabbia, scoglio,  ma che non disdegnava neppure la posidonia.  Leo aveva una specie di grande orecchio che avvertiva il grufolare del pesce, indicava un lato e sussurrava in dialetto misto: “danni un anticchia de remmo!” Sembrava che lo stesse pedinando a 200 metri di distanza e, noi ragazzi, ci sentivamo presi per il c...! Ma alla fine aveva sempre ragione lui.

Neppure da ubriaco o sotto tortura avrebbe confidato a qualcuno i suoi segreti, figuriamoci  alla bassa forza imbarcata... cioé noi. Al solo parlarne gli si gonfiavano le vene del collo e cominciava a sbuffare come un toro.... Era un tabù e basta! C'era di mezzo l'amicizia, la stima, la tradizione, la cultura di generazioni di pescatori della costa e, soprattutto il lunedì, diventato il giorno più sacro della settimana. L’ armîa era il segreto da non profanare, da non spantegâ in gïo ai ciaetezzozi *(da non confidare ai pettegoli) della domenica, anzi del lunedì perché  sarebbe finita la festa!

Già! Ma perché si partiva sempre di lunedì? E’ semplice! Era il giorno di chiusura dei parrucchieri. Leo era uno stimatissimo figaro siciliano di Caroggio Drito, eccellente pescatore con il bolentino, era l’unico rapallese importato che conosceva le armîe dei pagelli nel nostro golfo. Di lui ricordo la carnagione afro-mediterranea ed il profumo dolciastro di quei capelli neri, lisci e lucidi, una simpatica moglie rapallina e una parlata ligure-siciliana che mi risuona ancora oggi nelle orecchie. Che tempi?!

Non so per quale ancestrale prurito...?! Ma si doveva arrivare all'alba sulla fossa dei pagelli. Si diceva che dovevamo essere puntuali con la prima colazione. Nel dopoguerra, tanti erano rimasti rintronati dalle bombe e parlavano con le anime dei defunti, Leo parlava con i pagelli e tutti si fidavano della sua magia.

 

 

Il gozzo ligure

Si vogava alla gran puta con quei remi pesanti del gozzo ligure di Leo, fino a quando un gesto scaramantico segnalava l’arrivo nella la zona P. Leo prendeva i remi in mano e cominciava a fare strane serpentine. A volte la sceneggiata durava anche 15 minuti e alla fine partiva l’ordine: “cala trinchetto”! Noi ragazzi ci eccitavamo a scrutare il viso in tensione degli anziani che mugivano ad ogni metro di lenza salpata, inveivano e poi esultavano quando sentivano il peso del pagello che saliva lottando da quella prodondità. “Belin! U saiâ tre chilli!” Ne ipotizzavano le misure e noi staccavamo lo sguardo dai loro volti solo quando il pagello arrivava sottobordo.

 

 

Il momento tanto atteso

A noi ragazzi, con meno astuzia dei pagelli, succedeva di perderli proprio nell’ultimo strappo contro la falchetta della barca. Era come prendere un colpo basso nel momento che le stavi dando...

 

 

Ognuno si scegli i propri amici...

Erano pagelli rosati che odoravano di mare nostrano, pulito, inconfondibile e poco prima di mezzogiorno, si rientrava alla base. Dove? C'é una baia che oggi pochi giovani conoscono, si chiama Marina di Bardi (Zoagli). A 20 metri dal bagnasciuga c’era un massiccio muraglione costruito dalla Todt germanica come difesa antisbarco. A ridosso di quel muro  le ‘nostre’ madri,  mogli, amiche e qualche invalido rimasto a terra... preparavano il fuoco con la legna che il mare aveva ammucchiato d'inverno. Noi ragazzi remavamo verso terra mentre i vecchi pulivano il pesce con l'acqua di mare. Ho ancora quei profumi salmastri nel naso e la nostalgia di quei tempi nel cuore. Si mangiava, beveva e si scherzava fino al tramonto. I vecchi parlavano ‘grasso’, noi facevamo finta di non capire... era un film di felliniana memoria.

Fascisti, partigiani, bombardamenti e racconti di scontri in collina. Tutto finiva nel vino, nella farinata, nei polpettoni, nell’amicizia, nella ritrovata  libertà e nella speranza di un futuro migliore.

Dalla fossa dei pagelli, Rapallo sembrava scolpita ai piedi di verdi colline che ondeggiavano pulite tra le Crêuze de mä.

Carlo Gatti

 

Rapallo, 20 settembre 2013

 

 


Gli EROI di TELEMARK-Norvegia, la vera storia.

GLI EROI DI TELEMARK

POCHI  UOMINI  RIMASTI  NELL’OMBRA DELLA  SECONDA GUERRA  MONDIALE  IMPEDIRONO  A  HITLER  IL LANCIO  DELLA  PRIMA  BOMBA  ATOMICA

 

Agli inizi del 1939 il tedesco Otto Hahn pubblicò i suoi studi sulla fissione nucleare dell’uranio inaugurando una nuova era nella storia dell’umanità.

A pochi mesi dall’inizio della Seconda guerra mondiale, gli scienziati americani informarono il Presidente Roosevelt della possibilità teorica di costruire una bomba atomica capace di distruggere una grande città e, in quella occasione, resero noto che la Germania era la nazione più vicina a quel famigerato obiettivo. Infatti, nell’aprile del ’39, dal Kaiser Wilhelm Institute di Berlino giunse al Ministero della Guerra del Terzo Reich la conferma che l’arma segreta (la bomba atomica) era a portata di mano e che occorrevano ingenti quantità di uranio. Fu quindi in quel periodo di grandi cambiamenti geopolitici che iniziò quell’infausta corsa al nucleare che portò alla distruzione di Hiroshima e Nagasaki il 6 e 9 Agosto 1945 e che, ancora oggi, persiste nella sua bieca attualità. Nel frattempo, Oppenheimer, l’italiano Fermi* ed altri scienziati americani coinvolti nel progetto  Manhattan, introdussero un nuovo elemento “artificiale” nel capitolo nucleare: il Plutonio, (scoperto nel 1941) avente anch’esso le caratteristiche chimiche idonee alla fissione nucleare. I tedeschi, misteriosamente, erano arrivati alle stesse conclusioni. Il Plutonio 239 diventò quindi l’elemento basico per l’arma che poteva anticipare la fine della guerra a favore del belligerante che l’avesse lanciata per primo. Occorreva però un reattore atomico, l’uranio/plutonio ed anche un indispensabile moderatore chimico di neutroni: l’Acqua Pesante (D20)= deuterio e ossigeno.

 

 

Vemork Hydroelectric Plant at Rjukan, Norway in 1935. In the front building, the Norsk Hydro hydrogen production plant, a Norwegian Special Operations Executive (SOE) team (Operation Gunnerside) blew up heavy water production cells on 27 February 1943 in order to sabotage the efforts of the World War II German nuclear energy project.

 

 La fabbrica HYDRO di Vemork (Rjukan-Norvegia), oggi Museo visitabile tutto l’anno.

Strano a dirsi, ma l’unica fabbrica produttrice di Acqua Pesante in Europa si trovava a Vemork (Rjukan), nella regione meridionale del Telemark in Norvegia, ed era utilizzata nell’industria farmaceutica e in quella dei fertilizzanti agricoli. Ma fatto ancora più strano,  neppure il suo direttore, un noto ricercatore nel campo della chimica, era a conoscenza delle peculiarità di questo elemento chimico che Americani a Los Alamos (Nevada), e Nazisti in Germania cercavano affannosamente di produrre come elemento necessario alla fissione nucleare, in alternativa alla poco affidabile graffite. Quando il 9 aprile 1940 la Norvegia fu invasa dai tedeschi, la fabbrica di Vemork cadde subito nelle mani della Gestapo che ordinò immediatamente d’incrementare la produzione di Acqua Pesante senza dare, ovviamente, alcuna spiegazione. Presto il quantitativo fu portato a 5 kg al giorno, contro i 10 kg mensili precedenti. Quella curiosa richiesta si trasformò subito in sospetto e mise in moto le migliori intelligenze del mondo scientifico. La risposta ai dubbi “norvegesi”  non tardò ad arrivare e fu lo stesso padre teorico della bomba atomica Albert Einstein a fornirla a Roosvelet e a Churchill. Da quel momento la fabbrica di Rjukan diventò un incubo per gli Alleati. Il solo pensiero che Hitler potesse disporre della bomba atomica metteva i brividi al mondo intero. L’Acqua Pesante costituiva una terribile minaccia per il mondo libero e andava neutralizzata ad ogni costo e con ogni mezzo.

Ma c’era un grosso problema da risolvere: la fabbrica norvegese era arroccata fra le montagne e appariva come una fortezza medievale inespugnabile. Era stata costruita in quella posizione per canalizzare un’imponente cascata d’acqua verso numerosi generatori di corrente idroelettrica. Uno stretto ponte collegava le ripide pareti alte 900 metri e sul fondo del vallone scorreva il torrente Måna nell’ombra perenne. Una rotaia usciva infine dal ventre dell’edificio e serviva a trasportare i suoi prodotti alla stazione ferroviaria di Rjukan. L’invasione nazista costrinse  Re Haakon a rifugiarsi a Tromsø nel Settentrione Artico non ancora occupato, ma per evitare l’arresto riparò molto presto in Inghilterra dove costituì  un Governo in esilio. In Norvegia il potere passava di conseguenza al capo dei collaborazionisti locali Vidkun Quisling, mentre a Londra nasceva il SOE (Special Operation Executive), un ramo dei Servizi Segreti incaricato di addestrare giovani “saboteurs” per azioni militari mirate ad indebolire le forze armate tedesche nei Paesi occupati. I giovani patrioti norvegesi raggiungevano l’Inghilterra a bordo di pescherecci collaborativi e, a fine corso, rientravano lanciati con il paracadute sulle zone operative. Vista l’importanza dell’Acqua Pesante, gli Inglesi decisero che la prima operazione di sabotaggio all’impianto si sarebbe tentata il 19 novembre ‘42 con l’impiego di 50 commando inglesi supportati da esperte guide locali. Purtroppo, l’Halifax che rimorchiava l’Aliante (Horsa Mk I) degli incursori fu abbattuto dalla contraerea tedesca proprio quando si trovava alle spalle di Vemork sull’altipiano Hardangervidda. I pochi superstiti furono catturati, interrogati ed uccisi dalla Gestapo.

 

La foto mostra la parte vitale dell’impianto produttore dell’Acqua Pesante

 

 

L'ACQUA PESANTE PRODOTTA DALLA NORSK HYDRO

Ma nella notte tra il 27 ed il 28 febbraio 1943, nove commando norvegesi (alcuni erano di Rjukan e conoscevano bene la fabbrica) decisero di vendicare gli inglesi caduti per la Norvegia mettendo in atto uno spettacolare piano di sabotaggio all’impianto che da tempo essi stessi avevano studiato nei minimi particolari. Erano provetti sciatori, rocciatori e conoscitori del territorio, ma soprattutto si erano scelti a vicenda per il coraggio, la freddezza e l’odio verso gli invasori. Il gruppo di guastatori non ebbe grossi problemi, sia nel calarsi dalla parete del vallone opposto alla fabbrica, sia nell’attraversare il fiume sotto le armi spianate dei tedeschi, ma neppure nel risalire la ripida roccia ghiacciata e nel penetrare infine dal retro dell’edificio poco “spazzolato” dai riflettori. Avevano scelto semplicemente il tragitto che i tedeschi ritenevano impossibile da affrontare nella totale oscurità di quel duro inverno. Uno di loro, Knut Haukelid (leader della copertura) rimase all’esterno per affrontare l’eventuale reazione dei tedeschi, Joachim Rønneberg (leader dell’azione di sabotaggio) salì diversi piani dell’edificio con la scorta di due soli compagni e raggiunse indisturbato il cuore dell’impianto. Collegò velocemente l’esplosivo (timer 2’) alle sue parti vitali sotto lo sguardo incredulo dell’unico guardiano presente. L’operazione fu compiuta  senza uno sparo e l’esplosione, stranamente silenziosa, distrusse l’impianto e 18 serbatoi di Acqua Pesante (600 kg).

 

Questo era l’armamento USA in dotazione ad ogni sabotatore. In evidenza il celebre Tommy Gun

Il commando rientrò indisturbato alla base seguendo lo stesso impervio tracciato dell’andata. Sul posto, i giovani (media 25 anni d’età) lasciarono un mitra inglese Sten per convincere i tedeschi che l’azione militare aveva una matrice alleata evitando in questo modo feroci rappresaglie alla popolazione locale. Il successo ebbe grande risonanza e fu importante sotto il profilo psicologico in quanto la fabbrica si era dimostrata oggettivamente vulnerabile. Tuttavia, la produzione di Acqua Pesante riprese dopo soltanto una settimana. I tedeschi non erano ancora in grado di produrre l’importante moderatore della f.n. in patria, ma avevano previsto l’eventualità di sabotaggi in Norvegia. In breve, i componenti danneggiati  arrivarono in volo dopo alcuni giorni dalla Germania e furono montati senza neppure intaccare la tabella di marcia della produzione. La posta in gioco era quindi sempre altissima e la sicurezza del mondo era ancora più in pericolo. Agli Alleati non rimaneva che l’ultima opzione, quella del bombardamento aereo che all’epoca era tutt’altro che chirurgico. Ma nessuno osava assumersi la responsabilità di mettere in gioco la vita dei civili che vivevano a Rjukan e che rischiavano di cadere vittime del fuoco amico. Le opinioni erano talmente contrastanti che fu necessario ricorrere allo stesso Re Haakon. Maturò infine la decisione di bombardare la fabbrica perché il sacrificio di pochi avrebbe salvato la vita di milioni di persone ancora libere nel mondo. La fabbrica era davvero difficile da bombardare e quando i piloti Alleati ci provarono, il 16 novembre del ’43, con 161 Fortezze Volanti (B-17), ne risultò un fallimento totale: 30 furono le vittime tra la popolazione civile di Rjukan che non era riuscita ad evacuare in tempo, e almeno 50 le abitazioni completamente distrutte. Per contro, i danni alla fabbrica furono irrilevanti, e diversi aerei alleati caddero sotto i colpi della Flak, per l’occasione rinforzata da una intera brigata, in quel limitato perimetro, peraltro minato. Nonostante il parziale successo difensivo, i tedeschi, ormai stressati dai continui attacchi portati alla fabbrica da ogni direzione, decisero di trasferire fabbrica e riserve di Acqua Pesante in Germania. Dopo la disfatta di Stalingrado, la guerra sul campo si stava mettendo al peggio per il Terzo Reich e Hitler aveva sempre più bisogno dell’arma atomica per shockare il mondo e capovolgere  le sorti della guerra. La Resistenza norvegese scoprì il piano d’evacuazione tedesco e mise in allerta il comando alleato a Londra che diede l’ordine di distruggere il prezioso carico. L’operazione di sabotaggio fu affidata a Knut Haukelid che richiese ancora una volta l’assenso del Re Haakoon per dividere con tutti i norvegesi la responsabilità dell’eventuale morte di passeggeri e membri dell’equipaggio del Ferry HYDRO incaricato dell’operazione.

 

IL TRAGHETTO HIDRO

 

 Il Terminale di Mael sul lago Tinnsjøn. Del complesso museale oggi visitabile, fa parte il Ferry AMMONIA gemello del Ferry HYDRO affondato da Knut Haukelid

L’Acqua Pesante, stivata in barili d’acciaio, arrivò con il treno della fabbrica al terminale di Mael sul lago Tinnsjøn ed imbarcò sul ferry HYDRO. L’itinerario prevedeva l’arrivo a Notodden alla fine del lago, la partenza via treno per Oslo e l’arrivo presso una destinazione segreta in Germania. Ma la notte del 20 febbraio 1944 Knut Haukelid, con la scorta di un solo compagno, s’introdusse nella sentina del traghetto e piazzò diverse cariche d’esplosivo. Il timer, (due grosse e antiquate sveglie) funzionò alla perfezione. L’esplosione avvenne  dopo 40 minuti dallo stacco da terra. Il traghetto s’inabissò di prua facendo scivolare in un attimo vagoni, barili, armi e persone. Un plotone di soldati tedeschi e quattordici civili norvegesi, tra cui alcuni bambini, persero la vita. Grazie al coraggio di pochi uomini, la produzione di Acqua Pesante di un anno andò irrimediabilmente perduta negli abissi di un lago profondo e sconosciuto. Hitler dovette rinunciare per sempre alla BOMBA ATOMICA. Tutti gli EROI DI TELEMARK continuarono la loro attività clandestina in Norvegia e sopravvissero alla guerra.

 

 Kunt Kaukelid è il quinto da destra.

GLI EROI DI TELEMARK

 

Joachim Rønneberg-Torstein Pettersen RaabyKnut Augland-Arne Kjelstrup -Jens-Anton Poulsson Claus Helberg.

 

Berlino. Kirk Douglas impersonò Joachim Rønneberg  nel celebre film di guerra Gli eroi di Telemark con anche Richard Harris, storici ed esperti militari di tutto il mondo lo consultarono per decenni per imparare da lui. Ora è morto, lui Joachim Rønneberg, comandante partigiano norvegese addestrato dai britannici, lui massimo eroe della Resistenza nordica contro l'occupazione nazista. Si è spento sereno a 99 anni, lui che nel 1943 con commando di partigiani riuscì ad attaccare e distruggere a Telemark, appunto nella Norvegia occupata, l'impianto supersegreto in cui il Terzo Reich produceva l'acqua pesante, componente indispensabile alla bomba nucleare.

Protagonisti

Tra i membri partecipanti alle varie operazioni si citano:

Il primo agente che entrò nella fabbrica

Il gruppo Grouse/Swallow

Il gruppo Gunnerside

 

Il gruppo Lake Tinn

Haugland, nato nel 1917 a RjukanTelemark, Norvegia, ottenne l'examen artium nel 1937 qualificandosi per gli studi universitari. Nel 1938 si iscrisse agli studi radio militari arruolandosi nell'esercito norvegese. Nel febbraio 1940 si trovava a Setermoen e combatté le battaglie nei pressi di Narvik nel corso della Campagna di Norvegia contro la Germania. Dopo la sconfitta subita da norvegesi per mano dei tedeschi e la conseguente occupazione nazista, Haugland si trasferì a lavorare presso la Høvding Radiofabrikk di Oslo mentre veniva segretamente coinvolto nella resistenza norvegese. Dopo aver evitato l'arresto numerose volte, nell'agosto 1941 fu arrestato dallo Statspolitiet, ma riuscì a fuggire nel Regno Unito attraverso la Svezia. Qui si arruolò nella Kompani Linge.

Sabotaggio dell'acqua pesante

Haugland e altri nove partigiani norvegesi organizzarono e portarono a termine il famoso raid alla centrale della Norsk Hydro a Vemork.  Si sapeva che la centrale produceva acqua pesante e, nonostante lo scienziato ed organizzatore del raid Leif Tronstad non fosse a conoscenza del legame tra acqua pesante e armi nucleari all'inizio della guerra, divenne poi chiaro che la Germania avrebbe potuto utilizzare l'acqua pesante per un programma di energia nucleare. Haugland fu paracadutato su Hardangervidda il 18 ottobre 1942 assieme a Arne KjelstrupJens-Anton Poulsson e Claus Helberg. Il nome in codice era Operazione Grouse, e la loro prima missione fu l'attesa dell'operazione britannica FreshmanFreshman si rivelò un disastroso fallimento, ma a Grouse fu ordinato di attendere una nuova squadra, l'Operazione Gunnerside. La centrale di Vemork fu sabotata con successo nel febbraio 1943. Il sabotaggio fu raccontato nel film del 1963 diretto da Anthony Mann ed intitolato Gli eroi di Telemark. Nel 2003 girò un documentario per la BBC con Ray MearsThe Real Heroes of Telemark.

Torstein Pettersen Raaby (6 October 1918 – 23 March 1964) was a Norwegian telegrapher, resistance fighter and explorer. He is known as a crew member on the Kon-Tiki expedition.

 

Biography

Raaby was born in the village of Dverberg on the island of Andøya in Nordland, Norway.[2]

During World War II he became a Secret Intelligence Service officer, having entered training in 1943.[3] He spent ten months in hiding in the village of Alta, sending detailed reports on German warships and their radar installations to England via a hidden radio set surreptitiously connected to the antenna of a German officer. His reports were instrumental helping the RAFto find and permanently disable the battleship Tirpitz. For that and other undercover operations during the war, Raaby was awarded Norway's highest decoration for military gallantry, the War Cross with sword in 1944 and the British DSO. Raaby held the rank of Second Lieutenant (Fenrik).

Haugland incontrò la prima volta Thor Heyerdahl nel 1944 presso un campo di addestramento paramilitare in Inghilterra. Fu qui che Haugland scoprì le teorie di Heyerdahl circa il pattern migratorio polinesiano ed il suo progetto di attraversare il Pacifico a bordo di una zattera in legno di balsa. Nel 1947 Haugland fu invitato da Heyerdahl ad unirsi alla spedizione del Kon-Tiki come operatore radio. Durante la spedizione Haugland e Torstein Raaby (altro membro dell'ex resistenza) furono in continuo contatto radio con radioamatori statunitensi, inviando loro dati meteorologici ed idrografici da passare al Meteorological Institute di Washington. Nonostante la piccola radio con una potenza di trasmissione di soli 6 watt, la stessa potenza di una piccola torcia a pile, riuscirono a contattare gli operatori radio in Norvegia, inviando loro anche un telegramma per congratularsi con re Haakon VII di Norvegia per il suo 75º compleanno. Haugland interpretò sé stesso nel film documentario del 1950 Kon-Tiki.

Numerose decorazioni straniere sono relative al legame tra Haugland e la spedizione del Kon-Tiki e ad una visita di stato nel dopoguerra. Fu nominato Cavaliere di I classe dell'Ordine di Vasa, Cavaliere di I classe dell'Ordine del Dannebrog e Cavaliere dell'Ordine del Falcone. Ricevette la croce di I classe dell'Ordine al merito di Germania, fu nominato Commendatore dell'Ordine di Leopoldo e Compagno dell'Ordine della Corona di Thailandia. Fu ufficiale dell'Ordine del Leone e del sole, ricevette l'Ordine al merito della Repubblica austriaca (1978) e l'Ordine al merito del Perù. Nel 1988 Haugland divenne Cavaliere di I classe dell'Ordine reale norvegese di Sant'Olav per il suo lavoro a capo di un museo. Ricevette anche la Medaglia della Difesa con tre stelle. Haugland morì il 25 dicembre 2009, ultimo membro vivente della spedizione del Kon-Tiki.

Dalle Memorie di Churchill. Il Primo Ministro  a Lord Selborne: 

"Quali ricompense si dovranno dare a questi valorosi?"

Carlo GATTI

Rapallo, 13.10.11

Le fotografie sono dell’autore.

*Enrico Fermi era giunto negli Stati Uniti da poche settimane quando O. Hahn e F. Strassmann annunciarono la scoperta della fissione dell'uranio. Immediatamente Fermi iniziò lo studio della fissione, in particolare dei neutroni emessi in questo processo. Ebbe così ben presto chiaro che era possibile realizzare una reazione a catena capace di produrre energia su scala macroscopica. La realizzazione di un dispositivo nel quale produrre in modo controllato la reazione a catena divenne lo scopo centrale delle ricerche di Fermi, che si conclusero il 2 dicembre 1942, con l'entrata in funzione a Chicago del primo reattore nucleare a fissione. Poco prima Fermi aveva dato la sua adesione al progetto Manhattan, per l'utilizzazione bellica dell'energia nucleare.


RELAZIONE Attività Mare Nostrum 2010

ATTIVITA’

ASSOCIAZIONE MARE NOSTRUM 2010

Il 2010 ha segnato per Mare Nostrum un Anno di Crescita in tutte le direzioni.

L’Atto di Costituzione dell’Associazione ci ha posto “ufficialmente in gioco”

con il Comune, con il Pubblico, con i nostri Soci, con l’ampliamento dei nostri programmi, impegni e richieste di partecipazione a Convegni, Dibattiti e a prendere posizione sulle problematiche marinare che hanno visto numerosi incidenti navali, ecologici ecc... Il tema centrale della nostra attività, come é noto, é stata la Mostra Annuale al Castello. Mai come quest’anno, l’impegno é stato così gravoso e dispendioso di energie e risorse, ma il risultato é stato eccellente. La famiglia Costa Armatori di Rapallo, alla quale é stata dedicata la mostra fotografica e la pubblicazione, ha risposto con entusiasmo e con altrettanta partecipazione ha risposto la cittadinanza del Tigullio.  Le nuove generazioni, in particolare, hanno scoperto il passato ed il presente di una “grande” famiglia d’imprenditori che tanto ha fatto per la nostra città e per i suoi abitanti durante un secolo e mezzo di storia rapallina. Sotto questo punto di vista, l’annuale pubblicazione (la nona) di Mare Nostrum, redatta da M.Brescia, E.Carta e C.Gatti, ha lasciato una preziosa testimonianza che va ad aggiungersi alle precedenti edizioni lasciando ai posteri pagine di TRADIZIONE storica locale che altrimenti sarebbero cadute nella distrazione e nell’oblio.

SITO INTERNET

Nel 2010 sono proseguiti i contatti del Direttivo per dotare Mare Nostrum di un nuovo strumento di comunicazione: il sito internet. E’ nostra assoluta volontà poter sfruttare questo mezzo di comunicazione informatico perché Il nostro obiettivo finale è la diffusione della nostra passione per il mare, la sua storia, la sua cultura e le sue problematiche. Vogliamo essere presenti in internet con un sito accattivante, che possa incuriosire i giovani e i meno giovani per avvicinarli, tramite un forum permanente, alla conoscenza della nave come risorsa economica umana tanto inestimabile quanto poco sconosciuta nel nostro Paese. Vogliamo entrare in internet per confrontarci con le altre Associazioni che hanno i nostri stessi obiettivi e per promuovere i nostri scritti che sono frutto di esperienza vissuta e degna di essere tramandata. Vogliamo entrare in internet per collegarci con i “liguri nel mondo” e donare ai “rapallini” delle Americhe e dell’Australia i nostri messaggi mensili contenuti in “Rapallo Notizie” che presto si chiamerà nuovamente Il MARE”. Vogliamo entrare in internet per ristabilire il cordone ombelicale con queste comunità lontane che “sognano” la loro bella Rapallo e sperano nei nuovi strumenti di comunicazione per un avvicinamento “virtuale”  di conoscenza e partecipazione alla crescita ed alle problematiche del proprio Paese d’origine. Il sito internet può anche diventare un veicolo di pubblicità in grado di rendere risorse da investire in programmi sempre più ampi.

Concludiamo con un certo orgoglio che la promessa é stata mantenuta. All’inizio del 2011 é partito il SITO-INTERNET dopo soltanto un mese di rodaggio. Si può quindi affermare, con grande soddisfazione, che tutti gli obiettivi che ci siamo posti in questi ultimi anni, sono stati raggiunti. Ringrazio tutti i Soci per l’appoggio incondizionato al nostro lavoro ed in particolare  Emilio Carta, Maurizio Brescia, Nanni Andreatta e Scipione D’Este che sono i veri pilastri di Mare Nostrum. Un particolare ringraziamento lo dedico all’Amministrazione Comunale che ci sostiene economicamente e ci é vicina dimostrandoci grande stima, considerazione e amicizia. Il Presidente Carlo Gatti.

I Contatti Culturali di Mare Nostrum

Gennaio 2010

PUBBLICAZIONE LIBERTY

La prof.ssa Francesca Fauri  ci chiese in visione, nel 2008 la pubblicazione di Mare Nostrum: "I Liberty, le navi che vinsero la Guerra e poi la Pace". (Autori M.Brescia.E.Carta C.Gatti). A pag.153, nota 76, la Prof.ssa ha scritto nel suo libro Il Piano Marshall e l’Italia:  “Un sentito ringraziamento a Carlo Gatti, Emilio Carta e Maurizio Brescia non solo per avermi inviato il prezioso lavoro sui Liberty, ma per i consigli bibliografici e la contagiosa passione per l'argomento”. Francesca Fauri insegna Storia economica dell'Europa contemporanea nella Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Bologna, sede di Forlì. Per il Mulino ha pubblicato "L'integrazione economica europea" (2006), "Angelo Costa" (con V.Zamagni, 2007) e "Mezzo secolo di economia italiana" (con P.Battilani, 2008). Ci complimentiamo con la prof.ssa Francesca Fauri  per aver centrato con l’epopea dei Liberty un "obiettivo importante" colmando una lacuna nella bibliografia abbastanza scarna e poco approfondita della nostra storia contemporanea.

La nostra Associazione é sempre attenta e sensibile a ciò che accade ogni giorno nel mondo marittimo e i suoi soci sono quindi sempre pronti allo scambio di opinioni più o meno tecniche via e-mail.

Febbraio-Marzo 2010

INCIDENTE E DANNI NAVE PASSEGGERI: COSTA EUROPA”

Vedi 1° Allegato

28-29 maggio

Mare Nostrum partecipa con alcuni suoi esponenti del Direttivo alle Manifestazioni del GALATA  qui riportate.

Vedi 2° Allegato

Sabato 29.5.

50 ANNI DI DIPLOMA NAUTICO. si é tenuto al KULM di Portofino Vetta l'annuale Festa (organizzata dalla Società Capitani e Macchinisti Navali-1904) per i LUPI DI MARE

(ormai malconci) che si diplomarono mezzo secolo fa. Tra i premiati i nostri soci: Umberto Ricci e il Presidente Carlo Gatti.

Giugno, Luglio, Agosto 2010

TRAGEDIA ECOLOGICA GOLFO DEL MESSICO Per buona parte dell’Estate la nostra Associazione partecipa attivamente con proposte, discussioni e tesi avanzate dal nostro socio esperto di piattaforme petrolifere Pino Sorio.

Vedi 3° Allegato

29.6.2010

Inserimento sul  sito: http://www.tigullionotizie.it della versione pdf dell'ultimo numero del mensile di Mare Nostrum: RAPALLO NOTIZIE

8.8.2010

Presso l’Oratorio dei Neri, nell'Ambito EXPO Rapallo Tigullio, Mare Nostrum é  presente con Emilio Carta e Lorenzo Del Veneziano per un aggiornamento sugli ultimi ritrovamenti di relitti nel Golfo Ligure. Nell'occasione é stato proiettato un inedito filmato.

Vedi 4° Allegato

1.10.2010

Incidente nel porto di Genova del M/traghetto MOBY OTTA

In seguito all’ennesimo incidente portuale avvenuto nel Porto di Genova, si é sviluppata in seno alla nostra Associazione un acceso dibattito.

Vedi 5° Allegato

16.10.2010

AMNI –Torino. Mare Nostrum è stata ospite, con i suoi relatori: C.Gatti, E.Andreatta  presso la sede AMNI -Ttorino di un Convegno che si é tenuto sabato 16 ottobre con l’interessamento della Società Cap. e Macch. Navali di Camogli (della quale i relatori sono soci). Andreatta-Gatti ed altri Capitani di Camogli hanno parlato del Porto di Genova e dei suoi servizi: Pilotaggio, Rimorchio e dei libri che sono stati scritti sull'argomento dai relatori citati.

L'ospitalità dei Marinai di'Italia, presidente dott. Sibille, è stata eccellente ed abbiamo stretto un forte legame d'amicizia con promesse di rivederci presto. Uno dei relatori com.te Titti Figari (camoglino), residente a Torino, ha curato i dettagli organizzativi nella parte che ha preceduto l'incontro. Per l'occasione Nanni Andreatta ha invitato i membri dell'Associazione al suo Museo Marinaro e, molto toccante, è stato l'incontro con G.Pons superstite (predestinato) del naufragio della corazzata ROMA. Nanni A. ha proiettato e commentato per “l'illustre marinaio” un prezioso e raro filmato dell'affondamento. E' stato anche presentato con successo il libro del presidente C. Gatti dedicato all'epopea dei rimorchiatori genovesi: Con le Barcacce nel cuore. Cap. Enzo Camozzi ha parlato dell'importanza della marineria  di Camogli nella storia. Si sottolinea la suggestiva posizione della Sede-AMNI sulla riva del PO, a 100 metri dal Parco del Valentino in una cornice di verde davvero spettacolare. La visita alla sezione centrale del smg PRAVAGNA (del periodo tra le due guerre) è stato davvero interessante per tutti. Il piccolo Museo è ricco di testimonianze e reperti della 2a G.M. e appare curato con molto amore e passione, si tratta di un grande esempio di attaccamento alla Marina e alla Patria.

30.10.2010 - FOTO ACCADEMIA LIVORNO

MARE NOSTRUM ha partecipato, con l’interessamento del Presidente dell’Associazione Culturale IL SESTANTE E.Gaggero (nostro socio) ad una interessante quanto istruttiva visita all’Accademia Navale di Livorno. La foto  qui rappresentata é stata scattata dal personale dell’Accademia e coglie l’imponente partecipazione del gruppo. L’accoglienza é stata veramente “speciale” e l’amicizia con il Com.te Cervino ci ha permesso di visitare l’interessante Simulatore di manovra, la Capella, il Planetario, le Stanze storiche, il celebre “Brigantino”, la Biblioteca ecc... ed infine un ottimo pranzo nella storica Mensa Ufficiali.

Sabato 9 ottobre, alle 9.30,

Importante Convegno, a cura del Museo Marinaro del socio Ernani Andreatta, tenuto da Mare Nostrum ospite del Comando Scuola Telecomunicazioni di Caperana. Relatori i soci: G.Boaretto-E.Gaggero sul tema "Sulla rotta di Colombo"- E.Andreatta-C.Gatti sul tema: "Il porto di Genova nel nuovo millennio" - E.Carta-L.Del Veneziano sul tema: "U-455, il misterioso U-boat". Oltre 200 persone hanno assistito al Convegno ed al successivo dibattito con grande partecipazione ed interesse. Segue la mail di ringraziamento del Comandante F.Scarpetta.

10 ottobre 2010

Da: Francesco Scarpetta <nautarenti@gmail.com>

Comandante della Scuola Telecomunicazioni FF.AA di Caperana-Chiavari

Carissimi Comandanti,

Vi ringrazio per la vostra stupenda professionalità dimostrata ieri e mi riferisco non solo alla completa padronanza posseduta in ogni singolo interessantissimo argomento dai sei conferenzieri ma anche dalla correttezza di ognuno di loro nei confronti dei colleghi. Una simile disciplina è rarissima anche in un consesso esclusivamente militare.

Concordo con il comandante Ernani sull'opportunità di prevedere in futuro massimo due argomenti e concordo inoltre con lui sul fatto che ad ogni comandate  la responsabilità "morale" della sicurezza e della vita dei propri uomini va ben oltre quella penale che eventualmente condividerebbe con il pilota. E ribadisco che la classe dei piloti è una delle più professionali e serie che abbia mai incontrato  nel mio mestiere.

Spero di poter in futuro continuare la bellissima esperienza con tutti voi, in pubblico  e/o in privato, e vi ringrazio ancora per quanto avete fatto ieri che ha goduto meritatamente di un grandissimo successo di pubblico.

Cordiali saluti, Francesco Scarpetta.

Segue la lettera inviata dal Sindaco di Rapallo in segno di apprezzamento per l’attività svolta da Mare Nostrum.

29 a EDIZIONE MARE NOSTRUM RAPALLO 2010

 

 

Comune di RAPALLO

Provincia di Genova

IL SINDACO

C.A.P. 16035 - Piazza delle Nazioni n.4

sindaco@comune.rapallo.ge.it

tel. 0185/680264  fax: 0185/680205

 

Siamo giunti alla 29 Edizione di “Mare Nostrum” che si conferma ormai un appuntamento irrinunciabile per gli appassionati del mare e della marineria.

Quest’anno, tra i diversi temi previsti, emerge quello dedicato alla “Flotta dei Costa” storici armatori liguri particolarmente legati a Rapallo.

La nostra città, da sempre legata al mare, è orgogliosa di ospitare una rassegna culturale così articolata e dal crescente successo.

In quest’ottica il Comune di Rapallo sostiene “Mare Nostrum” vedendo nelle sue iniziative la valorizzazione delle nostre tradizioni.

Un grazie, quindi, a quest’Associazione Culturale che ha saputo aggregare storici, modellisti, uomini di mare e appassionati di questo mondo meraviglioso.

IL SINDACO

Avv. Mentore Campodonico

26.10.2010  INVITO E PROGRAMMA MARE NOSTRUM

Sala Bravo - l’arte e i documenti

MODELLISMO: ARTE E PASSIONE

di Silvano Porcile

presidente gruppo modellisti “Nonno Franco”

Da oltre vent’anni il Gruppo modellisti “Nonno Franco” organizza, con la collaborazione del Comune di Rapallo, mostre che, ad ogni edizione, riscuotono sempre maggiore successo da parte del pubblico e degli appassionati di storia e cultura marinara.

In tali occasioni i visitatori possono ammirare la riproduzione in scala ridotta, più fedele possibile, di navi che sono entrate a pieno diritto nella storia e nella nostra cultura. Gozzi e leudi liguri, golette, storici galeoni, imbarcazioni da pesca e da lavoro, rimorchiatori:

è inevitabile farsi coinvolgere dall’entusiasmo degli espositori che si ritrovano ogni anno per confrontrare opinioni e progetti e sono sempre felici di raccontare come nascono questi piccoli prodigi di abilità navale.

Stand espositivo del locale gruppo della Marina Militare

“Movm Gazzana Priaroggia” di Rapallo e della Lega Navale

Italiana - sezione di Rapallo.

Città di Rapallo

Assessorati alla Cultura

e Pubblica Istruzione

Mare Nostrum” XXIX Edizione

Modellismo navale, Arte, Storia e Tradizioni marinare

ANTICO CASTELLO SULMARE

Dal 6 al 21 Novembre 2010

orario: feriali 15/18

sabato, domenica e festivi 10/12 e 15/18,30

Lunedì chiuso

IL PROGRAMMA

Sabato 6 novembre - ore 10,30 - Sala consiliare

- presentazione della XXIX edizione della Mostra e della pubblicazione

di carattere storico “COSTA. Un pianeta che parla

‘rapallino’ ” curata da Maurizio Brescia, Emilio Carta e Carlo

Gatti, alla presenza degli autori. Sarà proiettato il documentario

“La spedizione sul relitto della Bianca C. a Grenada” di Lorenzo

Del Veneziano. Seguirà cocktail.

Domenica 7 novembre - ore 10: Sala incontri del Gran Caffè Rapallo

sul lungomare V. Veneto: conferenza del dott. Nicola Costa

su “La flotta dei Costa“. Seguirà cocktail.

Sabato 13 novembre - ore 10: Sala incontri del Gran Caffè Rapallo

sul lungomare V.Veneto: presentazione del libro del com.te Carlo

Gatti e del D.M. Silvano Masini “Barcacce nel cuore”. Saranno

presenti l’autore Carlo Gatti e il Com.te Italo Ferraro.

Seguirà cocktail.

Domenica 14 novembre - ore 10: Sala incontri del Gran Caffè Rapallo

sul lungomare V.Veneto: conferenza com.teMario Palombo su

“La gestione dei transatlantici moderni”. Presentano: Emilio Carta

e Carlo Gatti. Seguirà cocktail.

Sabato 20 novembre – ore 10: Sala incontri del Gran Caffè Rapallo

sul lungomare V.Veneto: presentazione del libro di Marinella

Gagliardi “Non comprate quella barca”. Presenta: Emilio

Carta. Seguirà cocktail.

Domenica 21 novembre - ore 18: Antico castello sul mare: chiusura

mostra e saluto ai partecipanti. Seguirà cocktail al Gran

Caffé Rapallo al Lungomare V.Veneto

Domenica 21 novembre/Lunedì 22 Nelle acque del golfo rapallese,

condizioni meteo marine permettendo, sarà alla fonda

la goletta Oloferne a disposizione del pubblico e delle scuole

Amedeo Devoto è nato a Chiavari, nel rione Scogli nel Settembre del 1935. I

suoi "oli su tela", emozionanti per chi li guarda, fanno rivivere l’epoca irripetibile

delle costruzioni dei grandi velieri e della vita legata al mare e alla pesca.

Partecipano gli artisti Amedeo Devoto e Lia Foggetti

La cittadinanza è invitata

Sala BravoL’Arte e i Documenti

SULLE ROTTE DEI CONVOGLI

La Regia Marina, i mercantili italiani e le navi della “Costa” – 1940/1943

di Maurizio Brescia

Nel corso della seconda guerra mondiale, la Regia Marina ebbe tra i suoi compiti principali la protezione delle rotte e dei convogli che – dalla madrepatria – si dirigevano verso i vari fronti di guerra, e verso quello dell’Africa Settentrionale in particolare.

Anche in considerazione di quello che fu il coinvolgimento delle navi della Società“Costa” in questa particolare attività (nel corso della quale alcuni mercantili della Compagnia andarono perduti), presentiamo una rassegna generale dell’attività navale italiana in questo campo con, più nel dettaglio, la descrizione di due specifici eventi che – pur non vedendo specificatamente coinvolte navi della “Costa” – possono essere intesi come fortemente esemplificativi di quella che fu la falcidia di uomini e mezzi della Regia Marina e della nostra marina mercantile, sulle rotte dell’Africa settentrionale, tra il 1940 e il 1943.

Come è ormai tradizione, questa sezione espositiva della mostra ricostruisce fatti, avvenimenti e scontri navali sulla base di una vasta documentazione fotografica che, tra l’altro, comprende numerose immagini tratte dall’Archivio genovese della Famiglia Costa.

LA FAMIGLIA COSTA ARMATORI

di Emilio Carta

La prima villa di famiglia i Costa la realizzarono a ponente di Rapallo, di fronte al molo Langano, lungo la carrozzabile per S. Margherita Ligure. Già, perché le origini degli antenati della famiglia Costa affondano le proprie radici nella vicina S. Margherita (gli antenati sono sepolti a San Giacomo di Corte fin dal 1530) e il Tigullio quindi è stata la culla della famiglia dai tempi più remoti. Basti pensare che la rapallese Villa Costa, poi denominata Villa Grande fu la prima ad essere eretta nella zona.

L’affetto dei Costa per la nostra città è rimasto immutato: ad una delle loro navi venne dato il nome “Langano”, così come durante le feste di luglio una grande M mariana illuminata da centinaia di lampadine si ergeva sulla facciata dell’edificio...

LE NAVI DEI COSTA

di Carlo Gatti

Coraggio e lungimiranza crearono la spinta per quella operosa Linea “C” che fu presente su tutti i mari come massima espressione dell’Armamento Privato Italiano,

fino a tutti gli anni ‘60 del novecento. In seguito, quando lo storico ciclo delle navi di linea giunse al capolinea, i Costa se ne avvidero in tempo e convertirono le proprie unità in navi da Crociera. Purtroppo, non tutte le famose Compagnie di Navigazione seppero “cambiare rotta” in tempo e quasi la totalità fu travolta dall’onda supersonica

degli aerei e chiuse i battenti.

Museo Marinaro

TOMMASINO - ANDREATTA

Vedi 6° Allegato

MARTEDI 7 DICEMBRE

Si é svolta a Palazzo Fasce (Sestri Levante) un’interessante proiezione-DVD dello "specialista" Nanni Andreatta sul Cantiere di Riva Trigoso, navi e vari, come specificato qui sotto. Numerosi soci hanno aderito a questa brillante iniziativa.

COME DA PROGRAMMA PER: "CIMAMERICHE" FILM FESTIVAL DELLA MIGRAZIONE E DEL GUSTO

1) 19 J.B. STAGNARO Volver, "CRONACA DI UN RITORNO"

presentazione del progetto filmico.

2)  "ALLA DERIVA - IL CANTIERE RACCONTA"

Work in progress Italia Argentina

Produzione J.B STAGNARO

3) "RIVA TRIGOSO - "IL CANTIERE E LA SUA STORIA" durata 25'

di Ernani Andreatta

Il programma é composto di spezzoni di films, proiezioni di documentari e commenti di esperti e studiosi su temi storici e teatrali riguardanti l'Argentina e la sua problematica socio-politica del recente passato e forse anche attuale. Il personaggio di spicco, posto sotto la luce dei proiettori, è stato il regista sceneggiatore Juan Stagnaro con il suo "Cronache di un ritorno" e "Alla deriva-Il cantiere racconta". Su questo secondo - work in progress - si è prefigurata l'attuale, incerta e critica situazione del Cantiere di Riva Trigoso che rischia addirittura di chiudere nonostante la sua conclamata e riconosciuta specializzazione nella costruzione di navi fortemente tecnologiche. La delicatezza del tema ha spinto l'Organizzazione a rivolgersi a due specialisti, soci di MARE NOSTRUM: l'ing. Marco Prandoni (ex-Fincantieri) e Nanni Andreatta storico della cantieristica ligure soprattutto per i suoi trascorsi familiari. Ne è scaturito un impegnativo programma di studio, ricerca, ensemble di foto d'epoca, sconfinamenti nella Storia del Leudo ed approfondimenti sulla triste storia delle navi, (ma anche dei personaggi veri) Principessa Jolanda e Mafalda costruite appunto a Riva Trigoso. Il risultato di questo prezioso approfondimento di un comparto eccellente della Liguria, molto vicina a noi, ha prodotto un DVD (durata 25'32") di grande respiro storico che è stato apprezzato più di tante parole accademiche che abbiamo ascoltato...

Mare Nostrum è stata invitata a riprendere il TEMA delle difficoltà della cantieristica

nazionale attraverso ulteriori studi ed approfondimenti che trovano ormai le loro radici soltanto negli archivi di pochi appassionati che si ritrovano come "mosche bianche" nelle nostre Associazioni. Naturalmente ci siamo dati disponibili, anche personalmente, per ripensare un programma che porti maggiormente alla luce questo settore di grande eccellenza del popolo ligure che parte da molto lontano e non può finire sugli scogli dell'indifferenza di tanta stolta politica nazionale. Produrremo materiale e raccoglieremo testimonianze, spero con l'impegno di tutti e che, ne sono sicuro, sicuramente non mancherà.

12 dicembre

Incidente Jolly Amaranto

La tematica é stata ampiamente dibattuta in seno alla nostra Associazione e vi rimandiamo ad alcuni estratti:

Vedi 7° Allegato

18.12.2010

Chiusura dell’anno- RIUNIONE-AUGURI NATALIZI

Cari amici e soci assenti "giustificati".

Ci siamo riuniti numerosi al Gran Caffé Rapallo per lo scambio degli AUGURI NATALIZI e, approfittando della bella giornata e di un accattivante buffet, abbiamo intrattenuto i soci con una relazione sull'attività di Mare Nostrum: risultati,  propositi e programmi, tra cui le varie proposte su come festeggiare il 30° di M.N. - i 150 anni dell'Unità d'Italia e la 10a pubblicazione.

- A proposito di quest'ultima, abbiamo distribuito i nove numeri arretrati ai nuovi soci e, fatto molto importante, abbiamo raccolto le intenzioni a collaborare di alcuni soci molto preparati e ricchi d'idee.

- Le spese sostenute per l'attività 2010 sono rientrate tutte "brillantemente" nel bilancio di previsione come da rapporto del nostro tesoriere dott. D'ESTE.

- Abbiamo raccolto le quote x 2011 e questo ossigeno ci ha spinto nella promessa di realizzare il sito internet che ci dovrebbe proiettare sempre più in alto.

- I nostri ringraziamenti sono partiti in tutte le direzioni ma, sopratutto, a tre persone:

1) Al socio-gestore del Gran Caffé Rapallo Giampiero Gatti che ci offre la sede, la sala-conferenze e ci aiuta con prezzi "familiari" a recitare un ruolo di prestigio in città.

2) Al socio-editore Massimo Busco che con grande coraggio stampa ogni mese 15.000 copie di Rapallo Notizie-Mare Nostrum concedendo il "pulpito" e la diffusione di tutte le nostre idee e realizzazioni.

3) Al socio curatore del Museo Marinaro di Chiavari Nanni Andreatta il quale, con infinito amore...., ci fornisce gratis cultura marinara e sostegno tecnologico. Non parlo dei miei stretti collaboratori perché è come se mi auto incensassi, ma tutti sapete quello che fanno, con quale spirito operano e quanto  tempo e denaro spendano per l'ideale che li lega al MARE NOSTRUM.

- Comunico inoltre con grande piacere che il dott. Nicola Costa si è complimentato con tutti noi per la riuscita della Mostra e degli eventi collaterali ed ha sottolineato in particolare il "successo" ottenuto dalla pubblicazione dedicata alla sua famiglia.

Non vorrei che passasse inosservato il "record" di Mare Nostrum: nel 2010 ben cinque soci hanno pubblicato un libro.

M. Brescia con LE NAVI OSPEDALE ITALIANE –

E.Carta con "U-BOOT 455..."

Marinella Gagliardi Santi con "NON COMPRATE QUELLA BARCA" –

C.Gatti con "LE BARCACCE NEL CUORE" –

U. Ricci con "GLI ARCIPRETI DELLA CHIESA PARROCCHIALE DI RAPALLO" –

Oltre naturalmente alla pubblicazione annuale dedicata ai Costa. Come presidente non posso che essere fiero e orgoglioso nel constatare come la nostra Associazione sia sempre più portatrice e animatrice di cultura marinara, dibattiti, convegni e incontri grazie anche alle altre Associazioni di cui sapete ormai tutto.

- La nostra attività è premiata costantemente da nuove adesioni. Questa mattina si sono aggiunte due signore con il marchio EU, la svedese Anita Kahm e l'rlandese Carousen (?). Mi scuso per l'errata comunicazione del cognome che non ricordo più di tanto.

- Festeggiatissima è stata la nostra "madrina"  Angela Besana, ... anni che, con il suo incredibile entusiasmo, riesce a darci ancora  la carica dopo 20 anni di voga ininterrotta. Chiudo con l' apprezzata proposta del socio Cap. Ricci Umberto di gemellarci con la Pro Loco  del Capitaneato di Rapallo (160 soci).

ALLEGATO N.1

COSTA EUROPA

Febbraio-Marzo 2010 INCIDENTE E DANNI NAVE PASSEGGERI

Mi è stato chiesto da più parti in questi giorni un parere su quanto è successo alla nave passeggeri Costa Europa a Sharm El Sheik. Purtroppo, come sapete, in questi casi i giornali, dovendo riempire delle pagine... scrivono molte inesattezze. Personalmente non sono mai stato a Sharm e non ho la più pallida idea della situazione locale. Non so se è esposta ai venti, ma è probabile, in quanto da più parti ho letto che c'era un tempo pessimo in corso; non è stato scritto se la nave aveva i rimorchiatori attaccati, se c'è stata qualche avaria a bordo in particolare alle eliche trasversali di prora e di poppa, se la nave ha dato fondo l'ancora di sopravvento. Purtroppo si sa che ci sono stati tre morti e molti feriti, quindi si è trattato di una vera e propria tragedia. Come sapete, in questi casi è veramente arduo stilare sentenze e persino immaginarsi come tutto ciò possa essere accaduto. Possiamo solo immaginare che la superficie velica di queste navi da crociera ha raggiunto valori troppo alti che, in certe condizioni di vento, neppure i 5.000 cv delle eliche trasversali di prora e di poppa riescono a compensare. In certi porti croceristici, come sappiamo, mancano addirittura i servizi essenziali come i rimorchiatori, i quali, molte volte non sono neppure all'altezza (tecnicamente) di svolgere certi compiti, come invece succede in Europa. C'è da aggiungere che spesso i comandanti subiscono pressioni di calendario e di orari che gli lasciano pochissimo spazio per decisioni rapide e sensate. A questo proposito, conosco fin troppo bene lo stress cui sono sottoposti i comandanti e piloti locali, che tuttavia alcune volte sono anche vittime di vera e propria sfortuna.

Un tempo, certe situazioni venivano definitivamente archiviate incolpando gli elementi meteo e le Assicurazioni saldavano i conti cercando di salvaguardare il nome della nave, della società e dell'intero settore passeggeri. Oggi le cose sono molto più difficili! Su ogni Ponte di Comando c'è la scatola nera che registra tutte le fasi della manovra: le voci dei manovratori, gli ordini al timoniere, alla macchina, le potenze espresse, le variazioni del vento ecc... I periti delle parti sono quindi in grado di risalire alle cause ed ai comportamenti di ogni membro presente in manovra. Credo quindi  sia inutile, in questo momento avanzare persino delle ipotesi.

Sarà ovviamente un buon argomento da sottoporre al comandante Palombo quando sarà nostro ospite  nel mese di novembre.

Concludo ricordando che la nave "COLUMBUS" dei Costa, nel        fu vittima di un analogo incidente nel porto di Cadice. In quella occasione la nave urtò contro la diga del porto, si aprì una falla nello scafo attraverso la quale entrò un sufficiente numero di tonnellate

d'acqua di mare per farla inclinare, sedersi sul fondo e renderla irrecuperabile. La nave fu poi demolita. A questo punto posso concludere con alcune osservazioni di carattere generale:

a) -  Nonostante le nuove tecnologie applicate in questi anni e messe a disposizione dei manovratori, la SICUREZZA non è mai coperta al 100%. E' aumentata la superficie velica delle navi passeggeri, ma la potenza installata complessivamente a bordo non è ancora sufficiente per difendersi dal fattore "vento".

b) -  Su comandanti, ufficiali e piloti, andrebbero investiti capitali di formazione professionale ancora superiori a quelli in corso. Mi riferisco, per esempio, a corsi su simulatori di manovra avanzati ecc...

c) -  Si ha comunque il sospetto che si parli spesso di "sicurezza", riferendola  alle situazioni tecniche del passato e mai ad una  prospettiva attuale, moderna ed avanzata.

d) - Non mi riferisco soltanto agli armatori che, logicamente, devono fare quadrare in conti per guadagnare ed investire su nuove navi,

il mio pensiero va per esempio alla Michelangelo/Raffaello/ navi di 275 metri di lunghezza che stentavamo a girarle e a ormeggiarle per mancanza di spazi. Oggi, quegli spazi di manovra si sono accorciati, perchè ponte dei Mille - A.Doria  - C.Colombo si sono allungati di cento metri rubando acqua di manovra alle navi, che invece si sono allungate fino a 330 mt. di lunghezza e si sono alzate di 10 ponti rispetto al REX e CONTE DI SAVOIA che erano già lunghe 248 metri.

Detto questo, occorre fare quindi molta attenzione a puntare il dito contro le navi i loro comandanti e gli "operatori dei servizi portuali".

Purtroppo i nostri porti sono tutti di origine medievale e stanno morendo per mancanza di spazi. Il problema è evidentemente politico.

I porti devono nascere in siti nuovi, lontani dalle città, vicino ai nodi autostradali. Per realizzare tutto ciò occorre solo viaggiare, andare a copiare gli autorevoli esempi che ci sono in giro per il mondo e ritornare in Italia con tanta voglia di rimboccarsi le maniche...

ALLEGATO N.2

Venerdì 28 maggio dalle ore 21.00 e fino alle 23.00 il Nazario Sauro diventerà palcoscenico naturale per uno spettacolo imperdibile tra sons et lumières ed effetti pirotecnici.

1.300 posti a sedere disponibili per la cittadinanza e almeno altrettanti in piedi, 130mq di schermi giganti, 68 metri di sottomarino sotto i riflettori, sono i numeri di una serata che si annuncia come un vero e proprio regalo alla città.

A partire dalle 20.00 il pubblico sulle note Swing dell’orchestra musicale NP Big Band, composta da 16 elementi e posizionata sulla terrazza dell’Urban Lab, potrà prendere posto nelle tribune allestiste nella Calata Simone Vignoso - lungo il molo della Darsena dei pescatori - per assistere allo spettacolo che avrà inizio alle 21.30. Sarà lo speaker a dare il via allo spettacolo: un susseguirsi di brevi filmati proiettati su due maxi schermi, posizionati in Darsena, racconteranno attraverso la suggestione delle immagini il passato, il presente e il futuro del Nazario Sauro. I filmati saranno intervallati da testimonianze dei soggetti principali che hanno contribuito all’operazione “Sauro”. La seconda parte della serata, cuore dello spettacolo, promette tra volteggi ed acrobazie sullo specchio acqueo, un evento emozionante e sorprendente. Effetti pirotecnici in tutta la Darsena, in sincronia con una colonna sonora coinvolgente, chiuderanno la serata intorno a mezzanotte.

Il grande spettacolo di festeggiamento, organizzato da Costa Edutainment, è stato ideato e progettato dall’Arch. Umberto Ottino, specialista di eventi in campo marittimo. Nasce dalla volontà di dare lustro al lavoro congiunto dei diversi soggetti, pubblici e privati, che hanno reso possibile l’intera operazione di musealizzazione del sommergibile, nata da un’idea di Pierangelo Campodonico (Direttore Mu.MA).   Dal Mu.MA - Istituzione Musei del Mare e della Navigazione, che con il Comune di Genova è stato il primo fautore di questa operazione, all’Associazione Promotori Musei del Mare, dalla  Regione Liguria al Ministero dei Beni Culturali, dalla Marina Militare, che ha donato il natante alla città, a Fincantieri, che lo ha costruito e restaurato, a Costa Edutainment, gestore del Galata Museo del Mare e del mondo AcquarioVillage di cui il Nazario Sauro è il fiore all’occhiello.

Per l’occasione, l’intera città di Genova sarà vestita a festa: a partire da metà maggio, grazie alla collaborazione dell’ufficio Promozione e del Settore Musei Comune di Genova, 6 striscioni stradali posizionati nelle strade a più alta concentrazione di traffico, oltre 1200 manifesti e 1000 locandine distribuiti nei negozi genovesi, nelle APT delle riviere, in spazi dedicati in musei, teatri e centri commerciali di tutta la regione, inviteranno cittadini e turisti a unirsi ai festeggiamenti la sera del 28 maggio.

Il Nazario Sauro costituisce un’ importante apertura verso l’esterno e la città del Galata Museo del Mare, principale realtà museale ligure per affluenza e attrattività multimediale.

La Darsena, area antistante il Museo,  viene ulteriormente arricchita con elementi storici caratterizzanti la vita in porto quali gru, il recupero della piattaforma ferroviaria, garitte doganali, imbarcazioni ed elementi di carico, la razionalizzazione delle attrezzature da diporto, oltre all’inserimento di elementi di arredo urbano composti da panchine e pannelli espositivi, che completano il Museo a Cielo Aperto Galata Open Air Museum. IL SOMMERGIBILE, INSIEME AL PADIGLIONE AD ESSO DEDICATO (PRE-SHOW) INTERNO AL GALATA MUSEO DEL MARE, SARANNO VISITABILI DAL 29 MAGGIO.

ALLEGATO N.3

GIUGNO-LUGLIO-AGOSTO 2010

TRAGEDIA ECOLOGICA GOLFO DEL MESSICO Per buona parte dell’Estate la nostra Associazione partecipa attivamente con proposte, discussioni e tesi avanzate dal nostro socio esperto di piattaforme petrolifere Pino Sorio.

18.6.2010 - ANDREATTA: LA EXXON/MOBIL/ SHELL hanno le tecnologie per fermare la perdita, ma aspettano di farlo (se mai lo faranno) dopo aver mandato a bagno completo la BP.  OBAMA minacciò di non dare più concessioni per le trivellazioni. A minacce rientrate,  le suddette stavano per entrare in campo e offrirsi per fermare la perdita. Ne seguì una battuta d'arresto nell'attesa, se mai sarà possibile, del fallimento della BP.

In effetti c'è da domandarsi come sia possibile, vista la spaventosa catastrofe ambientale, che le  "care sette sorelle" non siano intervenute in blocco per "dare una mano alla BP" ???

Domanda: se la tesi ha una sua logica nel ruolo strategico dei rapporti di concorrenza tra le note multinazionali,  ai morsi famelici di questi lupi mannari e alle sue vittime come rispondiamo?

19.6.2010-SORIO: Cari amici,

Pino Sorio ci mette a conoscenza di un ulteriore problema:  mentre prima usciva solo greggio dal tubo rotto, ora ha cominciato ad uscire anche gas che a quella profondità si trasforma in metano ed il gas elimina completamente la flora e la fauna causando più danni duraturi nel tempo del greggio che invece galleggia. Riguardo invece all'ipotesi emersa ieri sul complotto anti BP delle altre "sorelle", ci fanno sapere dall'America che un tale criminale comportamento

non sarebbe sfuggito all'incazzatissimo Obama e qualche "vertice" di quelle maxi-aziende sarebbe già in galera. Noi continuiamo a rimanere in ascolto e vi faremo conoscere gli sviluppi di questo giallo internazionale...

ALLEGATO N.4

Navi e relitti: le ultime scoperte avvenute nelle nostre acque

A dicembre saranno oggetto di un libro fotografico e storico affascinante curato da Emlio Carta e da Lorenzo Del Veneziano

di Carlo Gatti

In occasione della giornata conclusiva dell’ExpoRapallo-Tigullio nel giardino pensile dell’Oratorio dei Neri il giornalista Emilio Carta, nostro direttore, e il sub professionista Lorenzo Del Veneziano, hanno presentato in anteprima al pubblico le immagini di diversi relitti, molti dei quali di recente individuazione, che giacciono sui fondali della provincia di Genova.

L’attenzione degli appassionati si è però particolarmente soffermata sulle immagini del sottomarino tedesco affondato tra Portofino e Camogli, l’U Boot 455, e sulla drammatica storia della Carlo Erre, che poi cambiò nome divenendo  Hercules, affondata da un siluro nemico al largo di Sestri Ponente il 23 maggio 1916

Entrambi i relitti, la loro storia e le loro immagini, diventeranno presto un volume la cui pubblicazione è prevista a dicembre, un’occasione quindi per un bel regalo di Natalea.

L’U Boot 455, la cui presenza e i motivi dell’affondamento nelle acque del Tigullio permangono misteriosi, è stato scoperto proprio alcuni anni fa dallo stesso Del Veneziano: “Si trova a circa cento metri di profondità e per scovarlo ho seguito le tracce indicatemi da un amico pescatore che mi aveva segnalato la presenza di un’afferratura sulla quale erano rimaste impigliate le sue reti. La Marina tedesca e quella italiana, da me informate hanno preferito che quella tomba, un vero e proprio sacrario rimanga tale con i corpi dei 54 marinai e ufficiali che si trovavano a bordo del sommergibile.

Il misterioso U Boot 455 sarà inoltre oggetto di un convegno previsto il 9 ottobre a Caperana presso la Scuola Telecomunicazioni. Relatori saranno gli stessi Emilio Carta e Lorenzo Del Veneziano.

Ben diversa invece la storia della Carlo Erre (poi divenuta Hercules) da molti conosciuta come la nave maledetta per il “viaggio del colera”.

Il mercantile era partito da Genova per il Brasile con un carico umano di ben 1400 emigranti. Durante la navigazione scoppiò un’epidemia di colera che falcidiò i passeggeri. Giunta in Brasile la nave venne fatta tornare indietro dalle autorità portuali di sanità e gli emigranti dovettero tornare indietro senza poter toccare la loro terra promessa.

“A rendere ancor più drammatica la vicenda durante il ritorno scoppiò pure un’epidemia di morbillo e i passeggeri esasperati e trattati in modo inumano tentarono addirittura di impadronirsi della nave – racconta Emilio Carta - Alla fine dei millequattrocento emigranti partiti ne rimasero in vita solo quattrocento. Credo sia stato uno degli episodi più brutti e drammatici della nostra marineria mercantile”. Sono oltre trenta  le navi che sono affondate nelle acque della provincia e nel nuovo libro ve ne saranno oltre la metà di recente individuazione ed esplorazione con decine e decine di foto e la loro storia documentata.

ALLEGATO N.5

ALLEGATI MOSTRA MARE NOSTRUM 2010

Lettera del Comandante Buatier

Ma la nave ha un’anima?

Quando cominciai a pilotare le navi, l’Eugenio C. aveva una decina di anni. Era nel pieno della sua potenza e bellezza e manovrarla dava un senso di ebbrezza. Era l’unica nave al mondo ad avere un ascensore privato per il pilota che dalla biscaglina saliva direttamente in plancia.

Il cap.s.l.c. Buatier è stato il comandante storico dell’Eugenio e lo ricordo con grande simpatia perchè l’uomo assomigliava alla sua nave: lo stesso portamento elegante, austero, simpatico e bello. Persino il carattere dei due, e forse anche l’anima,navigavano insieme di comune accordo.

Ed eccoci al punto. Se qualcuno avesse dei dubbi e si chiedesse: “ma la nave ha un’anima?”

Beh! Gli consiglio di leggere quanto segue.

Carlo Gatti

 

AUTOBIOGRAFIA DELL'EUGENIO COSTA

La mia storia comincia a Monfalcone il 21 Novembre del 1964.
Là sono nato, o sono stato costruito, come dicono gli uomini.
Sono stato battezzato in quello stesso giorno.
Per noi navi la nascita si chiama varo ed è, tanto per intenderci, una scivolata in mare lungo lo scalo.
Un grande splash e ci si accorge di galleggiare.
Il battesimo precede la scivolata. 
Una bella ragazza o una signora importante ti spaccano una bottiglia in testa.
Ho saputo che di questi tempi le cose non si fanno più così:niente scivolata in mare.
Le navi vengono costruite a pezzi in un bacino,quando i pezzi sono tutti saldati si riempie il bacino e la nave galleggia.

Ho detto "sono nato", ho infatti un nome maschile:
" EUGENIO".
Eppure essendo nave, sono costretto ad essere femmina.
"A ship is a she." Lo dicono gli inglesi da qualche secolo.
E loro in mare ci sanno fare. Ma in questa storia ho deciso di usare il maschile. E gli inglesi non possono più impedirmelo: non esisto più.
Oltre al sopruso della mia imposta femminilità , appena ho cominciato a guardarmi intorno mi sono reso conto di avere un nome un po' strano: "Eugenio C.". 
Ma cos'era quella "C."?
Le navi concorrenti avevano nomi importanti, di personaggi che tutti conoscevano in Italia e nel mondo.
Solo molto più tardi i miei padroni si sono accorti che quella C non mi rendeva giustizia e fui ribattezzato ( senza bottiglia in testa) "Eugenio Costa", un degno personaggio di quella stirpe.
Mi hanno voluto dire che quelle iniziali erano comunemente usate dagli Armatori genovesi per risparmiare pittura: tante lettere in meno sullo scafo.

La memoria della mia esistenza risale al momento in cui le prime lamiere venivano saldate in quel cantiere di Monfalcone. A quei tempi le navi in cantiere crescevano in verticale: dalla carena alle ordinate, alle murate, alle sovrastrutture.
Finalmente mi hanno montato il cuore ,un cuore potentissimo: la somma dei cuori di 55.000 cavalli!
E poi le ciminiere. Non una dietro l'altra,ma appaiate come due gemelle. E su, su fino all'albero che arrivava in cielo.
E poi mi hanno dipinto di bianco. Non finivano mai di spennellare. Ero lungo duecentoventi metri.
Ed è arrivato il giorno in cui mi è stato chiesto di far vedere cosa sapevo fare.
Mi sono accorto quella mattina che il mio cuore batteva sempre più velocemente. I miei occhi, situati all'estrema prora, (li chiamano, chissà perché, "occhi di cubia") vedevano l'acqua scorrere sulle due fiancate come due precipitosi torrenti. Marciavo a ventotto nodi!

Ma è solo una settimana dopo, da un porto chiamato Genova, che doveva iniziare la mia vita di lavoro.
Ero destinato a trasportare attraverso un Oceano oltre milleduecento passeggeri in vari porti di un continente meridionale. Li ho imparati a memoria i nomi di quei porti.
L'ultimo si chiamava Buenos Aires e si raggiungeva a fatica attraverso un fiume fangoso dal nome immeritato: "Fiume d'Argento".
Più di duecento viaggi in vent'anni.
Ho visto sparire le navi più importanti. Sono finite in maniera dolorosa: bruciate da un incendio, vendute e finite all'ancora in porti remoti, relegate a far da caserma in rade deserte.

Io sono sopravvissuto per tanti anni ancora, anche quando si è saputo che nessuno voleva più partire per quel continente meridionale. O, se dovevano andarvi, lo facevano attraverso il cielo su navi volanti, molto più veloci e senza far la fatica di dover spingere tutta quell'acqua con la prora.
Gli uomini allora hanno scoperto per me un altro mestiere: da transatlantico che ero mi hanno trasformato in "cruise ship", in nave da crociera.
Dovete sapere che gli uomini in quegli anni si sono finalmente resi conto di vivere in un gran bel mondo e ha preso loro la voglia di conoscerlo viaggiando per mare.
E hanno cominciato a imbarcarsi sulle navi e a navigare da un porto all'altro per una settimana, per un mese o addirittura per tre mesi, attorno a questo nostro globo, tornando, alla fine, sempre a casa propria.

Sono stati, quelli, anni di gloria.
Non ho mai dimenticato quei due giri del mondo.
Il Comandante mi ha condotto per la prima volta, e con me tutti i novecento passeggeri, in un paese lontano e misterioso chiamato Cina. Un paese dove nessuno era stato da moltissimi anni.
In questo loro porto cinese chiamato Shangai nessuno aveva mai visto in mare nulla di più bello del sottoscritto.
Non potete immaginare l'orgoglio di una nave bella, bianca e piena di bandiere che domina una città.
Alla fine del secondo di questi viaggi ho avuto l'opportunità di dare una mano al mio Comandante.
Avevamo appena lasciata un'isola chiamata Madeira, quando l'Oceano impazzì.

Non avevo mai visto nulla di simile. Ci siamo trovati in mezzo ad un Golfo che io conoscevo poco.
Era rispettato e temuto da chi andava per mare.
Lo avevo attraversato solo d'estate, col bel tempo di luglio, diretto ai porti del Nord.
Sul Ponte, in quell'uragano, si parlava di Libeccio, un vento mostruoso che alzava il mare.
E non potevo trattenermi dal rollare. Trentasei gradi dicevano sul Ponte.
E tutto dentro di me si staccava, si rovesciava. 
Gli stabilizzatori, specie di palette che sporgevano dalla parte più profonda della carena, erano impotenti.
Il Comandante aveva ordinato ai passeggeri di non lasciare le loro cabine. Pena la ghigliottina.
La punizione del Golfo durò cinquanta ore. Ho trovato riparo a ridosso di un'isola bella - Belle Ile - come dicono i francesi.

Ho saputo con orgoglio di aver ricevuto i complimenti della più importante organizzazione navale del mondo, i Lloyds, per essere riuscito ad attraversare senza danni quel Golfo nella tempesta. La tempesta più spaventosa degli ultimi quarant'anni.
Il Comandante che mi ha portato intorno al mondo e attraverso quella tempesta mi ha lasciato nel 1987.
Alla fine del suo ultimo viaggio, all'arrivo a Genova, mi ha consegnato al suo successore con queste parole : "She's all yours", "E' tutta tua".

Ho continuato per altri anni a viaggiare, con le mie due "C" sulla ciminiere, attraverso mari ed oceani dal Mediterraneo all'Atlantico, dall'estremo Nord all'estremo Sud, fino ad un continente di ghiaccio chiamato Antartide.
Ed è venuto il momento più triste della mia vita: sono stato venduto.
Ho sentito di non contare più niente.
Avevo poco meno di trent'anni. Dicono siano tanti per una nave.

Mi è stato cambiato nome. Niente più "C" sulle ciminiere: sono divenuto la " Edinburgh Castle" e ho lasciato Genova per sempre.
Ho cambiato ancora padrone e nome. Mi hanno dipinto tutto di rosso. "Big Red Boat II" è stata la mia ultima stravagante trasformazione.
Dopo qualche tempo - il mondo era appena entrato nel nuovo secolo - sono stato abbandonato.
Per più di quattro anni sono rimasto legato ad una squallida banchina in un'isola minore delle Bahamas.
A quel punto non mi fregava più nulla di essere maschio o femmina.
Ho avuto ancora un momento di speranza. Ho saputo, anche le navi lo sanno, che un gruppo di uomini di buona volontà, intendeva riportarmi a Genova perché vi rimanessi ormeggiato per sempre come "L'ultimo dei Transatlantici".
A ricordo di una grande era nella storia della navigazione.
Non se ne è fatto niente. Genova non mi ha voluto.
Costavo troppo per la città del " maniman".

Sono stato condotto in una orribile spiaggia al di là di due Oceani e fatto a pezzi.
Condotto un corno! Ci sono andato io con quel quarto di cuore che mi era rimasto.
E' stato come rinascere.
Come quella prima uscita a Monfalcone. Anche se i miei occhi non vedevano il mare scorrere veloce sulle mie fiancate. Adagio, adagio.
Era un viaggio che volevo non finisse mai.
La mia ultima spiaggia è stata Alang in India, il mattatoio delle navi.
Non sono più una nave ma continuo a vivere in ciascuno di quei ferri, grandi e piccoli in cui sono stato suddiviso e riutilizzato: la carrozzeria di un'automobile, la lamiera di una nuova nave, una macchina da guerra, una scatola di sardine.
Ognuna di queste creature ha una vita propria, trasporta,uccide, contiene.

Ma io mi trovo assai meglio in un piccolo pezzo di lamiera che riposa sulla scrivania della persone che mi hanno voluto bene.
Una di queste, che mi ha portato attorno al mondo, tutte le volte che siede alla scrivania mi afferra, mi trattiene e mi sposta di qualche centimetro............

Chissa' perché è come una carezza

Comandante Buatier De Monjeot Piero

EUGENIO C. L’ANIMA

Ciao Bruno,

La tua considerazione apre l'altro fronte dell'argomento sul quale, ognuno di noi, potrebbe scrivere un libro

personale, e sono sicuro che dal confronto generale non ne risulterebbero due uguali. Oltre a Buatier che abbiamo letto, anche Pro Schiaffino scrisse che chiamavano "La Nostra"  una nave "particolare" dell'Italnavi.

Dal "Vascello fantasma" al "Negro del Narcissus", la gente di mare e di penna ha provato ad esplorare il misterioso rapporto nave-marinaio, ma sono rari, perchè è difficile parlare d'amore e di sentimenti in pubblico, sarebbe come fare  outing sulle proprie debolezze e il marinaio, lo sappiamo, preferisce chiudersi in se stesso e continuare a navigare con lo spirito, magari su quella "sua" nave guardando e tastando quel "pezzetto" salvato dalla demolizione come dice Buatier. Per la verità, anch'io

ogni giorno mi guardo l'oblò del "Torregrande" ed il bronzo della "Stella Maris" che si trovava in plancia e... sospiro!

Hai ragione sull'invito a scrivere! Se frugassimo nei nostri ricordi di mare, scopriremmo che almeno una nave ci ha stregato... o viceversa!

Un caro saluto a tutti. Carlo Gatti

Il giorno 17/lug/2010, alle ore 18.21, Bruno Malatesta ha scritto:

Ciao Carlo,

Sarebbe ottimo che ogni tanto si scrivessero delle "autobiografie" simili anche per altre navi (o altri mezzi) che non ci sono più.

Non so se le navi abbiano un'anima, ma sicuramente un pezzo della nostra ce l'abbiamo lasciato sopra...

Grazie e cari saluti, Bruno

Caro Comandante, forse non l'anima in senso letterale, ma sicuramente ha il suo carattere. Non solo in senso tecnico, buona boliniera o buona manovriera ecc., ma il suo stile di comportamento, che le è stato impresso dai suoi comandanti ed equipaggi, che da questi viene preservato, anche nell'avvicendarsi delle persone, e che fa di ogni nave un individuo. Così è in Marina, ove l'Audace era diverso dall'Ardito, il Doria dal Duilio, il Libeccio dal Maestrale, pur essendo tecnicamente gemelle, e così via. Il legame con la "propria" nave è poi struggente sia per il navigante che per il costruttore. Anch'io sulla scrivania ho un frammento di lamiera del mitico San Giorgio (D562), ed ogni tanto tornano a trovarmi i "fantasmi" del mio imbarco; ma il cuore batte anche pensando al Lupo, al Maestrale, al Carvajal, alla Sun Princess o a tutte le altre che ho contribuito a far nascere. Ti saluto cordialmente - Marco

Cari amici,

Sabato 6.11 è salpata la nave di Mare Nostrum dalla Sala Consiliare del Comune, salutata da una cornice di pubblico mai vista prima. Oltre alle Autorità cittadine: il sindaco Mentore Campodonico, l'assessore alla cultura Gianni Arena (nostro socio) ed altri consiglieri comunali, erano presenti all'appuntamento i tanti amici comandanti, ufficiali e marinai  che sempre ci seguono e che molti di loro hanno navigato con la Costa Armatori. Molto apprezzato è stato il film prodotto  dal sub Del Veneziano, presente in sala, realizzato durante  l'ispezione sul relitto della BIANCA C. Hanno portato le loro significative testimonianze di bordo e non solo: il Capo Pilota di Genova Giovanni Lettich, il direttore del Museo Marinaro di Camogli Bruno Sacella, lo storico Pietro Berti e il socio dir. curat. del Museo di Chiavari C.L.C. Ernani Andreatta (n.s.) che tutti conoscete. Graditissima la presenza di molti altri esponenti della marineria e della cultura ligure: i capitani superiori si lungo corso Aldo Mascolo, Carlo Arnoldi, Guido Martini (nostro socio), Pro Schiaffino, L'ex Capo Pilota del porto di Augusta Roberto Donati (n.s.) e la signora prof. Aurelita Persi Donati, consulente artistica della Mostra, l'ex-Capo Pilota Ottavio Lanzola nostro consulente storico, il D.M. Gian Carena, Luigi Pernice nostro consulente informatico e molti altri ancora con i quali mi scuso per la mancata citazione. Ringrazio  il  Capitano Vito Casano  che  ha portato il saluto  del Comando della Caserma Telecomunicazione di Chiavari, centro di Cultura Museale e di supporto logistico di molte nostre iniziative. Colgo l'occasione, infine, per ringraziare il "prezioso" apporto dei soci dott. Scipione Deste  per l'infaticabile lavoro burocratico-amministrativo, il grande grafico Claudio Molfino per la realizzazione dei quadri espositivi preparati con estrema cura dal dott. V.P. Maurizio Brescia, ringrazio infine  il dott. Flavio Vota e l'ing. Marco Prandoni per essersi messi costantemente al nostro fianco in questi faticosi giorni.

L'annuale pubblicazione dedicata alla famiglia Costa è andata letteralmente a ruba. Le numerose famiglie Costa, con il suo massimo esponente Nicola Costa sugli scudi, hanno occupato buona parte della Sala e sono stati spesso citati in diretta.

Ieri domenica 7.11, si è svolto il secondo evento nella sala conferenze del Gran Caffé Rapallo. L'ospite d'onore e relatore è stato Nicola Costa che, attraverso la proiezione di numerose slides, ha rievocato la storia della Azienda familiare non tralasciando i momenti anche difficili incontrati e poi felicemente superati con atti amministrativi coraggiosi. Ne è emerso un quadro molto interessante, per molti aspetti inedito su questi Capitani d'industria del passato che si sono alternati dal 1854 al 1997 e che hanno, in ogni caso, portato tanto lavoro e benessere alle famiglie di Rapallo, di tutta la Liguria e di buona parte dello shipping italiano.

Segnaliamo infine che, in questi due primi giorni, l'afflusso del pubblico in visita alla Mostra del Castello è stato "formidabile". Impeccabile come sempre la

presentazione di Emilio Carta.

Un caro saluto a tutti Carlo Gatti

Cari amici,

Nella sala conferenze del Gran Caffé Rapallo, vi ricordo, che sabato 13.11 presenterò, insieme a Emilio Carta e Nanni Andreatta, il libro   BARCACCE NEL CUORE  che ho scritto con il Direttore di Macchina Silvano Masini, purtroppo mancato. Per barcacce, come certamente sapete, s'intendono i rimorchiatori portuali del porto di Genova di vecchia tradizione che ora riposano in pace da qualche parte... dopo aver lasciato in eredità una grande tradizione di professionalità e di ricordi. Il libro parte dalla storia della Società Rimorchiatori Riuniti e si concentra su quel ventennio 1965-1985 in cui i rimorchiatori genovesi uscirono dal porto

per avventurarsi persino negli oceani. Un'epoca che presto diventò un'epopea di "grandi operazioni marinare": rimorchi d'altomare a corto, medio e lungo raggio,

disincagli, operazioni di salvataggio, agguati nei punti critici ecc... Il libro ospita anche un forum di di 17 racconti firmati dai protagonisti. L'Armatore della Soc. RR

devolve l'incasso della vendita in beneficenza ad una Associazione di bambini del porto, pertanto il costo del libro, peraltro molto ben rifinito ed elegante, sarà molto contenuto. Seguirà la proiezione di un piacevolissimo DVD impregnato dello spirito "portuale" dei barcaccianti che Nanni Andreatta ha ambientato con immagini e musica davvero speciali tra il Molo Vecchio e Ponte Parodi, sede storica ed ormeggio dei rimorchiatori. Il testo è del sottoscritto e si rifà all'atmosfera di quegli anni.

Domenica 14.11 avremo come ospite il Comandante Mario Palombo ex-Costa e Carnival. Mario rappresenta una figura di spicco assoluto per aver avuto il

comando delle navi da crociera più grandi del mondo. Lo sottoporremo a numerose domande ed illustreremo le sue risposte con circa 70 diapositive ed anche un DVD di grandissimo interesse: uragano Emily, mareggiate, onde anomale, scene di bordo, paesaggi fantastici, VIP a bordo, feste ed altro. Passate parole e vi garantisco, visto il programma, che presto prenoterete una crociera presso la Polyviaggi, nostro sponsor.

Salutoni Carlo Gatti

Cari amici,

Sabato 13 e domenica 14 Novembre 2010 abbiamo registrato un notevole flusso di pubblico sia alla Mostra che alle conferenze in programma.

Sabato è stato il nostro turno, e ci siamo messi in gioco con la cornice di due splendidi rimorchiatori: il CILE portuale (del socio Albino Benedetto) ed il CICLONE d'altomare del Museo TTLLCC, (curatore Nanni Andreatta). La presenza dei due modelli ci ha dato il "LA" per spiegare ai "furesti" le differenze tra le due attività e credo che il chiarimento tecnico sia stato molto apprezzato. Sono poi stato sottoposto ad una fitta serie  di domande, da parte di Emilio e Nanni, mirate a sottolineare gli aspetti tecnici, storici  e ambientali in un'epoca (1965-1985) molto "speciale" per la richiesta di rimorchiatori su tutti i fronti a causa della maturata anzianità della flotta mondiale, di cui una parte consistente  veniva avviata alla demolizione, un'altra finiva sugli scogli, un'altra ancora chiedeva soccorso ecc... Da un lato è emerso un quadro preciso sulla scuola di manovra del porto di Genova con i suoi numerosi rimorchiatori; dall'altro, una scuola di coraggio e perizia nautica sui rimorchiatori d'altomare che si avventuravano con due chilometri di convoglio per i sette mari. Equipaggi e mezzi erano uniti da uno spirito di corpo che andò poi dissolvendosi con il "graditissimo" aumento della sicurezza  e del gigantismo navale. Questi due argomenti  sono stati al centro della conferenza del C.S.L.C Mario Palombo, domenica 14.11 -

Mario, amico e compagno di tante manovre portuali a bordo di grandissime navi di cui è stato il più celebre comandante, ha dato con la sua umanità, a volte velata da commozione, un tocco di vera classe d'esperto comunicatore. Mario P. è stato più volte interrotto con applausi a scena aperta.

La sua storia personale ha coinciso con il massimo sviluppo della tecnologia e le misure delle navi. Dai leudi di famiglia, Mario è approdato sul Costa Fortuna di

102.000 tonn. che è stata, alcuni anni fa, la nave italiana più grande mai costruita prima. Un salto progressivo che lo ha costantemente sottoposto a studi continui

sull'automazione ad altissimi livelli. Pochi lo sanno: in Scandinavia, e sicuramente in molti altri stati avanzati, chi consegue il Comando è un laureato a tutti gli effetti. Il fatto non aggiunge nulla a ciò che si richiede ad un comandante: molto equilibrio e grande senso marinaresco, ma il riconoscimento spiega e giustifica "finalmente" il numero incredibile di esami e aggiornamenti scientifici sempre più approfonditi cui è sottoposto un capitano da quando esce dall'Ist. Nautico fino al "retire".

Vi ricordo che Sabato alle 10.00  (Gran Caffé Rapallo) verrà dato spazio ad un'altra scrittrice di mare, Marinella Gagliardi che sarà presentata da Emilio Carta che sicuramente vorrà aggiungere qualcosa di più particolare sul libro che personalmente non ho ancora avuto il tempo di sfogliare.  La Mostra si concluderà domenica e siete tutti invitati al cocktail di rito alle 18 (Gran Caffé Rapallo). Un ringraziamento particolare al nostro socio Assessore Gianni Arena che ci sostiene molto da vicino, così come il nostro caro amico e socio Umberto Ricci, "recentissimo" autore di un libro di storia ecclesiale rapallese andato quasi esaurito in pochissimi giorni.

Un grazie a tutti i soci che ci aiutano, specialmente a coloro che in silenzio ci sostengono e ci sono sempre vicini. Carlo Gatti

EVENTI

MOSTRA MARE NOSTRUM - PRIMA PRESENTAZIONE

"CON LE BARCACCE NEL CUORE"

Nella sala conferenze del Gran Caffé Rapallo, vi ricordo, che sabato 13.11 presenterò, insieme a Emilio Carta e Nanni Andreatta, il libro BARCACCE NEL CUORE che ho scritto con il Direttore di Macchina Silvano Masini, purtroppo mancato. Per barcacce, come certamente sapete, s'intendono i rimorchiatori portuali del porto di Genova di vecchia tradizione che ora riposano in pace da qualche parte... dopo aver lasciato in eredità una grande tradizione di professionalità e di ricordi. Il libro parte dalla storia della Società Rimorchiatori Riuniti e si concentra su quel ventennio 1965-1985 in cui i rimorchiatori genovesi uscirono dal porto per avventurarsi persino negli oceani. Un'epoca che presto diventò un'epopea di "grandi operazioni marinare": rimorchi d'altomare a corto, medio e lungo raggio, disincagli, operazioni di salvataggio, agguati nei punti critici ecc... Il libro ospita anche un forum di di 17 racconti firmati dai protagonisti. L'Armatore della Soc. RR devolve l'incasso della vendita in beneficenza ad una Associazione di bambini del porto, pertanto il costo del libro, peraltro molto ben rifinito ed elegante, sarà molto contenuto. Seguirà la proiezione di un piacevolissimo DVD impregnato dello spirito "portuale" dei barcaccianti che Nanni Andreatta ha ambientato con immagini e musica davvero speciali tra il Molo Vecchio e Ponte Parodi, sede storica ed ormeggio dei rimorchiatori. Il testo è del sottoscritto e si rifà all'atmosfera di quegli anni.

Domenica 14.11 avremo come ospite il Comandante Mario Palombo ex-Costa e Carnival. Mario rappresenta una figura di spicco assoluto per aver avuto il comando delle navi da crociera più grandi del mondo. Lo sottoporremo a numerose domande ed illustreremo le sue risposte con circa 70 diapositive ed anche un DVD di grandissimo interesse: uragano Emily, mareggiate, onde anomale, scene di bordo, paesaggi fantastici, VIP a bordo, feste ed altro. Passate parole e vi garantisco, visto il programma, che presto prenoterete una crociera presso la Polyviaggi, nostro sponsor.

Salutoni Carlo

Cari amici, Sabato 13 e domenica 14 Novembre 2010 abbiamo registrato un notevole flusso di pubblico sia alla Mostra che alle conferenze in programma.

Sabato è stato il nostro turno, e ci siamo messi in gioco con la cornice di due splendidi rimorchiatori: il CILE portuale (del socio Albino Benedetto) ed il CICLONE d'altomare del Museo TTLLCC, (curatore Nanni Andreatta). La presenza dei due modelli ci ha dato il "LA" per spiegare ai "furesti" le differenze tra le due attività e credo che il chiarimento tecnico sia stato molto apprezzato. Sono poi stato sottoposto ad una fitta serie  di domande, da parte di Emilio e Nanni, mirate a sottolineare gli aspetti tecnici, storici  e ambientali in un'epoca (1965-1985) molto "speciale" per la richiesta di rimorchiatori su tutti i fronti a causa della maturata anzianità della flotta mondiale, di cui una parte consistente  veniva avviata alla demolizione, un'altra finiva sugli scogli, un'altra ancora chiedeva soccorso ecc... Da un lato è emerso un quadro preciso sulla scuola di manovra del porto di Genova con i suoi numerosi rimorchiatori; dall'altro, una scuola di coraggio e perizia nautica sui rimorchiatori d'altomare che si avventuravano con due chilometri di convoglio per i sette mari. Equipaggi e mezzi erano uniti da uno spirito di corpo che andò poi dissolvendosi con il "graditissimo" aumento della sicurezza  e del gigantismo navale. Questi due argomenti  sono stati al centro della conferenza del C.S.L.C Mario Palombo, domenica 14.11 -

Mario, amico e compagno di tante manovre portuali a bordo di grandissime navi di cui è stato il più celebre comandante, ha dato con la sua umanità, a volte velata da commozione, un tocco di vera classe d'esperto comunicatore. Mario P. è stato più volte interrotto con applausi a scena aperta.

La sua storia personale ha coinciso con il massimo sviluppo della tecnologia e le misure delle navi. Dai leudi di famiglia, Mario è approdato sul Costa Fortuna di

102.000 tonn. che è stata, alcuni anni fa, la nave italiana più grande mai costruita prima. Un salto progressivo che lo ha costantemente sottoposto a studi continui

sull'automazione ad altissimi livelli. Pochi lo sanno: in Scandinavia, e sicuramente in molti altri stati avanzati, chi consegue il Comando è un laureato a tutti gli effetti. Il fatto non aggiunge nulla a ciò che si richiede ad un comandante: molto equilibrio e grande senso marinaresco, ma il riconoscimento spiega e giustifica "finalmente" il numero incredibile di esami e aggiornamenti scientifici sempre più approfonditi cui è sottoposto un capitano da quando esce dall'Ist. Nautico fino al "retire".

Vi ricordo che Sabato alle 10.00  (Gran Caffé Rapallo) verrà dato spazio ad un'altra scrittrice di mare, Marinella Gagliardi che sarà presentata da Emilio Carta che sicuramente vorrà aggiungere qualcosa di più particolare sul libro che personalmente non ho ancora avuto il tempo di sfogliare.  La Mostra si concluderà domenica e siete tutti invitati al cocktail di rito alle 18 (Gran Caffé Rapallo). Un ringraziamento particolare al nostro socio Assessore Gianni Arena che ci sostiene molto da vicino, così come il nostro caro amico e socio Umberto Ricci, "recentissimo" autore di un libro di storia ecclesiale rapallese andato quasi esaurito in pochissimi giorni.

Un grazie a tutti i soci che ci aiutano, specialmente a coloro che in silenzio ci sostengono e ci sono sempre vicini.

4.12.2010

il libro "U-BOOT 455, il Sottomarino della Leggenda" (30 Immersioni tra i relitti della provincia di Genova), che il socio Emilio Carta ha scritto insieme al sub Lorenzo Del Veneziano, é stato presentato Sabato alla 10 presso l'Oratorio dei Bianchi. Relatrice la giornalista del Corriere della Sera Erika Dellacasa. L'incontro con il pubblico é stato preceduto dalla proiezione di un film-documentario sui principali relitti della Liguria.

Ho già avuto modo di scrivere e di parlarvi di questa opera che va a concludere la TRILOGIA sui RELITTI ITALIANI più importanti. In questa ultima fatica, Emilio e Lorenzo hanno messo a frutto, ognuno nel proprio ambito, il peso di una esperienza in materia di esplorazioni subacquee che dura  da oltre un ventennio e che li pone "meritatamente" ai vertici di questa disciplina che ad ogni scoperta di rilievo, come il caso dell'U-BOOT tedesco, diventa sempre più attraente e affascinante. Il CLUB degli appassionati d'Archeologia Marina si sta espandendo a macchia d'olio ed il successo ottenuto ci ha dato l'occasione di cogliere una nuova emozione.

ALLEGATO N.6

12 dicembre

Incidente Jolly Amaranto

PARTITA da Genova, la portacontainer (Roll-on/Roll-off) della Compagnia Messina aveva fatto sosta a Malta per salpare poi  l’8 dicembre alla volta di Alessandria d’Egitto, dove sarebbe dovuta arrivare a mezzogiorno di ieri 11 dic. «Siamo tesi e preoccupati, ma l’equipaggio sta gestendo in modo brillante e professionale la situazione — diceva ieri sera l’amministratore delegato della ‘Ignazio Messina’, Stefano Messina — Ci preme l’incolumità dei marinai». Messina ha anche garantito che le merci pericolose trasportate a bordo della Jolly Amaranto non potrebbero comunque provocare un disastro ambientale. Tra queste, chiuse in 39 container, ci sono anche pitture, inchiostro da stampa, pneumatici pressurizzati, alcol, liquidi infiammabili e sostanze chimiche. «Tutti prodotti — ha spiegato Messina — sottoposti ai controlli della Capitaneria e che ricadono nella categoria internazionale classificata ‘Imco 3’».

L’Unità di crisi della Farnesina è rimasta in stretto contatto con l’ambasciata e il Consolato Italiano di Alessandria. In serata due rimorchiatori sono partiti dall’Egitto e da Creta. Sul posto sono stati dirottati anche un mercantile e una petroliera.

La nave mercantile italiana, con a bordo 16 marinai italiani e 5 rumeni, ha lanciato il primo segnale d’allarme intorno a mezzogiorno quando il comandante Federico Gatto ha segnalato un’avaria ai motori. Ma la vera richiesta di aiuto (SOS) lo ha lanciato ben più tardi, alle alle 18 di sabato, e pare sia seguita persino la volontà di abbandonare la nave. Nel frattempo, ad Alessandria d’Egitto, i rimorchiatori avevano già acceso i motori per correre in soccorso della “Jolly Amaranto”, ma le proibitive condizioni del tempo li hanno rispediti indietro.

La nave, priva dei motori, si sottolinea dalla HYPERLINK "http://www.guardiacostiera.it/"Guardia Costiera italiana, era di fatto ingovernabile e la forza delle onde rischiava di far saltare gli ancoraggi del carico - una decina i container già finiti in mare - che poteva così finire contro le paratie della nave e aprire una falla. Il movimento di camion e container, inoltre, causava un consistente spostamento del peso del carico da una parte o dall'altra della nave, facendola rovesciare.

L'INCIDENTE (secondo quanto rende noto la Guardia Costiera italiana che è in costante contatto con le autorità egiziane), è avvenuto alle 11.40 locali a circa 50 miglia a nord delle coste egiziane. La Jolly Amaranto è una nave portacontainer di 10mila tonnellate di stazza, lunga 145 metri e costruita nel 1977 della Linea Messina dell'armatore genovese Ignazio Messina -L'SOS è partito dopo un'avaria ai motori che ha lasciato la nave in balia del mare molto mosso. La Jolly Amaranto, che a bordo ha rotabili e container di cui 22 contenenti merci pericolose, ha anche perso in mare otto o dieci container.

Questa è la vera fotografia della Jolly Amaranto. Nel web girano foto fasulle e persino il TG di sabato sera e domenica mattina hanno mostrato un’altra nave di MESSINA sbandata, ma si trattava di una nave degli anni ’60 con bighi e stive.

COMMENTO:

- Ho sottolineato in rosso la data di nascita della nave, 1977.

Una nave, presso certe Marine appunto con la M maiuscola, è considerata vecchia dopo 5 anni. Dopo 34 anni di vita, oggi troviamo persino patetico leggere di onde alte 13 metri.... e di tsunami vari.....che hanno investito la nave e l’intero Egitto ecc..

- Già quando ero in servizio, (sono andato in pensione nel 2000, questa nave arrivava a Genova sempre con  avarie in macchina o all’elica di prora, vedi foto)

- Quante navi della stessa Società sono finite in secca? Ho perso il conto!

- Dalle 11.40, ora dell’avaria, la richiesta d’aiuto (S.O.S) è partita alle 18.00.

- Allora le domande che ci poniamo sono:

C’era davvero quel mare?  E’ stato il mare grosso a causare l’avaria in macchina, oppure la vecchiaia, o la mancanza di manutenzione? La nave non proveniva dall’Atlantico, ma da Malta e da Genova. Possibile che non si fosse manifestato alcun sintomo di  malattia in sala-macchine?

Perché il comandante ha aspettato così tanto a chiedere soccorso in presenza di una avaria tanto grave, con 21 persone a bordo e carico pericoloso? Tutti sappiamo cosa ha sempre trasportato Messina e delle inchieste aperte dalla magistratura a suo carico....

- L’ultima domanda ce la poniamo guardando la foto. Come è possibile che una nave di 34 anni navighi con tanti containers appilati in coperta che gli impediscono persino la visibilità in navigazione ed in manovra?

Ogni ipotesi rimane aperta. Personalmente penso a quel disgraziato equipaggio che pur di guadagnarsi il pane ...

E qui mi fermo...

Il Presidente

Carlo GATTI