USS NEW YORK costruita con l'acciaio TWIN TOWERS

USS NEW YORK - (LPD-21)

L’acciaio delle Twin Towers rivive su questa nave da guerra


Le date dell’operazione USS New York

Subito dopo l’attentato terroristico dell’11 settembre 2001, il Governatore di New York George E.Pataki inviò una lettera al Segretario della Marina Militare Gordon R.England richiedendo che la  Navy conferisse il nome USS New York ad una unità di superficie impegnata nella “Guerra al Terrorismo”, in onore alle vittime del tragico avvenimento che colpì vigliaccamente lo Stato di N.Y. Il contratto della costruzione fu assegnato alla Northrop Grumman Ship System di New Orleans, Luisiana nel 2003. Il 1 marzo 2008, durante una cerimonia tenuta nel Cantiere di Avondale a New Orleans, l’unità fu battezzata con il nome di USS NEW YORK dinnanzi alle massime Autorità e numerosi familiari e parenti delle vittime dell’11 settembre. Per la cronaca ricordiamo che la rottura della bottiglia di champagne avvenne al secondo tentativo... La nave fu consegnata alla Marina M. USA il 21 agosto 2009 a New Orleans. Il suo primo comandante F.Curtis Jones, nativo di New York, partì 13 ottobre 2009 per Norfolk (Virginia). Il 2 novembre 2009 la nave entrò sull’Hudson e quando si trovò davanti a Ground Zero sparò 21 colpi a salve in omaggio alle vittime degli attacchi dell’11 settembre 2001. La USS New York entrò in servizio il 7 novembre 2009 a New York alla presenza del Segretario di Stato Hillary Clinton con un nutrito seguito di ammiragli e generali.

In data 11 gennaio 2010 la Marina Militare comunicò che la nave sarebbe stata fermata in seguito ad anomalie emerse durante le prove in mare ai cuscinetti dei motori principali.

La USS New York (LPD-21) ha un equipaggio di 360 e può trasportare fino a 700 Marines. La sua principale peculiarità è la seguente: una parte della prua è stata costruita con l’acciaio ricavato dalle macerie delle Torri Gemelle del Trade Center di New York, crollate nel famigerato attentato dell’11 settembre 2001. La simbolica fusione rappresenta meno di un millesimo del peso totale della nave, ed il 9 settembre 2003 è stata versata in stampi di circa 7,5 tonnellate. E’ stato riferito che gli operai del Cantiere hanno trattato il materiale con la riverenza solitamente riservata alle reliquie religiose.

Il "crest" della nave con il motto

"Never Forget"

 

I sette raggi del sole rappresentano i sette mari della celebre corona della Statua della Libertà-N.Y. Nello stemma centrale appaiono le  torri gemelle che poggiano sulla prua della nave. Il pettorale del rapace (fenice) porta le insegne del Dipartimento di Polizia, dei Pompieri e delle Autorità di New York e New Jersey che furono i primi soccorritori a giungere sul ground zero.Le gocce di sangue rappresentano i caduti.Le tre stelle ricordano gli onori militari ricevuti dalla nave da battaglia USS New York  (BB34) durante la Seconda guerra mondiale a Iwo Jima, Okinawa e Nord Africa.


New York - Emozione forte e grande orgoglio sono i sentimenti che molti americani hanno provato sentendo “Ventuno colpi di fucile” esplosi in aria per salutare l'ingresso della USS New York nel porto di Manhattan. La nave da guerra americana è stata costruita con l'acciaio estratto dai resti delle Torri Gemelle. L’unità, è approdata sul Hudson River per la cerimonia della consegna della “Bandiera di Combattimento” e ad attenderla sul molo c’erano i familiari delle vittime dell'attacco terroristico del 2001. Il nome USS New York è stato assegnato esclusivamente in memoria delle vittime.  Per tradizione, i nomi  degli Stati dell’Unione vengono assegnati soltanto ai sottomarini della flotta USA.

La nave Uss New York è giunta davanti a Ground Zero sul fiume Hudson. Per gli americani è il momento del silenzio, della commozione, della preghiera che sale dal cuore e raggiunge le anime dei caduti.

A salutare il passaggio della nave c’erano anche membri del corpo di polizia di New York e dei vigili del fuoco. La U.S.S. New York è passata sotto il ponte Da Verrazzano scortata dalla flotta delle imbarcazioni della Guardia Costiera e dello Stato di New York, gli stessi che accorsero a sud di Manhattan l’11 settembre del 2001.

Lunga 197 metri la nave, costruita dal gruppo Northrup Grumman, è rimasta ormeggiata una settimana ancorata al molo 88 di Manhattan, all’altezza della 48sima strada, aperta al pubblico prima della sua partenza ufficiale.

Carlo GATTI

Rapallo, 22.06.11


GAZZANA PRIAROGGIA Gianfranco, un rapallese d'adozione


GIANFRANCO GAZZANA PRIAROGGIA

Un asso dei sommergibilisti atlantici della Regia Marina nella seconda guerra mondiale

di Maurizio Brescia

(dal n.ro 105 - giugno 2002 - di "STORIA Militare")

Questo articolo trae origine da una sezione - dedicata a Gianfranco Gazzana Priaroggia - della mostra "Mare Nostrum" (giunta nel 2006 alla 25a edizione), organizzata dal Comune di Rapallo e tenuta nel castello a mare della città  ligure tra il 6 dicembre 2000 e il 6 gennaio 2001.  Chi scrive ha curato questo specifico aspetto della rassegna, in ciò² coadiuvato dalla Famiglia Gazzana Priaroggia e dal locale Gruppo ANMI, di cui Gianfranco Gazzana Priaroggia é l'eponimo sin dalla sua fondazione.

Con undici mercantili affondati, per oltre 90.000 tonnellate di stazza lorda, Gianfranco Gazzana Priaroggia - decorato con Medaglia d'Oro al Valor Militare alla Memoria – E’ il sommergibilista italiano che conseguì i migliori risultati nel corso del secondo conflitto mondiale.

In aggiunta ad un'iniziale formazione nell'arma subacquea della Regia Marina  durante la seconda metà  degli anni Trenta, ebbe inoltre - prima di assumere egli stesso la responsabilità  del comando - la possibilità  di affinare ulteriormente la preparazione tecnica e le qualità  militari operando in zona di guerra, in Atlantico, quale "secondo" del comandante Fecia di Cossato.

Nato a Milano il 30 agosto 1912 (figlio del N.H. Vittorio, avvocato, e della N.D. Maria dei Marchesi Cavriani - originari di Novi Ligure), Gianfranco Gazzana Priaroggia seguì la famiglia nei suoi spostamenti in Liguria: a Chiavari durante la prima guerra mondiale, a Genova dal 1920 e, dal 1941, a Rapallo ove ha abitato sino alla sua morte la sorella e ove risiedono tuttora altri componenti del nucleo familiare.

La vicinanza con il mare influì sicuramente sulla scelta di Gianfranco Gazzana Priaroggia di intraprendere la carriera militare nella Regia Marina: entrato all'Accademia Navale di Livorno nel 1931, dopo aver preso parte alle crociere addestrative del 1931 (sull'Amerigo Vespucci) e del 1932 (sul Cristoforo Colombo), venne nominato aspirante guardiamarina nel 1934 e promosso guardiamarina il 20 gennaio 1935.

Dopo una prima destinazione a bordo dell'incrociatore pesante Trento, all'inizio del 1936 imbarcò² sul gemello Trieste, venendo nominato sottotenente di vascello il 16 gennaio.  Pochi mesi dopo, Gianfranco Gazzana Priaroggia  entrò² a far parte della componente subacquea della Regia Marina e, nel breve volgere di quattro anni, venne destinato - con incarichi di sempre maggiore responsabilità  - sui sommergibili Millelire (a bordo del quale prese parte a una missione durante la guerra di Spagna) (1), Sciré, Balilla e Malachite.

Il 22 gennaio 1940 giunse la nomina a tenente di vascello e, con essa, la destinazione a bordo del sommergibile Durbo in qualità  di ufficiale in seconda.  Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, Gianfranco Gazzana Priaroggia imbarcò² - sempre come "secondo" - prima sul Malachite e poi (l'11 febbraio 1941) sul Tazzoli, all'epoca al comando del già  famoso capitano di corvetta Carlo Fecia di Cossato.  L'imbarco sul Tazzoli comportò² anche il suo passaggio alle dipendenze del "Comando Superiore delle Forze subacquee italiane in Atlantico", costituito a Bordeaux sin dal settembre 1940.

Sul Tazzoli a Bordeaux

Gli accordi tra la Kriegsmarine e Regia Marina, infatti, prevedevano la partecipazione di quest'ultima alla guerra sottomarina in Atlantico, e la scelta italiana per una base logistico-operativa per i propri sommergibili cadde sul porto fluviale di Bordeaux, ubicato sulla Garonne, a una cinquantina di chilometri a monte della via fluviale d'accesso al Golfo di Biscaglia, originata dalla confluenza della Garonne e della Dordogne nell'ampio estuario della Gironde.

A bordo del Tazzoli al rientro a Bordeaux dopo una missione di guerra in Atlantico. In primo piano, da sinistra: il comandante Carlo Fecia di Cossato e Gianfranco Gazzana Priaroggia (coll E.Bagnasco)

Dalla "B" ("Beta"), lettera iniziale di Bordeaux, venne tratta la denominazione di "Betasom" (Bordeaux - Comando sommergibili) che, da allora, non soltanto nei documenti ufficiali - ma anche nell'immaginario collettivo - avrebbe contraddistinto la base atlantica dei battelli della Regia Marina.

A bordo del Tazzoli Gianfranco Gazzana Priaroggia prese parte a quattro missioni nel corso delle quali il battello italiano affondò² 10 mercantili nemici per un totale di 54.362 tonnellate.  Il comandante Fecia di Cossato fu - sicuramente - un'ottima guida per il suo ufficiale in seconda ( o "tenente", come era allora definito)  che, il 21 febbraio 1942, venne destinato al comando del sommergibile Archimede, anch'esso di base a Bordeaux.

L'Archimede faceva parte della classe "Brin", composta da cinque unità  (Brin, Galvani, Guglielmotti, Archimede e Torricelli) realizzate dai Cantieri Tosi di Taranto, entrate in servizio tra il 1938 e il 1939 e inizialmente armate con un cannone da 100/43 installato su una struttura brandeggiabile posta nella parte alta, verso poppavia, della falsatorre.  Successivamente, il cannone da 100/43 fu sostituito con un pezzo da 100/47 sistemato nella più¹ tradizionale posizione in coperta, a proravia della falsatorre sul ponte di coperta (2).

Il sommergibile Archimede da “grande crociera” nel momento del varo

Al comando dell’Archimede

Con l'Archimede, Gianfranco Gazzana Priaroggia lasciò² Bordeaux per la sua prima missione in qualità  di comandante il 26 aprile 1942, facendo rotta verso le coste settentrionali del Brasile, ma le consistenti misure antisommergibili predisposte nella zona dalle forze navali statunitensi limitarono notevolmente l'operatività  del battello in quell'area.  Cionondimeno, il 23 maggio, venne condotto un attacco contro una formazione navale americana (3) che, però², non portò² ad alcun esito.  Ormai in procinto di intraprendere la navigazione di ritorno, l'Archimede affondò² il 15 giugno il mercantile panamense Cardina facendo rientro a Bordeaux il 4 di luglio.

A sinistra: Una intensa espressione di Gianfranco Gazzana Priaroggia a bordo dell’Archimede. A destra: Sempre a bordo dell’Archimede con alcuni membri dell’equipaggio

Il 10 agosto 1942 Gianfranco Gazzana Priaroggia passò² al comando del sommergibile Leonardo Da Vinci, un battello più¹ grande e più¹ moderno, appartenente alla classe "Marconi" di cui quattro unità  (Maggiore Baracca, Michele Bianchi, Alessandro Malaspina e Luigi Torelli) erano state costruite dai Cantieri OTO del Muggiano e due (Guglielmo Marconi e Leonardo Da Vinci) dai Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Monfalcone (4).  Il Da Vinci, varato il 16 settembre 1939, era entrato in servizio il 7 aprile 1940.  Le prestazioni dei battelli classe "Marconi" erano sostanzialmente analoghe a quelle dell'Archimede, ma il progetto di questi sommergibili era di concezione più¹ avanzata e li rendeva maggiormente adatti alle lunghe navigazioni oceaniche.

Nel settembre del 1942 il battello venne sottoposto ad alcune modifiche (sbarco del cannone ecc.) per effettuare delle prove di trasporto e rilascio di un piccolo sommergibile d'assalto, il CA 2, con il quale la X Mas aveva in progetto un attacco a New York. Conclusisi con successo gli esperimenti, il Da Vinci fu riportato in condizioni operative e, il 7 ottobre, lasciò² Bordeaux agli ordini di Gianfranco Gazzana Priaroggia, alla sua seconda missione atlantica come comandante.

Le missioni di Gazzana Priaroggia

A sinistra:

Missione dell'Archimede (dal 26/4/1942 al 4/7/1942)

A) Zona operativa a Nord di Fortaleza
(Brasile)

B) Zona più¹ a settentrione ove il battello italiano venne successivamente inviato
Unità  affondate nel corso della missione:

1) Piroscafo panamense Cardina (15/6/1942)

A destra:

Prima missione del Da Vinci (dal 7/10/1942 al 6/12/1942)

Unità  affondate nel corso della missione:

2) Empire Zeal (inglese - tipo "Empire", 2/11/1942)

3) Piroscafo greco Andreas (4/11/1942)

4) Marcus Whitman (statunitense - tipo "Liberty", 10/11/1942)

5) Piroscafo olandese Veerhaven (11/11/1942)

Il Leonardo Da Vinci nel 1940 (coll.A.Fraccaroli)

Un picchetto di marinai del Reggimento "San Marco", di cui un distaccamento era assegnato a Betasom, presenta le armi al Da Vinci in arrivo a Bordeaux dall'Italia il 31 ottobre 1940. (Coll. E. Bagnasco)

Il passaggio al Da Vinci

"Betasom" aveva nuovamente assegnato al battello una zona di operazioni al largo della costa brasiliana (nel caso specifico a NE di Capo San Rocco) e in quest'area - tra il 2 e l'11 novembre 1942 - il Da Vinci affondò² in rapida successione quattro mercantili di quattro diverse nazionalità  (Empire Zeal, tipo "Empire", inglese - Andreas, greco - Marcus Whitman, tipo "Liberty", americano - Veerhaven, olandese).  Più¹ specificatamente, la terza e quarta unità  vennero affondate a N di Recife, dove il Da Vinci si era spostato per evitare gli attacchi degli idrovolanti "Catalina" dell'U.S. Navy di base a Natal; il Veerhaven, in particolare, fu affondato a cannonate poiché il Da Vinci aveva ormai esaurito la propria dotazione di siluri.

Il piroscafo olandese Veerhaven, affondato dal Da Vinci l'11 novembre 1942.  (coll. Mike Cooper)

Durante la navigazione di ritorno, il 28 novembre a N delle isole Canarie, il Da Vinci trasbordò² 30 tonnellate di nafta sul Tazzoli che - a sua volta - era diretto verso la propria zona di operazioni a N della costa brasiliana.  La missione del Da Vinci, coronata dai notevoli successi appena descritti, ebbe termine a Bordeaux il successivo 6 dicembre.

Seconda missione del Da Vinci (dal 20/2/1943 all'affondamento - 23/5/1943)

Unità  affondate nel corso della missione:

6) "Liner" Empress of Canada (inglese, 14/3/1943)

7) Piroscafo inglese Lulworth Hill (19/3/1943)
A) Rifornimento dal Finzi (20/3/1943)

8) Piroscafo olandese Sembilan (17/4/1943)

9) Piroscafo inglese Manaar (18/4/1943)

10) John Drayton (statunitense - tipo "Liberty", 21/4/1943)

11) Petroliera inglese Doryssa (25/4/1943)

B) Affondamento del Da Vinci (23/5/1943)

Nel gennaio 1943, Gianfranco Gazzana Priaroggia  tornò brevemente in Italia per trascorrere quella che sarebbe stata la sua ultima licenza e, il mese successivo, era già  nuovamente in forza a "Betasom", impegnato nella preparazione del Da Vinci per una nuova, impegnativa missione.  Infatti, viste le sempre maggiori difficoltà  incontrate dai nostri sommergibili nell'Atlantico centrale (ove il traffico alleato di mercantili non facenti parte di convogli veniva sempre più¹ ridotto), Supermarina aveva da qualche tempo iniziato a studiare la possibilità  di inviare alcuni battelli nell'Oceano Indiano meridionale dove - al contrario - quasi tutte le navi da carico alleate navigavano isolate e senza scorta.  Per la prima missione di questo tipo venne per l'appunto prescelto il Da Vinci e, in considerazione della durata della navigazione e dell'autonomia del sommergibile, era previsto che - a S del Golfo di Guinea, circa 550 miglia a ENE dell'Isola di Sant'Elena - venisse effettuato un rifornimento di nafta e viveri dal Finzi, espressamente inviato nella zona.

Il Da Vinci salpò² da Bordeaux il 20 febbraio 1943 e - ancor prima di rifornirsi dal Finzi il 20 marzo - silurò² e affondò² il 14 marzo, una settantina di miglia a S dell'equatore, il "liner" Empress of Canada - che, con 21.517 tonnellate di stazza, fu la più¹ grande unitò  mercantile affondata da sommergibili italiani nel corso del conflitto - e, quattro giorni dopo, il mercantile Lulworth Hill, entrambi britannici.

Il "liner" britannico Empress of Canada, qui in una fotografia della fine degli anni Trenta, apparteneva alla Compagnia Canadian Pacific Steamship Ltd. di Londra.  Fu silurato e affondato dal Da Vinci, a S del Golfo di Guinea, il 14 marzo 1943.  (coll. John Clarkson, via Mike Cooper)

L'affondamento dell'Empress of Canada, diretto a Durban (Sud Africa) da Takoradi (Golfo di Guinea), risultò² particolarmente drammatico poiché, tra gli oltre 1.400 passeggeri trasportati, si trovavano circa 500 prigionieri di guerra italiani che perirono numerosi nell'evento.  Uno solo, il sottotenente medico del R.E. Vittorio Del Vecchio, venne tratto in salvo dal Da Vinci e, in occasione del già  citato rifornimento, trasbordato sul Finzi (5).

Dopo aver doppiato Capo Agulhas il 5 aprile, il sommergibile comandato da Gianfranco Gazzana Priaroggia fece il suo ingresso nell'Oceano Indiano e raggiunse la propria zona di agguato al largo di Durban (Sud Africa) ove, tra il 17 e il 21 aprile 1943, affondò² i mercantili Sembilan (olandese), Manaar (inglese) e il "Liberty" John Drayton (americano).  Inoltre, durante la navigazione di rientro, sempre al largo delle coste sudafricane (180 miglia a S di Port Elizabeth), il Da Vinci affondò² un'ultima unità  - la petroliera britannica Doryssa che, proveniente da Table Bay (Sud Africa), stava navigando in zavorra diretta ad Abadan (Golfo Persico).

Un particolare della falsatorre del Da Vinci in missione in Atalntico e Gianfranco Gazzana Priaroggia a bordo dello stesso battello. (g.c. Fam. Gazzana Piaroggia)

Dopo aver conseguito nella sua seconda missione nell'Oceano Atlantico e nell'Oceano Indiano questi congrui risultati, (che, tra l'altro, fanno del Da Vinci il sommergibile italiano che ottenne i maggiori successi in una sola navigazione), il comandante Gianfranco Gazzana Priaroggia intraprese la lunga navigazione di ritorno che avrebbe richiesto circa un mese per poter raggiungere la base di Bordeaux.

In considerazione del numero dei mercantili affondati e per l'ottima riuscita della missione, il 6 maggio 1943 Gianfranco Gazzana Priaroggia ricevette via radio, "sul campo", la promozione a capitano di corvetta per meriti di guerra: tutto era ormai pronto per una dovuta e trionfale accoglienza a Bordeaux, quando la dura legge della guerra impedì il ritorno del Da Vinci nella sua base atlantica.

Inizialmente, la navigazione di rientro procedette senza eventi di rilievo nel Golfo di Guinea e, in seguito, a ponente delle Isole del Capo Verde, delle Isole Canarie e al largo di Gibilterra.  L'ultima comunicazione del Da Vinci risale al 22 maggio 1943: il sommergibile informava "Betasom" che - dal giorno successivo - avrebbe intrapreso la prescritta navigazione occulta a partire dal meridiano 15°00'W, prevedendo di raggiungere Bordeaux il 29 maggio.

I Mercantili affondati da G.Gazzana Priaroggia con i sommergibili Archimede e Leonardo Da Vinci

Il mercantile olandese Sembilan, una delle tre unità  affondate dal Da Vinci nell'Oceano Indiano (coll. Alex Duncan, via Mike Cooper)

La perdita del Da Vinci

Alle 11.45 del 23 maggio 1943, però², circa 300 miglia a ponente di Vigo (Spagna), il Da Vinci venne individuato con il sonar ("asdic" nella terminologia britannica) dalla fregata inglese HMS Ness che, insieme ad altre unità  della Royal Navy, faceva parte della cintura difensiva esterna di un convoglio alleato (6).

L'HMS Ness, al comando del Lieutenant G.P. Krieck, richiese l'intervento del cacciatorpediniere HMS Active, ed entrambe le unità  sferrarono un attacco combinato contro il Da Vinci, effettuando diversi passaggi sul punto della posizione stimata del sommergibile con il lancio di numerose bombe di profondità .  Come riportato dalla relazione britannica sui fatti, attorno alle 12.00 furono uditi numerosi boati in profondità  e, in superficie, affiorarono rottami e materiali facendo ritenere praticamente certo l'affondamento del sommergibile individuato dalla HMS Ness.

Nel dopoguerra, l'esame comparato delle documentazioni ufficiali delle marine inglese, italiana e tedesca ha permesso di accertare che il sommergibile affondato il 23 maggio fu proprio il Da Vinci:  nessun altro battello italiano o germanico venne attaccato quel giorno in quella zona e, tanto più¹, le coordinate del punto di affondamento del Da Vinci (42°05'N, 15°34'W) si trovano esattamente sulla rotta che il sommergibile avrebbe dovuto mantenere per raggiungere Bordeaux.

Insieme al comandante scomparvero tutti i 62 membri dell'equipaggio e non si ebbe alcun superstite. Alla memoria di Gianfranco Gazzana Priaroggia, già  decorato con numerose onorificenze italiane e tedesche (7), venne concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare; tutti gli altri membri dell'equipaggio del Da Vinci furono decorati con la Croce di Guerra al Valor Militare alla memoria.

La fregata Ness, che il 23 maggio 1943 individuò² il Da Vinci con l'apparato sonar di bordo, qui in una fotografia risalente alla fine dello stesso anno. Apparteneva alla classe "River", di cui diverse decine entrarono in servizio con la Royal Navy tra il 1942 e il 1943; la Ness venne radiata verso la metà  degli anni Cinquanta.  (g.c. Biblioteca "A. Maj" - Bergamo - Fondo Occhini)

Il cacciatorpediniere Active (qui in una foto risalente al 1937) apparteneva alla classe "A" del 1929-30, Insieme alla fregata Ness prese parte all'azione che si concluse on l'affondamento del Da Vinci il 23 maggio 1943. (g.c. Biblioteca "A. Maj" - Bergamo - Fondo Occhini)

Gianfranco Gazzana Priaroggia è stato il sommergibilista italiano che ha conseguito, in termini di tonnellaggio, i migliori risultati nel corso del secondo conflitto mondiale, affondando undici unità  per 90.637 tsl di naviglio nemico.  Va peraltro ricordato che Carlo Fecia di Cossato (anch'egli decorato con la massima onorificenza al Valor Militare), pur occupando il secondo posto in questa particolare classifica con "soltanto" 82.821 tsl di mercantili alleati, con un totale di sedici unità  risulta il miglior esponente dell'arma subacquea della Regia Marina considerando il numero delle unità nemiche affondate.

Anche dagli avversari di un tempo, dai membri degli equipaggi fatti prigionieri e dagli stessi Comandi della Royal Navy, Gianfranco Gazzana Priaroggia fu sempre riconosciuto quale nemico leale, cavalleresco, ricco di umanità  e contraddistinto da capacità  marinaresche di assoluto rilievo.

Non a caso, uno dei migliori giudizi su Gianfranco Gazzana Priaroggia é stato dato dagli autori tedeschi Bodo Herzog e Gunther Shoemajers nel loro libro "Ritter der Tiefe Graue Wolfe", ancorché riguardante soprattutto i noti successi degli "U-boote" della Kriegsmarine nella seconda guerra mondiale:

"La seconda navigazione del "Da Vinci" fu quella di maggior successo che un sommergibile italiano avesse compiuto in una sola missione.  . . .  Gianfranco Gazzana Priaroggia affondò² oltre 90.000 tonnellate di naviglio: né il migliore tra i comandanti americani, O'Kane, né il migliore tra quelli inglesi, Wanklyn, raggiunsero il tonnellaggio affondato da Gazzana Priaroggia.  E, tra i sommergibili, nemmeno il famoso giapponese "I-27" raggiunse quello affondato dal "Da Vinci".  La Marina Italiana perse insieme al "Da Vinci" un valoroso comandante e un glorioso equipaggio."

La Marina Militare, dopo aver assegnato il nome di Gianfranco Gazzana Priaroggia al sommergibile ex-americano Volador (SS-490), operativo sotto bandiera italiana tra il 1973 e il 1983 (8), ne onora anche oggi la memoria, avendo nuovamente assegnato il suo nome a un moderno, recente battello - appartenente alla quarta e ultima serie della classe "Sauro" - entrato in servizio nel 1995.

Maurizio Brescia

L'autore e "Storia Militare" ringraziano per la collaborazione prestata: Famiglia Gazzana Priaroggia, Rapallo; Sig. Franco Bernardini, Presidente del Gruppo ANMI "G. Gazzana Priaroggia" di Rapallo; Sig. Emilio Carta, già  responsabile dell'Ufficio Cultura del Comune di Rapallo; Mr. Mike Cooper di Southport (Merseyside, Inghilterra), "Membership Secretary" del Naval Photograph Club, per aver fornito notizie e documenti iconografici relativi a molti dei mercantili affondati.

I mercantili affondati da G. Gazzana Priaroggia con i sommergibili Archimede e Da Vinci:

(I numeri corrispondono a quelli riportati sulle cartine)

1 - Cardina (Panama)

5.568 tsl; lunghezza 129 m, larghezza 16,5m, pescaggio 8m; 1 macchina alternativa, vel. 10,5 nodi.

Costruita nel 1919 dal cantiere J.F. Duthie & Co. di Seattle (U.S.A.), nel 1941 venne venduta ad armatori panamensi.

aff. 15/6/1942 - 03°55'N, 42°40'W (in zavorra da Buenos Aires a New York Via Trinidad).

2 - Empire Zeal (G.B.)

7.062 tsl; lunghezza 136 m, larghezza 17m, pescaggio 8,3m; 1 macchina alternativa, vel. 11,5 nodi.

Unità  tipo "Empire"; varata il 29 dicembre 1941 dai cantieri Lithgows Ltd. - Kingston Shipbuilding Yard di Port Glasgow (Scozia) per la Compagnia J. Morrison & Son.

aff. 2/11/42 - 00°20'S, 31°03'W (in zavorra da Durban a Trinidad).

3 - Andreas (Grecia)

6.566 tsl; lunghezza 130m, larghezza 18m, pescaggio 9,3m; 1 macchina alternativa, vel. 11 nodi.

Varata nel 1919 dai cantieri Harland & Wolff di Belfast, negli anni Trenta faceva parte della Compagnia greca Ionian Steamship Co. del Pireo.

aff. 4/11/42 - 01°34'S, 23°22'W (da Trinidad a Alessandria d'Egitto via Durban - carico: 8.516 tons di merci varie e munizioni).

4 - Marcus Whitman (U.S.A.)

7.176 tsl; lunghezza 144,7m, larghezza 18,7m, pescaggio 9m; 1 macchina alternativa, vel. 11 nodi.

Unità  tipo "Liberty" varata nel luglio 1942 dal cantiere Oregon Shipbuilding Co. di Portland per la Matson Navigation Co. di San Francisco.

aff. 10/11/42 - 05°24'S, 32°41'W in zavorra da Table Bay a Paramaribo).

5 - Veerhaven (Olanda)

5.291 tsl; lunghezza 138,1m, larghezza 17,7m, pescaggio 8,3m; 1 macchina alternativa, vel. 11 nodi.

Varata nel 1930 in Inghilterra dal cantiere W. Gray & Co., Ltd. di Sunderland per la Compagnia olandese Van Uden's Scheepvart en Agentuur Maatschappij, Nv Gebr di Rotterdam.

aff. 11/11/42 - 03°51'S, 29°22'W (da Rosario e Buenos Aires per Trinidad - carico: 7.824 tons di rinfusa di semi di lino).

6 - Empress of Canada (G.B.)

21.517 tsl; lunghezza 199m, larghezza 25,6m, pescaggio 10m; caldaie a vapore, 4 assi, vel. 21 nodi.

Varata nel 1922 dai cantieri Fairfield Engineering & Shipbuilding Co., Ltd. di Glasgow, sino all'affondamento fece sempre parte della Compagnia Canadian Pacific Steamship Ltd. di Londra.

aff. 14/3/43 - 01°13'S, 09°57'W (da Takoradi a Durban - circa 1.400 passeggeri).

7 - Lulworth Hill (G.B.)

7.628 tsl; lunghezza 132,2m, larghezza 19,6m, pescaggio 9,1m; 1 macchina alternativa, vel. 11 nodi.

Varata nel 1940 dai cantieri W. Hamilton & Co. di Glasgow per la Dorset Steamship Co., Ltd.

aff. 19/3/43 - 11°00'S, 00°35'E (da Mauritius e Table Bay per Freetown e Mersey - carico: 10.510 tons di zucchero e merci varie)

8 - Sembilan (Olanda)

6.568 tsl; lunghezza 127m, larghezza 18m, pescaggio 10m; 1 macchina alternativa, vel. 12 nodi.

Costruito nel 1922 dai cantieri Maatschappij voor Scheeps-en Werktuigbouw "Fijenooord" di Rotterdam per la "Netherland Line",

aff. 17/4/43 al largo di Durban (da Glasgow per Durban, Port Said e Alessandria d'Egitto - carico: 4.823 tons di merci varie e munizioni).

9 - Manaar (G.B.)

8.007 tsl; lunghezza 150m, larghezza 20,6m, pescaggio 8m; caldaie a vapore, 3 assi, vel. 16 nodi.

Varata nel gennaio del 1942 dai cantieri W. Hamilton & Co. di Glasgow e posta al servizio del Ministry of War Transport dalla Compagnia armatrice T. & J. Brocklebank Ltd. di Liverpool.

aff. 18/4/43 - 30°55'S, 33°40'E (da Mombasa e Beira per Durban - carico: 4.400 tons di rame e cotone)

10 - John Drayton (U.S.A.)

7.176 tsl; lunghezza 144,7m, larghezza 18,7m, pescaggio 9m; 1 macchina alternativa, vel. 11 nodi.

Unità tipo "Liberty" varata nel settembre 1942 dalla North Carolina Shipbuilding Co. di Wilmington per la Compagnia A.H. Bull & Co. di New York.

aff. 21/4/43 - 33°25'S, 34°10'E (da Khorramshar e Bandar Abbas per Table Bay - carico: 9.000 tons  di petrolio in fusti).

11 - Doryssa (G.B.)

8.078 tsl; lunghezza 158,4m, larghezza 19,3m, pescaggio 9m; 1 macchina alternativa, vel. 12 nodi.

Petroliera varata nel 1938 dai cantieri Hawthorn, Leslie & Co. di Hebburn on Tyne per la Anglo Saxon Petroleum Co. (meglio nota come "Shell Oil").

aff. 25/4/43 - 37°03'S, 24°03'E  (in zavorra da Table Bay per Abadan).

Note

(1) Per la partecipazione alle operazioni navali della guerra civile, il Governo Spagnolo decorò² Gianfranco Gazzana Priaroggia con la "Medalla del Alzamiento".

(2) Classe "Brin" - caratteristiche tecniche:  dislocamento: 913t in superficie e 1.266t in immersione; lunghezza f.t.: 72,7m; larghezza max.: 6,7 m; pescaggio: 4,5m; app. motore: due diesel Tosi (3.400hp) e due motori elettrici Ansaldo (1.300hp); velocità max.: 17 nodi in superficie e 8,5 in immersione; armamento (2a g.m.): un cannone da 100/47, due m.g. binate da 13,2mm e otto t.l.s. da 533mm (14 siluri); equipaggio: ca. 60 uomini.  L'Archimede e il Torricelli furono costruiti sotto particolari condizioni di segretezza per sostituire gli omonimi battelli del 1931-34, di cui non si era ritenuto opportuno rendere di pubblico dominio il trasferimento alla Marina della Spagna Nazionalista, avvenuto nell'aprile del 1937.

(3) L'attacco dell'Archimede fu portato contro l'incrociatore Milwaukee (CL-5) e il cacciatorpediniere Moffett (DD-362) dell'U.S. Navy; inoltre, nella zona si trovavano l'unità  appoggio aerei americana Thrush (AVP-3) nonché un piroscafo e un rimorchiatore, entrambi di nazionalità  brasiliana.

(4) Classe "Marconi" - caratteristiche tecniche: dislocamento: 1.036t in superficie e 1.489t in immersione; lunghezza f.t.: 76,5m; larghezza max.: 6,8 m; pescaggio: 4,7m; app. motore: due diesel CRDA (3.600hp) e due motori elettrici Marelli (1.500hp); velocità  max.: 18 nodi in superficie e 8 in immersione; armamento: un cannone da 100/47, due m.g. binate da 13,2mm e otto t.l.s. da 533mm (12 siluri); equipaggio: ca. 60 uomini.

(5) Tra i superstiti britannici dell'Empress of Canadavi fu anche Kenneth Krieck, fratello del comandante della fregata Ness che, poche settimane dopo, insieme al cacciatorpediniere Active avrebbe preso parte all'azione in cui venne affondato il Da Vinci.

(6) Tra i vari convogli britannici del periodo, solamente tre si trovavano in navigazione - il 23 maggio 1943 - nella zona in cui andò² perduto il Da Vinci: MKS13G (partito da Gibilterra il 22/5 per Liverpool, ove giunse il 24/5), KMF15 (partito dalla Clyde il 19/5 e arrivato a Orano il 28/5) e i due convogli OG90-KX10 (costituenti un'unico insieme operativo) che lasciarono Liverpool il 20/5 e arrivarono a Gibilterra il successivo 31.

(7) Gianfranco Gazzana Priaroggia, inoltre, era già  stato decorato con due Medaglie d'Argento e tre di Bronzo al V.M., cinque Croci al Merito di Guerra e, dal Governo Tedesco, con la Croce di ferro di 2a Classe e la Croce di Cavaliere.

(8) Il Volador era un battello classe "Tench", ampiamente rimodernato dall'U.S. Navy nell'ambito del programma "Guppy III", trasferito alla Marina Militare insieme al gemello Pickerel(SS-524) che assunse il nome di Primo Longobardo.

Bibliografia

Bagnasco, E.: I sommergibili della seconda guerra mondiale, Parma, Albertelli, 1973

Bagnasco E., Rastelli A.: Sommergibili in guerra (2a ed.), Parma, Albertelli, 1994

Bernardini, F.: Un'eroica figura: Gianfranco Gazzana Priaroggia, in "Notiziario della Marina", aprile 1999

Caccia Dominioni, A.: Aria alla rapida n° 32, Gruppo ANMI Milano, settembre 1996

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Hervieux, P.: I "Marconi" in guerra, in "STORIA Militare" n. 70 (luglio 1999)

Jordan, R., The World's Merchant Fleets 1939, Londra, Chatham Publishing, 1999

Mattesini, F.: Betasom, la guerra negli oceani, Roma, USMM, 1993

Mori Ubaldini, U.: I sommergibili negli oceani, volume XII della serie "La Marina Italiana nella seconda guerra mondiale", Roma, USMM, 1976

Raiola, G.: Uomini in Atlantico, Milano, Longanesi, 1973

21.3.2013

A cura del webmaster

Carlo GATTI








Nave "Redenzione" GARAVENTA

NAVE REDENZIONE

GARAVENTA

Una scuola sull’acqua

 

 

SCUOLA REDENZIONE GARAVENTA

ormeggiata di punta a Molo Giano. Sullo sfondo la Torre Piloti

Commentando le recenti manifestazioni antigovernative avvenute nel centro di Roma e, prima ancora, quelle del G.8 di Napoli e Genova, un autorevole personaggio della politica italiana ha urlato: “E’ una vera ipocrisia meravigliarsi per questi incidenti. L’Italia ha rinunciato ad educare i giovani  a partire dal 1968”.

Non c’è che dire! E’ una battuta d’effetto, anche se la colpa è sempre degli altri. Tuttavia, per associazione d’idee, ci è venuto in mente una specie di “avvertimento” che un tempo serviva per spaventare i ragazzi più irrequieti: Se non cambi t’imbarco sulla Garaventa!” e che oggi appare così lontana nel tempo da sembrare una favola.

C’era una volta una nave un po’ speciale che non portava merce varia e neppure petrolio, era un vecchio residuato bellico, senza cannoni e senza gloria. Il suo nome era: Nave Scuola Garaventa e ospitava i ragazzini “difficili” con l’intento di coniugare la “Vita di mare” e la “Redenzione sociale”, due realtà che sembrano distanti e inconciliabili perchè qualsiasi tipo di nave si regge innanzitutto sulla disciplina. Due temi, quindi,  lontani dall’immaginario collettivo che, ancora oggi, non riesce a trovare linee guida per la soluzione dei problemi che assillano i nostri giovani.

Ma questo fu il sogno dei Garaventa che videro in questo “singolare” progetto una concreta e reale possibilità di recupero della gioventù sbandata  alla ricerca di una vita diversa, migliore, lontana dal degrado sociale in cui viveva. Le iniziative socio-educative della famiglia Garaventa risalgono alla metà del ‘700, epoca in cui i governanti si disinteressavano completamente  delle famiglie bisognose e dei loro problemi quotidiani. Il primo di questa stirpe di filantropi nacque nel 1724 a Calcinara-Uscio da un’umile famiglia di contadini, si chiamava Lorenzo e studiò presso il Collegio dei Padri Gesuiti di via Balbi a Genova, a cura dei quali venne poi ordinato sacerdote.
La sua sensibilità fu presto catturata dalla dolorosa situazione di molti bambini che vagavano abbandonati per le strade e spesso finivano nella rete della malavita. Questa fu la molla che lo spinse a dedicare la propria missione a questi ragazzi ed al loro concreto e definitivo recupero sociale.
  Nel 1757 don Lorenzo appese alla finestra della sua abitazione  (piazza Ponticello) un cartello con la scritta: "Qui si fa scuola per carità".  L'iniziativa fu accolta favorevolmente dalla popolazione ed ebbe subito molti allievi, tuttavia,  per sostenere  le spese del cibo e dei vestiti,  il don fu costretto a vendere il suo patrimonio, compresa la vendita di un terreno che aveva ereditato dai genitori.
 Quel sacrificio fu molto apprezzato dalla gerarchia ecclesiastica che iniziò a patrocinare l'opera del giovane sacerdote. Presto altre "scuole di carità" apparvero in più zone della città e furono rette da altri sacerdoti volenterosi.
  Per venticinque anni don Lorenzo si dedicò instancabilmente alla sua missione, finché si ammalò e morì il 13 gennaio 1783, poverissimo.
  Le sue scuole continuarono ad esistere fino al 1882 quando furono assorbite da quelle municipali istituite dal "Regolamento degli Studi" valido in tutto il Regno Sabaudo.

Buglioli, manichette, redazze, trombe... Ufficiali, istruttori e marinaretti pronti per le prove antincendio sulla Nave Scuola Redenzione Garaventa. Sullo sfondo svetta l’immancabile cilindro sul capo del prof. Nicolò Garaventa ed il motto della nave UBI CHARITAS IBI DEUS. (Dove c’è la carità, Dio è presente)

Il seme gettato da don Lorenzo, germogliò rigogliosamente nella mente di un altro Garaventa di nome Lorenzo (nella foto) - (Uscio, 1848Genova, 1917)- docente di matematica presso il Ginnasio-Liceo "Andrea D'oria" di Genova. L’educatore e filantropo costituì la Scuola Officina di Redenzione sul Mare, un Istituto di recupero per giovani difficili allestito su una nave-scuola, una sorta di collegio galleggiante equipaggiato appunto con i Garaventini. Ai suoi inizi, la scuola fu oggetto di accese polemiche sulla sua validità educativa, per poi essere con il tempo riabilitata e riconosciuta. Luigi Arnaldo Vassallo, noto giornalista dell'epoca che si firmava con lo pseudonimo di Gandolin, scrisse di N. Garaventa: “Prima lo definirono un vanitoso. Poi magari insinuarono che fosse un imbroglione. Indi lo qualificarono un ciarlatano. Adesso lo rispettano e riconoscono i benefici eloquenti della sua istituzione.”

I dodicimila garaventini

Si calcola che i giovani educati a bordo della nave-scuola istituita da Garaventa siano stati oltre dodicimila in 94 anni di attività. Molti di loro – oggi - aderiscono ad un'associazione di ex allievi patrocinata dall'Amministrazione Provinciale di Genova e della quale fanno parte anche Carlo Peirano, erede di Domingo Garaventa (figlio di Nicolò, morto nel 1943), comandante e padre spirituale della nave, ed Emilia Garaventa, pronipote del filantropo.

Una curiosità: cappellano della nave è stato a suo tempo anche un giovane Andrea Gallo, oggi sacerdote contro-corrente impegnato nel settore del volontariato e responsabile della comunità di recupero dalle tossicodipendenze di San Benedetto al Porto.

 

LE NAVI DEI GARAVENTA

Nicolò Garaventa, proprio come suo zio Lorenzo,  ebbe a cuore la situazione di tanti giovani di strada fino al punto che, abbandonato l'insegnamento, mise la sua esperienza e il suo impegno al loro servizio. Raccolti i primi reietti con lo scopo di allontanarli dal degrado sociale in cui vivevano, li condusse sulla spianata dell'Acquasola e, parlando in dialetto genovese per farsi meglio comprendere, offrì loro l'opportunità di redimersi iscrivendosi alla scuola marinara che da tempo aveva in mente di costruire.

Il filantropo realizzò il suo progetto dopo essere entrato in possesso di una vecchia nave militare che aveva notato tra le tante messe in disarmo dalla Marina Militare italiana. Nacque così il 1º dicembre 1883 la prima Scuola-officina per discoli, basata sui principi della vita di mare, della moralità e della religiosità cristiana. "Prevenire e redimere" fu il motto che guidò ogni giorno l’impegno di Nicolò Garaventa  nella ricerca di giovani sbandati inferiori ai 16 anni, pregiudicati o in procinto di divenirlo.

F.3 I Garaventini vivevano come veri marinai. Dall'alza bandiera, eseguita ogni giorno con musica e picchetto, all’ammaina: giornate di lavoro e di studio sotto una disciplina ferrea. Musica, pittura, pesca e voga erano le attività del tempo libero.

Nel 1892, in occasione dell'Esposizione Colombiana, i giovani marinai trasbordarono su una nave a vela più grande. In quegli anni,  i giovani restituiti alla vita sociale furono centosettantotto e in pochi anni salirono a un migliaio. Alla morte di Nicolò Garaventa, la direzione della scuola passò ai figli Domingo e Giovanni, già collaudati collaboratori, che portarono avanti la tradizione fino al 9 febbraio del 1941 quando, in seguito al bombardamento navale di Genova, la nave affondò e gli allievi vennero ospitati presso i collegi della città. Nel dopoguerra, grazie all'opera di un apposito Comitato per la Ricostruzione, la Marina Militare concesse l'ex posamine Crotone. Nel 1951 l'opera di addestramento dei giovani poté riprendere sotto il comando di Carlo Peirano, che dal 1939 ricopriva la carica di vice-comandante. Dopo essere stata dichiarata “Ente Morale” nel 1959, l'Istituzione proseguì l’attività con la sua ultima  nave fino al 1975 per essere poi definitivamente chiusa, dopo un breve commissariamento. Una parte del personale impiegato nel recupero dei minori a rischio passò all'Istituto Davide Chiossone e alle nascenti comunità-alloggio e case-famiglia gestite da gruppi di volontariato.

Il modello “nave scuola” ebbe diversi epigoni sia sul territorio nazionale (Anzio, Napoli, Cagliari e Venezia), sia all'estero (Cile, Brasile, Inghilterra, Olanda, Ucraina). Questa è stata, dal 1883 al 1977, la nave-scuola Garaventa: rifugio e luogo di riabilitazione per giovanissimi liberati dal carcere, per figli di detenuti, prostitute e per orfani di pace e di guerra.


F.5 Porto di Genova nel 1969. La nave scuola “Garaventa” ormeggiata a Calata Gadda. E' nel cuore del porto, che monelli traviati o abbandonati tra i 10 ed i 17 anni, a bordo dell'ex posamine "Crotone" (nella foto), trovavano la loro casa, nella quale i loro spiriti ribelli venivano spenti e forgiati in vista della lunga navigazione della vita.

Ritornando al discorso iniziale, non siamo affatto sicuri che  i ragazzi violenti, messi in discussione dai recenti disordini, siano più numerosi e pericolosi di altri soggetti più famosi che praticano giornalmente violenze meno visibili ma altrettanto  invasive. Comunque sia, nell’attesa di un improbabile ritorno della Garaventa, auguriamo a questa teppaglia sicuramente recuperabile, un lungo imbarco sulle tante petroliere che circolano per i sette mari, dove le “teste gloriose” sono raddrizzate automaticamente dai colpi di mare, dalla solitudine, dalla salsedine, dalla lontananza degli affetti, dalla mancanza di discoteche, di droghe  e beni  pubblici e privati da rubare e distruggere...

Alla storia della Garaventa è dedicata una sezione del museo multimediale allestito all'interno della Lanterna di Genova.

Carlo GATTI

Rapallo, 20.06.11


RELAZIONE Attività Mare Nostrum 2009

RELAZIONE DEL PRESIDENTE

A N N O - 2 0 0 9

28° Edizione di MARE NOSTRUM

PREMESSA

Nell’anno che è appena terminato, l’Associazione si è mossa su due linee guida ben distinte:

la tradizione e la novità

Ciò significa che il Direttivo, pur muovendosi nel solco della tradizione, ha deciso d’intraprendere la strada di un necessario rinnovamento. Da questi due segmenti, portati avanti con eguale determinazione, è scaturito un anno molto impegnativo in cui si è decisa la Costituzione in Associazione di Mare Nostrum con Atto Notarile che alleghiamo.

 

ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE

2.5-2009

Presso l’Oratorio dei Neri, si è svolto l’atteso appuntamento tutto rapallino:

“Il Naufragio della M/n LOCARNO sul lungomare”.

Grande affluenza di pubblico dinanzi ai relatori:

Emilio Carta e Carlo Gatti hanno rievocato storicamente e tecnicamente l’avvenimento invitando numerosi testimoni ad interloquire. Graditissimo è stato il filmato originale di Mauro Mancini e le numerose fotografie proiettate dal socio Ernani Andreatta.

14.5-17.5 / 2009

Si è concluso a Lavagna, presso il Porto Turistico, la Mostra-Expo TIGULLIO MARE. I reperti del Museo Marinaro del socio Nanni Andreatta hanno goduto di un ampio spazio in cui la nostra Associazione Mare Nostrum è apparsa per la prima volta in veste ufficiale. Tra i numerosi stands presenti, il "nostro" ha interpretato il concetto moderno di “mostra storica attiva”, proiettando interessanti filmati del socio E. Andreatta che hanno attirato numerosi visitatori, così come le pregevolissime stampe di navi e velieri, in versione telata di grande fascino e costo contenuto.

Compatibilmente con gli altri impegni di Mare Nostrum, G.Boaretto E.Carta/C.Gatti, G.Martini hanno dato la propria disponibilità inserendosi nel turno di guardia. Giancarlo Boaretto, il prezioso collaboratore del Museo Tommasino-Andreatta, ha partecipato con i suoi pregiati reperti da sub alla Mostra di Mare Nostrum divenendo pertanto nostro socio.

Altre adesioni: assessore alla cultura Gianni Arena - com.te Guido Martini e sua moglie Elvira Sbarbo - Avv. Elvira Indolfi.

16.5-2009

E.Carta/C.Gatti hanno partecipato per Mare Nostrum al convegno su “Navi di Linea-Polene-Sommergibili” che si è tenuto presso la Biblioteca Internazionale con sede a Villa Tigullio. Il numeroso pubblico ha calorosamente applaudito i relatori e la originale proiezione del filmato sull'U-455 di Portofino.

17.5-2009

Presso il Teatro delle Clarisse, Emilio Carta è stato al centro di "Prove Teatrali" per la versione in prosa del suo ormai celebre romanzo “I segreti di Cala dell'Oro che, trasformato in commedia teatrale dalla critica Etta Cascini, debutterà il 21 aprile 2010 con la Compagnia del Teatro Stabile RGG di Genova..

1.6-2009 Mare Forza/7

Si è svolta presso l'Oratorio dei Neri la 1° conferenza del programma con il patrocinio della rivista il MARE (dir.E.Carta) e di Mare Nostrum. E’ stato il turno di Mauro Mancini (poeta dialettale e cultore delle tradizioni di Rapallo), con racconti, proiezioni di foto, immagini, cartoline e testimonianze riprese da vecchi numeri della rivista IL MARE che ha superato brillantemente i cento anni d'età. E. Carta/C.Gatti hanno curato la presentazione. Buona partecipazione dei rapallini e dei nostri soci.

7. 6 - 2009

Il presidente C.Gatti è stato ospite per Mare Nostrum della n/pass. Costa Concordia a Savona. Le foto della nave sono disposizione per l’album della nostra Associazione.

12.6 -2009

In Comune, presente il Sindaco, il socio Gianni Arena (Assessore alla Cultura) e l'Assessore all’Istruzione, si è tenuta la premiazione del torneo di calcio abbinato a quattro libri di scrittori locali, intitolato "IL LIBRO E' ROTONDO". Quattro sono state le classi finaliste di due scuole di Rapallo. La manifestazione ha riscosso, curiosità, interesse, buona partecipazione dei ragazzi e desiderio generale di ripeterla sul modello sperimentato in tutta Italia.

Le Autorità si sono dimostrate, infatti, favorevoli all'iniziativa che sicuramente verrà riproposta anche in futuro. Un grazie particolare al sig. Silvano (Libreria Agorà) per l'impegno profuso. Ha vinto la squadra abbinata a "QUELLI DEL VORTICE" del presidente, che è felicissimo d'aver battuto il suo maestro Emilio Carta con "BANDIERA GIALLA- COLERA A BORDO" ed in successione l'esimio Prof. Federico Pastore con "LA RAGIONE E L'OCCULTO". Quarto in classifica, il libro di Sansò di cui non ricordo il titolo e me ne scuso, forse se aveva la tessera di socio me lo sarei ricordato...

Quindi, in breve, ha vinto MARE NOSTRUM con ben due soci al primo e secondo posto.

18.7-2009 Mare Forza/7

Con l'eccellente supporto informatico di E. Andreatta, E.Carta/C.Gatti hanno presentato l'ospite della serata: la signora Lilla Mariotti di Camogli. Lilla è una ricercatrice di "cose" di mare e per l’occasione ci ha intrattenuto con l'interessante storia dei Fari e Fanali partendo dall'antichità per arrivare fino ai giorni nostri. Il pubblico dell'Oratorio dei Neri, nello splendido giardino pensile, ha risposto, come sempre alla grande, dimostrando quanto la nostra iniziativa -"Mare forza 7 " - abbia ormai il suoi fedeli e affezionati supporters. Nell'occasione, due nuovi prestigiosi soci si sono aggiunti alla nostra Associazione: l'ing.navale (Fincantieri) Marco Prandoni e il cap. Umberto Ricci (noto storico locale e politico rapallese). Diamo a loro il nostro caloroso benvenuto.

Come già sapete, Mare Nostrum è legato profondamente alla Società Capitani e macchinisti navali di Camogli, della quale molti di noi fanno parte da molti anni (vedi sito internet). Dal loro direttivo ci è pervenuto l'invito a partecipare ad una preliminare esposizione dei libri scritti e pubblicati da Soci e associati capitani, ma anche da non soci che hanno testimoniato, tuttavia, l'amore per il nostro mondo marinaro con pubblicazioni sull'argomento.

1.8.2009 Mare Forza/7

Presso l'Oratorio dei Neri, è stato il turno del comandante N.Andreatta che ci ha raccontato la "splendida" quanto sconosciuta storia della LONGITUDINE (cronometro di Harrison). La conferenza è stata presentata da E.Carta/C.Gatti. Sono stati proiettati interessanti filmati storici concernenti il tema. L’avvenimento è stato patrocinato dal mensile il MARE e da Mare Nostrum. La serata ha proseguito con la storia sull'Armamento e Cantieristica di Recco nell'800. Le due affascinanti pagine di storia, hanno riscosso un successo veramente particolare, perchè ben pochi erano a conoscenza del fatto che Recco non è soltanto pallanuoto e focaccia, ma depositaria di tante tradizioni marinare ottocentesche. Il socio Andreatta ha anche raccontato (su richiesta del presidente) l'attività di costruttori navali svolta dal Cantiere Scogli di Chiavari che portò il prestigioso cognome di sua madre “Gottuzzo” (proveniente appunto da Recco). Abbiamo così saputo che ben 125 velieri oceanici sono stati costruiti dalla sua famiglia. E' stata così raccontata l'origine dei numerosi reperti che oggi fanno parte del Museo Andreatta di Caperana-Chiavari.

9.8. 2009

Organizzata da Rapallo Expo-2009, si è tenuta in piazza del Pozzo a Rapallo, una “variegata” conferenza. Per Mare Nostrum hanno preso la parola tre soci: Emilio Carta, con il racconto del relitto Mowack Deer. Carlo Gatti, con l’attività di Mare Nostrum. Umberto Ricci, con le tristi pagine della peste quando colpì Rapallo.

15.8. 2009 Mare Forza/7

Presso l’Oratorio dei Neri, il socio cap. Umberto Ricci ha tenuto l'interessante conferenza sul Circolo Nautico e Lega Navale di Rapallo, sulla base di un recente libro storico-documentale redatto in collaborazione col socio E/Carta. La Storia della città e quella dei due Clubs nautici si sono intrecciati sin dall'inizio del '900 coinvolgendo anche la politica cittadina. Il socio relatore ha ricordato i personaggi che hanno dato lustro allo sport della vela nel Tigullio. Si sono alternati interventi e dibattiti molto piacevoli, vivaci ed anche polemici sulla nascita e funzionalità del porto privato e sulla situazione turistica della città in generale (tema di grande attualità). Il pubblico è intervenuto numeroso, come il solito, ed ha dimostrato con numerosi applausi di gradire il nostro ciclo "Mare forza 7". Come sapete, le conferenze si sono tenute presso l'Oratorio dei Neri, la cui Confraternita ha supportato il ciclo insieme alla rivista mensile IL MARE e con la nostra Associazione Mare Nostrum, animata come sempre da E.Carta/C.Gatti.

Ringrazio i soci che ci seguono sempre con impegno ed entusiasmo, mentre un ringraziamento particolare va ad E. Andreatta indispensabile ed instancabile autore di DVD, montati ad hoc con scelta di testi e musica eccezionali. Il socio usa modernissimi apparati elettronici personali, garantendo spettacoli di sicura affidabilità, attualità e modernità.

Agosto 2009

Mare Nostrum è stata invitata all’evento “IL MARE CI UNISCE”. Il Comune di Camogli ha messo a disposizione dell'evento il Castel Dragone ed un gazebo per i libri in mostra. Aggiungo che l'idea della Società cap./macch. di Camogli mira al lancio di un "concorso nazionale letterario-marinaro " che è previsto per il 2011. I soci Carlo Gatti e Emilio Carta si sono dati disponibili.

Sabato 29.8-2009 Mare Forza/7

C.Gatti/E.Carta sono stati i conferenzieri che hanno chiuso il ciclo Mare Forza/7. Si è parlato del libro del Nuoto Masters, scritto dal presidente per rievocare anche l’ambiente delle Nagge, vecchio covo di nuotatori. E’ stato proiettato il bellissimo DVD creato dal socio N. Andreatta con testi di Emilio Carta e musica del ...socio ad honorem Ennio Morricone, sul tema caro ai rapallini - Il rione LE NAGGE - Durante l’amarcord sono stati ricordati i protagonisti di Rapallo: artisti, scrittori, poeti, nobili, ma soprattutto marinai e pescatori che hanno fatto la storia di questa spiaggia, le cui origini si perdono nel tempo, ma che affiorano qua e là negli scritti dei vecchi storici locali.

Il prof. Pietro Berri ci ha raccontato nel suo libro "Rapallo nei Secoli", che Pio VII, spedito in esilio per la seconda volta da Napoleone nel 1815, sbarcò alle Nagge, abbia sostato una notte presso l'ospedale S.Cristoforo (attuale albergo Europa) e sia ripartito, il giorno seguente, sempre dalle Nagge, tra il tripudio della gente. Pare che la prima parte della parola Ave-naggi risalga a quell'avvenimento, anche se le versioni alternative si sprecano.

Sono state molto apprezzate le testimonianze degli attuali personaggi delle Nagge: prof. Giorgio Odaglia, Rigoberto Vicentini e Alberto Ottonello che, insieme agli interventi dei soci, hanno animato la serata all'Oratorio dei Neri.

Colgo l'occasione per dare il benvenuto ad un nuovo socio: prof. Gian Paolo Buzzi.

Nel frattempo:

Continua la preparazione di Mare Nostrum in vista della Mostra al Castello e degli “eventi” connessi, che si terranno dal 3 novembre (inaugurazione) al 15 novembre (chiusura). Nel periodo indicato, oltre alla presentazione dell'annuale pubblicazione, avremo come 1° ospite lo scrittore e storico di fama internazionale Giorgio Giorgerini che ci intratterrà sul tema d'attualità "La nuova Pirateria intorno al globo: il caso Oceano Indiano" – Il 2° ospite sarà lo storico navale, scrittore ed editore Erminio Bagnasco che terrà una conferenza sulla “documentazione fotografica navale nella Seconda guerra mondiale”. Il 3° ospite della rassegna sarà Il cap. di fregata Marco Mascellani che ci parlerà invece dei "sommergibili ieri ed oggi".

Chi desiderasse acquistare, al prezzo-soci, i DVD relativi alla nostra attività sui temi che ogni volta vi abbiamo segnalato, può richiederli direttamente al suo unico autore Ernani Andreatta, (vedi mail-list) oppure al sottoscritto e sarà nostra cura produrli e distribuirli durante la Mostra.

sabato 17.9.2009

Si è svolto a Recco, presso la Sala multimediale “Franco Lavoratori” l'atteso Convegno sul tema HAVEN:

"La Tragedia e quanto rimane nei nostri ricordi".

L'Associazione Ardiciocca (Presidente ing.Ogno) ha organizzato l'incontro con il patrocinio dei Comuni di Recco/Camogli e con la collaborazione del Museo Marinaro di Camogli- La Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli- Mare Nostrum - Il Mare (periodico di Rapallo).  Relatori: C.Gatti (storico e testimone), E.Carta (giornalista), A.Traverso (testimone), E.Andreatta (autore di un DVD sul relitto), Prof. G.Rellini (biologo). Il com.te B.Sacella (dir. Museo Marinaro di Camogli) ha presentato la manifestazione. Una bella cornice di pubblico ha assistito alla proiezione del film-documentario, davvero eccellente, (autore il nostro socio Com.te Andreatta) che ha spaziato dalla nascita del “gigantismo navale” petrolifero fino allo specifico tema della Haven con le tragiche foto relative alle 72 ore di agonia nel mare davanti ad Arenzano. I testimoni Gatti-Traverso hanno rievocato i momenti drammatici dalla prima esplosione fino all'affondamento della petroliera. Pilota in servizio e il Comandante di un rimorchiatore chiamato per un lavoro davvero speciale, hanno dato vita a momenti anche commoventi. E.Carta ha posto domande importanti e soprattutto mirate sull'attualità del mondo petrolifero. Il prof. Rellini ci ha tranquillizzato sulla situazione ecologica della zona interessata al relitto dandoci, con una interessante proiezione di slides una panoramica interessante e aggiornata sulla tematica. Il pubblico ha apprezzato particolarmente l'ascolto dell'intervista rilasciata alla RAI di Genova dall'eroico pilota portuale Giancarlo Cerruti che salvò con la sua pilotina ben 18 naufraghi della Haven che si erano tuffati in mare tra le fiamme. Il dialogo è stato improvvisato da E.Carta (RAI) e C.Gatti (G.Cerruti).

18-19-20. sett./2009

Si è conclusa a Camogli la rassegna cultural-marinara IL MARE CI UNISCE che si è svolta da venerdì a domenica. Con Mare Nostrum abbiamo partecipato attivamente nell'ambito "Prima Rassegna Di Testi Marinari" voluta ed organizzata dalla Soc. Capitani e Macchinisti di Camogli, di cui facciamo parte insieme con alcuni soci di Mare Nostrum. Il tempo variabile ha interrotto e disturbato qualche volta la successione degli eventi che ha avuto in ogni caso una buona affluenza di pubblico. Oltre alla presentazione di 60 testi di mare, la manifestazione è stata arricchita dalla magnifica presenza della Tall Ship "Pandora", da una decina di piccoli Leudi di Stintino (Sardegna) ed altri provenienti da località della tradizione. Importante è stata la presenza di intagliatori al lavoro, scultori (Franco Casoni), scuole di marineria, mostre di quadri interessanti ed altri gazebo d'arte marinara, parata di militari in costume, ed infine il celebre DRAGUN. Sul sito della Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli si trova il rapporto completo degli avvenimenti. Una critica opportuna: sono state assemblate troppe "Chicche" nell' area ristretta della calata portuale. Purtroppo abbiamo anche riscontrato l'assenza di un coordinatore degli eventi. Pertanto, i rappresentanti hanno improvvisato le loro esibizioni rubandosi il pubblico che non aveva istruzioni su come procedere. L'idea è stata ottima, ma l'organizzazione dovrà migliorare parecchio e qualcuno dovrà prendersene carico. Negli stessi giorni analoga manifestazione dedicata al libro e al mare, curata dalla casa editrice Mursia, si è tenuta a Lerici, alla presenza di scrittori e velisti di caratura internazionale. All’incontro hanno partecipato tra l’altro i giornalisti-scrittori Fabio Pozzo originario di Recco (La Stampa) autore del volume “Assolvete l’Andrea Doria!” e per Mare Nostrum il socio Emilio Carta con “Il segreto di Cala dell’Oro” e “Bandiera gialla colera a bordo”. Carlo Gatti con “Quelli del Torregrande”, “Quelli del Vortice”, “Genova, Storie di Navi e Naufragi”.


Con l'intento di offrire la massima visibilità alla Mostra - Eventi collaterali di MARE NOSTRUM, abbiamo raggiunto alcuni accordi pubblicitari con le testate del Secolo XIX e Corriere Mercantile.

Venerdì 30 ott. 09: Pagina Intera su Secolo XIX + Stampa-Mercantile

Venerdì 6 nov. 09: Mezza pagina su Secolo XIX + Pagina intera su

Stampa-Mercantile

Venerdì 13 nov. 09: Pagina Intera su Stampa-Mercantile

Sabato 31 ottobre 2009

Si è svolta presso la Sala Consiliare del Comune, con una buona partecipazione di pubblico, alla presenza delle massime Autorità cittadine e di studiosi, la Presentazione della 28° Mostra di Mare Nostrum e della annuale Pubblicazione – 2009, nonché degli eventi collaterali in calendario. La scrittrice camoglina Lilla Mariotti ha presentato, a seguire, il suo interessante libro "CACCIATRICI DI BALENE". Una ricerca, al femminile, di un argomento poco conosciuto e forse inedito, quindi molto apprezzato.

Sabato 7 novembre 2009

Presso la sala conferenze del Gran Caffé-Rapallo, Il socio prof. G. P.Buzzi ha presentato l’ospite, lo storico Giorgio Giorgerini che in seguito ha affrontato l'argomento di grande attualità: “La Pirateria sui Mari” dinanzi ad una sala gremita di pubblico. Sono intervenuti: C.Gatti/E.Carta/M.Brescia

Sulla rivista il MARE abbiamo dato ampio spazio al tema in programma e, per l'occasione, abbiamo riscontrato un forte interesse da parte di tutti. Giorgio Giorgerini è sicuramente il massimo esponente tra gli studiosi che hanno dedicato una vita alla minuziosa ricostruzione della Storia della nostra Marina. Ricordiamo che l’illustre ospite ha svolto un importante ruolo di Consigliere e Consulente dello Stato Maggiore della Difesa.

Sabato 14 novembre 2009

Presso la sala conferenze del "Gran Caffè Rapallo", il vicepresidente Maurizio Brescia ha presentato il com.te Erminio Bagnasco, direttore di "STORIA militare". Il gradito ospite ha tenuto la conferenza sul tema "La documentazione fotografica della guerra aeronavale italiana 1940-1945", con proiezione d’immagini d'epoca. La partecipazione alla conferenza, inserita nell'ambito delle manifestazioni collaterali alla mostra "Mare Nostrum 2009", è stata seguita da un folto pubblico. Nei giorni successivi, il comandante Erminio Bagnasco ci ha inviato il CD contenente le foto proiettate in sala. Qui di seguito riportiamo la graditissima lettera ricevuta dal nostro ospite.

Caro comandante C.Gatti,

Rientrato a Milano, voglio ringraziarti, anche a nome di mia moglie,  per le infinite gentilezze e l'ospitalità ricevute a Rapallo in occasione dell'incontro promosso da "Mare nostrum".

Mi auguro che analoghi, piacevoli incontri possano ripetersi anche in futuro per i quali ti do fin d'ora la mia piena disponibilità.

Ancora complimenti per la vostra ottima organizzazione.

Un cordiale saluto.

Erminio Bagnasco

15.nov.2009

L'ultimo "relatore" del ciclo Eventi di Mare Nostrum 2009 doveva essere il capitano di fregata Mascellani il quale, purtroppo, alla vigilia della conferenza è stato aggredito dall’influenza "suina". Abbiamo pertanto ripiegato su un tema d'incontro molto caro ai liguri per la sua tragicità: La tragedia della Haven, che di recente avevamo tenuto a battesimo a Recco, su invito della Sociazione “Ardiciocca”. E' stato un successo per i seguenti motivi: il DVD creato appositamente dal socio com.te Nanni Andreatta, con il materiale del presidente (testimonial della tragedia), ha avuto un buon successo presso il folto pubblico. Il racconto di C.Gatti e gli interventi del com.te Andreatta, esperto di petroliere, hanno interessato la platea che in seguito ha rivolto intelligenti domande. Il socio Umberto Ricci, storico ed ex navigante, ha arricchito l'incontro con il suo intervento sempre brillante e molto simpatico. E' seguito un ricco quanto gradito "buffet" offerto da Mare Nostrum presso l'Hotel Europa dove si è felicemente concluso l'annuale appuntamento. Un grazie particolare al socio-segretario dott. D'este, che si è prestato, tra un impegno e l'altro, a presenziare e a testimoniare con la fotocamera ogni avvenimento. Anche il socio Claudio Molfino, espositore molto apprezzato, si è inserito nel turno al Castello, nonostante il suo impegno professionale. Altri soci, appena iscritti, si sono dati disponibili a collaborare con il Direttivo e credo che l'incremento costante degli impegni della nostra Associazione, non potrà fare a meno del loro supporto nelle prossime edizioni, per le quali ci daremo un assetto organizzativo ad ampio respiro.

15 Novembre 2009 - CHIUSURA MOSTRA

Si è chiusa la Mostra di Mare Nostrum 2009 con un flusso continuo di visitatori. Alla rituale cerimonia è intervenuto il socio-assessore alla cultura Gianni Arena, che ringraziamo particolarmente, perchè nell'occasione si è assentato dal Consiglio Comunale in corso e ci ha raggiunti al Castello per la consegna del ricordo (stampa del pittore di marina M.Locci) ai partecipanti alla Mostra. Mare Nostrum, al termine della cerimonia, ha invitato i partecipanti della 28a edizione al "speciale buffet" presso l'Hotel Europa. Questa è stata la prima volta in cui la "gente" di Mare Nostrum si è sentita unita, servita e riverita nel prestigioso Hotel e ce ne ha reso una gratificante testimonianza.

Devo dire, con grande soddisfazione, che quest'anno abbiamo avuto un incremento quantitativo e qualitativo di espositori, sia al piano superiore sia in quello inferiore presso i modellisti. Sarà raccolto il materiale fotografico, e conservato nell’album di Mare Nostrum. Pasquale "Cicci" Panella, comandante sup. d.l.c. da ieri è nostro socio. Cicci è noto per il suo modello "Cutty Sark" (campione del mondo), ma anche per essere prof. di astronomia, nonché autore di tre autorevoli libri nautici (purtroppo non pubblicati) dei quali mi onoro di possedere le prime fotocopie.

E’ sempre aperto l’invito ai soci-modellisti ad inviarci le foto dei loro modelli per farli conoscere anche ai soci lontani, al fine d’instaurare un dialogo storico-tecnico tra gli interessati. Ricordiamo ai nuovi soci che Mare Nostrum è nata da una costola dell'Associazione Modellisti Rapallesi di Nonno Franco.

A questo proposito ricordiamo che, per la prima volta, sono apparsi all'orizzonte due giovani modellisti sotto i 14 anni, che sono stati molto apprezzati. Con loro si proietta un cono di luce nuova e di speranza su una forma d'arte che purtroppo lancia segnali disperati d'allarme.... Silvano Porcile (Presidente), Mauro Rocca e Benito Sacco sono i tre alfieri-modellisti, nostri soci, sui quali ci appoggiamo ogni giorno sulla funzionalità della Mostra e per la risoluzione di tanti problemini. A loro dedichiamo un caloroso abbraccio colmo di gratitudine. Concludo con una nota di colore... Si ringrazia anche la gentile Jackline del Ghana, nuova guardiana del Castello, che sovente e spontaneamente si è offerta nella pulizia, nel trasporto e smontaggio del materiale espositivo.


20 dicembre 2009

Il direttore Emilio Carta, c'informa che il 1° numero di RAPALLO NOTIZIE è in edicola fino ad esaurimento e che prosegue la distribuzione "gratis" di ben 15.000 copie nei locali pubblici e anche nelle case di Rapallo. Rendiamo noto che il nuovo mensile, editore Massimo Busco, ha mantenuto integralmente la redazione e i collaboratori del IL MARE.

Mare Nostrum augura "Vento in poppa e Buona Navigazione" al socio Direttore E. Carta e al presidente C.Gatti suo collaboratore in questa sua nuova avventura.

21 febbraio 2009

A cura dell’associazione culturale “La corallina” di Santa Margherita L., il giornalista Emilio Carta e il sub genovese Lorenzo del Veneziano sono stati protagonisti di un’avvincente conferenza su “Navi e relitti in Liguria - Le più recenti e misteriose scoperte” che si è svolta presso la sala convegni dell’Hotel Europa di Rapallo.

L’incontro è stato preceduto da un inedito filmato girato sui fondali della Liguria contenente le immagini dei principali relitti ritrovati tra le due riviere.

Come a noi è ben noto, Emilio Carta è l’autore autore della triplice opera “Navi e relitti da Montecarlo a La Spezia”, una importantissima ricerca che ha consentito, per la prima volta, la mappatura dei relitti di navi mercantili e da guerra, onerarie romane, sommergibili e aerei affondati nel mar ligure nel corso dei secoli.

Lorenzo Del Veneziano è un noto subacqueo cui si deve la scoperta di decine di relitti tra cui il recente ritrovamento dell’U Boot tedesco U 455 tra Portofino e Bogliasco e la rivisitazione del cosiddetto “relitto delle lanterne”.

13 novembre 2009

Vi allego la locandina di un' ulteriore interessante appuntamento cultural-marinaro curato della Società Capitani e Macchinsti Navali di Camogli.

Segue la lettera indirizzata al Comune avente per oggetto il

Calendario delle manifestazioni programmate dalla nostra Associazione

per l’anno 2010

Rapallo, 28 febbraio 2010

Spett.le

Comune di Rapallo

Piazza delle Nazioni, 4

16035 Rapallo (GE)

Alla cortese attenzione del

Signor Sindaco, Avv. Mentore Campodonico

e p.c.

Alla c.a.

Assessore alla Cultura, Rag. Gianni Arena

Oggetto: Progetto manifestazione MARE NOSTRUM 2010 – 29^ edizione

Preg.mo Signor Sindaco, preg.mo Assessore,

Mare nostrum”, la manifestazione promossa dal Comune di Rapallo e dedicata al modellismo navale, alla storia, alla cultura ed alla documentazione marinara raggiunge quest’anno il prestigioso traguardo della ventinovesima edizione.

La “Associazione culturale Mare Nostrum Rapallo” è disponibile ad organizzare e a curare tutti gli eventi previsti in occasione della Mostra - ospitata sui due piani della cinquecentesca fortezza sul mare - compresa la predisposizione del relativo fascicolo storico e del depliant illustrativo afferente la manifestazione.

Di seguito si espongono brevemente gli aspetti salienti della manifestazione.

Curatori e collaborazioni

“Mare Nostrum Rapallo” si avvarrà della collaborazione dell’Associazione Modellisti di Rapallo, guidata dal presidente Silvano Porcile, della competenza e della preziosa opera di volontariato dei propri soci, in particolare del giornalista-scrittore Emilio Carta, del sottoscritto presidente dell’Associazione comandante-scrittore Carlo Gatti, dello studioso e ricercatore della Marina Militare dottor Maurizio Brescia, del direttore del Museo marinaro Tommasino-Andreatta con sede presso la scuola Telecomunicazioni di Chiavari, comandante Ernani Andreatta, dell’appassionato d’arte Claudio Molfino. Si avvarrà inoltre della disponibilità del locale gruppo dell’Associazione Marinai d’Italia, che esporrà documenti e materiale storico-didattico della Marina Militare. La vocazione della nostra Associazione per la storia dei relitti e della subacquea, si avvarrà per la prima volta di uno stand con materiale espositivo d’epoca della Società MARES di Rapallo.

Sono stati inoltre avviati incontri propedeutici per dedicare la sala superiore alla Costa armatori, alla sua storia ed ai rapporti che la stessa famiglia Costa ha sempre avuto con Rapallo.

Come da indicazioni pervenute da codesto spettabile Comune, promotore dell’iniziativa, l’evento si terrà nelle sale dell’Antico Castello da sabato 30 ottobre (inaugurazione) al 14 novembre 2010 (chiusura). Per quanto precede, il Castello dovrà essere necessariamente messo a disposizione degli espositori il giorno precedente l’apertura ed il giorno seguente la chiusura per ovvie esigenze di allestimento/smantellamento della mostra.

Inoltre, sono previsti alcuni avvenimenti collaterali alla mostra quali: una conferenza stampa, la presentazione di libri a carattere marinaro, conferenze di esperti storici di assoluto valore, proiezione di documentari e filmati, tutti eventi che saranno tenuti nella Sala Consiliare comunale, o in altre sale di uguale prestigio, la cui concessione ed il cui utilizzo (gratuito) dovranno essere al più presto concordati con gli uffici comunali per le date di seguito indicate.

Calendario della manifestazione

Giovedì 28 – Venerdì 29 ottobre: Allestimento Mostra al Castello

Sabato 30 ottobre ore 10.30: Sala consiliare

Conferenza stampa per l’Apertura della 29° Edizione della Mostra di Mare Nostrum e presentazione della Pubblicazione di carattere storico curata da Maurizio Brescia, Emilio Carta e Carlo Gatti, alla presenza degli stessi autori.

Domenica 31 ottobre - ore 11,00: Lo specialista in modellistica statica e dinamica Angelo Parodi del Gruppo Modellisti di Rapallo, eseguirà la simulazione di una battaglia navale con “modelli dinamici-telecomandati” nella piscina scoperta dello stabilimento balneare ARISTON.

Lunedì 1° novembre (Tutti i Santi) – ore 11: conferenza al centro incontri del Gran Caffè Rapallo (sede sociale dell’Ass. Mare Nostrum) tenuta dal Comandante scrittore Mario Palombo, commodoro della Società Costa Crociere che avrà per argomenti la vita di mare, di come si navigava una volta e di come si naviga oggi, sulla manovra con moderni strumenti di navigazione, sulla salvaguardia ambientale  e sicurezza oltre vari aneddoti divertenti. Saranno invitati alla conferenza personaggi del mondo dello shipping.

Domenica 7 novembre – ore 11: conferenza al centro incontri del Gran Caffè Rapallo del com.te Erminio Bagnasco sul tema “I mezzi d’assalto della 2° Guerra Mondiale”. Parteciperanno alla conferenza “testimonial” e importanti personaggi della marina tra cui il cap. Italo Ferraro, figlio della M.O. Luigi Ferraro.

Sabato 13 novembre (oppure) Domenica 14 novembre – ore 11: Presentazione libro Nanni “EPISODI DI MARE”. Verranno proiettati filmati inediti della 2° Guerra Mondiale con riferimento agli “Eroi del Tigullio”.

Domenica 14 novembre - ore 18: chiusura Mostra e saluto ai partecipanti

Lunedì 16 novembre – smantellamento della mostra

Orario apertura al pubblico:

Giorni feriali: ................................15-18

Giorni festivi e sabato: ................10-12; 15-18.30

Lunedì ...........................................giorno di chiusura

Le sale espositive

Antico Castello – sala al primo piano

Ivi saranno ospitati lo stand del locale gruppo della Marina Militare e la grande mostra espositiva sulla storia del mare e della navigazione attraverso il modellismo navale curata dall’Associazione modellisti “Nonno Franco” di Rapallo.

Antico Castello - sala al piano superiore

Ivi sarà esposto materiale storico iconografico della Società Costa Crociere, utilizzando le collezioni private del com.te Carlo Gatti, del curatore del Museo delle Telecomunicazioni com.te Ernani Andreatta, di Emilio Carta e dello studioso Maurizio Brescia.

Antico Castello - due salette al piano superiore

Ivi saranno ospitati:

- la mostra Gli armatori Costa e Rapallo” con la riproduzione di materiale interessante a cura di Claudio Molfino.

- il materiale espositivo-didattico-museale messo a disposizione dal Curatore del Museo navale Tommasino-Andreatta, comandante Ernani Andreatta;

- Sala proiezioni per il pubblico con filmati di carattere storico e documentale navale;

Gestione della fase promozionale e operativa dell’evento

L’Associazione “Mare Nostrum Rapallo”, attraverso la propria struttura e personale esterno qualificato, è disponibile ad organizzare e gestire i seguenti “punti operativi” della manifestazione:

A. Realizzazione e stampa di n. 1.000 copie del fascicolo storico-illustrativo della Mostra, composto di 64 pagine e dal titolo (ancora provvisorio) “Gli Armatori Costa - La Famiglia, l’Armamento e le Navi” riportante testi scritti da Maurizio Brescia, Emilio Carta e Carlo Gatti, debitamente corredato da foto con relative didascalie.

B. Stampa di n. 5.000 depliants a quattro colori riportanti il programma dell’intera manifestazione unitamente a debite note illustrative dei contenuti delle varie sale espositive;

C. Realizzazione di uno stendardo promozionale e di un pannello mobile espositivo, posizionati a cura dell’Associazione all’’ingresso del castello;

D. Stampa di n. 100 locandine tipografiche contenenti il programma dell’evento;

E. Stampa di n. 100 locandine a 4 colori promozionale di Mare Nostrum;

F. Stampa di n. 100 stampe a colori della foto-icona da omaggiare agli espositori e alle varie personalità invitate;

G. Stampa n. 100 locandine promozionali della “Battaglia navale”;

H. Organizzazione della conferenza stampa illustrativa e stampa degli inviti relativi alla:

1) presentazione della mostra e della pubblicazione del fascicolo “Gli Armatori Costa-La Famiglia, l’Armamento e le Navi” alla presenza degli autori Maurizio Brescia, Emilio Carta, Carlo Gatti; (sabato 30 ottobre 2010 ore 11.00, Sala Consiliare)

2) presentazione del programma delle varie giornate dedicate a conferenze e proiezioni di filmati e documenti storici nonché i nominativi degli studiosi partecipanti di rilevanza nazionale (Sala Consiliare sabato 31 ottobre ore 10,30);

I. noleggio di televisore con videoregistratore DVD e filmati di carattere marinaro e navale, da proiettare in libera visione al pubblico al castello;

J. Spese di affissione delle locandine;

K. Presenza di idoneo personale per: distribuzione di locandine e depliants nei locali e nei principali punti di aggregazione, l’accoglienza dei visitatori nelle sale non custodite dal personale comunale e in appoggio, messa in opera di striscione e stendardo espositivi;

L. Ospitalità ai conferenzieri (rimborso spese, albergo e cena)

M. Eventuale affitto di sale conferenze in strutture private in caso di impossibile utilizzo della sala consiliare comunale;

N. Assicurazione dei modellini navali esposti attraverso idonea primaria società assicurativa;

O. Cocktail in occasione degli incontri e conferenze previste per Mare Nostrum;

Al fine di rendere possibile la manifestazione, a codesto spettabile Comune

si chiede

1. che la spedizione degli inviti venga effettuata per il tramite dei Vostri Uffici preposti;

2. l’utilizzo gratuito del videoproiettore e dello schermo, di proprietà del Comune, per le conferenze e proiezioni previste nella sala consiliare

3. la messa a disposizione gratuita di n. 17 pannelli elettorali metallici da utilizzare quali ripiani di appoggio per i modellini navali esposti al primo piano del Castello (i relativi cavalletti sono già presenti nel castello);

4. la messa a disposizione gratuita di n. 25 pannelli al secondo piano, con relativi supporti e plex di copertura;

5. l’erogazione di un contributo finanziario quantificato in euro 5.000,00 (euro cinquemila) per la copertura degli oneri previsti più sopra, ai punti da A. a O.

6. Offerta di un cocktail in occasione della conferenza stampa e presentazione della pubblicazione Mare Nostrum 2010 previsti nella sala consiliare in data sabato 31 ottobre 2010 alle ore 10,30;

Certi di un favorevole riscontro alla presente, resto in attesa di un Vostro cortese cenno di riscontro e porgo deferenti saluti.

Associazione Mare Nostrum Rapallo

Il presidente - (Com.te Carlo Gatti)

SITO INTERNET

Proseguono i contatti del Direttivo per dotare Mare Nostrum di un sito internet. E’ nostra assoluta volontà poter sfruttare i mezzi di comunicazione moderni come il linguaggio informatico. Il nostro obiettivo finale è diffondere la nostra passione per il mare, la sua storia, la sua cultura e le sue problematiche. Vogliamo essere presenti su internet con un sito accattivante, che possa incuriosire i giovani e i meno giovani per avvicinarli, tramite un forum permanente, alla conoscenza della nave come risorsa economica umana tanto inestimabile quanto poco sconosciuta nel nostro Paese. Vogliamo entrare in internet per confrontarci con le altre Associazioni che hanno i nostri stessi obiettivi e per promuovere i nostri scritti che sono frutto di esperienza vissuta e degna di essere tramandata. Vogliamo entrare in internet per collegarci con i “liguri nel mondo” e donare ai “rapallini” delle Americhe e dell’Australia i nostri messaggi mensili contenuti in “Rapallo Notizie”. Vogliamo entrare in internet per ristabilire il cordone ombelicale con queste comunità che “sognano” la loro bella Rapallo e sperano che qualcuno si svegli un giorno pensando finalmente a loro. Il sito internet può anche diventare un veicolo di pubblicità e rendere risorse da investire in programmi sempre più ampi.

Il Presidente

Carlo GATTI

 

 


Porto di TRAIANO-Echi di MANOVRE di Roma Antica

IL PORTO DI TRAIANO

ROMA

Echi di manovre dal  porto  di Roma antica...

Testimonianze del servizio di pilotaggio si trovano in documenti del IV millennio avanti Cristo.

Nell'antica  Ur, in Caldea, una delle più importanti città-stato della civiltà  Sumerica, ai tempi d’Abramo, esistevano i piloti. Ur con i suoi moli e banchine, fu il grande scalo marittimo di quello Stato.

Nella più antica raccolta di leggi marittime, il Codice di Hammurabi, re di Babilonia (2285 a.C.), è stabilito sia il compenso per le prestazioni del pilota: due sicli, sia le sanzioni cui i piloti medesimi andavano soggetti in caso di naufragio o danni colposi. Il testo legislativo è giunto fino a noi inciso in caratteri cuneiformi su una stele scoperta a Susa (Persia) nel 1901 e conservata al Museo del Louvre a Parigi.

Coinvolti dal fascino del mondo antico,  ci portiamo ora nel centro del mare nostrum per scoprire qualcosa di più concreto e ci caliamo  in un sito archeologico del Lazio per una breve, ma “curiosa” escursione attraverso l’antica marineria di Roma.

Milioni di turisti hanno visitato le imponenti rovine del Porto fluviale di Ostia Antica. Al contrario, molto meno frequentata risulta essere quella zona archeologica attigua a Fiumicino che è visibile alcuni istanti prima d’atterrare all’aeroporto, quando l’occhio è catturato da un lago esagonale, non lontano dal mare.

La vasta area che fu dei Torlonia, appartiene da qualche decennio al Comune di Roma ed è visitabile:  si tratta del Porto di Claudio (ancora parzialmente interrato) e del lago artificiale, chiamato Porto di Traiano che fu per cinque secoli l’approdo di favore della capitale dell’Impero.

Ciò che s'identifica oggi del complesso portuale, è soltanto il perimetro formato dalle  sue linee banchinate, che tuttavia, è sufficiente a regalarci qualche emozione quando proviamo ad immaginare ciò che poteva essere sia il funzionamento degli impianti che l’organizzazione del lavoro.

Il prezioso monumento di “archeologia commerciale” ante litteram rappresenta, almeno per noi marittimi, il primo esempio di “portualità integrata” della storia.

La sua nascita ebbe luogo  per superare il declino dello scalo  di Ostia.

Lo straordinario progetto fu concepito e realizzato dall’ingegneria romana (tra cui il celebre architetto Vitruvio) per risolvere un duplice problema: gli approvvigionamenti della sempre più popolosa metropoli e i danni provocati dagli straripamenti del Tevere, dalle sue inevitabili deviazioni e insabbiamenti cagionati ai  bacini portuali della regione.

Nel periodo di massimo splendore, Roma doveva sfamare un milione d’abitanti e le navi dell’epoca, provenienti dalle province Imperiali, convergevano verso il  modesto ed insicuro porto fluviale di  Ostia. Fu l’imperatore Claudio che in seguito ad un’ennesima carestia di grano diede inizio verso il 42 d.C. a quello che sarebbe stato il più grande porto dell’Impero: il Porto di Claudio che in seguito si allargherà nella splendida opera che prenderà il nome di Porto di Traiano.

F.1 - Cartina con la posizione del porto di Claudio e di quello di Traiano rispetto alla città di Ostia, alla Foce del Tevere e all’Isola Sacra.

F.2 - Porto di Roma - Ricostruzione planimetrica (arch. I. Gismondi)

L’opera di Claudio consisteva in un bacino ricavato per la maggior parte su terraferma con grandi scavi e prolungato sul mare con la costruzione di lunghi moli. Il bacino aveva un fondale sabbioso variante tra i 4 o 5 metri, che permetteva l’ancoraggio e l’ormeggio delle grandi navi da carico.

Completava l’opera portuale una grande “fossa”, il braccio destro del Tevere, più tardi chiamata anche Fossa Traiana.

L’apertura dei canali di collegamento col Tevere fu provvidenziale non soltanto per il trasporto fluviale a Roma delle merci, con l’alleggerimento del traffico lungo la Via Portuense, ma anche perché favorì il deflusso del fiume, liberando Roma dal pericolo di periodiche inondazioni, come dice un’iscrizione in onore di Claudio trovata in situ.

Lo spazio d’acqua racchiuso nella grandiosa opera di Claudio, aveva una superficie di circa 900.000 mq. - un’ampiezza di circa 1100 m. - le banchine dovevano sviluppare nel loro assieme 2500 m. - permettendo l’ormeggio di oltre 300 navi.

Per dare un’idea della vastità dell’area riportiamo, per un rapido confronto, l’Area totale del porto di Voltri (Genova) = 1.050.000 metri quadrati.

I moli a tenaglia che chiudevano l’ampio bacino erano costituiti da enormi blocchi di travertino, uniti tra loro da robuste grappe di ferro e da perni.  Ciascun blocco aveva un peso medio di 6 o 7 tonnellate. L’imboccatura aveva un’apertura di 200 metri.

I lavori per il porto di Claudio durarono quasi 12 anni.

Plinio il Vecchio racconta che il Faro del porto di Claudio aveva una struttura a tre o più ripiani, poggiava su una specie d’isola artificiale realizzata con l’affondamento della nave di Caligola che era servita per il trasporto dell’obelisco vaticano dall’Egitto.

I rilievi eseguiti dopo il ritrovamento del sito hanno contribuito al  riconoscimento della nave e delle sue caratteristiche, coincidenti peraltro con l’antica documentazione storica. La nave aveva una lunghezza di 110 metri, una larghezza di 20,30 e sei ponti. Il suo dislocamento era di 7.400 ed aveva un equipaggio di 700-800 uomini.

Le misure di questa nave, in verità molto speciale per l’epoca, ci richiamano alla mente  i celebri “Liberty” che, partendo da quell’incerto dopoguerra,  scalarono il nostro porto ancora per due decenni e siamo in tanti a ricordare che quei “brutti anatroccoli” di Roosevelt  prendevano il Pilota, due rimorchiatori e due squadre di ormeggiatori, sia all’arrivo che alla partenza.

Chapeau! Ai nostri avi romani per la loro organizzazione portuale, l’abilità nautica e per l’invenzione di quelle tecniche operative che gli permisero  di compiere le stesse manovre che noi oggi ripetiamo con tanta sufficienza….!

Entro pochi decenni, purtroppo, le strutture del porto di Claudio non furono più adeguate a sostenere la violenza del mare; il bacino non offriva sufficiente protezione alle navi ed era continuamente soggetto ad insabbiamento per i sedimenti che si accumulavano nella foce del Tevere. Tutto ciò mise in crisi il suo funzionamento, e già nel 62 d.C. Tacito ricordò che “duecento navi andarono distrutte nel porto per una violenta tempesta”.

Tutto ciò non deve meravigliarci più di tanto: anche noi genovesi, esposti al libeccio, siamo stati testimoni di quanto successe nel 1955, allorché una tempesta da SW distrusse 400 metri di diga dello scalo genovese e causò l’affondamento di due navi, l’esplosione di una terza, oltre agli innumerevoli danni alle strutture portuali.

Il porto di Traiano, completamente artificiale, fu realizzato circa cinquant'anni dopo il porto di Claudio, in un primo tempo per completarlo e poi per sostituirlo definitivamente; esso fu il risultato di grandi scavi realizzati nell’entroterra allo scopo di assicurare un assoluto riparo alle navi. Era in comunicazione col mare attraverso il porto di Claudio, che venne così ad assumere la funzione di porto esterno, e fu collegato al fiume per mezzo di un canale navigabile e banchinato.

Il bacino interno ebbe forma esagonale con una profondità di 5 metri ed una superficie di 330.000 mq.

 


F.3 - Il Porto di Traiano. Ricostruzione plastica di I. Gismondi.  (Museo di Porta S.Paolo)

Oggi, una moltitudine di pescatori si aggira lungo le banchine d’ormeggio, ancora corredate di bitte e golfali e forse, nonostante la presenza di ruderi importanti, soltanto qualche studente prossimo alla laurea riesce  ad immaginare l’imponenza di quei magazzini alti cinque o sei piani (horrea), che facevano da sfondo ai cantieri per le riparazioni e l’allestimento delle navi ed assistevano alle operazioni di sbarco ed imbarco delle merci sulle grandi navi onerarie dei naviculari.

A diretto contatto con le strutture portuali si sviluppò un centro abitato, che divenne grande quanto la stessa Ostia: la città di Porto.

F.4 - Il Porto di Traiano. Ricostruzione grafica dei magazzini. Disegno di G.Caraffa. (Museo della Civiltà Romana)

Le navi cariche di merci contenute in migliaia di anfore, i containers dell’epoca,  ormeggiavano sia nel porto di Claudio che in quello di Traiano. Lo stoccaggio avveniva nei magazzini e la mercanzia era trasportata a Roma, sia  risalendo il fiume tramite il piccolo cabotaggio, oppure via terra  sulla  Portuense, fino ai depositi  fluviali del Testaccio, Ripetta ecc…

Se si pensa che il commercio marittimo dell’antichità si svolgeva soltanto nei mesi di “tempo assicurato” possiamo immaginare quanto dovevano essere congestionate le banchine, i moli, le calate e i canali di quell’immenso bacino portuale.

A partire dal 44 d.C., quando furono nominati due procuratores annonae, i quali dipendevano direttamente dal Prefetto dell’Annona di Roma, le imprese private furono gradualmente assorbite dall’organizzazione ufficiale dello Stato.

Una numerosa schiera di dipendenti aveva i compiti di provvedere al controllo delle merci in arrivo, alla verifica delle qualità e della quantità, di sovrintendere alle distribuzioni, al magazzinaggio, alla conservazione, di provvedere ai pagamenti e curare i contratti con le numerose agenzie di trasporto navale e terrestre, di mantenere i rapporti con le provincie produttrici di mercanzie primarie quali il grano, l’olio, il vino ecc.

Ai dipendenti dello Stato faceva riscontro un gran numero di lavoratori autonomi:  muratori e carpentieri attendevano alla manutenzione del porto e delle banchine, alla riparazione delle navi e alla costruzione d nuove; altri operai erano addetti al carico e allo scarico delle merci, i barcaioli ai traghetti sul Tevere e al piccolo cabotaggio. I palombari erano presenti ed adibiti al recupero delle merci affondate.

Questi lavoratori, artigiani ed operai, ottennero il permesso di associarsi e di scegliersi un rappresentante tra i cittadini più influenti, a volte anche fra gli stessi senatori; nacquero così le corporazioni, associazioni a carattere sindacale sorte per proteggere i diritti del lavoratore.  Questo  termine è tuttora in uso, proprio tra i piloti dei porti italiani.

In questo settore, alle notizie degli antichi storici si aggiunge ad Ostia una fonte archeologica, rappresentata da quel monumento unico nel suo genere, che è il cosiddetto Foro delle Corporazioni, il grande piazzale porticato che sorge alle spalle del Teatro.

Il porticato comprendeva in tutto 78 intercolumni ognuno dei quali era sede d’altrettanti uffici di Agenzie Marittime, imprese commerciali ecc..

Davanti a ciascun ufficio, sul pavimento del porticato, un mosaico indicava il genere di commercio ed il paese d’appartenenza dell’impresa.

Per un altro curioso raffronto, aggiungiamo che le Agenzie Marittime presenti oggi nel porto di Genova non superano il centinaio.

Ulpiano (III sec.d.C.) riferisce che “nessuna nave poteva entrare in un fiume senza il gubernator”, e dal contesto si capisce che con tale termine intendeva il pilota portuale, la cui attività ben si differenziava dal “magister navis”, dal “nauta”,  dal “proreta”, dallo “stratico”.

Piloti-mare, piloti-canale, piloti-porto, piloti-fiume? Conoscendo la razionalità degli antichi romani, ma soprattutto la loro pragmaticità, è molto probabile che le prestazioni di pilotaggio siano state diversificate per specializzazione ed espletate nei vari flussi di traffico portuale.


F.5 - Ostia – Foro delle Corporazioni: ricostruzione grafica dell’arch. C.A. Carpiteci, vista dal lato verso il Tevere.

Qui termina la nostra escursione e questo battito di ciglia  verso le nostre radici  mi suggerisce una breve riflessione:

Il comandante ed il pilota vengono da lontano e si tengono per mano sin dall’antichità. La loro lunga esistenza permane nel tempo per due semplici motivi, il loro impiego è legato al buon senso che è tipico della gente di mare; il loro destino è quello di cavalcare insieme, sempre, la tecnologia del tempo.

Carlo GATTI

Rapallo, 30.05.11


I RAPALLESI ALLA SPEDIZIONE DEI MILLE

I RAPALLESI ALLA SPEDIZIONE DEI MILLE

5 maggio 1860

In occasione del centocinquantesimo, 5 maggio 2010, anniversario dell’unità d’Italia ci sembra doveroso additare ai lettori tre coraggiosi Rapallini che, insieme ad altri 155 “pazzi” della Liguria (così l’ha definiti il Secolo XIX), hanno seguito volontariamente Garibaldi nell’impresa dei Mille ed hanno contribuito a darci una Nazione.

Questa immagine rispecchia fedelmente lo scenario portuale genovese nei giorni della famosa Spedizione dei Mille.

Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi

La stele rostrata dell’artista genovese Giovanni Scanzi è stata innalzata per commemorare i 50 anni della Spedizione dei Mille che da quel punto del porto prese inizio.

Anche Rapallo ha solide radici garibaldine. Ne parliamo con Umberto Ricci, cultore di storia locale

Bartolomeo Canessa, nato a Rapallo il 14 Marzo 1839, macchinista navale residente a Genova

Lorenzo Pellerano, nato a Rapallo il 4 Luglio 1811, facchino residente a Livorno

Giovanni Pendola, nato a Genova (da genitori di San Maurizio di Monti - Rapallo) il 7 Marzo 1836, falegname mobiliere.

INTERVISTA del giornalista  EMILIO CARTA

I tre moschettieri, gli indomabili spadaccini cari al mitico Alexandre Dumas, erano veramente tre oppure quattro? Cavalcando l’onda dell’ironia potremmo aggiungere: ma i garibaldini rapallesi erano quattro o sette?

Lo chiediamo all’amico e storico locale Umberto Ricci che, in questa stagione di ricorrenze ed eventi cari all’Unità d’Italia e ai suoi centocinquant’anni, ha provato a fare un po’ di chiarezza. Non certo sui moschettieri, quelli del “tutti per uno e uno per tutti” tanto invisi al cardinale Richelieu, quanto sulle più caserecce camicie rosse che non esitarono a seguire un certo Giuseppe Garibaldi a bordo del Piemonte e Lombardo.

A Rapallo in effetti, ad oggi, si ha notizia di Bartolomeo Canessa, Lorenzo Pellerano, Giovanni Pendola, Egisto Sivelli, Emanuele Figari, Lorenzo Pellerano e Giovanni Fontana. Giusto?

“Andiamo con ordine. Quattro garibaldini erano nativi di Rapallo ed in particolare Bartolomeo Canessa, Emanuele Figari, Lorenzo Pellerano e Giovanni Fontana. Per i restanti la situazione è leggermente diversa ma possiamo provare ad esaminare insieme il ruolo da loro con la nostra città.

Partiamo da Bartolomeo Canessa. Su di lui le notizie sono abbastanza frammentarie. Lo storico Poggi, nel suo “Dizionario del Risorgimento Nazionale – Fatti e persone ” - edito da Vallardi nel 1930, ne ricorda la figura anticipando di un giorno la data della morte effettiva ma si tratta proprio dello stesso Bartolomeo Canessa, nato a Rapallo il 14 marzo 1839, figlio di Benedetto e di Maria Canessa.

Il P.fo PIEMONTE sul quale imbarcò il fuochista rapallese Bartolomeo Canessa

Il P.fo LOMBARDO in un celebre dipinto d’epoca

Di mestiere faceva il fuochista (ovvero l’addetto alle caldaie in sala macchine) a bordo delle navi mercantili. Si trovava a Genova quando venne organizzata la Spedizione dei Mille “e la seguì"– sono ancora le parole di Poggi – "da modesto gregario qual era in mezzo a quei  volontari da Quarto al Volturno”.

Assieme a quegli uomini colti dal sacro furore della Patria da unire portò la pelle a casa e, finita la Campagna, riprese l’esercizio della sua professione marinara continuandola con il grado di “macchinista”. Quindi si stabilì a Genova, trascorrendo gli ultimi anni di vita in agiato riposo, dove morì il 29 novembre 1890. Nell’elenco dei decessi come professione è designato “pensionato dei Mille”.

Dei vari quotidiani genovesi soltanto “L’Epoca” (di area di sinistra come si direbbe oggi) pubblicò un breve necrologio: “Dalle tavole necrologiche dello stato civile apprendiamo la morte del signor Bartolomeo Canessa di anni 51, pensionato, il quale fece parte della gloriosa schiera dei Mille. Deponiamo un fiore sulla tomba del patriota”.

Andiamo avanti!

Di Lorenzo Pellerano sappiamo soltanto che nacque a Rapallo il 4 luglio 1841. Aveva dunque meno di 19 anni quando si arruolò nella storica schiera, mentre 21 compiuti ne aveva il suo concittadino sopra citato. I ritratti qui pubblicati sono di entrambi, tratti da “L’illustrazione italiana” del maggio 1910, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario dell’impresa.

Forse il più citato fra i garibaldini di cui parliamo era Giovanni Pendola?

La Gazzetta Ufficiale del 1878 indica però Giovanni Pendola come nato a Genova anche se sulla lapide posta sul piazzale della chiesa di San Maurizio di Monti si legge “qui donde trasse origini”.

Il legame tra Rapallo e Giovanni Pendola però non faceva capo solo a un’origine più o meno remota. Abbiamo documenti che attestano una sua relazione con la località di San Maurizio di Monti, una radice molto sentita dimostrata dal fatto che a un certo punto della sua vita l’uomo decise di abbandonare Genova, dove pure era nato e vissuto, per trasferirsi nella frazione rapallese, luogo d’origine dei suoi antenati.

Giovanni Pendola era nato a Genova, nella parrocchia di Santa Zita nel 1836, figlio di Nicola e Nicoletta Castagneto. Dai registri parrocchiali di San Maurizio di Monti si ricava che il padre Nicola, figlio di Agostino, era nato nella frazione di Rapallo il 28 agosto 1812. Anche la madre si presume sia nata a San Maurizio di Monti.

Nicola Pendola era giunto a Genova nel 1830, in un momento storico e politico a dir poco tumultuoso. Infatti alcuni anni prima in una cava, che possiamo localizzare nell’attuale via Corsica, erano stati fucilati i rivoltosi che avevano partecipato ai moti della Giovane Italia, e l’influenza di Mazzini fra gli artigiani e gli scontenti del dominio dei Savoia era ben forte.

Si può quindi ipotizzare che Nicola Pendola, seppur arrivato dalla campagna si occupasse ben presto di politica. La sua prima residenza non fu all’interno della città di Genova bensì fuori delle mura, sulla riva sinistra del Bisagno, a Borgo Pila dove c’era, e c’è tuttora, una chiesa dedicata a Santa Zita. Un collegamento con la frazione di San Maurizio di Monte lo troviamo nei registri degli atti di matrimonio dell’anno 1859 quale testimone di un matrimonio.

Il figlio, Giovanni Pendola, però, fu un vero genovese, figlio degli anni tumultuosi seguiti al 1848 e divenne in breve tempo un seguace di Giuseppe Mazzini.  Genova all’epoca era una città “di frontiera”, meta tra l’altro di numerosi profughi della Lombardia, regione dalla quale le idee repubblicane si diffondevano con sempre maggiore vigore fra gli artigiani.

La sua attività di falegname e commerciante - gestiva infatti un modesto negozio di vendita dei mobili che costruiva - lo portava spesso a contatto con quel ceto medio che trovava solidarietà nelle prime Società di Mutuo Soccorso che sorgevano appunto in quegli anni sulla scia del pensiero di Giuseppe Mazzini.

Rapallo, seppur in ritardo, fondò la sua Società di Mutuo Soccorso, l’ Aurora che nel 2010 ha compiuto i suoi cento anni di fondazione (1910-2010). Nella primavera del 1860, mentre Giuseppe Garibaldi riuniva i volontari per la spedizione in Sicilia, Giovanni Pendola liquidò l’azienda e si arruolò.

Partito da Quarto, durante la spedizione venne ferito in combattimento e, quindi, nominato Capitano. Al termine ritornò a Genova dove riprese la sua attività di falegname e fu tra i primi ad aderire alla Croce Rossa.   Durante l’epidemia di colera che colpì la città a metà Ottocento primeggiò per coraggio fra i soccorritori.

A proposito di questo fatto, va ricordata la cessione di una foto con autografo di Giuseppe Garibaldi, scatto donato da quest’ultimo alla Marchesa Ernesta Cambiaso e da lei successivamente ceduta al garibaldino Giovanni Pendola a dimostrazione di riconoscenza della Marchesa, lei stessa crocerossina, per i servizi e gli aiuti resi dal Capitano durante l’epidemia alla popolazione genovese. Non  sappiamo con certezza se Giovanni Pendola abbia partecipato direttamente alla politica nelle file repubblicane ma, da alcuni indizi, possiamo presumere una sua adesione a una loggia massonica genovese.

Il primo, naturalmente, è il carattere dell’associazione riformatasi in Italia al momento dell’Unità. Nelle file massoniche confluirono molti repubblicani e mazziniani. E molti furono i Mille che, prima o dopo la spedizione, aderirono alle logge. Giovanni Pendola non risulta in un elenco pubblicato di recente e neppure appare nel vari elenchi diffusi in appendice al libro.

Tuttavia a pagina 196 si legge che nel 1862, in occasione della morte di Giuseppe Garibaldi, “il fratello Pendola regalò due cornici fatte con il legno usato per la cassa funebre di Garibaldi”: Giovanni Pendola era falegname e quella cronaca ha quasi il sapore di una conferma.

Un altro indizio: la lapide che ricorda Pendola a San Maurizio di Monti è sovrastata da una stella. E’ una stella fiammeggiante che si incontra di frequente nella simbologia massonica e questa potrebbe essere stata incisa sulla lastra per comunicare in modo mascherato l’appartenenza di Giovanni Pendola all’istituzione, un’usanza frequentemente utilizzata in passato.

Ci furono anche polemiche legate alla sua morte?

Sul finire della sua vita - non si era mai sposato - sentì il forte richiamo delle colline rivierasche da cui erano partiti i suoi genitori. Si trasferì così a San Maurizio dei Monti dove visse (probabilmente da proprietario) nel Complesso Molitorio di Strada Antica di Monti, edificio oggi assurto a monumento nazionale.

Amava ripercorrere i suoi trascorsi, con voce suadente quanto autoritaria con chi l’aveva conosciuto ed era “avvezzo ad impartire ordini brevi, secchi, precisi, e ricordava volentieri i suoi amici migliori” riporta di lui “Il Mare” il 28 gennaio 1939.

Dopo una breve malattia, la morte lo colse nel 1907. I suoi funerali vennero però ricordati a lungo sulla collina. Si racconta infatti che il parroco di San Maurizio di Monti quel giorno pur di non celebrare il funerale ad un sovversivo anticlericale  abbia chiuso, senza alcun preavviso, la porta della chiesa partendo per una località sconosciuta.

Ma da Rapallo – questa la cronaca riportata - giunse il deputato Cavagnaro accompagnato da un frate che portava un fazzoletto rosso al collo. Aperta la chiesa, Giovanni Pendola ebbe così il suo funerale e la salma venne inumata nel cimitero, coperta da uno strato di pietre di fiume (gea).

Per alcuni anni, in occasione della ricorrenza, nel piccolo cimitero la sua figura veniva ricordata con una cerimonia, che puntualmente era riportata sulla stampa locale.

Nel maggio 2010, come si può leggere su “Il Mare”, i rappresentanti dei Circoli mazziniani di Rapallo (SMS Aurora) e Genova (Libertà e Lavoro) lo commemorarono di fronte ad una grande folla. Ancor oggi, una lapide collocata nell’unica piazza di San Maurizio di Monti, ricorda Giovanni Pendola, mazziniano e garibaldino.

Il 12 agosto 2007 questa lapide è stata restaurata dall’Associazione culturale “La Cipressa” in occasione della ricorrenza del centenario della morte.

Se su uno di questi rapallesi che combatterono tra i Mille di Garibaldi, ci siamo appena soffermati diffusamente, ben di più furono i rapallesi che combatterono nelle battaglie del Risorgimento. Un elenco completo venne redatto a cura del Comune nel 1895 quando il giorno 20 settembre venne dichiarata Festa nazionale e, in occasione dell’inaugurazione del Vittoriano, il monumento nazionale dedicato a Vittorio Emanuele II (conosciuto anche col nome di Altare della Patria),  ai reduci delle patrie battaglie venne assicurato un biglietto ferroviario a tariffa ridotta per recarsi a Roma alla celebrazione.

Giovanni Fontana non figura in questo elenco così come Emanuele Figari perché a quell’epoca il Fontana aveva già abbandonato la nostra città, dove era nato, da molti anni.

In suo nome non appare neanche nell’elenco dei Mille sbarcati a Marsala, perché in effetti in Sicilia era giunto qualche tempo dopo. Eppure Giovanni Fontana, rapallese, ha partecipato a molte battaglie del Risorgimento ed è stato amico e collaboratore di Mazzini contribuendo, nel suo piccolo, all’epopea risorgimentale partecipando alla lotta politica (e non solo) nel decennio successivo all’Unità d’Italia.

In Sicilia era giunto dopo che Garibaldi aveva già conquistato Palermo. E’ infatti noto che dopo la conquista della città, avvenuta nei primi giorni di giugno del 1860, le notizie della rapida avanzata di Giuseppe Garibaldi si erano diffuse rapidamente in  Italia e in Europa grazie al telegrafo e alla stampa che avevano fatto da cassa di risonanza alla sua avanzata.

Di Egisto Sivelli l’unica prova che abbiamo è contenuta nell’elenco dei liguri sbarcati a Marsala, compilato da G. Garibotto, dei Mille.

L’ultima scoperta di un rapallese alla spedizione dei Mille è recente ed è stata pubblicata il 7 maggio 2010 da “Il Secolo XIX” dal titolo “Quel mio avo dimenticato che lottò per l’Unità d’Italia”: “…..Emanuele Figari nato a Rapallo il 15 dicembre 1839 e originario della frazione di San Quirico d’Assereto in Rapallo.

Si è conclusa così questa mia ricerca sui rapallesi che parteciparono alla spedizione dei Mille con la speranza che altri cultori di storia locale possano rintracciarne altri. Mai dire mai……..

BIBLIOGRAFIA

- Rivista “Rapallo” edita dal Comune di Rapallo dal 1958 al 1968. Articolo di P.L.Benatti

-   “Il Mare” periodico settimanale politico amministrativo e culturale edito a Rapallo dal 1908

-   Archivi della Memoria del dott. Agostino Pendola, cultore di storia locale

-   Archivi della Memoria di Umberto Ricci , cultore di storia locale

-   Archivio storico del Comune di Rapallo

OBBEDISCO!

di UMBERTO RICCI

Nel corso delle mie ricerche garibaldine ho scoperto anche alcuni episodi curiosi, successivi all’impresa dei Mille e legati alla successiva presenza a Rapallo di uomini che parteciparono alla gloriosa spedizione.

Il novarese Giovanni Pozzetti all’età di 72 anni muore in data 14 aprile 1914 a Rapallo. Da pochi giorni, dopo esserne stato il titolare, aveva ceduto il suo avviato Caffè Cavour (oggi Caffè Centrale). Lo riporta il periodico dell’epoca Il Mare: aveva partecipato alla seconda Spedizione dei Mille combattendo a Calatafimi e all’Aspromonte e per questo motivo gli erano state assegnate tre medaglie d’argento.

Scorrendo ancora le pagine de Il Mare (3 ottobre 1931) si scopre che a Rapallo visse anche un altro eroe dei Mille. Si trattava di Vittorio Lugaresi scomparso all’età di 82 anni. Aveva partecipato alla battaglia di Monte Suello e a Mentana. Di mestiere faceva il tappezziere con bottega in piazza Molfino in prossimità della stazione ferroviaria.

Ancora una chicca. La leggiamo sul foglio “Vita rapallese” del 1898 (il giornale ebbe vita breve, e chiuse solo dopo l’uscita di 6 numeri), diretto dal giornalista Antonio Scarsella. Nelle due pagine centrali riporta la notizia legata all’inaugurazione del busto di Giuseppe Garibaldi (attualmente i Giardini IV Novembre) e la contemporanea attività promozionale della società Pro Rapallo, una sorta di Proloco del tempo.

UMBERTO RICCI

Umberto Ricci è nato a Rapallo il 29 aprile 1940. E’ sposato con Anita Vanessa dalla quale ha avuto due figlie, Marina ed Elisabetta.

Un’intensa vita politica alle spalle, assessore e primo presidente eletto dal consiglio comunale rapallese, è stato per oltre 40 anni segretaraio generale e direttore delle Opere parrocchiali.

Appassionato cultore di storia locale è autore di numerose pubblicazioni di prestigio. E’ anche cofondatore di diverse associazioni tra cui i Volontari del Soccorso Sant’Anna e più di recente della Pro Loco del Capitanato di Rapallo nonché socio della nostra associazione Mare Nostrum Rapallo..

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I GARIBALDINI DI RAPALLO

di AGOSTINO PENDOLA

giovedì 7 ottobre 2010

A centocinquant’anni dalla spedizione di Garibaldi in Sicilia riscopriamo qual’è stato il contributo dei Liguri della Riviera di Levante e di Rapallo in particolare.

E’ indubbio il ruolo di Genova nell’elaborare le idee che portarono non solo all’Unità d’Italia, ma – attraverso la linfa del mazzinianesimo - prepararono la repubblica che sarebbe arrivata solo cent’anni dopo.

Anche la Riviera, e in particolare la Riviera di Levante, dette il suo contributo.

Nel 1847 a Chiavari la società Entellica riunì un gruppo studenti, tra cui Goffredo Mameli; a Rapallo, dopo il 1848, scesero profughi dalla Lombardia tornata austriaca. Ma furono soprattutto i commerci, gli scambi tra città e riviera, e poi l’emigrazione che segnarono la fine dell’isolamento delle nostre comunità e le inserirono nei grandi avvenimenti nazionali.

Con l’emigrazione i contadini delle nostre colline raggiungevano Genova, sia come momento intermedio nel viaggio verso le Americhe, sia per trovarvi un lavoro non troppo lontano da casa. Portando idee nuove ad ogni rientro al paese natale.

Nicola Pendola, nato a San Maurizio nel 1812 e stabilitosi a Genova fu uno di questi: suo figlio Giovanni sbarcò a Marsala con Garibaldi.

Con Giovanni altri rapallesi indossarono la camicia rossa, dalla Sicilia al Volturno.

Sabato 9 ottobre, alle ore 16,30, li ricorderemo con un convegno nella Sala consiliare del Comune, organizzato dall’Associazione Carrogio Drito, A Cipressa e l’Associazione Nazionale Volontari e Reduci Garibaldini.

Paolo Pendola ricorderà il suo avo Giovanni, vero rappresentante del popolo, falegname, pronto a rischiare la sua vita tra i colerosi così come l’aveva messa in gioco sulle colline della Sicilia quando il morbo percorse Genova negli anni Ottanta dell’Ottocento, perchè la solidarietà e la fratellanza fu il collante di chi aveva seguito non solo la spada ma le idee di Garibaldi.

Chi scrive traccerà un profilo dei garibaldini di Rapallo, in particolare si soffermerà sui motivi e le modalità che portarono questi nostri avi ad arruolarsi.

Getto Viarengo ci porterà una rilettura del Risorgimento in chiave microstorica e illustrando l’opera dei cantastorie: importanti protagonisti dell’informazione in quei giorni.

I cantastorie e i fogli volanti contribuirono a realizzare un’attenta partecipazione popolare ai sentimenti dell’Unità d’Italia.

Con Laura Merione e Giancarlo Piccitto, ricanteremo alcuni brani e distribuiremo i fogli volanti.

Con Franco De Leonardis (di Camogli - economista di professione, ha scritto su temi di scienza e storia economica, nonché sulla storia della libera muratoria nella sua universalità) l’orizzonte non si fermerà alla Liguria, ma spazierà fin dove i contatti latomistici hanno portato i liguri. Nel suo intervento si evidenzierà la partecipazione di logge di Stati Uniti, Inghilterra, Francia e America del Sud al vasto movimento che viene chiamato Risorgimento.

Annita Garibaldi, pronipote dell’Eroe dei Due Mondi, ci racconterà una parte ancora poco conosciuta della sua vita: gli anni a Costantinopoli prima della partenza per le Americhe. Quando il giovane Giuseppe, marinaio sulle navi commerciali, imparava il mestiere, ma anche incontrava persone, le più disparate, formando così il suo carattere.


Carlo GATTI

Rapallo, 19 luglio 2013



... LE NAVI DI ROMA ANTICA

LE NAVI ANTICHE

Studi inediti di Silvano Masini

30.05.11

Il tempo antico...

Le notizie navali del mondo antico occorre cercarle su epigrafi, ritrovamenti archeologici, reperti, saggi ecc. che comunque storicizzavano la notizia rispetto ad eventi spesso non legati al mare: per esempio spedizioni militari e commerciali, narrazioni belliche e commerciali, miti, ecc.

Di quello che accadeva nei porti poco traspare e molto occorre immaginare sulla base del tipo di naviglio e delle sue necessità.

Un lavoro compiuto dal Com.te Gatti per tentare di scoprire il ruolo del Pilota partendo da un importante porto dell’Antica Roma può essere utile anche in questa circostanza per immaginare le esigenze della nave:il Porto di Traiano (Forum16).

Il Porto di Traiano, un porto completamente artificiale per sopperire al progressivo insabbiamento del Porto di Ostia da parte del Tevere e per organizzazione non si discosta dagli altri porti del Mediterraneo simili per importanza.

Uno spazio ricavato in una insenatura protetta, un banchinamento ed una serie di magazzini (horrea) per il ricovero della merce…un pò come adesso se vogliamo ma con dimensioni diverse.

Notizie dell’epoca, forse enfatizzate, parlano di fari di grandi dimensioni posti all’entrata, tipico il mitico colosso Rodi sotto il quale passavano persino le navi.

F.1 - Nave Greca 500ac

Ma come erano le navi di allora ? Oggi diremmo barche, o leudi,

La loro lunghezza non superava i 15 metri, il pescaggio limitato a un metro o poco piu e la propulsione principale esclusivamente a remi.

Uno straccio di vela quadra su un alberetto aiutava con vento favorevole chè la bolina non farà la comparsa prima del 1400 e non nel Mediterraneo: l’introduzione di un fiocco a prora fu una invenzione determinante.

Probabilmente in ogni caso la nave entrava in porto con la forza del remo ed in quel modo si avvicinava alla banchina e qui di sicuro la lunghezza e il numero dei remi ne impedivano un agevole attracco.

Su navi antiche i remi erano lunghi circa cinque metri ma diventavano dieci sulle galere veneziane (lunghe fino a 40 metri), ed il numero da una ventina saliva fino a ottanta per un peso che poteva arrivare a 55 chili.

F.2 - Tipologia di nave usata fino all’antica Roma

La manovra non deve essere stata molto agevole, inoltre era sempre in agguato il pericolo della rottura dei remi, che tranquilli nell’acqua diventavano fragili contro ostacoli massicci..

Una notizia che può interessare i liguri.

Nel’400 a Chiavari c’è una florida industria per la costruzione dei remi venduti specialmente in tutto il Mediterraneo, esclusa Venezia che provvedeva in proprio (e per le zone di influenza) con l’Arsenale.

C’è un documento del 1456 dove si legge una spedizione di 300 remi Chiavaresi diretti alla flotta Catalana.

F.3 - Galera veneziana: Arrivo a Venezia

C’è da credere che molto opportunamente il Capitano (o Patrone, come si chiamava) preferisse mettere a mare una lancetta con una doppia funzione : rimorchio ed ormeggio.

Questa lancetta (di servizio diremmo noi oggi, un po’ il gommone di Barcacciante memoria) la troviamo sulle rappresentazioni d’epoca rizzata in coperta, e non pensiamo fosse per salvataggio: a quel tempo la vita non valeva niente ed in caso di sinistro qualche pezzo di legno galleggiava sempre.

Ne abbiamo conferma nel dipinto che ci mostra una galera in arrivo a Venezia (XIII sec.) dove si puo’ notare una lancetta sulla destra con un cavo che scende da bordo. Certo un aiuto alla nave in arrivo, resta da scoprire se apparteneva alla Nave stessa oppure è fornita dal Porto, in questo caso il Magistrato delle acque ( una specie di Presidente del Consorzio del Porto, ma a Venezia con poteri enormi), oppure libera iniziativa di un barcaiolo assoldato. E’ importate questo particolare non essendo questa una foto (siamo nel ‘300 !) scattata in qualsiasi momento, è’ un dipinto che il pittore non ha creato in un attimo ma ha ragionato sulla situazione e se ha colto questo particolare è segno della usualità di questa funzione. Non una-tantum che puo’ sfuggire all’osservazione, ma un dato costante che accompagna la nave nella manovra portuale tanto da meritare l’onore della cronaca pittorica.

Nella nostra ricerca storica questa è l’unica testimonianza che abbiamo trovato, ma sicuramente testimonia un fatto da tempo in uso e che possiamo applicare anche a tempi piu antichi. Ci sono a Genova documenti notarili del 1300 e avanti (Archivio Storico del Comune di Genova) che attestano la costituzione di associazioni di barcaioli per operare all’interno del Porto con mansioni varie che vanno dall’aiuto generico alle navi al pilotaggio (pratico, lo indicano). C’è quindi da ritenere che, almeno nei porti maggiori, la nave fosse dispensata dall’uso della sua barca. Avrete compreso come ci sia una enorme carenza riguardo al rimorchio nel tempo antico, ed anche a ridosso dei secoli seguenti a le notizie non saranno molte. Molto quindi affidiamo alla verosimiglianza del racconto, che peraltro riteniamo attendibile sulla base delle nostre esperienze quando arrivavamo in località prive di ogni servizio e non erano poche in giro per il mondo. Ci si doveva arrangiare, come mille anni fa. La povertà di informazioni ci lascia spazio per alcune notizie rigorosamente documentate circa la galera e che non sono nell’usuale immaginario collettivo e che può essere curioso apprendere. Le galere, tipica nave mediterranea, erano armate in Primavera e rimessata in Ottobre, partivano in gruppi (“mude” le veneziane,”maone” le genovesi) un po’ per sicurezza ed un po’ perché il tempo favorevole era comune per tutte. A bordo vivevano financo 250 persone, due terzi incatenate ai banchi di rema impossibilitati al movimento e comunque con spazio limitato a tutti per necessità di carico.

Abbiamo una ricostruzione storica della galera in piena operatività che ci va di proporre per rendere l’idea dell’affollamento della gente a bordo fra marinai, rematori e pellegrini.

F.4 - Una galera grande sulla via di Gerusalemme Sec.XII

E’ facilmente intuibile come la situazione igienica a Bordo fosse molto approssimata ad onta delle “bugliolate” di acqua che giornalmente erano distribuite con generosità in coperta.

Il cassero poppiero, dimora degli ottimati (patrone, scrivano, capitano, uffiziali, e gentiluomini) era perennemente incensata nel tentativo di coprire gli effluvi della copertata. anche se il concetto di pulizia dell’epoca era molto diverso dal nostro. E mentre ci è facilmente possibile ricostruire il modo di vestire e le abitudini del tempo tramite i dipinti, ci è impossibile immaginarne l’odore del tempo antico non solo a Bordo. Diversi autorevoli studiosi si sono cimentati a supporre questo aspetto e c’è un bel libro “Parfume” di Patrik Süskind (1985) ed un film di Tom Tykwe (2006) che trattano il tema olfattivo negli aspetti piu diversi, cimentandosi a ricostruirlo. Qualcosa però ci illumina sull’argomento, vediamolo. Dunque la galera.

Per il suo arrivo al, diciamo cosi, Porto di Armamento a missione compiuta, a Bordo ferveva una eccezionale operazione di pulizia che iniziava già giorni prima e si estendeva anche alla stiva con relativa caccia ai topi. (v. Forum/7)

Non molto diversamente a quello che si fa oggi sulle Barcacce (topi esclusi, ovviamente) di ritorno a casa anche per cancellare i segni del viaggio difficile e presentarsi col vestito buono della festa. Un po’ di orgoglio per ben apparire non guasta. La Sanità Marittima Veneziana era inflessibile, troppo vicino (siamo nel 1300) era stata la conseguenza dei topi giunti a Genova (cosi dice la storiografia) con la peste bubbonica, la famosa peste nera, un‘epidemia che in una generazione ridusse ad un terzo la popolazione europea. Il rischio di lunghe quarantene era in agguato. Sul fanale di Bocca di Lido c’era appostata una vedetta che riportava prontamente a S.Marco la notizia dell’approssimarsi della muda. Ma come ne avvertiva l’arrivo? Dagli alberetti spuntare all’orizzonte ? Da una veloce feluca che incrociava nei pressi ? Niente di tutto questo.. Si narra che, specie nelle giornate di scirocco sempre presente in autunno al tempo del ritorno, l’arrivo era annunciato con largo anticipo dall’odore (!) proveniente dalla flotta in arrivo e non era un dolce effluvio.

E questo la dice lunga sulla situazione di Bordo dell’epoca e per lungo tempo ancora.

F.5 - Il grande complesso del Pireo nel V Sec.AC

Capitolo 3

…il tempo di mezzo.

E’ il tempo dello sviluppo della navigazione a vela come si presenta nell’immaginario collettivo e come è giunta fino a noi come “arte navale” per eccellenza. Dalla Caravella ai Galeoni fino ai mitici Clipper una evoluzione costante durata trecento anni: dal XIV al XVII secolo. L’epoca delle grandi scoperte geografiche e dallo sviluppo dei Porti Atlantici: subito Siviglia, Lisbona, Cadice e poco dopo Londra ed i Porti Olandesi. Il commercio cambia rotta ed il Mediterraneo si marginalizza dalla grandi vie marittime, Genova e Venezia lentamente modificano i loro assetti navali per vie diverse ma vanno in progressivo decadimento.

F.6 - Caravella 1400

La nave a remi regge poco in Atlantico. Il canto del cigno della galera sarà a Lepanto nel 1571 e pochi anni dopo sparirà definitivamente con la Invincible Armada Spagnola nella Manica contro l’Inghilterra nel 1588.

Genova mette in conto un particolare poco noto e portato alla giusta luce da uno studioso francese amante della nostra città, Jaques Hees, e che ha suscitato la nostra curiosità. Nel XIV secolo Genova, stretta fra Venezia principale mediatrice con l’Oriente ormai chiuso dagli Arabi e un Occidente Atlantico in prorompente sviluppo seppe per un secolo volgere a proprio vantaggio una difficile situazione. A differenza di Venezia, Genova non utilizzò molto la galera puntando di piu sull’uso della vela e del maggior spazio per il carico. Nel ‘400 si inventa una nave grandissima per l’epoca (fino a 1000 tonn.) e con questa si attrezza con viaggi tuttofare (una specie di rinfusiera) per il trasporto di carichi non pregiati (allume specialmente) fra il Mediterraneo ed il Nord Europa, favorita anche dalla difficoltà nelle vie terrestri. Viaggi non ambiti dai paesi Atlantici impegnati oltremare ed in parte snobbati da Venezia tesa alle merci piu pregiate. Erano navi grandi e di scarsissima manovrabilità, toccavano pochi porti quasi sempre allibando. Il loro utilizzo e la loro costruzione non ebbero duratura fortuna: scarsa era la reperibilità del legname a Genova, le vie di terra andavano migliorando ed inoltre il commercio oceanico richiedeva navi piu manovriere ed adatte al trasporto di merci pregiate (spezie da oriente, oro e argento dall’America).

F.7 - Una bellissima ricostruzione di Cutter Olandese del XVI secolo.

Non c’è traccia di questo barco genovese se non uno scorcio nelle rappresentazioni guerresche nei porti di Terrasanta e dalle scarse cronache del tempo. Possiamo solo registrare lo stupore degli osservatori del tempo che nelle loro cronache mostravano meraviglia per la grande mole di qesto barco genovese inusuale per l’epoca. Una differenza notevole fra Genova e Venezia nella gestione della flotta è un dato da conoscere per capire il diverso evolversi delle due grandi Repubbliche Marinare. Venezia aveva una gestione statalizzata (oggi si direbbe cosi) della flotta mentre quella genovese era completamente lasciata alla libera iniziativa. Questo fece si che Genova, all’aumento delle difficoltà nei commerci e alla carenza di legname, si concentrasse di piu sugli investimenti finanziari…visto che i denari non mancavano. Venezia si concentrò sul residuo commercio con Medio Oriente e si espanse verso terra giungendo fino ai confini della Lombardia. Impensabile per Genova stretta fra monte e mare.

F.8 - Galeone 1500

Liquidare con qualche paginetta secoli importantissimi e decisivi di Storia è sempre una operazione difficile, monca e pericolosa, ma a noi serve unicamente per inquadrare un angolo che ci riguarda da vicino : le navi, i Porti, i servizi portuali. Queste navi hanno un tonnellaggio di circa 250/300 tonn.per una lunghezza intorno ai 40 metri, molto manovriere in mare, procedono anche di bolina stretta, adottano le tecnologie piu recenti (timone centrale,fiocchi, forme di carena in pieno sviluppo idrodinamico).

I Porti si ampliano: Cadice, Siviglia, Lisbona e poi Londra e Olanda. Porti Atlantici influenzati dalle ampie escursioni di marea alle quali si affida la Nave per scegliere l’entrata in porto o la risalita dei fiumi sui quali erano situati gli empori piu importanti

F.9 - Bastimento per le Indie 1600

Non si hanno notizie particolari su servizi di rimorchio, ma sappiamo per certo che quelle navi venivano rimorchiate da lance per uscire dal Porto e presentarsi alla marea od al vento favorevole.

Dato il regime autarchico della gestione-nave non è difficile supporre che il compito fosse affidato ai marinai di Bordo e che anche all’arrivo tale pratica fosse di uso comune. D'altronde il traino a remi era praticato nelle bonacce equatoriali e persino serviva a posizionare i battelli da guerra in battaglia quando il vento non era favorevole. Quel barcone genovese di cui abbiamo parlato faceva documentato largo uso di braccia alla bisogna e sicuramente necessitava di “rimorchiatore” . Nella nota spese del Padrone, fra buglioli e cime, troviamo talvolta “barcaiolo”. A che serviva? Non certo per la franchigia nel caso la nave sostasse alla fonda (chè c’era il gozzetto di bordo, caso mai) piu facile pensare al costo per un servizio indispensabile reso alla nave: per esempio ormeggiatore o una mano ad attraccare, od entrambi allo stesso tempo. Non è un’ipotesi azzardata.

F.10 - la Victory di Nelson a Trafalgar (seconda metà XVII sec)

Nel Capitolo precedente abbiamo citato documenti notarili del ‘300 attestanti la costituzione di Associazioni di Barcaioli (Corporazioni) a Genova..

Le stesse fonti testimoniano uno sviluppo ed una articolazione maggiore in questo servizio citando : Barcaiolo della Compagnia dei Soccorsi Marittimi, Barcaioli avventizi, Barcaioli “tollerati” (si suppone semi-abusivi), Barcaioli al servizio delle Navi (anche con compiti di allibo), Barcaioli Piloti Pratici (una prima menzione di Pilotaggio ante-litteram, e forse derivato da Barcaioli fra piu abili). Da qui si intuisce una regolamentazione Portuale che prende forma, si sviluppa, si specializza e che crediamo si possa estendere per similitudine ai maggior porti Mediterranei ed Atlantici che stavano assumendo importanza ben maggiore di Genova nel panorama commerciale mondiale.

Abbiamo citato il Clipper solo come esempio della massima espressione raggiunta dalla vela, in realtà questo magnifico gabbiano opera in un’epoca in cui il vapore si è già affacciato alla ribalta ed il “Rimorchiatore” è già parte della scena anche fotografica del panorama portuale. Ne parleremo nel prossimo capitolo.

F.11 - I Clippers “Ariel” e “Taeping” si sfidano sulla rotta del te (1850)

 

Foto a cura di Carlo GATTI


QUELLE PALLE MARRONE spiaggiate dalle mareggiate


QUELLE PALLE MARRONE ...

che arrivano sulla spiaggia con le mareggiate

Palle marrone - Egagropili – “Stuppinelli”

Quando il P.fo LOCARNO naufragò sulla passeggiata a mare di Rapallo, ricordo che la mareggiata spinse nel ridossato “caroggio drito” un numero spropositato di “palle” marroni di tutte le misure e molto leggere, come mostra la foto. Vi siete mai chiesti cosa sono, e perché ormai da molti anni non se ne vedono più sulle nostre spiagge? Secondo Rigoberto Vigentini, noto pescatore di Rapallo, queste palle sono resti di Posidonia oceanica  sminuzzati ed aggregati dal moto ondoso e poi spiaggiate. Sono conosciute come Delile (dal nome dello studioso Delile). Pare che in dialetto genovese, un tempo, le chiamassero “stuppinelli”. Ma abbiamo scoperto che queste perfette forme geometriche hanno anche un nome scientifico un po’ difficile da ricordare, come vedremo.

Giunti a questo punto, non ci rimane che addentrarci, brevemente, nei “meandri scientifici” e la nostra curiosità viene premiata:

Di solito si tratta di resti di “alghe”, come la Lattuga di mare (Ulva lactuca), o di frammenti di Posidonia, che non è un’alga ma una pianta come quelle terrestri (Posidonia oceanica).


Ulva Lactuc


Prateria di Posidonia oceanica - Portofino

Posidonia oceanica - Delile, 1813 è una pianta acquatica, endemica del Mar Mediterraneo appartenente alla famiglia delle Posidoniacee (Angiosperme Monocotiledoni). 
Ha caratteristiche simili alle piante terrestri, ha radici, un fusto rizomatoso e foglie nastriformi lunghe fino ad un metro e unite in ciuffi di 6-7. Fiorisce in autunno e in primavera produce frutti galleggianti volgarmente chiamati ‘olive di mare’. 
Forma delle praterie sottomarine che hanno una notevole importanza ecologica, costituendo la comunità climax del mar Mediterraneo ed esercitando una notevole azione nella protezione della linea di costa dall'erosione. Al suo interno vivono molti organismi animali e vegetali che nella prateria trovano nutrimento e protezione.
Il posidonieto è considerato un buon bioindicatore della qualità delle acque marine costiere.

Dettaglio di rizoma

Della Posidonia, che forma praterie sottomarine, importantissime per la salute del Mare, sulla spiaggia si trovano sia pezzi delle loro foglie, sia resti delle radici.

Queste ultime, con il continuo moto ondoso, si riducono in sottili fibre, che si intrecciano fittamente fino a formare caratteristiche palline, più o meno grandi, di colore marrone, cui è stato dato un nome strano: “egagropili”.

Egagropili

Egagropili è il termine scientifico utilizzato per descrivere gli agglomerati sferici o ovali di colore marrone chiaro e di consistenza feltrosa costituiti da residui fibrosi di Posidonia oceanica che si accumulano sui litorali sospinti dalle onde.

La formazione degli egagropili, comunemente noti come palle di mare, polpette di mare o patate di mare, è frutto dello sfilacciamento dei residui fogliari fibrosi che circondano il rizoma della pianta e della loro aggregazione ad opera della risacca marina.

Formazioni simili sono prodotte anche dall'alga verde d'acqua dolce Aegagropola Linnaei, che quando si sviluppa forma grandi sfere verdi dalla superficie vellutata che di giorno galleggiano a pelo d'acqua (grazie all'ossigeno sviluppato con la fotosintesi) e di notte stazionano sul fondo.

Perché si vedono ormai raramente le Egagropili sulle nostre coste? Per questa domanda non abbiamo risposte certe. Ma siamo fiduciosi di pubblicare le vostre.

Carlo GATTI

Rapallo, 17 luglio 2013





I CLIPPERS, le "Ferrari" dell'800

I CLIPPERS

le “FERRARI” dell’800

La Grande Corsa del Té del 1866

Foto n.1 - La cartina mostra la rotta principale dei Tea-Clippers da Foochow (Cina) a Londra che fu teatro di epiche regate commerciali. Le frecce nere indicano i venti predominanti nel periodo compreso tra maggio e settembre. In condizioni favorevoli i Clippers raggiungevano 20 nodi di velocità, come un traghetto di oggi, ma erano spinti dal vento e manovrati da superbi marinai.

Clipper, (dall’inglese to clip=tagliare, il vento, le onde, i primati ecc...) fu il nome attribuito all’ultimo esemplare, il più perfezionato dell’evoluzione della nave a vela. Nacque in America nel 1820 sull’onda di una profetica intuizione mercantile: “il commercio prenderà le vie del mare”. Ma i Cantieri americani ebbero un’altra intuizione, questa volta d’ingegneria navale: “lo spostamento della sezione maestra dello scafo verso prua conferirà al veliero una maggiore stabilità in navigazione”. Tuttavia, la caratteristica principale del clipper doveva essere la velocità derivante dalle più affinate linee d’acqua dello scafo e dalla maestosa superficie velica ben superiore alle unità equivalenti dell’epoca. Il clipper fu quindi progettato per essere un autentico levriero degli oceani, e per raggiungere tale obiettivo fu persino diminuita la capacità di trasporto del carico. I risultati raggiunti ripagarono questo sacrificio. Il clipper raggiungeva, infatti, una velocità di 15 nodi con punte di 20 nodi quando la velocità massima degli altri velieri e delle stesse navi a vapore era di 5-7 nodi in condizioni ottimali. I clippers furono costruiti da cantieri inglesi, olandesi, francesi e americani, ma i primi a scendere in mare furono i piccoli Clippers di Baltimora (USA) che entrarono in scena durante la guerra (USA-UK) del 1812, proprio per le tensioni commerciali. La storia di questa categoria di velieri si usa suddividerla in cinque periodi dell’800:

1830-1850: I Clippers dell’Oppio. La Compagnia delle Indie manteneva il monopolio sulla vendita della droga. Erano velieri di limitate dimensioni, ma particolarmente ben costruiti e soprattutto veloci. Armati di qualche cannone ed esperti equipaggi, andarono scomparendo intorno al 1860, quando venne abolito il monopolio ed il traffico della droga divenne meno redditizio.

1845-1860: I Tea-Clippers americani. Nel periodo aureo ne furono costruiti ben 137 per fronteggiare l’aumento del consumo del tè negli Stati Uniti. Furono varati a New York e nella Nuova Inghilterra, tuttavia, a causa della forte richiesta, il legname impiegato per la loro costruzione non poteva raggiungere una buona stagionatura, e questa limitazione diminuiva la resistenza alle forti sollecitazioni dell’alta velocità. Per questo motivo, i clippers americani furono meno longevi dei loro rivali inglesi. Dopo il 1849, con la scoperta dell’oro in California, i Tea-Clippers furono adibiti al trasporto dei cercatori d’oro che si trasferivano dalla costa atlantica degli Stati Uniti a San Francisco via Capo Horn. Il viaggio lungo e pericoloso proseguiva nel Pacifico verso la Cina per l’imbarco del tè. Da qui i clippers ripartivano con rotta a ponente e, doppiato il Capo di Buona Speranza, affrontavano l’Atlantico puntando su New York dove si concludeva il giro del mondo. Nel 1850 giunse a Londra il primo clipper americano carico di tè cinese. La cantieristica inglese fu messa in allarme di fronte al “vascello” che aveva impiegato solo 97 giorni da Hong Kong a Londra. Questo periodo si concluse con l’apparire delle prime navi a motore e gli affondamenti provocati dai corsari sudisti durante la guerra di secessione. I clippers superstiti furono venduti ai portoghesi di Macao e agli Armatori Liguri del Callao (Lima) che li adibirono al trasporto di emigranti cinesi in Perù per la raccolta del guano, ottimo fertilizzante naturale molto richiesto in Europa.

1850-1875: I Tea-Clippers Inglesi. Costruiti con solido e stagionato teak birmano, avevano la linea dello scafo più lunga, aggraziata e filante di quelli americani. I maggiori costruttori di Clippers inglesi  furono: A.Hall, H.Hood, Connell, R.Steele di Aberdeen-Scozia, Pile di di Sunderland, Chaloner di Liverpool, Laurie di Glasgow e infine Scott & Linton di Dumbarton, i costruttori del celebre Cutty Sark. In coperta avevano un piccolo castello a prua ed una tuga a poppa. Il cassero accoglieva invece gli alloggi del Capitano e degli ufficiali. Nel 1863 i clippers inglesi adottarono una tecnica mista di costruzione che prevedeva l’ossatura in ferro, mentre rimaneva invariato l’impiego del legno per il ponte di coperta ed il fasciame esterno. I migliori Tea-Clippers furono costruiti proprio in quegli anni, e con quella tecnica innovativa segnarono l’apogeo della vela nel trasporto rapido delle merci. Erano tutti sotto le 1.000 ton. di stazza e  i loro nomi divennero celebri: Serica (1863), Taeping (1863), Young Lochinvar (1863), Chinaman (1865), Ariel (1865), Sir Lancelot (1865), Titania (1866) e, naturalmente, molti altri.

1820-1865: I Clippers-Passeggeri. Noti come “packets”, (da cui Paquebot in Francia e Pacchetti in Italia), furono pur sempre comodi e veloci clippers adibiti al trasporto passeggeri. Collegavano i porti atlantici USA: New York, Boston, Filadelfia e Baltimora con il Nord Europa. Rimasero in attività un cinquantennio e precedettero di un secolo  “i famosi transatlantici di linea” che continuarono quel flusso regolare fino al 1970. Comandati da esperti uomini di mare, e manovrati da equipaggi sceltissimi, questi clippers offrivano comode e lussuose sistemazioni per una cinquantina di passeggeri. Per il viaggio di ritorno trasportavano emigranti in cerca di fortuna negli States. La traversata durava in media 15-20 giorni. Una singolare testimonianza d’efficienza dei “packets” ci fu lasciata da un romantico epitaffio dedicato al ritiro di un clipper della Black Ball Line: “Era uno dei più veloci e lussuosi. In 29 anni effettuò 116 traversate complete. Non aveva mai perduto gente in mare, né subito avarie notevoli. Trasportò 30.000 passeggeri e vide 1200 nascite e 200 matrimoni”.

1865-1890: I Colonial o Wool-Clippers. In ordine di tempo  fu l’ultima categoria di quei velieri veloci che furono costruiti in Inghilterra e negli USA per assicurare i collegamenti commerciali con l’Australia, la Nuova Zelanda e la Tasmania. Gli scafi dei colonials furono dapprima in legno, in seguito vennero costruiti con la “tecnica mista” già descritta, che permise di realizzare unità estremamente solide e di notevoli dimensioni facendo così fronte alla grande richiesta di navi per le rotte australiane. Fu proprio il ferro usato per la loro costruzione che permise ai colonials di resistere ancora per un ventennio dominando su tutti i mari fino alla fine del secolo.

Foto n.2 - Il Cutty Sark é conservato ancora intatto  nel “CUTTY SARK CLIPPER SHIP MUSEUM” nel bacino del Maritime Greenwich World Museum Heritage di Londra.

Gli Inglesi la definirono: “La grande corsa del tè del 1866”

Nella “Londra Vittoriana”, con il consumo del tè, ci fu un vero cambiamento di costume nazionale, in pratica s’instaurò una moda che ebbe molte ripercussioni persino nei trasporti marittimi. L’annuale arrivo del primo carico di tè primaverile cinese, considerato il migliore (una pianta dava tre raccolti), veniva pagato 10 scellini ogni 50 piedi cubici, e 100 sterline di premio erano destinate al Capitano del clipper che arrivava per primo sui mercati. Questo tangibile riconoscimento diede il via ad una vera e propria “corsa del tè” che coinvolse navi e capitani famosi, in primo luogo il “Cutty Sark” che, ironia della sorte, non riusciva ad imporsi sul diretto concorrente “Thermopylae”, malgrado la sua meritatissima fama. Molte furono le coppie rivali di clippers che divisero l’opinione pubblica mondiale in vere e proprie tifoserie di scommettitori e appassionati che investivano somme ingenti sulle vittorie di questi “levrieri d’altura”. Qui si aprirebbe un capitolo lunghissimo e affascinante, purtroppo, per ragioni di spazio, non possiamo che fare riferimento soltanto a quella che fu la gara più spettacolare che sublimò le grandi corse dei clippers.

Fu sicuramente per ragioni di mercato che, alla fonda nella rada della Pagoda a Foochow-Cina, si trovassero quell’anno ben 16 Tea-Clippers in attesa di caricare i nuovi raccolti: l’Ada,  l’Ariel, il Belted Will, il Black Prince, il Chinaman, il Coulnakyle il Falcon, il Fluing Spur, il Fieri-Cross, il Golden Spur, il Pakwan, il Serica, il Taitsing, il Teaping, il White Adder, lo Yahgtze. Fra i protagonisti più attesi c’erano: il Serica di 708 T. varato nel 1863 e comandato dal Capitano Gorge Innes;  il Fiery-Cross da 888 T. comandato del Capitano Richard Robinson, già vincitore di regate precedenti;  il Taitsing da 815 T. al suo esordio col Capitano Daniel Nutsford;  il Teaping 767 T.   comandato del Capitano Donald Mckinnon ed in fine l’Ariel da 853 T. al comando del suo famoso Capitano John Keay, il quale, riferendosi al suo clipper diceva: “Posso contare su di lui come su un essere vivente”.

L’Ariel fu il primo a chiudere i boccaporti delle stive, a chiamare il pilota e a discendere il fiume Min al traino di un rimorchiatore. Ma la sua rapida partenza fu rallentata dalle manovre sbagliate del comandante del rimorchiatore. Purtroppo in mare gli errori si pagano subito e il Fiery-Cross n’approfittò per attuare un clamoroso sorpasso che gli diede un notevole vantaggio in mare aperto. Di quella rallentata partenza se n’avvantaggiarono anche il rivale Teaping, il velocissimo Serica ed il Taitsing che ormai lo tallonavano a qualche centinaio di metri. I clippers erano velieri molto sensibili all’assetto del carico e cap. Keay ben presto s’accorse che la sua nave era troppo appruata e perdeva velocità. Fece spostare pani di ghisa di zavorra, ancore, catene e persino delle casse dentro la sua cabina. Finalmente il primo di Giugno, Keay spiegò al vento tutte le vele del clipper e, lasciato lo stretto di Formosa, mise la prua verso il Mar della Cina meridionale, costeggiò la Malesia, Sumatra e infilandosi nello stretto della Sonda entrò nell’oceano Indiano. Erano trascorsi 21 giorni dalla partenza e in quel momento Keay non sapeva che il Fiery-Cross lo precedeva di un giorno. Spinti dagli Alisei di Sud-Est entrambi volarono verso le Isole Mauritius. Pochi giorni dopo anche il Teaping, il Serica e il Taitsing attraversarono lo stretto lanciandosi al loro inseguimento sull’oceano indiano. Qualcuno da terra li vide e la notizia del loro passaggio rimbalzò a Londra suscitando l’entusiasmo di migliaia di scommettitori Inglesi. Il 25 Giugno Capitan Keay annota sul giornale di bordo che l’Ariel deve rallentare per imbarco d’acqua nello scafo e per la rottura di alcuni alberetti a causa dell’eccessivo sforzo. La sua ansia aumentava non avendo la minima idea di chi fosse in testa alla gara. Doppiato il Capo di Buona Speranza, l’Ariel mise la prua a Nord-Ovest con gli Alisei in poppa, lasciò l’Isola di S.Elena sulla sinistra e si trovò il 4 di Agosto nelle calme equatoriali in compagnia del Fiery-Cross e del Teaping.

Lasciato di poppa lo “scoglio delle bonacce”, i Clippers navigarono verso Nord lasciandosi Capo Verde sulla dritta e puntarono sulle Azzorre alla ricerca di vento gagliardo da ponente. Il Golfo di Guascogna fu clemente e l’approaching alla Manica avvenne intorno ai primi di settembre. Quando cap. Keay giunse il giorno 5 in vista della costa meridionale dell’Inghilterra, credette d’aver vinto il race fino a quando, all’improvviso, intravide sottovento la sagoma inconfondibile del Taeping che avanzava sospinto da forti colpi di vento.

La suspence giunse al massimo stadio quando i due Clippers, attraversato lo stretto di Dover, si presentarono appaiati alla foce del Tamigi, agganciarono contemporaneamente il rimorchiatore portuale per risalire il fiume e si diressero verso i rispettivi Docks d’attracco. Ma nel finale di questa “nevrotica quanto appassionante” traversata accade ancora qualcosa d’imprevisto. Il capitano Keay dell’Ariel decise di rallentare il suo clipper per evitare d’incagliarsi durante il riflusso della bassa marea. Il Taeping aveva un pescaggio inferiore ed il suo capitano McKinnon non solo sorpassò il rivale ma lo precedette di circa un’ora, ma fu costretto a dare fondo l’ancora a causa della bassa marea. A questo punto l’Ariel, convinto per l’ennesima volta d’aver vinto, anche perché la sua banchina era più vicina di quella del rivale, sopraggiunse sorpassando l’avversario che stava salpando l’ancora. Purtroppo il calcolo dell’ora di marea fu impreciso: il momento dell’inversione della marea, e quindi l’altezza dell’acqua non era ancora sufficiente per consentirgli l’attracco. L’attesa delle giuste condizioni durò ancora un’ora, giusto il tempo di permettere al Taeping di ormeggiare per primo.

Il Teaping aveva vinto per soli 23 minuti. Ma ciò che rese “storico” quel viaggio fu la coincidenza che vide tre clippers, partiti insieme dalla Cina, entrare quel giorno nel porto di Londra con la stessa marea. Il Serica attraccò  un’ora dopo.

N.3 - I Clippers inglesi ARIEL (1865-1872) & TAEPING (1863-1871)

Immortalati in un celebre quadro

L’apertura del Canale di Suez (1869) e quello di Panama (1914) ridussero di mesi i percorsi marittimi e segnarono, insieme al progressivo perfezionamento dei motori marini, la fine di una grande epopea velica.

Carlo GATTI

Rapallo, 26.05.11


IL PASSATO DI RAPALLO SUL MARE

Il passato di Rapallo sul mare

del Comandante Antonio Calegari, tratto dalla rivista "Il Mare" dell'11 Luglio 1954

Rapallo, spandorata lungo la spiaggia col suo pavese alberghiero e balneario, non conserva più alcuna tradizione marinara. Tutte le memorie d’un notevole passato marinaro sono sparite. Eppure in ogni tempo, salvo il presente, i rapallesi si dedicarono alla navigazione, ai traffici marittimi, affrontando spesso duri combattimenti sul mare. Fin dall’epoca romana Rapallo svolse notevole attività marittima specialmente quando si trovò collegata con la via Aurelia. Esistevano già infatti i suoi due portixeu, quello situato alla foce del “Boate” (che poi divenne il porto del Langano) e l’altro, a levante, dove sbocca il torrente “San Francesco”. Dopo un oscuro periodo, è in pieno medioevo che le cronache cominciano a parlare frequentemente del borgo di Rapallo e della sua marina. Rapallo, coinvolta nella generale distruzione compiuta da Rotari nel 641, risorge e ben presto raggiunge sicuramente una certa prosperità, se è fatta segno a ripetuti e violenti saccheggi. Così nel maggio 1087 i pisani vi piombano sopra “viriliter” (come scrisse l’Unghelli) smantellando il castello, incendiando la Chiesa e facendo schiavi uomini e donne. Così nel 1284 è duramente provata dalla flotta veneto-pisana, comandata da Alberto Morosini e da Loto Donoratico, figlio quest’ultimo del ben noto conte Ugolino. Pisa è la nemica di Rapallo, la quale arma alcune galere per contrastarne le forze, sempre in unione alla flotta genovese. Fin dal 1229 Rapallo si è volontariamente assoggettata a Genova.

Infatti nell’anno 1274 navi rapallesi partecipano valorosamente alla famosa battaglia della Meloria nella quale i pisani subirono così dura sconfitta.

Ma negli anni precedenti si ha notizia di galere rapallesi; nel 1232, quando Rapallo invia una galera a Genova per essere incorporata nella flotta destinata ad aiutare i cristiani di Ceuta minacciati dai saraceni; ed in seguito negli anni 1258, 1262, 1265, 1270, numerosi legni da guerra si affiancano alle navi di San Giorgio nella lotta contro i comuni nemici. Parallelamente nei secoli XIII e XIV, quei di Rapallo sviluppano una rilevante attività commerciale-marittima, soprattutto col Levante, a quanto è lecito supporre, per esempio, dalla numerosa colonia rapallese dislocata a Cipro. In essa emergono, come naviganti, armatori e commercianti, i nomi della casata dei Ruisecco e dei Pastene. Un Domenico Pastene (fine del ‘300) diventa il più grande commerciante dell’isola, viaggia molti anni in Egitto, Siria, Asia Minore, Mar Nero, sino al golfo Persico, inviando interessanti relazioni diplomatico-commerciali alla Repubblica di Genova, lasciando infine tutte le sue ricchezze al Banco di San Giorgio. E Rapallo manda persino sulle rive del Lemano alcuni suoi figli, un Sacolosi ed un Andreani, quali maestri d’ascia per la costruzione di galee sabaude. Pure alla fine del ‘300 un Antonio Colombo di Rapallo è comandante di galee.

L’Ammiraglio Biagio Assereto

Durante il 1400 Rapallo è ancora fatta segno a disastrosi saccheggi; la prima volta da 22 galere venete; poi è messa a ferro e a fuoco, in sul finire del secolo dalle truppe svizzere, sbarcate da navi francesi in conflitto cogli aragonesi (Genova reagisce con la legge del taglione). Intanto un rapallese è consacrato alla storia quale esperto comandante di armate navali: è l’ammiraglio Biagio Assereto, vincitore della battaglia di Ponza, la più grande del secolo XV. Tra gli uomini illustri assume particolare rilievo Giovan Battista Pastene, Almirante del re di Spagna, Pilota Major do Mar do Sud, fondatore di Valparaiso (1544). A questo punto si devono ricordare: Bartolomeo Canessa, capitano di galeazza con Patente di corsa della Repubblica Genovese; Agostino Canevale, comandante della galea Lomellina alla battaglia di Lepanto e Gio Bernardo Molfino, capitano della fregata Il Cacciatore, che a metà del ‘600 corseggiava nei mari del Levante. Pressappoco alla medesima epoca, gli abitanti del Capitanato di Rapallo largiscono una forte somma per la costruzione di una nuova galea, da incorporarsi col nome di Santa Maria del Monte Allegro, nella flotta genovese.

Rapallo contribuisce così alla sua difesa, ancor memore del furioso assalto compiuto un secolo prima dal celebre corsaro Dragut. Nei secoli XVI e XVII gli annali e le cronache parlano con decisa frequenza di Rapallo e della sua importanza nel campo marittimo.

A. Giustiniani ricorda che i borghesi di Rapallo sono “gente assai civile, mercadanti e marinai, quali hanno parecchi navili”; dal “Registro di Carattate” (1531) si rileva che “de tutti doi, barche piccole da mine 30 in 60, di cento incirca, la maggior parte da piscare”; in altre fonti sono menzionati legni rapallesi trafficanti in tutto il Mediterraneo, specie col Levante e la Spagna. Gerolamo De Martini scrive (1655); “Rapallum vero vicus est insignis mercatoribus nautisque frequens”. Padre Ludovico d’Amerio con uno slancio lirico, conferma il passato della nostra città, ricordando “… il lustro di segnalate imprese di mare” mentre il noto padre Antonio Bresciani dice che Rapallo “… ha popolo numeroso ed attivo in opere di navigare”. Anche dal “Codice diplomatico Rapallese” si ricavano importanti notizie a Rapallo ed alle sue imprese durante il colera che infierì a Genova nel 1650. Meriterebbe ben più lungo cenno il rapallese Visconte Maggiolo “maestro delle carte da navigare”, vera gloria nazionale, famoso iniziatore di una grande scuola cartografica. Pure degno di ricordo l’antica fiorente confraternita dei Marinai che già esisteva nel 1720 sotto il patronato di Sant’Erasmo.

Al principio del secolo scorso molti padroni di barca erano dediti alla pesca delle spugne; battevano i fondali delle acque dell’arcipelago greco. Molti altri, sfidando la minaccia dei pirati barbareschi che spesso li traevano schiavi, andavano alla pesca del corallo lungo la costa africana. Declinando l’industria corallina (1840-1860) ed al sopravvenire della decadenza della vela, buon nerbo di capitani e naviganti rapallesi emigrarono nel Sud America, specialmente nel Perù e nell’Argentina, continuando naturalmente la loro professione. Oggi si ricordano ancora parecchi piloti del Rio de La Plata oriundi di Rapallo, i cui nomi corrispondono ai vari Castagneto, Solari, Macchiavello, Arata, Sanguineti, ecc. Il nostromo Antonio Castagneto si ingaggiò, anzi, come “pilota major” nella marina da guerra del governo rivoluzionario colombiano, eroicamente battendosi a bordo di navi armate in corsa.

Durante il periodo velico di maggior splendore, Rapallo diede figure eminenti di Capitani di Lungo Corso, da Emanuele a Giacomo Bontà, a Pietro Felugo e a Cap. Agostino Solari, da Agostino G. B. Macchiavello a Valentino Canessa e a Biagio Arata (comandante di grandi velieri in lunghe navigazioni oceaniche), tutti valenti navigatori sulle rotte oceaniche mondiali. Parecchi rapallesi si contavano anche fra gli equipaggi della Real Marina Sarda.

L'antica Porta delle Saline

Rapalllo ebbe anche una buona e frequentata scuola nautica che esisteva nel 1865, diretta dal matematico Salviati (vicino alla porta delle Saline n.d.r.).


Lungo l’odierna passeggiata a mare, dove questa è allietata dai giardinetti, prima di arrivare al monumento di Colombo, sorgeva un cantiere navale che nel 1865 raggiunse una notevole importanza. Vi si costruirono non solo tartane, golette e scune, ma anche grossi bastimenti di oltre 1000 tonnellate, quali l’Iside, l’Espresso, il Genovese, il Ferdinando, il Siffredi, il Giuseppe Emanuele ed il maestoso Caccin di 1500 tonnellate, sotto la direzione di grandi costruttori navali come G. Merello, Graviotto ed Agostino Briasco.

Antonio CALEGARI

Foto Carlo GATTI

*Arturo Ferretto

(Rapall o, 21 aprile 1867 – Genova, 18 ottobre 1928 è stato uno storic o e archivista italiano . Pubblicò a soli ventidue anni un significativo opuscolo, Rapallo - spigolature storiche, cui seguirono numerosi importanti contributi di storia ligure, fra cui si segnalano Codice diplomatico de l Santuario di Monte Allegro (1557-1897) , Codice diplomatico delle relazioni tra la Liguria , l a Toscana e l a Lunigiana ai tempi d i Dante (1265-1281) (1901), Annali storici d i Sestri Ponente e delle sue famiglie ( 1904).

Si interessò anche di studi danteschi. Impiegato quale "ufficiale" presso il Regio Archivio di Stato di Genova , nel 1909 sposò a Chiavari Livia Oneto, da cui ebbe una figlia, Fortunata, e un figlio, Virgilio; in seguito risiedette a Genova. Collaborò intensamente ai periodici "Il Cittadino", "Il Caffaro" e, dal 1909, a "Il Mare"; su quest'ultimo dedicò 716 documentatissimi articoli a Rapallo e circondario. Ancora nel 1928 dava alle stampe Il distretto di Chiavari preromano, romano e medioevale, opera fondamentale per l'archeologia del Golfo del Tigullio Una strada di Rapallo ed una sita nel quartiere genovese di San Fruttuoso portano il suo nome.

3 Aprile 2013

Foto a cura del webmaster.

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