L'affondamento dell'ARMENIA - Ogni anno, a Yalta, si ricorda il sacrificio delle 5.000 vittime
L'AFFONDAMNENTO DELL'ARMENIA
Ogni anno, a Yalta, si ricorda il sacrificio delle 5.000 vittime
La nave Ospedale ARMENIA in navigazione (Wikipedia)
Descrizione generale |
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Tipo |
nave ospedale |
Classe |
Adzharija |
Armatore |
Sovtorgflot |
Porto di registrazione |
Odessa |
Costruttori |
Baltijskiji zavod |
Cantiere |
di Leningrado, URSS |
Destino finale |
affondata da aerei tedeschi il 7 novembre 1941 |
Stato |
relitto, giace a -472 m |
Caratteristiche generali |
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Dislocamento |
(a pieno carico) 5.770 t |
Stazza lorda |
4.727 tsl |
Stazza netta |
2.566 tsn |
Portata lorda |
1.600 tpl |
Lunghezza |
(fuori tutto) 112,15 m
|
Larghezza |
15,54 m |
Pescaggio |
(max.) 5,95 m |
Propulsione |
Russkiy Dizel 2 × 1472 |
Velocità |
(max.) 15 nodi |
Passeggeri |
518 in 3 classi
|
Nave Ospedale ARMENIA
Fonte: https://it.topwar.ru/
Il 7 novembre 1941, nel Mar Nero, la nave ospedale sovietica Armenia affondò a seguito di un attacco di un aerosilurante tedesco Heinkel He 111. A bordo si trovavano oltre 5.000 persone, tra soldati feriti, civili e rifugiati, rendendo questo evento la più grande tragedia marittima della Seconda Guerra Mondiale. L'alto numero di vittime fu mantenuto segreto dall'URSS per decenni.
E’ doveroso segnalare a questo proposito che alcune fonti sostengono/sospettano che il numero delle vittime sia il doppio di quello ipotizzato e mai stabilito.
La nave, pur essendo designata come Nave Ospedale, trasportava anche munizioni e truppe, un fatto che potrebbe aver contribuito all'attacco nazista.
L'equipaggio, inoltre, seguì ordini controversi che li portarono in acque pericolose vicino a Yalta, già minacciata dai tedeschi. L'insufficiente scorta e il cielo nuvoloso impedirono l'intervento efficace di aerei e motovedette sovietiche.
Il siluro tedesco colpì la Armenia, provocando l'affondamento in pochi minuti. La maggior parte dei passeggeri, intrappolati sottocoperta, non ebbe alcuna possibilità di salvarsi. Solo un piccolo numero di persone sopravvisse. Il silenzio imposto dall'Unione Sovietica contribuì a relegare questa tragedia nell'oblio, a differenza del più noto affondamento del Titanic. Ogni anno, a Yalta, si ricorda il sacrificio delle 5.000 vittime.
Quadro Storico dell'Affondamento dell'Armenia
L'affondamento dell'Armenia avvenne il 7 novembre 1941, durante la fase cruciale dell'invasione tedesca dell'Unione Sovietica. La 11ª Armata tedesca, guidata dal generale Erich von Manstein, stava per sferrare l'assedio a Sebastopoli, importante base navale sovietica in Crimea. A Mosca, nello stesso giorno, si celebrava la parata militare per il 24º anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, un atto di propaganda che mascherava la gravità della situazione militare a pochi chilometri dalla capitale.
La situazione in Crimea era critica: l'esercito sovietico stava subendo pesanti perdite e si stava ritirando verso Sebastopoli. L'evacuazione di civili e feriti dai porti della Crimea, tra cui Yalta e Sebastopoli, era diventata una necessità disperata. Questa situazione di emergenza contribuì al sovraffollamento e alla confusione che caratterizzarono l'ultima missione dell'Armenia.
Fase decisiva dell'attacco:
Dopo aver imbarcato un numero eccessivo di passeggeri a Yalta, l'Armenia, pur mostrando segni distintivi di nave ospedale (croci rosse, bandiera della Croce Rossa), salpò alle 7:00 del 7 novembre, scortata da due motovedette e due caccia. Intorno alle 10:00, un aereo da ricognizione tedesco individuò la nave. Alle 11:15, un Heinkel He 111 del 1./KG 28, pilotato dal tenente H.W. George, attaccò senza preavviso. Le motovedette di scorta e i caccia sovietici, a causa delle cattive condizioni meteorologiche e di una scarsa coordinazione, non riuscirono ad intervenire efficacemente. Il siluro lanciato dall’He 111 colpì la prua dell'Armenia, causando la rapida rottura dello scafo. La nave affondò in circa quattro minuti al largo di Gurzuf, a sud di Yalta. Il panico e la mancanza di tempo impedirono l'utilizzo delle scialuppe di salvataggio.
Heinkel He 111 – Bombardiere a medio raggio
Descrizione |
|
Tipo |
Bombardiere a medio raggio |
Equipaggio |
5 |
Costruttore |
Heinkel |
Data primo volo |
24 febbraio 1935 |
Data entrata in servizio |
1936 |
Utilizzatore principale |
Luftwaffe |
Esemplari |
circa 7.540 |
Dimensioni e pesi |
|
Tavole prospettiche |
|
Lunghezza |
16,40 m |
Apertura alare |
22,60 m |
Altezza |
4,01 m |
Superficie alare |
86,50 m² |
Peso a vuoto |
6,53 t |
Peso max al decollo |
14 000 kg |
Propulsione |
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Motore |
2 Junkers Jumo 211 F sovralimentati, 12 cilindri a V rovesciato |
Potenza |
1 350 CV(993 kW) ciascuno |
Prestazioni |
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Velocità max |
415 km/h |
Velocità di crociera |
350 km/h |
Autonomia |
1 950 km |
Tangenza |
8 500 m |
Armamento |
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Mitragliatrici |
6 MG 15 calibro7,92 mm
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Cannoni |
1 MG FF calibro 20 mm |
Bombe |
fino a 2 000 kg |
Note |
dati riferiti alla versione H-3 |
Precendenti:
L'attacco all'Armenia non fu un evento isolato. La flotta sovietica subì ripetuti attacchi nel Mar Nero, e diverse altre navi ospedale subirono danni o furono affondate, violando le convenzioni internazionali. L’Unione Sovietica si era rifiutata di riconoscere l’immunità delle navi ospedale tedesche, creando un clima di reciprocità nella violazione delle regole di guerra. A titolo di esempio, nel Giugno 1942, la nave ospedale Abkhazia, di stazza simile all'Armenia, era stata bombardata e affondata da un Heinkel He 111. Precedentemente, nel luglio 1941, le navi ospedale Kotovsky, Anton Čechov e Adjara erano state danneggiate o affondate da attacchi aerei tedeschi. Questi attacchi precedenti mostrano che la vulnerabilità delle Navi Ospedale nel Mar Nero era nota, ma non si presero misure efficaci per prevenire altre tragedie.
l segreto imposto dall'Unione Sovietica sulla tragedia dell'Armenia per quasi cinquant'anni è un comportamento che può essere giudicato in diversi modi, non solo dal punto di vista morale, ma anche in base al contesto storico e politico del regime stalinista e del periodo post-guerra.
Da un punto di vista morale:
il silenzio sulle migliaia di vittime è inaccettabile. Nascondere una simile tragedia, negando alle famiglie il diritto di sapere cosa era accaduto ai propri cari, rappresenta una violazione profonda della dignità umana e un atto di disprezzo per la memoria delle vittime. La mancanza di trasparenza e di responsabilità nei confronti dei cittadini è in sé un atto grave.
Dal punto di vista politico:
il regime sovietico probabilmente decise di mantenere il silenzio per diversi motivi.
Controllo della Narrazione:
Il regime stalinista aveva un rigido controllo sull'informazione. Una tragedia di tale portata, con possibili implicazioni sulla capacità militare e sulla gestione della guerra, avrebbe potuto minare la fiducia pubblica nel regime. Nascondere la verità era un modo per mantenere il controllo sulla narrazione e preservare l'immagine di invincibilità del regime.
Preservazione dell'immagine:
L'ammissione della tragedia avrebbe messo in evidenza le carenze strategiche, operative e organizzative dell'esercito sovietico, così come le scelte politiche che avevano portato al sovraffollamento della nave e alla sua permanenza in acque pericolose.
Protezione della reputazione dei vertici militari e politici:
Le decisioni che avevano portato all'affondamento avrebbero potuto incriminare alti ufficiali e figure politiche. Il segreto serviva anche a proteggere la reputazione del regime e a evitare possibili conseguenze interne.
Controllo delle risorse:
In un periodo di guerra e di scarsità, ogni aspetto riguardante la logistica bellica doveva essere rigorosamente sorvegliato. Avere accesso ad alcune informazioni e avrebbe potuto provocare malcontento o sollevazioni interne, compromettendo la stabilità del paese.
In conclusione:
il segreto sull'Armenia fu una scelta politica calcolata che rifletteva i metodi autoritari del regime sovietico: una scelta immorale ma perfettamente coerente con la sua natura totalitaria, desiderosa di controllo e di occultamento della verità a favore della sua propaganda. La rivelazione della verità, avvenuta solo dopo la fine del regime sovietico, rappresenta un momento di giustizia tardiva, ma fondamentale, per onorare la memoria delle migliaia di vittime dimenticate.
Ci chiediamo: Era forse anche come ammettere che la Luftvaffe aveva dimostrato una superiorità in fatto di potenza e anche qualità operativa?
L'ammissione della tragedia dell'Armenia avrebbe implicato anche una certa ammissione di inferiorità, o perlomeno di una significativa fragilità, della marina e dell'aviazione sovietica di fronte alla Luftwaffe. Diversi aspetti avrebbero potuto essere interpretati in questo senso:
Superiorità tattica della Luftwaffe:
L'attacco riuscito dimostrava la capacità della Luftwaffe di individuare e colpire una nave obiettivo, anche in condizioni di mare mosso e scarsa visibilità, superando le difese aeree sovietiche. Questo evidenziava una superiorità tattica nell'utilizzo dell'aviazione in ambito marittimo.
Inefficacia della difesa aerea sovietica:
L'incapacità della scorta di aerei e delle motovedette di intercettare e respingere l'He 111 prima che colpisse l'Armenia metteva in luce gravi carenze nella difesa aerea sovietica. Questo aspetto avrebbe minato la fiducia nell’efficacia delle proprie strategie difensive, mostrando una potenziale superiorità tecnologica ed operativa tedesca.
Vulnerabilità delle navi ospedale:
L'affondamento, pur avvenuto in violazione delle convenzioni internazionali, evidenziava la vulnerabilità delle Navi Ospedale sovietiche di fronte all'aviazione nemica. Questa consapevolezza avrebbe potuto mettere in crisi la fiducia nel sistema di evacuazione e di protezione dei feriti e dei civili.
Problemi di comunicazione e coordinazione:
L'inefficacia della difesa sovietica era anche dovuta a problemi di comunicazione e coordinazione tra le diverse forze armate. Questo suggerisce una mancanza di efficienza ed organizzazione all’interno delle forze armate sovietiche, in contrasto con la presunta organizzazione efficientissima propinata dalla propaganda.
In sintesi:
Ammettere pubblicamente l’evento avrebbe significato riconoscere non solo una grave perdita di vite umane, ma anche un'inferiorità in termini di preparazione, efficacia operativa e forse tecnologia, in un momento in cui il regime cercava un’immagine di potenza e di superiorità militare. Il segreto, quindi, serviva anche a occultare una potenziale debolezza strategica e tecnologica di fronte al nemico.
Conclusione:
l paragone tra la tragedia dell'Armenia e quella del Titanic è inevitabile, ma evidenzia una profonda disparità nel modo in cui queste due catastrofi sono state raccontate e ricordate.
Entrambe rappresentano tragedie marittime di grandi proporzioni, ma le loro narrazioni sono profondamente diverse a causa di fattori storici e politici.
Il Titanic, affondato nel 1912, è stato oggetto di numerosissimi libri, film e documentari, diventando un vero e proprio mito culturale. La sua storia è stata raccontata in modo dettagliato, esplorando diverse prospettive, dalle classi sociali più elevate ai membri dell'equipaggio e ai passeggeri di terza classe. La tragedia ha ispirato riflessioni sul classismo, sulla sicurezza marittima e sulla natura della tragedia stessa.
L’Armenia, invece, è rimasta per decenni avvolta nel silenzio e nell'oblio, una tragedia seppellita dalla propaganda del regime sovietico. La sua storia, emersa solo dopo la caduta dell'URSS, è rimasta relativamente meno nota al pubblico internazionale, con una copertura mediatica e letteraria significativamente inferiore rispetto al Titanic. La maggiore diffusione a livello mondiale del racconto del Titanic, rispetto a quello dell'Armenia, influisce inevitabilmente su quale tragedia abbia una maggiore rilevanza e memorabilità nella cultura popolare.
La differenza principale sta nella disponibilità di informazioni e nel contesto politico. La storia del Titanic è stata documentata fin dall'inizio, con numerose testimonianze sopravvissute e accessibili. La tragedia dell'Armenia, al contrario, è stata attivamente censurata, rendendo difficile la ricostruzione dei fatti per decenni.
In sostanza, il paragone pone in evidenza non solo la portata umana di entrambe le tragedie, ma anche la politica della memoria e il ruolo che il potere può svolgere nel determinare cosa viene ricordato e come viene ricordato. L'Armenia rappresenta una tragedia meno celebrata, ma non meno significativa, offrendo una potente testimonianza del costo umano della guerra e della manipolazione storica.
Conclude lo storico Francesco MATTESINI:
“In ricordo di questa tragedia, ogni anno, il 9 maggio, i lavoratori del porto di Yalta prendono il mare per recarsi sul luogo dell'affondamento della motonave ARMENIA per onorare la memoria dei caduti nella tragedia e depongono corone di fiori, pregando:
"Ricorda, Signore, le anime dei perduti, perdona loro tutti i peccati, volontari e involontari, e concedi loro il Regno dei Cieli”.
FONTE principale:
https://www.aidmen.it/
AIDMEN – Associazione Italiana Documentazione Marittima e Navale
Articolo di riferimento:
L’Armenia, la nave della morte.
La più grande tragedia marittima del 20° secolo
Francesco Mattesini
Carlo GATTI
Rapallo, Giovedì 10 Aprile 2025
IL SEGRETO DI PORTOFINO: Maestranze del Tigullio e l'Invincibile Armada
IL SEGRETO DI PORTOFINO
MAESTRANZE DEL TIGULLIO E L'INVINCIBILE ARMADA
Filippo II di Spagna
Ritratto di Anthonis Mor
l'Invincibile Armada attorniata da navi inglesi nell'agosto del 1588
Dipinto di anonimo inglese
La storia dell'Invincibile Armada è ricca di intrighi e colpi di scena, e un capitolo meno noto ma affascinante riguarda il contributo segreto delle maestranze liguri, in particolare quelle di Portofino. Mentre la grande flotta spagnola si preparava a conquistare l'Inghilterra, artigiani e cantieri navali della Repubblica di Genova giocavano un ruolo fondamentale, a volte persino in segreto, fornendo navi e armamenti.
L'archeologo genovese Gianni Ridella ha portato alla luce prove inconfutabili di questa collaborazione. Le sue ricerche, incentrate sull'artiglieria navale, hanno rivelato la presenza di cannoni prodotti da Dorino II Gioardi, un artigiano genovese con fonderia nel Porto Antico, su diverse navi dell'Armada.
Questi cannoni, identificabili dalla lettera "D" incisa sul focone, sono stati ritrovati sui relitti della Juliana (affondata al largo dell'Irlanda), della Rata Santa Maria Encoronada e della Trinitad de Scala.
La scoperta più sorprendente riguarda la San Giorgio e Sant'Elmo, costruita a Portofino e affondata da Sir Francis Drake nel 1587.
Costruita nel segreto della sua posizione geografica, raggiungibile solo via mare, Portofino offriva il riparo ideale per la costruzione di navi destinate a una potenza straniera come la Spagna. I cannoni della San Giorgio e Sant'Elmo, anch'essi marchiati con la "D" di Gioardi, confermano il coinvolgimento di Portofino nella fornitura di equipaggiamento navale all'Armada.
Questa operazione segreta evidenzia l'abilità e la discrezione delle maestranze liguri, capaci di operare in un contesto di relazioni internazionali complesse e spesso tese.
Il contributo genovese all'Armada non si limita alle forniture di Portofino. La Rata Santa Maria Encoronada e la Trinitad de Scala, entrambe di origine genovese, dimostrano la partecipazione più ampia di cantieri navali liguri alla costruzione della flotta spagnola. La loro partecipazione, unitamente alle forniture di artiglieria, sottolinea una stretta collaborazione tra Genova e la Spagna, nonostante le tensioni politiche dell'epoca.
Il contesto storico:
La Repubblica di Genova, potenza marittima di primo piano, intratteneva rapporti complessi con la Spagna nel contesto delle guerre di religione. La Spagna, impegnata nella lotta contro i protestanti, necessitava di una flotta potente. Genova, pur mantenendo una certa autonomia, beneficiava degli scambi commerciali con la Spagna e aveva interesse a mantenere buoni rapporti con una potenza così importante. Questa collaborazione, documentata dalle navi e dagli armamenti genovesi nell'Invincibile Armada, dimostra la complessità delle alleanze e delle dinamiche economiche e politiche del XVI secolo.
Portofino, per la sua posizione strategica e la sua discrezione, rappresenta un tassello significativo in questo intricato quadro storico.
Conclusione:
INVINCIBILE ARMADA: 130 navi con circa 30.000 uomini e più di 2000 pezzi di artiglieria allestita da Filippo II di Spagna per rendere possibile lo sbarco in Inghilterra del corpo di spedizione riunito nelle Fiandre da A. Farnese.
IL FALLIMENTO
L'Armada spagnola non era stata realmente battuta sul mare, pur avendo subito danni pesanti e perdite dolorose, aveva però perso la speranza di sconfiggere gli inglesi, manovrava ormai a fatica e avrebbe dovuto aprirsi la strada combattendo per raggiungere le coste dei Paesi Bassi. Decise quindi di desistere dall'impresa e cercò faticosamente di riorganizzarsi.
Ormai il tentativo di imbarcare le truppe con la conseguente invasione era fallito, così i galeoni spagnoli cercarono di ritornare in patria ma a causa dei venti contrari decisero di puntare verso nord, navigando tra gli arcipelaghi delle Orcadi e delle Shetland per poi dirigersi a sud veleggiando ad ovest dell’Irlanda.
Gli inglesi, che in un primo momento avevano inseguito il nemico, lo lasciarono poi andare tranquillamente, sebbene consapevoli che sarebbe tornato.
Il 10 agosto la flotta inglese si avvicinò per tentare un attacco alle navi spagnole rimaste attardate, ma Medina Sidonia riuscì a ricompattare le sue squadre e si preparò a dar nuovamente battaglia, cui gli inglesi tuttavia preferirono sottrarsi e quindi, dopo un fiacco scambio di cannonate, le due flotte si separarono definitivamente.
Tuttavia un'incredibile serie di tre violentissime tempeste si abbatté sugli spagnoli. La prima li sorprese il 12 agosto, al largo delle Isole Orcadi e presso le Isole Shetland; la seconda il 12 settembre al largo delle coste irlandesi; seguita dopo pochi giorni da una terza al largo delle coste del Connacht (sempre in Irlanda).
Delle 138 navi e dei circa 24.000 uomini salpati da Lisbona, 45 imbarcazioni e 10.000 uomini andarono perduti. La grande impresa di Filippo II sfumò, e lo stesso re cattolico pensò che DIO proteggesse i protestanti e punisse coloro che credevano in Lei.
La sconfitta dell'Invincibile Armada, 8 agosto 1588 di Philippe-Jacques de Loutherburg, dipinto nel 1796.
Il cosiddetto Ritratto dell'Armada (The Armada Portrait) è un dipinto allegato di artista ignoto, realizzato nel tardo XVI secolo ed eseguito con la tecnica dell’olio su tela. Vi è rappresentata Elisabetta I d’Inghilterra: l'opera celebra la vittoria della Marina Inglese sull’Invincibile Armada di Filippo II di Spagna avvenuta nel 1588. In passato è stato attribuito da diversi critici a George Gower. Si trova conservato presso la Woburn Abbey.
Grazie a questo importantissimo successo, l'Inghilterra della regina anti-spagnola Elisabetta I affermò il proprio dominio sui mari del Nord e inflisse una battuta d'arresto al tentativo spagnolo di egemonia sullo scacchiere europeo. La Spagna continuò però la sua guerra navale, riuscendo anche a ottenere alcuni importanti successi (come quelli nelle campagne delle Isole Azzorre del 1583); altre flotte spagnole operarono ugualmente nella Manica nei decenni seguenti.
L'Invincibile Armada, benché sconfitta, rappresenta un momento cruciale nella storia marittima europea. Le ricerche di Ridella mettono in luce il ruolo spesso trascurato delle maestranze liguri, e in particolare quelle di Portofino. Le loro capacità tecniche e la loro discrezione sono state fondamentali per il progetto spagnolo. Questo ci offre l'opportunità di riscoprire e celebrare la perizia dei nostri antenati, la loro capacità di lavorare per importanti potenze, e l'importanza strategica di Portofino anche in un contesto storico di portata mondiale.
Analisi Geopolitica:
La Repubblica di Genova, nel XVI secolo, si trovava in una posizione delicata tra le grandi potenze europee. Mentre manteneva una formale indipendenza, cercava di bilanciare i rapporti con Francia e Spagna, evitando di alienarsi nessuna delle due. La collaborazione con la Spagna per l'Armada va vista in questo contesto: un modo per guadagnare favori e vantaggi commerciali senza compromettere eccessivamente le relazioni con la Francia (che in quel momento aveva altre priorità). Genova, abile nel gioco diplomatico e commerciale, si inserì nel conflitto tra Spagna e Inghilterra in modo pragmatico, sfruttando le proprie competenze navali per un profitto economico.
Cantieri Navali di Portofino:
Sebbene la documentazione sia scarsa, possiamo ipotizzare che i cantieri di Portofino, più piccoli di quelli genovesi ma ben equipaggiati, si focalizzassero su navi di dimensioni medie, adatte al trasporto di armi e rifornimenti. La loro posizione nascosta offriva un vantaggio strategico in termini di segretezza, rendendoli ideali per costruire navi per potenze straniere che volevano evitare di essere facilmente rintracciate.
Non era un mistero per nessuno che già nel 1287 maestri d’ascia del Tigullio avessero costruito delle Galee per i Savoia sul lago di Ginevra.
MAESTRI D'ASCIA RAPALLINI SUL LAGO DI GINEVRA
https://www.marenostrumrapallo.it/leman/
di Carlo GATTI
Dorino II Gioardi:
La storia di Dorino II Gioardi, oltre al dettaglio della lettera "D" sui cannoni, ci tramanda le cause della sua bancarotta. Possiamo ipotizzare che, fornendo cannoni a basso costo alla Repubblica, si sia indebitato gravemente, finendo in prigione. Questo fatto aggiunge un tocco umano alla narrazione, evidenziando le difficoltà economiche degli artigiani dell'epoca e il rischio connesso alla gestione di un'attività complessa come una fonderia di cannoni.
Aspetti Commerciali:
La collaborazione tra Genova e la Spagna sulla costruzione dell'Armada aveva una forte componente commerciale. La Repubblica di Genova si sarebbe garantita il pagamento per la costruzione delle navi e dei cannoni, acquisendo un vantaggio economico importante, da cui l'ipotesi che fossero coinvolti mercati diversi, creando una rete commerciale globale che vedeva come punto nodale le maestranze liguri.
FONTI
Fabio Pozzo - LA STAMPA
09 Maggio 2017
- Il segreto genovese dell’Invincibile Armada
Gianni Ridella, archeologo, ha scoperto che nella flotta di Filippo II c’erano due navi della Repubblica di Genova. E che una terza, varata a Portofino e affondata da Francis Drake, aveva qualcosa da nascondere.
Raffaele Gargiulo
- FRANCIS DRAKE – IL CORSARO DELLA REGINA
- I CANNONI DI LAVAGNA
Renato Gianni Ridella
https://www.academia.edu/22114794/I_CANNONI_DI_LAVAGNA
Il relitto della San Giorgio, veliero mercantile genovese costruito a Portofino e affondato a Cadice dal corsaro Francis Drake nel 1587
Presentazione dell’articolo pubblicato nella rivista Archeologia Postmedievale
Introduzione del Direttore dell’Archivio di Stato di Genova Annalisa Rossi
Presentazione del fondatore e Direttore della Rivista, Marco Milanese, Direttore Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione, Università di Sassari.
Discussione tra il pubblico e gli autori dell’articolo.
I lavori per la costruzione del nuovo terminal container nel Porto di Cadice hanno portato alla scoperta di tre relitti. La ricerca documentale condotta su quello di essi denominato Delta II, congiuntamente alle informazioni tratte dai pezzi d’artiglieria rinvenuti e alle diverse merci del carico conservate, hanno permesso l’identificazione dei resti come quelli del veliero mercantile genovese San Giorgio e Sant’Elmo, affondato da Francis Drake durante la sua incursione contro il porto di Cadice nella primavera del 1587.
Si è anche capito che la nave stava allora trasportando armamenti per la flotta spagnola che, su ordine di Filippo II, si stava allora allestendo a Lisbona per attaccare l’Inghilterra.
...E LA STORIA CONTINUA FINO AI GIORNI NOSTRI ...
PORTOFINO
https://portofino.it/italy/i-carpentieri-i-costruttori-di-portofino/
Carlo GATTI
Rapallo, 1 Aprile 2025
HONFLEUR - UN ANGOLO DI TIGULLIO IN NORMANDIA-FRANCIA
HONFLEUR
Un angolo di Tigullio in Normandia
La Senna scorre per quasi 200 km tra Parigi, Rouen e Le Havre prima di sfociare nel Canale della Manica.
L’estuario della Senna ad Honfleur
Honfleur è una piccola cittadina costiera a poca distanza dall’estuario della Senna e dal famoso Ponte di Normandia, visibile a occhio nudo dal molo del porto nuovo.
Honfleur è un Comune francese di 8.363 abitanti situato nel dipartimento del Calvados nella regione della Normandia, situata sulla riva meridionale dell'estuario della Senna.
Veduta sul vecchio Bacino (Vieux bassin). Un piccolo porto sull’Atlantico, un tempo protetto da fortificazione; fu d’ispirazione per artisti, scrittori e pittori impressionisti, tra cui Claude Monet.
Città dei pittori
Sull'estuario della Senna, le luci cangianti del cielo hanno ispirato Courbet, Monet, Boudin, il musicista Erik Satie e molti altri. Ancora oggi, numerose gallerie e studi presentano in permanenza opere di pittori del passato e contemporanei.
Le case rivestite di ardesia sul Vecchio Porto di Honfleur (Calvados)
Chaque weekend de Pentecôte Honfleur se prépare et s’habille de ses plus beaux atouts. Depuis quelques jours la ville entière est pavoisée et affiche les couleurs des marins à chaque fenêtre, à chaque coin de rue.
LE PROCESSIONI DI OGNI FINE SETTIMANA DI PENTECOSTE...
LA CHIESA DI SANTA CATERINA DEI BOSCHI
LUOGO DI CULTO MARINARO PER ECCELLENZA
La più grande chiesa in legno della Francia
La chiesa di Santa Caterina non è altro che una delle chiese in legno più grandi di Francia!
È unico con la sua sagoma del mercato coperto e il suo campanile separato,,si erge orgogliosamente al centro della piazza centrale, è uno dei gioielli del patrimonio di Honfleur.
Risalente alla seconda metà del XV secolo, la Chiesa di Santa Caterina sostituisce un’antica chiesa in pietra distrutta durante la Guerra dei Cent’anni.
Fu ricostruita nel centro storico della città dai maestri d’ascia (« maîtres de Hache ») impiegati nei Cantieri Navali dopo la partenza degli inglesi.
Avendo poche risorse, questi artisti del legno utilizzarono come materia prima gli alberi della foresta di Touques e, soprattutto la loro conoscenza della costruzione navale.
Si tratta della chiesa più grande di Francia costruita in legno con il campanile separato (per evitare incendi.
GLI INTERNI DELLA CHIESA
Il pregiatissimo ORGANO
L'esposizione di Ex Voto Marinari
Il soffitto a forma di scafo rovesciato a due navate una porta all’altare, l’altra ad un altare secondario dove sono poste gli ex voto dei marinai scampati alle tempeste atlantiche.
Ex Voto marinari, dipinti e oggetti sacri
SANTA CATHERINE EN BOIS
Statua della Madonna Incoronata protettrice dei marinai
Celebre vetrata di chiesa in stile gotico francese
PONTE DI NORMANDIA
HONFLEUR
https://www.france-voyage.com/francia-guida-turismo/honfleur-141.htm
Il ponte di Normandia completato nel 1995, collega l'Alta Normandia, dipartimento della Senna Marittima, alla Bassa Normandia, dipartimento del Calvados, scavalcando il fiume Senna a 59 metri d'altezza.
Lunghezza totale: 2.141 m
Altezza: 52 m
Altezza: 215 m
Attraversa: Senna
Campate: 3
Costruzione: 1988-1995
Inaugurazione: 20 gennaio 1995
Ponte di Normandia, conosciuto anche come Pont de Normandie, rappresenta una straordinaria opera di ingegneria visibile da chilometri di distanza. La costruzione del viadotto iniziò nel 1988 e fu inaugurata il 20 gennaio 1995. Il progetto aveva come obiettivo strategico collegare le sponde delle città di Le Havre e Honfleur attraverso l’estuario del fiume Senna.
Oggi, il ponte di Normandia, con i suoi 2.143 metri di lunghezza e 214 metri di altezza alla torre principale, è uno dei ponti sospesi più imponenti al mondo.
L’attraversamento richiede il pagamento di un pedaggio di 5,60 euro per auto (prezzo aggiornato a novembre 2023), che finanzia la sua manutenzione continua.
Nel 2022, il ponte ha visto il passaggio di 7,9 milioni di veicoli.
Collegando Le Havre a Honfleur, il Pont de Normandie è stato inaugurato nel 1995, per rinforzare il Pont de Tancarville. Straordinario ponte strallato, è stato progettato da Michel Virlogeux, autore anche del viadotto di Millau!
Il Ponte di Normandia completato nel 1995, collega l’Alta Normandia, dipartimento della Senna Marittima, alla Bassa Normandia, dipartimento del Calvados, scavalcando il fiume Senna a 59 metri d'altezza.
Opera di Michel Virlogeux e Bertrand Deroubaix, quando fu realizzato era il ponte strallato con la maggiore luce libera nel mondo (850 m), ed è tuttora (per la campata centrale) il più grande ponte strallato in Europa.
CONCLUSIONE
Honfleur, con la sua bellezza pittoresca e la sua ricca storia, presenta sorprendenti analogie con diverse località del nostro Tigullio.
Architetture simili: L'uso dell'ardesia nelle case crea un'atmosfera caratteristica e suggestiva, presente sia a Honfleur che in questa parte del nostro Golfo.
Tradizioni marinare: Le processioni religiose dei pescatori, gli ex voto marinari, e l'importanza della pesca come attività principale, creano un legame forte con la nostra identità marittima.
Patrimonio artigianale: La chiesa di Sainte-Catherine a Honfleur, costruita dai maestri d'ascia dei cantieri navali locali, riflette lo stesso spirito di maestria artigianale che contraddistingue le realtà del nostro territorio.
Paesaggio incantevole: Il connubio tra colline e mare, che crea un panorama mozzafiato, è un elemento comune a entrambe le località baciate per altro dallo stesso tipo di turismo consapevole.
Vicinanza a grandi porti: La posizione di Honfleur vicino a Le Havre ricorda la vicinanza a Genova.
Tradizione e modernità: Entrambe le località riescono ad armonizzare la ricchezza della tradizione cattolica con lo spirito della modernità.
La comune storia marittima ha forgiato, nei secoli, legami sorprendenti tra comunità geograficamente distanti ma culturalmente affini.
https://it.normandie-tourisme.fr/scoprire/patrimonio-architettura/architettura-normandia/ponte-di-normandia/
Ringraziamenti:
Quasi tutte le foto provengono da Tripadvisor - Le altre sono dell'autore o sono state prese da Wikipedia e dal web.
Carlo GATTI
Rapallo, giovedì 27 Marzo 2025
LE NUOVE ROTTE ARTICHE
LE NUOVE ROTTE ARTICHE
Mentre il mondo osserva con apprensione le tensioni geopolitiche, spesso si dimentica una realtà geografica sorprendente: la vicinanza tra Russia e Stati Uniti. Non un oceano li separa, ma uno stretto braccio di mare, lo Stretto di Bering, in cui le Isole Diomede, una russa e l’altra americana, giacciono a pochi chilometri di distanza. Questo luogo, oggi simbolo di una fragile divisione, potrebbe presto trasformarsi in un asse cruciale per il commercio e la navigazione globale. Lo scioglimento dei ghiacci artici, infatti, apre scenari inattesi: nuove rotte marittime, più brevi e veloci, potrebbero dimezzare i tempi di percorrenza rispetto ai percorsi tradizionali. E non è tutto: sotto la coltre di ghiaccio che si ritira, si celerebbero anche preziose risorse naturali, aprendo un nuovo capitolo nella storia di questa strategica regione.
la Russia ha investito pesantemente nello sviluppo di una flotta di rompighiaccio di ultima generazione, dimostrando una chiara strategia di lungo termine per l'Artico. Questa capacità tecnologica conferisce loro un vantaggio significativo rispetto agli Stati Uniti nella prospettiva di nuovi scenari appena descritti.
La Russia ha una lunga esperienza nell'operare in ambienti artici estremi e ha sviluppato tecnologie e infrastrutture adatte a queste condizioni, mentre gli Stati Uniti stanno cercando di colmare il divario tecnologico. Questo svantaggio americano, unito all'interesse russo per l'Artico, crea uno squilibrio geopolitico che è importante considerare. Non si tratta solo di una questione di risorse naturali, ma anche di controllo gestionale e strategico di una regione con implicazioni economiche e militari di rilievo globale.
A questo punto vorrei tranquillizzare il lettore precisando che non è assolutamente nostra intenzione entrare in dettagli su questioni geopolitiche delicate che ogni giorno entrano in scena sui media con toni sempre più allarmanti.
A noi interessa piuttosto sottolineare ed indagare l’aspetto geografico e climatico dello scioglimento dei ghiacci artici: un motore lento ma inesorabile, destinato a incidere sempre di più sul mondo dei Trasporti Marittimi Internazionali che prelude a cambiamenti epocali mai registrati prima, preso atto che diverse nazioni importanti stanno investendo in nuove tecnologie per affrontare con la dovuta consapevolezza i vantaggi e gli svantaggi di un cambiamento epocale nella storia della navigazione.
STATI UNITI E RUSSIA....
Più vicine che mai nello Stretto di Bering
Nel 1867 la Russia vendette il territorio dell’Alaska agli Stati Uniti
Le isole Diomede
Le isole DIOMEDE
Le ISOLE DIOMEDE si trovano esattamente al centro dello stretto di Bering nel punto in cui le coste sono più vicine (ad una distanza di circa 80 Km).: la più orientale delle due isole, la PICCOLA DIOMEDE, appartiene amministrativamente agli Stati Uniti (Alaska), quella più occidentale, la GRANDE DIOMEDE, alla Russia. Sono separate da un braccio di mare di appena 3 km - minima distanza tra Stati Uniti e Russia. Le due isole, distanti poco più di tre Km, il braccio di mare che le divide è ghiacciato per buona parte dell’anno, e chiunque potrebbe farsela a piedi da un’isola all’altra....illegalmente! Nel centro di quel braccio di mare che le separa, passa il confine tra le due superpotenze...
Il centro abitato della Piccola Diomede
Inupiat dell’Alaska
La Piccola Diomede ha una popolazione di circa 100 persone principalmente Inupiat. La Grande Diomede è disabitata. La linea internazionale del cambio di data passa fra la Piccola (UTC-9) e la Grande Diomede (UTC+12), quindi le due isole a 3 km una dall'altra sono divise da 21 ore di differenza (quindi quasi un giorno) di fuso orario, la massima differenza di fuso tra due isole così vicine.
Riassumiamo con questa simpatica cartina pubblicata da
ITINERARIO DI VIAGGIO
Le due isole, separate dalla linea IDL, vengono anche chiamate Tomorrow Islands (Big Diomede) e Yesterday Isle (Little Diomede).
LE NUOVE ROTTE ARTICHE
Artico completamente senza ghiaccio in estate entro il 2050: l’apocalittica simulazione degli scienziati
Università di Barcellona
E' la mappa più dettagliata mai realizzata delle profondità dell'Oceano Artico e mostra le nuove "terre" lasciate scoperte dallo scioglimento dei ghiacci.
LIMES (Rivista Italiana di geopolitica) TRAMITE UNA SAPIENTE LEGENDA, CI SPIEGA TUTTO
Le nuove VIE polari sono ROTTE commerciali che attraversano il Mar Glaciale Artico, reso possibile dal sempre più rapido scioglimento della banchisa polare. Queste rotte sono alternative a quelle tradizionali da sempre conosciute e operative.
Eccovi un esempio che spiega il senso di questo nuovo capitolo:
TIME IS MONEY !
Tra luglio e agosto 2017, una gigantesca nave cisterna alimentata a metano della società pubblica russa SovComFlot, ha attraversato l’Artico senza l'ausilio di una nave rompighiaccio, partendo da Hammerfest (Norvegia) e raggiungendo Boryeong (Corea del Sud) in soli 22 giorni di navigazione, riducendo la durata di viaggio di circa 10 giorni.
Dato che la suddetta rotta è molto più corta di quanto non lo sia quella attualmente percorsa, porterebbe enormi risparmi economici per compagnie che effettuano i trasporti di merce via nave, con la conseguente diminuzione dei prezzi sulle merci importate in Europa dall’Estremo Oriente. Questa nuova via assicurerebbe anche un continuo afflusso di merci agli stati europei, perché così facendo si avrebbe un'alternativa al collegamento attraverso il Canale di Suez nel caso venisse interrotto (come è accaduto il 23 marzo 2021, quando la portacontainer EVER GIVEN s’incagliò bloccando interamente i traffici commerciali).
Aprendo la rotta nell'Artico si avrebbe comunque un collegamento stabile tra Oriente e Occidente. D'altro canto, questa nuova via porterebbe degli svantaggi economici a quei paesi che basano la loro economia sul grande traffico di merci passante per l'attuale rotta, perché la quantità di merci verrebbe ridistribuita a vantaggio di quella nordica, con il conseguente spostamento di capitali e investimenti verso gli Stati nordici. Altri vantaggi potrebbero derivare da una maggiore attenzione agli ecosistemi nordici, sia terrestri sia acquatici, per capire come impatterà su flora e fauna artica questo maggiore traffico marittimo e con l'implementazione di investimenti diretti ai porti affacciati sul Mare Glaciale Artico.
Un altro esempio di economicità gestionale dei viaggi commerciali è certificato da questa mappa sotto riportata
Il passaggio a nord-est (in blu) confrontata con la rotta tradizionale attraverso il Canale di Suez (in rosso) rivela con rapidità la differenza di percorrenza in miglia nautiche e relativo risparmio di tempo.
LE DOMANDE PiU’ FREQUENTI
Perché i ghiacci artici si stanno sciogliendo?
All'aumentare della temperatura dell'aria e del mare il fronte dei ghiacciai si scioglie e si assottiglia, causando un arretramento del fronte stesso e riducendo la contropressione - o resistenza al flusso - sul ghiaccio interno.
Quali sono le principali conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai?
Il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai compromette la loro sopravvivenza distruggendo il loro habitat naturale.
Il clima di molti luoghi potrebbe subire cambiamenti molto drastici. I fenomeni che potrebbero verificarsi sono l'aumento di trombe d'aria, uragani, incendi, desertificazione.
Che cosa può aver provocato la parziale fusione dei ghiacci artici?
Il riscaldamento dell'atmosfera provocherebbe il parziale scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, con un innalzamento prevedibile, stimato, del livello degli oceani e dei mari pari a 15-95 centimetri.
Che risorse ci sono nell'Artico?
L'Artico è ricco di risorse naturali, in particolare petrolio e gas, ma anche carbone palladio, nichel, fosfato, bauxite, cobalto, rame, platino e terre rare e il ritiro dei ghiacci comincia a consentire la navigazione della rotta artica, con rilevanti conseguenze geopolitiche.
Come sarebbe l'Italia se si sciogliessero tutti i ghiacciai?
Anche per quanto concerne l'Italia, si avrebbero conseguenze pesantissime: non ci sarebbe solo la fine di Venezia e di varie altre città portuali d'Italia, ma quasi tutta la Pianura Padana del Nord-Est rischierebbe l'estinzione, comprese città come Bologna e Ferrara, ma anche Padova, Rovigo e fino a Mantova.
Cosa succede se si scioglie l'Artico?
Se infatti il permafrost dovesse scongelarsi, finirebbero in atmosfera enormi quantità di gas serra, accelerando in modo drammatico il riscaldamento globale. In queste settimane gli scienziati s'interrogano anche sulla rapidità con cui fondono i ghiacciai della Groenlandia.
Per gli interessati alla geo-politica di questa zona del mondo, riporto un recentissimo articolo di Guglielmo Picchi, Direttore per le Relazioni internazionali del Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli. Deputato nelle legislature XV, XVI, XVII, XVIII e Sottosegretario agli Affari Esteri durante il Governo Conte I. Laureato in Economia (Università di Firenze), Master in Business Administration (Università Bocconi), dirigente di azienda bancaria.
Rompighiaccio nucleari: la sfida complicata della Russia nell’Artico
https://www.centromachiavelli.com/2024/12/30/rompighiaccio-russi-rotta-artica/
Una nuova flotta di rompighiaccio: la risposta statunitense all’egemonia russa
https://www.osservatorioartico.it/ice-pact-flotta-rompighiaccio/
La data di consegna della rompighiaccio nucleare "Russia" del Progetto 10510 "Leader" è stata posticipata al 2030
https://it.topwar.ru/242745-sroki-sdachi-golovnogo-atomnogo-ledokola-rossija-proekta-10510-lider-pereneseny.html
Classe Arktika
Arktika o Progetto 10520 è una classe di navi rompighiaccio a propulsione nucleare di fabbricazione sovietica prima e russa poi, costruita tra gli anni settanta e i duemila dai cantieri del baltico e detentrice del titolo di più grandi unità rompighiaccio al mondo fino al 2016.
https://it.wikipedia.org/wiki/Classe_Arktika
Nome |
Cantiere |
Impostazione |
Varo |
Entrata in servizio |
Stato |
Arktika | Baltic Shipyard | 3 luglio 1971 | 26 dicembre 1972 | 25 aprile 1975 | Radiata nel 2008 |
Sibir | Baltic Shipyard | 26 giugno 1974 | 23 febbraio 1976 | 28 dicembre 1977 | Radiata nel 1992 |
Rossiya | Baltic Shipyard | 20 febbraio 1981 | 2 novembre 1983 | 20 dicembre 1985 | Radiata nel 2013 |
Sovetskiy Soyuz | Baltic Shipyard | 2 novembre 1983 | 31 ottobre 1986 | 29 dicembre 1989 | Radiata nel 2014 |
Jamal | Baltic Shipyard | 1986 | 1989 | ottobre 1992 | Attiva |
50 let Pobedy | Baltic Shipyard | 4 ottobre 1989 | 29 dicembre 1993 | 23 marzo 2007 | Attiva |
I PIU’ POTENTI ROMPIGHIACCIO ATTUALMENTE IN SERVIZIO AL MONDO SONO GLI ULTIMI DELLA LISTA SOPRA.
Riportiamo i dati tecnici disponibili della
YAMAL
General characteristics |
|
Class and type |
Arktika-class icebreaker |
Displacement |
23,000 tons |
Length |
148 m (486 ft) |
Beam |
30 m (98 ft) |
Draught |
11 m (36 ft) |
Depth |
17.2 m (56 ft) |
Installed power |
·Two OK-900A nuclear reactors(2 × 171 MW)·Two steam turbogenerators (2 × 27.6 MW) |
Propulsion |
·Nuclear-turbo-electric·Three shafts (3 × 18 MW) |
Speed |
20.6 knots (38.2 km/h; 23.7 mph) (maximum) |
Endurance |
7.5 months |
Crew |
189 |
La NS Yamal è considerata la nave più potente del mondo, un missile ghiacciato a propulsione nucleare della classe russa Arktika.
Questa formidabile imbarcazione è progettata per navigare e navigare tra i ghiacci nelle zone più ampie dell'Oceano Artico.
Ecco alcuni dettagli chiave sulla NS Yamal:
Potente reattore nucleare:
la NS Yamal è alimentata da due reattori nucleari, che generano un'enorme potenza che consente alla nave di soffiare il ghiaccio fino a 2,3 metri (7,5 piedi) sotto il livello del mare.
Capacità di resistenza alla brezza ghiacciata non equalizzata:
l'imbarcazione può operare ininterrottamente in condizioni artiche estreme, che la rendono una delle brezze ghiacciate più forti al mondo.
Estrema resistenza:
costruita per resistere agli ambienti più difficili, la NS Yamal è dotata di uno scafo rinforzato e di sistemi di navigazione avanzati, che garantiscono un passaggio sicuro nelle acque più pericolose dell'Artico.
Capacità operativa di lunga durata: grazie alla sua fonte di energia nucleare, la NS Yamal può funzionare per lunghi periodi senza essere sovraccarica, offrendo resistenza e un'importante capacità operativa.
In quanto membro della flotta russa di turbine eoliche nucleari, la NS Yamal svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento delle rotte di navigazione nell'Artico, nel supporto alla ricerca scientifica e nel garantire la navigazione sicura delle navi in acque gelatinose.
50 LET POBEDY
(50 anni della Vittoria)
E’ l’ultimo rompighiaccio a propulsione nucleare russo della serie ARKTICA
Nell'ottobre del 2013 ha trasportato la torcia olimpica, utilizzata per accompagnare il percorso della fiamma olimpica in occasione dei XXI Giochi olimpici invernali di Soci 2014, fino al Polo Nord, portando per la prima volta questo simbolo dei giochi olimpici nel Mar Glaciale Artico.
Oltre al compito principale di aprire le rotte nel mar Glaciale Artico, il rompighiaccio effettua anche delle crociere artiche, di regola, al Polo Nord, con uno scalo nella terra di Francesco Giuseppe. Durante la crociera a bordo sono disponibili per i turisti: un ristorante, un palazzetto dello sport, una sauna, una piscina, una biblioteca e un salone per la musica; vi è inoltre un sistema di televisione satellitare.
GLI ARTICOLI DI MARE NOSTRUM RAPALLO
Navigare tra i ghiacci -1
https://www.marenostrumrapallo.it/ghiacci
Michele GAZZALE
Navigare tra i ghiacci – 2
https://www.marenostrumrapallo.it/ghiacci-2/
Maurizio BRESCIA
Navigare tra i ghiacci - 3
YAMAL - ROMPIGHIACCIO ATOMICO AL POLO NORD
https://www.marenostrumrapallo.it/ghiacci-3/
Pino SORIO
Caratteristiche Costruttive di Un Rimorchiatore Rompighiaccio
https://www.marenostrumrapallo.it/rompi/
Pino SORIO
Stazione Piloti Bonan – GÄVLE
Svezia
GOLFO DI BOTNIA
https://www.marenostrumrapallo.it/gaevle/
Carlo GATTI
Carlo GATTI
Rapallo 18 Marzo 2025
CANCALE - Bretagna-France - IL REGNO DELLE OSTRICHE
CANCALE
BRETAGNE - FRANCIA
Il regno delle Ostriche
Saint Malo, CANCALE, Le Mont-Saint-Michel
Saint-Malo
Mont Saint Michel
Di Saint Malo, della sua storia e del suo fascino corsaro ce ne siamo già occupati. Di Mont Saint Michel se n’è occupato tutto il mondo intero per il suo fascino religioso... Ma oggi vogliamo ritornare da quelle parti con Ettore e Romina (nella foto) per calpestare quelle spiagge, per scoprire il fascino della marea smeralda che svela durante il suo riflusso un tappeto di ostriche davvero inedito, sorprendente, ma discreto e silenzioso come se la natura si divertisse a compiere una magia sotto i nostri occhi marinari, smaliziati ma confusi ...
Questa è CANCALE: un’opera d’arte della natura che prima di affrontare l’immenso Atlantico ci saluta con le sue falaise, scogliere, calanche e brughiere dove qui finisce la terra: il Finisterre del turismo internazionale con la nomea di Capitale della pesca e degustazione delle ostriche.
CANCALE
Ile e Vilaine
"EBB TIDE" - Bassa Marea ( famosa canzone dei miei tempi...) -
Cancale, Port de la Houle
Cancale, lungo la costa, la Pointe du Grouin
"Arrivati a Cancale cerchiamo immediatamente le bancarelle che vendono ostriche. Ma non possiamo di certo non notare la bellezza di questa pittoresca cittadina, dove la parola huîtres compare in ogni dove".
Cancale è un piccolo borgo marinaro, dove l’attività principale sono gli allevamenti di ostriche. Tutto ruota intorno a questi molluschi, dalla vita locale al turismo.
La cittadina di Cancale offre molti scorci naturali, la passeggiata è costeggiata da un lato da piccoli locali, molto intimi, tutti in stile bretone. Mentre dal lato opposto c’è una vista meravigliosa sull’oceano. La mattina, quando la marea si ritira, è piacevole ammirare gli scafi delle barche poggiati sull’arenile in attesa di poter tornare presto a galleggiare. Stanno li, pazienti, inclinati, forse speranzosi di essere fotografati.
Stesso Mare, stessa Spiaggia... con l’alta e la bassa marea
CANCALE
LE SPETTACOLARI
MAREE E LE OSTRICHE
Cancale, rinomata per la produzione di ostriche, si trova in Bretagna, nel dipartimento di Ile-et-Vilaine. La sua vicinanza a Mont Saint Michel e alla baia di Saint Malò la favorisce non poco e la rende un posto molto speciale, tappa obbligata per chi ama il turismo lento e i prodotti autoctoni.
Quando il mare si ritrae ecco affiorare le coltivazioni di ostriche
I trattori usati come in un campo di grano
I pecherecci anfibi – Unici al mondo
Trasporto delle sacche contenenti le ostriche che devono raggiungere le giuste misure
LA DEGUSTAZIONE DELLE OSTRICHE
Le ostriche in vendita
-
Ostriche pronte per essere consumate
“se sei in zona devi assolutamente andare al porto di Cancale a mangiare le ostriche”… col suo vino preferito: Chablis...
Le ostriche, quelle più grosse, a soli 6 euro la dozzina
No comment!
Vediamola da vicino:
Prima Curiosità
Le Perle : come si formano
Le Perle sono dei Gioielli della natura che si formano e crescono dentro un mollusco, anche quelle cosidette coltivate crescono pero sempre dentro un mollusco in maniera del tutto naturale. Possono formarsi in qualsiasi tipo di mollusco anche se generalmente si parla soprattutto di Ostriche. La nascita della Perla e’ un processo particolarissimo, praticamente si tratta di un corpo estraneo, come ad esempio un granellino finissimo di sabbia, un minuscolo parassita o un pezzetto di conchiglia marina che entrando nel soffice mantello interno del mollusco fa’ in modo che questo per protegersi cominci a secernere una sostanza cristallina liscia e dura chiamata Madreperla che comincia ad intrappolarlo formando vari strati intorno ad esso. Per la formazione completa di una Perla di media dimensione sono necessari dai 5 o 6 anni. Di fatto in questo procedimento se cominciato in maniera naturale non e’ possibile manipolare la forma o dimensione della Perla che verra formandosi naturalmente. Questo fa si che le Perle siano tutte uniche nella forma e nel colore e luminosita’ rendendo ogni Collana di Perle, Orecchino di Perle, Anello di Perle o quant 'altro qualcosa di eccezionale.
Quando parliamo di Perle Coltivate e’ l’ uomo che inserisce questo minuscolo corpo estraneo dentro il mantello del mollusco, dopo di che e’ il mollusco stesso che si occupa di tutto il processo di formazione della Perla. In questo caso pero l’ uomo puo fare in modo di ottenere delle forme particolari semplicemente introduciendo il corpo estraneo, ad esempio un pezzetto di mollusco o conchiglia, della forma che vuole ottenere. I pionieri nella coltivazione delle Perle sono stati i giapponesi che ne cominciarono la coltivazione intorno alla fine dell’ ottocento.
Negli allevamenti di Perle, i molluschi vengono tenuti insieme mediante delle corde verticali ed immersi a pochi metri di profondita’.
C’è una seconda curiosità storico-culturale da approfondire ...
Ci facciamo aiutare da WIKIPEDIA:
LA LINGUA BRETONE
Il bretone è una lingua brittonica parlata da circa 207.000 persone nella regione della Bretagna.
Essa appartiene al gruppo delle lingue celtiche brittoniche e legata alla lingua cornica (Cornovaglia) e gallese, lingue parlate nel Regno Unito.
Secondo un sondaggio realizzato dal giornalista bretone Fañch Broudig, il bretone annovera 172.000 locutori attivi all'interno dei cinque dipartimenti della Bretagna storica, i quali costituiscono il 5% della popolazione bretone (l'autore precisa come solamente 35.000 persone parlino il bretone quotidianamente).
Dopo un calo dagli oltre 1 milione di parlanti verso il 1950 ai circa 200.000 nel primo decennio del XXI secolo, il bretone è stato classificato come "seriamente a rischio" dall'UNESCO nell'Atlante delle lingue del mondo in pericolo[4]. Tuttavia, il numero di bambini educati in classi bilingui è aumentato del 48% tra il 2005 e il 2013, passando da 10.397 (l'1,24% di tutti gli alunni della Bretagna) a 15.338 (l'1,70%).
Storia
Il bretone è una lingua celtica brittonica, la quale presenta similitudini con il gallese e la lingua cornica. La sua diffusione in Bretagna si ha a partire dalla storia antica e una maggiore diffusione è constatata attorno al V secolo, in seguito alle migrazioni di popolazioni bretoni verso la penisola armoricana.
Il bretone risulta essere distinto secondo le tre epoche storiche:
-
Il bretone antico, dal V al IX secolo
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Il bretone medio, dal XII al XVI secolo
-
Il bretone moderno, dal XVII secolo alla contemporaneità
La lingua è maggiormente parlata nel sud della penisola bretone, in un'area che si estende da Saint-Brieuc a Guérande.
Antichità
Durante il periodo imperiale romano, il brittonico, da cui deriverà il bretone, era parlato nella provincia romana di Bretagna, a sud dei monti Pennini fino al corso del Clyde (fiume di Glasgow). In questa regione, il latino non aveva infatti sostituito la lingua vernacolare.
In questa fase del bretone, scrivono poeti quali Aneirin e Taliesin nei regni britannici situati a sud della Scozia attuale. Nel XIX secolo, in Francia, si definisce questa lingua brittonica, al fine di distinguerla con il bretone armoricano.
In seguito al declino dell'Impero Romano d'Occidente, alcune comunità romano-bretoni emigrarono verso la penisola Armoricana fino a giungere alla Bretagna insulare, l'attuale Gran Bretagna, soprattutto nelle zone del Devon e della Cornovaglia.
Alcuni storici, come Léon Fleuriot, nella sua opera Le origini della Bretagna: l'emigrazione (1980), basandosi sugli scritti di Cesare e di Tacito, sostiene la similitudine alla lingua gallese. Egli sostiene inoltre che ciò spiegherebbe il motivo per cui il dialetto della zona di Vannes si differenzi dal bretone parlato in altre zone della penisola, in quanto presenta l'accento sulle ultime sillabe, anziché sulla penultima.
Pierre Le Roux, tramite la sua opera Atlas linguistique de basse-Bretagne, illustra le principali differenze tra le lingue brittoniche:
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Il bretone parlato in Cornovaglia, Léone Trégor, come il gallese sono accentati sulla penultima sillaba
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L'irlandese arcaico, è accentato sulla prima sillaba
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Il gallese, è accentato sulla terzultima sillaba, l'iniziale o la finale
Veneti
I Veneti del Morbihan costituiscono un popolo gallo che, durante il I secolo a.C., si stanziarono nell'attuale dipartimento del Morbihan e diedero il proprio nome ad alcuni villaggi quali l'attuale Vannes (Gwened in bretone).
Di Vannes, Cesare scrive nel De bello gallico:
«I Veneti sono il popolo che, lungo tutta la costa marittima, gode di maggior prestigio in assoluto, sia perché possiedono molte navi, con le quali, di solito, fanno rotta verso la Britannia, sia in quanto nella scienza e pratica della navigazione superano tutti gli altri, sia ancora perché, in quel mare molto tempestoso e aperto, pochi sono i porti della costa e tutti sottoposti al loro controllo, per cui quasi tutti i naviganti abituali di quelle acque versano loro tributi..»
(Giulio Cesare: de bello Gallico, III, 8)
Per avere un’dea delle differenze:
“Parole d’uso corrente:
Francese |
Bretone |
Pronuncia |
Lingua cornica |
Gallese |
Italiano |
terre |
douar |
ˈduːar |
dor |
daear |
terra |
ciel |
oabl |
ˈwɑːpl |
ebron |
wybren |
cielo |
eau |
dour |
ˈduːr |
dowr |
dŵr |
acqua |
feu |
tan |
ˈtɑ̃ːn |
tan |
tân |
fuoco |
homme |
den |
ˈdẽːn |
den |
dyn |
uomo |
femme |
maouez |
ˈmɔwəs |
ben(yn) |
benyw |
donna |
manger |
debriñ |
ˈdeːbrĩ |
dybri |
bwyta |
mangiare |
boire |
evañ |
ˈeːvɑ̃ |
eva |
yfed |
bere |
grand |
bras |
brɑːs |
bras |
mawr |
grande |
petit |
bihan |
ˈbiːɑ̃n |
byghan |
bychan |
piccolo |
nuit |
noz |
ˈnoːs |
nos |
nôs |
notte |
jour |
deiz |
ˈdɛjs ~ ˈde |
dydh |
dydd |
giorno |
Segnaletica bilingue a Quimper/Kemper. Da notare l'uso della parola ti che in bretone significa "casa" e viene usata in senso figurato sia per stazione di polizia che per ufficio turistico, con la variante da bep lec'h che significa tutte le direzioni.
Bretone |
Italiano |
degemer mat |
benvenuti |
deuet mat oc'h |
sei benvenuto |
Breizh |
Bretagna |
brezhoneg |
Bretone (lingua) |
ti, "ty" |
casa |
ti-kêr |
municipio |
kreiz-kêr |
centro della città |
da bep lec'h |
tutte le direzioni |
skol |
scuola |
skol-veur |
università |
bagad |
banda di cornamuse (solo nel Bretone moderno) |
fest-noz |
lett. "festa di sera" anche fest deiz "festa di giorno" |
kenavo |
arrivederci |
krampouezh |
crêpe (una crêpe = ur grampouezhenn) |
chistr |
sidro di mele |
chouchen |
idromele |
war vor atao |
sempre verso il mare |
Kembre |
Galles |
Bro Saoz |
Inghilterra (litt. paese dei Sassoni) |
Bro C'hall |
Francia (litt. paesi dei Galli) |
Iwerzhon |
Irlanda |
Unan, daou/div, tri/teir, pevar/peder, pemp, c'hwec'h, seizh, eizh, nav, dek |
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 |
Unnek, daouzek, trizek, pevarzek, pemzek, c'hwezek, seitek, triwec'h/eitek, naontek, ugent |
11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18 (3×6), 19, 20 |
Tregont, daou-ugent, hanter-kant, tri-ugent, dek ha tri-ugent, pevar-ugent, dek ha pevar-ugent, triwec'h ha pevar-ugent |
30, 40 (2×20), 50, 60 (3×20), 70 (10+60), 80 (4×20), 90 (10+80), 98 (3×6+4×20) |
di Carlo GATTI
SAINT MALO – UNO SCOGLIO, UNA STORIA
https://www.marenostrumrapallo.it/saint-malo-uno-scoglio-una-storia/
di Carlo GATTI
Rapallo, Martedì 11 Marzo 2025
LA MSC BALTIC III INCAGLIATA A TERRANOVA - CANADA
LA MSC BALTIC III INCAGLIATA A TERRANOVA - CANADA
Continua lo ‘stallo’ della MSC Baltic III incagliata nelle acque canadesi
A cargo ship, the MSC Baltic III, ran aground near Lark Harbour, Newfoundland, after losing power in rough seas. The vessel issued a mayday call to the Marine Communications Traffic Services Centre in Port aux Basques (Punta a SW Terranova e Labrador, Canada) early Monday morning, reporting the power loss and its inability to secure an anchor. The ship subsequently grounded in Wild Cove.
Il 15 febbraio 2025 la nave portacontainer MSC BALTIC III dell’Armatore italiano Luigi APONTE, a causa di una avaria al Motore PP e’ stata spinta da una forte mareggiata su una scogliera dell’isola di Terranova (Newfoundland-Canada).
L’equipaggio è stato brillantemente salvato ed evacuato dopo poche ore da un elicottero CH-149 Cormorant.
Da quasi tre settimane la T&T Marine Salvage e la Guardia Costiera canadese stanno lavorando per il disincaglio dell’unità navale.
La freccia rossa sulla cartina indica l’isola di TERRANOVA (Newfoundland) e la zona dove si è incagliata la nave della MSC di Luigi Aponte.
PUNTO DELL’INCAGLIO - La cartina mostra (in scala più grande) Corner Brook (Gulf of St.Lorence) - (Insenatura/Fiordo) a SW dell’isola di Terranova e Labrador, Canada).
Corner Brook
Photo © Canadian Coast Guard
Nella foto:
La nave portacontainer Msc Baltic III, battente bandiera liberiana, si è arenata vicino a Lark Harbor, sulla costa occidentale dell’isola canadese di Terranova. L’incidente è avvenuto nella mattina di sabato 15 Febbraio 2025 durante una forte tempesta e le operazioni di salvataggio dei marittimi a bordo sono state completate con successo poche ore dopo l’incaglio.
La foto sopra, scattata dalla Guardia Costiera canadese, testimonia la fase più delicata del salvataggio dell’equipaggio della Msc BALTIC III, operato in hovering con grande maestria dal grosso elicottero mentre procede al recupero dell’equipaggio radunato sulla poppa della nave.
Salvataggio in elicottero della nave cargo MSC Baltic III.
Un CH-149 Cormorant salva 20 marinai.
Fonte: SHIPPINGITALY
© SHIPPING ITALY (Riproduzione riservata – All rights reserved)
Testata iscritta nel registro stampa del Tribunale di Genova n.608/2020 edita da Alocin Media Srl - Direttore responsabile: Nicola Capuzzo
L’eccellente rivista genovese di cui sopra, ha pubblicato sul web un articolo ricco di foto e filmati sull’incaglio della MSC BALTIC III che vi consiglio di visitare.
ALCUNI RICORDI PERSONALI DELLO SCRIVENTE:
Nei primi Anni ’60 imbarcai da giovane ufficiale sui transatlantici di linea: VULCANIA e SATURNIA della Soc. Italia di Navigazione. Queste navi collegavano TRIESTE e NEW-YORK toccando due volte numerosi porti intermedi, tra i quali Halifax (Nuova Scozia). Il viaggio aveva la durata di un mese.
All’inizio dell’estate, nei viaggi d’andata per gli USA, imbarcavamo una nutrita squadra di pescatori portoghesi a Lisbona e, dopo pochi giorni una seconda squadra a Punta Delgado (Azzorre); erano diretti in Canada per una campagna stagionale di pesca al merluzzo col bolentino sui gozzi presso i Banchi di Terranova.
Al ritorno da New York si scalava nuovamente Halifax per riportare a casa i pescatori portoghesi che avevano terminato il loro periodo contrattuale di pesca.
Dai loro racconti: “Quando il gozzo era pieno di merluzzi, sbarcavamo il pescato sul nostro veliero che era ancorato a ridosso di un’isola. A bordo lo tagliavano, lo salavano e, così conservato, il brigantino rientrava a Lisbona a fine stagione acclamato dall'intera nazione..."
Purtroppo, dai loro racconti emergevano anche tristissime perdite di pescatori che venivano investiti dalle navi che non riducevano la velocità neppure in presenza di numerosi e fitti banchi di nebbia.
I PESCATORI DI MERLUZZO A TERRANOVA
UNA STORIA VERA
https://www.marenostrumrapallo.it/merlu/
Carlo GATTI
Rapallo, 1 Febbraio 2018
Il disincaglio è una operazione molto delicata che deve essere condotta da “marinai” con molta esperienza alle spalle e, viste le condizioni meteo ambientali, si prevedono tempi lunghi per "liberare" la MSC BALTIC III…
Lo scrivente, dopo alcune esperienze d’incagli e disincagli da ufficiale navigante, nella sua carriera successiva ha diretto 8 operazioni di questo tipo al comando dei RR/d’Altomare genovesi: BRASILE-CASTELDORIA-TORREGRANDE-VORTICE.
“Questo è il motivo per cui mi sono permesso di aggiungere qui di seguito qualche “ricordo personale” che può essere utile al lettore per comprendere meglio certe problematiche che, pur non essendo statisticamente numerose, accadono ciclicamente a causa di avarie ai motori delle navi che “soffrono” particolarmente le furiose mareggiate invernali che incombono alle alte latitudini del globo terracqueo”.
Le Operazioni di disincaglio prevedono in genere le seguenti fasi operative:
- Ispezione dello scafo della nave incagliata. Tempo permettendo, dovrà essere ispezionato sia all’interno (doppifondi stive) che all’esterno per verificare la presenza di danni: vie d’acqua, falle, lamiere divelte dai fondali rocciosi ecc…
- La relazione di un esperto sommozzatore sarà FONDAMENTALE per l’accertamento dei danni e la programmazione accurata dei lavori DI TAMPONAMENTO DELLE INEVITABILI FALLE ALLO SCAFO che verranno riscontrate in un contesto ambientale di quel tipo.
- Quando la nave sarà ritenuta “provvisoriamente” idonea a navigare, verrà rimorchiarla in sicurezza fino al porto più vicino dove si presume possa realizzare le riparazioni definitive allo scafo presso un bacino di carenaggio.
- Per raggiungere lo scopo di “rendere la nave galleggiante e navigabile a rimorchio”, occorre valutare in anticipo:
- Il deciso miglioramento delle condimeteo locali.
- Calcolare le maree nella zona. La famosa Baia di Fundy (16 mt. Altezza di marea) non è distante dalla nave incagliata.
- Se possibile: Alleggerire la nave, per diminuire il più possibile lo sforzo dei rimorchiatori che, sotto tiro, potrebbero sbandare pericolosamente la nave.
- Per alleggerire la nave, si può pensare, di filare in mare le due ancore con tutte le lunghezze di catena da recuperare in un secondo momento.
- La MSC BALTIC III è una nave di stazza medio piccola che non necessità di rimorchiatori potentissimi i quali, tuttavia, potrebbero avere anch’essi problemi d’incaglio nell’avvicinarsi alla nave per gli attacchi di rimorchio.
- Per l’operazione di disincaglio, saranno necessari due rimorchiatori agganciati: uno a poppa e l’altro a prora; il primo a “tirare” per disincagliare e “sfilare” la nave, il secondo a prora in posizione a spring (parallela alla nave).
Una volta disincagliata e resa galleggiante, la nave sarà rimorchiata verso gli alti fondali e sarà “comandata” dal rimorchiatore di prora che farà da traino, mentre quello di poppa farà da freno e da timone essendo la nave senza equipaggio e con le macchine in avaria.
I mezzi di salvataggio e soccorso presenti in zona
https://www.reddit.com/r/Helicopters/comments/1ir81rt/helicopter_rescue_of_cargo_ship_msc_baltic_iii/?tl=it&rdt=44956
Rompighiaccio HENRY LARSEN
CCGS Jean Goodwill
E’ stata istituita una zona di emergenza di due miglia intorno alla nave da parte della Guardia costiera canadese che ha riferito di star istituendo un’area di sosta nelle vicinanze del punto in cui l’imbarcazione si è arenata. La rompighiaggio Ccgs Henry Larsen, presente durante il salvataggio, rimarrà a Corner Brook per facilitare le operazioni, mentre il Ccgs Jean Goodwill, dopo aver caricata l’attrezzatura in Scozia, è in viaggio verso il luogo in cui si trova la Msc Blatic III. Una terza imbarcazione, la Ccgs Ann Harvey, era in pattugliamento Sar nell’area e anche una portacontainer, la Msc Carmen, stava mostrando dal suo segnale Ais di essersi avvicinata all’area dell’incaglio.
La Msc Baltic III ha capacità di 2.478 Teu ma, secondo quanto riferito dall’agenzia Dolphin Maritime & Aviation Services, dovrebbe avere a bordo circa 400 container in stiva e in coperta. Secondo i monitoraggi della Guardia Costiera non ci sarebbero al momento rischi dal punto di vista dell’inquinamento ambientale. Le condizioni meteorologiche sembravano essere migliorate anche se la temperatura dell’aria si mantiene sotto lo zero e le nevicate continuano; un miglioramento meteo è atteso per i prossimi giorni. Le squadre stanno intanto studiando il miglior tipo di approccio per rimettere a galla la nave.
VesselFinderVesselFinder
https://www.vesselfinder.com/it/vessels/details/9241475
Della Nave incagliata mostra: Utilizzo nave – Dati principali – Gestione – Storia della nave.
Ad oggi, data di pubblicazione di questo articolo, la nave risulta ancora incagliata!
Carlo GATTI
Rapallo, 5 Marzo 2025
Duardìn e il suo veliero
Duardìn e il suo veliero
Racconterò questo frammento della nostra tradizione che fa parte di una vera e propria saga marinara con i suoi personaggi, i suoi mezzi e il suo territorio.
Racconterò perciò una storia di mare vissuta, che parla di Capitani e di Camogli, alternando le vicende di una nave che ci ha lasciato qualcosa di suo con quelle dell’abile Capitano che la gestiva accuratamente. La racconto anche perchè quella stessa nave – pur essendo armata e comandata da camogliesi – non ottenne il suo giusto rilievo nella nostra tradizione marinara.
La nave – che è corretto chiamarla così poiché quella fu la sua effettiva costruzione iniziale – si chiamava Lake Erie, fu realizzata nel 1868 in uno degli storici cantieri del Clyde, a Glasgow in Scozia. Quell’area è così famosa per le costruzioni navali che addirittura il noto chitarrista Mark Knopfler compose anni fa uno splendido e struggente brano “So far from the Clyde”, che racconta il viaggio verso la demolizione in India di una petroliera che era stata costruita dai cantieri di quel fiume.
Tornando alla nave, notiamo che aveva un robusto scafo in ferro di una settantina di metri, la sua prora era inoltre rinforzata poiché l’armatore committente, la Canadian Shipping Co., la destinò al traffico degli emigranti dall’Inghilterra al dominio canadese, ricco di acque ghiacciate.
La Lake Erie navigò quindi molti anni in Atlantico e si fece notare per la sua eccezionale manovrabilità e velocità in mare aperto, basta pensare che staccò andature medie anche di 9 nodi (17 km/h).
Dieci anni dopo, nel 1878, nasceva a Camogli Edoardo Figari, nomiaggio “Duardìn”.
Edoardo Figari ai tempi del primo comando
Nel 1885 la nave fu riarmata a brigantino a palo cioè, dei tre alberi iniziali, a quello di poppa furono allestite vele auriche (trapezoidali) al posto delle quadre. Il motivo della ristrutturazione è probabilmente il conseguimento di una maggiore manovrabilità: prima, con tutte vele quadre viaggiava spedita solo nelle aree dove pochi e forti venti spirano da direzioni periodiche; le vele auriche permettono invece al brigantino di navigare bene anche con venti più deboli e provenienti da tutte le direzioni, anche quelle prodiere. Non scordiamo che la fortuna economica di Camogli e della sua flotta ebbe la massima espansione nella seconda metà ‘800 proprio con quel tipo di alberatura. Ritornando al Lake Erie, le sue attività continuarono sino al 1891, quando venne ceduto ad un armatore neozelandese che lo impiegò trasportando lana al Regno Unito da quella colonia autonoma.
Il “Lake Erie” in porto in Australia dopo il 1891 per il commercio di lana. Lo scafo era nero con striscia bianca longitudinale secondo i colori sociali dell’armatore neozelandese
Intanto, Duardìn Figari, nel 1895 (a 17 anni), si diploma alla nostra Scuola Nautica e imbarca subito su velieri che navigano gli oceani: già da giovane possedeva l’indole del navigatore da “mar afuera”!
Si arriva così al 1902, cioè l’incontro tra i due soggetti: il Lake Erie viene acquisito dall’armatore camogliese Cap. Gaetano Olivari, detto Pisciuela (Pissorella). Le murate della nave perdono i colori bianconeri dei portelli laterali per far posto allo scafo sempre nero ma con una banda longitudinale grigia. Come tanti imprenditori dei nostri dintorni, Mortola è un ex navigante, conosce bene il mestiere e conosce bene Edoardo Figari, esperto in viaggi di lungo corso. Infatti nel 1903, Figari fresco di patente di Capitano, ottiene da Mortola il comando della nave! Iniziano così per Duardìn sei anni di imbarco pressoché continuo su quel veliero, adibito prima al trasporto di merci varie e lana da Marsiglia alla Nuova Zelanda e ritorno in Francia; poi, dalla Francia Atlantica al Brasile e i Carabi trasportando cereali e merce varia. Constatiamo qui che Figari era ben conscio d’essere un Capitano che navigava spesso verso gli antipodi: quell’obiettivo fu soprattutto raggiunto sistematicamente con la sua straordinaria professionalità.
La splendida linea del “Lake Erie”
Durante quel periodo, il Capitano camogliese ricevette numerosi apprezzamenti dal mondo dello shipping internazionale per le eccellenti condizioni di manutenzione col quale gestiva la sua unità. Non solo, durante il suo comando staccò i più rilevanti record di velocità negli oceani Atlantico e Pacifico! Nel 1909, Edoardo Figari lascia infine il Lake Erie per imbarcare su altri grandi velieri.
Edoardo Figari nella famosa foto dei Capitani di Camogli nel 1910 di fronte al Teatro Sociale
La nave continuerà a viaggiare tra Pensacola (Florida del Golfo) e Genova con merce varia all’andata e legname al ritorno in Italia. Il suo nuovo Capitano fu Erasmo Avegno, anch’egli camogliese. In quel periodo, Avegno sapeva che il destino della nave era segnato: i grandi, solidi e sempre operativi piroscafi stavano invadendo rapidamente il settore della navigazione. Nel 1913, partito dall’America a pieno carico, il Lake Erie incappò purtroppo in una furiosa tempesta. L’equipaggio riuscì a riparare provvisoriamente la coperta, gli alberi e le vele, così da poter dirigere a Genova dove scaricherà il legname e verrà demolito un anno dopo.
Maggio 1971: a Camogli si radunano e pranzano in Piazza Colombo i Cap Horniers!
Il Capitano Figari, dopo la Grande Guerra, imbarcò sui piroscafi fino agli anni ’50. Oltre che Capitano di grandi navi a vela e motore, ingaggiate in navigazioni oceaniche, Duardìn si fregiò del titolo di “Albatross – Cap Hornier” per aver doppiato numerose volte quell’insidioso passaggio al comando di un grande veliero.
Il sodalizio Amicale Internationale des Capitaines au Long Cours Cap Horniers di Saint Malo si radunò a Camogli nel maggio 1971. Segretario era il Marchese Tomaso Gropallo celebre scrittore e storico di mare che fu anche docente del nostro Istituto Nautico. Era presente per la prima volta alla manifestazione il comandante Flavio Serafini di Imperia, promotore e storico di mare anch’egli. Serafini divenne poi Segretario Nazionale dell’Amicale fino alla sua chiusura nel 2003. Da questi rinomati personaggi della storia marittima abbiamo attinto alcune notizie e immagini descritte nel presente articolo. Figari infine, scomparve ad ottobre dello stesso anno di quell’incontro a Camogli, aveva 93 anni e risiedeva alla Casa dei Marinai. Fece perciò in tempo a partecipare all’evento nel quale era presente un altro noto Albatross di Camogli, il Capitano Prospero Figari, nomiaggio “Sciabecco”.
Duardìn fu ricordato nel “Der Albatross” e nel “Courier du Cap” organi del sodalizio dei Cap Horniers. Nel 1972 a Copenhagen, venne citato dall’Associazione dei Capitani di Lungo Corso di Capo Horn; la commemorazione avvenne alla presenza del Principe Consorte di Danimarca e del Vescovo di Copenhagen. “Così si chiudeva la saga terrestre di uno dei più famosi marinai italiani”…
Edoardo Figari nel 1971: si accinge a partecipare al convegno dell’AICH a Camogli
Da parte sua, il Lake Erie lasciò in eredità a Camogli qualcosa visibile ancor oggi. A Genova nel 1914, anno di demolizione della nave a Calata Gadda, l’armatore Gaetano Olivari donò alla Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli un grande tavolo di lucido teak e due splendide panche con schienale reclinabile.
Il tavolo e le panche del “Lake Erie” conservate in Sede Capitani
Quei mobili arredavano il salone della nave sin dai primi viaggi per il Canada. Oggigiorno, per gli stessi Soci che discutono in Sede le attività del sodalizio, è motivo d’orgoglio utilizzare quell’arredamento che ha solcato per quasi cinquant’anni gli oceani del mondo intero! =
Bruno Malatesta
(Bibliografia/immagini:
– “Il romanzo della vela” di T. Gropallo;
– “La Città dei Mille Bianchi Velieri, Camogli” di G.B. Ferrari;
– I soprannomi (nomiaggi) dei Capitani ed Armatori di Camogli” di Pro Schiaffino;
– “Uomini e bastimenti di Capo Horn” di Flavio Serafini)
(Altre immagini da:
– Archivio Capitani Camogli;
– South Australia State Library/A.D. Edwardes Collection).
DUE STORIE DEL MARE DEL NORD: Ostenda - Dunkerque
- 1 -
OSTENDA (Fiandre-Belgio) – LA PESCA DEI GAMBERI A CAVALLO DA OLTRE 700 ANNI
PATRIMONIO UNESCO DAL 2013
- 2 -
A DUNKERQUE (Francia) - SI SCATENO’ L’INFERNO:
OPERAZIONE DYNAMO. 2° Guerra Mondiale
La zona del Belgio che oggi visiteremo è quella in verde sul Canale della Manica
CARTINA DEL BELGIO
Le Fiandre nella parte “nera” della cartina
La costa fiamminga è un paradiso dalle mille facce. Ben 67 chilometri di spiaggia fine, mare e dune sabbiose, arte e cultura, cibo e bevande, storia e tradizione, shopping, surf e tanto altro ancora.
Faremo una cavalcata lungo la spiaggia che si estende dal confine con i Paesi Bassi a quello con la Francia. Vedi carta e freccia sotto.
Ostenda (Belgio) (in olandese Oostende; in francese Ostende) è una città portuale belga di 70.274 abitanti, situata nella provincia fiamminga delle Fiandre Occidentali e affacciata sul Mare del Nord. Il territorio comunale comprende la città vera e propria e tre città minori, annesse successivamente all'istituzione del comune: Mariakerke, Stene e Zandvoorde.
Ostenda è la città principale sulla costa belga. In tempi antichi non era altro che un piccolo villaggio di pescatori costruito sulla sponda orientale (in olandese: oost-einde) di un'isola (chiamata Testerep), posta fra il Mare del Nord e un lago costiero. Benché piccolo, il villaggio guadagnò lo status di 'città' intorno al 1265, quando agli abitanti fu permesso di tenere un regolare mercato. La principale fonte di introiti era naturalmente la pesca. La costa del mare del Nord è sempre stata abbastanza instabile e nel 1395 gli abitanti decisero di costruire una nuova Ostenda alle spalle di grandi dighe e lontana dalla minaccia del mare. La posizione strategica sul Mare del Nord ha dato un grande vantaggio a Ostenda, come porto, ma si è anche rivelata fonte di problemi. La città venne spesso presa, distrutta e saccheggiata dalle armate conquistatrici. Dopo quest'epoca Ostenda si tramutò in un porto di una certa importanza. Nel 1722 gli olandesi chiusero l'entrata del porto di Anversa, e di conseguenza la città crebbe d'importanza perché forniva un accesso alternativo al mare.
OOSTDUINKERKE: LA SPIAGGIA BELGA PATRIMONIO UNESCO
Monumento simbolo dei Shrimpers (pescatori di gamberetti a cavallo)
Il nome Oostduinkerke si traduce come "Dunkerque orientale"
Ogni martedì mattina, da Maggio a Settembre, sul tratto di spiaggia belga di Oostduinkerke, quasi al confine con la Francia, c’è un appuntamento imperdibile e ancora non troppo famoso, quello con gli Shrimpers!
Oggi… come nel medioevo…
Gli Shrimpers arrivano in spiaggia con i loro cavalli, sono seguiti da una folla numerosa di curiosi, appassionati e turisti da ogni dove…
Una decina di pescatori, quindici al massimo, indossano l’impermeabile giallo e con le galoche ai piedi, siedono sul carretto trasportato dal proprio cavallo e lungo il tragitto che porta al mare fanno salire “a bordo” i bambini che sono venuti a salutarli.
Arrivano fino al bagnasciuga e anche un po' più in là per preparare i cavalli …
IL MOMENTO IDEALE
La pesca a cavallo a Oostduinkerke sfrutta il ritiro della marea. I pescatori entrano in acqua quando il livello del mare è basso, lasciando scoperta una porzione di fondale marino. Quando la marea è alta, l'attività è impossibile.
Staccano il carretto lasciandolo a riva e dopo aver sistemato due grandi ceste in vimini sul proprio destriero, sono pronti a salire in sella e a partire.
I pescatori iniziano a posizionare la rete da pesca dietro al cavallo, che servirà a raccogliere i gamberetti, specialità tipica di queste parti.
È in questo momento, durante la bassa marea, che trainano le reti attraverso le acque poco profonde, catturando i gamberetti.
Le reti iniziano a strisciare sulla sabbia ed in men che non si dica sono sott’acqua a fare il loro lavoro sul fondale mentre lo Shrimper porta a passeggio il suo fedele compagno di avventura.
Si portano al largo…
Il mare è molto mosso, ma sembra non infastidire i cavalli, che si muovono tra le onde con estrema facilità ed eleganza.
Dopo circa 30/40 minuti eccoli tornare di nuovo verso la spiaggia.
Una volta tornati sul bagnasciuga, il pescatore ritira la rete da pesca e prende dal carretto i secchi ed il setaccio che gli serviranno per mostrare il pescato: un sacco di piccoli gamberetti, mischiati a qualche conchiglia ed altri pesciolini finiti per sfortuna nella rete.
Tutto il resto (piccoli pesci, granchi, meduse) viene restituito al mare. Questa operazione si ripete diverse volte durante la battuta di pesca.
Circa due ore più tardi, l’alta marea inizia a salire e costringe i pescatori a smettere di pescare. I cavalli non devono essere messi in condizione di pericolo. Le reti vengono ripiegate, caricate sul calesse e si rientra alla fattoria dove tutto è pronto per godersi il meritato pasto, Bruno svuota le ceste e prepara il fuoco per cuocere i gamberi.
L’emozione continua ad essere grande su quel tratto di costa belga ed è grazie soprattutto ai pescatori che sono felici di essere portatori e conservatori di una tradizione secolare che li fa sentire vicini a tante persone, grandi e piccini, e sono fieri di mostrarci e spiegarci il loro lavoro e lo fanno scherzando con noi e regalando ai bambini qualche pesce strano o conchiglia appena tirato fuori dal setaccio come fosse il cilindro di un mago.
E che dire di questi mansueti cavalli che si lasciano accarezzare e coccolare da chiunque! Questi possenti cavalli da tiro brabantini (brabançonne) sono originari del Belgio, ideale per questo tipo di attività. "Abbiamo conosciuto Udo, un esemplare imponente: pesa oltre una tonnellata e può tirare fino a duemila chili di peso senza sforzo". Ma non basta la stazza per diventare un cavallo da pesca. L’addestramento, infatti, inizia già ad un anno di età e, una volta terminato, una commissione valuta se il cavallo può effettivamente entrare a far parte di questa antica tradizione.
Una volta ripulite le reti, i pescatori rimontano sul loro carretto e ritornano a casa con quel bottino di pesca veramente irrisorio ma con la consapevolezza di aver raccontato e tramandato la loro storia e di aver fatto emozionare tutti i presenti, nessuno escluso!
Dal mare al piatto:
gli straordinari gamberetti pescati a cavallo
La cottura avviene in un enorme calderone pieno d’acqua bollente salata; dopo pochi minuti sono già pronti. Il sapore di questi minuscoli gamberi è eccezionale, una combinazione di sapidità e dolcezza che non ha eguali. Non ci stupisce che siano così rinomati. Assaggiare tutti insieme quello che abbiamo pescato qualche ora prima, sorseggiando una Kriek, è la perfetta conclusione di una mattinata fuori dell’ordinario.
….. una tradizione tanto bella quanto dura, in cui gli elementi naturali regolano l’attività dell’uomo e ne decidono le sorti; un mestiere antico, fatto di persone caparbie che, con passione e fierezza, portano avanti un’attività che li tiene ancora saldamente ancorati alle proprie origini.
Conclusione:
L'importanza culturale:
Questa antica tecnica di pesca non è solo un metodo di sostentamento, ma un vero e proprio patrimonio culturale.
Nel 2013, la pesca a cavallo di Oostduinkerke è stata riconosciuta dall'UNESCO come Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità, sottolineando il suo valore storico, sociale e culturale unico.
Rappresenta una connessione ininterrotta tra uomo, animale e ambiente, testimonianza di un'arte tradizionale tramandata di generazione in generazione.
Come funziona:
I cavalli, guidati da pescatori esperti, (Paardevissers) trainano una rete a strascico attraverso le acque poco profonde del mare. I cavalli, con le loro gambe affondate nella sabbia fredda e bagnata, si muovono con passo costante, trainando la rete mentre i pescatori li guidano e controllano la cattura. La forza e la resistenza dei cavalli sono fondamentali per affrontare le acque agitate e la pesantezza della rete piena di gamberetti. Il lavoro è duro e faticoso, sia per i cavalli che per i pescatori.
Il futuro della pesca a cavallo:
Nonostante il suo riconoscimento e la sua importanza, la pesca a cavallo di Oostduinkerke sta affrontando molte sfide: la competizione con i metodi di pesca moderni, i cambiamenti climatici e le normative ambientali pongono dei limiti alla sua praticabilità. Tuttavia, grazie al suo status di patrimonio UNESCO e all'impegno dei pescatori e delle autorità locali, si stanno attuando iniziative per preservare questa tradizione per le generazioni future.
DURANTE LA 2a GUERRA MONDIALE SU QUELLE SPIAGGE SI SVOLSE
L’OPERAZIONE DYNAMO….
I movimenti durante l'accerchiamento di Dunkerque
L'evacuazione di Dunkerque è un evento chiave della Seconda Guerra Mondiale e un'impresa militare memorabile, nonostante le parole di Churchill…
L'operazione, nota come "Operazione Dynamo", si svolse tra il 26 maggio e il 4 giugno 1940 e vide l'evacuazione di circa 338.000 soldati alleati, prevalentemente britannici, ma anche francesi, belgi e altri, dalle spiagge di Dunkerque.
L'esercito britannico era stato accerchiato dall'avanzata delle forze tedesche, che avevano quasi completato la conquista della Francia. La situazione era disperata; i soldati erano intrappolati e sotto costante attacco.
Un cannone navale inglese a copertura delle operazioni di evacuazione
Un ponte di scialuppe consente ai soldati inglesi di essere tratti in salvo
Il cacciatorpediniere francese Bourrasque affonda carico di truppe dopo essere stato colpito il 30 maggio 1940.
Le convulse fasi delle operazioni di evacuazione
L'evacuazione fu un miracolo logistico. Oltre alle navi militari, una flotta improvvisata di imbarcazioni civili – pescherecci, yacht, barche da diporto, persino chiatte e zattere – parteciparono all'impresa, rischiando la propria vita per salvare i soldati. La "Little Ships" (piccole navi) rappresentano un simbolo incredibile di coraggio e spirito civico.
I tedeschi, sorprendentemente, ritardarono l'attacco decisivo alle spiagge, dando tempo per evacuare un numero di soldati superiore alle aspettative.
Nonostante il successo nell'evacuare un numero così elevato di soldati, preservandoli per future battaglie, Churchill aveva ragione a sottolineare che: “con le evacuazioni non si vincono le guerre”.
Dunkerque fu una sconfitta strategica per gli alleati: un'enorme quantità di equipaggiamento militare fu persa e la Francia era sul punto della capitolazione. L'evacuazione, però, evitò un disastro ancora più grande: la completa distruzione del Corpo di Spedizione Britannico e una potenziale invasione della Gran Bretagna. L'impresa salvò la spina dorsale dell'esercito britannico, che poté poi essere riarmato e contribuire a cambiare le sorti del conflitto. Dunkerque, dunque, assunse un valore simbolico significativo, diventando un esempio di resilienza e determinazione di fronte all'avversità, un momento di speranza in un periodo buio.
Le foto e le storie "straordinarie" di questi posti sono state tratte da siti e web locali che ringraziamo per aver arricchito la nostra conoscenza del significato e del limite ben definito della parola "BAGNASCIUGA" specialmente quando essa si fa teatro di alterne vicende umane!
CARLO GATTI
Rapallo, Giovedì 13 Febbraio 2025
ATLANTIS - LA NAVE CORSARA PIU' CELEBRE DELLA STORIA
ATLANTIS
L’INCREDIBILE MISSIONE DI UNA NAVE CORSARA TEDESCA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Navigò sotto dieci Bandiere…
AFFONDO’ O CATTURO’ 22 NAVI
Atlantis con il secondo fumaiolo aggiunto
Il distintivo degli equipaggi delle navi corsare
LA SUA CARRIERA DI KILLER DEI MARI DURO’
VENTI MESI, ALLA FINE INCAPPO’ NEL
SUO GIUSTIZIERE
Il 22 novembre 1941
L'incrociatore britannico HMS Devonshire mise fine alla sua fama leggendaria.
Perché era identificata come NAVE CORSARA?
Il suo obiettivo principale era di avvicinarsi, “sotto mentite spoglie”, il più possibile ad una nave mercantile nemica, esponeva improvvisamente la bandiera da guerra, scopriva le armi mimetizzate per coglierlo di sorpresa e lo costringeva alla resa.
- Durante la Seconda guerra mondiale, la celebre nave corsara tedesca ATLANTIS venne impiegata nella guerra di corsa.
- Nella lunga crociera in cui fu impegnata: circa 100. 000 miglia, affondò o catturò:
22 navi per 144. 384 t.
- L'Atlantis, dopo l’incredibile BOTTINO DI GUERRA, venne affondata il 22 novembre 1941 dall'incrociatore britannico HMS Devonshire.
ATLANTIS, conosciuta anche come HSK (Hilfskreuzer) 2, o Schiff 16, era in origine la nave da carico Gedenfels, della Hansa Line.
Tra il 1939 e il 1940 fu convertita in nave corsara, nei cantieri navali di Kiel e di Brema. Ecco le sue caratteristiche nautiche:
Stazza L. - 7.900 tonnellate,
Lunghezza - 155 metri
Larghezza - 18 metri
Pescaggio - 8,7 metri.
Velocità - 16 nodi
Autonomia - 60.000 miglia nautiche
Equipaggio-era 366 uomini, 19 ufficiali e 347 marinai.
Durante i lavori di conversione fu aggiunto il carico bellico, in particolare:
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6 cannoni da 150 mm;
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1 cannone da 75 mm a prua;
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2 cannoncini antiaerei binati da 37 mm;
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2 cannoncini antiaerei binati da 20 mm;
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4 tubi lanciasiluri da 533 mm sotto la linea di galleggiamento;
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92 mine navali in un apposito compartimento.
I due cannoni poppieri da 150 mm erano nascosti da una gru e da un finto cassero, dietro finte murate mobili e potevano essere rapidamente approntati per “sorprendere” il mercantile nemico.
Aveva in dotazione due idrovolanti Heinkel He-114C alloggiati in una stiva, dei quali uno era sempre pronto al decollo.
La nave corsara portava anche materiale adatto per la mimetizzazione per assumere 26 shapes diversi di navi battenti bandiera di paesi neutrali, in particolare:
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un finto fumaiolo;
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alberatura e picchi di carico ad altezza variabile;
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teloni e vernice;
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bandiere di nazioni non belligeranti;
-
costumi per l'equipaggio.
Il suo comandante, cap. di fregata Bernhard Rogge, era uomo esperto e deciso, che si fece presto la fama di agire nella sua guerra di corsa con spiccata umanità, date le circostanze.
LA SUA INCREDIBILE CROCIERA
DURO’ 20 MESI
Il testo che segue (Wikipedia) è stato revisionato e riscritto dall’autore di questo articolo.
Era il dicembre del 1939, a causa del ghiaccio, il comandante Rogge non poté lasciare il porto di Brema.
Quell’inverno fu molto freddo e lungo! Soltanto il:
31 marzo 1940 iniziò la sua “diabolica” crociera
Solo grazie all’intervento della corazzata tedesca HESSEN, utilizzata come rompighiaccio, l’ATLANTIS poté affrontare il mare aperto, superare i campi minati tra Norvegia e Gran Bretagna, attraversare il Circolo Polare Artico ed entrare nell’Oceano Atlantico attraversando il Canale di Danimarca.
Mimetizzata per somigliare alla nave sovietica Krim sventolava la bandiera dell’Unione Sovietica (al tempo neutrale) mostrando la falce e martello.
Il 25 aprile passò l’Equatore e assunse un’altra mimetica: quella del cargo giapponese Kasii Maru: una K venne dipinta sul fumaiolo rosso come una nave della Kokusai Line.
In Atlantico
Il 2 maggio Kapitan Rogge incrociò una nave passeggeri UK la SS City of Exeter, ma temendo una strage di passeggeri civili, decise di non affondarla. Tuttavia, subito dopo, il marconista di Rogge intercettò una comunicazione alla Royal Navy: “attività sospetta di un mercantile giapponese”.
PRIMA VITTIMA
Si chiamava Scientist e trasportava minerali di ferro e iuta. Era il 13 maggio – La nave corsara tedesca issò la bandiera della Kriegsmarine e intimò di fermare le macchine e di non usare la radio. Sparò anche un colpo di avvertimento.
Il comandante inglese, non ubbidì ed iniziò ad inviare segnali di soccorso, Rogge reagì con una cannonata che colpì il locale caldaie, solo così la nave si arrese. Vi fu soltanto una vittima tra i 78 membri dell'equipaggio, gli altri 77 vennero recuperati, imprigionati e la nave fu affondata dopo il trasbordo.
Capo Agulhas
il 10 maggio - l’Atlantis doppiò il Capo di Buona Speranza e raggiunse il Capo Agulhas con la missione di minare tutta la zona fino ad esaurire il quantitativo di ordigni imbarcato. Il risultato non fu dei migliori a causa della propaganda nazista che, vantandosi di alcuni successi di quel campo minato, ne favorì la scoperta… Successivamente fu intercettato un messaggio di allerta proveniente da Ceylon, in cui si segnalava la presenza di un corsaro tedesco camuffato da nave giapponese.
L'Atlantis si trasformò subito nella nave mercantile olandese MV Abbekerk e fece rotta per l’Oceano Indiano.
Oceano Indiano
SECONDA VITTIMA
Il 10 giugno 1940 l'Atlantis intercettò e catturò la motonave norvegese Tirranna dopo un assalto a cannonate durato 3 ore. La “preda” era carica di rifornimenti per le truppe australiane che combattevano nel Medio Oriente e venne quindi inviata in Francia come preda di guerra.
TERZA VITTIMA
L'11 luglio abbordò la nave di linea City of Baghdad, a bordo della quale i marinai tedeschi trovarono documenti contenenti codici importanti ad uso delle navi mercantili alleate, oltre ad una descrizione dettagliata della nave corsara tedesca. Il comandante Rogge rimodellò subito il profilo della nave installando due nuovi picchi di carico.
QUARTA VITTIMA
Il 13 luglio l'Atlantis incrociò la nave passeggeri Kemmendine, diretta a Burma, il cui equipaggio aprì il fuoco con un cannone da 75 mm, ma fu rapidamente sopraffatta dalla corsara tedesca. Tutti i passeggeri e l'equipaggio furono presi prigionieri e la nave venne affondata.
QUINTA E SESTA VITTIMA
In agosto l'Atlantis affondò la Talleyrand, una gemella della Tirranna. Qualche giorno dopo la sesta vittima fu la carboniera King City. La nave venne duramente colpita da tre cannonate che causarono cinque morti.
SETTIMA- OTTAVA-NONA VITTIMA
Durante il mese di settembre la corsara tedesca catturò le navi Athelking, Benarty e Commissaire Ramel, che vennero affondate dopo il trasferimento di prigionieri, rifornimenti e documenti.
DECIMA VITTIMA
In ottobre venne catturata la nave iugoslava Durmitor, che trasportava un carico di sale. La Jugoslavia era neutrale al tempo, ma il comandante Rogge doveva liberarsi di molti prigionieri di guerra, ne trasbordò 260 prigionieri con un equipaggio tedesco di 14 uomini, venne inviata verso la Somalia, controllata dagli italiani. La nave giunse a destino in ben 5 settimane di viaggio dense di molti problemi, tra cui la mancanza di combustibile.
UNDICESIMA E DODICESIMA VITTIMA
Nella prima metà di novembre l'Atlantis, presentandosi come HMS Anthenor, catturò due petroliere norvegesi, la Teddy e la Ole Jacob.
TREDICESIMA VITTIMA - (La più importante)
La cattura della Automedon ed il suo carico segreto
L'11 novembre il corsaro tedesco intercettò il cargo Automedon a 250 miglia a nordovest di Sumatra. Sparò un colpo di avvertimento. Il marconista inglese trasmise immediatamente l’emergenza: siamo sotto l’attacco di una nave corsara! La quale non ebbe scelta ed iniziò un pesante cannoneggiamento che colpì il ponte di comando, le scialuppe di salvataggio dell'Automedon, causando sei morti e dodici feriti.
I tedeschi abbordarono la nave ferita e fecero un interessante bottino: quindici sacchi di posta per il British Far East Command, Top Secret: tabelle di decodificazione, report dell'intelligence della marina, ordini di flotta ed istruzioni di artiglieria e una piccola borsa segnata come “Altamente confidenziale” contenente un report per il Comandante in Capo dell'Estremo Oriente, Robert Brooke Popham.
La borsa doveva essere gettata fuori bordo se la nave fosse stata a rischio di cattura, ma i responsabili erano feriti o deceduti e non erano riusciti ad adempiere il loro dovere.
“Il report conteneva una valutazione della potenza militare dell'impero giapponese nell'estremo oriente, dettagli relativi agli squadroni della RAF, valutazioni di potenza navale e note sulle difese di Singapore. Il report dipingeva un quadro a tinte fosche sulle capacità militari marine e terrestri inglesi nell'estremo oriente e dichiarava che l'Inghilterra era troppo debole per rischiare la guerra con il Giappone”.
L’Automedon fu affondata ed il comandante, vista l’importanza dei documenti, li trasferì sulla petroliera Ole Jacob precedentemente catturata e diede il comando al tenente Paul Kamenz con la direttiva di fare rotta per Kobe, dove arrivarono il 4 dicembre 1940 senza ulteriori problemi.
La documentazione fu spedita dall’Ambasciata di Tokyo dall'attaché navale Paul Wenneker, il quale ne spedì un sunto a Berlino via telegrafo, mentre l'originale venne portato a mano dallo stesso Kamenz attraverso la Ferrovia Transiberiana. Una copia venne data ai giapponesi, che ne trassero un grande profitto nella pianificazione delle ostilità contro le potenze occidentali. Per questa motivazione Rogge venne ricompensato con una spada Samurai finemente decorata, un dono di grande prestigio che venne elargito solamente a Hermann Göring ed al feldmaresciallo Erwin Rommel.
L’IMPORTANZA DI QUELLA CATTURA
Successivamente alla lettura del rapporto catturato, il 7 dicembre 1941 l'ammiraglio giapponese Yamamoto scrisse al ministro della marina affermando che, se il Giappone avesse ridotto all'impotenza gli Stati Uniti d'America, le altre forze Alleate nel teatro del Pacifico sarebbero state troppo deboli per resistere. Si crede che tra le conseguenze della cattura dei report sull'Automedon vi siano l'attacco a sorpresa di Pearl Harbor e la battaglia che portò alla caduta di Singapore.
Isole Kerguelen ed Africa
Nel periodo di Natale del 1940 l'Atlantis trovò rifugio e un po’ di riposo nell'arcipelago delle Isole Kerguelen, al tempo disabitate. L’occasione fu propizia per effettuare lavori di manutenzione ed approvvigionarsi di acqua.
QUATTORDICESIMA-QUINDICESIMA-SEDICESIMA VITTIMA
Verso la fine di gennaio del 1941, l'Atlantis riprese la guerra di corsa ed affondò la nave inglese Mandasor e catturò la Speybank al largo delle coste orientali dell'Africa. Successivamente, il 2 febbraio, venne catturata la petroliera norvegese Ketty Brøvig, il cui carico venne utilizzato per rifornire la stessa Atlantis.
In seguito avvennero due incontri in alto mare con L’incrociatore tedesco Admiral Scheer ed il sommergibile italiano Perla.
Il Perla era partito dal porto di Massaua al comando del tenente di vascello Bruno Napp e stava cercando di raggiungere la base Betasom nei pressi di Bordeaux doppiando il Capo di Buona Speranza.
Il comandante Rogge annotò nelle sue memorie che, vedendo il piccolo sommergibile costiero ed il suo equipaggio emaciato, espresse le sue perplessità sulla missione, suggerendo di raggiungere il Brasile o l'Argentina ed arrendersi. Nel racconto del comandante tedesco, Napp declinò con gentilezza il suggerimento, affermando che avrebbe fatto tutto il possibile per obbedire agli ordini, ottenendone grande ammirazione.
Ritorno in Atlantico
DICIASSETTESIMA VITTIMA
In aprile la corsara tedesca ritornò nell'Oceano Atlantico, dove catturò, il giorno 17, la nave egiziana Zamzam, che però fu erroneamente scambiata per una Q-ship e cannoneggiata da grande distanza. Furono presi oltre 200 prigionieri di guerra, tra cui missionari ed autisti di ambulanza. Tra i prigionieri vi erano anche Charles J.V. Murphy, editore del giornale Fortune, e David E. Scherman, un fotografo della rivista Life. I tedeschi permisero a Scherman di fare fotografie e, nonostante fosse stato perquisito allo sbarco, riuscì fortunosamente a rientrare a New York portando con sé quattro rullini. Le fotografie aiutarono in seguito l'ammiragliato inglese ad identificare ed affondare l'Atlantis.
Oceano Pacifico
ALTRE CINQUE VITTIME
Come conseguenza della caccia alla corazzata tedesca Bismarck da parte degli Alleati, il Nord Atlantico era affollato di navi da guerra, per cui il comandante tedesco abbandonò il piano originale di ritornare in Germania e si diresse nell'Oceano Pacifico. In questo periodo affondò le navi inglesi Rabaul, Trafalgar, Tottenham e Balzac.
Il 10 settembre, ad est della Nuova Zelanda venne catturata la motonave norvegese Silvaplana.
Successivamente incrociò nella Polinesia Francese tra le isole Tubuai e l'arcipelago Tuamotu. All'insaputa delle autorità francesi, marinai tedeschi sbarcarono sull'isola di Vanavana e scambiarono beni con i suoi abitanti. La zona di caccia venne quindi spostata nell'area tra le isole Pitcairn e Henderson, dove l'idrovolante della nave effettuò numerosi voli di ricognizione senza avvistare alcuna nave. Il 19 ottobre l'Atlantis fece rotta verso l'Oceano Atlantico, doppiando Capo Horn dieci giorni dopo.
Ultime azioni
A metà ottobre venne ordinato all'Atlantis di incontrarsi con il sommergibile U-68 500 miglia a sud di Sant’Elena per rifornirlo e successivamente di procedere all'incontro con il sommergibile U-126 a nord dell’Isola di Ascensione.
L'incontro con il primo sommergibile avvenne il 13 novembre e con il secondo tra il 21 ed il 22 novembre. Le istruzioni inviate all'U-126 tuttavia furono intercettate e decifrate dal servizio di decrittazione alleato operante a Blethchley che ne informò l'ammiragliato inglese, il quale a sua volta ordinò all'incrociatore pesante HMS Devonshire di intercettare il corsaro tedesco.
Affondamento DELLA NAVE CORSARA TEDESCA ATLANTIS
All'alba del 22 novembre 1941 l'Atlantis, mentre era impegnata nelle operazioni di rifornimento del sommergibile, avvistò la nave da guerra inglese. L'U-126 si immerse, lasciando il proprio comandante a bordo della nave corsara, la quale si identificò come la nave olandese Polyphemus. Tuttavia, dopo meno di un'ora, l'incrociatore britannico ricevette la conferma della falsa identità fornita dalla nave ed attaccò con i suoi cannoni da 200 mm da una distanza di circa 9 miglia, al di fuori della portata dei cannoni dell'Atlantis. La seconda e la terza bordata colpirono la nave tedesca, causando la morte di sette marinai. Il comandante Rogge diede ordine di abbandonare la nave che egli stesso lasciò per ultimo. Successivamente le munizioni esplosero e la nave affondò di prua.
L'incrociatore inglese lasciò l'area per timore di essere a sua volta attaccato dal sommergibile presente in zona, che effettivamente riemerse e prese a bordo tutti gli uomini possibili, mentre gli altri furono costretti sulle scialuppe che vennero prese a rimorchio.
Il convoglio fece rotta per il Brasile, che era neutrale, e due giorni dopo si incontrò con la nave rifornimento tedesca Python. Il 1º dicembre, mentre la Python stava rifornendo due sommergibili, l'U-126 e l'U-A, avvistò la HMS Dorsetshire, un altro incrociatore pesante inviato alla ricerca delle navi corsare tedesche. I sommergibili si immersero prontamente mentre l'equipaggio della Python autoaffondava la nave.
La Dorsetshire lasciò la zona e l'equipaggio fu recuperato al largo delle isole di Capo Verde dall'azione congiunta del sommergibile italiano Enrico Tazzoli, comandato da Carlo Fecia di Cossato, e di altri tre sommergibili italiani: il Luigi Torelli, al comando di De Giacomo, il Pietro Calvi del comandante Olivieri, ed il Giuseppe Finzi, del comandante Giudice, oltre ai sommergibili tedeschi U-Boot 126, U-Boot 124 e U-Boot 129.
Per gentile concessione di BETASOM
Smg. TAZZOLI in rientro a Bordeaux con i naufraghi del ATLANTIS
MARINA MILITARE
Una storia di Natale - Il salvataggio dei superstiti dell’Atlantis e del Python
https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/notizie/Pagine/20141219_atlantis.aspx
https://www.lericiin.it/la-nave-corsara-atlantis-e-i-sommergibili-oceanici-italiani/
Racconto di Flavio Testi
La crociera dell’Atlantis non fu esente dal provocare vittime innocenti. Particolarmente penosa fu la vicenda del piroscafo Zamzam, creduto inglese e, invece, appartenente al governo egiziano, che l’aveva adibito al trasporto di civili, il quale venne duramente cannoneggiato dalla nave corsara. La Somalia fu teatro di guerra a terra come in mare e il popolo somalo fu coinvolto in guerra non sua.
Ne segue la mia libera traduzione, dall’inglese in italiano, di una breve parte dell’interessante racconto:
THE ATLANTIS GERMAN CORSAIR SHIP IN SOMALIA DURING THE SECOND WORLD WAR – THE DEATH ROUTE AND THE SKELETONS LANDFALL IN MOGADISHU.
LA PRESENZA DELLA NAVE CORSARA TEDESCA ATLANTIS IN SOMALIA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE- LA ROTTA DELLA MORTE E LO SBARCO DEGLI SCHELETRI A MOGADISCIO.
© Abdullahi Elmi Shurie
LA PRESENZA DELLA NAVE CORSARA TEDESCA ATLANTIS IN SOMALIA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE - LA ROTTA DELLA MORTE E LO SBARCO DEGLI SCHELETRI A MOGADISCIO.
La nave corsara tedesca Atlantis operava nel Mar Rosso durante la seconda guerra mondiale, principalmente nelle acque della Somalia. Nascosta nelle isole Bagiuni, effettuava rifornimenti e riparazioni, da lì poi partiva per le sue scorrerie. La maggior parte delle sue catture avvenivano lungo le coste somale. Nel 1940, la nave Atlantis catturò il piroscafo Durmitor e lo convogliò verso la Somalia italiana per poterlo depredare e poi scaricarvi i prigionieri. Il Durmitor, carico di oltre 300 prigionieri, fu spinto verso la costa della Somalia, raggiungendo un luogo vicino a Mogadiscio.
Il viaggio, descritto da un testimone oculare, Libero Accini, nell'opera "The Death Route," fu una vera e propria tragedia, con una scena di disperazione e sofferenza a bordo del Durmitor, soprannominato la "Nave del Diavolo", a causa delle condizioni disumane in cui venivano tenute le sue cariche.
Molti morirono durante il trasferimento…..
…. Un'ultima nota: anche se la Somalia era coinvolta nella seconda guerra mondiale, la guerra aveva un impatto devastante anche sulla popolazione civile che era trascinata dentro gli eventi senza essere parte attiva dei conflitti.
Captain Rogge
Frank-Rogge, W.-B.
HK 16 Atlantis. Le gesta della celebre nave corsara narrate dal suo comandante Libro+CD
Lingua ITA (Italiano) -
Prezzo: 35.00 €
Bibliografia
- Wikipedia – Atlantis (HSK 2) - Navi corsare tedesche della seconda guerra mondiale
- Ammiraglio Andrea Mucedola: La storia della Atlantis: incrociatori corsari tedeschi nella seconda guerra mondiale
- Centro Studi LA RUNA: La crociera della nave corsara Atlantis.
- il GIORNALE -Atlantis, la nave corsara nazista che dettò la caduta di Singapore. L'ultima nave corsare tedesca entrò in possesso di documenti classificati di altissimo livello, così Singapore cadde in mano ai giapponesi, alleati di Hitler e Mussolini nelle fila dell'Asse.
- BETASOM
Carlo GATTI
Rapallo, Venerdì 7 Febbraio 2025
GENOVA SVELA UNA ANTICA ARENA
GENOVA SVELA UNA ANTICA ARENA
Gli scavi, iniziati nel 1992 e proseguiti fino al 1996, hanno portato alla luce, oltre a numerose strutture medievali, anche una serie di muri e fondamenta più antiche che suggeriscono la presenza di un anfiteatro di epoca romana.
La freccia nella mappa di Genova, indica la zona dei Giardini Luzzati
Genova, sempre attenta al proprio patrimonio storico, ha una nuova perla archeologica da mostrare ai suoi visitatori dei Giardini Luzzati, proiettati nel cuore del centro storico.
Su questa zona, ormai da molti anni, sono puntati i riflettori di molti studiosi attirati da crescenti scoperte, evidenze, reperti e rinvenimenti archeologici che destano sorpresa, curiosità e desiderio di approfondire sempre di più la storia di Genova “romana”!
Vista d'insieme dei Giardini Luzzati Genova
Immagini della zona oggi
Oggi, l'area è accessibile in parte al pubblico, offerto per alcuni giorni con visite guidate. L’apertura vuole anche promuovere attività culturali in questa zona e favorire la conoscenza del patrimonio nascosto sotto i nostri piedi.
UNA PASSEGGIATA TRA I REPERTI ARCHEOLOGICI
La ricostruzione digitale del reperto archeologico mostra approssimativamente l'estensione dell'anfiteatro.
La disposizione del sito
Muri, fondamenta e, particolarmente, una cinta muraria ellittica che presenta queste misure:
Lunghezza: circa 70 mt.
Larghezza: 40 mt.
Tale scenario architettonico, insieme ad altri interessanti ritrovamenti di resti edilizi limitrofi, sarebbe indicativo di un'area destinata a funzioni pubbliche. Gli archeologi ipotizzano la presenza di un anfiteatro.
L'ampiezza dell'area interessata, circa 5.200 metri quadrati, evidenzia l'importanza e l'estensione del sito romano in questa zona. Ancora oggi, sotto attenta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia della Liguria, l'area è oggetto di continuità di scavi e studi che potrebbero portare a nuove scoperte e a una migliore comprensione di questo sito.
Alla base del muro una serie di buche per pali poste ad intervalli regolari databile al I secolo d.C.
Sono anche emerse tracce di strutture di periodi successivi, come se si fosse realizzata, nel corso dei secoli, una trasformazione da spazio pubblico Romano ad un altro con nuove funzioni nel Medioevo e oltre.
Muro rettilineo (30 metri); l’intonaco sul lato esterno rivela un tipo di rivestimento per cisterne e vasche, e su un lato mostra le tracce di un fossato. I materiali lo datano tra: I.aC - I.dC.
Ci sono poi le 13 cisterne e cantine, con le pareti intonacate e altre strutture medievali. Si arriva quindi alla prima distruzione della zona causata dai bombardamenti del Re Sole nel 1684, per finire con quelli della Seconda guerra mondiale.
Alla canalizzazione delle acque di epoca romana, sarebbe seguita (nel I secolo) la costruzione dell’anfiteatro. L’edificio sarebbe stato utilizzato per un paio di secoli, fino a quando l’area fu soggetta a impaludamento.
Questa scoperta aggiunge un altro tassello al mosaico del passato di Genova, invitando alla riflessione sull'importanza di preservare il nostro patrimonio archeologico e di approfondire le nostre conoscenze storiche.
L'ANFITEATRO E IL PORTO
La vita quotidiana, con i suoi aspetti sia laboriosi che di divertimento era strettamente legata alla portualità del porto di Genova.
Questo intenso traffico marittimo rendeva il porto di Genova un punto di incontro per i marinai di diverse provenienze e culture, un vero "crogiuolo" di persone e di idee, dove le diverse tradizioni si mescolavano e si scambiavano.
Oggi, possiamo soltanto immaginare l’emozione e la meraviglia di quei marinai stranieri che, approdando a Genova per la prima volta, vedevano stagliarsi verso il cielo un anfiteatro panoramico sulla collinetta di Sarzano che era pronto ad accoglierli simulando un fraterno abbraccio con la sua forma ellittica, per offrire loro una pausa di pace e divertimento dopo tanti affanni patiti nelle burrasche di mare.
Questa connessione tra l'anfiteatro, il porto e la vita di Genova nel periodo romano offre uno spaccato più completo e dinamico di questa parte di storia della città. La scoperta archeologica ci porta ad immaginare la vita sociale e culturale di Genova nell'antichità, andando oltre le semplici tracce materiali.
LA PORTUALITA’ DI GENOVA IN EPOCA ROMANA FU UN POLO ATTRATTIVO DI PRIMARIA GRANDEZZZA COMMERCIALE
Immagine tratta da “GENOVA ROMANA”
di Marco Milanese
Genova, oltre ad essere un fiorente centro urbano dell'epoca, era anche un vivace porto di primaria importanza.
Il Porto di Genova, come fulcro dell’economia romana all’epoca di Vipsiano Agrippa, (il più grande Ammiraglio della storia di Roma (63 a.C. – 12 a.C.), del quale è accertata la sua presenza a Genova, aveva un’enorme importanza strategica, non solo per il controllo militare del Nord Tirreno, ma anche come scalo d’imbarco e sbarco di prodotti commerciali.
Nave oneraria romana-Museo di Albenga
L'intensa attività portuale, fondamentale per la sopravvivenza e la prosperità della città, era strettamente legata alla navigazione delle navi onerarie che viaggiavano lungo tutto il Mar Tirreno cariche di merci come vino, olio, il famoso garum, e molte altre derrate alimentari.
Poggi G. ci spiega:
Quanto alla qualità del vino, Marziale (III. 82) dice che i Liguri bevevano vino buono, e davano ai convitati il vino ligustico, che era sgradevole perchè sapeva di pece. Forse lo dettero a lui in ricambio della sua maldicenza, ma Plinio certifica che Genova teneva la palma del buon vino in Liguria (IV 8 7), e basta ricordare i vini squisiti di Coronata e di Quarto per convincersene. Un altro articolo di esportazione era l’uva secca che, secondo Plinio, veniva fasciata in giunchi e riposta in botti sigillate con gesso (XV 18 4).
MUSEO DELLA NAVE ROMANA DI ALBENGA
Diversamente dagli alimenti solidi, come il grano, il trasporto delle derrate liquide o semiliquide come il vino, l’olio e le salse di pesce (garum), era affidato a contenitori in terracotta, in particolare alle anfore (dal termine greco amphìphèro, porto da entrambe le parti, riferito alle due anse dei contenitori). Questo genere di recipienti rappresentava il mezzo più efficace per garantire la conservazione e la spedizione di grandi quantitativi di merci per via marittima o fluviale.
I numerosi relitti di navi onerarie ritrovati ancora colme di anfore nel Mar Ligure testimoniano la presenza di un intenso traffico navale, se si pensa che soltanto il Porto artificiale (ad esagono) di TRAIANO a Roma, con i suoi immensi magazzini ancora visibili, poteva ospitare oltre 500 “carrette dei mari ante litteram…”
Sulle rotte trafficate del Mar Tirreno, queste imbarcazioni trovavano pochi ridossi dove “nascondersi” dalle burrasche. Navigavano solo nei mesi ritenuti meno pericolosi, ma come sanno i marinai di ogni epoca: Il mare è amico solo di chi lo rispetta e lo teme… anche nei periodi di tempo buono assicurato.
Ma ora ritorniamo al tema principale di questo viaggio nella romanità
COS’ERA E COSA RAPPRESENTAVA UN ANFITEATRO ROMANO?
Un anfiteatro romano, in poche parole, era un'arena ellittica progettata per ospitare grandi eventi pubblici.
Differente dal teatro, che aveva una forma semicircolare, l'anfiteatro si sviluppa su una struttura ellittica concepita per permettere a un gran numero di spettatori di assistere a spettacoli di ogni genere.
Gli anfiteatri erano luoghi di intrattenimento e spesso servivano per giochi di gladiatori, lotte tra animali selvatici (venationes), esecuzioni pubbliche e altre forme di spettacolo, che erano molto popolari nel mondo romano.
L'organizzazione di questi eventi portava un notevole flusso economico. La grande partecipazione di pubblico ne testimoniava l'importanza nel tessuto sociale dell'epoca.
La capacità di un anfiteatro romano variava a seconda delle dimensioni della città. Questi luoghi erano spesso in un'area centrale, dove la comunità si riuniva regolarmente per condividere uno spettacolo e momenti di intrattenimento in un'unica esperienza in una grande aggregazione sociale.
Secondo Plinio il Vecchio l’anfiteatro sarebbe nato nel 53 o nel 52 a.C. a Roma: per onorare la memoria del padre defunto, Scribonio Curione, fa costruire due teatri in legno orientati in direzioni opposte e tangenti tra loro, montati su perni ruotanti; per tutta la mattinata essi rimasero separati e ospitarono rappresentazioni teatrali che non si disturbarono a vicenda. Il pomeriggio, per i combattimenti gladiatori, i due teatri girarono su se stessi fino ad allineare le loro fronti, in modo che i due emicicli formarono un anfiteatro (Naturalis Historia, 36.116-120).
In realtà, precedentemente a questo periodo, era già stato realizzato uno tra i più antichi edifici stabili per spettacoli gladiatori: l’anfiteatro di Pompei. Esso venne offerto alla città dai duoviri quinquennales C. Quinctius Valgus e M. Porcius nel 70 o nel 65 a.C., ricordati dalle iscrizioni rinvenute in prossimità degli ingressi, in una zona a sud-est della città a ridosso delle mura urbane.
L’ANFITEATRO DI LUNI E QUELLO “IPOTETICO” DI GENOVA SAREBBERO COEVI: II Secolo a.C.
ANFITEATRO di LUNI (nelle due immagini sopra)
Asse Maggiore=88,5 mt.
Asse minore=70,2 mt.
Numero di spettatori=7.000 spettatori
L’ANFITEATRO (ipotetico) di GENIOVA avrebbe avuto dimensioni leggermente inferiori, come abbiamo già visto.
Da incompetente, non so dire se il confronto tra i due manufatti sia pertinente, tuttavia credo che nell’attesa di futuri riscontri certi, esso possa “regalare” ai lettori un’idea più “ravvicinata” della scoperta. Perdonatemi l’azzardo!
Proponiamo al lettore alcuni approfondimenti sull’argomento che riteniamo interessanti.
LISTA DI ANFITEATRI ROMANI
IN ITALIA
https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_anfiteatri_romani
GENOVA QUOTIDIANA
Ferdinando Bonora
https://genovaquotidiana.com/2016/09/24/genova-romana-visite-guidate-dellanfiteatro-oggi-fino-alle-24-e-domani-ai-giardini-luzzati/
YOUTUBE
L’ANFITEATRO ROMANO AI GIARDINI LUZZATI
https://www.youtube.com/watch?v=a6t8vfVLinE
GENOVA ROMANA IMPERIALE
Filippo Giunta
http://www.giuntafilippo.it/genova-2/03-genova-romana-indice/03-genova-romana/
GENOVA - LA CASA DEL BOIA
CARLO GATTI
Conosciuta anche come la
CASA DI VIPSIANO AGRIPPA
https://www.marenostrumrapallo.it/boia/
Carlo GATTI
Rapallo, 13 gennaio 2025