CANALE DI KIEL

 

CANALE DI KIEL

 

Veduta aerea della città di KIEL

 

Quando l’argomento di conversazione si sofferma sui Canali artificiali Navigabili che hanno cambiato le rotte delle navi, rendendole più brevi ed economiche, si parla generalmente di Suez, Panama, Corinto, Canal du midi e quasi mai del Canale di Kiel che, da ricerche effettuate, pare sia attraversato nei due sensi da un numero di navi anche superiore a quello dei più blasonati Canali citati.

Il Canale di Kiel collega il Mar Baltico con il Mare del Nord, rappresentando una delle opere ingegneristiche più significative del XIX secolo. Sebbene abbia agevolato il commercio marittimo in Europa e avuto un impatto profondo sulla strategia navale della Germania, rimane relativamente sconosciuto. Uno dei motivi di questa scarsa notorietà è la sua specificità geografica e il contesto storico in cui è stato costruito. Mentre i canali di Panama e Suez attraggono l'attenzione globale per la loro capacità di rivoluzionare il commercio marittimo a livello mondiale, il Canale di Kiel è essenzialmente una via d'acqua regionale. Inoltre, la sua costruzione avvenne in un periodo in cui le innovazioni tecnologiche si concentravano su progetti più ambiziosi e visibili. In questo saggio, esploreremo non solo la storia e l'importanza del Canale di Kiel, ma anche i motivi che ne hanno limitato la fama e la conoscenza, al fine di mettere in luce il suo fondamentale ruolo nel panorama marittimo europeo.

 

UN PO’ DI STORIA…

Fu inaugurato il 21 giugno 1895 da Guglielmo II, nipote dell'imperatore Guglielmo I che ne ordinò invece la costruzione. Il suo nome in origine fu Kaiser-Wilhelm-Kanal ed i lavori si svolsero in 8 anni con l'impiego di 9.000 operai. Venne allargato tra il 1907 e 1914 su ordine della Marina Militare Tedesca, infatti già lo scopo iniziale della sua creazione era quello di collegare le basi della flotta tedesca del Mar Baltico con quelle del Mare del Nord, senza dover appunto circumnavigare la Danimarca.
Nel 1919, con il Trattato di Versailles, il Canale di Kiel venne internazionalizzato unitamente al fiume Reno, all'Oder, al Danubio e all'Elba.

 

Era presente anche l’Italia …

 

Accadde il 20 giugno 1895: Inaugurato il Canale di Kiel

Giovedì - Viene inaugurato il Canale di Kiel con una solenne cerimonia cui partecipano formazioni navali di numerose nazioni con quasi cento navi da guerra e seguita da una rivista navale passata dal Kaiser Guglielmo II sul panfilo reale Hohenzollern.

Per l’Italia partecipa la Squadra Speciale al comando dell’ammiraglio Tòmaso di Savoia duca di Genova sul panfilo reale Savoia e costituita dalle corazzate Re UmbertoSardegnaRuggero di LauriaAndrea Doria, dagli arieti torpedinieri Stromboli Etruria e dagli incrociatori torpedinieri Aretusa e Partenope. La formazione italiana lascerà Kiel il 24 giugno per fare rientro a Napoli il 1° agosto, dopo soste a Friedrichshafen e in alcuni porti britannici della Manica.

 Fonte: Marina Militare

 

LE CARTE GEOGRAFICHE ORIENTATIVE

 

 

Il Canale si trova su una stretta baia (Kieler Förde) a cuneo (in basso sassone kiel) del più ampio golfo di Kiel. La grande città più vicina è Amburgo, a circa 90 km a sud-ovest, mentre Lubecca dista 80 km in direzione sud-est.

 

 

Il Canale, tramite il quale si evita la circumnavigazione della penisola dello Jutland con un risparmio di 280 miglia (519 km), è la via d’acqua oggi più utilizzata. Fortemente voluto dalla Marina germanica, collega le sue basi nel Baltico a quelle del Mare del Nord evitando il periplo della Danimarca.

 

In altre parole…

Si tratta di un canale artificiale, chiamato Nord-Ostsee-Kanal, che permette di raggiungere Kiel partendo da Brunsbuttel, (vedi foto sopra e sotto) e naturalmente il viaggio contrario, senza dover circumnavigare la penisola dello Jutland come abbiamo appena visto. Praticamente collega il Mare del Nord al Mar Baltico con un viaggio che si concretizza in soli 100 Km, anziché 520 Km.


 

 

Il canale di Kiel (in tedesco Nord-Ostsee Kanal o NOK) è un canale artificiale in Germania settentrionale; lungo 98 chilometri, si trova alla base della penisola dello Jutland e, procedendo in direzione nordest-sudovest, collega le città di Kiel, sul mar Baltico, e Brunsbüttel sul mare del Nord.

 

Chi ha navigato in quei mari del Nord Europa conosce perfettamente le difficoltà legate allo scontro delle correnti marine tra il Kattegat e Skagerrak, ai venti e alle nebbie nei canali stretti tra la Svezia Meridionale e la Danimarca. Se poi si calcola il risparmio di tempo e di carburante risulta chiaro quanto sia economica la scelta di questa opzione nautica che vede ogni anno il transito di oltre 30.000 navi. Questo include navi commerciali, petroliere, e imbarcazioni da diporto.

Dimensioni: Il canale è lungo circa 98 chilometri e ha una larghezza di 102 metri in alcune sezioni. È profondo fino a 13 metri, permettendo il passaggio di navi di grande tonnellaggio.

Importanza economica: È un'importante arteria per il commercio marittimo, contribuendo significativamente all'economia tedesca e europea, facilitando il trasporto di merci tra diversi porti.

Navi militari: Il canale è anche utilizzato dalle forze navali, essendo una via strategica per le navi della NATO.

Nel 2024 sono stati ultimati importanti lavori strutturali nel Canale di Kiel che consentono il passaggio di navi di ultima generazione purché rispettino le dimensioni massime consentite. Per quanto riguarda i costi del servizio di pilotaggio, le tariffe variano in base alla dimensione della nave, al tipo di imbarcazione e alla lunghezza del transito. Generalmente, i costi possono variare da alcune centinaia a diverse migliaia di euro.

 

 

LE CHIUSE DEL CANALE DI KIEL

 

 

Brunsbuttel

 

 

 

All'inizio del Canale ci sono alcune chiuse, costruite per evitare che la marea modifichi il livello dell'acqua all'interno dello stesso. Le sue dimensioni sono: circa 100 Km di lunghezza, larghezza 162 metri a livello della superficie dell'acqua e 90 metri sul fondo, profondità 13 metri. 
E' molto trafficato, vi transitano più navi che in quello di Panama e di Suez, tanto che non è raro vedere le navi a poca distanza (poche centinaia di metri) una dall'altra. I dati del 2005 sono di 56.964 navi nel Canale di Kiel, 14.011 in quello di Panama e 18.193 in quello di Suez. In realtà si tratta di numero di transiti, perché invece il primato per le tonnellate ed i materiali trasportati spetta agli altri due.
La navigazione dura circa 7 ore ed è soprattutto di genere commerciale. Verso Ovest sono dirette materie prime (petrolio e derivati, carbone, acciaio e legname), mentre verso Est transitano container e prodotti finiti.


 

ALBUM FOTOGRAFICO

da TripAdvisor

 

 

 

 

 

Il Ponte

 

 

 

 

 

ARTICOLI SUL CANALE DI KEEL

 

Wikipedia

 CANALE DI KEEL

https://it.wikipedia.org/wiki/Canale_di_Kiel

 

DIFESA

Quaderni Marinari.     (molto interessante)

https://www.quadernimarinari.it/2010/02/il-canale-di-kiel/

 

INFORMAZIONI MARITTIME

https://www.informazionimarittime.com/post/la-germania-punta-sul-canale-di-kiel

  

Google Art & Culture

https://artsandculture.google.com/entity/m04f95?hl=it

 

Per I Velisti 

https://www.yacht.de/it/viaggi-e-noleggi/germania/canale-di-kiel-la-guida-nok-definitiva-per-i-naviganti/

 

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KIEL - GERMANIA - GUIDA AL PORTO CROCIERE DI OSTSEEKAI - PUNTI SALIENTI PER MUOVERSI IN AUTONOMIA - MAPPE E PERCORSI

https://www.timetraveldream.it/2022/12/kiel-guida-al-porto-crociere.html

 

 

MEMORIALE NAVALE DI LABOE

KIEL

 

 

Il Memoriale navale di Laboe (Marine-Ehrenmal Laboe), conosciuto anche come Torre di Laboe, è un memoriale situato a Laboe, vicino a Kiel, nello Schleswig-Holstein, in Germania. 

 

STORIA

Costruito dal 1927 al 1936, il monumento voleva celebrare originariamente i MARINAI della Kaiserliche Marine morti durante la Prima guerra mondiale, e successivamente al 1945 anche i caduti della Kriegmarine nella Seconda guerra mondiale. 

Nel 1954 infine il monumento venne definitivamente dedicato a tutti i marinai di ogni nazionalità periti durante le due guerre mondiali.

La torre fu disegnata dall'architetto Gustav August Munzer, il quale dichiarò che la forma non fu pensata per rappresentare qualcosa di specifico, ma solo per ispirare sensazioni positive in chi la guarda. Il monumento è frequentemente associato allo stelo di una nave vichinga o alla torre di un sommergibile. 

 

Struttura

Il monumento consiste in una Torre alta 72 metri con in cima un punto di osservazione sul tetto, situato ad un totale di 85 metri sul livello del mare, raggiungibile con 2 ascensori oppure con una salita di 341 gradini.

Il Monumento al Marinaio d’Italia situato a Brindisi (costruito in epoca fascista negli anni 1932-1933) assomiglia in parte alla torre di Laboe. (foto sotto)

 

Ai piedi del memoriale vi è un Museo Navale, che ripercorre tra l'altro la storia del sottomarino nazista U-995, ultimo esemplare rimasto al mondo degli scafi di classe U-Boot Tipo VII. 

 

 

 

U-Boot Tipo VII C - sommergibile tedesco (**)

Lunghezza fuori tutto 67,10 m     scala 1:50

Sommergibili oceanici a semplice scafo con controcarene esterne e casse di immersione principali all'interno dello scafo resistente, costruito in acciaio al carbonio dello spessore di circa 22 mm.  Gli ultimi battelli prodotti avevano una profondità di sicurezza di 280 metri, pari a 2/5 della quota di schiacciamento, ma hanno raggiunto anche i 400 metri di profondità per sfuggire alla caccia nemica.
I battelli del tipo VII, con alcune varianti, furono costruiti in circa 700 esemplari e costituirono il nerbo della flotta sottomarina tedesca.  Di essi, ben 437 furono affondati in combattimento con la perdita quasi totale dei loro equipaggi.
In base ad un accordo dell'aprile 1943, nove battelli, con la torretta modificata tipo "42" vennero ceduti all'Italia in cambio di altrettanti battelli italiani di stanza a Bordeaux che sarebbero stati impiegati per missioni di trasporto con l'Estremo Oriente, ma dopo la dichiarazione di armistizio l'accordo decadde e tutte le unità tornarono alla Marina tedesca.
In cinque tavole: piano di costruzione, vista di fianco, vista dall'alto, sezione longitudinale, sezioni orizzontali e n. 11 sezioni trasversali.  La vista di fianco mostra la torretta nella versione originale del 1940, illustrando anche la variante del 1944 con un impianto quadrinato e due impianti binati, tutti scudati, di mitragliere da 20 mm. 

 

 

UN GRAVISSIMO PROBLEMA CHE SI RIPERCUOTE SUI TRASPORTI MARITTIMI DI TUTTO IL MONDO

3 Ottobre 2024 

 

 

Dal novembre 2023 la vicenda degli houthi dello Yemen si è intrecciata alla guerra fra Israele e Hamas a Gaza, soprattutto in seguito agli attacchi alla navigazione commerciale nella regione del Mar Rosso da parte del movimento politico e armato yemenita sostenuto dall'Iran.

 

– La guerra degli Houthi - YEMEN

 

 

Gli attacchi marittimi degli Houthi dallo Yemen, iniziati nel 2016 e intensificatisi con la guerra Israele-Hamas, sono diventati un problema di sicurezza globale. Un problema, però, che rischia di danneggiare innanzitutto gli obiettivi degli Stati Uniti: stabilizzazione mediorientale e contenimento della Cina. Il Mar Rosso, che congiunge l’Oceano Indiano al Mediterraneo, è decisivo per gli equilibri energetici e commerciali mondiali: tutte le potenze –tranne l’Iran, che sostiene e arma gli houthi- hanno dunque interesse alla stabilità del quadrante.

Eppure solo gli Stati Uniti che nel Mar Rosso hanno rafforzato la presenza militare già prima del 7 ottobre – rischiano qui il logoramento strategico: la deterrenza di Washington si è finora rivelata insufficiente. Infatti, gli houthi continuano a lanciare attacchi “in solidarietà a Gaza” verso il territorio d’Israele e contro obiettivi commerciali e militari in navigazione. E nessuna risposta militare USA è seguita, neppure quando navi militari statunitensi si sono trovate nel mezzo, intercettando i droni lanciati dallo Yemen.

Attacchi e sequestri

Gli attacchi sono in crescita per numero e complessità. Secondo il Comando Centrale USA (Centcom), gli houthi hanno sferrato il 3 dicembre scorso quattro attacchi contro navi commerciali, nelle acque internazionali del Mar Rosso, stavolta a un passo dal Bab el-Mandeb. Il cacciatorpediniere USS Carney che pattugliava l’area ha risposto alle richieste di soccorso delle navi abbattendo tre droni: “non è chiaro” se essi fossero indirizzati contro la nave USA.  L’attacco multiplo è durato ore e ha coinvolto quattordici paesi considerando proprietà delle imbarcazioni, merce trasportata e bandiera. Gli houthi hanno rivendicato l’attacco “contro due navi israeliane”, ma solo una di esse avrebbe un legame con un cittadino israeliano.

Dal 19 novembre scorso, gli houthi hanno sequestrato il cargo “Galaxy Leader”, di proprietà di un uomo d’affari israeliano: la nave è ora trattenuta al porto di Hodeida (città controllata dagli houthi) insieme ai venticinque uomini dell’equipaggio. Nel 2022, gli houthi sequestrarono per quattro mesi una nave cargo degli Emirati Arabi Uniti, “Rawabi” sempre nel Mar Rosso meridionale, con undici uomini d’equipaggio. La nave, partita dall’isola yemenita di Socotra di e diretta in Arabia Saudita, trasportava secondo Abu Dhabi un ospedale da campo. 

 

 

ARTICOLI CORRELATI

LA GUERRA IN YEMEN È UN ORRORE DIMENTICATO, MA CONTINUA

https://www.oxfamitalia.org/la-guerra-in-yemen-e-un-orrore-dimenticato-ma-continua/

  

ShipMag.SHIPPING MAGAZINE

ECONOMIA E FINANZA SHIPPING E LOGISTICA

La crisi di Suez e gli effetti sul trasporto marittimo: cosa sta succedendo sul mercato.

24 Febbraio 2024 - Helvetius 

https://www.shipmag.it/suez-canale-crisi-traffici-marittimi/

 

A ricordo del nostro caro socio e compianto amico Maurizio Brescia che ci ha lasciati il 20 luglio 2022, pubblichiamo un suo articolo sul sommergibile di Portofino nel quale racconta del U-BOOT Tipo VII C di Kiel.

Con Maurizio se n’è andato un pezzo importante del mondo della storiografia militare italiana ed in particolare uno dei più attenti e affidabili ricercatori nell’ambito della storia navale del XX secolo, ben noto anche all’estero per i suoi moltissimi lavori pubblicati.
Uomo di grandissima cultura e spiccata giovialità, Maurizio sapeva apprezzare la vita e mal sopportava le limitazioni imposte dal suo stato di salute negli ultimi tempi.

Ciao Maurizio! Sei sempre tra noi!

 

Il sommergibile di Portofino 

Alla ricerca 

dell’U455

https://www.marenostrumrapallo.it/portofino-uboot/

 

A cura di Maurizio Brescia 

in collaborazione con

www.betasom.it

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 1 Novembre 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


PETROLIERA ERIKA - CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA

 

PETROLIERA ERIKA 

CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA

 

 

L’ERIKA è stata una petroliera monoscafo battente bandiera (di comodo) maltese noleggiata dalla TOTAL e naufragata il 12 dicembre 1999 nel Golfo di Biscaglia al largo di Penmarch, in Bretagna. 


L’ERIKA fu costruita nel 1975 in Giappone dai cantieri Kasado-Docks Ltd. di Kudamatsu codice scafo n° 2841. Originariamente chiamata Shinsei Maru, era la seconda di una classe di otto navi identiche costruite tra il 1974n e il 1976. Lunga 184 metri e suddivisa in 14 tanche, l’Erika era concepita come vettore versatile di prodotti petroliferi (grezzo e raffinato). Si componeva di tredici cisterne, di due linee di manutenzione e due cisterne di decantazione (ovvero cisterne adibite alla raccolta di residui oleosi, slop-tank). Era classificabile come "pre-MARPOL", essendo dotata di scafo semplice e non disponendo di cisterne di zavorra separata. La sua portata lorda era di 37.283 tonnellate, aveva un  pescaggio di 11 m. ed era alimentata da un motore di 13.200 CV  nella parte poppiera che le permetteva una velocità di 15 nodi. Il suo equipaggio  era composto da 26 persone.

Durante la sua carriera ha modificato otto volte nome e armatore, tre volte bandiera,  tre volte Società di Classificazione, e quattro volte gestore nautico. 

Tipo

petroliera

Proprietà

Tevere Shipping Co. Ltd.

Registro navale

RINA

Porto di registrazione

Valletta, (Malta)

 

Costruttori

Kasado-Docks Ltd.

Cantiere

Kudamatsu (Giappone)

Varo

1975

Radiazione

1999

Destino finale

naufragata il 12 dicembre 1999 al largo della Bretagna

Caratteristiche generali

Stazza lorda

37,283 DWT

Lunghezza

184,03 mt

Larghezza

28,05 mt

Pescaggio

11,027 mt

Propulsione

Un motore Diesel Sultzer con potenza di 13.200 CV, una elica

Velocità

15,2 nodi

Capacità di carico

37.283  (tpl)

Equipaggio

26 persone

 

 

 

YouTube

IL NAUFRAGIO DELLA PETROLIERA

ERIKA

https://www.youtube.com/watch?v=Tr42-A6nG9Q

53 minuti

 

- Il filmato a colori che vi propongo offre una suspense e una drammaticità rare. Le condizioni meteo del golfo di Biscaglia erano pessime, e risultavano addirittura proibitive per una nave che non possedeva più i requisiti necessari per affrontarle in sicurezza. Questa è la mia riflessione sul tragico accaduto.

- Il filmato inizia con diapositive didattiche e animazioni che facilitano la comprensione delle cause del disastro, evidenziando flessioni eccessive dello scafo sollecitato dal moto ondoso.

- Successivamente, attraverso immagini simulate di bordo, assistiamo alla coraggiosa ispezione dell'equipaggio, che segnala al Comandante numerose spaccature nello scafo. Da quel momento, dal ponte di comando scatta la richiesta di soccorso al porto francese più vicino.

- La seconda parte è dedicata alla difficile operazione di salvataggio fattibile grazie a un elicottero, che riesce a recuperare tutto l’equipaggio. Purtroppo, i tentativi dei potenti rimorchiatori di agganciare la poppa della nave spezzata in due tronconi si rivelano vani, con la restante parte prodiera della ERIKA già affondata.

- Nella parte finale, viene mostrato l'immane disastro ecologico che ha colpito le coste di ben quattro dipartimenti francesi. Le immagini e i dati proiettati dal filmato ci lasciano senza parole.

 

- A questo punto il nostro pensiero va all’affondamento della super petroliera HAVEN avvenuto l’11 aprile 1991 nel tratto di mare davanti Arenzano (Genova). Cinque furono le vittime dell’equipaggio, e si trattò del più grave disastro ecologico nel Mediterraneo. Bruciarono circa 90 000 tonnellate di petrolio greggio delle 144 000 presenti al momento dell'incidente oltre alle circa 1000 tonnellate di combustibile. Una parte del carico, stimato in una quantità compresa tra 10.000 e 50.000 tonnellate, (soprattutto le componenti più dense del greggio) è depositato tuttora negli alti fondali tra Genova e Savona. 

 

- Tra le due tragedie, HAVEN ed ERIKA, sono passati quasi 9 anni segnati da altre tragedie simili e da numerose chiacchiere sulla SICUREZZA della navigazione e delle coste, che però non trovano finanziatori. Eppure, tutti conoscono i costi elevatissimi della “linfa” che alimenta questo nostro folle mondo!

 

Lista dei maggiori disastri petroliferi

Nel seguito, ordinata a ritroso nel tempo per data di inizio, viene presentata una lista dei disastri petroliferi con una quantità di greggio disperso maggiore di 100 tonnellate. 

 

Disastri petrolifero/petroliera

                 Luogo

                Data.

        Tonnellate                di greggio

Disastro di Noril'sk

Russia

2020

21000

Disastro petrolifero di Santa Barbara

Santa Barbara, Stati Uniti

21 maggio 2015

Disastro petrolifero di Tauranga del 2011

Tauranga, Nuova Zelanda

5 ottobre 2011 

340

Piattaforma petrolifera Gannet Alpha

a 180 km da Aberdeen, Scozia

10 agosto 2011 

200

Disastro petrolifero del fiume Yellowstone del 2011

(Compagnia "Exxon Mobile", già responsabile del disastro Exxon-Valdez)

Fiume Yellowstone, Billings, Stati Uniti

4 luglio 2011

135 (>[9]

Collisione tra MSN Chitra e MV Khalijia 3

al largo di Mumbai, India 

7 agosto 2010

> 50

Dalian (2 oleodotti)

Porto mercantile di Dalian, Cina

16 luglio 2010

1.500

Collisione tra Bunga Kelana 3 (nave cisterna) e Mt Waily (nave cargo)

al largo di Singapore, Malaysia

24 maggio 2010

2.000

Disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon

Golfo del Messico, Louisiana

20 aprile 2010

414.000–1.186.000

Naufragio nave cargo cinese Sheng Neng sulla barriera corallina

Great Keppel Island, Australia

4 aprile 2010

950 (Ne è fuoriuscita solo una parte)

Disastro petrolifero della West Cork

Costa meridionale dell'Irlanda

Febbraio 2009 

300

Disastro petrolifero del New Orleans

New Orleans, Louisiana, Stati Uniti d'America

28 luglio 2008

8.800

Disastro petrolifero di Statfjord

Mare norvegese, Norvegia

12 dicembre 2007 

4.000

Disastro petrolifero di Hebei Spirit

Mare Giallo, Corea del sud

7 dicembre 2007

Disastro petrolifero dello stretto di Kerč

Stretto di Kerč, Ucraina e Russia

11 novembre 2007 

1.000

Disastro petrolifero del 2007 della Baia di San Francisco

San Francisco

7 novembre 2007

188

Disastro petrolifero di Guimaras

Filippine

11 agosto  2006

Disastro petrolifero della centrale di Jiyeh

Libano

14 luglio 15 luglio 2006 

20.000–30.000

Raffineria di Citgo

Lago Charles

19 giugno 2006 

6.500

Prudhoe Bay

Alaska North Slope

2 marzo 2006

866

MV Selendang Ayu

Isola di Unalaska, Alaska

8 dicembre 2004

Athos 1

Fiume Delaware, USA

26 novembre 2004

860

Tasman Spirit

Karachi, Pakistan

28 luglio 2003

28.000–30.000

Bouchard No. 120

Buzzards Bay (Massachusetts)

27 aprile 2003 

320

da Wikipedia - Tre anni dopo

La M/C Prestige

Petroliera Monoscafo 

 42.820 tonn. di p.lorda  e battente bandiera delle Bahamas.  Varata nel 1975 e di proprietà della compagnia Mare Shipping, la nave naufragò il 19 novembre 2002  al largo delle coste spagnole con un carico di 77 000 tonnellate di petroio, provocando un'immensa macchia nera che colpì la vasta zona compresa tra il nord del Portogallo fino alle Landes, in Francia,  e causando un disastro ambientale alla costa galiziana, episodio che viene ricordato come il più grande disastro ambientale della Spagna.

13 novembre 2002

63.000

 

Riportiamo dal POST

Mercoledì 26 settembre 2012

 

Le condanne per il naufragio della petroliera ERIKA

 

 

La Corte di Cassazione di Parigi ha confermato che la compagnia petrolifera Total è responsabile del più grande disastro ambientale mai avvenuto sulle coste francesi.

 

La Corte di Cassazione francese ha confermato ieri tutte le condanne per il naufragio della petroliera Erika, comprese quelle che ritenevano la compagnia petrolifera Total (una delle prime quattro al mondo) responsabile del disastro ambientale avvenuto il 12 dicembre 1999 al largo della Bretagna. La Corte ha anche stabilito un’ulteriore responsabilità per la Total che la corte di appello di Parigi, nel 2010, aveva invece escluso a causa di una convenzione internazionale: la compagnia che ha noleggiato la petroliera ha anche commesso un reato di imperizia perché consapevole che la nave era vecchia – aveva 25 anni – e che i lavori di manutenzione erano stati eseguiti per ridurre al massimo i costi.

Total dovrà dunque partecipare al risarcimento sul piano civile dei danni causati e pagare una multa pari a 375 mila euro: si tratta di una decisione soprattutto simbolica, ma comunque importante. Sono state confermate anche le condanne all’armatore italiano Giuseppe Savarese (proprietario della petroliera), al gestore Antonio Pollara e alla società Rina che aveva rilasciato il certificato di navigazione. 

Complessivamente Total, Rina e gli armatori dovranno versare alle parti civili (lo Stato francese, un certo numero di istituzioni locali, regionali, comunali e alcune associazioni ambientaliste) 200 milioni e 600 mila euro di danni.

Nel dicembre del 1999, la petroliera Erika, battente bandiera maltese, si era spezzata in due al largo della Bretagna a seguito di una tempesta: trasportava circa ventimila tonnellate di petrolio che si dispersero in mare, uccisero 150 mila uccelli, contaminarono circa 400 chilometri di costa ed ebbero pesanti conseguenze per l’economia degli abitanti della costa atlantica.

Con questo processo per la prima volta nel diritto francese è stato stabilito il diritto all’indennizzo per le vittime di un disastro ambientale. Gli avvocati della compagnia petrolifera, prima di ieri, speravano di cambiare il verdetto avendo chiesto l’annullamento del procedimento per difetto di procedura. La loro richiesta si basava sul fatto che Erika, di proprietà italiana, al momento del naufragio si trovava fuori dalle acque francesi e batteva bandiera maltese. Speravano dunque di limitare l’applicabilità della giurisprudenza francese e sostenevano che in caso contrario ogni decisione sarebbe stata contro le convenzioni internazionali che prevedono invece che la responsabilità degli incidenti sia dei proprietari delle navi e non delle compagnie che le noleggiano. La loro interpretazione è stata però respinta dalla Corte.

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

Una veduta aerea della petroliera Erika che affonda, 13 dicembre 1999 (AP Photo/Marine Nationale/French Navy, File)

 

 

Alcuni membri dell’equipaggio della petroliera Erika evacuano la nave a bordo di una scialuppa di salvataggio dopo il naufragio (AP Photo/Marine Nationale)

 

 

Una veduta della petroliera Erika che affonda, 12 dicembre 1999 (AP Photo/Marine Nationale)

 

Una macchia di petrolio nel luogo dove è affondata la petroliera Erika, 15 dicembre 1999 (VALERY HACHE/AFP/GettyImages

 

Una nave della marina francese dotata di pompe si avvicina a chiazza di petrolio fuoriuscita dal naufragio dell’Erika, 16 maggio 1999 (AP Photo/David Ademas,POOL)

 

Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/Ouest-France, Marc

 

Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio, 29 dicembre 1999 (AP

 

Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/Ouest-France, Marc Roger)

 

Una foto scattata il 4 gennaio 2000 sull’isola di Noirmoutier mostra un uccello coperto di olio a causa del naufragio della petroliera Erika (MARCEL MOCHET/AFP/GettyImages)

 

Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/ Bob Edme)

 

 

   LA SVOLTA

DOPPIO SCAFO PER LE PETROLIERE

 

 

Doppio scafo, dal 2015 obbligatorio per tutte le petroliere

 

Doppio scafo, entrerà in vigore il prossimo 20 luglio 2012 il regolamento 13 giugno 2012, n. 530/2012/Ue sull'introduzione obbligatoria di petroliere a doppio scafo, che abroga e sostituisce il regolamento 417/2002/Ce.3 lug 2012

Il testo prevede il divieto di circolazione delle petroliere monoscafo allo scopo di prevenire l’inquinamento causato da petrolio così come previsto nella Convenzione Marpol 73/78 di cui il regolamento è attuazione, ed è una rifusione del regolamento 417/2002. Unica novità del nuovo testo è il potere attribuito alla Commissione di adottare atti delegati (ex articolo 290 del Trattato di Lisbona) per adattarlo alle modifiche della Convenzione e purché non amplino l'ambito di applicazione del regolamento.

Ai sensi del regolamento (articolo 7) il termino ultimo per la circolazione delle petroliere con solo doppio fondo scatterà nel 2015, il giorno dell'anniversario della data di consegna della nave.

 

Nel 1992 è stata varata l'ISOLA BLU, (foto sopra) la prima nave a doppio scafo Armatore Barbaro, costruita in Italia dalla Petrotank JV, società nata dalla collaborazione con F.lli D'Amico, Rosina, Ferruzzi e Almare. Il socio John Gatti seguì la costruzione (Ancona) e in seguito ne prese il Comando.

 

 

       Carlo GATTI

         Rapallo, 25 Ottobre 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


T/b MICHELANGELO - UNA TRISTE STORIA

 

LA MICHELANGELO - UNA TRISTE STORIA

 

Il 16 Settembre 1962, a causa dei numerosi cambiamenti sui progetti originali, finalmente lo scafo della Michelangelo scese in mare. Quel giorno nei cantieri navali di Sestri Ponente (Genova) fu presente al varo anche un rappresentante della Chiesa e in questa occasione Giuseppe Zuccoli, il presidente in carica della Società Italia Navigazione, la compagnia armatrice. Fu Laura Segni, la moglie del Presidente della Repubblica a dare il via al varo.

 

 

L’11 Marzo 1965 il grande liner italiano iniziò le prove in mare che superò con successo.
L’unico difetto che si presentò furono le forti vibrazioni allo scafo quando procedeva alla massima velocità. Il problema fu risolto nell’inverno successivo con la sostituzione delle eliche.

Il 21 Aprile 1965, dopo ben 5 anni dalla posa della chiglia. La Michelangelo venne consegnata. Costò complessivamente 75 miliardi di Lire di allora. L’Italia di Navigazione lo considerò un investimento conveniente.
 Come ultimo collaudo, prima del suo viaggio inaugurale, partì per una crociera nel Mediterraneo.

 

 

 

 

Il 12 Maggio 1965, l’ultimo gioiello della Marina Italiana partì con grandi festeggiamenti e con 1.495 passeggeri per il suo viaggio inaugurale da Genova a New York al comando del capitano Mario Crepaz.
Il viaggio inaugurale si svolse con un servizio perfetto. Due mesi più tardi si unì la gemella Raffaello.
La Michelangelo guadagnò molta popolarità fra i non pochi VIP che scelsero di attraversare l’Atlantico via mare.

La gente di mare si affezionò presto alla nave ed il soprannome Mic l’accompagnò nei porti e nelle traversate oceaniche.

 

 

 

Nel gennaio 1966, la Michelangelo rientrò in cantiere per eliminare le suddette vibrazioni, apportando adeguate modifiche alle eliche che non solo eliminarono le pericolose vibrazioni, ma la resero anche più veloce raggiungendo la notevole velocità di 31,59 nodi (quinta nave più veloce al mondo dopo la Queen Elizabeth, Queen Mary, United States e France)  superando anche la Raffaello che prima delle modifiche era leggermente più veloce, grazie ad un profilo leggermente diverso dello scafo. In ogni caso la velocità di crociera venne mantenuta a 26,5 nodi, per limitare i costi di esercizio.

Nonostante avesse passato con successo la revisione nell’Aprile 1966, quell’anno si rivelò il più tragico per il servizio della Michelangelo.

 

UN’ONDA ANOMALE LA RESE FAMOSA...

Il 12 Aprile 1966, mentre aveva superato di poco la mezza traversata e si trovava a due giorni e mezzo da New York, si scontrò con un’onda anomala che sfondò la parte frontale delle sovrastrutture uccidendo due passeggeri, un membro dell’equipaggio, e facendo piu’ di 50 feriti, fra cui 10 in gravi condizioni.

 

ED ECCO LE DRAMMATICHE FOTO ....

 

 

 

 

 

Era la mattina del 12 Aprile 1966, la Michelangelo stava procedendo verso New York con 745 passeggeri a bordo.
Quel giorno si sviluppò una tempesta di enorme potenza, molte navi si trovarono in difficoltà, 5 marinai furono spazzati via dal ponte di coperta della nave da carico inglese Chuscal.
Erano circa le 10 del mattino quando un’onda anomala si presentò di fronte al transatlantico italiano proprio nel momento più sfavorevole per essere affrontata.
Il comandante Giuseppe Soletti, alla sua ultima traversata, devio’ verso sud dalla rotta standard, per evitare il centro della tempesta. Venne consigliato ai passeggeri di stare in cabina, per evitare di essere sbattuti tra le paratie dei corridoi. A bordo c’era anche lo scrittore tedesco Gunther Grass con la moglie e l’ammiraglio Giurati, il presidente dell’Italia Navigazione.


 

Claudio Suttora, il Primo Ufficiale, racconta: Le onde diventavano sempre più alte e violente, e proprio alla fine di un grande beccheggio ci siamo trovati davanti quellonda enorme. La Michelangelo, che fino a quel momento era stata in grado di risalire le onde, infilò dritta la prua in quellenorme, spaventoso e insuperabile muro dacqua nessuno di noi si rese conto di cosa stesse per succedere, quellonda ci si è formata davanti quasi allimprovviso per fortuna lurto non fu così forte da danneggiare anche il timone, così riuscimmo presto a rimettere la nave contro le onde.


Claudio Cosulich, all’epoca Comandante in 2a della Michelangelo, racconta: Quando arrivò londa, non ero sul ponte di comando, unonda precedente aveva scoperchiato una presa daria sul ponte di prua ed ero andato con quattro volontari a riparare il danno, per evitare che lacqua entrasse. Avevamo appena finito e stavamo scendendo una scaletta sotto il ponte cademmo tutti rovinosamente fu come incassare in pieno una cannonata da 305 mm.

L’onda scavalcò la prua alta circa 18 metri e sfondò le lamiere dalla parte frontale della nave, distanti piu’ di 70 metri dalla cima della prua, e molti oblo’ spessi quasi 2 centimetri fin sul ponte di comando, a 25 metri dalla linea di galleggiamento.
Due passeggeri, che avevano la cabina nella parte colpita dall’onda, morirono quasi subito, un membro dell’equipaggio morì poco dopo. I feriti furono piu’ di 50, 10 dei quali, gravi. Lo stesso Cosulich, che in seguito divenne l’ultimo comandante della Michelangelo, riportò una serie di fratture al braccio sinistro.
Poco dopo l’incidente il transatlantico venne raggiunto da una nave militare americana che fornì assistenza medica supplementare, mentre I medici della Michelangelo lavorarono ininterrottamente fino all’arrivo a New York.

A New York la Michelangelo si fermò 3 giorni per le riparazioni temporanee, consistenti nella copertura della parte colpita, mentre al ritorno in Italia venne adeguatamente riparata e rinforzata, sostituendo le lamiere della parte frontale, fatte in lega di alluminio, con lamiere di acciaio in modo da renderla più resistente in futuro. Lo stesso lavoro venne eseguito sulla Raffaello.

 

Per diminuire il peso delle navi e ridurre il consumo di carburante, l’alluminio era infatti utilizzato per le sovrastrutture di molte navi moderne negli anni ’60, così dopo l’incidente della Michelangelo anche altre navi come il France e lo United States ebbero la parte frontale rinforzata in acciaio.
Questo fu l’unico grave incidente della storia della Michelangelo.

 

 

UNA FESTA CHE I PASSEGGERI PORTAVANO NEL CUORE PER SEMPRE!

 

Il Ponte di comando

 

Negli anni in cui i due grandi LINERS italiani erano  impiegati nei viaggi di linea attraverso l’Atlantico, il momento del loro incrocio era l’attesa occasione di una grande festa per i passeggeri. Le navi viaggiavano infatti intorno ai 26 nodi, quindi si sarebbero incontrate  ad una velocità relativa di oltre 50 nodi. Nel momento calcolato del passaggio molto ravvicinato al traverso, mantenevano ovviamente una distanza di sicurezza, “le navi suonavano le sirene, i passeggeri sparavano fuochi artificiali, tiravano palloncini volanti e le possenti onde scuotevano le navi a vicenda.

 

LINIZIO DELLA FINE....

IN UN SOLO ANNO, ERA IL 1970, LA COMPAGNIA AEREA PAN AMERICA REGISTRO IL TRASPORTO DI UN MILIONE DI PASSEGGERI TRA LEUROPA E GLI STATI UNITI.

 

In quell’anno divenne sempre più chiaro che l’epoca romantica dei transatlantici era ormai tramontata.  il 96% dei viaggi transatlantici avvenivano ad alta quota.
La compagnia inglese Cunard ritirò dal servizio le sue due regine (QUEEN MARY E QUEEN HELIZABETH) rispettivamente nel 1967 e 1968. 
Nello stesso anno la United States Line ritirò dal servizio la sua unità principale, la “UNITED STATES”.

La gestione era diventata antieconomica. La cruda realtà era questa: quando la nave viaggiava con solo 400 passeggeri a bordo, erano stipendiati 1.450 persone di equipaggio, e quando l’Italia Navigazione cercò di negoziare con i rappresentanti sindacali la riduzione dei componenti l’equipaggio, i sindacati rifiutarono ogni soluzione chiedendo altresi’ di aumentare le loro paghe. Venne allora in aiuto il Governo italiano, che accettò di sovvenzionarne la gestione delle navi.

“Non aiutarono la situazione i numerosi scioperi, indetti successivamente dall’equipaggio per futili motivi come quello indetto (non sappiamo se della Michelangelo o Raffaello) perché non veniva loro servita acqua minerale in bottiglia, ma acqua del rubinetto.
L’Italia di Navigazione, cercò allora di compensare le perdite riducendo la velocità di crociera, ma non ne ebbe un apprezzabile ritorno economico. Un’altra iniziativa fu quella di offrire tariffe a prezzi speciali verso gli Stati Uniti, alla fine del 1972. Nonostante ciò, per molte persone queste tariffe stracciate non furono un incentivo sufficiente per intraprendere un viaggio turistico. Fu presto chiaro per quasi tutti che il mercato del trasporto-passeggeri transatlantico era ormai troppo piccolo per due navi così grandi.

La situazione peggiorò nel giro di una notte quando il prezzo del petrolio salì da 35$ a 95$ al barile.  Come ben sappiamo, i transatlantici di quell’epoca avevano bisogno di grandi quantità di carburante per cui i loro costi di esercizio diventarono enormi.

Nel 1974 e 1975 la Michelangelo venne impiegata per gran parte del tempo nelle crociere divenute nel  frattempo il business delle vacanze. Ma la MIC era considerata troppo grande per il mercato crocieristico di allora. Non solo, il problema che impediva lo sfruttamento al meglio delle gemelle Michelangelo e Raffaello come navi da crociera era la suddivisione interna in tre classi, non idonea ad un uso da crociera.

L’Italia di Navigazione tentò comunque di impiegare la Michelangelo in diversi tipi di crociere, dalle classiche ai Caraibi, ai viaggi speciali a Rio de Janeiro, a Capo Nord. Ma nessuna delle rotte provate ebbe successo, così il 26 Giugno 1975 la Michelangelo partì tristemente da New York, per il suo ultimo viaggio verso Genova.

“Nel 1975, i finanziamenti del governo ammontarono a 100 milioni di lire al giorno, 700 dollari per passeggero trasportato.
Intanto la stampa inizio’ a chiedersi perché mai i contribuenti avrebbero dovuto continuare a pagare per mantenere questi “monumenti galleggianti, rappresentanti di un’era ormai finita” e proclamarono che queste navi dovevano essere affondate anziché sovvenzionate. Il governo annunciò che non poteva più continuare a pagare 100 milioni di lire al giorno per tenere le due Gemelle in funzione e nella primavera 1975 comunicò allItalia Navigazione che le sue navi non avrebbero più ricevuto alcuna sovvenzione.

Questo provvedimento significò la fine per le due fantastiche Gemelle.


Lultimo viaggio fu ben lungi dallessere un addio brillante e solenne, la biblioteca e la lavanderia di bordo erano chiuse durante lintero viaggio, le sigarette e le bevande alcoliche finirono, i negozi erano chiusi, laria condizionata venne spenta in mezzo allAtlantico, il servizio di bordo era approssimativo e inefficiente, insomma tutto il contrario di quello che la rese famosa. Inoltre, accessori e suppellettili incustoditi andarono a ruba, prelevati dai passeggeri che non volevano rinunciare ad un ultimo souvenir. Prima ancora che i passeggeri potessero lasciare la nave, lequipaggio incominciò a smontare e impacchettare la posateria e tutta le ceramiche.” 

 

Nella foto. La Messa domenicale in navigazione. da sinistra Carlo Gatti, a seguire il Comandante in 2° Claudio Cosulich, il Commissario Governativo, il Comandante della M/n VULCANIA Giovanni Peranovich ed il Capo Commissario di bordo.

 

Chi scrive, è il giovane pilota del porto di Genova che si diede “volontario” per l’ultimo ormeggio della MICHELANGELO (come nave passeggeri) a ponte Andrea Doria. Non era il mio turno, ma spiegai ai colleghi che il comandante della MIC era stato il mio 1° Ufficiale sulla M/n Sarturnia ed in seguito anche il mio Comandante in 2a sulla M/n Vulcania e che sarei stato felice di salutarlo per rinnovargli la mia stima e vicinanza nel momento piu triste e difficile della sua carriera.

 

 

Il 12 Luglio 1975, il Comandante triestino Claudio Cosulich fu lultimo a comandare la Michelangelo come nave passeggeri. La manovra dormeggio ben riuscita venne salutata da voci che acclamavano gridando Bravo Capitano! sia da bordo, sia dalle migliaia di persone che accorsero per assistere dal molo.

Così dopo soli 10 anni di servizio, 121 traversate atlantiche e 245.839 passeggeri di linea trasportati, la più prestigiosa unità di bandiera italiana ammainò la bandiera.


 

 

 

Dopo un breve periodo trascorso a Genova sotto l’occhio interessato di tanti armatori dello shipping internazionale, la Michelangelo venne posta in disarmo nella baia di Portovenere a La Spezia, dove venne raggiunta poco tempo dopo dalla gemella Raffaello, malinconicamente vicine, presso i famosi cantieri demolitori situati proprio in quella zona, ma il momento della loro demolizione era ancora lontano, la loro attesa fu lunga ed estenuante: la maggior parte dei possibili acquirenti le giudicarono troppo grandi, tanto per cambiare... 



Successivamente, con molta sorpresa, entrò in scena uno strano personaggio: lo Shah di Persia (oggi Iran) che mostro subito d’essere interessato all’acquisto delle due “meraviglie” per impiegarle “squallidamente” come caserme galleggianti.
L’Italia di Navigazione accettò tra il profondo dispiacere di tutte le persone che l’avevano costruite, degli equipaggi che l’avevano avute come casa, oltre ai tantissimi passeggeri in cui era rimasto un bellissimo ed indelebile ricordo di tante traversate oceaniche.

Il 12 Dicembre 1976 vennero vendute per 35 miliardi di lire in totale, quando ne erano costate 150.

Così nel Luglio 1977 la Michelangelo e la Raffaello, private del loro arredamento originale, affrontarono lultimo viaggio spinte dalle loro potenti turbine, con destinazione Bandar Abbas.

In quell’anno, la MIC venne trasformata in nave caserma, ospitante 1.800 persone.  Per 15 anni la Michelangelo fu utilizzata in quel ruolo mantenendo il suo nome e 50 manutentori italiani inclusi nel suo equipaggio che si occupavano della cura della nave.

Quando pero alla fine degli anni 70 lo Shah di Persia venne cacciato dal potere, il personale italiano venne rimandato in Italia.  

 

“Nel 1978 fu proposta una ristrutturazione che permettesse il riutilizzo delle due unità come navi da crociera rivolte ad una clientela di lusso: la loro capacità ricettiva sarebbe stata ridotta a 1300 passeggeri e, pur rimanendo di proprietà iraniana, avrebbero navigato, sotto una conveniente bandiera di copertura nelle acque del Mediterraneo e dei Caraibi. Il progetto prevedeva anche un nuovo nome: Michelangelo e Raffaello sarebbero diventate Scià Reza il Grande e Ciro il Grande.

 

Alla commissione di esperti giunta appositamente dallItalia per verificare la fattibilità del progetto e per effettuare la manutenzione, apparve evidente il grave stato in cui versavano le strutture: gli scafi erano arrugginiti, la pavimentazione lignea dei ponti scoperti iniziava a deformarsi e gli ambienti interni erano ormai in balìa di armate di topi.Quelle che pochi anni prima erano state le ammiraglie della flotta italiana non avrebbero mai più navigato.

 

 

Purtroppo, da quelle parti del globo, non esisteva alcuna tradizione marinara degna della fama di queste due navi che caddero nella piu’ totale trascuratezza fino a ricoprirsi di ruggine e “quelli che un tempo erano saloni degni di una reggia, divennero immensi alberghi per topi!

Così, nel 1991, gli ufficiali iraniani decisero che la nave non fosse più utilizzabile in nessun modo e venne venduta a peso ai demolitori pakistani. Ma quello di cui c’era bisogno non erano l’acciaio, il rame o altre materie prime, ma la capacità e la volontà di dirigere queste navi verso nuovi impieghi e con un’amministrazione piu’ seria.


La Michelangelo fu rimorchiata fino Karachi, dove arrivò il 7 Giugno 1991 e venne demolita sulla spiaggia. Per diversi anni, i venditori ambulanti di Karachi vendettero i più svariati souvenir della Michelangelo: accessori per cucine, rubinetti, e persino i water…

Questa fu la fine della nave più grande, stupenda e innovativa della nostra Marina.

 

 

UNA TRISTE DEDUZIONE

 La storia delle navi passeggeri Michelangelo e Raffaello rappresenta non solo un’epoca d’oro per il trasporto marittimo, ma anche un monito sui danni di visioni errate e strategie manageriali inefficaci. Nonostante la loro magnificenza e l'innovazione ingegneristica, le decisioni politiche ed economiche che hanno accompagnato la loro costruzione e gestione si sono rivelate disastrose. L’overcapacity, la mancanza di una visione a lungo termine e l’incapacità di adattarsi a un mercato in rapida evoluzione hanno portato a costi enormi, che si sono tradotti in perdite miliardarie per l'Italia. Questi errori non solo hanno minato il potenziale delle due navi, simboli di orgoglio nazionale, ma hanno anche illustrato la necessità di una programmazione più attenta e lungimirante, capace di rispondere alle sfide di un’industria in continuo mutamento. La lezione da trarre è che il progresso tecnologico deve sempre essere accompagnato da una strategia ben definita e una comprensione approfondita del mercato globale.

 

 

IN RELAZIONE ALL'ARGOMENTO TRATTATO,  SUGGERIAMO LA LETTURA DEI SEGUENTI ARTICOLI PRESENTI SUL SITO DI

MARE NOSTRUM RAPALLO

 

- I FILETTI DEL MONTANA

https://www.marenostrumrapallo.it/lucardi/

di Carlo Lucardi

- LE NAVI DI IERI E DI OGGI

https://www.marenostrumrapallo.it/le-navi-di-ieri-e-di-oggi/

di Carlo Gatti

 

- NEW YORK - L’ALTRA SPONDA DEL NEW WORLD

https://www.marenostrumrapallo.it/new-york-laltra-sponda-del-nostro-amato-new-world/

di Carlo Gatti

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 21 ottobre 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


UNO SGUARDO SU GENOVA NEL MEDIOEVO - 2024

UNO SGUARDO SU GENOVA NEL MEDIOEVO 

2024

Cristoforo Grassi "Veduta di Genova nel 1481"

 

La Repubblica di Genova (Repúbrica de Zêna, /ɾe'pybɾika de 'ze:na/ in ligure, Res publica Genuensis o Ianuensis in latino; ufficialmente fino al 1528 Compagna Communis Ianuensis e dal 1580 Serenissima Repubblica di Genova) è stata una repubblica marinara, esistente dal 1099 al 1797.

GENOVA NEL MEDIOEVO - 2024

 

INTRODUZIONE

Il progetto "Ianua – Genova nel Medioevo" si propone di riscoprire e divulgare la storia medievale di Genova durante l'anno 2024, seguendo le linee guida del Piano Strategico della Cultura. Questo programma annuale mira a valorizzare l'eredità medievale della città, richiamando l'attenzione su come la Genova del Rinascimento e del Barocco affondi le sue radici in un periodo di straordinario sviluppo e trasformazione, che si estende dal X al XV secolo.

Numerose associazioni culturali locali hanno profuso impegno e risorse nel recupero di opere d'arte significative, nel restauro di chiese storiche e delle celebri case dei ROLLI, nonché nella realizzazione di ricerche storiche volte a chiarire le origini e le leggende che circondano la storia genovese. Questo lavoro di recupero ha messo in luce molteplici aspetti della vita medievale e il ruolo di Genova come un importante centro commerciale e culturale del Mediterraneo.

Il progetto comprende una vasta gamma di iniziative, tra cui l'apertura di siti storici e aree d'interesse, come chiese, torri e edifici storici, che saranno accessibili al pubblico. Si terranno incontri tematici, mostre, eventi teatrali, concerti e altri eventi culturali, tutti progettati per narrare la complessità della vita genovese medievale e illustrare il contributo significativo di Genova come porto commerciale d'Europa. Ogni iniziativa avrà l'obiettivo di coinvolgere i cittadini e i turisti, creando un dialogo interattivo con la storia.

In particolare, si porranno i riflettori su figure iconiche come Guglielmo Embriaco e Cristoforo Colombo e su eventi chiave che hanno segnato la storia della città, rendendo la narrazione accessibile e affascinante. Durante l'anno, verranno organizzati convegni e seminari per approfondire temi storici, archeologici e artistici, spesso in collaborazione con università e istituzioni locali, permettendo così una condivisione delle conoscenze tra esperti e pubblico.

Le iniziative includeranno visite guidate e seminari, con l’intento di offrire momenti di immersione nella storia genovese. È prevista la creazione di un calendario ricco di appuntamenti, che vedrà la partecipazione di enti e associazioni locali unite in un progetto condiviso. In particolare, si svolgeranno attività accessibili a tutti, con visite dedicate alle persone con disabilità e traduzione simultanea in lingua dei segni italiana, per garantire una fruizione inclusiva del patrimonio culturale.

Questo sforzo collettivo non solo celebra la storia medievale di Genova, ma contribuisce anche a rafforzare la sua identità culturale contemporanea, ponendo solide basi per uno sviluppo economico sostenibile attraverso il turismo. Attraverso il progetto "Ianua", la città avrà l'opportunità di mostrare al mondo le proprie meraviglie medievali, affascinando e incantando abitanti, turisti e appassionati di storia.

Per ulteriori dettagli e aggiornamenti, sarà disponibile una pagina dedicata sul sito www.visitgenoa.it - dove sarà possibile consultare il programma delle attività e seguire gli sviluppi dell’iniziativa.

La nostra Associazione Mare Nostrum - Rapallo, grazie alla ricca collezione di articoli e ricerche dedicate alla storia e alla cultura di Genova e della Liguria, può con orgoglio affermare di essere parte integrante di questa nobile civiltà repubblicana e democratica, simbolizzata dalla 'LANTERNA'.

Insieme alle altre tre Repubbliche Marinare Italiane: Venezia, Pisa e Amalfi, Genova ha svolto un ruolo fondamentale nella storia dell'Europa e del mondo occidentale.

Carlo GATTI

Past President - Mare Nostrum Rapallo

 

Per l’occasione, Vi segnalo una parte soltanto della lunga serie di filmati YouTube curati in gran parte dall’ Emittente Televisivo genovese PRIMO CANALE al quale potrete attingere molte altre fonti di notevole interesse.

 https://www.primocanale.it/

Una Giornata nel Medioevo:

https://www.youtube.com/watch?v=PCdNU-6g7i8

https://www.youtube.com/watch?v=PurQhLjZ0sE

I Tesori di Sant’Agostino

https://www.youtube.com/watch?v=rn9Fuuym-tU&list=PLde00V2nanIQ4hTMuOyDub-Mhq2wh2IRf&index=2

 

“Medioevo a Genova” - La Tavola rotonda a Terrazza Colombo

https://www.youtube.com/watch?v=Lge12fmaikI&list=PLde00V2nanIQ4hTMuOyDub-Mhq2wh2IRf&index=4

Alla scoperta dei protagonisti del Medioevo di Genova 

 

I BALESTRIERI DEL MANDRACCIO

4

 

https://www.youtube.com/watch?v=L1aCMT-D2C8&list=PLde00V2nanIQ4hTMuOyDub-Mhq2wh2IRf&index=4

 

 

primocanale.it

In occasione dell’evento Ianua Genova nel Medioevo, Antonio Musarra, curatore del progetto, presenta alcuni preziosi corali miniati che appartengono alla chiesa di Santa Maria di Castello. Il “Corale” è un libro liturgico che si usava nel coro, lo spazio nell’abside della chiesa in cui prendevano posto sacerdoti e monaci. Al centro si trovava un grande leggio su cui venivano collocati uno o più “corali”, orientati in varie direzioni, in modo che ciascuno dal suo posto potesse leggere il testo e la musica dei pezzi che venivano recitati o cantati ➡️ scopri di più su

primocanale.it

Un restauro lungo 4 anni per il Monumento Fieschi ricostruito proprio come un 'puzzle': il Museo Diocesano festeggia il riallestimento di una delle testimonianze più importanti del Medioevo genovese, un monumento funebre che celebra il cardinale Luca Fieschi, genovese del 1270. Qui vi raccontiamo in breve la sua storia ➡️ sul sito @primocanale.it trovate la diretta di approfondimento sui lavori e la storia di quest’opera

primocanale.it

Il video conclusivo di "Assaggi di Medioevo"!

Viaggio nella cucina del Medioevo genovese

https://m.youtube.com/watch?v=kKpC68Rc5x0

Alessandro BARBERO

"Genova, il suo Medioevo ancora da ..."

https://www.rainews.it/tgr/liguria/video/2024/01/alessandro-barbero-genova-il-suo-medioevo-ancora-da-studiare-i-rolli-la-riscoperta-del-passato-8227e4d5-4336-444d-8237-36cfd913827b.html

"Lezioni di Storia - Teatro Nazionale Genova"

"L'Impero di Genova, quarta parte: il Mar Nero. Conclusioni di ..."

https://www.youtube.com/watch?v=NZiPsYQr2QM

Alessandro Barbero innamorato di Genova: "Sta tornando famosa in tutto il mondo"

https://www.youtube.com/watch?v=yqV3Nfi0S9E

Medioevo marinaro | Intervista ad Antonio Musarra

https://www.youtube.com/watch?v=1ekrTLTtVts

YouTube vi presenta l'incontro tra Alessandro Alfieri e lo studioso genovese Antonio Musarra, professore di Storia medievale all'Università "Sapienza" di Roma, in occasione dell'uscita del suo ultimo volume "Medioevo marinaro.  Prendere il mare nell'Italia medievale" edito da Il Mulino.

Il libro ci invita alla scoperta dell’anima marittima del Medioevo; un lavoro accurato, approfondito, risultato di anni di ricerca su fonti non certo ovvie, e che si presenta anche come un lavoro “introduttivo”, nel senso che l’ambizione è quella di avviare o amplificare una nuova visione storica sul Medioevo. Spesso infatti le vicende marittime e il Mediterraneo sono stati marginalizzati rispetto alle vicende dell’Europa continentale; lo spazio geografico si confonde con quello fantastico, dal momento che il peso dell’immaginario restò a lungo preponderante fino alla crescente razionalizzazione della società. Come separare realtà e fantasia? Qual è il confine tra reale e immaginario?

Oltre a rispondere a questi interrogativi, in questo volume Musarra propone anche una ricostruzione dettagliata dello sviluppo tecnico della vita marinara, delle invenzioni, delle strumentazioni di navigazione e delle navi, fino  ad arrivare all’attenzione rivolta alla dimensione normativa e giuridica.

 

La casa di Cristoforo Colombo

 

Nessun dubbio, Cristoforo Colombo era ligure. L’ultima teoria che arriva dalla Spagna in questi giorni, dopo un esame del dna, lo vuole ebreo sefardita. Ma i documenti dell’epoca parlano chiaro.

 

GABRIELLA AIRALDI

lunedì 14 ottobre 2024

«Sulla genovesità di Colombo esistono talmente tanti documenti che non può essere messa in discussione»,

sostiene Gabriella Airaldi, specialista di storia delle relazioni internazionali e interculturali dal Medioevo all’età moderna, insignita sabato a Genova della Medaglia Colombiana in quanto“illustre storica di fama internazionale”.

Ecco perché Cristoforo Colombo era genovese

Primocanale.it

https://www.primocanale.it/attualità/46923-ecco-perché-cristoforo-colombo-era-genovese.html

Chi è Cristoforo Colombo? Un eroe, un assassino, un mistico, un templare, il figlio di un papa, un catalano, un portoghese, un corso, un savonese? E’ di origine piacentina, monferrina o è un ebreo come oggi si torna nuovamente a proporre? Conoscere questo personaggio non è facile a cominciare dal fatto che, nonostante i molti ritratti, non ne è nota neppure la fisionomia. Se ne conosce invece bene la storia, per molti versi simile a quella di molti genovesi migrati in varie parti del mondo. Figlio di un lanaiolo, entrato in mare "in giovanissima età" come molti concittadini di ogni fascia sociale, il quattordicenne Cristoforo si forma sulle navi dei guerrieri -mercanti genovesi che da secoli visitano tutto il mondo conosciuto. Ed è attraverso questa via, come afferma egli stesso in una lettera indirizzata ai Re Cattolici, che nasce la sua curiosità e cresce il suo progetto di arrivare ad Oriente passando da Occidente. Infatti -sostiene Colombo- è la navigazione stessa a indurre “chi la segue a desiderare di conoscere i segreti del mondo”.

Nasce dunque da un’esperienza lunga e complessa e da un’inesausta curiosità il desiderio di futuro che porta Colombo a compiere il gesto destinato a cambiare la storia. Un gesto forte che conclude un itinerario umano difficile da cogliere ma che, grazie a una sterminata quantità di testimonianze di mano sua e altrui, a una cospicua serie di fonti diplomatiche e mercantili, consente di essere certi delle sue origini genovesi. Tutto nella sua vita, nei suoi comportamenti, nei suoi legami, nelle protezioni della lobby genovese di cui gode alla Corte castigliana, riconduce a una città dalla quale resterà sempre lontano ma che ricorda nella lettera indirizzata al Banco di san Giorgio nel 1502 con le note parole ‘ Benchè il corpo si unì il cuore è li di continuo’. Una città dove ha amici come l’ambasciatore Niccolò Oderico al quale consegna la copia del Libro dei Privilegi tuttora conservata a Genova. Una città da dove provengono anche i parenti meno fortunati che lo raggiungono in Spagna e che ne godranno la protezione. Una terra dove è noto il legame che unisce lui e la sua famiglia al grande nome dei Fieschi, come testimoniano l’amicizia che lo unisce a Bartolomeo, il comandante della Vizcayna che nel quarto viaggio lo salva dalle tribolazioni della Giamaica e la lettera inviata a fine vita al patriarca Luigi. Il gesto di Colombo ha cambiato la storia e l’immagine del mondo. E’ nato con lui il nuovo Occidente e, come talvolta si sostiene, è con quel gesto che si chiude l’Età medievale e si apre quella moderna. Di fatto il gesto di Colombo è un rito di fondazione. Un rito di fondazione supera la storia ed entra nella sfera del mito ed è forse per questo che si parla dell’uomo che lo ha compiuto e sempre se ne parlerà.

 

Gabriella Airaldi

Autrice di oltre quattrocento pubblicazioni, tra cui 13 libri e 22 curatele, è specialista di storia mediterranea e di storia delle relazioni internazionali e interculturali per l'età medievale e la prima età moderna. Premio Anthia 2004 per il libro Guerrieri e mercanti.

 

 

Uno dei tanti esempi di riqualificazione e recupero di un patrimonio artistico ...

Una gemma del centro storico di Genova, le prime immagini della riapertura della chiesa di Sant'Agostino.

 

Chiesa e Convento di Sant’Agostino. I monaci agostiniani  costruirono il chiostro  a forma triangolare ispirandosi al simbolo agostiniano della Santissima Trinità. (n.d.r)

Il complesso di Sant’Agostino, chiesa e convento, ha una storia lunga e complessa.
La chiesa, iniziata probabilmente attorno al 1260 e già in uso nel 1270, è a tre navate con copertura mista, a capriate e a volte. La facciata è a salienti, scandita in tre parti da lesene e presenta un paramento a fasce bianche e nere. Nel corso dei secoli il complesso subì diverse trasformazioni. Una serie di cappelle venne realizzata nel corso del XV secolo sfondando il muro perimetrale sinistro della chiesa, così come erano presenti anche altari e cappelle addossati al perimetrale destro.
Sul coronamento della facciata sono state collocate tre statue (oggi sono calchi, gli originali sono conservati in museo) raffiguranti la Madonna con Bambino, San Pietro e Sant’Agostino e risalenti al XIV secolo.
La torre campanaria richiama nelle forme il campanile di San Giovanni di Pré: insolito per Genova l’uso del mattone e il rivestimento in piastrelle policrome.
In una formella romboidale murata nel campanile si trovò un marmo con iscritto il nome "Pietro Bono, Magister de Antelamo" e la data 1282.
Due sono i chiostri del complesso: il primo, di forma triangolare, non usuale per l’edilizia conventuale genovese, venne costruito contemporaneamente alla chiesa ed è caratterizzato al pianterreno da un loggiato ad arcate ribassate, sostenute da colonne a rocchi di pietra e di marmi bianco e sormontate da capitelli cubici.
Il chiostro quadrato, risalente alla prima metà del Seicento, venne costruito in un’area precedentemente utilizzata come orto. Nel 1798 la chiesa venne sconsacrata e da allora non tornò mai più al culto. Dopo i pesanti danni subiti nel corso della seconda guerra mondiale gli spazi relativi al primo chiostro triangolare e la chiesa vennero ristrutturati, mentre quelli relativi al chiostro rettangolare furono completamente ricostruiti.

(Musei di Genova)

Il primo appuntamento sarà il 30 maggio quando le navate dell'antica chiesa di Sant'Agostino costruita alla fine del XIII secolo e poi sconsacrata, riapriranno i battenti per offrire a turisti e cittadini un assaggio della Genova Medievale. All'interno, infatti, tra le arcate gotiche, troveranno spazio alcuni dei capolavori del museo, a partire dalla statua di Margherita di Brabante, per riportare alla luce quei frammenti della Genova medievale che verranno poi esposti all'interno del museo una volta completati gli interventi di riqualificazione che prendono l'avvio proprio nell'anno che celebra Genova nel medioevo.
"Inizia il percorso per il recupero di Sant'Agostino, una vera e propria gemma del nostro centro storico che racconta gli antichi fasti della Genova medievale - ha detto il sindaco Bucci -. Un complesso unico nel suo genere per bellezza, arte e cultura. Dall'ex Chiesa fino al museo, la città potrà riappropriarsi dell'intero complesso che tornerà completamente rinnovato, dagli spazi fino al percorso espositivo e i servizi per i visitatori". Un intervento particolarmente complesso che prevede interventi architettonici sul chiostro quadrangolare, l'abbattimento delle barriere architettoniche, interventi architettonici per ampliare gli spazi di accoglienza e di servizio, adeguamento degli impianti, restauro completo della ex chiesa, percorso museografico aggiornato secondo criteri di attualità. "L'obiettivo è di riaprire tutto entro due anni - ha spiegato il vice sindaco Pietro Piciocchi - i costi sono, ovviamente molto consistenti, nell'ordine di una decina di milioni compresa la riqualificazione della chiesa, e le risorse le stiamo trovando".

Andrea Leoni

09 Aprile 2024

 

Desidero chiudere questa carrellata storica con un Evento simbolo della Storia medievale di Genova.

Antonio Musarra - 1284, la battaglia della Meloria

https://www.youtube.com/watch?v=-T28P2BgAok

Antonio Musarra - presentazione del libro "1284, La Battaglia della Meloria"

3 maggio 2018, ore 18 Sala del Maggior Consiglio

Il 6 agosto del 1284 è la festa di San Sisto: un giorno solitamente fausto per Pisa. Quel giorno, al largo di Livorno, nei pressi delle secche della Meloria, Genovesi e Pisani si affrontarono in una delle più grandi battaglie navali del Medioevo. La causa immediata è la contesa per il controllo della Corsica. In realtà, al centro v’è soprattutto il tentativo di affermare la propria supremazia su tutto il Tirreno al fine di salvaguardiare le rotte per la Sicilia, l’Africa settentrionale e il Levante mediterraneo. In effetti, le due città giunsero allo scontro al culmine di una serie di rivolgimenti – dalla caduta dell’Impero Latino di Costantinopoli all’ascesa della potenza angioina, allo scoppio della guerra del Vespro – che mettevano in discussione gli equilibri raggiunti a fatica. La ricostruzione del volto di questa battaglia e della sua lunga preparazione consente di riportare alla luce, oltre alla brutalità del combattimento sul mare, il profilo di un Medioevo diverso: quello marittimo e navale, dove gli orizzonti improvvisamente si allargano e dove piccole città si rendono protagoniste di rivoluzioni – da quella commerciale a quella nautica, a quella finanziaria – capaci di mutare il corso della storia.

Insieme all’autore intervengono Sandra Origone (Università di Genova), Luca Lo Basso (Università di Genova), e Emilano Beri (Università di Genova).

Edizioni Laterza

 

 

A cura di Carlo Gatti

Rapallo, 18 Ottobre 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LETTURE PER L'ESTATE 2024 - JEAN SIBELIUS A RAPALLO

 

PARTE PRIMA

 

Introduzione

 

Il MARE è sempre il filo conduttore dei nostri articoli, un elemento costante che lega storie e personaggi anche quando, come in queste Letture per l’Estate, non si parla di navi, ma di uomini e donne che dal mare hanno tratto ispirazione per deliziare l’umanità con ogni forma d’arte possibile. Questa volta, il nostro viaggio ci porta a esplorare la figura di Jean Sibelius, un gigante della musica sinfonica che trovò ispirazione proprio sulle coste della nostra amata Rapallo.

Chi più di noi tigullini può testimoniare questi eventi intrinsecamente legati alla bellezza e all’armonia di una natura che si può definire paradisiaca? Le onde che si infrangono contro le rocce, il profumo salmastro dell'aria, i tramonti che incendiano il cielo e si specchiano nel mare: tutto ciò non è forse un costante invito alla riflessione, alla creatività, alla celebrazione del bello?

In questa trilogia di articoli, esploreremo la connessione profonda tra il mare di Rapallo e l'opera di Sibelius, un legame che si è rivelato fruttuoso per l'umanità intera. Ripercorreremo i momenti salienti della vita e del soggiorno di Sibelius a Rapallo, scoprendo come il nostro mare con la sua natura, sia diventato musa e teatro per le sue composizioni e per la sua anima artistica.

Il suo lascito artistico si trova oggi nelle note dell’ORCHESTRA DI RAPALLO dedicata al grande compositore finlandese, e nella bacchetta magica del suo bravissimo Direttore rapallino Filippo Torre:

 

 

 

In questo Link:

https://www.orchestrasibelius.it/sibelius/index.php/it-it/


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SCRITTORI, POETI, FILOSOFI, ARTISTI E MUSICISTI NEL TIGULLIO

Nella seconda metà dellOttocento, tanti scrittori europei e non solo, GRAZIE alle prime navi da crociera, cominciarono a perlustrare il Tigullio alla scoperta duna natura selvaggia densa di echi mediterranei, dando vita a un turismo délite e lasciando un segno indelebile nella nostra cultura.

L’elenco è molto lungo, ed ho pensato di proporvi un significativo articolo della scrittrice Laura Guglielmi che cita molti personaggi illustri tra cui figura il grande musicista finlandese: Jean SIBELIUS che soggiornò a Rapallo, e qui fu ispirato dal paradisiaco paesaggio di allora per iniziare la sua celebre 2° sinfonia.

 

In giro per il Tigullio con gli scrittori

BY LAURA GUGLIELMI  14/03/2022

https://www.lauraguglielmi.it/genova-e-liguria/in-giro-per-il-tigullio-con-gli-scrittori/

Laura Guglielmi scrive: “Altri artisti stranieri si innamorano del clima e delle bellezze di Rapallo: tra i tanti, il musicista Ian Sibelius …..

 

UN PO’ DI STORIA MUSICALE

Nella seconda metà dell’ottocento, nell'ambito di quel periodo denominato "le giovani scuole nazionali", nell'area Scandinava: Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia, nacque una corrente musicale legata al folklore nazionale.

 

 

Ma cosa sono le scuole nazionali?

Con la rivalutazione del canto popolare e delle identità nazionali i musicisti, che operano nel corso dell’ottocento, rivolgono sempre più la loro attenzione al patrimonio delle tradizioni popolari e utilizzano le risorse espressive tipiche di questo repertorio assimilandolo a quello “colto”. Il nazionalismo romantico dunque, pur conservando la sostanziale struttura musicale di tradizione occidentale, opera un rinnovamento profondo i cui effetti, al volgere del secolo, produrranno dei cambiamenti radicali. Nell’epoca romantica la ricerca e l’espressione dell’identità nazionale esercitano un ruolo determinante nello sviluppo artistico, specialmente in quei Paesi dell’Europa che avevano stabilito dei collegamenti con la cultura musicale italo-franco-tedesca.

Ciò avviene in modo particolare in Russia dove, in seguito alla vittoria sugli eserciti napoleonici, si consolida il patriottismo e la valorizzazione delle tradizioni culturali dei popoli di tradizione slava.

Il risveglio della coscienza nazionale favorisce, di conseguenza, l’emancipazione della musica dalle forme d’importazione occidentale attraverso la rivalutazione del patrimonio popolare e la valorizzazione delle diverse tradizioni storico/musicali. Nel teatro d’opera si manifestano tutti i caratteri nazionali con la scelta di argomenti storico/popolari, epico/leggendari o fantastici. Nella musica strumentale, sinfonica e cameristica vengono inseriti elementi esotici e folkloristici, motivi popolareschi e ritmi di danze popolari. Anche gli arcaismi armonico/modali e i raffinati ed esuberanti effetti orchestrali conferiscono alla musica un particolare “colore locale”. Si crea così uno stile capace di innalzare la musica della nazione e quella del canto popolare a lingua musicale d’arte infondendovi elementi nuovi e un autentico “carattere nazionale”. Tutto ciò avviene però nel rispetto e sulla scia dei modelli formali e stilistici segnati dalla cultura musicale occidentale innestandovi però tutti quegli elementi tipici delle singole realtà e tradizioni popolari.

In Danimarca spicca il musicista Niels Wilhelm Gade (1817-1890), autore della cantata “La figlia del Re degli Elfi” (1854) ricca di temi popolari.

Carl August Nielsen (1865-1931) invece è un autore di musica pianistica, da camera, di concerti e sinfonie che presentano un linguaggio nuovo vicino alle nuove tendenze musicali del novecento europeo.

In Svezia si impone Franz Berwald (1796-1868) autore di quattro sinfonie scritte tra il 1842 e il 1845 che presentano sensibilità per determinati effetti orchestrali.

In Norvegia la personalità più significativa è quella di Edvard Grieg (1843-1907) di formazione musicale tedesca con gli studi presso il Conservatorio di Lipsia, mostra un vivo interesse per il folklore musicale del proprio paese e, in seguito all’incontro con il grande drammaturgo norvegese Henrik Ibsen (1828-1906), scrive le musiche di scena del Peer Gynt.

La sua produzione spazia dai Lieder (150) per pianoforte e voce, numerosi pezzi brevi per pianoforte compresi nelle dieci raccolte dei pezzi lirici (1867-1901).

Caratteristiche: linguaggio ricco di spontaneità melodica, raffinate armonie con l’evidente influsso di melodie popolari e di ritmi di danze norvegesi (vedi le Danze norvegesi op. 72) e il concerto per pianoforte e orchestra in la minore (1868) e sonate per violino e pianoforte.

In Finlandia il maggior esponente musicale di quel periodo è Jean Sibelius (1865-1957). Nelle sue composizioni sono presenti temi popolari nordici e spunti melodici di derivazione popolare. Le composizioni più significative sono i poemi sinfonici come “Una saga” (1892), Karelia (1895), “Finlandia” (1899) e sette sinfonie scritte tra il 1899 e il 1924.

 

E’ stato scritto:

Sibelius è il grande dimenticato della musica europea. Confinato in un limbo periferico delle Scuole Nazionali, su di lui pende quell'accusa di epigonismo post-romantico che le avanguardie novecentesche (musica dodecafonica) sempre lanciarono contro i difensori dell'Umanesimo. In realtà la musica di Sibelius celebra l'eternità di una natura primigenia dove i cicli delle stagioni si rinnovano oltre ogni dramma della storia, trasceso, più che negato, in un'accettazione del Fato che sa di stoica serenità. In Sibelius la civiltà europea si confronta con le proprie origini nelle energie che modellano i ghiacci, i venti artici capaci di fissare il tempo in armonie perenni, cristalli eternamente fissi nella pietra. L'originalità del Finlandese è sottile, ardua da percorrere, come complesso è il suo linguaggio fatto di risonanze emanate dai basalti della terra, tensioni lontane dalla rassodante razionalità della civilizzazione europea. In un'epoca di transizione quale è la nostra, mentre la pretesa di assoggettare il caos cede in noi alla fascinazione del mito, Sibelius ritorna con i suoi enigmi ad incombere come inquietante profeta. Messaggero alla fine dei tempi, veggente inascoltato, siglò il proprio destino di inattuale distruggendo di propria mano la gigantesca Ottava Sinfonia che doveva coronare uno degli edifici sinfonici più tremendi, nella sua coerenza, che siano mai stati eretti. Isolandosi tra laghi e foreste, nei trent'anni della sua rinuncia a comporre trovò la via di un silenzio che la sua musica, forse, fin dal principio evoca: salvifico ritorno alla natura, divinità benigna.

 

 

 

LA SINFONIA N.2 in re maggiore (0p.43) di Jean SIBELIUS

E' stata composta tra il 1900 e il 1902.  La seconda è la più popolare tra le sinfonie di Sibelius ed è quella maggiormente eseguita e registrata.

 

 

La composizione è iniziata durante la permanenza del compositore a RAPALLO nel 1900, viaggio finanziato dal barone Axel Carpelan, ed è poi proseguita al suo ritorno in Finlandia. La prima esecuzione, diretta dal compositore stesso, è stata fatta dall’Orchestra filarmonica di Helsinki l'8 marzo 1902. Dopo la prima, Sibelius ha apportato alcune modifiche all'opera, e la versione definitiva è stata eseguita per la prima volta il 10 novembre 1903 a Stoccolma diretta da Armas Järnefelt. 

L'orchestrazione è migliore rispetto a quella della prima sinfonia, la forma è più matura e la violenza nordica è sostituita da un tocco più classico e luminosamente mediterraneo. In merito all'origine dei temi impiegati nella sinfonia, si sa che Sibelius ha improvvisato uno dei temi del finale a Ruovesi, nel 1899,  in occasione del battesimo di un figlio del pittore Akseli Gallen-Kallela. Sull'origine dei temi impiegati nel primo movimento, Karl Fredrik Wasenius, editore della casa Bis, afferma che Sibelius li avrebbe improvvisati nel suo studio, in occasione di un incontro con una giovane musicista (che allora aveva solo sette anni), Irene Eneri, della quale l'editore volle sottoporgli il talento. Suonando una composizione di costei, un Capriccio Orientale, il compositore iniziò ad improvvisare, affermando di "aver trovato ciò che attendeva da settimane". I temi dell'andante invece sono stati abbozzati da Sibelius durante la sua permanenza a Rapallo, nel febbraio del 1901: nelle sue bozze uno è associato alla figura di Cristo, uno all'incontro tra Don Giovanni (il protagonista dell'omonima opera mozartiana) e la morte. Ma la sinfonia è stata completata dopo oltre un anno di lavoro, e in questo arco di tempo tali intenti programmatici sono stati messi da parte.

Riporto da Wikipedia:

 

MOVIMENTI

 La sinfonia è strutturata in quattro movimenti.

 

I. Allegretto

Allegretto - Poco allegro - Tranquillo, ma poco a poco ravvivando il tempo all'allegro - Poco largamente - Tempo I - Poco allegro

Il primo movimento comincia con un tema saltellante dei legni in tonalità d'impianto su accordi ribattuti degli archi. Il primo accordo, con il frammento ascendente di tre note, costituisce il motivo portante di tutta la composizione, analogamente al ruolo svolto dall'introduzione dei clarinetti nella prima sinfonia. Segue un'alternanza fra i fiati e i corni, e gli studiosi faticano ad identificare chiaramente un secondo tema come lo si aspetterebbe nella forma sonata. Nello sviluppo il tema iniziale, terminante con una quinta discendente, ritorna sotto varie sembianze, in maniera più drammatica. L'elaborazione di questo sviluppo è molto lunga, al punto che costituisce, in contrasto alle regole classiche, la gran parte del primo movimento. Nella ripresa il materiale musicale viene efficacemente sintetizzato. Dopo momenti di carattere più scuro, il movimento si conclude con lo stesso carattere idilliaco dell'inizio.

 

II. Tempo andante

I temi dell'andante invece sono stati abbozzati da Sibelius durante la sua permanenza a Rapallo, nel febbraio del 1901: nelle sue bozze uno è associato alla figura di Cristo, uno all'incontro tra Don Giovanni (il protagonista dell'omonima opera mozartiana) e la morte. Ma la sinfonia è stata completata dopo oltre un anno di lavoro, e in questo arco di tempo tali intenti programmatici sono stati messi da parte.

Tempo andante, ma rubato - Poco allegro - Molto largamente - Andante sostenuto - Andante con moto ed energico - Allegro - Poco largamente - Molto largamente - Andante sostenuto - Andante con moto ed energico - Andante - Pesante

L'andante inizia con una lunga sezione di pizzicati dei violoncelli e dei contrabbassi. Il primo tema, quello che era stato concepito come la morte nel castello di Don Giovanni, viene proposto dal fagotto e si sviluppa in un contesto di ansietà crescente. In contrasto vi è il tema associato alla figura del Cristo, molto più celestiale e rassicurante. I due temi si alternano trasformandosi vicendevolmente, con giri complessi di tonalità, come l'episodio in sol bemolle maggiore, quasi a riflettere la lotta fra morte e redenzione, benché la sinfonia non abbia intento programmatico. Poco a poco il melodico secondo tema prende il sopravvento e diventa il protagonista. Il movimento si conclude con due pizzicati.

 

III. Vivacissimo

 Vivacissimo - Lento e soave - Tempo primo - Lento e soave - (attacca)

Il vivacissimo (uno scherzo) è impetuoso, analogamente a quello della sinfonia che lo precede. Il suo primo tema è vorticoso, affidato ai violini; ad esso si contrappone subito il flauto che propone un tema secondo tema più cantabile anche se comunque ritmico, accompagnato da figurazioni molto vivaci degli archi. Il tempo rallenta arrivando al trio, che inizia con otto struggenti ripetizioni della stessa nota da parte del primo oboe, figurazione che ritorna più volte nelle misure seguenti, e porta ad una grande affermazione della stessa. Lo scherzo si ripete. Si ripete anche il trio, ma in forma abbreviata; da qui si genera un passo mosso e il solito motivo ascendente di tre note funge infine da ponte per l'attacco senza fermata del finale.

 

IV. Finale: Allegro moderato

Tema iniziale della IV sezione

Finale: Allegro moderato - Moderato assai - Meno moderato e poco a poco ravvivando il tempo - Tempo I - Largamente e pesante - Poco largamente - Molto largamente

Anche nel finale ritorna il tema iniziale di tre note ascendenti, in tonalità d'impianto, ma in questo caso la replica è affidata non più ai legni, bensì alle trombe. Segue il vero primo tema, affidato a tutti i violini, espansivo, cantabile, solenne; questo tema è stato ripreso, nella stessa tonalità, da Gigi D’Agostino in “L’amour toujorus”. La sua elaborazione porta al secondo tema. Il motivo introdotto dagli oboi è stato scritto da Sibelius in memoria di Elli Järnefelt, sorella di sua moglie, morta suicida. Il tema si espande poco a poco su tutta l'orchestra (quasi - sebbene assai alla lontana - come un lungo crescendo rossiniano) assume un tono maestoso e porta di nuovo agli squilli di trombe che introducono la ripresa del primo tema. Regolarmente e brevemente si ritorna al secondo tema e al suo crescendo. Che però introduce la sezione finale, sorretta vigorosamente dagli archi, con ampi squilli degli ottoni. A detta del musicologo Erkki SalmenHaara, studioso della musica di Sibelius, un particolare effetto viene ottenuto quando il motivo ascendente di tre note raggiunge finalmente, per la prima volta nella sinfonia, la quarta nota. Con questo clima solare e luminoso la sinfonia si conclude positivamente.

 

Accoglienza

In Finlandia la popolarità della sinfonia è legata al sentimento nazionalista che viene percepito nella stessa. Il primo e l'ultimo movimento, con il loro eroismo, il loro ottimismo ed il grandioso finale hanno toccato il pubblico finlandese, che vi leggeva un messaggio patriottico per l'indipendenza della Finlandia (l'opera è stata composta nel periodo dell'invasione russa), tanto da farla conoscere come "Sinfonia della liberazione", affermando la fama di Sibelius quale compositore nazionale finlandese. La sinfonia ha riscosso grande successo anche fuori dalla Finlandia. Il direttore finlandese George Schnéevoight associò un programma di argomento patriottico ai movimenti: il primo ritrarrebbe la vita pastorale della Finlandia, il secondo la brutalità dell'occupazione straniera, il terzo l'oppressione dello spirito patriottico e il quarto la speranza gloriosa per la liberazione dalla tirannia.

 

 

Registrazioni

La prima registrazione è stata incisa da Robert Kajanus (1857-1933) con la London Symphony Orchestra, per la casa discografica HMV, nel maggio 1930.

 

 

Sibelius: 2. Sinfonie ∙ hr-Sinfonieorchester ∙ Susanna Mälkki

YouTube

YouTube·hr-Sinfonieorchester – Frankfurt Radio Symphony·4 giu 2019

https://www.youtube.com/watch?v=iXU8EXL7a_4

 

 

 

PARTE SECONDA

 

LA VITA E LE MUSICHE DI JEAN SIBELIUS

 

 

Hämeenlinna la città di nascita di Jean Sibelius

 

 

Jean Sibelius (1913)

 

Jean Sibelius (1939)

 

Jean Sibelius nacque nel 1865 a Hämeenlinna (96 Km a Nord di Helsinki) nel Granducato di Finlandia, sotto il dominio russo. La sua famiglia, per metà svedese*, decise consapevolmente di mandare Jean in un'importante scuola di lingua finlandese. Ciò deve vedersi come parte della più ampia crescita del movimento dei fennomani, un'espressione del nazionalismo romantico che sarebbe diventata una parte cruciale della produzione artistica e delle idee politiche di Sibelius. Morì nel 1957 a causa di un'emorragia cerebrale ed ebbe funerali di Stato.

Studiò ad Helsinki con Wegelius e l’italiano Busoni, poi a Berlino e a Vienna con Goldmark e nuovamente a Helsinki con Kajanus. Nel 1892 il successo ottenuto col poema sinfonico Kullervo ne fece il capo di un gruppo di giovani musicisti impegnati nello sviluppo della musica nazionale. Nello stesso anno divenne insegnante di composizione al conservatorio di Helsinki: nel 1900 una tournée della Filarmonica diretta da Kajanus, fece conoscere le sue musiche in Europa. Da allora, ottenuto dallo Stato uno stipendio annuo, si dedicò esclusivamente alla composizione stabilendosi nel 1904 a Järvenpää, presso la capitale. Nel 1927 cessò praticamente di produrre musica, circondato da un’enorme popolarità e da onori eccezionali, ma inesorabilmente tagliato fuori dai fermenti della nuova musica dodecafonica. Di tutta la sua vasta produzione hanno un certo rilievo le sette sinfonie e i poemi sinfonici ispirati all’antico epos finnico del Kalevala che lo collocano decisamente fra gli epigoni del sinfonismo tedesco tardoromantico ritornato alla luce dagli apporti della musica popolare finnica. Dotato di una sensibilità evocativa che lo accosta al norvegese Edvard Grieg nei vividi squarci di paesaggio nordico, e particolarmente felice nel delineare climi epici, e più incline del norvegese a convogliare la propria ispirazione in strutture compositive di vasto respiro non esenti e non sempre esenti da retorica. Accanto ad alcune sinfonie (terza, quinta e sesta) concepite secondo uno schema formale classico, lineare, misurato nei mezzi espressivi, altre (seconda, settima e i poemi sinfonici Una saga (1901), Finlandia (1899-1900); La figlia di Pohiola (1906); Pan und Echo, (1906-1909); Tapiola (1928) mostrano una costruzione più libera e complessa, basata su un’imponente e mobile elaborazione di motivi germinali alla maniera di Bruckner. E’ in tali composizioni che meglio si esprimono il suo temperamento fantasioso e rapsodico e le sue smaglianti risorse timbriche.

Scrisse ancora: un’opera teatrale: musiche di scena, fra cui quelle di Kuolema  (La Morte 1903), dove si trova il celebre Valse triste, e altre come Karelia e Lemminkäinen (in cui vi è il famoso Cigno di Tuonela).

Jean Sibelius compose inoltre vari lavori sinfonici oltre ai citati: un concerto per violino e orchestra, diverse composizioni strumentali da camera (un quintetto, quartetti, trii, suonate ecc… e pianistiche; musiche corali d’ogni genere e molti Lieder.

 

 

*UNA NOTA CURIOSA

Per quanto riguarda i cognomi svedesi e nordici in generale, che finiscono in "-ius" come Wallenius, Linnaeus ed altri citati in questo articolo, la questione è interessante. Questi cognomi non sono tipicamente finlandesi, ma hanno spesso origini che possono risalire al latino. Ecco alcuni punti da considerare:

Origine Latina: Alcuni cognomi svedesi con la desinenza "-ius" possono effettivamente avere radici latine. Durante il Rinascimento e nei secoli successivi, era comune per persone colte, specialmente accademici e clero, adottare versioni latinizzate dei loro nomi. Questo fenomeno è avvenuto in molti paesi europei, inclusa la Svezia.

Influenza Finlandese: La Finlandia è stata sotto il dominio svedese per molti secoli e la cultura e i nomi svedesi hanno avuto un impatto significativo. In Finlandia, specialmente tra i finlandesi di lingua svedese, i cognomi latinizzati erano relativamente comuni, e questi potrebbero essere passati anche in Svezia.

Nomi Accademici: Nelle università e tra gli studiosi, era una prassi comune latinizzare i propri nomi. Ad esempio, un nome come "Andersson" potrebbe essere latinizzato in "Andersonius". Questo potrebbe spiegare alcuni cognomi con la desinenza "-ius".

Esempi di Cognomi: Wallenius è un esempio di cognome che può essere trovato sia in Svezia che in Finlandia e, come suggerisce, ha una connotazione latinizzata. Un altro esempio famoso è Linnaeus, il cognome latinizzato del celebre botanico svedese Carl von Linné.

In conclusione, i cognomi svedesi che finiscono in "-ius" spesso hanno radici che possono essere ricondotte a una tradizione di latinizzazione, comune tra studiosi e accademici, e possono anche essere influenzati dalla cultura finlandese-svedese. Questi nomi non sono di origine tipicamente svedese, ma riflettono un'interessante commistione culturale e storica.

 

 

 

PARCO SIBELIUS

Vicino al mare di Helsinki

 

 

Per le migliaia di visitatori che entrano nel parco ogni anno, è un posto meraviglioso per trovare un pezzo di natura, pace e cultura nel mezzo della capitale finlandese. Il sito è stato dedicato a "Jean Sibelius" - di gran lunga il più famoso compositore finlandese. In suo onore è stato eretto un monumento speciale di cui proponiamo alcune immagini.

Contesto storico e omonimo del Parco Sibelius

Jean Sibelius, nato come "Johann Julius Christian Sibelius", è una persona profondamente amata dai finlandesi ed è considerato un'icona della musica finlandese. Al musicista patriottico è sempre piaciuto incorporare la natura nelle sue opere. Gli elementi del compositore, il suo modo di vivere e di lavorare dovrebbero riflettersi nel Sibelius Park.

Un monumento come attrazione turistica

Il monumento è stato progettato dallo scultore Eila Hiltunen. Si estende su 8,5 x 10,5 x 6,5 metri ed è fatto di 24 tonnellate di acciaio. I 600 tubi sono saldati insieme in un modello a onda e sono caratterizzati da molti dettagli individuali. Come una canna d'organo sovradimensionata, il monumento si erge imponente nel verde. Accanto c'è una scultura della testa di Jean Sibelius. Secondo i racconti, la musica di Sibelius può essere ascoltata sopra l'organo quando soffia il vento.

Il Bellissimo parco

Il parco stesso è una calamita per molti cercatori di pace e amanti della natura. La sua bellezza è notevole. Una caffetteria proprio accanto all'acqua offre ai visitatori un luogo gradito per soffermarsi con disinvoltura davanti a un caffè e un dolce. Molti dolcetti come i panini alla cannella e la torta di mirtilli sono piatti popolari. L'atmosfera così vicina al mare emana una pace e una bellezza speciali. Il parco è un luogo popolare per gli intenditori d'arte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un suggerimento letterario:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alessandro Zignani

JEAN SIBELIUS

Dei ghiacci e del fuoco. Vita e musica

 

 

 

 

PARTE TERZA

 

 

RAPALLO

CASA GARIBALDA 

 

INTERVISTA A FILIPPO TORRE

DIRETTORE D’ORCHESTRA DEDICATA A JEAN SIBELIUS

 

Lungomare Vittorio Veneto – Rapallo

“Salotto buono” della città

E’ un punto caratteristico particolarmente suggestivo, dove il visitatore passeggia in riva al mare circondato da palme ed edifici di grande bellezza. Il lungomare è il centro di numerose feste ed eventi, soprattutto nel periodo estivo: da concerti ed eventi sportivi e religiosi. Si trovano qui diversi poli di interesse turistico, come il Chiosco della Musica, le statue monumentali e il castello cinquecentesco. Tra questi vi è anche la Casa Garibalda.

(vista dall’alto foto sotto)

 

 

 

 

 

La Casa Garibalda, dalle caratteristiche strisce bianche e grigie, oggetto di un accurato restauro terminato in questi ultimi anni. E’ uno dei palazzi più significativi dell’antico abitato rapallese, classificato anche come monumento nazionale

 

 

 

Nella sua facciata, lato chiosco della musica, lo stemma in marmo dell’ammiraglio Biagio Assereto ne indicherebbe la datazione al XIV secolo, mentre le case retrostanti porticate si debbono ritenere più antiche.

Le colonnine in marmo così come la decorazione a fasce bianche e nere impreziosivano l’edificio che nel XIX secolo e per molti anni seguenti accolse esercizi alberghieri ed anche un night nel giardino pensile. Una lapide all’esterno del complesso ricorda che tra gli ospiti dell’allora “Pensione Suisse” ci fu anche, nel 1901, il compositore Jean Sibelius, che qui compose la sua Seconda Sinfonia op.43. Sul palazzo di fronte, un’altra targa ricorda invece il soggiorno di Friedrich Nietzsche, che nel 1882, compose la prima parte di “Così parlò Zarathustra”.

 

 

Alcune immagini del lato di levante della Casa Garibalda

 

 

 

 

Il compositore finlandese Jean Sibelius soggiornò nel 1901 a Rapallo. Dall'8 al 12 Ottobre a Rapallo

 

 

“Finalmente ho trovato un luogo per soggiornare nel Mediterraneo...; un giardino pieno di rose in fiore, camelie, platani, cipressi, palme e mandorli fioriti; arance, limoni, mandarini...”

Così scriveva all'amico Axel Carpelan, annotando le prime impressioni (4 Febbraio 1901).

http://sib150.wix.com/festivalsibelius#!rapallo/cx5i

 

L'orchestra Sinfonica Jean Sibelius, fondata nel 2010, è intitolata al compositore finlandese Jean Sibelius che soggiornò a Rapallo (GE) nel 1901, componendovi la sua seconda sinfonia.

 

 

 

 

 

Il Direttore MusicaleFilippo Torre (nella foto) nasce a Rapallo (GE) il 29 maggio 1967. Intraprende gli studi musicali da giovanissimo, dedicandosi al mandolino e al pianoforte. In seguito, parallelamente agli studi di Fisica, frequenta il corso di Composizione presso la “Civica Scuola di Musica” di Milano. Dal 1992 al 1994 studia inoltre Direzione d’Orchestra con Ludmil Descev (direttore stabile dell’Opera Nazionale di Sofia). Ha successivamente approfondito diversi aspetti del repertorio sinfonico con il direttore polacco Bogusław Dawidow ed è stato assistente del direttore francese Emmanuel Villaume presso la Fenice di Venezia e il Regio di Torino.

 

 

Filippo Torre ha diretto l’Orchestra da Camera di Conegliano, l’Accademia Vivaldiana di Venezia, l’Orchestra da Camera di Sofia, la Filarmonica di Ploiesti, la Filarmonica Nazionale Siberiana e l’Orchestra di Rapallo “Jean Sibelius” in Italia, la Sinfonica di Schumen in Bulgaria, la Filarmonica di Tomsk e la Filarmonica della Carelia in Russia, la Filarmonica di Râmnicu Vâlcea in Romania, l’Orchestra da Camera dell’Accademia di Musica di Basilea in Svizzera, la Sinfonica di Dnepropetrovsk e la Sinfonica di Zaporozhye in Ucraina, la Filarmonica di Opole in Polonia e la Filarmonica Janáček in Repubblica Ceca. Ha diretto inoltre l’Orchestra da Camera di Bruxelles, la Sinfonia Bucarest e la Chopin Chamber Orchestra nell’ambito di tournées italiane. Nel 2004 ha partecipato alla ventiduesima edizione del Festival dell’Arte e dell’Amicizia di Pyongyang dirigendo l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Corea del Nord.

 

 

Intervista a Filippo Torre, direttore dell’orchestra Jean Sibelius di Rapallo

 

di Enrico Tognon

– Nel salotto di casa mia, come tutti i martedì, mi incontro con Filippo Torre per lavorare sulla fisica e la matematica fatta in classe. Oggi però prima della consueta lezione sono curioso e incomincio a fargli qualche domanda sulla sua vita e nello specifico sul suo rapporto con la musica.

Filippo mi racconta che è laureato in fisica, con una grande passione per la musica, parte indissolubile del suo percorso di vita. Vista la disponibilità a parlare, intervengo con domande più specifiche.

Quando ti è venuta l’idea di dedicarti alla musica? 

Fin da piccolo ho avuto l’ispirazione, verso i 10-12 anni ho incominciato a pensare che la musica avrebbe lasciato un segno nella mia vita futura. Non ho deciso, però, subito che la musica sarebbe stata la mia futura professione; i miei studi sono diventati seri (sorride n.d.r.) quando, dopo essermi diplomato al liceo scientifico, e essermi iscritto a Fisica, intorno ai 21 anni ho iniziato a seguire con regolarità corsi propedeutici. In questo ambito ho conosciuto il mio maestro. Quando poi è venuto a mancare, mi sono sentito un po’ spaesato, perso, senza una guida che mi aiutasse nel difficile inizio di carriera; tuttavia non mi è mai mancata la voglia di fare musica, anzi è proprio in questo periodo che ho capito che la direzione d’orchestra sarebbe stata la mia strada. La carriera come del resto la vita  è una strada tortuosa; la mia si era interrotta per un periodo, però nel 2008, grazie alla collaborazione con “Rapallo Musica” ho avuto la possibilità di ritrovare un ambiente favorevole, e due anni dopo è nata la prima orchestra sinfonica di Rapallo: “Jean Sibelius”.
La luce soffusa del pomeriggio di inizio primavera crea un’ atmosfera di amicizia, tanto che il manuale di fisica rimane quasi nascosto nell’ombra della finestra. A cuor leggero decido di andare avanti con le domande.

La fisica come ha influenzato la tua carriera musicale?

“Aver studiato fisica mi ha aiutato nel modo di pensare la musica, che è un mondo molto razionale, preciso, tecnico, senza però che questi aspetti condizionassero la mia vena artistica.”

Proprio adesso il campanello suona, è Lorenzo, il mio fido compagno di studio che si appresta a lavorare con noi sull’ottica geometrica, ricordandomi l’imminente verifica, ahimè.

Filippo continua definendosi uno strano esemplare in cui gli aspetti di razionalità e creatività coesistono. “Credo”, aggiunge, “che la fisica sia la scienza che più risponde alle domande che l’uomo si è sempre posto, e sono contento di potere trasmettere quotidianamente ai miei alunni la passione per questa grande scienza”.

Rimpiangi di non avere studiato fin da subito musica?

“Sì, avrei potuto affinare alcune attitudini giovanili, ma non mi preoccupo ormai più: un musicista prima di tutto è una persona con la sua cultura, la sua storia e il suo carattere. Per fare bene il mio mestiere non bisogna aver fatto solo esperienze di carattere musicale, ma essersi confrontati con i diversi  ambiti del sapere”.

Quale consiglio dai a dei giovani che si approcciano al mondo “adulto”?

“L’importante credo che sia non disperdere le proprie forze su troppi fronti, però le passioni extrascolastiche ci arricchiscono e specialmente in questo periodo storico, servono per fare le persone più motivate e felici”.

Al termine della nostra chiacchierata io, Filippo e Lorenzo ci guardiamo, lo ringrazio per la disponibilità, e come di consueto il nostro maestro: “Fisica eh? Siete mica sotto verifica?”. Ed è proprio in questo momento che realizzo che devo “mangiare ancora molta pastasciutta”, e ci buttiamo subito nei calcoli dei complicati esercizi.

 

 

Biagio ASSERETO

L’AMMIRAGLIO CHE CATTURO’ DUE RE

NATIVO DI RECCO, SUO NONNO VENIVA DA RAPALLO

https://www.marenostrumrapallo.it/biagio/

Carlo Gatti

 

LA RAPALLO DI ALTRI TEMPI …

LA TAVERNA AZZURRA

https://www.marenostrumrapallo.it/la-rapallo-di-altri-tempi-la-taverna-azzurra/

Carlo Gatti

 

27 APRILE 1846

LA PRIMA NAVE DA CROCIERA ATTRACCA A RAPALLO 

S/S LALLA ROOKH

https://www.marenostrumrapallo.it/27-aprile-1846-la-prima-nave-da-crociera-attracca-a-rapallo-s-s-lalla-rookh/

Carlo Gatti

 

 

 

 

A cura di

Carlo GATTI

Rapallo,  Mercoledì 10 Luglio 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA -

 

IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA 

LA REPLICA RECA CON SE' 

ECHI EVANGELICI DAL MARE DI GALILEA

 

«È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta». (P.Giordani)

 

Il 15 marzo 2023 - Papa Francesco ha benedetto la simbolica costruzione, ricevuta in dono dalla famiglia Aponte, armatori di Nlg – Navigazione Libera del Golfo, con la collaborazione e il supporto dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma.

 

 

Nella foto, da sinistra a destra, rivolti verso Papa Francesco, i coniugi Aprea, il direttore di NLG Maurizio Aponte e il presidente dell’Istituto diplomatico internazionale, Paolo Giordani.

 

 

Il Papa ha disposto che nei MUSEI VATICANI venga collocata la copia di una imbarcazione di duemila anni fa

 

La riproduzione perfetta della barca da pesca

L’opera è stata realizzata dagli APREA, storica famiglia di maestri d’ascia della penisola sorrentina, dopo approfonditi studi archeologici con la partecipazione di esperti della marineria antica. In particolare, gli artigiani hanno utilizzato la tecnica dei “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi). Una tecnica importata dall’area mediterranea, operante già dal secondo millennio a.C.

Benedicendo l’imbarcazione prima dell’udienza generale, il Santo Padre ha sottolineato come quella ricevuta sia ‘la barca di tutti’, una frase che attesta la coerenza di un uomo che fin dalla sua elezione ha dimostrato una particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato.

 

YouTube

https://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/eventi-e-novita/iniziative/Eventi/2023/barca-di-pietro-approda-nei-musei-vaticani/video-barca-pietro.html

 

L’imbarcazione è la fedele “replica” - Made in Italy - dell’antico e originale peschereccio di Pietro venuto alla luce nel 1986 dalla melma del lago di Tiberiade in occasione di un improvviso abbassamento delle acque, e custodito nel museo Yigal Allon di Ginosar, luogo indicato dai Vangeli quale sede principale delle predicazioni di Gesù in Galilea di cui ci occuperemo tra breve.

 

 

L’imbarcazione è stata sistemata alla base della rampa elicoidale dei musei Vaticani

(come mostra la foto sopra)

 

La Barca di Pietro accoglie, con la sua forte carica spirituale, pellegrini e turisti di tutto il mondo nella Casa di tutti, secondo un’espressione cara a Papa Francesco, Timoniere della Chiesa e instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse.

La Barca di Pietro simboleggia quindi la Chiesa che è guidata dai suoi successori. Gesù invita i discepoli esitanti e dubbiosi a salpare, confidando in Dio. Allo stesso modo, la Chiesa deve misurarsi con le tempeste e le difficoltà del mondo per diffondere l’annuncio del Vangelo della Grazia.

 

 

La Barca di Pietro non è più soltanto una metafora

 

 Il dono che la famiglia Aponte, gli armatori di NLG-Navigazione Libera del Golfo ha voluto fare, con la collaborazione dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma, al Santo Padre, “instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse”, come ha spiegato Paolo Giordani, presidente dell’IDI, la cui “particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato” corrisponde pienamente all’”antica legge del mare”. Non per caso il Papa, accettando il dono, l’ha definita “la barca di tutti”.

 

 

I Dettagli marinareschi spiegati da APONTE:

 

L’imbarcazione è una replica perfetta di quella conservata nel museo israeliano come doveva essere ai tempi di Gesù:

scafo: di 8,8 metri x 2,5,

albero: di 8 metri con pennone di 6,

due piccole coperte: a proravia e a poppa

velatura: vela quadra e cavi in fibra di canapa

governo: due timoni

equipaggio, in grado di trasportare fino a quindici persone.

materiale di costruzione: cedro e quercia

tecnica usata: “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi).

Una tecnica importata dall’area mediterranea, in vigore dal secondo millennio a.C. fino all’epoca bizantina esclusa, applicata non su un materiale ligneo unico, ma su materiali misti: cedro, quercia.

 

 

Nave EUROPA – graffito

 

 

Per le parti andate perdute, gli artigiani sorrentini si sono ispirati ai mosaici del piazzale delle Corporazioni di Ostia, al graffito della nave “Europa” di Pompei, al bassorilievo con veduta del Portus Augusti (collezione Torlonia).

 “Desideriamo ringraziare - ha sottolineato Maurizio Aponte, direttore di NLG - Un grazie di cuore va al Governatorato dello Stato Città del Vaticano, che ha mostrato interesse per il progetto e ci ha consentito di realizzarlo, e all’Istituto Diplomatico Internazionale, che ha collaborato nella fase di ideazione e presentazione. Tutti ci auguriamo che il modello della Barca di Pietro possa regalarci nuove emozioni” – ha concluso il direttore di NLG.

“Con questo omaggio al Sommo Pontefice dopo dieci anni di ministero – ha dichiarato P.Giordaniabbiamo voluto dare corpo ad un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La Barca di Pietro che consegniamo oggi non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione. È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta”.

In particolare, viene ricordato l’episodio della tempesta sul lago narrato da Marco (4,38). Mentre i discepoli erano nel panico perché imbarcavano sempre più acqua, Gesù – dice l’evangelista – se ne stava a poppa e, adagiato sul cuscino, dormiva. Lo svegliarono a furia di grida d’aiuto e lui, destatosi, comandò al mare»: «Taci! Calmati!» (Marco 4,39) «e le acque si placarono» (Luca 8,22-25).

“Sempre il Lago di Tiberiade - rammenta Giordani - fu testimone di un'apparizione pasquale di Gesù risuscitato. Dalla riva suggerì ai discepoli, estenuati per la notte passata senza pescar nulla, di calare la rete dalla parte destra della barca. In questa maniera pescarono una gran quantità di pesci e compresero che lo sconosciuto era il Messia. Pietro poi si tuffò per raggiungerlo e Gesù gli disse: «adesso pasci le mie pecorelle». “Questo dialogo è considerato come il momento in cui Gesù affida a Pietro la Chiesa (Giovanni 21,1-19) - commenta il presidente dell’IDI - È da questo testo che fu attinta l’immagine della chiesa come “Barca di Pietro”.

L’apostolo infatti sottolineava che: «se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il secondo timoniere».

Aggiunge Giordani: “Durante la pandemia da Covid-19, rivolgendosi al mondo costretto ad affrontare con dolore e sacrifici un momento storico così drammatico, il Papa, timoniere della Chiesa, ci aveva fatto sentire costantemente la sua vicinanza attraverso la preghiera, dandoci la certezza che ‘Dio non ci lascia in balia della tempesta’. Ebbene, con questo omaggio al Sommo Pontefice, dopo dieci anni di ministero, abbiamo voluto dare corpo a un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La ‘Barca di Pietro’ che consegniamo non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione”.

Il Papa ha risposto con un sorriso: “La barca di tutti…” e sarà meta di pellegrinaggio, di “nuovi pesci da portare sulla riva del Signore”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lago Tiberiade - Mar di Galilea

 

Il RELITTO originale dell’imbarcazione di Pietro fu ritrovato nel 1986 sul fondo del lago di Tiberiade

 

 

Chi scrive, nel 2000 andò con la famiglia in Israele.

 Il nostro pellegrinaggio iniziò dal Lago di Tiberiade, dove tutto cominciò…

 

 

Giuseppe Flavio (Guerra giudaica, III,7) lo descrisse così:

«Il lago di Gennesar prende il nome dal vicino territorio. Misura 40 stadi in larghezza e 140 in lunghezza. Le sue acque sono dolci ma non buone da bere. Esse sono più leggere della pesante acqua di palude, e limpide perché le sue rive sono formate da ghiaia e sabbia; ha inoltre una temperatura mite: è meno fredda di quella di un fiume o di una sorgente, ma comunque più fresca di quanto si immagini, vista l'estensione del lago. Al centro di esso scorre il Giordano, che sembra nascere dal Panion, mentre in realtà giunge al Panion attraverso un percorso sotterraneo, e nasce invece dal bacino di nome Fiale, che si trova a 120 stadi da Cesarea, sulla destra, non molto distante dalla strada che porta alla Traconitide. [...] Non si sapeva che nascesse dal Giordano fino a quando non fu dimostrato da Filippo, tetrarca della Traconitide. Egli, gettando nella Fiale della paglia, la ritrovò trasportata al Panion, dove nell'Antichità si credeva nascesse il Giordano.

Tra i tanti YouTube che ho visionato, questo che vi propongo in visione è il migliore per chiarezza, bellezza e informazioni culturali geografiche-storiche ed Evangeliche.

Il mare di Galilea chiamato il lago di Gesù

 di

Adrea Candore

https://www.youtube.com/watch?v=tUyoB-wObME

 

Le cartine orientative

Lago di Tiberiade

 

 

 

 

 

 

 

Il kibbutz di Ginnosar sul lago di Tiberiade e la scoperta della “barca di Gesù”
del prof.Giancarlo Biguzzi

https://www.gliscritti.it/approf/2007/papers/barca_gesu.htm

 

Il relitto originale, ben conservato grazie al fango del fondale che ricopriva le strutture lignee dello scafo, è stato datato alla seconda metà del I sec. A.C. dall’esame del Carbonio 14. Si tratta quindi di un battello a vela lungo 8,8 metri x 2,5 metri con un albero di 8 metri, risalente con ogni probabilità proprio all’epoca della predicazione di Gesù. L’imbarcazione, particolarmente adatta per la pesca costiera, poteva ospitare quattro rematori e circa una dozzina di persone. È plausibile quindi che il relitto del Lago di Tiberiade appartenga alla medesima tipologia della barca di cui raccontano gli evangelisti Luca (5,1-11) e Marco (4,35-41).

Il prezioso reperto è in mostra al centro Ygal Allon nel museo di Ginosar in Galilea (Israele), un museo che permette ai turisti di osservare da vicino questa semplice imbarcazione datata 40 avanti Cristo grazie a un test a radiocarbonio effettuato alla fine degli anni ottanta quando fu rinvenuta coperta da fango e melma nel lago di Tiberiade.

Gli archeologi riferirono subito che si trattava della tipica imbarcazione che usavano i pescatori ai tempi di San Pietro. Naturalmente non vi erano evidenze di sorta che si trattasse dell'imbarcazione dei Vangeli anche se l'umile costruzione lignea non ne diminuiva il valore archeologico.

 

 

CURIOSITA’ TECNICHE DELL’IMBARCAZIONE ORIGINALE

 

Dal sito:    BibleWalks 500+ sites

 

L’imbarcazione è stata datata, con il carbonio 14, intorno al 40 a.C. (più o meno 80 anni), o dal 50 a.C. al 50 d.C. sulla base delle ceramiche (tra cui una pentola ed una lampada) e dei chiodi ritrovati all’interno della barca. Questo fa ipotizzare che l’imbarcazione possa quindi risalire al tempo di Gesù Cristo. In effetti, si adatta alle molte descrizioni di barche delle Sacre Scritture, come quella nel Vangelo di Luca. Lunga 27 piedi e larga 7,5 piedi, la barca era costruita con dieci diversi tipi di legno e doveva consentire la pesca vicino alla riva. La tecnica costruttiva della barca risultò conforme altre barche costruite in quella parte del Mediterraneo tra il 100 a.C. e il 200 d.C. L’imbarcazione era stata costruita principalmente con assi di cedro, unite insieme da giunti e chiodi a mortasa e tenone fissati, adatta a navigare su bassi fondali grazie ad un fondo piatto, che le consentiva di avvicinarsi molto alla riva durante le operazioni di pesca. Gli archeologi hanno scoperto che la barca era stata costruita con dodici diversi tipi di legno, il che suggerisce diverse ipotesi: una carenza di legno o una costruzione in economia, fatta con legni di scarto, oppure che la stessa aveva subito riparazioni estese e ripetute. Delle 113 assi del fasciame della barca, 105 (92%) erano di cedro e uno di pino, entrambe conifere locali. Curioso il fatto che su 60 assi di quercia, 45 (75%) erano costituite da rami non lavorati. L’utilizzo del legno di conifere per le assi e di legno di latifoglie, di solito il rovere, per le intelaiature interne, era una pratica comune ed è seguito anche oggi nella costruzione di barche. Un interessante studio sulle tipologie di legno utilizzate può essere letto su questo sito.

La barca di pescatori era dotata di un albero, e quindi poteva alzare una vela, e aveva posto per quattro rematori sfalsati. Le sue dimensioni avrebbero permesso di trasportare 13 persone … Ovviamente, non c’è modo di sapere se questa particolare barca ebbe realmente un ruolo negli eventi raccontati nella Bibbia ma le sue strutture marinaresche trovano conferma in quanto raccontato nei libri sacri.

  

 

LA TEMPESTA SUL LAGO DI TIBERIADE (MARE DI GALILEA)

 

 

“Cristo nella tempesta sul mare di Galilea”

      Rembrandt

Così si legge nel Vangelo di Matteo

 « Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.

Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.
I presenti furono presi da stupore e dicevano: «Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?». 

 

Così si legge nel Vangelo di Marco

È interessante che, pur essendo un lago, l’evangelista Marco preferisca chiamarlo “mare”, a motivo della grandezza e della sua pericolosità, infatti spesso è battuto da venti che rendono difficile la navigazione.

 

La barca nella tempesta

Il Signore è a poppa, nella parte poppiera della barca, quella che affonda per prima; e dorme appoggiato ad un cuscino (Mc 4,38). La tempesta che incontra la barca non sveglia Gesù, sarà il cuore angosciato dei discepoli a far tremare la barca: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (v. 38). Di questa mancanza di fede è preoccupato Gesù.

Immaginiamo lo scompiglio su quella barca! Ma quale è il vero rischio di perdersi? Gesù non risponde alla domanda dei discepoli, ma, placato il vento e le acque, sarà lui a sollevare la domanda vera: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (v. 40).

Il mare non è una forza autonoma, come non lo è il Male, seppur ha una sua inspiegabile libertà di agire, come ci istruisce il testo “sapienziale” di Giobbe nella prima lettura: “Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso?” (Gb 38,8). C’è un limite invalicabile posto dal Signore, che è creatore e redentore: “Fin qui giungerai e non oltre, e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde” (v. 11).

 

La fede messa alla “prova” dal mare

L’immagine del mare, da sempre, rappresenta nella Bibbia una prova di fede.

Il popolo d’Israele liberato da Mosè è costretto a fermarsi davanti al Mar Rosso, apparentemente invalicabile. L’esercito egiziano incalza alle spalle ed è ormai vicino: “Non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto”? (Es 14,11). Con queste parole ricolme di angoscia, il popolo si rivolge a Mosè. E lui: “Non abbiate paura! Siate forti. Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli” (v. 13).

 

HO CHIESTO A DIO: PERCHE' MI HAI PORTATO SULLE ACQUE AGITATE?

MI HA RISPOSTO: PERCHE' I TUOI NEMICI (i demoni) NON SANNO NUOTARE ...

 

 

Papa: "siamo tutti sulla stessa barca"

Questo brano ci ricorda il momento straordinario di preghiera indetto da Papa Francesco il 27 marzo 2020, nel contesto della pandemia. Risuonano ancora le sue parole: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.

Risulta essenziale la presenza del Signore. Con un rischio: che ognuno lo vorrebbe collocato secondo i propri schemi, alla guida, di vedetta, a rassicurare ognuno, ad evitare gli ostacoli… Ma il Signore è invece al suo posto e compie la sua opera. Lo aveva anticipato nelle parabole: il seme una volta gettato, non va perduto. “Dorma o vegli, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce” (Mc 4,27).

 

Su questa barca con Gesù, che è la Chiesa

 

Con queste parole l’orazionale descrive la “via santa”, una vita non gettata nel nulla, non abbandonata a sè stessa.

Sulla barca della vita permane la presenza silenziosa ma efficace del Signore: “Taci, calmati!” (Mc 4,39). Al momento opportuno il Signore interviene, calma le acque e il vento, come ordina al male di non nuocere più.

Su questa barca, che è la Chiesa, possiamo attraversare sicuri il mare della vita; e la nostra fede, seppur debole e ferita, può ristorarsi alla “fonte” dei sacramenti.

La nostra fede poggia sicura sulla fede di Pietro e della Chiesa di Cristo. Lo ricorda il sacerdote nella celebrazione eucaristica: “Signore, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa”.

 

 

PERCHE' GESU' SCEGLIE I PESCATORI

 

Lo spiega Sant’Agostino. Discorso 250

 

Dio preferisce i deboli e i poveri di questo mondo.

  1. Il Signore Gesù ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti 1, sicché, volendo adunare la sua Chiesa da ogni parte del mondo, non cominciò con degli imperatori o senatori ma con dei pescatori. Se infatti fossero stati scelti in principio personaggi altolocati, essi avrebbero attribuito la loro scelta a se stessi e non alla grazia di Dio. Questo modo di procedere di Dio, a noi occulto, questa disposizione del nostro Salvatore ce la espone l'Apostolo quando dice:Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Sono parole dell'Apostolo. Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose ignobili e spregevoli del mondo ha scelto Dio, e le cose che non hanno consistenza - come se la avessero - per annichilire le cose dotate di consistenza; affinché nessun uomo possa vantarsi dinanzi a lui 2. La stessa cosa aveva detto il profeta: Ogni valle sarà colmata, e ogni monte e ogni colle sarà abbassato, perché si ottenga una pianura senza dislivelli 3. Veramente, oggi partecipano della grazia del Signore senza distinzione nobili e plebei, dotti e ignoranti, poveri e ricchi. Quando si tratta di ricevere questa grazia non avanza diritti di precedenza la superbia rispetto all'umiltà di chi nulla sa e nulla possiede 4 e nulla può. Ma cosa disse loro? Venite dietro a me e io vi farò pescatori di uomini 5. Se non ci avessero preceduto quei pescatori, chi sarebbe venuto a pescarci? Al giorno d'oggi uno è gran predicatore se riesce a presentare bene quello che ha scritto il pescatore.

Mescolanza di buoni e cattivi nella Chiesa terrestre

  1. Il Signore Gesù Cristo scelse dunque dei pescatori di pesci e ne fece dei pescatori di uomini. Col fatto stesso del pescare poi volle darci degli ammaestramenti nei riguardi della chiamata dei popoli. Notate come le pesche furono due e come occorra distinguerle e separarle. Una fu quando il Signore scelse gli Apostoli e da pescatori li rese suoi discepoli 6; l'altra è quella che abbiamo ascoltato ora quando si leggeva il santo Vangelo, quella cioè che avvenne dopo la resurrezione del Signore Gesù Cristo. L'una dunque prima della resurrezione, l'altra dopo la resurrezione. E dobbiamo sottolineare con molta attenzione la differenza fra le due pesche, poiché questa duplice pesca è una nave piena di istruzioni per noi.

 

Almeno 4 erano pescatori di mestiere:

Simon Pietro e Andrea suo fratello, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo…

Non sono menzionati tutti i loro mestieri. Pietro e Andrea erano pescatori, probabilmente anche altri. Matteo era in esattore di tasse, Paolo fabbricava tende per mantenersi quando predicava ma a Gerusalemme era stato educato dal dotto fariseo Gamiliele. Sapeva parlare greco ed ebraico. Nonostante Matteo avesse molta esperienza riguardo il denaro e i numeri, furono affidate a Giuda le finanze e per questo si presume che avesse una certa istruzione. Tutti comunque si mantenevano con il loro lavoro.

Invece gli apostoli non credevano per fede, ma perché avevano incontrato e mangiato insieme a Gesù per 40 giorni dopo la sua morte.

 

 Gesù appare ai pescatori

https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/libri/impariamo-racconti-bibbia/13/gesu-appare-ai-pescatori/

 

PIETRO Apostolo, santo

TRECCANI

https://www.treccani.it/enciclopedia/santo-pietro-apostolo_(Enciclopedia-Italiana)/

 

 

https://www.culturacattolica.it/cultura/storia/storia-della-chiesa/il-primo-sbarco-dell-apostolo-pietro-in-italia

 

Tra gli scritti cosiddetti pseudo-clementini (preziosa fonte per gli studiosi dei primi secoli), composti poco dopo il 200 d.C., vi è un’opera denominata Viaggi di Pietro, che era stata adottata dai giudei ebioniti. Gli ebioniti credevano sia nell’ebraismo sia in Gesù come Messia (atteggiamento ancora oggi presente tra le migliaia di ebrei messianici d’Israele), e facevano riferimento ad un vangelo di Matteo rielaborato, ed anche all’opera Viaggi di Pietro. E’ da questo testo che fu attinta l’immagine della Chiesa come “Barca di Pietro”, perché l’apostolo ci teneva a sottolineare che, se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il “secondo timoniere”.

 

MARINAI E FEDE

https://www.marenostrumrapallo.it/cri/

Carlo GATTI

 

Rapallo, 26 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


UNA GITA A LUNI

 

UNA GITA A LUNI

 

Eravamo negli Anni ’70. La nostra famiglia, di origini-semi vichinghe, aveva due figli alle scuole elementari e due alle medie. Senza dare spiegazioni, neppure a mia moglie Guny, imboccai l’autostrada verso Sud e dissi: “oggi vi porto sulla luna!”

Mi girai di scatto e vidi dei volti sorridenti ma un po’ preoccupati per il mio stato di salute… “Mi correggo, vi porto al sito archeologico di Luni e c’è un motivo storico-culturale che potrebbe interessarvi. Forse si tratta di una leggenda, ma sono ancora in tanti a parlarne. Chissà che non sia vera! - 

Google la dà per vera e tra poco ce la racconterà in poche righe ….”

Ne seguì un coro: “dai raccontacela prima tu!”

C'era una volta …. un nome che infiammava l'immaginazione e i sogni degli uomini del Nord: ROMA. Per loro, Roma rappresentava il sole, la luce, la ricchezza e la potenza. Sognavano di conquistarla e farla loro.

 Un giorno, Hasting, un feroce vichingo norvegese, radunò tutti i capi delle tribù e disse: "Seguitemi e vi prometto che conquisteremo Roma, la magica città sarà nostra."

 

 

Dopo mesi di navigazione, la flotta normanna arrivò alle rive dell’alto Mar Tirreno. E lì, vicino al mare, apparve una città con marmi bianchi che brillavano al sole. Archi, torri e mura erano tutte di marmo. Non c'era dubbio: quella doveva essere Roma, la città eterna.

Solo Roma poteva permettersi il lusso di costruire tutto con il marmo, perfino le mura! "All'assalto!" gridò Hasting. "Ognuno di voi tornerà in patria come un eroe!"

I vichinghi si lanciarono all'attacco con violenza inaudita, ma furono respinti ogni volta. Gli assediati erano troppo valorosi.

Hasting allora pensò di usare l'astuzia. Mandò un messaggero in città con una richiesta: "Il mio capo è stato gravemente ferito nell’ultimo assalto e sta per morire. Prima di lasciare questa terra, vuole convertirsi alla vostra fede e ricevere il battesimo. Permettetegli di essere trasportato in barella entro le mura e di essere battezzato nella vostra cattedrale."

Come potevano rifiutare una simile preghiera? I cittadini, mossi a compassione, accettarono.

E così, la barella con Hasting fu portata verso la città. I portatori, con visi tristi e dolenti, avanzavano lentamente. Ma nei loro occhi si vedeva una scintilla feroce: sapevano che sotto il giaciglio era nascosta una spada.

Finalmente, la barella fu posta davanti alla cattedrale. I portatori si fermarono per un attimo di riposo...

 

 

Proprio in quel momento, all'improvviso, Hasting saltò su dalla barella, afferrando la sua spada nascosta. Con una rapidità incredibile, cominciò a colpire i cittadini sorpresi. La confusione fu tale che la città venne rapidamente conquistata e saccheggiata, senza che gli abitanti potessero difendersi. I vichinghi presero tutto ciò che potevano, lasciando dietro di sé morte e distruzione tra i magnifici edifici di marmo.

Convinti di aver conquistato la grande Roma, i barbari si ritirarono, portando con sé il bottino. Ma, sorpresa delle sorprese, quella splendida città non era Roma. Era Luni, una meravigliosa città costruita con il marmo bianco, un capolavoro dell'architettura etrusca e romana. Luni, la grande, la ricca, la splendida Luni.

Oggi, di quella magnificenza, rimangono solo poche rovine coperte di terra poco a sud della Spezia. Eppure, nei paesi freddi del Nord, durante i lunghi mesi invernali, i bambini ascoltano ancora la storia di Luni: una storia che sembra una leggenda. La leggenda della grande città che, per la sua straordinaria bellezza, imponenza e ricchezza, venne scambiata per Roma.

Così, ragazzi, la prossima volta che sentite parlare di un’avventura incredibile, ricordate la storia di Luni. Non tutte le leggende sono inventate, e qualche volta, ciò che sembra troppo bello per essere vero... lo è davvero.

 

Leggiamo insieme il parere di Wikipedia:

Hasting: Hástein Ragnarsson (scritto anche come Hastein HaestenHæstenHæstenn o

Hæsting o Alsting).

Fu un capo vichingo Norvegese della fine del IX secolo, appartenente alla dinastia di Muns Munsö, che guidò numerose spedizioni di razzia.

https://it.wikipedia.org/wiki/Hastein

Hastein e Björn passarono l'inverno su un'isola in Camargue, alla foce del Rodano prima di razziare Narbona, Nìmes e Arles, per poi dirigersi a nord a Valence e poi, lungo la costa ligure, in Italia. Qui attaccarono LUNI, grande città collocata all'estremità sudorientale dell'attuale regione Liguria. 

Credendo erroneamente (a causa del lusso visibile) che Luni fosse nientemeno che Roma, Hastein decise di saccheggiare la città con ogni mezzo. Davanti a Luni Hastein si fece portare dai suoi uomini alla porta, dove chiese alle guardie di farlo entrare perché, prossimo alla morte, avrebbe desiderato convertirsi al cristianesimo. Una volta all'interno, fu portato alla chiesa cittadina dove ricevette i sacramenti, prima di saltare fuori dalla barella e condurre i suoi uomini al saccheggio della città. Secondo un'altra storia avrebbe voluto convertirsi prima di morire, e il giorno seguente avrebbe finto la morte. La città concesse a 50 dei suoi uomini di entrare in città per la sepoltura, tutti armati sotto i vestiti. Hastein saltò fuori dalla bara decapitando il religioso per poi saccheggiare la città. Una volta razziata Luni, saccheggiò Pisa e, una volta risalito l’Arno, razziò anche Fiesole.  È probabile che la flotta abbia poi fatto rotta verso L’impero Bizantino nel Mediterraneo orientale.

 

 

Area archeologica di Luni | In volo sull'archeologia italiana

https://www.youtube.com/watch?v=FHuNkBUtZ9w&t=112s

 

 

La città di Luni si trova sulla riva sinistra del fiume Magra fondata come colonia romana nel 177 a.C., per il controllo dei territori conquistati ai liguri Apuani.

La colonia di Luni fu fondata dai Romani nel 177 a.C., per stabilirvi un posto avanzato contro i Liguri Apuani, ai quali avevano faticosamente strappato quel territorio. Il nome della città deriverebbe da una dea primitiva italica o dalla forma a falce del porto cittadino.

 

 

La freccia rossa verticale (foto in alto) indica l’uscita di Carrara, in direzione SUD, per visitare il Museo Archeologico Nazionale e le vestigia dell'antica colonia romana di “Portus Lunae”, ANTICA LUNI, dal cui porto salpavano navi cariche di marmo, oggi detto di Carrara, utilizzato per la costruzione dei più importanti monumenti della Roma antica.

La distanza (autostrada) Rapallo-Carrara è di 91,61 km

Il tempo di percorrenza medio è di 1 ora e 11 minuti

 

UNA NOVITA’

 

 

Sia l'area di sosta in direzione sud sia quella in direzione nord prevedono anche il passaggio nel tunnel multimediale Luni Experience dove, attraverso una sequenza di proiezioni e suoni, si può ripercorrere la storia dell'antica colonia romana dal cui porto salpavano navi cariche di marmo, oggi detto di Carrara, utilizzato per la costruzione dei più importanti monumenti della Roma antica.

 
"Non molti sanno che percorrendo la A12 tra Sarzana e Carrara si passa vicino a un sito archeologico di straordinaria importanza, l'antica città di Luna - ha detto Alessandra Guerrini, direttore regionale Musei Liguria -. L'intervento di SALT ci offre un esempio innovativo di come può svilupparsi una collaborazione tra un'infrastruttura viaria e il mondo della cultura. L'invito ai viaggiatori a fermarsi per conoscere il territorio, muovendosi a piedi a partire dall'autostrada, è un modo inedito per arricchire il percorso, trasformando il senso del viaggio. Un'esperienza di cui siamo felici - ha concluso -, resa possibile grazie alla sinergia tra privato e pubblico, che consente di valorizzare e rendere sempre più accessibile a tutti il patrimonio culturale".

 

La fondazione di una colonia romana in questa zona indica che il territorio era assai importante dal punto di vista strategico, militare e commerciale. L'accorta politica romana prevedeva il trasferimento di intere famiglie in tali zone, per lo più veterani di guerra, ai quali venivano concessi appezzamenti di terreno con diritto ereditario. Così avvenne anche per Luni.

Per quanto riguarda la “geografia” di questa zona c’è tuttora un po’ di confusione, e per dipanarla, mi rivolgo a Wikipedia:

A livello amministrativo, la Lunigiana è composta solamente dai comuni toscani. Fortunatamente, la Lunigiana storica è ancora oggi caratterizzata da una profonda unità culturale, viva nei dialetti, nei costumi, nelle tradizioni e nella cucina, che valicano i confini amministrativi tra Toscana e Liguria.

D’altronde a Ortonovo, in provincia della Spezia si trovano i resti dell’antica Luni, da cui trae il nome la Lunigiana.

Oggi si può finalmente affermare che LUNI si trova in Liguria, in provincia di LA SPEZIA!

Questa confusione viene dal passato, da decisioni prese contro la logica dell’unità dei popoli. Nel 1844 esistevano tre Lunigiane, parmense, con Pontremoli e Bagnone, modenese con Fivizzano, Aulla, Licciana, Massa e Carrara e una sarda con Sarzana, La Spezia e la Val di Vara. Con l’unità d’Italia, nel 1859, si creavano la provincia di Massa e Carrara con la val di Magra, e la provincia di Genova con La Spezia e la Val di Vara, spaccando così in due il territorio della Lunigiana storica. Nel 1923 nasceva la provincia della Spezia, con l’attuale territorio amministrativo, lasciando definitivamente la Lunigiana tra due provincie e tra due regioni.

 

 

Attraverso Parma e la Lunigiana passa, infatti, il corridoio più rapido che avvicina Roma al nord Europa e viceversa. E’ il tracciato seguito 2200 anni fa dal console Marco Emilio Lepido, che dopo aver fondato Parma fonda anche la città ed il porto di Luni

 

 

MAPPA DEL PORTO DI LUNI

 

Portus Lunae: certezze e incertezze. Indizi, disegni, mappe, prove

https://www.archeominosapiens.it/portus-lunae-certezze/

Tanti ed anche nuovi indizi, certamente non tutti attendibili, per questa storia che viene da lontano. 

Le prime ricostruzioni ambientali avevano a disposizione le affermazioni degli Autori Classici che non sempre sono apparse coerenti fra loro o con i tempi di riferimento. Una fra tutte la descrizione del grande porto di Luni esistente prima della fondazione di Luni, che avrebbe accolto la flotta romana in partenza per la campagna di Spagna. In seguito, la necessità di un nuovo porto, importante, commerciale è emersa, ma solo a seguito dell’industria del Marmo Apuano.

Poi l’avvento delle cartografie, sempre più influenzate dalla geometria e dalla topografia. Fino alla ricerca delle nuove motivazioni ed informazioni deducibili dalla geologia, ma soprattutto dalla geomorfologia, dalla petrografia (dei materiali), della tettonica, della sismologia, etc. Finalmente, in tempi recenti, sono giunte in aiuto le indagini geotecniche di corredo agli interventi edilizi e le campagne geofisiche e, soprattutto, quelle di carotaggio continuo, alcune ancora allo studio, che porteranno certamente nuove indicazioni, soprattutto dirette. 

La soluzione più plausibile ad oggi relativamente al Portus Lunae? Probabilmente è quella che prevede l’esistenza di diversi approdi prossimi alla Città, raggiungibili attraverso canali protetti dall’ambiente lagunare, dunale e retrodunale.

Poi un porto mercantile, marmifero, che l’ambiente naturale, l’economia industriale ed il buonsenso vedono prossimo al Bacino Marmifero Apuano.


Molti indizi, ma mancano ancora le prove strettamente archeologiche.

 

 

 

Luni: una possibile via dei marmi prima dell’avvento industriale del Marmo Lunense (Apuano). Da DEL SOLDATO, 2021.

 

 

La zona portuale. A sinistra si nota la scritta “Vestiggie del Molo” ed indicano il tracciato del fiume MAGRA che scende verso la sua foce.

 

Segnalo: MUSEO NAZIONALE E ZONA ARCHELOGICA - LUNI

https://www.archeominosapiens.it/portus-lunae-certezze/

 

Cliccando (sotto) su ogni indicazione specifica, potete percorrere il sito archeologico in tutte le sue sezioni egregiamente documentate e mostrate con meravigliose immagini.

 

 

Anfiteatro di Luni

 

 

Fu costruito nel suburbio orientale della città, secondo l'orientamento della ripartizione agraria che in età augustiana sostituì quella traccia all' atto di fondazione della colonia. Sorge a circa 250 metri dalla Porta Orientale, lungo la via Aurelia. L'asse maggiore m 88.50, l'asse minore misura m 70,20.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITELLO DI PILASTRO (vedi descrizione nell’apposita bacheca)

 

SCOPRI LA STORIA DELLA CITTÀ DI LUNA

 

La colonia romana di Luna che ha avuto una vita lunga più di mille anni. I Romani iniziano ad occupare il territorio su cui sorge la città agli inizi del II sec. a.C. per istituire una testa di ponte in vista della conquista della Spagna. Nel 177 a.C. duemila cittadini romani partecipano alla fondazione della colonia di Luna patrocinata dai triumviri M. Emilio Lepido, P. Elio Tuberone e Gn. Sicinio; a ciascun colono sono assegnati 13 ettari in un’area compresa indicativamente tra il fiume Magra e l’attuale Comune di Pietrasanta.

 

 

CERCA: https://luni.cultura.gov.it/museo  

 

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Concludo con un flash del sommo Poeta catturato su F/b  - di Mauro Salucci

 

 

Dante Alighieri sul fiume Entella. Il 6 ottobre 1306 il poeta è in Liguria, a Sarzana. Suo compito è trattare l'accordo di pace fra Francesco Malaspina e il vescovo di Luni Antonio Nuvolone di Camilla. Da Sarzana, Dante viaggia fino a Genova, sino ai paesi e le città del Ponente ligure. Nella Divina Commedia, oltre a descrivere la costa e alcuni personaggi, lancerà pesanti invettive contro i genovesi.

 

 

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo 15 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


MARINA DI BARDI - ZOAGLI - UNA VILLA STORICA - SI CHIAMA LA QUIETE

 

MARINA DI BARDI - ZOAGLI 

UNA VILLA STORICA - SI CHIAMA "LA QUIETE"

 

Da molti anni ormai, ogni volta che percorro l’Aurelia, l’antica via consolare romana, per spostarmi da Rapallo a Chiavari, giunto a Marina di Bardi (Zoagli), il mio sguardo cade su una villa a picco sul mare che sfiora la sede stradale al centro di un’ampia curva.

L’ho sempre vista trascurata, come si può vedere nelle foto che mostro sotto: con le finestre chiuse, i muri sempre più sbiaditi dal tempo e senza mai notare una qualsiasi presenza umana nei dintorni.

 

 

Eppure, rifletto ogni volta: da ogni sua finestra che guarda il Golfo Tigullio si deve godere un’incomparabile vista capace di catturare la gioia, il pensiero e l’invidia di tanti turisti di passaggio. Il parco che s’intravede dalla AURELIA appare molto curato da un esperto giardiniere.

 

 

 

Fu in una particolare occasione di scarso traffico che rallentai l’auto per “studiarla” meglio, e notai due ancore “vere” appoggiate ai lati dell’ingresso su due piedistalli marmorei. Sono ancore del tipo HALL e da come sono esposte, intravidi la possibilità che la villa potesse avere una sua storia …

 

Le ancore di tipo Hall vennero ideate alla fine del XIX secolo e dimostrarono le loro ottime prestazioni in collaudi realizzati nel 1891 in Inghilterra e nel 1892 in Germania, tanto da essere ancora ampiamente utilizzate per le navi di numerose marinerie. Nelle ancore Hall, lo sforzo di trazione maggiore viene sopportato dai due orecchioni, consentendo di eliminare gli inconvenienti che si possono verificare nelle articolazioni basate su perni; l’assenza del ceppo, inoltre, presenta il grande vantaggio di facilitare le manovre per salpare l’ancora, semplificandone la sistemazione a bordo.

 

Passarono molti anni e quella mia curiosità ebbe finalmente una risposta tra le pagine di un libro di Agostino PENDOLA, nostro concittadino e apprezzato storico della Resistenza Partigiana Ligure locale e non solo della Seconda guerra mondiale.

 

Com’era…

 

 

 

Com’è oggi…

La villa si chiamava, e si chiama ancora LA QUIETE, in effetti da qui partì il primo segnale di “PACE” per la nostra città dopo cinque anni di guerra!

 

 

 

Da quanto si legge brevemente nella didascalia della foto di Agostino Pendola, in questa villa si decise tra il CNL (Comitato Nazionale di Liberazione) ed il Comando del contingente nazi-fascista (San Marco) di concedere il transito minaccioso della colonna da Rapallo verso Genova, con l’accordo che non ci sarebbero stati attacchi da ambo le parti. Mediatore di questa importante operazione di ritiro delle forze germaniche dal territorio italiano fu il console generale di Spagna che risiedeva, nei pressi di Zoagli, in questa villa misteriosa!

Occorre forse ricordare che nella Seconda guerra mondiale, la Spagna mantenne un atteggiamento diplomatico prudente: benché ideologicamente legato ai regimi nazifascisti di Germania e Italia. 

In quella giornata ruggente, era il 25 Aprile 1945, il giorno della liberazione, i tedeschi si arresero alla città di Genova!

 

A pag. 38 del libro di Agostino PENDOLA si legge:

Si arrivò così al 25 aprile. A Sant’Ambrogio della fucilazione dei patrioti (Muraglione antisbarco presso il porto di Rapallo) la sera prima non seppero nulla. “Quella mattina – continua – dalla galleria del Castellaro, verso Zoagli, sbucò una colonna di tedeschi. Arrivati sotto casa mia si fermarono, e il comandante prese alloggio in una villetta proprio sotto l’Aurelia. Io compresi che bisogna avvisare Rapallo del pericolo che correva, se i tedeschi avessero proseguito. Decisi di scendere, evitando il più possibile la strada principale. Arrivato in fondo alla salita trovai un amico insieme un tedesco; seppi dopo che si trattava di un austriaco. Parlava un po’ italiano, mi diede la sua pistola in segno di resa. In tre ci dirigemmo verso il Comune, dove trovai Giovanni Maggio con gli altri del CLN, nessuno era armato. Raccontai cosa avevo visto e loro mi dissero: va a vedere se sono disponibili a passare per Rapallo senza far danni, e noi non li disturberemo. Tornai indietro, sull’Aurelia di fronte alla villetta dei tedeschi c’erano alcuni militari e altre persone; io dissi ai tedeschi che dovevo parlare con il comandante. Qualcuno mi chiese se ero matto. Mi si avvicinò un tizio che mi chiese cosa volevo andare a fare. Dissi che avevo un messaggio dal CLN. Vista la mia determinazione, decise di venire con me. Seppi dopo che poteva essere il segretario del console Lindner. Entrammo nella casa e riferii al comandante, che parlava un pò l’italiano, la proposta di G. Maggio e del CLN. La persona che mi accompagnava e che parlava perfettamente il tedesco iniziò a esprimersi in quella lingua con l’ufficiale tedesco. Ho avuto l’impressione che il segretario del console facesse a sua volta da intermediario, ma ancora non conoscevo il tedesco, e non capii cosa si stessero dicendo. Va bene, rispose alla fine il tedesco.” I due uscirono, e il segretario disse a Persico che avrebbe provveduto a avvertire in Comune dell’accordo. E questo in effetti è quanto successe, i tedeschi passarono da Rapallo la sera, verso le 7 o le 8, proprio quando la guarnigione (nazista) genovese si arrendeva ai partigiani”.

Bertelloni-Canale

 

Avv. Giovanni MAGGIO fu il primo Sindaco del dopoguerra a Rapallo e Presidente Amministrazione Provinciale di Genova

 

 

Autore: Agostino PENDOLA

L’ECCIDIO DEL MURAGLIONE

E ALTRE STORIE DELLA RESISTENZA RAPALLESE

 © 2009 Gammarò editori – Sestri Levante www.gammaro.it info@gammaro.it ISBN-10: 88-95010-85-X ISBN-13: 978-88-95010-85-4 Questo libro è stato pubblicato con il contributo della Provincia di Genova.

 

Introduzione:

Continua, con questo libretto, la ricerca delle radici civili della nostra città che ho iniziato da qualche tempo. Tre anni fa, occupandomi della politica rapallese alla fine dell’Ottocento, ho voluto andare ai primi momenti della nostra lotta politica, ai primi dibattiti e alle prime polemiche, anch’esse infuocate come oggi, forse di più. Questa volta ho preferito arrivare più vicino a noi, alla Resistenza. Si dice Resistenza e si pensa subito alle montagne dell’Aveto e della Graveglia, all’Alta Fontanabuona, perché in effetti è lì che la guerra di Liberazione – nella Riviera Ligure di Levante - ha avuto i momenti più acuti, i rastrellamenti e le battaglie, i morti più numerosi. Le targhe che popolano le valli ce lo ricordano. È dalle formazioni che in quei luoghi combatterono che ha tratto origine la maggiore memorialistica partigiana. Naturalmente la Resistenza non si è combattuta solo sui monti, le SAP hanno portato la guerra nelle città, laddove i fascisti e i tedeschi si sentivano sicuri. Proprio a Rapallo qualche anno fa è stato proiettato un lungometraggio sul partigiano Pesce che a Milano animò una famosa Squadra d’Azione Partigiana. Anche questo è stato un aspetto della nostra Resistenza, un aspetto che si articolava con le bande sui monti, in un continuo travaso tra montagna e città. Di questo mi parlava anni fa un ex-partigiano, l’indimenticabile Ermanno Baffico scomparso di recente, quando raccontava di quando si incontrava a Genova con i suoi compagni di lotta delle Squadre repubblicane nei locali della Biblioteca Popolare Mazzini in via Garibaldi, per poi risalire la Valle del Bisagno per la Scoffera, altra zona di operazioni delle sue formazioni. Un film recente, premiato nei concorsi cinematografici, ha raccontato le vicende della Divisione Partigiana Osoppo, aderente al Partito d’Azione. Vicende di lotta fratricida con altre formazioni, vicende tristi, che pure sono state una parte della Resistenza. Queste storie, che in gran parte leggiamo nei libri o vediamo nei film, le abbiamo avute anche sulle nostre colline. Anche a Rapallo abbiamo avuto le Squadre d’Azione e c’è stata lotta – per fortuna non altrettanto cruenta come nel Nord-Est dove hanno operato i partigiani della Osoppo– tra le varie anime del movimento partigiano. Questo libro è nato per caso; partito dal desiderio di fissare alcuni avvenimenti, ho trovato altre notizie che mi hanno convinto a raccontare quello che a Rapallo non era mai stato raccontato. Ma questo libro non sarebbe stato possibile senza la mirabile ricerca di Vittorio Civitella sulla Brigate “Giustizia e Libertà” Matteotti, che operarono nell’alta Val Fontanabuona a partire dal giugno 1944. È stato proprio leggendolo che ho trovato la traccia per arrivare a ciò che finora mancava per raccontare quello che successe a Rapallo nella notte tra il 24 e 25 aprile con la fucilazione di sei partigiani a Langano, sul porto. È una vicenda che anche ai rapallesi non più giovani non è mai stata molto chiara. Su cosa sia successo veramente circolano varie versioni, tutte monche e largamente incomplete. La cosa non deve meravigliare, chi è morto non racconta, chi è sopravvissuto in genere non vuole ripercorrere momenti nei quali si è visto perduto. Eppure da qualche anno i documenti sono disponibili, documenti scritti sul momento da partigiani, oppure testimonianze raccolte e poi portate lontano. Danno un quadro abbastanza completo del più importante momento resistenziale di Rapallo, e l’ho messo deliberatamente all’inizio. Il titolo non è mio, proviene da una relazione scritta dieci anni dopo quella notte dal Dott. Manlio Piaggio che ho largamente utilizzato nella seconda parte del capitolo, una testimonianza di prima mano di chi in quei mesi non si nascose ad attendere che passasse la bufera. È un titolo che rende perfettamente chiaro cosa successe. Tuttavia i documenti trovati a Genova non sarebbero stati completi senza l’apporto del figlio di un fucilato (ma sopravvissuto). Filippo Carlotti è partito da quel poco che gli aveva raccontato suo padre, per cercare una storia abbozzata, per rintracciare altri protagonisti. Dal confine con la Svizzera, da dove era partito suo padre, a Tradate, paese di un altro partigiano, ha raccolto una documentazione che da solo mai avrei raggiunto. Scorrendo le note si noterà come che gran parte del materiale non proviene da Rapallo, con l’esclusione di alcune fotografie fornite da parenti degli uccisi, o di testimonianze quando si tratta di interviste. A chi ha fornito il materiale va il mio ringraziamento. Ma per il testo, i documenti che sono alla base di questo lavoro provengono quasi tutti da archivi non cittadini. Genova naturalmente, ma non solo. Su questo fatto si potrebbe riflettere un momento: Rapallo è una città che non conserva la memoria. O, se la conserva, non la rende disponibile a chi la usa. Il cattivo esempio lo danno le istituzioni, a partire dal comune. L’archivio storico cittadino, vera miniera di atti, documenti e quant’altro serve per scrivere la storia, è conservato nei fondi di un palazzo, la sua consultazione è lasciata alla disponibilità del responsabile. Perfino la raccolta del MARE che con i suoi limiti potrebbe sopperire alle altre deficienze, non è più consultabile a causa delle cattive condizioni dei volumi. Andremo alla Biblioteca Universitaria di Genova per leggere il MARE? Dove peraltro la raccolta non è completa. Per fortuna non è sempre e ovunque così. L’Istituto della Resistenza a Genova, non solo conserva la documentazione, ma ha personale preparato e sempre disponibile. Per questo lavoro è stato molto utile e a loro va il mio ringraziamento. Come va a chi ha sacrificato una parte del suo tempo per raccontarmi cosa sapeva, i fatti di cui era stato testimone, perché anche gli altri sappiano. Ma soprattutto la riconoscenza di noi rapallesi deve andare a chi è salito in montagna in quei giorni, a chi non ha lasciato che la liberazione del nostro Paese avvenisse solo per l’azione di forze esterne, ma ha voluto che il riscatto nascesse da noi stessi.

 

 

Questo articolo, nato per caso da una semplice curiosità dell’autore, si è sviluppato lungo una ricerca che mi ha portato a riscoprire le sofferenze dei nostri genitori e di tutti i concittadini rapallesi che hanno visto trasformare la loro PACIFICA OASI DI TERRA TURISTICA in un campo di battaglia infernale! A tutti loro vada il nostro pensiero!

Ho riportato interamente la INTRODUZIONE del libro di Agostino PENDOLA in quanto tocca alcuni punti che ancora ci fanno riflettere; uno tra tutti, a noi tanto caro, è l’importanza documentale attribuita alla rivista IL MARE che vide la luce nel lontano 1908 ed è tuttora in “servizio attivo” come unico testimone oculare che tocca da sempre il cuore e la coscienza di Rapallo.

 

 

RINGRAZIO lo storico rapallese Agostino PENDOLA per averci consegnato i suoi “studi” sui quali rifletteremo e ne faremo sempre tesoro!

 

 

 

Seguono alcuni articoli della Seconda guerra mondiale che riguardano il nostro territorio, e sono stati pubblicati sul sito di Mare Nostrum Rapallo:

 

PIPPO” VENIVA DAL MARE    di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/pippetto/

 

BOMBE SU RAPALLO. COME ERAVAMO   di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/rapallo-come-eravamo/

 

LA MIA GUERRA   di Ada Bottini

https://www.marenostrumrapallo.it/la-mia-guerra/

 

GAZZANA PRIAROGGIA GIANFRANCO, UN RAPALLESE D'ADOZIONE   di Maurizio Brescia

https://www.marenostrumrapallo.it/pria/

 

IL PICCOLO P/FO LANGANO SFIDO' LA KRIEGSMARINE  di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/langano/

 

MATHAUSEN-RAPALLO - STORIA DI UN PILOTA GENOVESE   di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/da-mathausen-a-rapallo/

 

CARMELO DE SALVO REDUCE DAI LAGER NAZISTI    di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/la-storia-di-carmelo-de-salvo-reduce-dai-lager-nazisti/

 

IL CANNONE DELLE GRAZIE       di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/grazie/

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 7 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Piroscafo BARON GAUTSCH - Un naufragio che si poteva evitare

 

 BARON GAUTSCH

Un naufragio che si poteva evitare

 

Fu definito: IL RELITTO PIU' FAMOSO DELL'ADRIATICO

 

Il 28 giugno 1914 - a Sarajevo, l'arciduca Francesco Ferdinando, erede del trono di Austria e Ungheria, fu ucciso con la moglie da un serbo. Questo avvenimento fece esplodere le tensioni internazionali e l'Austria dichiarò guerra al Regno di Serbia determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee per il gioco delle alleanze tra i vari stati.

Il 27 Luglio 1914 - le Autorità militari austriache, per far fronte al trasporto di truppe e merci, requisirono molte imbarcazioni tra cui il piroscafo passeggeri BARON GAUTSCH.

 

Il 9 Agosto 1914 - Il BARON GAUTSCH, dopo un breve periodo di navigazione militarizzata, ricevette l’ordine di riprendere i suoi viaggi di linea regolari in Adriatico, ma con equipaggio civile.

 

 

 

Il piroscafo BARON GAUTSCH ormeggiato al Molo San Carlo di Trieste

 

 

Il "Baron Gautsch" era una delle navi passeggeri più moderne del Lloyd Austriaco, con il suo scafo in acciaio.

  • Varata nel 1908 nel cantiere Gourlay Brothers & Company di Dundee in Scozia

  • lunghezza 84,55 m.

  • larghezza 11,6 m.

  • altezza 7,5 m.

  • stazza lorda  2069 tonnellate

  • stazza netta (861)

  • quattro caldaie a tre forni per ognuna

  • equipaggio 64 membri

  • trecento passeggeri

Era dedicato al barone Paolo de Gautsch de Frankerrthurm, presidente del governo e del CONSIGLIO IMPERIALE del Parlamento di Vienna alla fine del XIX secolo.

 

 

IL DRAMMA

Come accennato sopra, terminata la sua breve attività come nave militarizzata austriaca, il piroscafo Baron Gautsch sbarcò il comandante della Marina Militare Austriaca e lo sostituì con il comandante triestino Paolo Winter della Marina Mercantile per riprendere la sua abituale attività come nave passeggeri di linea scalando i porti: Trieste, Pola, Lussinpiccolo/Lussingrande, Zara, Spalato, Lesina, Gravosa, Castelnuovo e Cattaro.

 

Una bella immagine satellitare delle riparatissime Bocche di Cattaro

 

Le Bocche di Cattaro, sono costituite da ampi valloni fra loro collegati che si inseriscono profondamente nell'entroterra come fiordi. Prendono il nome dalla città di Cattaro.

Caratterizzate da profondi bacini perfettamente riparati dal mare aperto, le bocche di Cattaro costituiscono uno dei migliori porti naturali del Mar Mediterraneo. Grazie a questa caratteristica, unitamente alla facile difendibilità, furono un importante punto strategico illirico, greco e quindi romano e bizantino. Per tre secoli la Repubblica di Venezia e poi l’Impero austro-ungarico hanno costituito una munitissima quanto inespugnata base navale militare.

 

 

Cattaro era il capoluogo dell’Albania Veneta considerata dal punto di vista strategico un punto importantissimo per il controllo dell'Adriatico e per contrastare l'espansione ottomana. 

 

 

Il piroscafo BARON GAUTSCH lasciò le Bocche di Cattaro (Montenegro) il pomeriggio del 12 Agosto 1914 ed era atteso a Trieste dopo circa 23 ore di navigazione.

Il 13 agosto del 1914, salpò dal piccolo porto di Lussingrande, Veli Lošinj in croato, per raggiungere Trieste con 300 persone a bordo, tra equipaggio e passeggeri.

“Vedendo il grande piroscafo lungo oltre 85 metri che si dirigeva verso la zona minata, l’equipaggio del posamine Basilisk lanciò prontamente l’allarme, ma tanto i marinai quanto i passeggeri a bordo del Baron Gautsch interpretarono questi segnali come un caloroso benvenuto”.

 

 

 

Rovigno

 

Giunto a 9 miglia al largo di Rovigno (Istria) il comandante Paolo Winter, evidentemente ignaro dell’insidiosa presenza di campi minati austriaci sulla sua rotta, andò inesorabilmente incontro al peggiore naufragio che possa accadere: colare a picco in brevissimo tempo senza avere la minima possibilità di organizzare una, seppur improvvisata, operazione di salvataggio d’emergenza.

Tutto questo successe: Alle 15.45, il piroscafo cozzò contro una mina e, in pochissimi minuti, affondò trascinando con sé 130 passeggeri, molti dei quali donne e bambini”.

I passeggeri imbarcati erano stimati intorno ai 310-350, i superstiti furono 190, i morti circa 130, ma furono rinvenuti non più di 30 corpi. I sopravvissuti furono condotti a Pola e ricoverati; il primo gruppo di naufraghi giunse in porto a Trieste la sera del 14 agosto a bordo del piroscafo “Adriana” della Società Istria-Trieste.

Col senno di poi, qualcuno avrà certamente ipotizzato che sarebbe stato più prudente affiancare i due Comandanti (militare e civile) per alcuni viaggi di addestramento e conoscenza degli ordigni posizionati in quelle acque dalla stessa Marina Austriaca.

 

Dal sito Atlante Guerra riportiamo:

L’affondamento ebbe pesanti strascichi giudiziari. Il capitano Winter, che si salvò su una scialuppa, fu accusato di codardia assieme a molti marinai che avrebbero pensato più a salvare sé stessi che a soccorrere i civili a bordo. In realtà, la maggior parte delle scialuppe non riuscì neppure ad essere calata in acqua per la cattiva manutenzione. Cattiva manutenzione che, secondo la difesa, andava imputata alla passata gestione da parte della Marina Militare.

Ma la vicenda più incredibile riguarda i giubbotti salvagente che avrebbero potuto salvare decine e decine di vite, e che era stati chiusi a chiave nei cassetti. Il comandante si giustificò spiegando che la decisione si era resa necessaria perché i passeggeri di terza classe li rubavano per usarli come cuscini. Alla fine del processo, gli ufficiali furono tutti assolti e nessuno di loro ebbe la minima ripercussione sulla carriera. 

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

Piroscafo 

BARON GAUTSCH

 

 

 

 

 

 

Il relitto del "Baron Gautsch", che fu scoperto all’inizio degli anni ’50, è giustamente considerato il più bello di tutto l’Adriatico. Si trova ad Ovest dell’arcipelago di Brioni in Croazia, a circa 6 miglia a Sud-Ovest del faro di San Giovanni in Pelago.

Lo scafo della nave è ancora in buono stato di conservazione e giace in assetto di navigazione, appoggiato su un fondale di sabbia e fango di circa 40 metri.

Sulla fiancata di sinistra del relitto c’è una grande falla circolare di circa due metri di diametro, che si trova proprio sulla linea di galleggiamento della nave, ed è il punto in cui avvenne l'urto con la mina.

Dei grandi saloni adornati in legno oggi è rimasta solamente la struttura esterna, mentre le superfici di alcuni ponti in legno sono ancora presenti, ma sono abbastanza pericolose perché possono crollare da un momento all’altro.

Sulla prua della nave si vedono bene il grosso argano salpa ancore a vapore e le due grandi ancore che si trovano ancora al loro posto dentro agli occhi di cubia.

Il ponte di comando del piroscafo, che era in legno, ormai non esiste più e la parte più alta del relitto è il tetto del ponte di prima classe, che si trova a circa 28 metri di profondità.

 

 

Per gli appassionati di questa materia, si segnala il sito:

 

CROAZIA – RELITTO “BARON GAUTSCH”

http://www.marpola.it/logbook/20.%20Baron%20Gautsch.htm

 

 

Carlo GATTI

Rapallo 5 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


L’AMMIRAGLIO ANDREA DORIA NEL TIGULLIO

 

L’AMMIRAGLIO ANDREA DORIA

NEL TIGULLIO

Una battaglia navale che ci è stata tramandata oralmente…

 

 

                                                                             Foto di Monica Patané

 

Al servizio di Francesco I

Andrea Doria e la sua flotta riuscirono, ancora una volta, a prendere il mare prima che arrivassero i nemici.

Trovato rifugio nella roccaforte dei Grimaldi a Monaco, l'ammiraglio iniziò a compiere una serie di colpi di mano contro le coste occupate dagli spagnoli, passando da un successo all'altro e riuscendo pure ad evitare che Marsiglia, accerchiata dagli imperiali, si arrendesse.

Durante il periodo in cui Andrea Doria serviva la corona francese, il golfo del Tigullio divenne teatro di una delle sue audaci operazioni navali. Sfruttando la copertura della notte e la conoscenza dei venti locali, il Doria guidò le sue galee in un attacco a sorpresa contro una flotta di galeoni spagnoli ancorata tra Santa Margherita Ligure, Rapallo e Portofino. La battaglia fu breve ma intensa: alcuni vascelli furono catturati, mentre altri incendiati sotto il fuoco incrociato. Questo episodio dimostra ancora oggi l’abilità che ebbe l’Ammiraglio genovese nel coordinare attacchi fulminei sfruttando al massimo le condizioni ambientali a suo favore.

Le vittorie di Doria furono inutili. Nel 1525 Francesco I perse la cruciale battaglia di Pavia, fu catturato e trasportato a Madrid. 

 

Ritratto di Andrea Doria (Oneglia)Opera di Sebastiano del Piombo

 

 

Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno - Opera del Bronzino

 

 

ANDREA DORIA è stato un ammiraglio, politico e nobile italiano della Repubblica di Genova.

Nascita30 novembre 1466, Oneglia, Imperia 

Morte25 novembre 1560, Genova 

Partner: Peretta Usodimare, Alfonso I del Carretto

Luogo di sepoltura: Chiesa di San Matteo (Genova)

DinastiaDoria

In carica1531 – 1560

Madre: Caracosa Doria di Dolceacqua 

 

Andrea Doria non lasciò figli e la sua eredità venne raccolta da Gianandrea, figlio dell'erede prediletto Giannettino (ucciso dai Fieschi nel 1547).

 

 

Andrea Doria raffigurato sul prospetto principale del Palazzo San Giorgio

 

Andrea Doria è una figura centrale nella storia navale del XVI secolo. Le sue imprese militari si sono svolte principalmente nel Mediterraneo, dove le sue abilità tattiche e la sua capacità di cambiare alleanze gli permisero di giocare un ruolo determinante negli equilibri di potere tra le grandi nazioni europee, in particolare tra Francia e Spagna, riflettendo le complesse dinamiche politiche dell’epoca.

 

Galeone spagnolo del XVI secolo

 

 

Un galeone del XVI secolo era lungo mediamente 40-42 mt (o più) per una larghezza d'una decina di metri. I galeoni avevano da tre fino a cinque alberi e in genere l'albero di trinchetto (prodiero) possedeva tre vele quadre, la più grande era la vela di trinchetto, seguita dal parrocchetto e dal velaccio di trinchetto.

 

Una ventina di anni fa, lo storico rapallese Pierluigi Benatti mi raccontò di una epica battaglia che si svolse nel golfo Tigullio tra Portofino e Rapallo. Andrea Doria, venuto a conoscenza di una flotta di galeoni spagnoli all’ancora nel Tigullio, li sorprese all’alba, ne catturò una parte e ne affondò le restanti.

Secondo la sua narrazione, la strategia tipica di A. Doria includeva operazioni all’alba per cogliere il nemico impreparato, una tattica che gli permise di ottenere numerosi successi.

In merito alla specifica battaglia nel golfo del Tigullio, purtroppo non ci sono molte fonti dettagliate  e disponibili che descrivano esattamente un episodio con le caratteristiche che P. Benatti mi menzionò. Tuttavia, è noto che Andrea Doria, durante il periodo in cui era al servizio di Francesco I di Francia (a partire dal 1522), condusse diverse operazioni contro le flotte spagnole e barbaresche, spesso sfruttando sia la sorpresa sia la velocità delle sue galee.

 

 

Le navi del Principe

 

Andrea Doria era famoso per le sue tattiche innovative, tra cui l’uso delle galee leggere e manovrabili che potevano attaccare rapidamente e ritirarsi altrettanto velocemente.

Questo approccio era particolarmente efficace contro le più lente e pesanti navi da guerra spagnole. L’uso della sorpresa e degli attacchi all’alba era, come abbiamo appena accennato, una componente chiave delle sue operazioni, come testimoniano molte delle sue campagne di successo.

Anche se il racconto specifico di P. Benatti non è facilmente reperibile, questa descrizione è in linea con le modalità operative di Andrea Doria che seppe sfruttare con grande maestria l’importanza strategica della costa ligure durante le guerre del XVI secolo, e come il grande ammiraglio abbia influenzato le sorti di questi conflitti attraverso operazioni audaci e ben pianificate.

 

 

GALEA GENOVESE

 

 

Galea Genovese in rada a Genova, in posizione di "sosta breve" (pronta a partire con breve preavviso).
Notare i remi alzati, non perchè si preparasse a vogare ma perchè in quel particolare "assetto" non c'era posto per poterli ricoverare lungonave e nemmeno in posizione "trasversale" così venivano tenuti fuori bordo, assicurati ai banchi di voga.

 

 
Un telone ricopre tutta la nave riparando l'equipaggio da sole, pioggia, freddo (a seconda dei casi). I rematori riposano sui banchi di voga, dormendo come possono.....

Galea o galera è un'ampia tipologia di navi da guerra e da commercio, usata nel Mar Mediterraneo per oltre tremila anni, spinta dalla forza dei remi e talvolta dal vento, grazie anche alla presenza di alberi e vele: il suo declino cominciò a partire dal XVII secolo, quando venne progressivamente soppiantata dai velieri, estinguendosi definitivamente alla fine del XVIII secolo.

La struttura leggera e affilata, e la propulsione a remi la rendeva veloce e manovrabile in ogni condizione; le vele quadre o latine permettevano di sfruttare il vento quando favorevole.

La struttura leggera ed affilata era però un handicap in quanto non permetteva di montare cannoni in batteria (come i galeoni e le altre navi a propulsione velica del tempo) riducendo l'armamento ad un solo piccolo "pezzo" a prora e qualche "innocua" spingarda. Era quindi una nave usata solo per lo speronamento e l'abbordaggio ma che rischiava di essere affondata da una "bordata" ben diretta.

In quaranta metri di lunghezza poteva "ospitare" 200 rematori ed altrettanti soldati armati.

Non era quindi una nave adatta a lunghi viaggi senza scali intermedi ma bensì per la navigazione costiera e la guerra di corsa.

 

Ricostruzione a grandezza naturale, vista da prora - Galata Museo del mare. Si vede il cannone prodiero due armigeri e una spingarda.

 

 

LUCIANA GATTI

Centro di studio sulla tecnica, Genova

http://geca.area.ge.cnr.it/files/302569.pdf

 

ARMI DA FUOCO SULLE IMBARCAZIONI GENOVESI

NELLA PRIMA META’ MODERNA

 

Clicca tre volte su  VISTA - "ingrandisci"

 

 

 

 

 

Esempi di Battaglie e Operazioni Navali condotte dall’ammiraglio Andrea Doria

 

La Battaglia di Capo d’Orso (1528)

Ad Amalfi, presso Capo d’Orso, si combatté il 28 aprile 1528 una battaglia navale (detta anche “della Cava” o “d’Amalfi”) tra le navi di Filippino Doria e quelle spagnole comandate dal marchese del Vasto.

 

                                                                        George Loring Brown – Vista d’Amalfi, Baia di Salerno

 

Una delle battaglie più famose in cui Doria giocò un ruolo cruciale. Durante questa battaglia, la flotta francese, comandata da Doria, sconfisse una flotta spagnola, rafforzando il controllo francese sul Mediterraneo occidentale.

                                                   

Gli Spagnoli, alle sei galere (CapitanaGobbaVillamarinaPerpignanaCalabreseSicana) avevano aggiunto due fuste, due brigantini e molte barche, che erano state armate con materiale e personale tolto al presidio di Napoli, sicché potevano sperare d’assalire in forze superiori le otto galere di Filippino, prima che giungessero i promessi aiuti veneziani. Il Doria, avvertito in tempo, mosse risolutamente contro gli assalitori, ma, accortosi d’essere più debole, ricorse a uno stratagemma: ordinò al suo luogotenente Lomellino di simulare la fuga appena giunto a tiro del nemico, e di prendere il largo con le sue tre galere, ritornando poi a tempo opportuno per investire di fianco. Gli Spagnoli, dopo avere poco efficacemente sparato sugli avversari, mossero all’abbordaggio, e già due galere di Filippino erano state conquistate, quando le unità del Lomellino attaccarono secondo il previsto, determinando la completa vittoria. Quattro galere e due brigantini spagnoli furono presi o colati a fondo, e 1400 uomini circa uccisi o messi fuori di combattimento; da parte di Filippino nessuna unità perduta e caduti circa 500 uomini.

La battaglia di Capo d’Orso è l’unico combattimento di notevole importanza, che ricordi la storia nella prima metà del secolo XVI tra squadre di popoli civili.

 

 

La Presa di Genova (1528)

Il Doria rifiutò la Signoria della città, preferendo lasciare ad alcuni "Riformatori" la stesura di una nuova costituzione. Savona fu la prima vittima della rinata Repubblica: il suo porto fu distrutto ed interrato, ed i genovesi provvidero a potenziare la fortezza del Priamar per dominare la città, che non si riprese più. La Compagna Communis cessò di esistere e fu istituita la Repubblica di Genova con questo nome; furono resi ancora più importanti gli "Alberghi", liste di "iscrizione" alla nobiltà della Città, riconosciute dal governo.

 

 

Svolta filospagnola di Andrea Doria e Ricostruzione del Dominio genovese da 1528 al 1530

 

Nel 1528, Andrea Doria, l’influente ammiraglio e politico genovese, cambiò alleanza, abbandonando il re di Francia Francesco I per entrare al servizio dell'imperatore Carlo V di Spagna. Questa mossa strategica fu cruciale per l'esito degli eventi a Genova. Doria, con il supporto della flotta spagnola, riuscì a sollevare la città contro il dominio francese. La popolazione genovese, stanca del controllo francese e delle sue imposizioni, si ribellò. Doria sfruttò abilmente il malcontento diffuso e la sua reputazione per guidare la rivolta. La flotta spagnola, insieme alle forze di Doria, assediò la città, costringendo i francesi a ritirarsi. Dopo la cacciata dei francesi, Genova passò sotto l'influenza spagnola, ottenendo una certa autonomia sotto la protezione dell'Impero. Questo cambiamento politico permise a Doria di instaurare un governo oligarchico, con un nuovo sistema di governance che consolidò la sua posizione di potere e rafforzò l'indipendenza di Genova rispetto alle altre potenze europee. Il voltafaccia di Doria e la conseguente presa di Genova segnano un momento cruciale nella storia della città, dando inizio a un periodo di rinnovata prosperità e stabilità sotto la protezione spagnola.

 

 

La Difesa di Corfù (1537)

 

 

Nel 1537, l'isola di Corfù, sotto il controllo della Repubblica di Venezia, fu minacciata da un'imponente flotta ottomana comandata da Khayr al-Din Barbarossa. Andrea Doria, al servizio dell'imperatore Carlo V, giocò un ruolo cruciale nella difesa dell'isola. Consapevole della superiorità numerica della flotta ottomana, Doria mise in atto una strategia difensiva ingegnosa e coordinata. Egli rafforzò le difese costiere e organizzò una serie di pattugliamenti navali per monitorare i movimenti del nemico. Le sue abilità nella guerra navale e la sua capacità di mantenere alto il morale delle truppe furono determinanti. Nonostante i ripetuti attacchi degli Ottomani, Doria riuscì a mantenere le linee di difesa intatte, infliggendo gravi perdite agli assalitori. La resistenza eroica delle truppe veneziane e genovesi, supportata dall'esperienza tattica di Doria, impedì agli Ottomani di conquistare l'isola. La difesa di Corfù dimostrò la competenza di Doria nel gestire operazioni navali complesse e la sua capacità di coordinare efficacemente le forze alleate. Questo successo non solo consolidò la reputazione di Doria come uno dei più grandi ammiragli del suo tempo, ma contribuì anche a mantenere l'equilibrio di potere nel Mediterraneo, proteggendo gli interessi veneziani e dell'Impero. La difesa di Corfù nel 1537 rimane un esempio lampante di strategia militare e di resistenza contro un nemico formidabile.

Intorno agli Anni 1522-1525, sebbene già legato in precedenza al fronte filospagnolo, Andrea Doria si mise al servizio della Francia: le sue galee si battevano a fianco di quelle di Francesco I e A. Doria arrotondava con i proventi della cattura delle navi nemiche, spagnole o barbaresche, e il riscatto dei prigionieri.

 

L’Importanza strategica del Golfo del Tigullio

 

Le insenature di levante del Promontorio di Portofino offrono riparo alle imbarcazioni con i venti di Tramontana, Maestrale e Libeccio

 

Quella parte del Tigullio, situata tra Portofino e Rapallo, aveva un’importanza strategica notevole. Questo tratto di costa ligure offriva, anche allora, ripari naturali che erano vitali per le operazioni navali. La conoscenza approfondita di questi luoghi da parte di Andrea Doria gli conferiva un vantaggio significativo rispetto ai suoi avversari, spesso meno familiari con le insidie della costa ligure.

 

 

Immaginaria Battaglia nel Tigullio

A questo punto, anche senza una documentazione precisa della battaglia, si può tentare di descrivere la battaglia nel golfo del Tigullio basandosi sulle “classiche” tattiche di Andrea Doria.

Riproponiamo brevemente il quadro storico:

Durante il periodo in cui Andrea Doria serviva la corona francese, il golfo del Tigullio divenne teatro di una delle sue audaci operazioni navali. Sfruttando la copertura della notte e la conoscenza dei venti locali, Doria guidò le sue galee in un attacco a sorpresa contro una flotta di galeoni spagnoli ancorata tra Santa Margherita Ligure e Rapallo. All’alba, le navi spagnole furono colte di sorpresa. La battaglia fu breve ma intensa: alcune navi furono catturate, mentre altre affondarono sotto il fuoco incrociato….

 

Andrea Doria era abilissimo nel coordinare “colpi di mano micidiali” sfruttando al massimo le condizioni ambientali a suo favore.

Quello era il suo mare, la tramontana notturna era il suo vento preferito, ed il servizio di spionaggio terrestre (vedette appostate ovunque) e le perlustrazioni marittime ravvicinate, lo informavano costantemente circa:

- La presenza di imbarcazioni spagnole in perlustrazione intorno al Promontorio di Portofino.

- Le eventuali precauzioni prese dagli spagnoli per respingere attacchi di sorpresa tra cui:

a) Cannoni e artiglierie in posizione e pronti a sparare.

b) Consistenza di soldati armati in coperta

c) Posizione e prontezza delle attrezzature marinaresche (alberi e vele)

Presumibilmente, valutate tutte le informazioni, Andrea Doria, sfruttando il vento di terra, fece compiere alla sua flotta un’ampia curva verso il largo per poi rientrare nel golfo del Tigullio da levante onde poter procedere speditamente, in “linea di  fianco”, mettendo la prua di ogni galea su un bersaglio designato da colpire a distanza ravvicinata.

Possiamo soltanto immaginare gli effetti di tale sorpresa: caos totale a bordo delle navi spagnole. Fuoco e fiamme, urla che coprono gli ordini degli ufficiali, marinai che si tuffano in mare. I vascelli sono tutti impossibilitati a salpare le ancora nel tentativo di scappare e a reagire alle cannonate delle imbarcazioni genovesi.

Possiamo immaginare le galee di Andrea Doria che dopo il primo attacco ai remi, si dividono, accostando una parte verso il mare e l’altra verso terra, compiendo un circolo e ripresentandosi in “linea di fianco” per terminare il “lavoro chirurgico” con un secondo e definitivo attacco micidiale, che non è più di sorpresa ma solo un atto predatorio che frutterà la vittoria ed un eccellente bottino per i genovesi.

 

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

Oneglia - Casa Natale di Andrea Doria

 

 

 

Oneglia - Vicino alla Basilica di San Giovanni Battista e al Mercato Andrea Doria, scendendo verso il mare si trova l'edificio dove nacque Andrea Doria. C'è una targa commemorativa del grande Ammiraglio.

Oneglia - Mercato Andrea Doria MCMXXX

 

 

 

ANDREA DORIA A GENOVA

 

PALAZZO DORIA PAMPHILJ - VILLA DEL PRINCIPE

 

 

 

GENOVA - La chiesa di San Matteo

 

E’ un edificio religioso cattolico del centro storico di Genova, fa parte del vicariato “Centro Est” dell’arcidiocesi di Genova. Si affaccia sull’omonima piazza, che nel Medioevo era il centro dell'insediamento della famiglia Doria, e rappresenta forse l'angolo meglio conservato della Genova medioevale. La chiesa è formalmente ancora oggi Abbazia dei Doria.

 

GENOVA - La cripta di Andrea Doria

 

Andrea Doria è ricordato come uno dei membri più importanti della famiglia, se non il più importante. Alla sua morte, il Montorsoli venne incaricato di realizzare la cripta del capitano, insignito del prestigiosissimo titolo di "Defensor" per le sue azioni a protezione della cristianità. Lo spazio fu ricavato al di sotto dell'altare della chiesa. Per accedervi si scende per uno scalone di marmo bianco, lo stesso che ricopre completamente l'ambiente. Al centro si trova la tomba del principe, un sarcofago sormontato da due angeli a circondarne l'effige.

Il marmo bianco ricopre le pareti della cripta che ancora oggi ospita il sepolcro di Andrea Doria.

 

 

I palazzi dei Doria a Genova (foto sotto), si trovano nella zona della Chiesa di S. Matteo in pieno centro storico

 

 

 

 

 

 

 

SAN FRUTTUOSO DI CAMOGLI

 

 

 

LE TOMBE DEI DORIA

 

 

 

 

La cripta all'interno dell'Abbazia di San Fruttuoso con le tombe dei Doria come si presentavano prima del restauro conservativo operato dal Fondo Ambiente Italiano nel 1983.

Dal livello inferiore del chiostro si accede al profondo vano a volta concesso ai Doria dai monaci come sepolcreto. 


Le tombe nobiliari, nelle quali alloggiano le salme di alcuni importanti membri della famiglia Doria morti tra il 1275 e il 1305, sono in marmo bianco e pietra grigia alternati nella tipica bicromia ligure.

Sono disposte a schiera sui tre lati del vano e sono costituite da arche in muratura singole o a coppie, in gran parte con epigrafi, sormontate da arcosoli a sesto acuto sorretti da colonnine in marmo con tettuccio a capanna.


Oltre alle tombe della famiglia Doria, nella cripta sono presenti le tombe delle sorelle Maria e Caterina Avegno, eroine di San Fruttuoso, ivi sepolte per disposizione degli stessi principi Doria. 

 

 

 

 

Riferimenti:

 

ANDREA DORIA

https://www.treccani.it/enciclopedia/andrea-doria_(Dizionario-Biografico)/

 

ANDREA DORIA

https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Doria

 

ANDREA DORIA – STORIA LOCALE - PORTOFINO

https://www.portofinoamp.it/storia-locale/andrea-doria

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 23 Maggio 2023