PREMESSA:
Il seguente “sàggio du belin”… é dedicato all’AMICO Comandante Nunzio Catena di Ortona il quale, avendo navigato a bordo di navi genovesi, capisce ed ama il nostro dialetto fino al punto di chiedermi una ricerca anche “limitata” sull’argomento. Ho cercato di accontentarlo inizialmente con un po’ di ritrosia poi, all’improvviso, mi é venuto in mente una lettura studentesca di molti anni fa: Marco Valerio Marziale 38-104 d.C. (ed altri) – gli epigrammi proibiti che mi sono andato a rileggere sul web. Devo confessarvi che: “MA BELIN”… al confronto é un giochetto da educande…
Giusto per non confondere la lana con la seta, gli antichi latini usavano il termine MENTULA al posto del nostro….
MA BELIN…!
L’argomento é serio… per tale motivo partiamo da modelli scientifici consolidati per poi arretrare verso i “recanti” della storia ed infine per calarci nella quotidianità con quelle espressioni che esplodono dalle viscere sanguigne così vicine alle nostre radici storiche e territoriali.
La nota guida del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari, Giancarlo Boaretto introduce l’argomento così:
“Attenzione qui siamo in presenza di uno strumento a lunga gittata che può lasciare conseguenze…”.
Capìta l’antifona… i liguri presenti scoppiano in una folle risata…!
Il Comandante Ernani Andreatta racconta: “Che cos’è? Ma c’era, il fax, molto tempo fa? Non c’era, però state a sentire qualcosa che molta gente non sa e così, poi, glielo potrete raccontare. In Francia, quasi un secolo fa, l’ingegnere Edouard Belin inventò un congegno che trasformava l’elettricità in segni di scrittura o di disegno. Così, in pace, e purtroppo in guerra, fu usato per trent’anni, e inviava i suoi messaggi per tutta la terra. Quel fax antico, come si chiamava? È il belinografo!”
Trovandoci in un Museo Marinaro, ci viene in mente quella nave passeggeri che, negli Anni ’20, portava il nome di Albert Ballin il quale fu il primo armatore che pensò di realizzare navi dedicate esclusivamente alle crociere. Albert Ballin fu Direttore Generale della Compagnia di Navigazione Hapag (divenuta nel 1970 Hapag-Lloyd dopo la fusione con la grande rivale Norddeutscher Lloyd).
Rientrando velocemente nel tema, stiamo pensando a tutti quei marittimi genovesi di quegli anni che, incrociando quel transatlantico in oceano, avranno sicuramente pronunciato il suo nome alla genovese, forse per sentirsi un po’ a casa…
La Albert Ballin in navigazione
L’occasione della visita al Museo Marinaro ci offre l’occasione d’introdurre un argomento un po’ particolare; infatti, col successo del comico genovese Maurizio Crozza in televisione e in teatro, l’intercalare genovese BELIN viene usato senza risparmio anche due o tre volte nella stessa frase sollevando molte curiosità e altrettante domande da parte di chi ligure non é. Pertanto, non indugeremo oltre sul Belinografo, ma ci concentreremo sull’intercalare genovese BELIN che si presta a molti significati e a svariate interpretazioni che cercheremo di riassumere in seguito. Ma ora, come é nostra abitudine, partiamo da lontano con alcune ipotesi storiche sulle origini di questo termine.
BELIN … nella Storia!
1° Ipotesi
“Belin”, rappresenta l’imprecazione, l’esclamazione più usata nel dialetto genovese, potendo assumere tono affermativo, risentito, solenne, stupito, iroso, sconsolato, beffardo, e altro ancora.
Sentiamo cosa ne pensa l’illustre etimologo E. Mori:
“occorre seguire contemporaneamente il filone storico e quello psicologico, perché i popoli hanno, in materia di parole, una loro psicologia. Una regola psicologica ci dice che in nessuna lingua l’organo maschile è indicato con un diminutivo. Gli antichi dizionari ricollegavano belin al greco balanos (glande) ed era, psicologicamente, una stupidaggine perché gli antichi liguri non avevano di certo aspettato i greci per dare un nome al loro pisello! Però un fondo di vero c’era e già un linguista del 1940 ricollegava belin al dio fenicio Baal, individuando una radice indeuropea che con bal indicava la divinità in genere. Ed infatti per i Galli la loro divinità (Henri Dontenville, Mythologie française) era un essere che era Padre e Figlio ad un tempo. Come Padre, si chiamava Belenus; equivaleva sostanzialmente ad Apollo, era il grande dio solare originariamente adorato dalle popolazioni pre-indoeuropee. In qualità di Figlio era sentito come più vicino alla terra, in qualche modo legato alle pietre, agli alberi e alle acque; si chiamava Gargano.
Il territorio francese, per limitarci a questo, è costellato di luoghi il cui nome si collega etimologicamente a quello di Belenus (Bel o Belen in francese) o di Gargano. Si tratta, a seconda dell’evoluzione fonetica delle varie zone, di Balan, Blesme, Belfait (l’albero di Bel), Montbelair, Baleine, Blaine, Ballons, Corblin (la pietra di Belin), Blainville, Belmont, Montbel… Si tratta delle antiche roccheforti dei Galli, Gergobina e Gergovie; a Guérande, il castello Gorgon; si tratta di fiumi: Gorganne, Gorgonne, Gargonne, Gargonde; di alture: Gargatte, Jariatte… Non è raro che i due nomi si affianchino; oppure – e può essere ancor più sintomatico – non lungi dal luogo che richiama Belenus, sopravvive (o sopravviveva fino a poco tempo fa) una leggenda popolare il cui eroe è un gigante perlopiù chiamato Gargantua.
È quindi certo che nell’area francese-provenzale-ligure il termine belin era diffuso per indicare la divinità. In Val Varaita vi è il paese Bellino, quasi certamente riconducibile alla stessa origine (Belin, Belinium, Belinius, nom d’homme gaulois ou de divinité. Charles Rostaing, “Dictionnaire des noms de lieux”, Ed. Larousse p.68). La dimostrazione del collegamento tra belin genovese e divinità galliche è data dal fatto che in francese esiste la parola antica beliner proprio con il significato di “scopare”. È vero che tutti gli etimologisti francesi dicono che la parola deriva da belin, termine che fin dal medioevo indica il montone, ma si sono dimenticati che nella preistoria, quando vi erano ancora i culti totemici, l’animale totem di un popolo dava il nome anche al dio, o viceversa (giove, giovenco, juvenes, ecc.).
Quindi la tesi probabile al 90% è che la parola genovese belin derivi dall’antica parola dei galli-liguri Belenus”.
2° Ipotesi
Maria Elena Dagnino, cogoletese, é stata professoressa di italiano e latino nei licei per 40 anni. Ora é docente per l’Unitre di Arenzano Cogoleto, di cui é socia storica.
Secondo la studiosa, l’intercalare ebbe origine dal popolo dei Celti.
Al lettore eccessivamente sensibile e di gusti alquanto raffinati consigliamo di fermarsi sull’uscio di Paolino… Un scito do belin!
Da cui accogliamo e pubblichiamo le seguenti espressioni dialettali più comuni
“A belin de can”: “a ca… di cane” (si dice d’ogni cosa sgraziata, mal costrutta).
“Sottî comme i péi do belin de ‘na mosca”: “sottile come i peli del c… di una mosca”.
“Açimentâ o belin”: “cimentare, irritare il c…”: (annoiare, infastidire)
– Eguale significato hanno le espressioni:
“Menâ, ronpî, sciaccâ, sgarbellâ, spellâ, sussâ, tiâ o belin“: “mungere/menare, rompere, schiacciare, scalfire, sbucciare, succhiare, tirare il c…”.
“Avéi o belin inverso (o inböso)”: essere in gran collera, essere di malumore.
“Avéine o belin pin”: essere all’ estremo limite della pazienza, o averlo superato.
“Battisene o belin (inti schéuggi)“: non darsi pensiero, non preoccuparsi, fregarsene (negli scogli)
– Ma chi è accusato a torto di ciò, può controbattere:
“In sce ‘n ‘articiòcca”: “su un carciofo”; che non è cosa di poco conto.
“Fâ di discorsci do belin”: “fare dei discorsi (o ragionamenti) del c…” (cioè sciocchi, futili).
“Fâ rîe o belin”: si dice di parole o decisioni molto sciocche.
Levâse co-o belin amâo”: “alzarsi col c… amaro” svegliarsi di cattivo umore.
“No distingoe o belin da-a còrda”: non avere nessuna capacità speculativa.
“Portâ via o belin”: andarsene bruscamente.
“Rataieu da belin”: “trappola da c…” (si riferisce a donna decisamente non casta).
“Tocâse o belin co-a camîxa“: “toccarsi il c… con la camicia” (mostrarsi straordinariamente casto o schizzinoso, affettare modi esageratamente raffinati)
“Travaggio do belin”: “lavoro del c…” (impresa ardua, ma anche – secondo i casi – lavoro molto facile, sciocco).
“Un belin che te neghe”: “un c… che ti strozzi” (esclamazione imprecativa).
“O deve avéi o belin a manego de paegoa”: “deve avere il c… a manico d’ ombrello” così si ipotizza a proposito di persona dalle forme tutt’altro che armoniose; spesso, anche di chi, andando alla toilette, bagna tutt’attorno).
Locuzioni riferite a un pene di iperboliche dimensioni:
“Un belin ch’o pâ un figieu picin ch’o rîe”: “un c… che pare un bambino piccolo che ride”.
“Un belin che se ti gh’apendi un cavagnin, o pâ un figieu ch’o vadde a l’azilo”: “un c… che se gli appendi un cestino, pare un bimbo che va all’asilo”.
“Un belin che se ti ghe metti ‘na beretta o pâ un garaventin”: “un c… che se gli metti una berretta pare un garaventino” (cioè un marinaretto della Nave Scuola Garaventa).
Espressioni allusive:
“O l’à a mêz’asta”: “l’ha a mezz’asta” (è incapace d’erezione).
“O l’à coscì picin, che se o dâ da mangiâ a un gatto de venardì, o no fa manco pecòu”: “l’ha così piccolo che se lo dà da mangiare a un gatto di venerdì (evidentemente quando era ancora prescritto il magro) non fa neppure peccato”.
“Ti te l’æ mâi visto a-o ciæo da lùnn-a? “: “te lo sei mai visto al chiaro di luna?” (espressione usata nei confronti di chi formula una richiesta assurda, pretende impresa irrealizzabile).
“Òmmo picin tutto belin”: “uomo piccolo tutto c….” (a confronto dell’uomo non dotato di imponente statura).
“Chi l’à ciù gròsso de mi, l’à gonfio”: “chi l’ha più grosso di me, l’ha gonfio”.
“Cangiâ l’ægoa a-o canâio”: “cambiare l’acqua al canarino” (orinare).
“Pociâ o beschéutto”: “inzuppare il biscotto” (avere un rapporto sessuale).
CONCLUSIONE
Non possiamo terminare questa nostra stravagante escursione … senza elencare i principali sinonimi di Belin:
Affare, Anghilla, Anghæzo, Beschéutto, Canâio, Canetta, Canociâle, Cantabrùnn-a, Caròttoa, Ciciòllo, Manubrio, Macacco, Nenne, Oxello, Pigneu, Pistòlla, Pinfao, Radiccia, Suchin.
Per ovvi motivi estetici… mi scuso per la mancata pubblicazione di foto sull’argomento!
CARLO GATTI
Rapallo, 26 Aprile 2018