RMS QUEEN MARY - UNA NAVE DAL FASCINO ANTICO, MA CON LE MISURE DI UNA NAVE MODERNA
RMS QUEEN MARY
Una delle navi più grandi e lussuose del suo tempo, con una lunghezza di oltre 300 metri e una capacità di 2000 passeggeri.
E’ stata, ed è tuttora una delle navi più iconiche del 20° secolo, la Queen Mary è una vera meraviglia dell'ingegneria marittima tuttora visitabile come Nave Museo a Long Beach (USA).
La Queen Mary a New York
La RMS Queen Mary, simbolo indiscusso dell'eleganza e della potenza marittima, rappresenta non solo un traguardo tecnico senza precedenti, ma anche un emblema storico che ha solcato gli oceani con grande imponenza, ma con estremo coraggio e partecipazione nelle varie fasi della sua lunga vita. Questa nave passeggeri, varata nel 1934, ha incantato il mondo durante un'epoca in cui i viaggi transatlantici erano un sogno che si avverava. Con una storia ricca di successi, dai record di velocità, come il prestigioso Nastro Azzurro, a un ruolo cruciale durante la Seconda Guerra Mondiale come nave militare, la Queen Mary ha dimostrato di essere molto più di un semplice mezzo di trasporto. Da vecchio Comandante, posso attestare la sua smisurata presenza in mare: ho avuto il privilegio di vederla navigare, e l'impatto che ha avuto su di me è indelebile. Oggi, rendendo omaggio a questa straordinaria nave, esploreremo non solo le sue meraviglie ingegneristiche, ma anche il suo inestimabile contributo alla storia marittima e culturale.
L'amore che gli inglesi nutrono per la RMS Queen Mary è testimoniato dalla sua straordinaria preservazione come nave museo a Long Beach, California. Questa scelta non è solo un tributo a un'epoca gloriosa, ma una volontà di mantenere viva la memoria di un simbolo che ha attraversato generazioni.
La Queen Mary non è soltanto una nave; è un monumento vivente che racconta storie di viaggi avventurosi, incontri indimenticabili e il fascino di un'era irripetibile. La sua presenza nelle acque di Long Beach offre a visitatori di tutte le età l'opportunità di immergersi in un’epoca di eleganza e innovazione.
Non meno affascinante è il suo ruolo nella cultura popolare: la Queen Mary ha fatto da sfondo a numerosi film iconici e ha ispirato pagine di letteratura marinara, diventando così un personaggio a sé stante.
Questa nave ha vissuto due vite distinte—quella come ammiraglia dei mari e quella come custode della memoria storica—e chissà, con l'evoluzione della tecnologia, potrebbe persino essere pronta per una terza vita quando le navi voleranno nei cieli come astronavi.
In ogni caso, la Queen Mary rimarrà sempre una tappa fondamentale e iconica nella storia navale, un’eredità di cui l’umanità non potrà mai fare a meno.
Descrizione generale |
|
Tipo |
transatlantico |
Proprietà |
Cunard-White Star Line(1936-1949)
|
Porto di registrazione |
Liverpool |
Ordine |
3 aprile 1929 |
Costruttori |
John Brown & Company |
Cantiere |
Clydebank, Scozia |
Impostazione |
1º dicembre 1930 |
Varo |
26 settembre 1934 |
Entrata in servizio |
27 maggio 1936 |
Intitolazione |
Maria di Teck, regina consorte del Regno Unito |
Radiazione |
1º dicembre 1967 |
Destino finale |
trasformata in albergo, ristorante, museo |
Caratteristiche generali |
|
Stazza lorda |
81 237 tsl |
Lunghezza |
311 m |
Larghezza |
36 m |
Altezza |
55 m |
Pescaggio |
11,9 m |
Velocità |
30 nodi - 29,5 velocità di crociera - 32,6 nodi velocità massima registrata nodi |
Equipaggio |
1.101 |
Passeggeri |
2.139: 776 prima (cabina) classe, 784 classe turistica, 579 terza classe. |
UN PO’ DI STORIA
La QUEEN MARY è stata costruita dai cantieri John Brown & Company a Clydebank, in Scozia. La nave è partita per il suo viaggio inaugurale da Southampton a New York il 27 maggio 1936, sotto la guida del Commodoro Sir Edgard T. Britten. Sempre nel 1936, ha vinto il Nastro Azzurro per la sua velocità di 30,14 nodi, ma nel 1937 ha perso il titolo a favore del transatlantico francese NORMANDIE. Tuttavia, nel 1938, ha riconquistato il Nastro Azzurro con una velocità di 30,99 nodi, mantenendo il primato fino al 1952, quando è stata superata dalla SS "UNITED STATES".
Con l'inizio della Seconda guerra mondiale, la QUEEN MARY è partita il 1º settembre 1939 verso New York. All'arrivo, però, ha ricevuto l'ordine di rimanere in porto, per non diventare un obiettivo facile per i sottomarini tedeschi.
Nel 1940, la nave ha fatto rotta per Sydney, dove è stata trasformata in nave da trasporto truppe. È stata verniciata di grigio e ha preso il soprannome di "Fantasma Grigio". Tutti gli arredi e i tappeti sono stati rimossi, e sono state aggiunte batterie anti-aeree. Durante la guerra, ha trasportato più di 800 mila soldati.
Nel dicembre 1942, mentre viaggiava dall'America all'Inghilterra con un numero record di 16.082 soldati americani (il massimo mai imbarcato su un’unica nave), è stata colpita da un’onda anomala alta 28 metri che quasi l’ha rovesciata. Winston Churchill l’ha usata in diverse occasioni durante quegli anni, e ci sono diversi oggetti appartenuti a lui in mostra nei tour della nave.
E’ il 20 Giugno 1945 - LaQUEEN MARY con la livrea militare sta entrando nel porto di New York con migliaia di soldati americani.
Nel quadro grande - la RMS QUEEN MARY militarizzata.
Ingrandendo l’immagine si nota il cavo magnetico anti-mine che parte dall’ancora di posta e corre lungo la murata di sinistra verso poppa. Lo strumento viene chiamato “degaussing”.
L’Opera è del pittore di marina Marco Locci, compianto membro della nostra Associazione per circa 30 anni.
Dopo la guerra, la Queen Mary subì un importante refitting (con una sistemazione interna per 711 passeggeri di prima classe, 707 di seconda e 577 di terza) e prestò servizio sulle linee transatlantiche.
Il 27 settembre 1967, portava a termine la sua millesima traversata atlantica.
L'ultimo viaggio, iniziato da Southampton il 31 ottobre dello stesso anno, si concluse a Long Beach, dove la gloriosa nave, venduta alla città californiana, fu trasformata in un museo, ristorante e hotel galleggiante.
Gran parte dei macchinari, tra cui 1 delle 2 sale macchine, 3 delle 4 eliche e tutte le caldaie, furono rimosse. La nave è quotata al Registro Nazionale dei Luoghi Storici.
Il National Trust for Historic Preservation
ha accettato la "Queen Mary" come parte degli Historic Hotels d’ America.
I modelli in scala dei due famosi Liners (sister Ship)
QUEEN MARY e QUEEN HELIZABETH realizzati da John Brown & Company.
Il Ponte di Comando della Queen Mary nel 2005
Il transatlantico Queen Mary a Long Beach, California, USA nel 2009
Queen Mary di notte a Long Beach
Fotografia della Queen Mary scattata nel 2010 a Long Beach
La Stazione Radio della Queen Mary in versione aggiornata
Il Ponte Sole di dritta, 1972
La nave offre sistemazioni in tre classi, due piscine interne, parrucchieri, biblioteche, negozi, mini-club per bambini, servizio telefonico e canili. Il salone da pranzo di prima classe si estendeva su tre ponti in altezza. Nella sala da pranzo principale, un modello della nave, regolarmente spostato, indicava la posizione su una grande mappa dell'Oceano Atlantico.
ALCUNE IMMAGINI DEGLI INTERNI DELLA QUEEN MARY A
LONG BEACH
Il “GRAN SALON”. – Nello sfondo il murale su cui il modello di cristallo della RMS QUEEN MARY segna il percorso compiuto ogni giorno.
Il Bar panoramico che fu allargato dopo il 1967
QUEEN MARY e QUEEN HELIZABETH
Le Sister Ships della Cunard Line con un destino diverso
La Rms Queen Elizabeth navigò anch’essa come bastimento di lusso sulla rotta Southampton-New York, per oltre vent'anni.
Impostata dalla John Brown & Company nella metà degli anni trenta, venne varata il 28 settembre 1938 quattro anni dopo la sua sister ship.
Il disegno era stato migliorato rispetto alla sua simile Rms Queen Mary e, essendo leggermente più grande di quest'ultima, divenne la nave più grande dell'epoca, un record che durò 56 anni.
La Queen Elizabeth in servizio come nave trasporto truppe con la livrea grigia. La nave fece anche servizio postale come membro del servizio espresso.
Entrò in servizio nel febbraio 1940 come trasporto truppe nell'ambito delle azioni della Seconda guerra mondiale; solo a partire dall'ottobre 1946 iniziò il suo effettivo compito di transatlantico.
Alla fine degli anni sessanta, a seguito della ridotta popolarità dei viaggi transoceanici, la Queen Elizabeth e la Queen Mary vennero tolte dal servizio e sostituite dalla più moderna Rms Queen Elizabeth 2.
Il relitto semicapovolto della Queen Elizabeth a Hong Kong
Fu venduta e passò di mano in mano; l'ultimo proprietario fu Tung Chao Yung, un imprenditore di Hong Kong che cercò di farne un'università galleggiante. Nel 1972, al termine di un lungo viaggio di trasferimento verso il porto di Hong Kong, la nave prese misteriosamente fuoco e si capovolse; tra il 1974 e il 1975 venne parzialmente demolita.
LE DUE SISTERS SHIPS A CONFRONTO
QUEEN HELIZABETHCaratteristiche generali |
|
Stazza lorda | 85 000 tsl |
Lunghezza | 314 m |
Larghezza | 36 m |
Altezza | 71 m |
Pescaggio | 11,6 m |
Equipaggio | 1 200 |
Passeggeri | 2 283 |
Lunghezza | 311 m |
Larghezza | 36 m |
Altezza | 55 m |
Pescaggio | 11,9 m |
Velocità | 30 nodi - 29,5 velocità di crociera - 32,6 nodi velocità massima registrata nodi |
Equipaggio | 1 101 |
Passeggeri | 2 139: 776 prima (cabina) classe, 784 classe turistica, 579 terza classe. |
QUEEN MARYCaratteristiche generali |
|
Stazza lorda | 81 237 tsl |
Lunghezza | 311 m |
Larghezza | 36 m |
Altezza | 55 m |
Pescaggio | 11,9 m |
Velocità | 30 nodi - 29,5 velocità di crociera - 32,6 nodi velocità massima registrata nodi |
Equipaggio | 1 101 |
Passeggeri | 2 139: 776 prima (cabina) classe, 784 classe turistica, 579 terza classe. |
La classifica delle navi passeggeri più grandi del mondo
1900/2003
Immagine | Periodo detenzione record |
Transatlantico | Stazza lorda (tonnellate) | Capacità di carico (persone) | Note | |
Questa è la moderna versione RMS Queen Mary 2 | dal 25 settembre 2003 | MS Queen Mary | 148528 | 3873 | ||
1972 - 25 settembre 2003 | RMS Queen Mary | 81237 | 3240 | |||
27 settembre 1938 - 1972 | RMS Queen Elizabeth | 85000 | 3483 | |||
29 ottobre 1932 - 27 settembre 1938 | SS Normandie | 79280 (poi 83423) | 3317 | |||
20 giugno 1914 - 29 ottobre 1932 | RMS Majestic | 56551 | 3384 | |||
23 maggio 1912 - 20 giugno 1914 | SS Imperator | 50000 | 3547 | |||
15 aprile 1912 - 23 maggio 1912 | RMS Olympic | 46359 | 3547 | |||
31 marzo 1911 – 15 aprile 1912 | RMS Titanic | 46328 | 3547 | |||
20 ottobre 1910 – 31 marzo 1911 | RMS Olympic | 46000 | 3547 | |||
20 settembre 1906 – 20 ottobre 1910 | RMS Mauretania | 31938 | 2967 | |||
7 giugno 1906 - 20 settembre 1906 | RMS Lusitania | 31550 | 3048 | |||
1894 – ... | Lucania | 13000 |
La classifica delle navi da crociera più grandi del mondo
OGGI
1-Symphony of the Seas (lunghezza 362,15 metri) nella foto
2-Harmony of the Seas (lunghezza 362 metri)
3-Oasis of the Seas/Allure of the Seas (lunghezza 360 metri)
4-Spectrum of the Seas (lunghezza 348 metri)
5-Quantum / Anthem / Ovation of the Seas (lunghezza 347 metri)
CONCLUSIONE
La RMS QUEEN MARY incarna l'eleganza e il fascino dell'epoca d'oro della navigazione transatlantica, pur essendo dotata delle dimensioni e delle comodità moderne. Questa nave simboleggia un'epoca in cui il viaggio per mare rappresentava un'esperienza lussuosa e memorabile, contrapposta alla rapidità e alla funzionalità dei viaggi odierni. Mentre il passato evocava un senso di avventura e scoperta, caratterizzato da dettagli artigianali e un servizio impeccabile, l'era moderna si focalizza su efficienza e comfort pratico. La Queen Mary, quindi, diventa un ponte tra due mondi: conserva l'eredità storica e culturale della navigazione, pur adattandosi alle esigenze contemporanee. La sua bellezza senza tempo ci invita a riflettere su come i viaggi, sia ieri che oggi, continuino a unire le persone, offrendo un rifugio dall'ordinario e un momento di meraviglia.
Carlo GATTI
Rapallo, 18 Novembre 2024
CANALE DI KIEL
CANALE DI KIEL
Veduta aerea della città di KIEL
Quando l’argomento di conversazione si sofferma sui Canali artificiali Navigabili che hanno cambiato le rotte delle navi, rendendole più brevi ed economiche, si parla generalmente di Suez, Panama, Corinto, Canal du midi e quasi mai del Canale di Kiel che, da ricerche effettuate, pare sia attraversato nei due sensi da un numero di navi anche superiore a quello dei più blasonati Canali citati.
Il Canale di Kiel collega il Mar Baltico con il Mare del Nord, rappresentando una delle opere ingegneristiche più significative del XIX secolo. Sebbene abbia agevolato il commercio marittimo in Europa e avuto un impatto profondo sulla strategia navale della Germania, rimane relativamente sconosciuto. Uno dei motivi di questa scarsa notorietà è la sua specificità geografica e il contesto storico in cui è stato costruito. Mentre i canali di Panama e Suez attraggono l'attenzione globale per la loro capacità di rivoluzionare il commercio marittimo a livello mondiale, il Canale di Kiel è essenzialmente una via d'acqua regionale. Inoltre, la sua costruzione avvenne in un periodo in cui le innovazioni tecnologiche si concentravano su progetti più ambiziosi e visibili. In questo saggio, esploreremo non solo la storia e l'importanza del Canale di Kiel, ma anche i motivi che ne hanno limitato la fama e la conoscenza, al fine di mettere in luce il suo fondamentale ruolo nel panorama marittimo europeo.
UN PO’ DI STORIA…
Fu inaugurato il 21 giugno 1895 da Guglielmo II, nipote dell'imperatore Guglielmo I che ne ordinò invece la costruzione. Il suo nome in origine fu Kaiser-Wilhelm-Kanal ed i lavori si svolsero in 8 anni con l'impiego di 9.000 operai. Venne allargato tra il 1907 e 1914 su ordine della Marina Militare Tedesca, infatti già lo scopo iniziale della sua creazione era quello di collegare le basi della flotta tedesca del Mar Baltico con quelle del Mare del Nord, senza dover appunto circumnavigare la Danimarca. Nel 1919, con il Trattato di Versailles, il Canale di Kiel venne internazionalizzato unitamente al fiume Reno, all'Oder, al Danubio e all'Elba.
Era presente anche l’Italia …
Accadde il 20 giugno 1895: Inaugurato il Canale di Kiel
Giovedì - Viene inaugurato il Canale di Kiel con una solenne cerimonia cui partecipano formazioni navali di numerose nazioni con quasi cento navi da guerra e seguita da una rivista navale passata dal Kaiser Guglielmo II sul panfilo reale Hohenzollern.
Per l’Italia partecipa la Squadra Speciale al comando dell’ammiraglio Tòmaso di Savoia duca di Genova sul panfilo reale Savoia e costituita dalle corazzate Re Umberto, Sardegna, Ruggero di Lauria, Andrea Doria, dagli arieti torpedinieri Stromboli e Etruria e dagli incrociatori torpedinieri Aretusa e Partenope. La formazione italiana lascerà Kiel il 24 giugno per fare rientro a Napoli il 1° agosto, dopo soste a Friedrichshafen e in alcuni porti britannici della Manica.
Fonte: Marina Militare
LE CARTE GEOGRAFICHE ORIENTATIVE
Il Canale si trova su una stretta baia (Kieler Förde) a cuneo (in basso sassone kiel) del più ampio golfo di Kiel. La grande città più vicina è Amburgo, a circa 90 km a sud-ovest, mentre Lubecca dista 80 km in direzione sud-est.
Il Canale, tramite il quale si evita la circumnavigazione della penisola dello Jutland con un risparmio di 280 miglia (519 km), è la via d’acqua oggi più utilizzata. Fortemente voluto dalla Marina germanica, collega le sue basi nel Baltico a quelle del Mare del Nord evitando il periplo della Danimarca.
In altre parole…
Si tratta di un canale artificiale, chiamato Nord-Ostsee-Kanal, che permette di raggiungere Kiel partendo da Brunsbuttel, (vedi foto sopra e sotto) e naturalmente il viaggio contrario, senza dover circumnavigare la penisola dello Jutland come abbiamo appena visto. Praticamente collega il Mare del Nord al Mar Baltico con un viaggio che si concretizza in soli 100 Km, anziché 520 Km.
Il canale di Kiel (in tedesco Nord-Ostsee Kanal o NOK) è un canale artificiale in Germania settentrionale; lungo 98 chilometri, si trova alla base della penisola dello Jutland e, procedendo in direzione nordest-sudovest, collega le città di Kiel, sul mar Baltico, e Brunsbüttel sul mare del Nord.
Chi ha navigato in quei mari del Nord Europa conosce perfettamente le difficoltà legate allo scontro delle correnti marine tra il Kattegat e Skagerrak, ai venti e alle nebbie nei canali stretti tra la Svezia Meridionale e la Danimarca. Se poi si calcola il risparmio di tempo e di carburante risulta chiaro quanto sia economica la scelta di questa opzione nautica che vede ogni anno il transito di oltre 30.000 navi. Questo include navi commerciali, petroliere, e imbarcazioni da diporto.
Dimensioni: Il canale è lungo circa 98 chilometri e ha una larghezza di 102 metri in alcune sezioni. È profondo fino a 13 metri, permettendo il passaggio di navi di grande tonnellaggio.
Importanza economica: È un'importante arteria per il commercio marittimo, contribuendo significativamente all'economia tedesca e europea, facilitando il trasporto di merci tra diversi porti.
Navi militari: Il canale è anche utilizzato dalle forze navali, essendo una via strategica per le navi della NATO.
Nel 2024 sono stati ultimati importanti lavori strutturali nel Canale di Kiel che consentono il passaggio di navi di ultima generazione purché rispettino le dimensioni massime consentite. Per quanto riguarda i costi del servizio di pilotaggio, le tariffe variano in base alla dimensione della nave, al tipo di imbarcazione e alla lunghezza del transito. Generalmente, i costi possono variare da alcune centinaia a diverse migliaia di euro.
LE CHIUSE DEL CANALE DI KIEL
Brunsbuttel
All'inizio del Canale ci sono alcune chiuse, costruite per evitare che la marea modifichi il livello dell'acqua all'interno dello stesso. Le sue dimensioni sono: circa 100 Km di lunghezza, larghezza 162 metri a livello della superficie dell'acqua e 90 metri sul fondo, profondità 13 metri. E' molto trafficato, vi transitano più navi che in quello di Panama e di Suez, tanto che non è raro vedere le navi a poca distanza (poche centinaia di metri) una dall'altra. I dati del 2005 sono di 56.964 navi nel Canale di Kiel, 14.011 in quello di Panama e 18.193 in quello di Suez. In realtà si tratta di numero di transiti, perché invece il primato per le tonnellate ed i materiali trasportati spetta agli altri due. La navigazione dura circa 7 ore ed è soprattutto di genere commerciale. Verso Ovest sono dirette materie prime (petrolio e derivati, carbone, acciaio e legname), mentre verso Est transitano container e prodotti finiti.
ALBUM FOTOGRAFICO
da TripAdvisor
Il Ponte
ARTICOLI SUL CANALE DI KEEL
Wikipedia
CANALE DI KEEL
https://it.wikipedia.org/wiki/Canale_di_Kiel
DIFESA
Quaderni Marinari. (molto interessante)
https://www.quadernimarinari.it/2010/02/il-canale-di-kiel/
INFORMAZIONI MARITTIME
https://www.informazionimarittime.com/post/la-germania-punta-sul-canale-di-kiel
Google Art & Culture
https://artsandculture.google.com/entity/m04f95?hl=it
Per I Velisti
https://www.yacht.de/it/viaggi-e-noleggi/germania/canale-di-kiel-la-guida-nok-definitiva-per-i-naviganti/
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MEMORIALE NAVALE DI LABOE
KIEL
Il Memoriale navale di Laboe (Marine-Ehrenmal Laboe), conosciuto anche come Torre di Laboe, è un memoriale situato a Laboe, vicino a Kiel, nello Schleswig-Holstein, in Germania.
STORIA
Costruito dal 1927 al 1936, il monumento voleva celebrare originariamente i MARINAI della Kaiserliche Marine morti durante la Prima guerra mondiale, e successivamente al 1945 anche i caduti della Kriegmarine nella Seconda guerra mondiale.
Nel 1954 infine il monumento venne definitivamente dedicato a tutti i marinai di ogni nazionalità periti durante le due guerre mondiali.
La torre fu disegnata dall'architetto Gustav August Munzer, il quale dichiarò che la forma non fu pensata per rappresentare qualcosa di specifico, ma solo per ispirare sensazioni positive in chi la guarda. Il monumento è frequentemente associato allo stelo di una nave vichinga o alla torre di un sommergibile.
Struttura
Il monumento consiste in una Torre alta 72 metri con in cima un punto di osservazione sul tetto, situato ad un totale di 85 metri sul livello del mare, raggiungibile con 2 ascensori oppure con una salita di 341 gradini.
Il Monumento al Marinaio d’Italia situato a Brindisi (costruito in epoca fascista negli anni 1932-1933) assomiglia in parte alla torre di Laboe. (foto sotto)
Ai piedi del memoriale vi è un Museo Navale, che ripercorre tra l'altro la storia del sottomarino nazista U-995, ultimo esemplare rimasto al mondo degli scafi di classe U-Boot Tipo VII.
U-Boot Tipo VII C - sommergibile tedesco (**)
Lunghezza fuori tutto 67,10 m scala 1:50
Sommergibili oceanici a semplice scafo con controcarene esterne e casse di immersione principali all'interno dello scafo resistente, costruito in acciaio al carbonio dello spessore di circa 22 mm. Gli ultimi battelli prodotti avevano una profondità di sicurezza di 280 metri, pari a 2/5 della quota di schiacciamento, ma hanno raggiunto anche i 400 metri di profondità per sfuggire alla caccia nemica.
I battelli del tipo VII, con alcune varianti, furono costruiti in circa 700 esemplari e costituirono il nerbo della flotta sottomarina tedesca. Di essi, ben 437 furono affondati in combattimento con la perdita quasi totale dei loro equipaggi.
In base ad un accordo dell'aprile 1943, nove battelli, con la torretta modificata tipo "42" vennero ceduti all'Italia in cambio di altrettanti battelli italiani di stanza a Bordeaux che sarebbero stati impiegati per missioni di trasporto con l'Estremo Oriente, ma dopo la dichiarazione di armistizio l'accordo decadde e tutte le unità tornarono alla Marina tedesca.
In cinque tavole: piano di costruzione, vista di fianco, vista dall'alto, sezione longitudinale, sezioni orizzontali e n. 11 sezioni trasversali. La vista di fianco mostra la torretta nella versione originale del 1940, illustrando anche la variante del 1944 con un impianto quadrinato e due impianti binati, tutti scudati, di mitragliere da 20 mm.
UN GRAVISSIMO PROBLEMA CHE SI RIPERCUOTE SUI TRASPORTI MARITTIMI DI TUTTO IL MONDO
3 Ottobre 2024
Dal novembre 2023 la vicenda degli houthi dello Yemen si è intrecciata alla guerra fra Israele e Hamas a Gaza, soprattutto in seguito agli attacchi alla navigazione commerciale nella regione del Mar Rosso da parte del movimento politico e armato yemenita sostenuto dall'Iran.
– La guerra degli Houthi - YEMEN
Gli attacchi marittimi degli Houthi dallo Yemen, iniziati nel 2016 e intensificatisi con la guerra Israele-Hamas, sono diventati un problema di sicurezza globale. Un problema, però, che rischia di danneggiare innanzitutto gli obiettivi degli Stati Uniti: stabilizzazione mediorientale e contenimento della Cina. Il Mar Rosso, che congiunge l’Oceano Indiano al Mediterraneo, è decisivo per gli equilibri energetici e commerciali mondiali: tutte le potenze –tranne l’Iran, che sostiene e arma gli houthi- hanno dunque interesse alla stabilità del quadrante.
Eppure solo gli Stati Uniti che nel Mar Rosso hanno rafforzato la presenza militare già prima del 7 ottobre – rischiano qui il logoramento strategico: la deterrenza di Washington si è finora rivelata insufficiente. Infatti, gli houthi continuano a lanciare attacchi “in solidarietà a Gaza” verso il territorio d’Israele e contro obiettivi commerciali e militari in navigazione. E nessuna risposta militare USA è seguita, neppure quando navi militari statunitensi si sono trovate nel mezzo, intercettando i droni lanciati dallo Yemen.
Attacchi e sequestri
Gli attacchi sono in crescita per numero e complessità. Secondo il Comando Centrale USA (Centcom), gli houthi hanno sferrato il 3 dicembre scorso quattro attacchi contro navi commerciali, nelle acque internazionali del Mar Rosso, stavolta a un passo dal Bab el-Mandeb. Il cacciatorpediniere USS Carney che pattugliava l’area ha risposto alle richieste di soccorso delle navi abbattendo tre droni: “non è chiaro” se essi fossero indirizzati contro la nave USA. L’attacco multiplo è durato ore e ha coinvolto quattordici paesi considerando proprietà delle imbarcazioni, merce trasportata e bandiera. Gli houthi hanno rivendicato l’attacco “contro due navi israeliane”, ma solo una di esse avrebbe un legame con un cittadino israeliano.
Dal 19 novembre scorso, gli houthi hanno sequestrato il cargo “Galaxy Leader”, di proprietà di un uomo d’affari israeliano: la nave è ora trattenuta al porto di Hodeida (città controllata dagli houthi) insieme ai venticinque uomini dell’equipaggio. Nel 2022, gli houthi sequestrarono per quattro mesi una nave cargo degli Emirati Arabi Uniti, “Rawabi” sempre nel Mar Rosso meridionale, con undici uomini d’equipaggio. La nave, partita dall’isola yemenita di Socotra di e diretta in Arabia Saudita, trasportava secondo Abu Dhabi un ospedale da campo.
ARTICOLI CORRELATI
LA GUERRA IN YEMEN È UN ORRORE DIMENTICATO, MA CONTINUA
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ShipMag.SHIPPING MAGAZINE
ECONOMIA E FINANZA SHIPPING E LOGISTICA
La crisi di Suez e gli effetti sul trasporto marittimo: cosa sta succedendo sul mercato.
24 Febbraio 2024 - Helvetius
https://www.shipmag.it/suez-canale-crisi-traffici-marittimi/
A ricordo del nostro caro socio e compianto amico Maurizio Brescia che ci ha lasciati il 20 luglio 2022, pubblichiamo un suo articolo sul sommergibile di Portofino nel quale racconta del U-BOOT Tipo VII C di Kiel.
Con Maurizio se n’è andato un pezzo importante del mondo della storiografia militare italiana ed in particolare uno dei più attenti e affidabili ricercatori nell’ambito della storia navale del XX secolo, ben noto anche all’estero per i suoi moltissimi lavori pubblicati.
Uomo di grandissima cultura e spiccata giovialità, Maurizio sapeva apprezzare la vita e mal sopportava le limitazioni imposte dal suo stato di salute negli ultimi tempi.
Ciao Maurizio! Sei sempre tra noi!
Il sommergibile di Portofino
Alla ricerca
dell’U455
https://www.marenostrumrapallo.it/portofino-uboot/
A cura di Maurizio Brescia
in collaborazione con
www.betasom.it
Carlo GATTI
Rapallo, 1 Novembre 2024
PETROLIERA ERIKA - CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA
PETROLIERA ERIKA
CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA
L’ERIKA è stata una petroliera monoscafo battente bandiera (di comodo) maltese noleggiata dalla TOTAL e naufragata il 12 dicembre 1999 nel Golfo di Biscaglia al largo di Penmarch, in Bretagna.
L’ERIKA fu costruita nel 1975 in Giappone dai cantieri Kasado-Docks Ltd. di Kudamatsu codice scafo n° 2841. Originariamente chiamata Shinsei Maru, era la seconda di una classe di otto navi identiche costruite tra il 1974n e il 1976. Lunga 184 metri e suddivisa in 14 tanche, l’Erika era concepita come vettore versatile di prodotti petroliferi (grezzo e raffinato). Si componeva di tredici cisterne, di due linee di manutenzione e due cisterne di decantazione (ovvero cisterne adibite alla raccolta di residui oleosi, slop-tank). Era classificabile come "pre-MARPOL", essendo dotata di scafo semplice e non disponendo di cisterne di zavorra separata. La sua portata lorda era di 37.283 tonnellate, aveva un pescaggio di 11 m. ed era alimentata da un motore di 13.200 CV nella parte poppiera che le permetteva una velocità di 15 nodi. Il suo equipaggio era composto da 26 persone.
Durante la sua carriera ha modificato otto volte nome e armatore, tre volte bandiera, tre volte Società di Classificazione, e quattro volte gestore nautico.
Tipo |
petroliera |
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Proprietà |
Tevere Shipping Co. Ltd. |
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Registro navale |
RINA |
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Porto di registrazione |
Valletta, (Malta) |
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Costruttori |
Kasado-Docks Ltd. |
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Cantiere |
Kudamatsu (Giappone) |
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Varo |
1975 |
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Radiazione |
1999 |
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Destino finale |
naufragata il 12 dicembre 1999 al largo della Bretagna |
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Caratteristiche generali |
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Stazza lorda |
37,283 DWT |
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Lunghezza |
184,03 mt |
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Larghezza |
28,05 mt |
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Pescaggio |
11,027 mt |
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Propulsione |
Un motore Diesel Sultzer con potenza di 13.200 CV, una elica |
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Velocità |
15,2 nodi |
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Capacità di carico |
37.283 (tpl) |
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Equipaggio |
26 persone |
YouTube
IL NAUFRAGIO DELLA PETROLIERA
ERIKA
https://www.youtube.com/watch?v=Tr42-A6nG9Q
53 minuti
- Il filmato a colori che vi propongo offre una suspense e una drammaticità rare. Le condizioni meteo del golfo di Biscaglia erano pessime, e risultavano addirittura proibitive per una nave che non possedeva più i requisiti necessari per affrontarle in sicurezza. Questa è la mia riflessione sul tragico accaduto.
- Il filmato inizia con diapositive didattiche e animazioni che facilitano la comprensione delle cause del disastro, evidenziando flessioni eccessive dello scafo sollecitato dal moto ondoso.
- Successivamente, attraverso immagini simulate di bordo, assistiamo alla coraggiosa ispezione dell'equipaggio, che segnala al Comandante numerose spaccature nello scafo. Da quel momento, dal ponte di comando scatta la richiesta di soccorso al porto francese più vicino.
- La seconda parte è dedicata alla difficile operazione di salvataggio fattibile grazie a un elicottero, che riesce a recuperare tutto l’equipaggio. Purtroppo, i tentativi dei potenti rimorchiatori di agganciare la poppa della nave spezzata in due tronconi si rivelano vani, con la restante parte prodiera della ERIKA già affondata.
- Nella parte finale, viene mostrato l'immane disastro ecologico che ha colpito le coste di ben quattro dipartimenti francesi. Le immagini e i dati proiettati dal filmato ci lasciano senza parole.
- A questo punto il nostro pensiero va all’affondamento della super petroliera HAVEN avvenuto l’11 aprile 1991 nel tratto di mare davanti Arenzano (Genova). Cinque furono le vittime dell’equipaggio, e si trattò del più grave disastro ecologico nel Mediterraneo. Bruciarono circa 90 000 tonnellate di petrolio greggio delle 144 000 presenti al momento dell'incidente oltre alle circa 1000 tonnellate di combustibile. Una parte del carico, stimato in una quantità compresa tra 10.000 e 50.000 tonnellate, (soprattutto le componenti più dense del greggio) è depositato tuttora negli alti fondali tra Genova e Savona.
- Tra le due tragedie, HAVEN ed ERIKA, sono passati quasi 9 anni segnati da altre tragedie simili e da numerose chiacchiere sulla SICUREZZA della navigazione e delle coste, che però non trovano finanziatori. Eppure, tutti conoscono i costi elevatissimi della “linfa” che alimenta questo nostro folle mondo!
Lista dei maggiori disastri petroliferi
Nel seguito, ordinata a ritroso nel tempo per data di inizio, viene presentata una lista dei disastri petroliferi con una quantità di greggio disperso maggiore di 100 tonnellate.
Disastri petrolifero/petroliera |
Luogo |
Data. |
Tonnellate di greggio |
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Disastro di Noril'sk |
Russia |
2020 |
21000 |
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Disastro petrolifero di Santa Barbara |
Santa Barbara, Stati Uniti |
21 maggio 2015 |
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Disastro petrolifero di Tauranga del 2011 |
Tauranga, Nuova Zelanda |
5 ottobre 2011 |
340 |
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Piattaforma petrolifera Gannet Alpha |
a 180 km da Aberdeen, Scozia |
10 agosto 2011 |
200 |
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Disastro petrolifero del fiume Yellowstone del 2011(Compagnia "Exxon Mobile", già responsabile del disastro Exxon-Valdez) |
Fiume Yellowstone, Billings, Stati Uniti |
4 luglio 2011 |
135 (>[9] |
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Collisione tra MSN Chitra e MV Khalijia 3 |
al largo di Mumbai, India |
7 agosto 2010 |
> 50 |
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Dalian (2 oleodotti) |
Porto mercantile di Dalian, Cina |
16 luglio 2010 |
1.500 |
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Collisione tra Bunga Kelana 3 (nave cisterna) e Mt Waily (nave cargo) |
al largo di Singapore, Malaysia |
24 maggio 2010 |
2.000 |
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Disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon |
Golfo del Messico, Louisiana |
20 aprile 2010 |
414.000–1.186.000 |
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Naufragio nave cargo cinese Sheng Neng sulla barriera corallina |
Great Keppel Island, Australia |
4 aprile 2010 |
950 (Ne è fuoriuscita solo una parte) |
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Disastro petrolifero della West Cork |
Costa meridionale dell'Irlanda |
Febbraio 2009 |
300 |
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Disastro petrolifero del New Orleans |
New Orleans, Louisiana, Stati Uniti d'America |
28 luglio 2008 |
8.800 |
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Disastro petrolifero di Statfjord |
Mare norvegese, Norvegia |
12 dicembre 2007 |
4.000 |
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Disastro petrolifero di Hebei Spirit |
Mare Giallo, Corea del sud |
7 dicembre 2007 |
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Disastro petrolifero dello stretto di Kerč |
Stretto di Kerč, Ucraina e Russia |
11 novembre 2007 |
1.000 |
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Disastro petrolifero del 2007 della Baia di San Francisco |
San Francisco |
7 novembre 2007 |
188 |
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Disastro petrolifero di Guimaras |
Filippine |
11 agosto 2006 |
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Disastro petrolifero della centrale di Jiyeh |
Libano |
14 luglio 15 luglio 2006 |
20.000–30.000 |
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Raffineria di Citgo |
Lago Charles |
19 giugno 2006 |
6.500 |
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Prudhoe Bay |
Alaska North Slope |
2 marzo 2006 |
866 |
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MV Selendang Ayu |
Isola di Unalaska, Alaska |
8 dicembre 2004 |
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Athos 1 |
Fiume Delaware, USA |
26 novembre 2004 |
860 |
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Tasman Spirit |
Karachi, Pakistan |
28 luglio 2003 |
28.000–30.000 |
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Bouchard No. 120 |
Buzzards Bay (Massachusetts) |
27 aprile 2003 |
320 |
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da Wikipedia - Tre anni dopoLa M/C PrestigePetroliera Monoscafo42.820 tonn. di p.lorda e battente bandiera delle Bahamas. Varata nel 1975 e di proprietà della compagnia Mare Shipping, la nave naufragò il 19 novembre 2002 al largo delle coste spagnole con un carico di 77 000 tonnellate di petroio, provocando un'immensa macchia nera che colpì la vasta zona compresa tra il nord del Portogallo fino alle Landes, in Francia, e causando un disastro ambientale alla costa galiziana, episodio che viene ricordato come il più grande disastro ambientale della Spagna. |
13 novembre 2002 |
63.000 |
Riportiamo dal POST
Mercoledì 26 settembre 2012
Le condanne per il naufragio della petroliera ERIKA
La Corte di Cassazione di Parigi ha confermato che la compagnia petrolifera Total è responsabile del più grande disastro ambientale mai avvenuto sulle coste francesi.
La Corte di Cassazione francese ha confermato ieri tutte le condanne per il naufragio della petroliera Erika, comprese quelle che ritenevano la compagnia petrolifera Total (una delle prime quattro al mondo) responsabile del disastro ambientale avvenuto il 12 dicembre 1999 al largo della Bretagna. La Corte ha anche stabilito un’ulteriore responsabilità per la Total che la corte di appello di Parigi, nel 2010, aveva invece escluso a causa di una convenzione internazionale: la compagnia che ha noleggiato la petroliera ha anche commesso un reato di imperizia perché consapevole che la nave era vecchia – aveva 25 anni – e che i lavori di manutenzione erano stati eseguiti per ridurre al massimo i costi.
Total dovrà dunque partecipare al risarcimento sul piano civile dei danni causati e pagare una multa pari a 375 mila euro: si tratta di una decisione soprattutto simbolica, ma comunque importante. Sono state confermate anche le condanne all’armatore italiano Giuseppe Savarese (proprietario della petroliera), al gestore Antonio Pollara e alla società Rina che aveva rilasciato il certificato di navigazione.
Complessivamente Total, Rina e gli armatori dovranno versare alle parti civili (lo Stato francese, un certo numero di istituzioni locali, regionali, comunali e alcune associazioni ambientaliste) 200 milioni e 600 mila euro di danni.
Nel dicembre del 1999, la petroliera Erika, battente bandiera maltese, si era spezzata in due al largo della Bretagna a seguito di una tempesta: trasportava circa ventimila tonnellate di petrolio che si dispersero in mare, uccisero 150 mila uccelli, contaminarono circa 400 chilometri di costa ed ebbero pesanti conseguenze per l’economia degli abitanti della costa atlantica.
Con questo processo per la prima volta nel diritto francese è stato stabilito il diritto all’indennizzo per le vittime di un disastro ambientale. Gli avvocati della compagnia petrolifera, prima di ieri, speravano di cambiare il verdetto avendo chiesto l’annullamento del procedimento per difetto di procedura. La loro richiesta si basava sul fatto che Erika, di proprietà italiana, al momento del naufragio si trovava fuori dalle acque francesi e batteva bandiera maltese. Speravano dunque di limitare l’applicabilità della giurisprudenza francese e sostenevano che in caso contrario ogni decisione sarebbe stata contro le convenzioni internazionali che prevedono invece che la responsabilità degli incidenti sia dei proprietari delle navi e non delle compagnie che le noleggiano. La loro interpretazione è stata però respinta dalla Corte.
ALBUM FOTOGRAFICO
Una veduta aerea della petroliera Erika che affonda, 13 dicembre 1999 (AP Photo/Marine Nationale/French Navy, File)
Alcuni membri dell’equipaggio della petroliera Erika evacuano la nave a bordo di una scialuppa di salvataggio dopo il naufragio (AP Photo/Marine Nationale)
Una veduta della petroliera Erika che affonda, 12 dicembre 1999 (AP Photo/Marine Nationale)
Una macchia di petrolio nel luogo dove è affondata la petroliera Erika, 15 dicembre 1999 (VALERY HACHE/AFP/GettyImages
Una nave della marina francese dotata di pompe si avvicina a chiazza di petrolio fuoriuscita dal naufragio dell’Erika, 16 maggio 1999 (AP Photo/David Ademas,POOL)
Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/Ouest-France, Marc
Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio, 29 dicembre 1999 (AP
Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/Ouest-France, Marc Roger)
Una foto scattata il 4 gennaio 2000 sull’isola di Noirmoutier mostra un uccello coperto di olio a causa del naufragio della petroliera Erika (MARCEL MOCHET/AFP/GettyImages)
Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/ Bob Edme)
LA SVOLTA
DOPPIO SCAFO PER LE PETROLIERE
Doppio scafo, dal 2015 obbligatorio per tutte le petroliere
Doppio scafo, entrerà in vigore il prossimo 20 luglio 2012 il regolamento 13 giugno 2012, n. 530/2012/Ue sull'introduzione obbligatoria di petroliere a doppio scafo, che abroga e sostituisce il regolamento 417/2002/Ce.3 lug 2012
Il testo prevede il divieto di circolazione delle petroliere monoscafo allo scopo di prevenire l’inquinamento causato da petrolio così come previsto nella Convenzione Marpol 73/78 di cui il regolamento è attuazione, ed è una rifusione del regolamento 417/2002. Unica novità del nuovo testo è il potere attribuito alla Commissione di adottare atti delegati (ex articolo 290 del Trattato di Lisbona) per adattarlo alle modifiche della Convenzione e purché non amplino l'ambito di applicazione del regolamento.
Ai sensi del regolamento (articolo 7) il termino ultimo per la circolazione delle petroliere con solo doppio fondo scatterà nel 2015, il giorno dell'anniversario della data di consegna della nave.
Nel 1992 è stata varata l'ISOLA BLU, (foto sopra) la prima nave a doppio scafo Armatore Barbaro, costruita in Italia dalla Petrotank JV, società nata dalla collaborazione con F.lli D'Amico, Rosina, Ferruzzi e Almare. Il socio John Gatti seguì la costruzione (Ancona) e in seguito ne prese il Comando.
Carlo GATTI
Rapallo, 25 Ottobre 2024
T/b MICHELANGELO - UNA TRISTE STORIA
LA MICHELANGELO - UNA TRISTE STORIA
Il 16 Settembre 1962, a causa dei numerosi cambiamenti sui progetti originali, finalmente lo scafo della Michelangelo scese in mare. Quel giorno nei cantieri navali di Sestri Ponente (Genova) fu presente al varo anche un rappresentante della Chiesa e in questa occasione Giuseppe Zuccoli, il presidente in carica della Società Italia Navigazione, la compagnia armatrice. Fu Laura Segni, la moglie del Presidente della Repubblica a dare il via al varo.
L’11 Marzo 1965 il grande liner italiano iniziò le prove in mare che superò con successo. L’unico difetto che si presentò furono le forti vibrazioni allo scafo quando procedeva alla massima velocità. Il problema fu risolto nell’inverno successivo con la sostituzione delle eliche.
Il 21 Aprile 1965, dopo ben 5 anni dalla posa della chiglia. La Michelangelo venne consegnata. Costò complessivamente 75 miliardi di Lire di allora. L’Italia di Navigazione lo considerò un investimento conveniente. Come ultimo collaudo, prima del suo viaggio inaugurale, partì per una crociera nel Mediterraneo.
Il 12 Maggio 1965, l’ultimo gioiello della Marina Italiana partì con grandi festeggiamenti e con 1.495 passeggeri per il suo viaggio inaugurale da Genova a New York al comando del capitano Mario Crepaz. Il viaggio inaugurale si svolse con un servizio perfetto. Due mesi più tardi si unì la gemella Raffaello. La Michelangelo guadagnò molta popolarità fra i non pochi VIP che scelsero di attraversare l’Atlantico via mare.
La gente di mare si affezionò presto alla nave ed il soprannome “Mic” l’accompagnò nei porti e nelle traversate oceaniche.
Nel gennaio 1966, la Michelangelo rientrò in cantiere per eliminare le suddette vibrazioni, apportando adeguate modifiche alle eliche che non solo eliminarono le pericolose vibrazioni, ma la resero anche più veloce raggiungendo la notevole velocità di 31,59 nodi (quinta nave più veloce al mondo dopo la Queen Elizabeth, Queen Mary, United States e France) superando anche la Raffaello che prima delle modifiche era leggermente più veloce, grazie ad un profilo leggermente diverso dello scafo. In ogni caso la velocità di crociera venne mantenuta a 26,5 nodi, per limitare i costi di esercizio.
Nonostante avesse passato con successo la revisione nell’Aprile 1966, quell’anno si rivelò il più tragico per il servizio della Michelangelo.
UN’ONDA ANOMALE LA RESE FAMOSA...
Il 12 Aprile 1966, mentre aveva superato di poco la mezza traversata e si trovava a due giorni e mezzo da New York, si scontrò con un’onda anomala che sfondò la parte frontale delle sovrastrutture uccidendo due passeggeri, un membro dell’equipaggio, e facendo piu’ di 50 feriti, fra cui 10 in gravi condizioni.
ED ECCO LE DRAMMATICHE FOTO ....
Era la mattina del 12 Aprile 1966, la Michelangelo stava procedendo verso New York con 745 passeggeri a bordo. Quel giorno si sviluppò una tempesta di enorme potenza, molte navi si trovarono in difficoltà, 5 marinai furono spazzati via dal ponte di coperta della nave da carico inglese Chuscal. Erano circa le 10 del mattino quando un’onda anomala si presentò di fronte al transatlantico italiano proprio nel momento più sfavorevole per essere affrontata. Il comandante Giuseppe Soletti, alla sua ultima traversata, devio’ verso sud dalla rotta standard, per evitare il centro della tempesta. Venne consigliato ai passeggeri di stare in cabina, per evitare di essere sbattuti tra le paratie dei corridoi. A bordo c’era anche lo scrittore tedesco Gunther Grass con la moglie e l’ammiraglio Giurati, il presidente dell’Italia Navigazione.
Claudio Suttora, il Primo Ufficiale, racconta: “Le onde diventavano sempre più alte e violente, e proprio alla fine di un grande beccheggio ci siamo trovati davanti quell’onda enorme. La Michelangelo, che fino a quel momento era stata in grado di risalire le onde, infilò dritta la prua in quell’enorme, spaventoso e insuperabile muro d’acqua… nessuno di noi si rese conto di cosa stesse per succedere, quell’onda ci si è formata davanti quasi all’improvviso… per fortuna l’urto non fu così forte da danneggiare anche il timone, così riuscimmo presto a rimettere la nave contro le onde”.
Claudio Cosulich, all’epoca Comandante in 2a della Michelangelo, racconta: “Quando arrivò l’onda, non ero sul ponte di comando, un’onda precedente aveva scoperchiato una presa d’aria sul ponte di prua ed ero andato con quattro volontari a riparare il danno, per evitare che l’acqua entrasse. Avevamo appena finito e stavamo scendendo una scaletta sotto il ponte… cademmo tutti rovinosamente… fu come incassare in pieno una cannonata da 305 mm.”
L’onda scavalcò la prua alta circa 18 metri e sfondò le lamiere dalla parte frontale della nave, distanti piu’ di 70 metri dalla cima della prua, e molti oblo’ spessi quasi 2 centimetri fin sul ponte di comando, a 25 metri dalla linea di galleggiamento. Due passeggeri, che avevano la cabina nella parte colpita dall’onda, morirono quasi subito, un membro dell’equipaggio morì poco dopo. I feriti furono piu’ di 50, 10 dei quali, gravi. Lo stesso Cosulich, che in seguito divenne l’ultimo comandante della Michelangelo, riportò una serie di fratture al braccio sinistro. Poco dopo l’incidente il transatlantico venne raggiunto da una nave militare americana che fornì assistenza medica supplementare, mentre I medici della Michelangelo lavorarono ininterrottamente fino all’arrivo a New York.
A New York la Michelangelo si fermò 3 giorni per le riparazioni temporanee, consistenti nella copertura della parte colpita, mentre al ritorno in Italia venne adeguatamente riparata e rinforzata, sostituendo le lamiere della parte frontale, fatte in lega di alluminio, con lamiere di acciaio in modo da renderla più resistente in futuro. Lo stesso lavoro venne eseguito sulla Raffaello.
Per diminuire il peso delle navi e ridurre il consumo di carburante, l’alluminio era infatti utilizzato per le sovrastrutture di molte navi moderne negli anni ’60, così dopo l’incidente della Michelangelo anche altre navi come il France e lo United States ebbero la parte frontale rinforzata in acciaio. Questo fu l’unico grave incidente della storia della Michelangelo.
UNA FESTA CHE I PASSEGGERI PORTAVANO NEL CUORE PER SEMPRE!
Negli anni in cui i due grandi LINERS italiani erano impiegati nei viaggi di linea attraverso l’Atlantico, il momento del loro incrocio era l’attesa occasione di una grande festa per i passeggeri. Le navi viaggiavano infatti intorno ai 26 nodi, quindi si sarebbero incontrate ad una velocità relativa di oltre 50 nodi. Nel momento calcolato del passaggio molto ravvicinato al traverso, mantenevano ovviamente una distanza di sicurezza, “le navi suonavano le sirene, i passeggeri sparavano fuochi artificiali, tiravano palloncini volanti e le possenti onde scuotevano le navi a vicenda”.
L’INIZIO DELLA FINE....
IN UN SOLO ANNO, ERA IL 1970, LA COMPAGNIA AEREA PAN AMERICA REGISTRO’ IL TRASPORTO DI UN MILIONE DI PASSEGGERI TRA L’EUROPA E GLI STATI UNITI.
In quell’anno divenne sempre più chiaro che l’epoca romantica dei transatlantici era ormai tramontata. il 96% dei viaggi transatlantici avvenivano ad alta quota. La compagnia inglese Cunard ritirò dal servizio le sue due regine (QUEEN MARY E QUEEN HELIZABETH) rispettivamente nel 1967 e 1968. Nello stesso anno la United States Line ritirò dal servizio la sua unità principale, la “UNITED STATES”.
La gestione era diventata antieconomica. La cruda realtà era questa: quando la nave viaggiava con solo 400 passeggeri a bordo, erano stipendiati 1.450 persone di equipaggio, e quando l’Italia Navigazione cercò di negoziare con i rappresentanti sindacali la riduzione dei componenti l’equipaggio, i sindacati rifiutarono ogni soluzione chiedendo altresi’ di aumentare le loro paghe. Venne allora in aiuto il Governo italiano, che accettò di sovvenzionarne la gestione delle navi.
“Non aiutarono la situazione i numerosi scioperi, indetti successivamente dall’equipaggio per futili motivi come quello indetto (non sappiamo se della Michelangelo o Raffaello) perché non veniva loro servita acqua minerale in bottiglia, ma acqua del rubinetto. L’Italia di Navigazione, cercò allora di compensare le perdite riducendo la velocità di crociera, ma non ne ebbe un apprezzabile ritorno economico. Un’altra iniziativa fu quella di offrire tariffe a prezzi speciali verso gli Stati Uniti, alla fine del 1972. Nonostante ciò, per molte persone queste tariffe stracciate non furono un incentivo sufficiente per intraprendere un viaggio turistico. Fu presto chiaro per quasi tutti che il mercato del trasporto-passeggeri transatlantico era ormai troppo piccolo per due navi così grandi”.
La situazione peggiorò nel giro di una notte quando il prezzo del petrolio salì da 35$ a 95$ al barile. Come ben sappiamo, i transatlantici di quell’epoca avevano bisogno di grandi quantità di carburante per cui i loro costi di esercizio diventarono enormi.
Nel 1974 e 1975 la Michelangelo venne impiegata per gran parte del tempo nelle crociere divenute nel frattempo il business delle vacanze. Ma la MIC era considerata troppo grande per il mercato crocieristico di allora. Non solo, il problema che impediva lo sfruttamento al meglio delle gemelle Michelangelo e Raffaello come navi da crociera era la suddivisione interna in tre classi, non idonea ad un uso da crociera.
L’Italia di Navigazione tentò comunque di impiegare la Michelangelo in diversi tipi di crociere, dalle classiche ai Caraibi, ai viaggi speciali a Rio de Janeiro, a Capo Nord. Ma nessuna delle rotte provate ebbe successo, così il 26 Giugno 1975 la Michelangelo partì tristemente da New York, per il suo ultimo viaggio verso Genova.
“Nel 1975, i finanziamenti del governo ammontarono a 100 milioni di lire al giorno, 700 dollari per passeggero trasportato. Intanto la stampa inizio’ a chiedersi perché mai i contribuenti avrebbero dovuto continuare a pagare per mantenere questi “monumenti galleggianti, rappresentanti di un’era ormai finita” e proclamarono che queste navi dovevano essere affondate anziché sovvenzionate. Il governo annunciò che non poteva più continuare a pagare 100 milioni di lire al giorno per tenere le due Gemelle in funzione e nella primavera 1975 comunicò all’Italia Navigazione che le sue navi non avrebbero più ricevuto alcuna sovvenzione”.
Questo provvedimento significò la fine per le due fantastiche Gemelle.
“L’ultimo viaggio fu ben lungi dall’essere un addio brillante e solenne, la biblioteca e la lavanderia di bordo erano chiuse durante l’intero viaggio, le sigarette e le bevande alcoliche finirono, i negozi erano chiusi, l’aria condizionata venne spenta in mezzo all’Atlantico, il servizio di bordo era approssimativo e inefficiente, insomma tutto il contrario di quello che la rese famosa. Inoltre, accessori e suppellettili incustoditi andarono a ruba, prelevati dai passeggeri che non volevano rinunciare ad un ultimo souvenir. Prima ancora che i passeggeri potessero lasciare la nave, l’equipaggio incominciò a smontare e impacchettare la posateria e tutta le ceramiche.”
Nella foto. La Messa domenicale in navigazione. da sinistra Carlo Gatti, a seguire il Comandante in 2° Claudio Cosulich, il Commissario Governativo, il Comandante della M/n VULCANIA Giovanni Peranovich ed il Capo Commissario di bordo.
Chi scrive, è il giovane pilota del porto di Genova che si diede “volontario” per l’ultimo ormeggio della MICHELANGELO (come nave passeggeri) a ponte Andrea Doria. “Non era il mio turno, ma spiegai ai colleghi che il comandante della MIC era stato il mio 1° Ufficiale sulla M/n Sarturnia ed in seguito anche il mio Comandante in 2a sulla M/n Vulcania e che sarei stato felice di salutarlo per rinnovargli la mia stima e vicinanza nel momento piu’ triste e difficile della sua carriera”.
“Il 12 Luglio 1975, il Comandante triestino Claudio Cosulich fu l’ultimo a comandare la Michelangelo come nave passeggeri. La manovra d’ormeggio ben riuscita venne salutata da voci che acclamavano gridando “Bravo Capitano!” sia da bordo, sia dalle migliaia di persone che accorsero per assistere dal molo.”
Così dopo soli 10 anni di servizio, 121 traversate atlantiche e 245.839 passeggeri di linea trasportati, la più prestigiosa unità di bandiera italiana ammainò la bandiera.
Dopo un breve periodo trascorso a Genova sotto l’occhio interessato di tanti armatori dello shipping internazionale, la Michelangelo venne posta in disarmo nella baia di Portovenere a La Spezia, dove venne raggiunta poco tempo dopo dalla gemella Raffaello, malinconicamente vicine, presso i famosi cantieri demolitori situati proprio in quella zona, ma il momento della loro demolizione era ancora lontano, la loro attesa fu lunga ed estenuante: la maggior parte dei possibili acquirenti le giudicarono troppo grandi, tanto per cambiare...
Successivamente, con molta sorpresa, entrò in scena uno strano personaggio: lo Shah di Persia (oggi Iran) che mostro subito d’essere interessato all’acquisto delle due “meraviglie” per impiegarle “squallidamente” come caserme galleggianti. L’Italia di Navigazione accettò tra il profondo dispiacere di tutte le persone che l’avevano costruite, degli equipaggi che l’avevano avute come casa, oltre ai tantissimi passeggeri in cui era rimasto un bellissimo ed indelebile ricordo di tante traversate oceaniche.
Il 12 Dicembre 1976 vennero vendute per 35 miliardi di lire in totale, quando ne erano costate 150.
Così nel Luglio 1977 la Michelangelo e la Raffaello, private del loro arredamento originale, affrontarono l’ultimo viaggio spinte dalle loro potenti turbine, con destinazione Bandar Abbas.
In quell’anno, la MIC venne trasformata in nave caserma, ospitante 1.800 persone. Per 15 anni la Michelangelo fu utilizzata in quel ruolo mantenendo il suo nome e 50 manutentori italiani inclusi nel suo equipaggio che si occupavano della cura della nave.
Quando pero’ alla fine degli anni ’70 lo Shah di Persia venne cacciato dal potere, il personale italiano venne rimandato in Italia.
“Nel 1978 fu proposta una ristrutturazione che permettesse il riutilizzo delle due unità come navi da crociera rivolte ad una clientela di lusso: la loro capacità ricettiva sarebbe stata ridotta a 1300 passeggeri e, pur rimanendo di proprietà iraniana, avrebbero navigato, sotto una conveniente bandiera di copertura nelle acque del Mediterraneo e dei Caraibi. Il progetto prevedeva anche un nuovo nome: Michelangelo e Raffaello sarebbero diventate “Scià Reza il Grande” e “Ciro il Grande”.
Alla commissione di esperti giunta appositamente dall’Italia per verificare la fattibilità del progetto e per effettuare la manutenzione, apparve evidente il grave stato in cui versavano le strutture: gli scafi erano arrugginiti, la pavimentazione lignea dei ponti scoperti iniziava a deformarsi e gli ambienti interni erano ormai in balìa di armate di topi. Quelle che pochi anni prima erano state le ammiraglie della flotta italiana non avrebbero mai più navigato.”
Purtroppo, da quelle parti del globo, non esisteva alcuna tradizione marinara degna della fama di queste due navi che caddero nella piu’ totale trascuratezza fino a ricoprirsi di ruggine e “quelli che un tempo erano saloni degni di una reggia, divennero immensi alberghi per topi!”
Così, nel 1991, gli ufficiali iraniani decisero che la nave non fosse più utilizzabile in nessun modo e venne venduta a peso ai demolitori pakistani. Ma quello di cui c’era bisogno non erano l’acciaio, il rame o altre materie prime, ma la capacità e la volontà di dirigere queste navi verso nuovi impieghi e con un’amministrazione piu’ seria.
La Michelangelo fu rimorchiata fino Karachi, dove arrivò il 7 Giugno 1991 e venne demolita sulla spiaggia. Per diversi anni, i venditori ambulanti di Karachi vendettero i più svariati souvenir della Michelangelo: accessori per cucine, rubinetti, e persino i water…
Questa fu la fine della nave più grande, stupenda e innovativa della nostra Marina.
UNA TRISTE DEDUZIONE
La storia delle navi passeggeri Michelangelo e Raffaello rappresenta non solo un’epoca d’oro per il trasporto marittimo, ma anche un monito sui danni di visioni errate e strategie manageriali inefficaci. Nonostante la loro magnificenza e l'innovazione ingegneristica, le decisioni politiche ed economiche che hanno accompagnato la loro costruzione e gestione si sono rivelate disastrose. L’overcapacity, la mancanza di una visione a lungo termine e l’incapacità di adattarsi a un mercato in rapida evoluzione hanno portato a costi enormi, che si sono tradotti in perdite miliardarie per l'Italia. Questi errori non solo hanno minato il potenziale delle due navi, simboli di orgoglio nazionale, ma hanno anche illustrato la necessità di una programmazione più attenta e lungimirante, capace di rispondere alle sfide di un’industria in continuo mutamento. La lezione da trarre è che il progresso tecnologico deve sempre essere accompagnato da una strategia ben definita e una comprensione approfondita del mercato globale.
IN RELAZIONE ALL'ARGOMENTO TRATTATO, SUGGERIAMO LA LETTURA DEI SEGUENTI ARTICOLI PRESENTI SUL SITO DI
MARE NOSTRUM RAPALLO
- I FILETTI DEL MONTANA
https://www.marenostrumrapallo.it/lucardi/
di Carlo Lucardi
- LE NAVI DI IERI E DI OGGI
https://www.marenostrumrapallo.it/le-navi-di-ieri-e-di-oggi/
di Carlo Gatti
- NEW YORK - L’ALTRA SPONDA DEL NEW WORLD
https://www.marenostrumrapallo.it/new-york-laltra-sponda-del-nostro-amato-new-world/
di Carlo Gatti
Carlo GATTI
Rapallo, 21 ottobre 2024
IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA -
IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA
LA REPLICA RECA CON SE'
ECHI EVANGELICI DAL MARE DI GALILEA
«È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta». (P.Giordani)
Il 15 marzo 2023 - Papa Francesco ha benedetto la simbolica costruzione, ricevuta in dono dalla famiglia Aponte, armatori di Nlg – Navigazione Libera del Golfo, con la collaborazione e il supporto dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma.
Nella foto, da sinistra a destra, rivolti verso Papa Francesco, i coniugi Aprea, il direttore di NLG Maurizio Aponte e il presidente dell’Istituto diplomatico internazionale, Paolo Giordani.
Il Papa ha disposto che nei MUSEI VATICANI venga collocata la copia di una imbarcazione di duemila anni fa
La riproduzione perfetta della barca da pesca
L’opera è stata realizzata dagli APREA, storica famiglia di maestri d’ascia della penisola sorrentina, dopo approfonditi studi archeologici con la partecipazione di esperti della marineria antica. In particolare, gli artigiani hanno utilizzato la tecnica dei “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi). Una tecnica importata dall’area mediterranea, operante già dal secondo millennio a.C.
Benedicendo l’imbarcazione prima dell’udienza generale, il Santo Padre ha sottolineato come quella ricevuta sia ‘la barca di tutti’, una frase che attesta la coerenza di un uomo che fin dalla sua elezione ha dimostrato una particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato.
YouTube
https://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/eventi-e-novita/iniziative/Eventi/2023/barca-di-pietro-approda-nei-musei-vaticani/video-barca-pietro.html
L’imbarcazione è la fedele “replica” - Made in Italy - dell’antico e originale peschereccio di Pietro venuto alla luce nel 1986 dalla melma del lago di Tiberiade in occasione di un improvviso abbassamento delle acque, e custodito nel museo Yigal Allon di Ginosar, luogo indicato dai Vangeli quale sede principale delle predicazioni di Gesù in Galilea di cui ci occuperemo tra breve.
L’imbarcazione è stata sistemata alla base della rampa elicoidale dei musei Vaticani
(come mostra la foto sopra)
La Barca di Pietro accoglie, con la sua forte carica spirituale, pellegrini e turisti di tutto il mondo nella “Casa di tutti”, secondo un’espressione cara a Papa Francesco, Timoniere della Chiesa e instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse.
La Barca di Pietro simboleggia quindi la Chiesa che è guidata dai suoi successori. Gesù invita i discepoli esitanti e dubbiosi a salpare, confidando in Dio. Allo stesso modo, la Chiesa deve misurarsi con le tempeste e le difficoltà del mondo per diffondere l’annuncio del Vangelo della Grazia.
La Barca di Pietro non è più soltanto una metafora
Il dono che la famiglia Aponte, gli armatori di NLG-Navigazione Libera del Golfo ha voluto fare, con la collaborazione dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma, al Santo Padre, “instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse”, come ha spiegato Paolo Giordani, presidente dell’IDI, la cui “particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato” corrisponde pienamente all’”antica legge del mare”. Non per caso il Papa, accettando il dono, l’ha definita “la barca di tutti”.
I Dettagli marinareschi spiegati da APONTE:
L’imbarcazione è una replica perfetta di quella conservata nel museo israeliano come doveva essere ai tempi di Gesù:
scafo: di 8,8 metri x 2,5,
albero: di 8 metri con pennone di 6,
due piccole coperte: a proravia e a poppa
velatura: vela quadra e cavi in fibra di canapa
governo: due timoni
equipaggio, in grado di trasportare fino a quindici persone.
materiale di costruzione: cedro e quercia
tecnica usata: “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi).
Una tecnica importata dall’area mediterranea, in vigore dal secondo millennio a.C. fino all’epoca bizantina esclusa, applicata non su un materiale ligneo unico, ma su materiali misti: cedro, quercia.
Nave EUROPA – graffito
Per le parti andate perdute, gli artigiani sorrentini si sono ispirati ai mosaici del piazzale delle Corporazioni di Ostia, al graffito della nave “Europa” di Pompei, al bassorilievo con veduta del Portus Augusti (collezione Torlonia).
“Desideriamo ringraziare - ha sottolineato Maurizio Aponte, direttore di NLG - Un grazie di cuore va al Governatorato dello Stato Città del Vaticano, che ha mostrato interesse per il progetto e ci ha consentito di realizzarlo, e all’Istituto Diplomatico Internazionale, che ha collaborato nella fase di ideazione e presentazione. Tutti ci auguriamo che il modello della Barca di Pietro possa regalarci nuove emozioni” – ha concluso il direttore di NLG.
“Con questo omaggio al Sommo Pontefice dopo dieci anni di ministero – ha dichiarato P.Giordani – abbiamo voluto dare corpo ad un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La Barca di Pietro che consegniamo oggi non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione. È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta”.
In particolare, viene ricordato l’episodio della tempesta sul lago narrato da Marco (4,38). “Mentre i discepoli erano nel panico perché imbarcavano sempre più acqua, Gesù – dice l’evangelista – se ne stava a poppa e, adagiato sul cuscino, dormiva. Lo svegliarono a furia di grida d’aiuto e lui, destatosi, comandò al mare»: «Taci! Calmati!» (Marco 4,39) «e le acque si placarono» (Luca 8,22-25).
“Sempre il Lago di Tiberiade - rammenta Giordani - fu testimone di un'apparizione pasquale di Gesù risuscitato. Dalla riva suggerì ai discepoli, estenuati per la notte passata senza pescar nulla, di calare la rete dalla parte destra della barca. In questa maniera pescarono una gran quantità di pesci e compresero che lo sconosciuto era il “Messia”. Pietro poi si tuffò per raggiungerlo e Gesù gli disse: «adesso pasci le mie pecorelle». “Questo dialogo è considerato come il momento in cui Gesù affida a Pietro la Chiesa (Giovanni 21,1-19) - commenta il presidente dell’IDI - È da questo testo che fu attinta l’immagine della chiesa come “Barca di Pietro”.
L’apostolo infatti sottolineava che: «se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il secondo timoniere».
Aggiunge Giordani: “Durante la pandemia da Covid-19, rivolgendosi al mondo costretto ad affrontare con dolore e sacrifici un momento storico così drammatico, il Papa, timoniere della Chiesa, ci aveva fatto sentire costantemente la sua vicinanza attraverso la preghiera, dandoci la certezza che ‘Dio non ci lascia in balia della tempesta’. Ebbene, con questo omaggio al Sommo Pontefice, dopo dieci anni di ministero, abbiamo voluto dare corpo a un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La ‘Barca di Pietro’ che consegniamo non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione”.
Il Papa ha risposto con un sorriso: “La barca di tutti…” e sarà meta di pellegrinaggio, di “nuovi pesci da portare sulla riva del Signore”.
Lago Tiberiade - Mar di Galilea
Il RELITTO originale dell’imbarcazione di Pietro fu ritrovato nel 1986 sul fondo del lago di Tiberiade
Chi scrive, nel 2000 andò con la famiglia in Israele.
Il nostro pellegrinaggio iniziò dal Lago di Tiberiade, dove tutto cominciò…
Giuseppe Flavio (Guerra giudaica, III,7) lo descrisse così:
«Il lago di Gennesar prende il nome dal vicino territorio. Misura 40 stadi in larghezza e 140 in lunghezza. Le sue acque sono dolci ma non buone da bere. Esse sono più leggere della pesante acqua di palude, e limpide perché le sue rive sono formate da ghiaia e sabbia; ha inoltre una temperatura mite: è meno fredda di quella di un fiume o di una sorgente, ma comunque più fresca di quanto si immagini, vista l'estensione del lago. Al centro di esso scorre il Giordano, che sembra nascere dal Panion, mentre in realtà giunge al Panion attraverso un percorso sotterraneo, e nasce invece dal bacino di nome Fiale, che si trova a 120 stadi da Cesarea, sulla destra, non molto distante dalla strada che porta alla Traconitide. [...] Non si sapeva che nascesse dal Giordano fino a quando non fu dimostrato da Filippo, tetrarca della Traconitide. Egli, gettando nella Fiale della paglia, la ritrovò trasportata al Panion, dove nell'Antichità si credeva nascesse il Giordano.
Tra i tanti YouTube che ho visionato, questo che vi propongo in visione è il migliore per chiarezza, bellezza e informazioni culturali geografiche-storiche ed Evangeliche.
Il mare di Galilea chiamato il lago di Gesù
di
Adrea Candore
https://www.youtube.com/watch?v=tUyoB-wObME
Le cartine orientative
Lago di Tiberiade
Il kibbutz di Ginnosar sul lago di Tiberiade e la scoperta della “barca di Gesù”
del prof.Giancarlo Biguzzi
https://www.gliscritti.it/approf/2007/papers/barca_gesu.htm
Il relitto originale, ben conservato grazie al fango del fondale che ricopriva le strutture lignee dello scafo, è stato datato alla seconda metà del I sec. A.C. dall’esame del Carbonio 14. Si tratta quindi di un battello a vela lungo 8,8 metri x 2,5 metri con un albero di 8 metri, risalente con ogni probabilità proprio all’epoca della predicazione di Gesù. L’imbarcazione, particolarmente adatta per la pesca costiera, poteva ospitare quattro rematori e circa una dozzina di persone. È plausibile quindi che il relitto del Lago di Tiberiade appartenga alla medesima tipologia della barca di cui raccontano gli evangelisti Luca (5,1-11) e Marco (4,35-41).
Il prezioso reperto è in mostra al centro Ygal Allon nel museo di Ginosar in Galilea (Israele), un museo che permette ai turisti di osservare da vicino questa semplice imbarcazione datata 40 avanti Cristo grazie a un test a radiocarbonio effettuato alla fine degli anni ottanta quando fu rinvenuta coperta da fango e melma nel lago di Tiberiade.
Gli archeologi riferirono subito che si trattava della tipica imbarcazione che usavano i pescatori ai tempi di San Pietro. Naturalmente non vi erano evidenze di sorta che si trattasse dell'imbarcazione dei Vangeli anche se l'umile costruzione lignea non ne diminuiva il valore archeologico.
CURIOSITA’ TECNICHE DELL’IMBARCAZIONE ORIGINALE
Dal sito: BibleWalks 500+ sites
L’imbarcazione è stata datata, con il carbonio 14, intorno al 40 a.C. (più o meno 80 anni), o dal 50 a.C. al 50 d.C. sulla base delle ceramiche (tra cui una pentola ed una lampada) e dei chiodi ritrovati all’interno della barca. Questo fa ipotizzare che l’imbarcazione possa quindi risalire al tempo di Gesù Cristo. In effetti, si adatta alle molte descrizioni di barche delle Sacre Scritture, come quella nel Vangelo di Luca. Lunga 27 piedi e larga 7,5 piedi, la barca era costruita con dieci diversi tipi di legno e doveva consentire la pesca vicino alla riva. La tecnica costruttiva della barca risultò conforme altre barche costruite in quella parte del Mediterraneo tra il 100 a.C. e il 200 d.C. L’imbarcazione era stata costruita principalmente con assi di cedro, unite insieme da giunti e chiodi a mortasa e tenone fissati, adatta a navigare su bassi fondali grazie ad un fondo piatto, che le consentiva di avvicinarsi molto alla riva durante le operazioni di pesca. Gli archeologi hanno scoperto che la barca era stata costruita con dodici diversi tipi di legno, il che suggerisce diverse ipotesi: una carenza di legno o una costruzione in economia, fatta con legni di scarto, oppure che la stessa aveva subito riparazioni estese e ripetute. Delle 113 assi del fasciame della barca, 105 (92%) erano di cedro e uno di pino, entrambe conifere locali. Curioso il fatto che su 60 assi di quercia, 45 (75%) erano costituite da rami non lavorati. L’utilizzo del legno di conifere per le assi e di legno di latifoglie, di solito il rovere, per le intelaiature interne, era una pratica comune ed è seguito anche oggi nella costruzione di barche. Un interessante studio sulle tipologie di legno utilizzate può essere letto su questo sito.
La barca di pescatori era dotata di un albero, e quindi poteva alzare una vela, e aveva posto per quattro rematori sfalsati. Le sue dimensioni avrebbero permesso di trasportare 13 persone … Ovviamente, non c’è modo di sapere se questa particolare barca ebbe realmente un ruolo negli eventi raccontati nella Bibbia ma le sue strutture marinaresche trovano conferma in quanto raccontato nei libri sacri.
LA TEMPESTA SUL LAGO DI TIBERIADE (MARE DI GALILEA)
“Cristo nella tempesta sul mare di Galilea”
Rembrandt
Così si legge nel Vangelo di Matteo
« Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.
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Così si legge nel Vangelo di Marco
È interessante che, pur essendo un lago, l’evangelista Marco preferisca chiamarlo “mare”, a motivo della grandezza e della sua pericolosità, infatti spesso è battuto da venti che rendono difficile la navigazione.
La barca nella tempesta
Il Signore è a poppa, nella parte poppiera della barca, quella che affonda per prima; e dorme appoggiato ad un cuscino (Mc 4,38). La tempesta che incontra la barca non sveglia Gesù, sarà il cuore angosciato dei discepoli a far tremare la barca: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (v. 38). Di questa mancanza di fede è preoccupato Gesù.
Immaginiamo lo scompiglio su quella barca! Ma quale è il vero rischio di perdersi? Gesù non risponde alla domanda dei discepoli, ma, placato il vento e le acque, sarà lui a sollevare la domanda vera: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (v. 40).
Il mare non è una forza autonoma, come non lo è il Male, seppur ha una sua inspiegabile libertà di agire, come ci istruisce il testo “sapienziale” di Giobbe nella prima lettura: “Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso?” (Gb 38,8). C’è un limite invalicabile posto dal Signore, che è creatore e redentore: “Fin qui giungerai e non oltre, e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde” (v. 11).
La fede messa alla “prova” dal mare
L’immagine del mare, da sempre, rappresenta nella Bibbia una prova di fede.
Il popolo d’Israele liberato da Mosè è costretto a fermarsi davanti al Mar Rosso, apparentemente invalicabile. L’esercito egiziano incalza alle spalle ed è ormai vicino: “Non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto”? (Es 14,11). Con queste parole ricolme di angoscia, il popolo si rivolge a Mosè. E lui: “Non abbiate paura! Siate forti. Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli” (v. 13).
HO CHIESTO A DIO: PERCHE' MI HAI PORTATO SULLE ACQUE AGITATE?
MI HA RISPOSTO: PERCHE' I TUOI NEMICI (i demoni) NON SANNO NUOTARE ...
Papa: "siamo tutti sulla stessa barca"
Questo brano ci ricorda il momento straordinario di preghiera indetto da Papa Francesco il 27 marzo 2020, nel contesto della pandemia. Risuonano ancora le sue parole: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.
Risulta essenziale la presenza del Signore. Con un rischio: che ognuno lo vorrebbe collocato secondo i propri schemi, alla guida, di vedetta, a rassicurare ognuno, ad evitare gli ostacoli… Ma il Signore è invece al suo posto e compie la sua opera. Lo aveva anticipato nelle parabole: il seme una volta gettato, non va perduto. “Dorma o vegli, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce” (Mc 4,27).
Su questa barca con Gesù, che è la Chiesa
Con queste parole l’orazionale descrive la “via santa”, una vita non gettata nel nulla, non abbandonata a sè stessa.
Sulla barca della vita permane la presenza silenziosa ma efficace del Signore: “Taci, calmati!” (Mc 4,39). Al momento opportuno il Signore interviene, calma le acque e il vento, come ordina al male di non nuocere più.
Su questa barca, che è la Chiesa, possiamo attraversare sicuri il mare della vita; e la nostra fede, seppur debole e ferita, può ristorarsi alla “fonte” dei sacramenti.
La nostra fede poggia sicura sulla fede di Pietro e della Chiesa di Cristo. Lo ricorda il sacerdote nella celebrazione eucaristica: “Signore, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa”.
PERCHE' GESU' SCEGLIE I PESCATORI
Lo spiega Sant’Agostino. Discorso 250
Dio preferisce i deboli e i poveri di questo mondo.
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Il Signore Gesù ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti 1, sicché, volendo adunare la sua Chiesa da ogni parte del mondo, non cominciò con degli imperatori o senatori ma con dei pescatori. Se infatti fossero stati scelti in principio personaggi altolocati, essi avrebbero attribuito la loro scelta a se stessi e non alla grazia di Dio. Questo modo di procedere di Dio, a noi occulto, questa disposizione del nostro Salvatore ce la espone l'Apostolo quando dice:Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Sono parole dell'Apostolo. Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose ignobili e spregevoli del mondo ha scelto Dio, e le cose che non hanno consistenza - come se la avessero - per annichilire le cose dotate di consistenza; affinché nessun uomo possa vantarsi dinanzi a lui 2. La stessa cosa aveva detto il profeta: Ogni valle sarà colmata, e ogni monte e ogni colle sarà abbassato, perché si ottenga una pianura senza dislivelli 3. Veramente, oggi partecipano della grazia del Signore senza distinzione nobili e plebei, dotti e ignoranti, poveri e ricchi. Quando si tratta di ricevere questa grazia non avanza diritti di precedenza la superbia rispetto all'umiltà di chi nulla sa e nulla possiede 4 e nulla può. Ma cosa disse loro? Venite dietro a me e io vi farò pescatori di uomini 5. Se non ci avessero preceduto quei pescatori, chi sarebbe venuto a pescarci? Al giorno d'oggi uno è gran predicatore se riesce a presentare bene quello che ha scritto il pescatore.
Mescolanza di buoni e cattivi nella Chiesa terrestre
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Il Signore Gesù Cristo scelse dunque dei pescatori di pesci e ne fece dei pescatori di uomini. Col fatto stesso del pescare poi volle darci degli ammaestramenti nei riguardi della chiamata dei popoli. Notate come le pesche furono due e come occorra distinguerle e separarle. Una fu quando il Signore scelse gli Apostoli e da pescatori li rese suoi discepoli 6; l'altra è quella che abbiamo ascoltato ora quando si leggeva il santo Vangelo, quella cioè che avvenne dopo la resurrezione del Signore Gesù Cristo. L'una dunque prima della resurrezione, l'altra dopo la resurrezione. E dobbiamo sottolineare con molta attenzione la differenza fra le due pesche, poiché questa duplice pesca è una nave piena di istruzioni per noi.
Almeno 4 erano pescatori di mestiere:
Simon Pietro e Andrea suo fratello, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo…
Non sono menzionati tutti i loro mestieri. Pietro e Andrea erano pescatori, probabilmente anche altri. Matteo era in esattore di tasse, Paolo fabbricava tende per mantenersi quando predicava ma a Gerusalemme era stato educato dal dotto fariseo Gamiliele. Sapeva parlare greco ed ebraico. Nonostante Matteo avesse molta esperienza riguardo il denaro e i numeri, furono affidate a Giuda le finanze e per questo si presume che avesse una certa istruzione. Tutti comunque si mantenevano con il loro lavoro.
Invece gli apostoli non credevano per fede, ma perché avevano incontrato e mangiato insieme a Gesù per 40 giorni dopo la sua morte.
Gesù appare ai pescatori
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/libri/impariamo-racconti-bibbia/13/gesu-appare-ai-pescatori/
PIETRO Apostolo, santo
TRECCANI
https://www.treccani.it/enciclopedia/santo-pietro-apostolo_(Enciclopedia-Italiana)/
https://www.culturacattolica.it/cultura/storia/storia-della-chiesa/il-primo-sbarco-dell-apostolo-pietro-in-italia
Tra gli scritti cosiddetti pseudo-clementini (preziosa fonte per gli studiosi dei primi secoli), composti poco dopo il 200 d.C., vi è un’opera denominata Viaggi di Pietro, che era stata adottata dai giudei ebioniti. Gli ebioniti credevano sia nell’ebraismo sia in Gesù come Messia (atteggiamento ancora oggi presente tra le migliaia di ebrei messianici d’Israele), e facevano riferimento ad un vangelo di Matteo rielaborato, ed anche all’opera Viaggi di Pietro. E’ da questo testo che fu attinta l’immagine della Chiesa come “Barca di Pietro”, perché l’apostolo ci teneva a sottolineare che, se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il “secondo timoniere”.
MARINAI E FEDE
https://www.marenostrumrapallo.it/cri/
Carlo GATTI
Rapallo, 26 Giugno 2024
Piroscafo BARON GAUTSCH - Un naufragio che si poteva evitare
BARON GAUTSCH
Un naufragio che si poteva evitare
Fu definito: IL RELITTO PIU' FAMOSO DELL'ADRIATICO
Il 28 giugno 1914 - a Sarajevo, l'arciduca Francesco Ferdinando, erede del trono di Austria e Ungheria, fu ucciso con la moglie da un serbo. Questo avvenimento fece esplodere le tensioni internazionali e l'Austria dichiarò guerra al Regno di Serbia determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee per il gioco delle alleanze tra i vari stati.
Il 27 Luglio 1914 - le Autorità militari austriache, per far fronte al trasporto di truppe e merci, requisirono molte imbarcazioni tra cui il piroscafo passeggeri BARON GAUTSCH.
Il 9 Agosto 1914 - Il BARON GAUTSCH, dopo un breve periodo di navigazione militarizzata, ricevette l’ordine di riprendere i suoi viaggi di linea regolari in Adriatico, ma con equipaggio civile.
Il piroscafo BARON GAUTSCH ormeggiato al Molo San Carlo di Trieste
Il "Baron Gautsch" era una delle navi passeggeri più moderne del Lloyd Austriaco, con il suo scafo in acciaio.
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Varata nel 1908 nel cantiere Gourlay Brothers & Company di Dundee in Scozia
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lunghezza 84,55 m.
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larghezza 11,6 m.
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altezza 7,5 m.
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stazza lorda 2069 tonnellate
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stazza netta (861)
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quattro caldaie a tre forni per ognuna
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equipaggio 64 membri
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trecento passeggeri
Era dedicato al barone Paolo de Gautsch de Frankerrthurm, presidente del governo e del CONSIGLIO IMPERIALE del Parlamento di Vienna alla fine del XIX secolo.
IL DRAMMA
Come accennato sopra, terminata la sua breve attività come nave militarizzata austriaca, il piroscafo Baron Gautsch sbarcò il comandante della Marina Militare Austriaca e lo sostituì con il comandante triestino Paolo Winter della Marina Mercantile per riprendere la sua abituale attività come nave passeggeri di linea scalando i porti: Trieste, Pola, Lussinpiccolo/Lussingrande, Zara, Spalato, Lesina, Gravosa, Castelnuovo e Cattaro.
Una bella immagine satellitare delle riparatissime Bocche di Cattaro
Le Bocche di Cattaro, sono costituite da ampi valloni fra loro collegati che si inseriscono profondamente nell'entroterra come fiordi. Prendono il nome dalla città di Cattaro.
Caratterizzate da profondi bacini perfettamente riparati dal mare aperto, le bocche di Cattaro costituiscono uno dei migliori porti naturali del Mar Mediterraneo. Grazie a questa caratteristica, unitamente alla facile difendibilità, furono un importante punto strategico illirico, greco e quindi romano e bizantino. Per tre secoli la Repubblica di Venezia e poi l’Impero austro-ungarico hanno costituito una munitissima quanto inespugnata base navale militare.
Cattaro era il capoluogo dell’Albania Veneta considerata dal punto di vista strategico un punto importantissimo per il controllo dell'Adriatico e per contrastare l'espansione ottomana.
Il piroscafo BARON GAUTSCH lasciò le Bocche di Cattaro (Montenegro) il pomeriggio del 12 Agosto 1914 ed era atteso a Trieste dopo circa 23 ore di navigazione.
Il 13 agosto del 1914, salpò dal piccolo porto di Lussingrande, Veli Lošinj in croato, per raggiungere Trieste con 300 persone a bordo, tra equipaggio e passeggeri.
“Vedendo il grande piroscafo lungo oltre 85 metri che si dirigeva verso la zona minata, l’equipaggio del posamine Basilisk lanciò prontamente l’allarme, ma tanto i marinai quanto i passeggeri a bordo del Baron Gautsch interpretarono questi segnali come un caloroso benvenuto”.
Rovigno
Giunto a 9 miglia al largo di Rovigno (Istria) il comandante Paolo Winter, evidentemente ignaro dell’insidiosa presenza di campi minati austriaci sulla sua rotta, andò inesorabilmente incontro al peggiore naufragio che possa accadere: colare a picco in brevissimo tempo senza avere la minima possibilità di organizzare una, seppur improvvisata, operazione di salvataggio d’emergenza.
Tutto questo successe: “Alle 15.45, il piroscafo cozzò contro una mina e, in pochissimi minuti, affondò trascinando con sé 130 passeggeri, molti dei quali donne e bambini”.
I passeggeri imbarcati erano stimati intorno ai 310-350, i superstiti furono 190, i morti circa 130, ma furono rinvenuti non più di 30 corpi. I sopravvissuti furono condotti a Pola e ricoverati; il primo gruppo di naufraghi giunse in porto a Trieste la sera del 14 agosto a bordo del piroscafo “Adriana” della Società Istria-Trieste.
Col senno di poi, qualcuno avrà certamente ipotizzato che sarebbe stato più prudente affiancare i due Comandanti (militare e civile) per alcuni viaggi di addestramento e conoscenza degli ordigni posizionati in quelle acque dalla stessa Marina Austriaca.
Dal sito Atlante Guerra riportiamo:
L’affondamento ebbe pesanti strascichi giudiziari. Il capitano Winter, che si salvò su una scialuppa, fu accusato di codardia assieme a molti marinai che avrebbero pensato più a salvare sé stessi che a soccorrere i civili a bordo. In realtà, la maggior parte delle scialuppe non riuscì neppure ad essere calata in acqua per la cattiva manutenzione. Cattiva manutenzione che, secondo la difesa, andava imputata alla passata gestione da parte della Marina Militare.
Ma la vicenda più incredibile riguarda i giubbotti salvagente che avrebbero potuto salvare decine e decine di vite, e che era stati chiusi a chiave nei cassetti. Il comandante si giustificò spiegando che la decisione si era resa necessaria perché i passeggeri di terza classe li rubavano per usarli come cuscini. Alla fine del processo, gli ufficiali furono tutti assolti e nessuno di loro ebbe la minima ripercussione sulla carriera.
ALBUM FOTOGRAFICO
Piroscafo
BARON GAUTSCH
Il relitto del "Baron Gautsch", che fu scoperto all’inizio degli anni ’50, è giustamente considerato il più bello di tutto l’Adriatico. Si trova ad Ovest dell’arcipelago di Brioni in Croazia, a circa 6 miglia a Sud-Ovest del faro di San Giovanni in Pelago.
Lo scafo della nave è ancora in buono stato di conservazione e giace in assetto di navigazione, appoggiato su un fondale di sabbia e fango di circa 40 metri.
Sulla fiancata di sinistra del relitto c’è una grande falla circolare di circa due metri di diametro, che si trova proprio sulla linea di galleggiamento della nave, ed è il punto in cui avvenne l'urto con la mina.
Dei grandi saloni adornati in legno oggi è rimasta solamente la struttura esterna, mentre le superfici di alcuni ponti in legno sono ancora presenti, ma sono abbastanza pericolose perché possono crollare da un momento all’altro.
Sulla prua della nave si vedono bene il grosso argano salpa ancore a vapore e le due grandi ancore che si trovano ancora al loro posto dentro agli occhi di cubia.
Il ponte di comando del piroscafo, che era in legno, ormai non esiste più e la parte più alta del relitto è il tetto del ponte di prima classe, che si trova a circa 28 metri di profondità.
Per gli appassionati di questa materia, si segnala il sito:
CROAZIA – RELITTO “BARON GAUTSCH”
http://www.marpola.it/logbook/20.%20Baron%20Gautsch.htm
Carlo GATTI
Rapallo 5 Giugno 2024
SANTUARIO DELLA MADONNA DI MONTE GRISA - TRIESTE
SANTUARIO DELLA MADONNA DI MONTE GRISA
TRIESTE
Nel mese di maggio, il profumo dei fiori si mescola con la brezza marina, avvolgendo Trieste e i cuori dei suoi abitanti in un'atmosfera di devozione e gratitudine. È il periodo in cui il Santuario della Madonna di Monte Grisa risplende con particolare fervore, richiamando pellegrini da ogni angolo del mondo. Ma per me, uomo di mare e figlio della Liguria, questa devozione va oltre la semplice pratica religiosa. È un legame profondo, intessuto con i ricordi dell'oceano e delle esperienze vissute tra le onde.
Come marinaio, ho imparato a confidare nel conforto di Maria in ogni pericolo, a cercare il suo sostegno quando il mare si fa burrascoso e le stelle sono il mio unico faro. Ogni viaggio, ogni nodo marinaro, è un atto di devozione, un ex voto sussurrato al vento. E così, quando mi trovo di fronte al Santuario di Monte Grisa, non vedo soltanto pietra e argento, ma il riflesso della mia fede e delle mie speranze, nel rollio ed il beccheggio nelle onde dell’Adriatico.
In questo articolo, desidero condividere con voi questo legame profondo, raccontare di Trieste, città marinara tanto cara al mio cuore, e del Santuario della Grisa che è diventato per me il rifugio sicuro nelle tempeste della vita.
Il Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina è un Santuario Mariano cattolico a nord della città di Trieste. Sorge all'altitudine di 330 metri sul monte Grisa, da cui si gode di una vista spettacolare della città e del golfo. Fu progettato dall'ingegnere Antonio Guacci su schizzo del vescovo di Trieste e Capodistria Antonio Santin: la struttura triangolare evoca la lettera M, iniziale della Vergine Maria. Il Santuario è caratterizzato da un'imponente struttura in cemento armato, con la presenza di due chiese sovrapposte.
Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina di Monte Grisa, con la sua mole domina la splendida città di Trieste ed il suo golfo
Il santuario fu consacrato il 22 maggio 1966
UN PO’ DI STORIA
Il santuario mariano di Monte Grisa, che domina il golfo di Trieste, è inconfondibile con la sua forma a M e la caratteristica struttura portante in cemento armato a triangoli che ne hanno fatto una delle più fotografate tra le chiese moderniste.
Nel 1945 l'arcivescovo di Trieste Antonio Santin fece un voto alla Madonna per la salvezza di Trieste, minacciata di distruzione dagli eventi bellici. Finita la guerra.
nel 1948 monsignor Strazzacappa propose di realizzare, con l'intervento di tutte le diocesi d'Italia, un tempio di interesse nazionale dedicato alla Madonna.
Nel 1959, papa Giovanni XXIII decise che il Tempio sarebbe stato dedicato a Maria Madre e Regina come simbolo di pace e unità tra tutti i popoli, in particolare tra entrambi i lati del confine, che dal luogo del santuario dista meno di 10 chilometri.
Da aprile a settembre di quell'anno ebbe luogo il cosiddetto "pellegrinaggio delle meraviglie": la statua della Madonna di Fatima attraversò varie città italiane e raggiunse Trieste, accolta dall'arcivescovo, il 17 settembre 1959. Due giorni dopo fu posta la prima pietra del grande tempio.
Era desiderio di tutti avere per il nuovo tempio una statua della Madonna di Fatima: a ciò provvide il vescovo di Leiria João Pereira Venâncio, il quale incaricò lo stesso scultore che aveva eseguito la statua per la capelinha di scolpirne una uguale per Trieste.
Il 22 maggio 1966 il tempio fu consacrato e iniziarono i pellegrinaggi dall'Italia e dall'estero.
Dal 2011 il Tempio può vantare la presenza di un coro che canta in stile gregoriano in seno alle cerimonie religiose: il Coro Incanto Gregoriano. Il repertorio, oltre ai normali canti della Messa, esegue oggi delle magnifiche salmodie e litanie che il repertorio Gregoriano presenta e che, puntualmente, favoriscono la spiritualità, la devozione e la dimensione del Sacro.
Logo del Santuario Mariano
GLI ESTERNI DEL SANTUARIO
La facciata esterna dell’edificio mostra 3 grandi dimensioni architettoniche: la piramide ad indicare la trascendenza, la composizione dei triangoli ad indicarne la pluralità e la sua monolitica struttura ad indicarne l’unità.
Nella composizione di questi 3 grandi simboli, il Tempio anche dall’esterno, annunzia un messaggio sempre attuale: “l’unità nella pluralità si raggiunge quando si guarda in alto, dove si scorge maggiormente ciò che unisce anziché ciò che divide”.
Nel LINK sotto viene spiegata l’interessante Architettura dell’edificio con le sue SIMBOLOGIE E SPIRITUALITA’.
http://www.montegrisa.org/architettura-simbologia-e-spiritualita
Antonio Guacci
L’ing. Antonio Guacci, docente dell’università di Trieste presso la facoltà di ingegneria civile, accolse l’invito del committente mons. Antonio Santin, Vescovo di Trieste-Capodistria ad edificare un Tempio Mariano che raccogliesse la memoria di quattro eventi nazionali:
Il voto fatto dal presule per la salvezza di Trieste (30 apr. 1945)
Il ricordo dei soldati caduti e dispersi (1945)
Il dramma dell’Esodo Giuliano-Dalmata (1943-1956)
La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria (13 sett. 1959)
Antonio Guacci elaborò un originale progetto, un “Memoriale”, su un ciglione carsico a 330 metri sul livello del mare, visibile da tutti i paesi che si affacciano sul golfo. Il triangolo nel linguaggio simbolico biblico, rappresenta la trascendenza di Dio.
Nel Nuovo Testamento, richiama la prima verità della fede, la Trinità: un solo Dio in 3 persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il volume dell’edificio è di c.a. mc 40.000, con un’altezza di circa ml. 40, con la superficie dell’aula inferiore di mq 1.600 e di quella superiore di mq 1.500; dimensioni ragguardevoli per un edificio di culto, tanto da renderlo assieme alla sua ubicazione il più maestoso di Trieste.
Le pareti a vetro della chiesa superiore conferiscono all’aula trasparenza e luminosità che la rendono in continuità con il cielo, il mare e la vegetazione circostante.
Tra le tante simbologie rappresentate in questo Santuario, a noi interessa segnalarvi anche un aspetto molto particolare che rispecchia il forte legame della Trieste marinara con il culto Mariano:
La chiesa superiore assomiglia alla “coperta” di una nave, dove l’altare maggiore, indica il “ponte di comando”: il “nocchiero” Cristo unendola a Se con il suo spirito, la sospinge verso la gloria del Padre.L’altare della Madonna, invece, in fronte all’altare dell’Eucarestia ne suggerisce la “rotta” della nave: “fate quello che Egli vi dirà” (Gv.2,5).
INTERNI DEL SANTUARIO
LA CHIESA SUPERIORE
GALLERIA D’IMMAGINI
LA CHIESA INFERIORE
http://www.montegrisa.org/chiesa-inferiore
La chiesa inferiore, invece, con gli intrecci dei fasci luminosi, con le sue “lame” di luce e le penombre donano all’interno un’aurea di mistero che invita alla riflessione ed al silenzio.
DATI E DATE
Stato |
Italia |
Regione |
Friuli-Venezia Giulia |
Località |
Trieste |
Coordinate |
45°41′35.2″N13°44′57.18″ECoordinate: 45°41′35.2″N 13°44′57.18″E (Mappa) |
Religione |
cattolica di rito romano |
Titolare |
Nostra Signora di Fátima |
Ordine |
Istituto Servi del Cuore Immacolato di Maria |
Diocesi |
Trieste |
Consacrazione |
1966 |
Architetto |
Ing. Antonio Guacci |
Stile architettonico |
brutalismo |
Inizio costruzione |
1963 |
Completamento |
1966 |
Sito web |
Sito ufficiale del Santuario |
Per chi ama Trieste segnalo i seguenti Link:
Trieste, breve esposizione della sua storia
https://www.trieste.com/citta/storia.html
La Risiera di San Sabba, il lager di Trieste
https://www.storicang.it/a/risiera-di-san-sabba-il-lager-di-trieste_15529
Il colle di San Giusto è il centro storico di Trieste
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Giusto_(Trieste)
La grande festa del mare a Trieste: storie e curiosità sulla Barcolana
https://www.triesteprima.it/social/barcolana-storia.html
Triestini Celebri
https://www.trieste.com/citta/celebri.html
A cura di:
Carlo GATTI
Rapallo, 8 Maggio 2024
GENOVA - QUANDO TUTTO GIRAVA INTORNO AL PALAZZO DEL PRINCIPE
GENOVA - QUANDO TUTTO GIRAVA INTORNO AL PALAZZO DEL PRINCIPE
LA FREGATA ARGO DI ANDREA DORIA
Foto: A Mae Zena
Foto: Tripadvisor
Navigando nella bonaccia del Porto Antico, lo sguardo attento potrebbe scorgere un'imbarcazione che evoca l'antica grandezza dei mari: la fregata "Argo" di Andrea Doria, ancorata con antica fierezza. Questo vascello è stato ricostruito con maestria, rispettando i disegni originali del Cinquecento. Le vele si ergono alte, con i vessilli verdi, segno distintivo della casata, e quelli bianchi con l'aquila araldica dei Doria. Un tendale di velluto cremisi, prezioso al tatto, completa l'immagine.
In quei tempi lontani, l'"Argo" serviva a trasportare nobili e notabili che giungevano via mare al Palazzo del Principe, regale dimora che svettava sulle onde, permettendo all'ammiraglio di dominare con lo sguardo il golfo di Genova. Oggi la situazione è ben diversa: lo scenario è dominato dalla “sopraelevata” e dalle moderne navi da crociera ormeggiate a Ponte dei Mille, come mostra la foto sotto.
Foto: di Anna Armenise
Foto: A Mae Zena
Davanti al giardino meridionale, dove una statua di Nettuno rendeva omaggio al potere marittimo (pensatelo senza il porto moderno, ma in armonia diretta col mare), le galee delle aquile dei Doria attraccavano quando l'ammiraglio, sia Andrea che Giovanni Andrea, doveva imbarcarsi sulla sua Ammiraglia o sbarcarne per tornare a casa.
Foto: il Caffaro
LA CAPITANA
Ma non solo l'Argo sventola le sue vele nel Porto Antico. L'ammiraglio, infatti, aveva sempre ancorate in Darsena dodici galee pronte per la guerra, che poi divennero venti, con la Capitana, la galea più prestigiosa del suo tempo, al loro comando.
La storia racconta di un tempo in cui l'ammiraglio e l'Imperatore Carlo V concordarono l'impresa in Africa, e per tale avventura, fu necessario allestire una nuova flotta e una degna capitana. Così, sotto gli occhi dell'Imperatore, fu varata la Quadrireme, una galera maestosa, tanto sontuosa da far invidia agli antichi imperatori.
Le bandiere sventolavano, gli stemmi brillavano, e le parole latine adornavano le vele, mentre l'ammiraglio, ritratto come Nettuno, dominava con fierezza il mare.
Foto A Mae Zena
Nel 1538, a Genova, l'arrivo dell'Imperatore Carlo V e del Papa Paolo III fu celebrato con una grandiosa parata navale, una dimostrazione di potenza che preparava il terreno per una crociata contro gli Ottomani, preludio alla vittoria di Lepanto nel 1571.
Così, tra storia e leggenda, le navi del Principe solcarono i mari, portando con sé il destino di imperi e regni, tra le onde del Mediterraneo.
IL PALAZZO DEL PRINCIPE
VISTA FRONTALE
Foto: Tritaly.com
“Il Signor Principe facea fare una quadrireme, legno non usitato, per vedere se riuscita bene, per servirsene riuscendo molto utilmernte” raccontano i cronisti del tempo e ancora “L’Imperatore è sbarcato in la quadrireme, la quale è la più bella galera che si possa immaginare, e a popa li è preparata una cameretta ove dormirà esso et lo Infante Don Luis di Portugal”.
“La quadrireme è tale che a gran fatica non si potrebbe meglio pingersi et immaginarsi”… un altro storico… “Questo legno era con sì raro artificio et con tanta et si nuova magnificenza fabbricata, et ornato così riccamente, che pareggiava in questo genere le spese superbissime delli antichi imperatori”.
“Il Principe Andrea Doria ha fatto una galera per la cesarea Maiestà; quale dicono essere longa quindice palme et larga quatro più delle altr. Dove che nelle altre usano tre rafforzati (tre fila di rematori) per banco in questa ne usano quatro: E de qui preso il nome Quadrireme. In prora vanno tre gagliardi, che così dicono stendardi, con Bandere de damasco cremesin; longhe palmi ventitrè l’una, posti tutti in oro. In quello de mezo una stella tutta d’oro col campo pieno de razi et freze atorno, con littere che dicono, “Vias tuas Domine dimostra mihi (Signore mostrami le tue vie”.
Nelle altre dui la impressa de sua Maestà; con facelle de foco, con parole che dicono Ignis ante ipsum precedet (il fuoco lo precede).
Ne la bandiera della Gabbia qual pendeva fino al mare un Angelo molto grande con littere intorno che dicono Misit deus angelus suum ut custodiat te in omnibus viis tuis (Dio pose un suo angelo a custode delle tue vie).
Ne la bandiera de la Antena (pennone) uno Scuto, una celata (elmo), una spada con parole intorno Apprehende arma et scutum et exurge in adiutorium mihi (Afferra lo scudo e le armi e corri in mio aiuto).
Tre stendardi, dui de largheza de sette pezze, l’altro de otto longo palme vinticinque; l’altro trenta.
Foto: Galata Museo del Mare
“La poppa della ricostruzione di una galea genovese presso il Museo Galata”
Foto: A Mae Zena
“La prua della galea”
Nel grande il Crucifixo con freze (frecce) d’oro senza parole. Neli altri dui le armi de sua Maestà et staranno innanzi la popa dreto le qual anderà una bandiera de damasco biancho longa vintisei palmi; in mezo una pietra de littere Arcum conteret et confriget ; arma et scuta ombure tigni (l’arco si consuma e si spezza; brucia le armi e gli scudi col fuoco), et per lo campo chiave calici et croce de sancto Andrea. Dale bande duoi altre bandiere con littere intagliate Et plus ultra con l’impressa stemma di sua Maiestà.
Poi si ferno vintiquatro bandiere de damascho con campo gialo messo in oro con le arme de sua Maiestà: con le frezi rosse ne li cantoni de argento con le impresse de la sua Maiestà.
La Camera viene tutta intaliata de lavori bellissimi de legname messi in azuro et or, et de più altri paramenti di tela d’oro e d’argento.
Le pope viene medesimamente intagliata de uno Cendale de Veluto cremisino fodrato de brocato riccio sopra riccio; et un altro di scarlato pe ogni dì.
La Ciurma vestita di seta con camise lavorate di seta. L’arteglieria che è portata da ogni parte serà molto grossa e minuta.; gli huomini che ce andaranno si pensa che saranno ben vestiti et ben armati con questa et quatordece altre galere andava in Barzellona ove se intende che serà sua Maiestà. Et sono opinioni che voglia venir in Italia un’altra volta: pur il più crede che no, et che il Principe piglierà li sette mila spagnoli che sono in ordine per questa impresa: et l’armata de Spagna et de Portugallo et verrà in Sardegna. El signor Marchese con le altre galere et nave che son qui, imbarcarà li quatro milia italiani et sette milia Todeschi che sono in Lombardia, et andràno a napoli e de lì in Sicilia per pigliare cinque milia spagnoli che sono lì: et le galere passeranno in Sardegna”.
Foto Musei di Genova - Comune di Genova
“L’Ammiraglio ritratto da Sebastiano del Piombo”
Foto: Genova Today
Il quadro di Andrea Doria con il gatto Dragut
La tela, attribuita al pittore fiammingo William Key, ritrae il vecchio Andrea Doria, con il viso smunto e rugoso, una lunga barba bianca e, intorno al collo, il Toson d’Oro che gli ha donato Carlo v.
Il principe guarda lo spettatore con due occhi straniti, nonostante il carisma che emana la sua persona. Il gatto, robusto e nel pieno delle sue forze, invece fissa il suo padrone. C’è una tensione palpabile, un forte contrasto tra i due. Doria ormai è stanco e alla fine della sua vita, mentre il gatto Dragut appare maestoso nel suo portamento e dà una sensazione di sazietà e appagamento. Sic transit gloria mundi.
Da GENOVATODAY
Nell'immaginario popolare, ai gatti sono concessi un po' tutti i nomi, specie quelli stravaganti. E non manca chi ha deciso di chiamare il suo felino come un temibile pirata, nonché suo acerrimo nemico: è il caso del celebre ammiraglio genovese Andrea Doria, vissuto tra il '400 e il '500.
La storia è riportata alla luce dalla tela "Ritratto di Andrea Doria con il gatto" di William Key, conservata nelle sale di Palazzo del Principe. Nel quadro si vede il nobile con il suo grosso gatto Dragut. Ma chi era Dragut, e perché venne chiamato così?
L'ammiraglio, nel 1540, diresse alcune operazioni navali volte a frenare le continue incursioni dei corsari ottomani. Sotto il suo comando, suo nipote Giannettino in particolare riuscì finalmente a catturare Dragut, luogotenente di Khayr al-Din Barbarossa, il temibile "Barbarossa" comandante della flotta ottomana. Dragut venne consegnato all'ammiraglio Andrea Doria che - vista la pericolosità dell'individuo ma anche il prestigio della cattura - lo fece incatenare ai remi della sua nave per quattro anni. Dopo 48 terribili mesi in queste condizioni, ritenutolo ormai innocuo, lo fece vendere come schiavo. Insomma, la carriera di Dragut sembrava ormai finita, invece Barbarossa si ricordò di lui e, secondo alcune fonti, pagò un ricco riscatto per riportare ai suoi servizi il suo luogotenente. Questo la dice lunga di come Dragut fosse stimato.
Sulla base di questi racconti, si dice che Andrea Doria nutrisse un certo rispetto (e forse anche dell'affetto) nei confronti di un nemico così temibile e valoroso, che non si era arreso nemmeno dopo 4 anni di prigionia. Insomma, una di quelle persone che, se non fosse appartenuta a un fronte opposto, probabilmente Doria avrebbe voluto al suo fianco. E dunque, in suo onore, chiamò Dragut il proprio gatto.
Dragut immortalato al Palazzo Ducale
Foto: Wikipedia
Nelle nicchie sopra il cornicione della settecentesca facciata del Palazzo Ducale, disegnata dall’architetto Cantoni, sono presenti otto singolari sculture. Si tratta di otto statue realizzate (1777) dall’artista Giacomo Maria da Bissone che immortalano, incatenati e sottomessi alla Repubblica, otto grandi nemici di Genova. Da sinistra a destra sono lì posti ad eterna ed imperitura gloria della Superba.
Foto: A Mae Zena
Il pirata DRAGUT occupa la terza nicchia
Mare Nostrum Rapallo
RAPALLO: “mamma… li turchi” !
https://www.marenostrumrapallo.it/li-turchi/
RINGRAZIA
Per l’indispensabile contributo …
UNA VISITA CONSIGLIATA, REALE O VIRTUALE, PER CONOSCERE UN PEZZO IMPORTANTE DELLA STORIA E DELL’ARTE DELLA GENOVA RINASCIMENTALE
DORIA PAMPHILJ
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BIGLIETTI
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GALLERIA DORIA PAMPHILJ
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VILLA DEL PRINCIPE
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STORIA DELLA FAMIGLIA
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IL TRUST
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VISITA LA GALLERIA
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VISITA LA VILLA
Villa del Principe - Palazzo di Andrea Doria - Genova
https://www.doriapamphilj.it/genova/la-visita/
Mare Nostrum Rapallo segnala il libro:
2015 - DRAGUT – AMMIRAGLIO E CORSARO OTTOMANO – Emilio CARTA
RINGRAZIAMENTI:
Per le immagini pubblicate a scopo divulgativo: Palazzo del Principe Genova
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VISITGENOA
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A MAE ZENA
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TRIPADVISOR
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ARTE E MUSEI
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COMUNE DI GENOVA
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GUIDA DI GENOVA
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GENOVA TODAY
Carlo GATTI
Rapallo, 6 Maggio 2024
NAVI SENZA EQUIPAGGIO
NAVI SENZA EQUIPAGGIO
La prima guerra mondiale (1914-18) segnò la fine della plurisecolare navigazione commerciale a vela.
Con le invenzioni dello scienziato italiano Guglielmo Marconi (1874-1937) il mondo intero entrò nella MODERNITA'.
A tutt’oggi (2024), gli strumenti di uso comune sono i figli e nipoti della sua rivoluzione tecnologica, anche la nascita della prima nave mercantile senza equipaggio di cui oggi ci occupiamo.
ESPERIMENTO DI GUGLIELMO MARCONI DA BORDO DELL' "ELETTRA" - ACCENSIONE DELLA FACCIATA DEL PALAZZO DEL MUNICIPIO DI SIDNEY (AUSTRALIA)
Guglielmo Marconi ripreso all'interno della cabina-radio della nave-laboratorio Elettra nell'atto di eseguire l'esperimento
La nave-laboratorio Elettra ormeggiata al Molo Duca degli Abruzzi nel porto di Genova
26 marzo 1930
Sono le 11.30 quando Guglielmo Marconi dal suo yacht-casa-laboratorio ormeggiato a Genova accende le luci del Municipio di Sidney attraverso un segnale radio. Il semplice gesto di premere un bottone diventa un’onda elettromagnetica capace di viaggiare alla velocità della luce per ventimila chilometri, incontrare un commutatore e compiere la magia.
Quel giorno nasceva il COMANDO DA REMOTO
OGGI LA STORIA MARITTIMA STA VIVENDO UNA SVOLTA EPOCALE
Il 4 settembre 2021, la rivista FOCUS pubblicò un articolo intitolato:
L’azienda norvegese: YARA MARINE TECHNOLOGIES lavora per la messa a punto della prima nave porta container “autonoma” (senza equipaggio), completamente elettrica, a emissioni zero. Si chiama:
“ YARA BIRKELAND ”
Quell’annuncio shock fece molto scalpore nello shipping internazionale e noi “gente di mare” lo ricordiamo per l’inquietudine e l’incredulità che tuttora ci rende incapaci di fare una sintesi razionale tra i vantaggi e gli svantaggi di una così radicale innovazione.
Oggi affrontiamo l’argomento soprattutto per prendere atto che IL FUTURO DELLA MARINERIA E’ GIA’ QUI, giunto nottetempo in sordina sull’imboccatura dei nostri porti come un atto di pirateria del 1500, e non ci rimane che confessare la nostra insufficiente preparazione nel reagire e commentare un tema rivoluzionario di grande portata storica che cambierà, nel bene e nel male, molte delle nostre certezze.
Quando i sogni diventano realtà!
Nel 2017 la Compagnia norvegese mostrò al mondo il progetto in miniatura
Oggi, 2O24 - La YARA MARINE TECHNOLOGIES leader di questo Progetto avanzato, si dichiara PRONTA ed ha come obiettivo il trasporto delle merci via mare.
La Yara Birkeland è già operativa come “nave autonoma” ed opera tra le sponde di un fiordo: attracca e ormeggia regolarmente nel porto di Horten (sponda occidentale del fiordo di Oslo-Norvegia.
La freccia rossa a sinistra indica il porto di Horten-Oslofjorden
La sua breve storia è iniziata nel 2021 compiendo il suo primo viaggio autonomo tra Herøya e Brevik (due città norvegesi), ma in futuro collegherà altri porti commerciali col suo carico di fertilizzanti, destinati in futuro ai mercati asiatici.
MASSIMO CONTROLLO
Senza equipaggio, la sua navigazione è affidata a tre centri di controllo a terra. Nella prima fase del progetto, la movimentazione del carico è affidata ai portuali, ma secondo Jon Sletten, direttore dello stabilimento Yara di Porsgrunn, l'obiettivo è di rendere totalmente autonome tutte le tradizionali ed ormai “superate” operazioni commerciali.
La Yara Birkeland, lunga 80 metri e larga 15, potrà viaggiare a una velocità di 13 nodi (circa 24 chilometri l'ora) e sarà in grado di trasportare 60 container a pieno carico.
La nave “Yara Birkeland” in navigazione nella rada di un fiordo norvegese. Il ponte di comando è ancora al suo posto, ma nella foto successiva appare senza ponte di Comando, che risulta sbarcato insieme al suo equipaggio…
Le funzioni di automazione, compresi l'autocrossing e l'autodocking, saranno implementate nel 2027, mentre dal 2028 anche i traghetti locali saranno operativi al 100% in navigazione autonoma tramite controllo da remoto e senza equipaggio.
14 mar 2024
IL QUADRO GENERALE
Come abbiamo già annunciato, l'innovazione nel settore marittimo ha raggiunto nuove vette con l'avvento delle navi autonome, come la "Yara Birkeland", che promettono emissioni zero e maggiore efficienza operativa. Tuttavia, dietro questa svolta epocale si celano sfide importanti.
Vantaggi - Riduzione dell'errore umano
La “tecnologia autonoma” può ridurre significativamente il rischio di incidenti dovuti a errori umani migliorando così la sicurezza in navigazione e nelle operazioni portuali.
Inoltre, le navi autonome possono essere programmate per ottimizzare le rotte e ridurre i tempi di transito, portando a una maggiore efficienza nel trasporto marittimo.
Grazie alla propulsione elettrica e alla mancanza di emissioni dirette, le navi autonome contribuiscono alla lotta contro il cambiamento climatico e all'inquinamento atmosferico.
Sfide da affrontare - Adattamento infrastrutturale
I porti devono essere adeguati per poter gestire le esigenze delle navi autonome che potrebbero richiedere infrastrutture specializzate per la ricarica e la manutenzione programmata periodica ed anche eccezionale.
L'introduzione delle navi autonome potrebbe portare ad una riduzione della domanda di lavoro per i marittimi tradizionali, sollevando preoccupazioni riguardo alla sicurezza del lavoro e alla perdita di competenze.
Anche se le navi autonome promettono di ridurre l'errore umano, è necessario garantire che i sistemi di controllo e le procedure di emergenza siano robusti per prevenire incidenti inaspettati.
È fondamentale affrontare le questioni legate alla sicurezza e all'occupazione in modo proattivo, investendo nella formazione professionale e nell'adattamento delle infrastrutture portuali. Inoltre, è importante riconoscere che l'innovazione tecnologica è inevitabile e può portare a benefici significativi se gestita con saggezza e lungimiranza.
Conclusione:
Il futuro della navigazione marittima è in rapida evoluzione, guidato dall'innovazione tecnologica e dalla ricerca di soluzioni sostenibili. Mentre le navi autonome sollevano domande e sfide, è essenziale affrontare queste sfide con determinazione e apertura mentale, lavorando verso un futuro in cui la navigazione sia più sicura, efficiente ed ecologica per le generazioni a venire.
Riflessioni personali:
Il comando da remoto ha acquisito oltre un secolo di esperienza in tutti i campi civili e militari, ma ritengo che sarà piuttosto difficile sostituire l'esperienza marinara maturata in almeno tre millenni da milioni di marinai.
Come affrontare la gestione di queste navi sempre più lunghe, in spazi ristretti, con carichi pericolosi? Occorrerà dedicare molta “esercitazione” da parte dei Sistemi di Controllo a terra in “remote”! Non ho alcun dubbio sul fatto che i gestori di queste operazioni navali siano scelti tra i più bravi professionisti del mare!
Personalmente non sono in grado di fare previsioni realistiche perché mi sento tuttora ancorato a quell’esperienza storico-marinara che non può essere facilmente sostituita dalla tecnologia tout court. Anche con l'avvento delle navi autonome e dei sistemi di controllo remoto, ci sono situazioni in cui l'istinto e l'esperienza umana giocano un ruolo insostituibile, soprattutto in condizioni complesse in cui i Comandanti di navi devono decidere come e quando scappare da un pericoloso ciclone, oppure come affrontare falle, vie d’acqua, riparazioni d’urgenza in emergenza (situazioni-limite).
Tuttavia, so quanto la Norvegia, che vanta antichissimi primati di marineria, sia in grado di ottimizzare e risolvere qualsiasi situazione, siano esse di routine sia emergenziali. Altre numerose nazioni altamente “marinare” tra cui l’Italia, daranno un contributo significativo alla soluzione di queste tematiche di ultima generazione.
Tentiamo una sintesi:
Conoscenza locale: I marinai con esperienza hanno una comprensione approfondita delle condizioni locali, come correnti, marea e condizioni atmosferiche specifiche della regione in cui operano. Questa conoscenza è cruciale per navigare in modo sicuro e efficiente,
Capacità decisionale: Gli equipaggi con esperienza sono in grado di prendere decisioni rapide e informate in situazioni di emergenza o inaspettate, basandosi sulla loro conoscenza pratica e sul loro istinto.
Abilità di gestione del rischio: I marinai esperti sono addestrati a gestire situazioni ad alto rischio, come il trasporto di carichi pericolosi, minimizzando il rischio di incidenti e danni.
Il nostro auspicio - Integrazione con la tecnologia
L'introduzione di navi autonome e tecnologie avanzate nel settore marittimo è inevitabile, ma è importante riconoscere il valore insostituibile dell'esperienza marinara accumulata nel corso dei secoli. Affrontare sfide complesse come la gestione di navi molto lunghe in spazi ristretti richiederà molto tempo ed una combinazione di buon senso, esperienza pratica e tecnologia avanzata. L'obiettivo dovrebbe essere quello di integrare in modo efficace queste risorse per garantire la sicurezza e l'efficienza delle operazioni marittime anche in futuro.
È fondamentale investire nella formazione e nell'addestramento degli equipaggi per comprendere e utilizzare efficacemente la tecnologia a loro disposizione. La sinergia tra l'esperienza umana e la tecnologia può massimizzare l'efficacia e la sicurezza delle operazioni marittime.
Il nostro auspicio impone, tuttavia, una domanda cruciale:
I sistemi di assistenza avanzati possono fornire dati e suggerimenti utili, ma la decisione finale dovrebbe ancora essere presa dall'equipaggio con esperienza?
A breve avremo l’ardua sentenza!
VI PROPONIAMO ALCUNI LINK DI GRANDE INTERESSE:
Ammiraglio Giardino: “La nave autonoma arriverà presto e sarà sicura”
https://www.youtube.com/watch?v=Q6KbTryCGVs
Navi senza equipaggio, nel porto di Livorno si sperimentano le manovre digitali.
In corso il progetto 5G Mass, targato Cnit-Guardia costiera. Dall’AI il sogno di abbattere fino al 90% degli errori umani.
https://www.ilsole24ore.com/art/navi-senza-equipaggio-porto-livorno-si-sperimentano-manovre-digitali-AFA5PX9C?refresh_ce=1
“Le navi senza equipaggio? Un futuro molto vicino”
https://www.lastampa.it/economia/2017/12/15/news/le-navi-senza-equipaggio-un-futuro-molto-vicino-1.34083569/
Navi senza equipaggio: dal 2028 si punta ad avere un codice di regolamentazione internazionale
https://www.shippingitaly.it/2022/05/06/navi-senza-equipaggio-dal-2028-si-punta-ad-avere-un-codice-di-regolamentazione-internazionale/
Le navi a guida autonoma prendono il largo: prospettive e rischi da mitigare
https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/le-navi-a-guida-autonoma-prendono-il-largo-prospettive-e-rischi-da-mitigare/
Carlo GATTI
Rapallo, 1 Maggio 2024
1833 – IL PIROSCAFO A PALE FRANCESCO I FU LA PRIMA NAVE DA CROCIERA DELLA STORIA NAVALE
1833 – IL PIROSCAFO A PALE FRANCESCO I FU LA PRIMA NAVE DA CROCIERA DELLA STORIA NAVALE
La storia della prima nave da crociera nel mondo, il Francesco I, è un capitolo affascinante e spesso trascurato nella storia marittima. Questa nave non solo ha segnato un primato nell'ambito delle crociere, ma ha anche rappresentato un punto di svolta nel settore turistico passeggeri e ha contribuito all'ascesa della marineria napoletana nel panorama mondiale.
L’ANTEFATTO STORICO
Regnavano i Borbone - La Dinastia dei Primati
L'introduzione della navigazione a vapore nel Regno delle Due Sicilie, attribuisce il merito al re Ferdinando I di Borbone e all'aristocrazia napoletana, che hanno sostenuto le proposte del capitano marittimo francese Pietro Andriel il quale, ispirato da Roberto Fulton e il suo battello fluviale Vermont, ottenne il monopolio della navigazione a vapore nel regno nel 1817.
Una compagnia, fondata con il supporto finanziario dell'aristocrazia e del mondo economico di Napoli, commissionò la costruzione della prima nave a vapore, chiamata Ferdinando I. Questa nave, costruita nel 1818, venne dotata di un innovativo apparato di propulsione e svolse un ruolo pionieristico nella storia della navigazione a vapore.
Il viaggio inaugurale della nave, diretto a Genova e Marsiglia, suscitò un grande interesse dimostrando l'efficacia della tecnologia a vapore. Nonostante alcuni problemi tecnici durante il viaggio, la nave ottenne successo e ha attirò l'attenzione dei commercianti e degli armatori locali.
Giornalisti presenti durante il viaggio inaugurale descrissero la nave in dettaglio, evidenziando le sue caratteristiche e le sue prestazioni positive. Il successo della Ferdinando I portò ad ulteriori viaggi e alla sua accoglienza positiva nei porti di Genova e Marsiglia.
In questa prima fase di viaggi sperimentali verso i maggiori scali del Nord, la nave dei “primati” evidenziò il ruolo chiave giocato dal re e dall'aristocrazia napoletana.
L’INIZIO DI UNA BELLA AVVENTURA
La Francesco I fu una nave da crociera innovativa e di lusso, costruita per offrire comfort e servizi di prima classe ai suoi passeggeri. Era considerata all'avanguardia per il suo tempo, dotata di strutture e servizi che la rendevano unica nel suo genere.
La nave era stata progettata per offrire un'esperienza di viaggio eccezionale, con cabine lussuose, spazi pubblici eleganti e una vasta gamma di servizi a bordo. Nella seconda fase, le sue rotte erano attentamente pianificate per includere destinazioni esotiche e affascinanti, consentendo ai passeggeri di esplorare nuove culture e paesaggi senza rinunciare al comfort e al lusso.
La crociera inaugurale del Francesco I verso i porti della Grecia e Turchia fu un successo straordinario. Non solo offrì agli aristocratici del tempo un lusso e un comfort senza precedenti, ma anche un'esperienza culturale unica. Questa crociera rappresentava l'incontro tra le élite aristocratiche di diverse nazioni, sottolineando l'importanza della navigazione non solo come mezzo di trasporto, ma anche come mezzo di scambio culturale e sociale. Sulla FRANCESCO I si imbarcarono infatti: nobili, autorità, principi reali provenienti da tutta Europa e in poco più di tre mesi la nave scalò molte città storiche: Taormina, Catania, Siracusa, Malta, Corfù, Patrasso, Delfo, Zante, Atene, Smirne, e Costantinopoli, allietando i passeggeri con escursioni e visite guidate, balli, tavolini da gioco sul ponte e feste a bordo.
Il Regno dei Borbone in Italia è noto principalmente come il Regno delle Due Sicilie che comprendeva il sud della penisola italiana e l'isola di Sicilia. Questo regno è stato governato dalla dinastia dei Borbone dal 1734 fino all'Unità d'Italia nel 1861. Quindi, il periodo di dominio borbonico in Italia durò circa 127 anni.
Il Francesco I fu una delle tantissime iniziative dei Borbone di Napoli, una famiglia che ha lasciato un'impronta indelebile sulla storia non solo della regione ma anche dell'Italia nel suo complesso. Nel periodo in cui il questa nave divenuta “famosa” operava, la Marina napoletana era in cima alle classifiche in tanti settori economici e industriali legati al mondo marittimo beneficiando dell'importante posizione geografica della città di Napoli e della sua lunga tradizione marittima.
Il vapore Francesco I e la prosperità associata al periodo dei Borbone di Napoli sono ricordati con nostalgia da molti, ma c'è anche un lato controverso nella loro storia. Alcuni ritengono che l'Unità d'Italia abbia danneggiato il sud, incluso Napoli, mentre la regione stava vivendo un periodo di prosperità.
L'Unità d'Italia, avvenuta nel 1861, portò con sé una serie di cambiamenti politici, sociali ed economici che influenzarono diverse regioni in modo diverso.
Mentre alcune aree del Nord dell'Italia prosperarono grazie all'industrializzazione e allo sviluppo, il sud, compresa Napoli, ebbe difficoltà ad adeguarsi a questi cambiamenti. L'abolizione del Regno delle Due Sicilie e l'integrazione nel Regno d'Italia portarono con sé sfide economiche e sociali per il Sud, inclusi problemi legati alla gestione delle risorse e alla redistribuzione della ricchezza.
Francesco I delle Due Sicilie (1777-1830)
Francesco I di Borbone fu re del Regno delle Due Sicilie dal 1825 fino alla morte. Dal 1812 al 1814 fu reggente del Regno di Sicilia e dal 1815 fino al 1820 fu luogotenente del re nell'isola.
Ferdinando II delle Due Sicilie (1810-1859)
Ferdinando II di Borbone è stato re del Regno delle Due Sicilie dal 1830 fino alla sua morte. Successe al padre Francesco I in giovane età e fu autore di un radicale processo di risanamento delle finanze del Regno.
Lo slancio innovativo che portò il Regno delle Due Sicilie all'ammirazione del mondo fu il risultato di diversi fattori combinati:
Il Regno delle Due Sicilie occupava una posizione strategica nel Mediterraneo, con importanti porti marittimi come Napoli, Palermo e Messina che favorivano il commercio e lo sviluppo marittimo, consentendo al regno di diventare un importante centro di scambi commerciali e culturali.
I sovrani borbonici del Regno delle Due Sicilie, in particolare Ferdinando II e suo figlio Francesco II, promossero politiche di modernizzazione e sviluppo. Investirono in infrastrutture, come strade, ferrovie e porti, per favorire il commercio e lo sviluppo economico. Inoltre, promossero l'istruzione e la cultura attirando artisti, scrittori e musicisti da tutta Europa. Questo contribuì alla reputazione del regno come luogo di raffinatezza e cultura contribuendo a creare un ambiente favorevole all'innovazione e al progresso.
Il Regno delle Due Sicilie conobbe una certa crescita economica durante il XIX secolo, influenzata dalla rivoluzione industriale in corso in Europa. Sebbene il regno non fosse al passo con le potenze industrializzate del Nord Europa, conobbe comunque un certo sviluppo industriale, specialmente nel settore tessile e siderurgico
Sarete sorpresi nel leggere (nel LINK sotto) l’elenco molto corposo dei PRIMATI del Regno Di Napoli e delle Due Sicilie:
https://realcasadiborbone.it/alcuni-primati-del-regno-di-napoli-e-delle-due-sicilie/
Purtroppo le immagini della nave Francesco I sono soltanto “rappresentazioni pittoriche”, semplicemente perché la fotografia più antica nacque nel 1826 in Francia e cominciò a diffondersi rapidamente dopo il 1840. Il piroscafo fu costruito nei cantieri navali di Castellamare di Stabia nel 1831.
L'esempio del Francesco I non tardò a suscitare l'interesse di altri Paesi marittimi, che cominciarono a investire nel settore delle crociere passeggeri. Questo settore aumentò notevolmente nel corso dei decenni e diventò un pilastro dell'industria turistica mondiale, con milioni di persone che partecipano a crociere ogni anno.
Per concludere, mentre il piroscafo Francesco I rimane un simbolo significativo del Regno Borbonico delle due Sicilie e dei suoi successi marittimi, è importante mantenere una prospettiva storica equilibrata. L'obiettivo della nostra Associazione Marinara è quello di promuovere la conoscenza e l'apprezzamento della storia marittima senza prendere posizioni politiche.
A tal fine, desidero condividere alcune riflessioni del rinomato storico Alessandro Barbero, il cui approccio analitico e documentato fornisce una prospettiva ricca di dati storici e statistiche scientifiche.
Secondo Barbero, non possiamo ignorare gli errori commessi dai Borbone durante il loro regno. Attraverso un'analisi basata su dati numerici e fonti documentate, Barbero offre una visione critica che contribuisce a comprendere appieno il contesto storico in cui operava il Regno delle due Sicilie. Questa chiarezza è fondamentale per una discussione obiettiva e informativa sulla storia marittima e politica del periodo.
Mentre le opinioni possono divergere sul ruolo e sull'importanza dei Borbone, l'inclusione delle analisi di studiosi come Alessandro Barbero ci permette di approfondire la nostra comprensione della storia senza essere influenzati da pregiudizi politici.
In definitiva, ciò che emerge è un quadro complesso e sfaccettato che invita alla riflessione critica e all'apprezzamento delle molteplici sfaccettature della storia marittima del Regno delle due Sicilie e del suo impatto duraturo sulla cultura e sull'eredità marittima italiana e non solo.
Alessandro barbero prende le distanze dal Neo-borbonismo…
https://www.youtube.com/watch?v=T6esgHd0R5w
Fonti:
I siti consultati
ExPartibus
https://www.expartibus.it/francesco-i-la-prima-nave-da-crociera/
Napoli in progress
https://napoliinprogress.wixsite.com/napoliinprogress/single-post/2017/03/15/la-francesco-i-la-prima-nave-da-crociera-al-mondo-nel-1831
https://realcasadiborbone.it/un-po-di-storia-piroscafo-francesco-i-primato-borbonico/
Voce di Napoli
https://www.vocedinapoli.it/2017/08/29/la-francesco-fu-la-nave-crociera-europa/
ALTA TERRA DI LAVORO
https://www.altaterradilavoro.com/la-francesco-i-la-prima-nave-da-crociera-al-mondo/?doing_wp_cron=1711094191.9904980659484863281250
Carlo GATTI
Rapallo, 15 Aprile 2024