TORRE MARCONI - SESTRI LEVANTE
TORRE MARCONI
SESTRI LEVANTE
Il 15 giugno 1927 Guglielmo Marconi sposò Maria Cristina Bezzi-Scali. La loro figlia fu chiamata Maria Elettra Elena Anna. Anche il panfilo che ospitò molte ricerche in varie parti del mondo si chiamò Elettra.
Gli esperimenti effettuati nel golfo del Tigullio avevano come postazione a terra una TORRE, posta sulla penisola di Sestri Levante, che successivamente prese il nome di TORRE MARCONI, mentre nelle carte ufficiali della Marina italiana il golfo del Tigullio assunse il nome di: GOLFO MARCONI.
La nave laboratorio ELETTRA a Sestri Levante
Dipinto di Amedeo Devoto
Guglielmo Marconi nella sua postazione sull’ELETTRA
Sestri Levante – Baia del Silenzio
La freccia indica la posizione della TORRE MARCONI
Nominativo di chiamata
IY1TTM
Non molti sanno che al culmine della penisola di Sestri Levante esiste la Torre Marconi dalla quale lo scienziato italiano portò a termine la parte tecnologicamente più avanzata dei suoi esperimenti.
Sentiero che porta alla Torre Marconi
Sulla penisola, immediatamente fuori le mura, un breve percorso conduce alla “Torre Marconi”, compresa attualmente nel Parco del Gran Hotel dei Castelli – edifici costruiti per volere dell’industriale piemontese Riccardo Gualino e situata sul punto della penisola di massima visuale: nelle giornate limpide la vista abbraccia buona parte della costa ligure di ponente, oltre al tratto di mare verso punta Manara. Le torri costituivano certamente un elemento fondamentale di avvistamento e di segnalazione in rapporto alla fortezza.
Il manufatto, di sezione circolare, ha un’altezza di circa 10 metri su tre piani, ed è interamente in mattoni. Nell’impossibilità di stabilire il periodo dell’originaria edificazione, si può in ogni caso ipotizzare che ricalchi una o più precedenti fondazioni: le carte e le stampe antiche indicano, infatti, un mastio al di sopra del sentiero, proprio nel punto dove oggi sorge la torre; si può anche pensare che in questa parte del promontorio esistesse più di un punto di osservazione: in un luogo più elevato della penisola, nei pressi della torre, sono visibili i resti di un altro manufatto di epoca imprecisata, una torricella costruita con grosse pietre regolari e rovinata nella parte sud per un crollo: forse di antica origine, probabilmente utilizzata come “batteria” in tempi più recenti; apparati di questo genere sono indicati, nelle carte del settecento, in svariati punti dell’isola.
Dopo secoli di abbandono la Torre è stata nuovamente utilizzata nel corso del Novecento, grazie alla sua posizione strategica sul mare; Riccardo Gualino, proprietario dagli anni venti di parte della penisola, amico di Guglielmo Marconi, lo invitò ai Castelli e gli mise a disposizione la torre, dove lo scienziato condusse numerosi esperimenti tra il 1932 e il 1934.
Il 30 luglio 1934, alla presenza di tecnici, ufficiali della Marina Italiana e Inglese e di numerosi rappresentanti della stampa, Marconi coronò con successo i suoi esperimenti sulla possibilità di utilizzare le microonde per ottenere un sistema di radiotelegrafia da applicarsi alle navi in condizioni di scarsa visibilità o nulla: salpata da Santa Margherita, la nave Elettra si diresse verso Sestri Levante, sul cui promontorio era stato installato il radiofaro; a circa 800 metri da questo si trovavano disposte due boe distanziate tra loro di 100 metri, tra le quali l’Elettra passò con precisione, guidata unicamente dai segnali emessi dal radiofaro.
Dal 1971 la Torre è custodita dai radioamatori della sezione A.R.I. (Associazione Italiana Radioamatori) di Sestri Levante (IY1 e’ il nominativo speciale assegnato alla torre), grazie ai quali perdura l’originaria funzione di trasmissione, “avvistamento” e segnalazione della costruzione. Nel seminterrato ci sono due piccoli magazzinetti, al pianterreno c’è un piccolo salotto e sulle pareti sono appese diverse fotografie di Guglielmo Marconi e del panfilo “Elettra”; una scala a chiocciola porta al piano superiore dove c’è la sala radio. Si può accedere al tetto a terrazza attraverso una botola.
Per questo motivo la storica “Torre Marconi” rappresenta da sempre la sede ideale dei radioamatori di Sestri Levante e di tutto il Golfo del Tigullio; non a caso sulle carte nautiche dell’Istituto Idrografico della Marina tale golfo é riportato con il nominativo: Golfo Marconi per gli studi svolti dallo scienziato nella Riviera di Levante. Dai tempi di Guglielmo Marconi il nominativo di chiamata della stazione radio, presente all’interno della Torre, é il seguente: IY1TTM ed é conosciuto in tutto il mondo.
Bibliografia:
-Albertella L., Fortificazioni, edifici ecclesiastici, borghi nella Liguria di Levante nel Medioevo: comune di Sestri Levante, tesi inedita, Università degli Studi di Genova, Facoltà di Lettere e Filosofia, anno accademico 1986/1987, relatore Prof.ssa Colette Bozzo Dufour, pp. 127-130.
-La torre Marconi, a cura della sezione A.R.I. di Sestri Levante (Associazione Radioamatori Italiani, www.radiomar.net)
TORRE MARCONI
La tromba delle scale della Torre Marconi che é accessibile da una botola sul tetto della Torre stessa.
Torre Marconi a Sestri Levante vista dalla Baia del Silenzio
Guglielmo Marconi
(Bologna 25 aprile 1874 – Roma 20 luglio 1937)
1932-Santa Margherita Ligure. Guglielmo Marconi con la moglie, marchesa Maria Cristina Bezzi-Scali (Roma, 2 aprile 1900 – Roma, 15 luglio 1994) seconda moglie dello scienziato e madre di Elettra.
1906 - Una Stazione Radio MARCONI, Capo Cod, Massachusetts, Stati Uniti di Marconi
Antenna Marconi
Il giovane MARCONI
Museo Marinaro Tommasino Andreatta Chiavari
Cuffia “Brown”
(adoperata dal marconista dell’Elettra)
Gran Bretagna, 1925
Dimensioni: cm 20x10x18
Materiali: metallo, bachelite
Donazione Franco Tommasino
M.M.T.A. – Invent. n. 109
Questa cuffia, in uso presso la stazione radiotelegrafica dello yacht “Elettra”, la nave a bordo della quale Guglielmo Marconi condusse i suoi più importanti esperimenti, fu donata a Mario Tommasino da Adelmo Landini, operatore radio di bordo.
Al centro della foto la Signora Elettra Marconi a braccetto del Comandante Ernani Andreatta, Curatore del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari. La foto é stata scattata nel giardino che circonda la Torre Marconi.
Elettra Marconi, in visita al Museo Marinaro Tommasino-Andreatta, ammira la perfezione del modello della nave laboratorio ELETTRA che porta il suo nome. Di questo eccezionale “modello” ne esiste soltanto un’altra copia presso la sede della RAI di Torino.
Da sinistra: Guglielmo Giovannelli Marconi figlio di Elettra, Franco Tommasino detto “Mario” (autore del modello) co-fondatore del Museo marinaro, Elettra Marconi e la signora Erminia Gueglio, moglie di Franco Tommasino.
La foto é stata scattata nel salone della Caserma di Caperana-Chiavari. Da sinistra, la signora Elettra Marconi, il Capitano di Vascello Vincenzo Rinaldi, Comandante della Scuola TLC, il Comandante Ernani Andreatta, il radioamatore Giuliano Corradi amico di Elettra Marconi, il Maggiore Gigi Pansa Aiutante del Comando.
Una bella immagine dell’ELETTRA nelle nostre acque
Guglielmo Marconi nella Stazione Radio della nave laboratorio ELETTRA
Guglielmo Marconi con padre Alfani all’inaugurazione della stazione di radiotelegrafica dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze
I RADIOAMATORI EREDI DI GUGLIELMO MARCONI
OGGI NELLA TORRE CHE PORTA IL SUO NOME
IY1TTM – TORRE MARCONI – Interni
Montallegro - Rapallo
Scultura in rilievo della ELETTRA di G.Marconi su una parte di CARENA della nave stessa.
L’opera si trova a Villa Durazzo – Santa Margherita Ligure, teatro di molti esperimenti di Marconi in rada, in navigazione nel Tigullio e in porto a Santa Margherita Ligure.
ALCUNE ANTENNE POSIZIONATE DAI RADIOAMATORI SULLA TORRE MARCONI
SESTRI LEVANTE
BIOGRAFIA DI GUGLIELMO MARCONI
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Radio radianti
Premio Nobel per la fisica nel 1909, Guglielmo Marconi nasce il 25 aprile 1874. Trascorre l’infanzia a Pontecchio, Villa Griffone, cittadina vicino a Bologna, dove sviluppa le prime curiosità scientifiche e matura la sua grande scoperta, l’invenzione della radio. E’ proprio qui infatti che lo scienziato lancia da una finestra, tramite l’invenzione di un’antenna trasmittente, il primo segnale di telegrafia senza fili, nell’anno 1895, attraverso quella che diverrà poi “la collina della radio”.
Marconi dedicherà tutta la sua vita allo sviluppo e perfezionamento delle radiocomunicazioni. Studia privatamente; ha vent’anni quando muore il fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz: dalla lettura delle sue esperienze Marconi prenderà ispirazione per quei lavori sulle onde elettromagnetiche che l’occuperanno per tutta la vita.
Forte delle sue scoperte e galvanizzato dalle prospettive (anche commerciali) che potevano aprirsi, nel 1897 fonda in Inghilterra la “Marconi’s wireless Telegraph Companie”, non prima di aver depositato, a soli ventidue anni, il suo primo brevetto. I benefici della sua invenzione si fanno subito apprezzare da tutti; vi è un caso in particolare che lo dimostra in modo clamoroso: il primo salvataggio, a mezzo appello radio, che avvenne in quegli anni di una nave perduta sulla Manica.
Nel 1901 vengono trasmessi i primi segnali telegrafici senza fili tra Poldhu (Cornovaglia) e l’isola di Terranova (America settentrionale). La stazione trasmittente della potenza di 25 kW posta a Poldhu Cove in Cornovaglia, come antenna dispone di un insieme di fili sospesi a ventaglio fra due alberi a 45 metri d’altezza, mentre la stazione ricevente, posta a St. Johns di Terranova, è composta solo da un aquilone che porta un’antenna di 120 metri.
Il 12 dicembre 1901 per mezzo di una cuffia e di un coherer vengono ricevuti i primi SOS attraverso l’Atlantico. Così Marconi, non ancora trentenne, è carico di gloria e il suo nome già famoso. Queste sono state le prime trasmissioni transatlantiche.
Nel 1902, onorato e celebrato in ogni dove, Marconi compie alcune esperienze sulla Regia nave Carlo Alberto, provando inoltre la possibilità dei radiocollegamenti tra le navi e con la terra.
Pochi anni dopo, i 706 superstiti del noto disastro del TITANIC devono la salvezza alla radio e anche per questo l’Inghilterra insignisce Marconi del titolo di Sir, mentre l’Italia lo fa Senatore (1914) e Marchese (1929).
Nel 1914, sempre più ossessionato dal desiderio di allargare le potenzialità degli strumenti partoriti dal suo genio, perfeziona i primi apparecchi radiotelefonici. Inizia poi lo studio dei sistemi a fascio a onde corte, che gli permettono ulteriori passi in avanti oltre alla possibilità di proseguire quegli esperimenti che non si stancava mai di compiere. In questo periodo si interessa anche al problema dei radio-echi.
Nel 1930 viene nominato presidente della Real Accademia d’Italia. Nello stesso anno inizia a studiare le microonde, preludio all’invenzione del radar.
Guglielmo Marconi muore a Roma all’età di 63 anni, il 20 luglio 1937, dopo essere stato nominato dottore honoris causa dalle università di Bologna, di Oxford, di Cambridge, e di altre università italiane, senza dimenticare che all’Università di Roma è stato professore di radiocomunicazioni.
La scienza è incapace di dare la spiegazione della vita; solo la fede ci può fornire il senso dell’esistenza: sono contento di essere cristiano.
Guglielmo Marconi
Su questo sito di MARE NOSTRUM RAPALLO, nella sezione Storia Navale, pag.5 – Trovate l’articolo:
QUANTE VITE SALVO’ GUGLIELMO MARCONI…– 14.115 visite circa in data odierna.
A cura di
Carlo GATTI
Rapallo, 9 Febbraio 2018
PROPULSORI VOITH SCHNEIDER
PROPULSORI VOITH SCHNEIDER
Il propulsore Voith Schneider noto anche come unità cicloidale è uno speciale sistema di propulsione marina. È altamente manovrabile, in grado di cambiare la direzione della sua spinta quasi istantaneamente. È ampiamente utilizzato su rimorchiatori e traghetti.
Funzionamento
Principio di funzionamento del propulsore Voith Schneider
Nel fondo del rimorchiatore è presente un piatto circolare, in grado di ruotare attorno ad un asse verticale, dal quale sporgono una serie circolare di pale verticali di forma appropriata. Ogni pala può ruotare a sua volta attorno ad un asse verticale. Un ingranaggio interno cambia l'angolo di attacco delle pale in sincronia con la rotazione del piatto, in modo che ogni pala possa fornire la spinta in qualsiasi direzione. L'angolo di attacco di tutte le pale viene cambiato in modo sincronizzato, in modo tale che la spinta propulsiva di ciascuna pala vada a sommarsi a quella delle altre pale così da rendere massima la spinta stessa in una precisa direzione
Il Propulsore Voith Schneider (VSP) combina la propulsione ed il timone in una unica unità. Questa unica soluzione di propulsione è stata sviluppata più di 85 anni fa dall’ Ingegnere austriaco Ernst Schneider. Oggi i Propulsori Voith Schneider sono usati in tutto il mondo ovunque sia richiesta la precisione, la sicurezza e l’efficienza della manovra
Da specialista di sistemi di propulsione la Voith offre una vasta gamma di opzioni di controllo del sistema i cui comandi possono essere trasmessi sia meccanicamente che elettronicamente. Ciascun sistema viene adattato alle caratteristiche dell’impianto di propulsione e alle condizioni operative, garantendo sempre un ottimo controllo ed efficiente operatività della nave
Sistema di controllo elettronico
Per i propulsori Voith Schneider e per quelli radiali, la Voith offre un sistema di controllo elettronico che consiste in un insieme hardware e software con una vasta gamma di funzioni di controllo e interfaccia standardizzati. Comandi veloci ed un esatto controllo del sistema di propulsione, diagnostica remota via internet sono solo una parte dei vantaggi di questo sistema.
Sistema di controllo Meccanico
Assolutamente affidabile, semplice da usarsi e facile da manutenzionare, caratteristiche che hanno fatto il sistema meccanico di controllo dei Voith un punto fermo per decenni. Esso è principalmente usato in quelle installazioni con minima distanza tra il ponte di comando ed il propulsore, come nel casa dei Voith Water Tractors. Addizionali componenti elettronici, ad esempio l’autopilota, possono essere integrati a mezzo di attuatori. In aggiunta vari componenti optional, servomotori ausiliari, sono disponibili per aumentare la facilità di manovra.
Longevità dei propulsori VOITH
Durante il mio lavoro nel cantiere di Valencia mi era stato mostrato un nuovo rimorchiatore sul quale erano montati due propulsori Voith prelevati da un altro rimorchiatore costruito 30 anni prima e mandato alla demolizione. I due propulsori erano ancora perfettamente funzionanti e hanno avuto solo bisogno un normale intervento manutenzione con sostituzione di alcuni componenti di usura.
Pino SORIO
ALBUM FOTOGRAFICO
Prima fabbrica VOITH
Ernst Schneider
Varo UHU prina nave con propulsori VOITH
Rimorchiatore con sistema VOITH
VSPREAL
VPS Spaccato
VOITH SCHENEIDER animation
VPS Forces
Costruzione
Blocco Prora
Allineamento blocchi sullo scalo
Posizionamento Blocco Poppa
Posizionamento Blocco Prora
Costruzione
Costruzione
Montaggio Macchina alesatrice per basamento
Lavorazione finale basamento
Montaggio Pale
Montaggio Pale
Montaggio Pale
Montaggio Pale
Particolare Pala
Inserimento VOITH
Particolare inferiore Pala
Vista Pale dopo montaggio
Insieme Pale
Parte Superiore VOITH
Spaccato Rimorchiatore
Vista Inferiore
Simulatore
Controllo meccanico
Console Comando VOITH
Manovratrice specializzata
Prove di Velocità
La Partenza
Segnaliamo due FILMATI interessanti che illustrano la notevole capacità manovriera del sistema:
- Outstanding Maneuverability of a Voith Water Tractor (VWT)
(2’16”)
- How a Voith Schneider or Cycloidal Drive Propulsion System Works (57’’)
PINO SORIO
Rapallo, 27 gennaio 2016
MANOVRA IMPORTANTE NEL PORTO DI GENOVA
30 novembre 2015
MANOVRA IMPORTANTE NEL PORTO DI GENOVA
YM Wondrous
CALATA SANITA’ - SECH
Genova, ecco la nave da 14 mila containers
Giornata importante al porto storico di Genova dove per la prima volta è entrata una nave da 14 mila containers. È la YM Wondrous, lunga 367 metri. Ripartita dopo poche ore senza aver effettuato alcuna operazione commerciale: il suo arrivo è stato solo un test di manovrabilità, spiega il dottor Aldo Negri (direttore commerciale di Yang Ming Italia).
Spiega Negri: «Quello di oggi è stato un test per la nave, che fa un servizio regolare tra Nord Europa e Estremo Oriente. La nave ha fatto tappa a Genova per capire se questo tipo di navi potranno essere messe in servizio regolare, già dalla prossima primavera. Oggi esiste già un servizio su questa tratta ma Yang Ming vorrebbe inserire in questo servizio navi più grandi. La necessità, per la compagnia, era quella di capire se esistevano gli spazi di manovra utili per operare con questo tipo di portacontainer e tutto sembra essere andato per il meglio».
Continua Negri: «Il mercato chiede questo tipo di navi, il porto di Genova a questo si deve adeguare: è emblematico essere riusciti ad accogliere questa nave nel porto storico di Genova. Finora navi di queste dimensioni attraccavano solo al VTE (Voltri Terminal Europa). Questo è l’ennesimo tassello che l’Italia e Genova mettono a disposizione del mercato».
SEGUE UNA INTERVISTA INEDITA DELL'ASSOCIAZIONE MARINARA MARE NOSTRUM RAPALLO AL SOCIO COMANDANTE JOHN GATTI, CAPO PILOTA DEL PORTO DI GENOVA, SULLA MANOVRA D’ENTRATA E USCITA A CALATA SANITA' (SECH).
1) - Gli esperimenti come quello realizzato oggi con la YM WONDROUS comportano sempre dei rischi: se l’esperimento riesce, il merito é di tutti, se l’esperimento andasse storto non ci sarebbero dubbi su chi dover “impalare”... Il merito del successo che le si attribuisce é quindi proprio quello di aver deciso e rischiato in prima persona con molto coraggio. E’ così?
R) - In realtà il discorso non può essere circoscritto al solo tempo di durata della manovra. L’aver svolto la delicata operazione entro limiti accettabili di rischio, ha imposto uno studio accurato di tutti gli elementi critici, giornate intere trascorse su simulatori di altissimo livello alla Force Technology di Copenaghen, valutazioni precise delle caratteristiche della nave ottenute provandola dal vero ad Amburgo e confronti approfonditi, durante il quotidiano incontro al “Tavolo Tecnico”, con la Capitaneria e gli altri Servizi Tecnico Nautici.
Durante la manovra mi sono servito, inoltre, dell’ausilio di un PPU (Portable Pilot Unit), uno strumento che utilizziamo proprio per la gestione delle navi più grandi.
E’ comunque vero che tutte le manovre “sperimentali” sono caratterizzate da una percentuale di rischio difficilmente quantificabile in anticipo e che, alla fine, la componente umana è sempre quella decisiva.
2) - Si dice che queste navi di quasi 400 metri di lunghezza abbiano una potenza ridotta al 25% nella marcia indietro, con gravi rischi sulla capacità di fermarsi entro spazi di sicurezza. Anche l’elica trasversale di prua é molto debole rispetto alla mole da spostare. Ci può spiegare il motivo per cui vengono costruite navi con queste limitazioni in piena “era tecnologica”? Ci può inoltre spiegare se ci sono ragioni economiche dietro queste défaillances tecniche?
R) - Oggigiorno sono molte le navi che offrono una risposta a marcia indietro decisamente sproporzionata rispetto alla marcia avanti. Il motivo di questa caratteristica negativa è legato alla forma delle pale delle eliche. Contestualmente all’elevarsi del prezzo del petrolio, sono stati sviluppati studi per cercare di ottimizzare la resa nella marcia avanti legandola a consumi ridotti il più possibile. Questi studi hanno portato allo sviluppo della forma delle pale delle eliche, ottimizzandole per il moto avanti, a discapito della resa a marcia indietro. Se per certe tipologie e misure la cosa può essere comunque gestita, ben diverso è il discorso su navi sopra i trecento metri che devono evoluire in spazi ristretti. Spesso sono anche navi che hanno il “molto adagio avanti” compreso tra i nove e gli undici nodi che, in un porto come quello di Genova, dove hai tre/quattro scafi a disposizione per fermarle, si capisce bene che avere a disposizione soltanto il 25% della potenza è ben poca cosa. Nel caso della YM Wondrous, effettivamente, anche l’elica prodiera di manovra si è dimostrata piuttosto insufficiente. Tengo a precisare che, a parità di misure, le navi portacontainer presentano caratteristiche molto diverse tra loro: una buona percentuale è caratterizzata da sistemi di propulsione e di manovra assolutamente adeguati.
3) - Si dice anche che le grosse navi ORE-OBO-BULK di 20-30 anni fa, certamente non così lunghe, installassero turbine con le stesse limitazioni di potenza nella marcia indietro, proprio come nei motori Diesel del tipo montato sulla YM Wondrous, vista oggi. Nulla di nuovo sotto il cielo?
R) - Credo che i ragionamenti di oggi seguano rotte diverse rispetto al passato. Il risparmio, l’efficienza, la competitività sono valori assoluti che vengono tradotti in progetti, cercando di mantenere la sicurezza ad un livello tale che possa influenzare il meno possibile i costi. A volte si esagera, ed escono fuori navi con limiti operativi anche importanti.
4) – Ci sono altre difficoltà tecniche di manovra oltre a quelle accennate? Equipaggi ridotti? Visibilità scarsa dal Ponte di Comando? Difficoltà nelle comunicazioni?
R) - Non amo entrare in polemica, ma è innegabile che esistono, in percentuale purtroppo ragguardevole, equipaggi impreparati anche a gestire la quotidianità. A cui dobbiamo aggiungere l’importante superficie velica offerta al vento, i pescaggi, la visibilità limitata dalla lunghezza delle navi e dai muri di container che trasportano, gli spazi ristretti consentiti da porti nati per navi lunghe la metà, e così via.
5) – Dopo il riuscito esperimento d’attracco al SECH si sono lette dichiarazioni, a nostro parere azzardate se non addirittura trionfalistiche sull’esito della manovra effettuata in bonaccia o quasi. A nostro modesto avviso, andrebbero esaminate sul campo le difficoltà imposte dai venti turbolenti che investono la nostra regione da tutti i quadranti. Avete in programma altre manovre per stabilire i limiti operativi di vento, mare e correnti?
R) - A Genova, fortunatamente, esiste un “sistema” collaudato e molto efficiente di gestione dell’operatività portuale. Intendo dire, che tutte le parti coinvolte si sono date, e si danno, molto da fare per migliorare e rendere possibile tutto quello che fino a poco tempo fa sembrava utopia: i terminalisti hanno fatto importanti investimenti per adeguare gru, parabordi, bitte, illuminazione, dragaggi, ecc; l’Autorità Marittima, coadiuvata dai Servizi Tecnico Nautici, ha proposto e preteso importanti cambiamenti e adeguamenti da apportare nel pieno rispetto della sicurezza; da parte nostra abbiamo investito nella tecnologia, nei corsi, nelle simulazioni, nello scambio di esperienze con altre corporazioni europee e nella ricerca di manovre alternative che permettessero di spostare i limiti un po’ più in là.
Tutto questo ha permesso di arrivare fino a qui. Da queste prove escono dei risultati che vanno interpretati per decidere se l’economicità di una determinata operazione rientra in limiti accettabili. Nel frattempo si prosegue con tutti i mezzi a disposizione per cercare di ottenere e di offrire di più.
6) – Ci risulta infine che questa manovra debba essere eseguita con molta precisione, come se fosse “sui binari”, a causa dei bassi fondali prospicienti la banchina d’ormeggio. E’ così?
R) - Molte zone del porto di Genova sono caratterizzate da fondali che limitano il pescaggio delle navi in arrivo. Effettivamente, quando ho portato la YM all’ormeggio, uno dei problemi di cui dovevo tenere conto riguardava proprio una pericolosa zona di basso fondo. A onor del vero devo dire che alla fine del mese inizieranno i lavori di dragaggio per risolvere anche questo problema.
Ringraziamo il Comandante John GATTI per la sua disponbilità e per l'esclusiva.
Porto di Genova, le avventure di John il pilota
Bruno Viani – IL SECOLO XIX
Genova - La sera del 7 maggio 2013, alzando i binocoli in direzione della Torre Piloti, il comandante John Gatti aveva visto il nulla. E aveva capito. «A quell’ora dovevo essere ancora là dentro, ma mi avevano chiamato per un servizio non previsto e solo per questo oggi sono qui».
Sono passati meno di due anni, Gatti oggi ha 48 anni e dal primo gennaio è il nuovo Capo pilota del porto al posto di Giovanni Lettich che è andato in pensione. E quel cambio è un segno: la storia della corporazione iniziata nel Settecento, arrivata a una tragica svolta meno di due anni fa, va avanti. Senza torre, nella nuova sede spaccata in tre. Senza dimenticare i colleghi e gli amici che non ci sono più. Ma avanti tutta, guardando avanti, come le navi accolte all’arrivo a Genova e poi accompagnate fuori dal porto ogni giorno dagli uomini di John, a cavallo delle onde.
Calata Sanità, l’altra mattina, ore 9. La bandiera sulla punta del Matitone oscilla verso sud, vento di tramontana, lo spigolo del molo è sempre più vicino. E l’immensa sagoma rossa e nera della Jazan, portacontainer della United Arab Shipping Company diretta al terminal Sek avanza lentamente e sembra sfiorarlo. Poi scivola indenne per affiancarsi all’attracco: una manovra calcolata al millimetro, compiuta da un bestione da oltre 75.500 tonnellate, lungo 305 metri. Il passaggio (che a un occhio estraneo sembra un miracolo) è la quotidianità.
A guidare le operazioni, dall’aletta di sinistra del ponte di comando è il pilota Leonardo Pignatelli, 50 anni, che per salire e scendere dalle biscaggine di corda in qualunque condizione (e il pensiero corre alla telefonata di un’altra notte e un altro luogo: «sali su quella biscaggina c....zzo») si tiene in forma facendo footing e palestra. «Perché quando il mare si alza con onde di cinque o sei metri, saltare dalla pilotina alla nave e viceversa è oggettivamente pericoloso. Ma bisogna farlo».
Nello stesso tempo, la “piccola” portacontainer Fritz Reuter, armatore tedesco e bandiera liberiana, 18.480 tonnellate di stazza, viene accompagnata fuori dall’area portuale da Danilo Fabricatore, 46 anni, neoeletto presidente nazionale di Fedepiloti.
La quotidianità dei piloti del porto, domatori di mostri d’acciaio, è una sfida che si gioca sempre sul filo dei millimetri. «Se nel corso della manovra si toccassero le gru vicinissime alla banchina sarebbe un disastro, non è come un’auto che sfiora un guard rail e si graffia: qui si parla di vite in pericolo, milioni di euro di danni e l’operatività bloccata». A garantire la sicurezza sono preparazione, esperienza, la conoscenza dei fondali e dei venti. E (non ultimo) il feeling con i colleghi che lavorano, fianco a fianco, sotto altre bandiere: gli ormeggiatori e gli uomini della Rimorchiatori Riuniti, della Capitaneria e delle pilotine.
È la vita quotidiana dei 22 piloti del porto di Genova, una corporazione che vive malgrado le lenzuolate e le scelte politiche che spingono verso un mondo di liberalizzazioni. «Siamo una corporazione necessaria ancora oggi perché, per ogni operazione che si compie in porto, i minuti valgono milioni: in un regime di concorrenza e deregulation, le pressioni per accorciare i tempi sarebbero insostenibili e la sicurezza portuale sarebbe compromessa».
Il porto non è più lo stesso, dopo quel 7 maggio e l’impatto della Jolly Nero. La vecchia sede dei piloti adesso è frazionata in tre: le pilotine attraccano ancora a molo Giano, gli uffici amministrativi sono a due passi da piazza Cavour. La sede operativa invece, ospitata nei primissimi tempi a bordo di un rimorchiatore, è a ponte Colombo, al secondo piano di una palazzina moderna dalla quale non si vede nemmeno l’imboccatura del porto. La presenza delle navi in arrivo e in partenza appare solo su tabelloni luminosi, come avviene in una grande stazione, oppure sugli iPhone dei piloti. E poi ci sono le sottostazioni di Multedo e Voltri.
«La Torre Piloti era la nostra casa, là avevamo tutto: era una struttura assolutamente all’avanguardia, in Italia e non solo. Qui ci siamo organizzati, ma è un’altra cosa». E il pensiero torna inevitabilmente a quella notte.
Scene rivissute come se fossero oggi. «Sono in cabina con l’iPhone acceso, alle 23 dovrei finire il mio turno di lavoro. Ma quando mancano venti minuti mi viene chiesto di uscire un’ultima volta: c’è una portacontainer, l’Emona, che prima di allora non avevamo mai visto a Genova e non avremmo mai più visto nemmeno in seguito: alle 22.40 esco, quando sono in mare mi chiamano via radio: aspetta a rientrare, deve essere successo qualcosa».
Il resto è la cronaca di quella notte: uomini che girano tra le macerie, si contano cercando il volto dei propri amici e colleghi tra i sopravvissuti. E cercano di indovinare, guardando le auto parcheggiate negli spazi riservati, chi era in servizio e manca all’appello.
Oggi i colleghi, fratelli, compagni d’avventura di chi non c’è più, continuano a vivere la loro vita di lavoro sotto un altro tetto. E si sentono ancora più famiglia, mentre la cuoca Angela Sartori prepara il pranzo e un po’ li vizia. Una madre, quando vede i figli arrivare a tavola nelle ore più impossibili, dice: questa casa non è un albergo. «Ma non avere orario, per questi ragazzi, è parte del lavoro, mica un capriccio: così per quelli che fanno il primo turno e sono in azione già alle quattro del mattino, il pranzo è alle 10. E poi tocca agli altri».
Se si chiede al Comandante J. Gatti a cosa serve un pilota a bordo di una nave che ha già il suo Comandante, risponde. «Quello è un altro mestiere: il pilota, che viene sempre da esperienze di comando di navi spesso di grandi dimensioni, è un manovratore che ha una formazione specifica e, alle spalle, migliaia di manovre, almeno sette o ottocento all’anno». Nulla si improvvisa. «Il lavoro di preparazione inizia il giorno prima dell’arrivo della nave che sarà presa in carico appena arriva a 7 miglia dall’imboccatura del porto».
Sul tavolo, già iniziata, c’è la torta al cioccolato della cuoca Angela che ammette. «Forse li vizio un po’, ma passo molto più tempo insieme a loro che con mio marito».
ALBUM FOTOGRAFICO
La M/n YM WONDROUS in manovra nel Porto di Genova
Il portacontenitori Yang Ming WONDROUS si trova in avamporto, ha appena compiuto una evoluzione di 180° e sta indietreggiando verso la zona d’attracco: calata Sanità.
Molo Giano-Genova - La Torre di Controllo non c’é più, ma la Statua della Madonna dei Piloti tirata su dal fondo, dopo il tragico incidente del 7 maggio 2013, é ritornata al suo posto.
La pilotina é sottobordo alla nave all’altezza dell "combinata" dove sale e scende il Pilota del porto.
In questa suggestiva immagine, la Y.M. WONDROUS appare in tutta la sua lunghezza occupando quasi tutto l’avamporto portuale genovese. In primo piano la pilotina in manovra.
La Y.M. WOUNDROS, dopo circa due ore di sosta a Genova, é ripartita per il suo prossimo scalo.
Suggestiva immagine dell’uscita dal porto di uno degli ultimi esemplari del “Gigantismo Navale”.
Carlo GATTI
Rapallo, 31 Dicembre 2015
CONGEDO, FESTA E RIMPIANTI PER IL COMANDANTE MARIO TERENZIO PALOMBO
CONGEDO, FESTA E RIMPIANTI PER IL COMANDANTE
MARIO TERENZIO PALOMBO
Questo mio messaggio venne diramato a tutte le navi e uffici Costa:
Come sapete, il giorno 11 Settembre 2006, nel porto di Napoli, sono stato costretto a lasciare il comando della COSTA FORTUNA per motivi di salute. Non credevo di finire così la mia carriera. Sbarcare in ambulanza ha provocato una ferita al mio orgoglio professionale che ha richiesto diversi mesi per rimarginarsi. Ringrazio tutti per l’interessamento nei miei confronti e l’assistenza che io e mia moglie abbiamo avuto in questa occasione. Ora mi sono completamente ristabilito, ma il cardiologo mi consiglia di evitare stress causati dal comando di una nave. Sarei tentato di non seguire questo consiglio: questo tipo di stress per me è piacevole perché deriva da un lavoro fatto con passione.
Mi auguro che gli Ufficiali che sono stati sotto la mia direzione si ricordino dei miei insegnamenti. Ho cercato di trasmettere loro coraggio, passione e serietà professionale. Soprattutto ho insegnato loro l’arte del navigare, quella che io ho appreso da mio padre, vecchio lupo di mare, che non sarà mai superata dalla moderna tecnologia, e che fa di un Comandante un vero “Uomo di Mare“.
Cordiali saluti e buon Lavoro.
Com.te Mario T. Palombo.
Una bella istantanea degli ufficiali di coperta prima del mio sbarco
Qualche tempo dopo, ricevetti per posta elettronica, da un mio ufficiale che ricordo benissimo perché gli avevo dato dei preziosi consigli in quanto aveva un’ottima preparazione professionale, ma manifestava delle difficoltà ad integrarsi con la vita di bordo. La lettera mi ha molto commosso perché significava che ero veramente riuscito, durante la mia carriera al comando, a dare un buon esempio ed insegnamenti utili ai miei ufficiali, che ne avevano fatto tesoro. Perciò ne voglio pubblicare il contenuto:
Buongiorno Comandante, probabilmente non si ricorderà subito di me, sono Simone Canessa ed ebbi l’onore di iniziare la mia carriera sul mare sotto suo comando nel 2005 e nel 2006, come allievo ufficiale di Coperta, rispettivamente sulla COSTA FORTUNA e sulla COSTA ATLANTICA. Le scrivo (ho avuto questo indirizzo dal Sig. Console d’Italia in San Juan P.R.) perché ho avuto occasione di leggere, pubblicata sulla rivista aziendale, la sua lettera. Mi è molto dispiaciuto venire a conoscenza di ciò che le è accaduto solo dopo così tanto tempo, e in questa maniera così inusuale, ma ancora di più mi dispiace per ciò che le è successo.
Spero che oggi quel problema di salute si sia completamente rimarginato e che non le impedisca di godersi con la dovuta tranquillità il suo meritato riposo.
C’e anche un’ altra parte della sua lettera che mi ha molto toccato, quella in cui parla ai suoi Ufficiali degli insegnamenti che ha dispensato nella sua lunga carriera da Comandante. Ecco, io volevo ringraziarla proprio per questo. Mi rendo conto solo ora, dopo diversi anni, di quanto sia stato importante avere una persona come Lei al Comando, e solo oggi riesco a cogliere ciò che intendeva trasmettere a me e agli altri Ufficiali.
Oggi sono riuscito a diventare Terzo Ufficiale, sono stato promosso all’esame per il titolo professionale con i complimenti della Commissione esaminatrice, riesco a svolgere il mio lavoro con l’apprezzamento degli altri, mi sono appassionato all’astronomia, riesco finalmente a calcolare con precisione la posizione con le 4 stelle al crepuscolo e con il sole a mezzogiorno, queste e tante altre cose, e per tutto questo devo ringraziare Lei, perché anche se forse Lei non ha mai avuto modo di accorgersene, Lei mi ha sempre ispirato a diventare un Ufficiale, un Lupo di Mare, come scrive nella sua lettera. Un Ufficiale che sa guidare la sua nave anche solo grazie alle sue capacità. Certo sono ben lungi dal rispecchiarmi in queste definizioni che ho appena dato, troppe cose devo ancora imparare e tanta esperienza ho ancora da acquisire, però ci tenevo molto a dirle che se un giorno riuscirò nel mio intento sarà solo grazie a Lei e grazie ai suoi insegnamenti. La cosa che più le ho invidiato, nel senso buono del termine, è la sua lunga esperienza, la sua professionalità che andava ben oltre le ultime innovazioni tecnologiche, quella sensazione palpabile che Lei, in ogni momento, grazie ai suoi segreti, avrebbe potuto condurre la nave a destinazione da solo con le sue conoscenze, senza alcun ausilio moderno. E rubarle, sempre nel senso buono del termine, questi segreti è stato il mio obiettivo. Avrei voluto tanto ringraziarla di persona, e mi creda, una delle cose a cui tenevo molto era diventare il suo Primo Ufficiale un giorno, per avere l’onore di navigare con Lei in una posizione così prestigiosa e dimostrarle che la pazienza che ripose in me a suo tempo fu ben riposta. Purtroppo il destino ha deciso in maniera diversa, non so nemmeno se avrò mai l’occasione per stringerle la mano e dirle grazie di persona, per questo sono qui a scriverle questa lettera. La ringrazio di nuovo, Comandante. Mando i miei migliori saluti a Lei e alla sua gentile Signora. Buona giornata.
Simone Canessa.
Terzo Ufficiale di Coperta M/n COSTA FORTUNA.
La M/n COSTA ATLANTICA in navigazione
"Sono certo che un giorno, in una delle mie vacanze a bordo delle navi “Costa”, incontrerò questo bravo ufficiale e potremo con piacere stringerci la mano. Ho potuto solo salutarlo e ringraziarlo del suo pensiero nei miei confronti mentre io e mia moglie Giovanna, nel novembre del 2008, eravamo ospiti d’onore a bordo della COSTA MEDITERRANEA , in occasione della crociera del 60.mo anniversario Costa. La nave era in porto a Malaga. Venni a sapere che lui era a bordo di una nave Costa che stava partendo, non ci fu il tempo per incontrarci, ma ci scambiammo i saluti per telefono.
Dopo 44 anni dedicati alla mia professione, il mare e le navi saranno per sempre la mia passione, ma non mi resta ora che augurarmi di recuperare, vivendo in salute e serenità, gli affetti familiari che ho dovuto trascurare vivendo da Uomo di Mare".
ALBUM FOTOGRAFICO
M/n COSTA MEDITERRANEA
Le foto che seguono si riferiscono al 60.mo Anniversario di Costa Crociere
26 ottobre – 10 novembre 2008
La Signora Giovanna, moglie del Comandante M.T.Palombo
A sinistra il Comandante M.T.Palombo
COSTA MEDITERRANEA in uscita da Savona il 26 ottobre 2008
Una suggestiva immagine di Antalya
La M/n COSTA MEDITERRANEA in manovra nel Porto di Izmir
C.S.L.C. Mario Terenzio PALOMBO
Rapallo, 30 Novembre 2015
ANNI '60 - ARTISTI SOTTO LE PRORE
ANNI ’60
Artisti sotto le prore...
ULTIMI CAPITANI AL TIMONE
Anni ’60. La MICHELANGELO sta uscendo dal porto di Genova. Il M/r TORREGRANDE ha mollato il cavo di poppa. In primo piano alcuni Rimorchiatori a vapore e a motore sono di guardia a Molo Giano, pronti a “scattare” alla chiamata del Pilota sull’imboccatura del porto.
Anni ’70 – l’ormeggio dei rimorchiatori a Ponte Parodi. I rimorchiatori a vapore sono stati demoliti e sono entrati in scena, già da qualche anno, i grossi rimorchiatori d’altura che, in determinate circostanze, sapevano adattarsi anche al lavoro portuale.
Colpi di Mare in Coperta...
Il rimorchiatore della classe FRANCIA (Anni ’60) in mare aperto.
MANOVRA D’AGGANCIO NEGLI ANNI ‘60
Una Petroliera carica sta entrando al Potro Petroli di Multedo (GE). Il cavo della nave, unito all’heaving-line, viene filato lentamente. Tra poco la gassa, visibile nella foto, verrà messa al gancio del rimorchiatore.
Questa istantanea, ripresa dal rimorchiatore di prora, dà l’idea della minima distanza raggiunta dalla nave in entrata. Con un ottimo lancio, l’heaving-line (sacchetto) ha stabilito il primo contatto con la nave. Tra alcuni istanti il cavo scenderà per essere messo al gancio.
Anni ’60. Come si può notare dalla foto sopra, quando il rimorchiatore si trovava a distanza ravvicinata, aveva l’albero sotto la curva del mascone di dritta della nave per prendere il cavo (Nel gergo portuale genovese, il mascone é chiamato “lasciante”). Era il momento più pericoloso. Il Comandante del rimorchiatore doveva calcolare la forza dell’onda che lo respingeva, ma anche la zona di risucchio che invece l’attraeva.
Quando la tramontana soffiava a 30-40 nodi contro la nave in entrata nel porto di Genova il Pilota, per evitare lo scarroccio verso la diga, portava la nave molto al vento, fino a sfiorare le strutture del porto. Più il vento era forte, più la manovra risultava veloce e nervosa. Al Capitano del rimorchiatore occorreva molto sangue freddo: pochi gradi di timone erano sufficienti per avvicinarsi troppo o allargarsi troppo dalla nave e quindi fallire l’aggancio.
In quegli “anni eroici” c’erano ancora tante navi che fornivano il cavo di canapa ai rimorchiatori per la manovra. Questo tipo di cavo, purtroppo, aveva un grave difetto: si appesantiva al contatto con l’acqua di mare e affondava. Il suo recupero rendeva molto arduo il lavoro degli equipaggi.
- Quando la “barcaccia” (modo affettuoso di definire il rimorchiatore, si tratta del francesismo “barcasse”), nella sua fase d’avvicinamento alla prora, arrivava a tiro di heaving line, il marinaio più esperto effettuava il lancio.
Marinaio pronto al lancio
gaffa
Lancio heaving line da bordo
Lancio corretto
Peso che serve ad indirizzare il lancio
Se non gli riusciva al primo lancio, il Comandante si allargava e poi ripeteva la manovra d’avvicinamento, magari in modo ancora più stretto. Se il secondo lancio arrivava sulla prora della nave, i marinai legavano la cima al cavo che poi veniva “filato”, a volte “appennelato” lentamente fino a circa due metri sul livello del mare.
A questo punto il rimorchiatore si avvicinava ancora di più per agevolarne il recupero con la gaffa, (un grosso gancio), in caso di tempo buono, oppure virandolo a braccia.
Fase di avvicinamento alla nave
Due marinai virano il cavo della nave che é di tipo “maneggevole”. La gassa sta per essere messa al gancio del rimorchiatore. Notare il moto ondoso creato dalla nave e dalla “barcaccia” in movimento.
Se la manovra era eseguita secondo i canoni marinareschi, la gassa del cavo veniva portata al gancio e, al segnale che la lunghezza era quella giusta, il Comandante emetteva un fischio e a bordo della nave davano volta il cavo alle bitte. Se invece il cavo di canapa finiva in mare veniva allontanato dall’onda del tagliamare, s’allargava, s’impregnava d’acqua, diventava pesantissimo e, prima di essere mollato dal rimorchiatore per rifare la manovra, c’era un ultimo tentativo, molto pericoloso, che solo il Comandante decideva se farla o meno: - - lasciare la tuga di comando con il timone al centro
- scendere in coperta per aiutare i due marinai a virare il cavo che era impregnato d’acqua di mare, e faceva resistenza “sciabicando” nella corrente.
- Messa la gassa al gancio, il Capitano saliva di corsa sul Ponte di Comando e riprendeva in mano la manovra.
Il più delle volte le braccia del Capitano risolvevano il problema, ma se nel frattempo la “barcaccia” accostava da un parte.... beh! Non saremmo qui a raccontarvi questa manovra d’altri tempi...
Il cavo é stato “voltato” sulla nave. Il m/r AMERICA si mette in tiro, pronto a piegare la nave con l’aiuto del M/r “INDIA”, tipo Voith-Scheneider (nella foto).
Ecco come si presentava il GANCIO del m/r TORREGRANDE negli Anni ’60. Il rimorchiatore si é messo a “spring” sia per fermare l’abbrivo della nave sia per girarla e portarla con la poppa in banchina.
A scopo esclusivamente divulgativo, com’é nella logica della nostra Associazione, prendiamo a prestito questa immagine della Publifoto di Genova, per mostrare la stessa manovra 50 anni dopo. Oggi il cavo collaudato viene fornito dal rimorchiatore che é di tipo AZIPOD, di grande manovrabilità e potenza. Tuttavia le distanze da tenere sono sempre molto ridotte ed il sangue freddo é sempre necessario, specialmente da parte di chi é più piccolo...
In cinquant’anni di tecnologia spinta, si é passati dal cavo di canapa ad un tipo “molto speciale” che si recupera con una mano.
I cavi Dyneema (Fibra polietilenica HT) hanno una eccezionale resistenza, paragonabile a quella dei cavi d'acciaio, ma con il vantaggio di resistere molto bene agli sforzi da torsione e piegamento. Il dyneema di ultima generazione è superiore al cavo d'acciaio sia alla trazione sia allo strappo, il tutto con coefficiente di allungamento minore rispetto al metallico.
Quattro cavi da ormeggio in fibra modernissima ma lavorati in stile yachting 1870. La cultura marinaresca scrive tutti i giorni pagine straordinarie in cui passato e futuro convivono. Autore Andrea Maggiori, membro della prestigiosa International Guild of Knot Tyers. Scrittore, divulgatore di storie di mare, Istruttore Sub - Istruttore Arte Marinaresca-Martedì 23 p.v. Organizzatore a Chiavari del 1° stage di Arte Marinaresca - Base. In sei appuntamenti di un paio d'ore ciascuno verranno svelati i trucchi e le abilità dei marinai e degli attrezzisti ed i partecipanti impareranno a confezionare le impiombature, le gasse, i paglietti e le fasciature. Chiavari, culla di marinai e artigiani navali rivive i gesti della marineria nella cornice millenaria di Via Entella 171 a "le Arti si Incontrano".
Andrea Maggiori <uomodeinodi@gmail.com>
Chelsie wire splicing
Carlo GATTI
Rapallo, 17 Novembre 2015
ALLESTIMENTO E COMANDO DELLA COSTA FORTUNA
ALLESTIMENTO E COMANDO DELLA
COSTA FORTUNA
di
C.S.L.C Mario Terenzio PALOMBO
COSTA FORTUNA in navigazione
COSTA FORTUNA sta prendendo il largo
Nel 2002 mi venne comunicato dalla Direzione Costa Crociere che ero stato assegnato al comando della nuova nave “Costa Fortuna”. Fui lusingato e onorato per questo nuovo importante incarico. Significava per me dover lasciare presto il comando della “Costa Victoria” alla quale ero molto affezionato, anche se sapevo che in futuro avrei potuto avere occasioni di reimbarcarvi, non prossime, comunque, perché mi avevano detto che negli anni a venire sarei stato destinato alla serie di nuove navi di grosso tonnellaggio. Ero affezionato a questa bella nave, vi avevo trascorso quasi sette anni indimenticabili, pieni di successi. Avevo incontrato i più importanti passeggeri della “Costa Crociere” e dal punto di vista nautico avrei sempre ricordato le grandi manovre effettuate anche in tempi avversi, lasciando spesso le altre navi fuori dai porti perché non avevano la potenza per entrarvi.
La “Costa Fortuna” aveva subito, nel mese di marzo 2003, un incendio che aveva interessato circa cento cabine del ponte 8 a poppa, ma il cantiere aveva garantito che non ci sarebbero stati ritardi nella consegna. Quando vidi la nave in cantiere mi sembrò imponente, rappresentava una felice sintesi del passato e del presente. Era, a quel tempo, la più grande nave passeggeri battente bandiera italiana, moderna espressione dei prestigiosi transatlantici del passato. Dal cantiere di Sestri Ponente erano usciti il mitico “Rex”, la “Cristoforo Colombo”, la “Leonardo da Vinci”, la “Federico C”, e, ultima, la prestigiosa “Michelangelo”. La “Costa Fortuna” non era solamente la più grande rispetto a tutte quelle che l’avevano preceduta, ma anche la più innovativa nave da crociera mai realizzata. Erano stati scelti per questa nuova e modernissima nave un arredamento e un allestimento degli ambienti molto suggestivi, di gran comfort ed eleganza, in omaggio ai transatlantici italiani più belli. La nave aveva una lunghezza di 272,2 metri, una larghezza di 35,5 Metri, GRT 102.587, una capacità passeggeri di 3470 unità ed un equipaggio di 1027 persone. La potenza motori era di 40.000 KW e poteva raggiungere una velocità massima di 22 nodi, la propulsione diesel elettrica si avvaleva di sei motori GMT–Sulzer, la potenza installata di 63,36 MW era pari al consumo di una città di 50.000 abitanti. Le eliche di manovra 3 x 1720 KW erano tre a prora e tre a poppa.
Il 25 agosto 2003 partimmo da Genova per le prove in mare. Era una giornata di mare calmo, la nave uscì dal porto, solcando il mare con grande imponenza. Era uno spettacolo vedere la scia dal ponte di comando e constatare come reagiva prontamente ai comandi dati dal timone. Tutti i controlli si conclusero con successo, ma nella prova a tutta forza, durante la quale la nave raggiunse i 22,8 nodi, fu notato un surriscaldamento alla boccola dell’asse sinistro. I responsabili del cantiere presero la decisione di andare subito in bacino a Palermo per verificare eventuali danni. Si dovette sfilare l’asse e ricalcolare l’allineamento. Nel frattempo le ditte addette agli arredi della nave si trasferirono a Palermo per continuare i lavori. Dopo una sosta di circa 20 giorni nel capoluogo siciliano la nave uscì dal bacino per rientrare a Genova. Durante il viaggio si procedette a tutta forza, eseguendo accostate molto ampie con tutto il timone a dritta e sinistra per verificare l’efficacia dell’intervento effettuato. Procedemmo in questo modo per alcune ore senza notare alcuna anomalia. A questo punto il cantiere lasciò per alcune ore la nave a me e ai miei ufficiali, perché ne provassimo la manovrabilità e tutti i comandi. Mi interessava soprattutto prendere dimestichezza, con i miei ufficiali, del passaggio dei comandi dalle varie consolle di manovra (centro – alette), tenuto conto della distanza di 44 metri da un’aletta all’altra.
Tornati a Genova, il cantiere aumentò i ritmi di lavoro perché si stava avvicinando la data della consegna che era prevista per il 14 novembre 2003. Nell’ultimo mese il lavoro fu molto intenso: il cantiere ci consegnò i locali e i depositi e iniziammo ad imbarcare i materiali delle sezioni coperta, macchina e hotel. I vari materiali da imbarcare erano già stati, di volta in volta, sistemati in un grande magazzino a terra, numerati e suddivisi per la destinazione che poi dovevano avere a bordo. In questo modo, non c’era possibilità di errore o confusione. Giorno dopo giorno, venivano sistemate e provate le lance di salvataggio e tutto il personale che era presente in cantiere veniva addestrato alla sicurezza dagli ufficiali preposti. L’hotel director, si interessava delle aree pubbliche e aveva organizzato alcune squadre per pulire e tirare a lucido la nave. Levati i pannelli di copertura, pian piano, veniva fuori tutta la bellezza della “Costa Fortuna”.
Ogni giorno arrivavano gruppi di equipaggio, con la Compagnia avevamo preparato un piano per la loro sistemazione prima a terra e successivamente a bordo. La direzione del cantiere ci aveva concesso l’utilizzo di una buona parte delle aree equipaggio tra mense, cucine e cabine che noi destinavamo di volta in volta. Il Personale di ogni reparto della nave aveva così modo e tempo di acquisire familiarità con le nuove apparecchiature di lavoro e con i vari locali di competenza. Si stavano, intanto, completando le rifiniture del magnifico teatro di bordo e venivano provate ogni giorno le varie coreografie, le luci e i sistemi elettronici, che dovevano poi servire per gli spettacoli serali. Ciascuno di noi stava lavorando con grande impegno per portare a termine quest’opera maestosa. Ogni sera con i vari responsabili di bordo e del cantiere si faceva il punto della situazione per verificare lo stato di avanzamento dei lavori. Non potevamo permetterci ritardi. Dovevamo essere in grado di offrire ai nostri passeggeri, di varie nazionalità, un ottima cucina e un eccellente servizio sin dal primo giorno di crociera. L’esperienza che avevamo acquisito con i precedenti allestimenti di navi nuove ci permetteva di affrontare i vari problemi con piu’ tranquillità.
Il ponte di comando era immenso, lungo 44 metri. La strumentazione era ben distribuita, risultavano molto funzionali la consolle centrale e quelle delle alette laterali. Le avevo fatte posizionare nel punto più idoneo per la manovra. Molto utile mi era stato il corso che avevo fatto, anni prima, ad Amburgo durante la costruzione della “Costa Victoria”, in quanto la strumentazione nautica era la stessa, sia pur con l’aggiunta dei recentissimi aggiornamenti.
LE FOTO DEL PONTE COMANDO DELLA COSTA FORTUNA
Dal ponte di comando c’é una visibilità di manovra eccezionale.
S.Francesco da Paola é presente su tutti i ponti di comando delle navi italiane.
Avevo fatto sistemare, coperto da un drappo rosso, (che aveva cucito mia moglie Giovanna per la “Costa Romantica” e che passava di nave in nave), al centro della paratia del lato destro, la targa di San Francesco da Paola, patrono dei naviganti. Tutto intorno alla parete c’era lo spazio per le altre targhe offerte alla nave, come consuetudine, dalle autorità, nel corso dei primi scali nei porti. Prima di imbarcare avrei dovuto superare la visita medica biennale, in quanto mi era scaduta.
Mi dissero che, avendo superato i 60 anni, dovevo effettuare i controlli cardiologici e, avendo nel 1991 avuto un infarto, avrei dovuto effettuare una prova da sforzo e un ecocardiogramma. In caso di qualche anomalia, sarei stato sottoposto ad una visita presso la commissione medica che avrebbe dovuto decidere sul mio stato di abilità. La cosa mi preoccupò, infatti, al solo pensiero di queste visite, la mia pressione cardiaca incominciò ad essere più alta del normale. Decisi, prima di sottopormi a questi esami, di recarmi presso il mio cardiologo di fiducia per effettuare i controlli in privato. Il mio cardiologo constatò che tutto era nella norma e mi consegnò i referti che poi feci esaminare dai medici della cassa marittima. Dopo una visita accurata, mi dichiararono abile.
Il 14 novembre imbarcai ufficialmente e assunsi il comando. Alle 11.00, alla presenza del C.E.O. della Costa Crociere Pier Luigi Foschi, del vicepresidente “Cruise Operation” Gianni Onorato, del direttore e del vicedirettore del cantiere e di altre maestranze, oltre a tutti noi ufficiali e dirigenti della “Costa Crociere”, ci fu la cerimonia del cambio di bandiera. Venne issato il guidone della “Costa Crociere” contemporaneamente alla bandiera italiana, accompagnato dal suono dell’inno nazionale. Fu un momento molto toccante per tutti i presenti, poi scrosciò un forte applauso e, al mio segnale partirono i tre lunghi fischi di saluto.
Avevamo messo tutto il nostro impegno e la nostra passione per raggiungere questo traguardo.
In serata incontrai tutto il personale di bordo nel teatro. Vennero tutti e, in questa occasione, ringraziai il mio equipaggio per la collaborazione ed il lavoro che avevano svolto assiduamente e con professionalità, gli esortai a continuare perchè eravamo appena all’inizio, dovevamo ancora dimostrare la nostra efficienza e le nostre capacità di organizzazione nel gestire un numero così elevato di presenze a bordo. Alla fine del mio saluto, mi manifestarono il loro affetto con un lungo applauso che mi fece capire che non mi avrebbero deluso.
Rimanemmo alcuni giorni in cantiere per espletare tutta la documentazione necessaria e consentire le visite della capitaneria di porto di Genova. Il giorno 15, il cantiere, in accordo con la nostra direzione “Costa”, offrì una cena a tutti i dipendenti che avevano partecipato alla costruzione. Per l’occasione invitai anche mio fratello Terenzio con l’intera famiglia. Fu una bella serata. Io non avevo impegni, cenammo insieme e potei far loro visitare tutta la nave.
Rimanemmo altri due giorni in cantiere, mentre tutto il nostro personale stava sistemandosi nei vari locali assegnati, trasferendovi il materiale necessario per il servizio. Sulla nave c’era un va e vieni continuo, perché ogni reparto stava preparandosi al meglio. Martedì 18 novembre, alle 08.00 uscimmo dal cantiere. La manovra venne eseguita con il valido supporto del Capo Pilota del porto di Genova Capt. Oreste Bozzo. Il giorno prima venne a trovarmi, visitò la nave ed insieme concordammo i particolari della manovra. Prima della partenza feci provare tutta la strumentazione del ponte di comando e tutti i comandi. Ormai ero pratico di questo tipo di strumentazione e non trovai alcuna difficoltà. Guardando dal ponte di comando verso poppavia, la nave sembrava immensa ed imponente, ma ci feci subito l’occhio e riuscii a valutare con esattezza le distanze durante le successive manovre.
La nave rispose subito ai comandi e ci allontanammo lentamente dalla banchina del cantiere salutando con tre lunghi fischi di sirena. Gli operai seguirono con soddisfazione e commozione l’evento. Dentro di me provavo una gioia immensa. Nel bacino a fianco c’era in costruzione la nave gemella “Costa Magica” che doveva essere consegnata entro un anno.
Rimanemmo in alto mare per due giorni per effettuare tutte le prove necessarie e completare alcuni interventi alle parti tecniche. L’intero equipaggio cenò per due sere in sala da pranzo per dar modo al personale di sala di acquisire dimestichezza con il servizio. Tutto era pronto per il debutto della nave nel campo crocieristico e il 20 mattina entrammo in porto accompagnati dai fischi di sirena della altre navi e dal forte getto d’acqua dei rimorchiatori. La nave ammiraglia della flotta “Costa” e della flotta italiana, la nave più grande d’Europa era entrata per la prima volta nel porto di Genova.
Il giorno precedente avevo simulato varie volte la manovra in mare aperto, evoluendo con la nave, retrocedendo e accostando per verificare il funzionamento degli strumenti.
Tutto andò per il meglio. In quei momenti di concentrazione, si può essere per qualche attimo distratti dai fischi di sirena o da improvvise emozioni, perciò bisogna essere sicuri del perfetto funzionamento delle consolle. Avevo mia moglie Giovanna a bordo con me e, quando rientravo in cabina e la vedevo, provavo una gioia immensa.
La mattina di sabato 22 novembre ci fu la cerimonia del battesimo. La madrina era la splendida, solare e mediterranea attrice Maria Grazia Cucinotta, di una bellezza classica e statuaria.
Per la prima volta il battesimo veniva celebrato in forma privata e riproposto poi al pubblico, alla sera, in tre repliche, nel corso della grande festa che precedeva la serata di gala.
La madrina recitò l’ormai classica formula: “Io ti do il nome “Costa Fortuna”, che Dio benedica te, i tuoi passeggeri, il tuo equipaggio e ti faccia solcare mari sempre tranquilli”.
A questo punto intervenni io dicendo con voce chiara e forte: “Madrina, in nome di Dio, taglia!” L’attrice Maria Grazia Cucinotta con un colpo di scure molto deciso tagliò la cimetta e la bottiglia di champagne si infranse sulla murata con forza gioiosa, tra gli applausi che si mescolavano ai tre lunghi fischi di sirena della nave.
Il direttore del cantiere Attilio Tirelli mi consegnò in forma ufficiale la campana della “Costa Fortuna” e mi venne spontaneo ringraziare ufficialmente lui per la collaborazione avuta e la “Costa Crociere” per la fiducia dimostratami nell’affidarmi un comando così prestigioso.
La sera, prima della cena di gala, venne presentato lo spettacolo diretto dal maestro Valerio Festi “Transatlantici. L’arte della navigazione in Italia”, un evento molto coinvolgente, sospeso tra passato e presente, realtà e immaginazione, un viaggio nella storia e nell’eredità di questa grande nave, ripercorse su un megaschermo e ricreate attraverso la magia di un balletto-musical; il tutto arricchito da giochi acrobatici ed effetti scenografici.
Durante lo spettacolo, ad un certo punto entravo in scena io che accompagnavo, tenendola sottobraccio, la madrina per poi, a metà passerella, incontrarmi con il presidente Pier Luigi Foschi che la prendeva a sua volta sottobraccio, per accompagnarla a bordo, mentre io seguivo i due prendendo sottobraccio mia moglie Giovanna. Durante la cena Maria Grazia Cucinotta gentilmente si complimentò per l’eleganza e la bellezza di mia moglie e con noi due, definendoci una bella coppia innamorata. Fu una serata appagante, ricca di incontri con ospiti importanti.
Ero veramente orgoglioso di questo comando arrivato quasi al termine della mia carriera, dentro di me provavo un gioia immensa ed una grande soddisfazione professionale. Mia moglie Giovanna mi guardava e nei suoi occhi scorgevo la felicità che provava per me.
Il Comandante Mario Terenzio Palombo con la moglie, signora Giovanna. Sullo sfondo il mitico CONTE DI SAVOIA.
La crociera inaugurale della “Costa Fortuna” aveva ospiti molto importanti, tra questi anche la cantante lirica Katia Ricciarelli della quale ebbi l’onore di ascoltare la bella voce durante la sua esibizione. Le crociere inaugurali sono sempre le più difficili. I nostri passeggeri fanno i paragoni con la nave alla quale sono più affezionati e sono sempre pronti a criticare la nuova venuta. Ma la “Costa Fortuna” si presentò molto bene, tutto funzionò perfettamente, la nave piacque subito alla nostra clientela e poi teneva molto bene il mare e la navigazione era molto confortevole.
Tutto andò bene ad eccezione della sosta a Palma di Mallorca dove il forte vento causò la rottura di una bitta. Dovetti prontamente riattraccare la nave usando le eliche di manovra e, data la persistenza del vento, chiamai un rimorchiatore a spingere di prora per tutto il resto della sosta. Nonostante i cavi di ormeggio fossero stati distribuiti su tre bitte, prora e poppa, la forte pressione del vento sulla superficie velica della nave aveva superato il carico di rottura della bitta. In seguito, la stessa cosa successe a Casablanca, a Santa Cruz de Tenerife e a Barcellona. Notificai tutti gli incidenti al responsabile del nostro “ufficio marine operations” per far sì che i porti si adeguassero in tempi brevi alle nuove dimensioni delle grandi navi. Da parte nostra stavamo sempre attenti in porto alla disposizione dei cavi e a tenere pronte le eliche di manovra quando il vento soffiava perpendicolarmente alle nostre sovrastrutture con forza superiore ai 25 nodi.
Dopo la crociera inaugurale iniziammo quelle alle Canarie. In ogni porto dove la nave arrivava per la prima volta c’era una cerimonia di consegna della targa da parte delle autorità locali. Nella prima crociera fui molto impegnato. L’itinerario di dieci giorni per tutta la stagione invernale prevedeva scali a Savona, Barcellona, Casablanca, Santa Cruz de Tenerife, Arrecife (Lanzarote) e Funchal (Madeira). Si stavano avvicinando le festività natalizie e tutta la nave venne decorata. Era bellissima, mi ci stavo affezionando sempre di più. Mia moglie Giovanna mi raggiunse per Natale e Capodanno. Il 29 gennaio 2004 sbarcai a Savona per un periodo di riposo di circa due mesi.
Sentivo proprio il bisogno di riposarmi e di godermi l’affetto dei miei cari famigliari. Mentre ero a casa in vacanza, ricevetti con piacere il quadrimestrale di informazione aziendale “The World of Costa” che conteneva una mia intervista degna di essere riportata.
INTERVISTA
L’emozione di un leader. Il comandante Mario Terenzio Palombo ci ha raccontato la sua emozione e il suo orgoglio e anche come è cambiato, dall’epoca dei transatlantici il ruolo del comandante.
Comandante Palombo, lei è al comando della nave più grande d’Italia
E’ ciò che molti in questi mesi, mi ribadiscono. E ogni volta ho sentito dentro di me una forte emozione. La stessa che ho provato quando mi è stato comunicato che mi avrebbero affidato la “Costa Fortuna”. Essere al comando della più grande nave passeggeri della storia italiana è per un ufficiale un immenso, indescrivibile onore.
Tanta emozione nonostante la sua lunga esperienza
Prendere il comando di una nave così importante e così grande mi ha procurato una sensazione indescrivibile e anche una forte soddisfazione professionale. “Costa Fortuna” è l’ammiraglia della flotta Costa, è la nave più grande della flotta italiana e, in questo momento, è anche la più grande d’Europa.
Costa Fortuna si ispira ai mitici Liners; le ambientazioni di bordo riprendono quelle atmosfere rivisitandole in chiave moderna. Ma dal punto di vista tecnico, la macchina come è cambiata?
Trovo che sia veramente indovinato questo mix tra storia e presente per quanto riguarda il filo conduttore dell’allestimento. Dal punto di vista strettamente tecnico rispetto ad allora è cambiato molto. Quelle erano navi a turbina, molto veloci, ma con un livello di manovrabilità quasi nullo; non avevano mezzi di manovra come quelli che abbiamo noi, ma avevano bisogno di assistenza dei rimorchiatori per le manovre. E questo condizionava gli itinerari che dovevano toccare porti in grado di dare l’assistenza necessaria. Erano navi adatte a fare il lavoro di allora: trasportare passeggeri da un punto all’altro, il più velocemente possibile. La nave era un mezzo di trasporto. Poi nel viaggio c’era anche la vita a bordo, suddivisa però in classi: prima, seconda e terza, con notevoli differenze tra loro. Sulle nostre navi i nostri ospiti, indistintamente, vivono una vacanza, non un viaggio, nel massimo del divertimento e del confort. Ogni crociera è studiata anche dal punto di vista meteorologico per avere sempre bel tempo; d’inverno l’itinerario tiene conto della necessità di avere un ridosso, una costiera, per assicurare il massimo confort ai passeggeri.
Oggi, rispetto al passato, i nostri ospiti scendono molto di più a terra, perché è più grande la voglia di conoscenza. Sono aumentate le coppie di sposini e le famiglie con numerosi bambini a bordo. Le navi sono più imponenti, ricche di elementi architettonici e opere d’arte, sembra che dominino il mare e sono ben stabili, anche in condizioni di mare molto mosso.
Qual è la differenza tra comandare una nave del genere e una nave come Costa Fortuna? Quale è esattamente il ruolo del Comandante e come e’ cambiato negli anni?
La figura del Comandante rispetto ai tempi in cui ho iniziato la mia carriera e’ cambiato in modo notevole. Allora la responsabilità era più per l’aspetto tecnico, della sicurezza della nave, dei passeggeri e dell’equipaggio oltre che ovviamente, della conduzione della navigazione. Oggi, invece, il Comandante è coinvolto in tutte le attività della nave ed è responsabile, con la sezione Hotel, del raggiungimento degli obiettivi posti dalla Compagnia. I Comandanti sono oggi manager che, come tali, hanno una forte autonomia e un grande senso di responsabilità, oltre a notevoli capacità di gestire un gran numero di collaboratori. E a questo si deve aggiungere anche una certa capacità di relazionarsi con gli Ospiti a bordo .
Un’organizzazione molto più complessa e, quindi, un ruolo decisamente più ampio.
Un comandante deve saper gestire la nave e, più che altro, i collaboratori affinché le sezioni della nave interagiscano nel modo migliore per raggiungere gli obiettivi che la Compagnia ci pone. Allora, invece, la responsabilità era più che altro limitata agli aspetti tecnici della navigazione.
Un cambiamento professionale molto profondo; anche soddisfacente?
Sicuramente sì. Il riferimento a bordo per l’armatore è il comandante. Va da sé che deve essere al corrente di tutto. L’hotel director, responsabile della parte alberghiera, gestisce il suo lavoro in autonomia, ma riferisce sempre al comandante che deve essere sempre informato.
Il Comandante ha anche contatti con gli ospiti. Sono oggi più o meno frequenti di allora ? E per gli altri ufficiali?
C’era una certa tendenza da parte dei passeggeri a voler avere contatti con gli ufficiali di bordo ed era dovuta alla ridotta possibilità di divertimento. Gli ufficiali contribuivano all’intrattenimento dei passeggeri anche perché la lunghezza del viaggio lo consentiva. Nelle crociere che prevedono uno scalo al giorno è quasi impossibile per un ufficiale trovare il tempo per fare vita di bordo. Senza dimenticare che abbiamo squadre di ragazzi dedicati a creare occasioni di divertimento per gli ospiti, oltre alle innumerevoli altre situazioni: spettacoli, musica, ballo, casinò…Ho anche notato, però, in qualche ospite alla prima crociera, un qualche disagio nel vedere tante divise, tutte insieme; qualcuno ha anche chiesto a me: “Ma se lei è qui, chi è che guida la nave?”.
I suoi Ufficiali sono emozionati come lei ?
I miei ufficiali sono contentissimi, Ed io sono molto contento di loro: è un gruppo di ottimi professionisti che voglio ringraziare per il loro entusiasmo ed impegno, anche oltre l’orario di lavoro, nel curare la nave nei minimi dettagli per farci arrivare a Genova in perfetto ordine per la prima crociera.
Avevo anche letto, con grande piacere, l’intervista da me rilasciata, all’ufficio comunicazioni della “Costa Crociere”, per la rivista inviata ai soci del “ Costa Club”. Un’intervista che desidero riportare per le domande interessanti alle quali io rispondo in base alla mia esperienza di comandante.
A tu per tu con il Comandante Palombo.
Per chi ama le crociere il Comandante della nave è un personaggio mitico, quasi leggendario. Ecco perché abbiamo deciso di incontrarne uno e di rivolgergli tutte – o quasi – quelle domande che si avrebbe voglia di fargli ogni volta che si sale a bordo. Per toglierci queste curiosità siamo andati da un autentico veterano, da un uomo che ha trascorso tantissimi anni in mare e che conosce molto bene la flotta Costa: il Comandante Mario Palombo.
Comandante Palombo, lei ha condotto quasi tutte le navi della flotta Costa : ci svela una caratteristica particolare che le piace, per ogni nave che ha comandato ?
Eugenio Costa: aveva una linea elegante, da vecchia signora dei mari; Carla Costa: si respirava un’atmosfera di festa. Costa Allegra è un piccolo gioiello. La Romantica è proprio quel che ci si può aspettare da un nome così, un luogo da innamorati. Di Costa Classica amo particolarmente la bella sala da pranzo. La Victoria ha una sala di prora, Concord Plaza, davvero unica e dal punto di vista nautico ha eccezionali caratteristiche di manovra. Costa Atlantica è semplicemente mozzafiato, soprattutto nella sua hall centrale e nella sala da pranzo.
E che cosa ci dice di Costa Fortuna?
La nave è ispirata ai mitici transatlantici italiani e a bordo l’ambiente che amo di più è l’immenso salone Conte di Savoia. E poi ha il ponte di comando più bello di tutte le altre navi Costa, per visibilità, grandezza, praticità. Qualunque Comandante ne andrebbe veramente orgoglioso.
Ci parli della Crociera Inaugurale.
Per un Comandante la Crociera Inaugurale è sempre la più difficile. Siamo tutti particolarmente impegnati e attenti. Inoltre è il momento in cui la nave, una volta aperta al pubblico, dimostra che tutti i nostri sforzi per renderla efficiente, funzionale e ospitale per i croceristi sono stati preziosi. E’ un momento emozionante sia per il pubblico che per l’equipaggio; per fare un paragone è come la prima di uno spettacolo teatrale: l’adrenalina, quando si alza il sipario è tanta, nonostante le prove e la consapevolezza che sarà un successo. Anche perché alle Crociere Inaugurali abitualmente partecipano croceristi affezionati, persone che con Costa hanno già fatto tante vacanze. Un pubblico competente, dunque, pronto a esprimerci il suo commento sulla nave.
E’ vero, allora, che i croceristi che scelgono le Inaugurali sono particolari rispetto agli altri?
Come ho detto, si tratta di Ospiti di riguardo, “fedelissimi a Costa” e per questo estremamente attenti ed esigenti.
Tra le attività del Comandante, c’è anche quella di intrattenere gli Ospiti della nave: è una parte del suo lavoro che le piace?
E’ una parte di lavoro veramente interessante, che mi permette di valutare come sta andando una crociera. Bisogna mettere a proprio agio l’Ospite e fargli sentire la nostra spontanea ospitalità. Può capitare di ricevere commenti negativi, ma anche in questi casi, se si riescono a risolvere i problemi con tempestività, a fine crociera si riceve sempre un apprezzamento.
Che tipo di rapporto si instaura tra l’equipaggio e i croceristi più assidui?
I nostri Ospiti percepiscono subito se il nostro atteggiamento nei loro confronti è spontaneo o dettato da fredda formalità. Per questo il clima a bordo è di simpatia e cordialità.
Una domanda di natura tecnica. Che cosa significa essere al comando di una nave come Costa Fortuna che possiede una tecnologia veramente all’avanguardia? In che cosa è diversa dalle altre?
Comandare le nostre navi significa aver piena conoscenza della sofisticata strumentazione del Ponte di Comando, acquisita attraverso anni di esperienza sulle navi e attraverso corsi di simulazione di manovra in centri specializzati (Genova, Miami, Rotterdam, Copenaghen). Costa Fortuna in particolare, è diversa tecnicamente perché è a propulsione Diesel Elettrica, ha cioè motori di propulsione elettrici. Possono essere sistemati più a poppa (per una gestione dell’energia in minor spazio) con il vantaggio di minori vibrazioni e maggior risposta in manovra. Costa Fortuna, infine, ha un grosso tonnellaggio e maggior superficie velica, caratteristiche di cui occorre tenere conto in manovra.
A proposito di manovre, qual è il porto del mondo che le piace di più? E quello che le piace meno?
Quello che preferisco è New York, quello più “antipatico” dal punto di vista delle manovre è il porto di Tunisi.
C’e’ un’altra domanda “tecnica” che si fanno spesso i croceristi : a che velocità viaggia la nave? Qual è la velocità massima ? E’ quella detta di crociera ?
Alle prove in mare la velocità massima di Costa Fortuna è stata di 22,8 nodi. La velocità di crociera è invece di 20,5 nodi.
Tra le mille crociere che ha fatto ce n’è una che le è rimasta particolarmente impressa?
Sì e risale a una decina di anni fa. Ero al comando di Carla Costa, in crociera nei Caraibi. Tra gli Ospiti c’era una giovane coppia messicana. La Signora, con un bel pancione, aspettava il suo primo bimbo, che ha deciso di nascere con un po’ di anticipo proprio a bordo della mia nave. E’ andato tutto bene, la piccola è nata mentre mancava solo un’ora di navigazione al nostro ingresso nel porto di San Juan di Portorico. E se questo evento non fosse già abbastanza emozionante, la gioia più grande è stata che i genitori hanno deciso di chiamare la piccola Karla, come la nave, e in mio onore Maria. Ho rivisto questa famiglia dopo dieci anni a bordo della Costa Victoria e ci siamo scambiati un abbraccio commosso che non dimenticherò mai.
Lei passa gran parte dell’anno in mare, che cosa fa quando ha del tempo libero sulla terra ?
Passo il mio tempo tra Grosseto, Isola del Giglio dove ora sono residente e Camogli.
Si sente più “a casa “ quando è a bordo di una nave, o quando è a casa sua ?
La mia casa è il mare, anche quando sono a terra.
ALBUM FOTOGRAFICO – COSTA FORTUNA
COSTA FORTUNA ormeggiata nel Porto di Genova
COSTA FORTUNA a Dubrovnik (Croazia)
COSTA FORTUNA a Venezia
COSTA FORTUNA in uscita da un porto italiano
GLI INTERNI CITATI... DELLA NAVE
Gran Bar CONTE DI SAVOIA 1932
Bar CONTE ROSSO 1921
Bar Classico ROMA
Bar CONTE VERDE 1923
Ristorante RAFFAELLO 1965
Ristorante Buffet CRISTOFORO COLOMBO 1954
Teatro REX
Salone LEONARDO DA VINCI 1960
Discoteca VULCANIA 1927
Biblioteca GALILEO GALILEI 1963
Autore: C.S.L.C. Mario Terenzio PALOMBO
Rapallo, 15 Ottobre 2015
LA PROPULSIONE AZIPOD
LA PROPULSIONE AZIPOD
Rompighiaccio Supplyvessel – Sistema propulsivo Azipod
· La propulsione Azipod è un sistema di propulsione privo di ingranaggi di timoneria dove il motore elettrico è installato in un contenitore sommerso all’esterno dello scafo.
· Nel sistema di propulsione Azipod l’elica è a passo fisso e a giri variabili.
· Una nave con il sistema di propulsione Azipod non necessita di timone, lunghi assi di trasmissione e propulsori trasversali
- La propulsione Azipod provvede a:
· Maggior sicurezza e ridondanza
· Maggior efficienza combustibile e riduzione costi di manutenzione
· Sistema di propulsione meno inquinante
· Notevole aumento di comfort a bordo
· Impianto più semplice e con rendimento più alto
· Installazione più semplice e veloce
· Vantaggiosi investimenti e procedure di costruzione
In condizioni estreme di ghiaccio la propulsione Azipod si comporta con imbattibili caratteristiche in dette situazioni. Il propulsore Azipod è di costruzione molto semplice e con un diffusore fornisce un alto rendimento di spinta.
Il consumo di combustibile e quindi le emissioni di gas sono ridotte grazie all’aumentata efficienza idrodinamica e al concetto dell’impianto. L’aumentata efficienza idrodinamica è il risultato della ridotta resistenza dello scafo dovuta alla eliminazione dei bracci di sostegno esterni degli assi portaelica e dal miglior profilo dello scafo. L’elica di tipo a trazione lavora in migliori condizioni e con un rendimento più elevato. L’esperienza della prima nave passeggeri con propulsione Azipod, la Carnival Elation, ha portato un risparmio di 40 tons di fuel per settimana rispetto alla sua gemella con propulsione convenzionale. Un valore del 10% può quindi essere stimato sul risparmio di fuel di una nave passeggeri con propulsione Azipod rispetto ad un’altra con propulsione tradizionale. Il tipo di impianto genera risparmi di combustibile ottimizzando la richiesta di potenza dei motori diesel. Il P.M.S.(Power Management System) inserisce o disinserisce i gruppi DD/GG (diesel generator sets) in rete secondo la richiesta di carico della nave, riducendo l’inefficiente lavoro a basso carico, le ore di moto dei generatori e le vibrazioni delle eliche. Il gruppo Azipod è un’elica di tiro che lavora in una migliore condizione e induce ad una pressione più bassa sullo scafo. Il sistema di propulsione Azipod elimina sia i propulsori di governo che i supporti esterni degli assi e i timoni. Come risultato si possono avere a bordo livelli di vibrazioni e rumorosità più bassi con aumento del comfort a bordo per i passeggeri. Il Gruppo ABB opera in circa 100 paesi ed impiega circa 150,000 persone.
AZIPOD
Cantieri Navali di Astrakhan (Russia) – Controllo propulsori Azipod
Blue Ocean II.1 - Trasporto Oil Drilling Platform
ALBUM FOTOGRAFICO (1)
Costa Luminosa
AZIPOD della COSTA LUMINOSA
Che cos'è l' Azipod?
Azipod è il marchio registrato con cui ABB (ASEA BROWN BOVERI) commercializza la gamma di propulsori azimutali elettrici per navi, il cui primo modello è stato realizzato all’incirca venti anni fa. Con l’ultima versione ABB ha lanciato sul mercato il propulsore elettrico più efficiente dal punto di vista energetico.
Background e tecnologia Il sistema di potenza e propulsione di una nave per il trasporto merci è generalmente costituito da generatori diesel che assicurano l’elettricità a bordo e da un motore diesel separato che aziona l’asse portaelica. Trattandosi di un sistema di propulsione ibrida diesel-meccanica, la stretta interdipendenza tra la velocità del motore e dell’elica comporta una diminuzione notevole dell’efficienza energetica ai bassi regimi. La propulsione diesel-elettrica rappresenta una soluzione relativamente recente per la movimentazione delle navi e si differenzia per la presenza di un impianto di potenza di maggiori dimensioni, solitamente costituito da generatori azionati da motori diesel e da un motore elettrico accoppiato all’elica centrale. ABB è il primo produttore mondiale di propulsori elettrici. In questo sistema, i motori elettrici che azionano le eliche, responsabili dei maggiori consumi di elettricità, sono comandati da azionamenti che assicurano un’alimentazione continua e controllano la velocità delle eliche. Il sistema di propulsione elettrica è così in grado di azionare i motori diesel con un’efficienza pressoché ottimale, indipendentemente dalla velocità dell’imbarcazione. L’impiego di cavi elettrici al posto degli organi meccanici di trasmissione contribuisce inoltre a ridurre le vibrazioni a bordo. Azipod e l’efficienza energetica I propulsori elettrici di ABB spaziano da una serie di apparecchiature elettriche a velocità variabile all’esclusiva famiglia di sistemi Azipod ad alta efficienza. Il primo propulsore Azipod risale al 1990. Il sistema Azipod è posizionato in un pod montato esternamente allo scafo, che combina sia la funzione propulsiva che di governo dell’elica centrale, del timone e delle eliche di manovra. La possibilità di riunire in un unico gruppo sistemi di norma installati separatamente consente di recuperare spazio a bordo da destinare a scopi diversi. Grazie alla collocazione del propulsore Azipod sotto lo scafo della nave è possibile ottenere un risparmio del 10% sui consumi di carburante rispetto ai sistemi di propulsione diesel-elettrici con linea alberi convenzionale. Nel 2002 ABB ha introdotto il sistema CRP Azipod. La tecnologia CRP (contra-rotating propeller) impiega una coppia di eliche coassiali controrotanti (una destrorsa e una sinistrorsa) e si implementa installando un sistema Azipod al posto del timone su una nave con linea alberi convenzionale. Questa soluzione è particolarmente adatta per i traghetti o altre navi veloci che necessitano di un’elevata efficienza propulsiva. Nel 2004 il sistema CRP Azipod è stato installato su due imbarcazioni realizzate per ShinNihonkai Ferry, il principale operatore di traghetti del Giappone. L’azienda ha registrato un risparmio di carburante del 20% e un incremento della capacità di trasporto del 15% rispetto alle navi di pari dimensione equipaggiate con motori diesel. I sistemi Azipod di ABB vengono installati su una varietà di imbarcazioni tra cui navi da crociera di lusso, yacht, traghetti, piattaforme di perforazione, petroliere artiche, navi rifornimento per le piattaforme offshore e rompighiaccio.
In questo disegno si notano le differenze tecniche tra il sistema tradizionale (a sinistra) ed il sistema AZIPOD (a destra)
Questo disegno c’illustra molto chiaramente la meccanica degli ingranaggi e quindi il funzionamento del sistema Azipod
Il sistema Azipod visto da un’altra angolazione
Le Eliche sono state montate
Azipod carenato, pronto per il montaggio
Altro esempio di Azipod pronto per il montaggio
Schema funzionamento Azipod
Joystick posizionato sul Ponte di Comando della nave
(Joystick Steering Wheel)
Nave munita di tre Azipod in bacino di carenaggio
Nave da carico con Azipod sui ghiacci
DUE TESTIMONIANZE
Comandante Mario Terenzio Palombo
Raccogliamo ora le testimonianze del nostro ormai “celebre” socio C.S.L.C. Mario Terenzio Palombo che é stato per molti anni Comandante di unità dell’Armamento Costa e di Costa Crociere.
Comandante, la nostra lunga amicizia é nata proprio sui ponti di comando delle navi Costa durante le manovre nel porto di Genova. La tua formidabile carriera, sulle navi a due e quattro eliche tradizionali, si é evoluta insieme alla nuova tecnologia fino ad arrivare agli AZIPOD. Ci puoi dare da “tecnico” le tue valutazione su questo rivoluzionario sistema?
Essendo andato in pensione ufficialmente nel giugno 2007, all’epoca, le due navi di Costa Crociere dotate con AZIPOD erano le gemelle Costa Atlantica e Costa Mediterranea.
Ho comandato per ben 3 volte la Costa Atlantica dotata di AZIPOD con potenza apparato motore 35.200 KW.
Sin da subito ho potuto constatare le sue eccezionali caratteristiche di manovra rispetto le navi dotate di eliche a passo variabile o passo fisso. Oltre a tutti i vantaggi ben descritti nel presente articolo, vorrei aggiungere che tra tutti gli strumenti di manovra che si utilizzano per la manovra, con questo tipo di propulsione AZIPOD si fa a meno dei timoni. Naturalmente in manovra bisogna abituarsi a pensare diversamente. In pratica, non si ha il timone per far evoluire la nave, ma si agisce sugli AZIPOD. Per esempio, entrando in un porto, notando una certa difficoltà nel far evoluire la nave, viene spontaneo, sulle navi tradizionali, di fermare un motore e mettere il timone alla banda. Sulle navi con azipod questo è impossibile, si deve agire sugli AZIPOD aumentando la forza trattrice delle eliche e mettendo gli AZIPOD a dritta o sinistra a seconda della necessità. L’effetto è immediato!
Il sistema ha tre modalità e funziona nel modo seguente: “modalità navigazione” - “manovra manuale” - “manovra in automatico”. Il primo si usa in navigazione. In questo caso i due AZIPOD sono collegati e si muovono parallelamente. Sono sufficienti pochi gradi di angolo di barra (da 3° a 5°) per mantenere la rotta. Naturalmente hanno un angolo di barra sino a 40°. Il secondo, si usa in manovra. In questo caso i due azipod sono indipendenti. Uno di essi, a seconda dei casi, si dispone nel senso longitudinale per il movimento della nave in marcia avanti e indietro, l’altro si dispone lateralmente a 90°, come fosse un’elica laterale di manovra (thruster). La spinta laterale è notevole. Ricordo che sulla Costa Atlantica la potenza in "modalità manovra" é al massimo è di 10.000 KW (X Azipod). Si può così ruotare l’AZIPOD, già disposto lateralmente, anche verso prora (da 90°sino a 45° o più) o verso poppa (da 90°sino a 135°o più). In questo caso si ottiene una spinta combinata sia laterale che in marcia avanti o in marcia indietro. Un bell’effetto per la manovra! Nella terza modalità gli AZIPOD si orientano, come nel sistema manuale, ma automaticamente a seconda dell’ordine che gli viene impartito. Da notare che, in modalità manuale o automatico, gli AZIPOD ruotano velocemente su se stessi in 20 secondi.
Avendo fatto dei corsi per l’utilizzo del Joystick, avevo messo in atto la praticità di questo strumento. Ho osservato come l’automatismo utilizzava le eliche (dritta e sinistra), a seconda dei casi, ed ho imparato, sfruttando lo stesso sistema, ad usare bene gli AZIPOD anche con il sistema manuale. Però, il vantaggio dell’automatismo è che, essendo in manovra importante concentrarsi sul movimento della nave e il molo di attracco, evitando di agire su varie leve, con un solo “combinatore” (joystick), ruotandolo delicatamente, si dispone con facilità, la nave parallelamente alla banchina. Un’esperienza straordinaria!
Grazie Mario per il tuo prezioso contributo di chiarezza alla comprensione del sistema, sia da parte dei nostri lettori “specializzati”, sia da parte dei giovani studenti alle prese con straordinarie tecnologie che possono essere sperimentate solo a bordo di navi moderne, sebbene in crescita esponenziale.
Comandante C.S.L.C Garbarino (Costa Crociere)
Quali sono le innovazioni più significative di Costa Luminosa, dal punto di vista del Comandante? Le innovazioni per i nostri ospiti sono moltissime, tutte da scoprire e tutte da vivere a bordo. Dal punto di vista del Comandante, e più prettamente tecniche, la novità è data dalla possibilità di manovra, migliorate rispetto alle altre navi dotate di Azipod come la Costa Mediterranea e Costa Atlantica.
Ci può spiegare meglio di che cosa si tratta, Comandante Garbarino? Parliamo dunque delle eliche trattrici, che sono le eliche installate sugli azipod. Ormai sappiamo cosa sono gli azipod, in quanto sono installati su due delle nostre navi, la Costa Atlantica e la Costa Mediterranea.
A differenza delle eliche installate su assi dell'elica, dove l'elica "spinge", le eliche degli azipod la trainano, in quanto sono posizionate di proravia al loro asse di rotazione. Allego una foto di un azipod così si può notare meglio. Se l'elica è posizionata di poppa all'asse (come nelle navi tipo Costa Concordia, C. Serena, C. Pacifica e tutte le altre che non hanno l'azipod), l'effetto dell'elica è quello di "spingere" la nave. Se invece come sull'azipod, sono posizionate di proravia al loro asse di rotazione, allora avvitandosi nell'acqua avranno un effetto "trainate" o meglio "trattrice". Il vantaggio di un'elica trattrice è che non avendo nessun ostacolo di proravia, si "avvita" meglio nell'acqua.
ALBUM FOTOGRAFICO (2)
75 meter x 8 meter x 2.1 meter depth testing tank
ABB testing tank
Azipod shaft
Due Azipod imbarcati sulla coperta di una nave da carico
Internal rotor of ABB Azipod
Maestranze finlandesi ABB
D.M. Giuseppe SORIO
Carlo GATTI (Interviste)
Rapallo, 24 Settembre 2014
ICEBERG, un pericolo sotto controllo?
ICEBERG
Un pericolo sotto controllo?
Perché si vede l’ICEBERG? - Poiché la densità del ghiaccio puro è di circa 920 Kg/m3 e la densità dell'acqua è di circa 1025 kh/m3, il primo galleggia e circa il 90% del volume di un iceberg rimane sotto la superficie marina.
Un iceberg è una massa più o meno grande di ghiaccio che si stacca da un ghiacciaio e si muove “galleggiante” alla deriva nel mare. Il nome iceberg deriva dalle lingue nordiche isberg-ijsberg- isbjerg, Eisberg che significa montagna (berg) dighiaccio (ijs).
È difficile quantificare le dimensioni della parte subacquea dalla sola osservazione della parte emersa, da qui la dizione: punta dell'iceberg per indicare un problema di cui si conosce solo una piccola parte. Gli iceberg hanno dimensioni che vanno normalmente da 1 a 75 m sopra il livello del mare e pesano da 100.000 a 200.000 tonnellate .
I RECORDS
Il più grande iceberg mai visto nell'Atlantico settentrionale si ergeva di 168 m sopra il livello del mare, quanto un edificio di 55 piani. Nonostante le loro dimensioni, gli iceberg dell’isola di Terranova si muovono in media di 17 km al giorno. Essi hanno origine dai ghiacciai occidentali della Groenlandia e possono raggiungere temperature interne dai -15 ai -20 °C.
Nell'Antartico, il più grande iceberg mai registrato è stato il B-15, staccatosi dalla Barriera di Ross: fotografato dal satellite nel 2000, era lungo 295 km e largo 37 km, con una superficie di 11.000 km² e con una massa stimata di circa 3 miliardi di tonnellate.
Quando un iceberg si scioglie, produce un suono spumeggiante denominato Bergie Seltzer: esso è dovuto alla liberazione delle bolle di aria compressa rimaste intrappolate negli strati di ghiaccio dell'iceberg.
MONITORAGGIO
La tragedia del TITANIC, avvenuta il 15 aprile del 1912, che provocò la morte di circa 1.500 dei suoi 2.223 passeggeri, diede una forte spinta all'istituzione di organismi di sorveglianza degli iceberg, infatti, prima d’allora non esistevano sistemi di monitoraggio degli iceberg che mettessero in guardia le navi sul pericolo di possibili collisioni. La svolta si ebbe con la Conferenza Internazionale sulla Sicurezza in Mare del novembre 1913, tenutasi a Londra, nella quale fu decisa la nascita di un ente di osservazione permanente degli iceberg che nacque nel giro di tre mesi. La International Ice Patrol (IIP) ebbe il compito di raccogliere dati meteorologici e oceanografici nell'Atlantico settentrionale, misurandone le correnti, i flussi di ghiaccio, la temperatura e i livelli di salinità. Nel XX Secolo molti altri enti scientifici sono stati istituiti per studiare e monitorare gli iceberg tra cui il NIC, National Ice Center, nato nel 1955, il quale fornisce analisi e previsioni sulle condizioni del ghiaccio dell'Artico e dell'Antartico . Oltre il 95% dei dati utilizzati nell’analisi del ghiaccio marino provengono da “sensori satellitari” che orbitano sui poli e che sorvegliano queste aree solitarie della .
Il NIC è l'ente che assegna i nomi agli iceberg antartici: a ciascun iceberg che supera i 18 km lungo uno dei suoi assi viene dato un nome composto da una lettera che denota il punto di origine e da un numero progressivo. Le lettere utilizzate sono:
• A – Longitudine 0° - 90° W (Mare di Bellinghouse, Mare di Weddell)
• B – longitudine 90° W - 180° (Mare di Amundsen, Mare di Ross a est)
• C – longitudine 90° E - 180° (Mare di Ross a ovest, Terra di Wilkes)
• D – longitudine 0° - 90° E (Piattaforma di ghiaccio Amery, Mare di Weddel a est)
L'Iceberg B-15, staccatosi dalla Barriera di Ross nel 2000 e con un’area iniziale di 11.000 km², è stato quello più grande mai registrato. Si spaccò nel novembre del 2002: il pezzo più grande, il B-15A, con un’area di 3.000 km², continuava ad essere, nel dicembre del 2004, l’iceberg più grande sulla Terra . A fine ottobre 2005, il B-15A si divise in nove parti in seguito a ripetute collisioni con la costa. Oltre ad essere stato un pericolo diretto per la navigazione, il B-15A minacciò di creare ulteriori iceberg, scontrandosi con alcune piattaforme di ghiaccio.
Infine è falso che lo scioglimento degli iceberg crei un incremento del livello dei mari: infatti sciogliendosi un iceberg l'acqua che ne risulta è il 90% del volume di partenza, cioè occupa meno volume dell'iceberg originario (per la spinta di Archimede) tale volume di ghiaccio immerso si traduceva come aumento di volume dell'acqua marina). Contando che la punta di un iceberg è il 10% della parte immersa si ottiene che lo scioglimento di un iceberg in mare produca acqua per un volume pari alla sola parte immersa. L'innalzamento del livello dei mari è invece determinato dallo scioglimento del ghiaccio che riposa sulla terraferma, come quello delle calotte in Groenlandia o in Antardide .
ALBUM FOTOGRAFICO di
PINO SORIO
A cura del webmaster Carlo GATTI
Album Fotografico di Pino SORIO
Rapallo, 2 Luglio 2015
PROGETTO TORRE PILOTI GENOVA-Presentato 19.6.15
PROGETTO TORRE PILOTI
PRESENTAZIONE
Palazzo San Giorgio - Genova
LA TELEFONATA ALL’INDOMANI DELLO SCHIANTO
All’origine del progetto c’é una telefonata di Renzo Piano, all’indomani dello schianto della Jolly Nero a Molo Giano, all’ammiraglio Vincenzo Melone, comandante della Capitaneria: “Sono a disposizione per aiutare il porto e la città a ripartire”.
L’UOMO DI MARE CHE HA SCELTO LA NUOVA SEDE
PER IL COMANDANTE dei Piloti del porto John Gatti “Il gigantismo navale riduce sempre più gli spazi di manovra. La strumentazione é importante ma per guidare le manovre é ancora necessaria la vista dell’uomo: abbiamo bisogno della Torre.”
IL SECOLO XIX - 20-06-2015
E’ la sentinella del porto, il custode silenzioso che osserva i movimenti delle navi in entrata e in uscita dallo scalo. Il progetto della nuova torre dei Piloti è stato presentato a Palazzo San Giorgio, sede dell’autorità portuale. A firmarlo, l’architetto Renzo Piano. “E’ un dono al porto e alla città, questo progetto preliminare che puntiamo a dar diventare al più presto esecutivo” spiega il presidente dell’authority Luigi Merlo. La struttura, interamente in acciaio, ha una testa “verde”, nel senso che il suo tetto è interamente ricoperto di pannelli solari e soddisfa la metà del fabbisogno energetico della struttura (nelle foto pubblicate i rendering del progetto). “Non può non essere anche una struttura simbolica – ricorda Piano – Perché nasce per sostituire quella abbattuta a Molo Giano. E’ il ricordo delle vittime di quella tragedia che ha ispirato il lavoro di tutti quanti”. Se i tempi verranno rispettati, si potrà già andare in gara per la costruzione all’inizio del 2016, così da avere la struttura già funzionante per il 2017. Costo, 12 milioni di euro, interamente a carico dell’autorità portuale. “Mi piace pensare a questo come al primo passo che dovrà compiere il Blueprint – aggiunge Piano – A fianco della torre c’è una piazza che le persone potranno raggiungere, proseguendo il loro cammino fino a Porta Siberia. Il progetto è fattibile e ha un budget sopportabile, ora sta alle istituzioni dare il via libera alla realizzazione, ma sono ottimista” (testo di massimo minella) 19 giugno 2015
SECOLO XIX
Genova - Presentato a Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità Portuale di Genova, il progetto della nuova torre piloti donato dall’architetto Renzo Piano alla comunità portuale genovese. La torre sarà posizionata sull’estremità di Levante del porto di Genova, in corrispondenza della nuova Darsena: sarà alta 60 metri, costruita in acciaio, con due ascensori che porteranno dallo spazio a terra (2000 mq circa dedicati ad uffici ed alloggi) fino alla sala di controllo.
Sarà un progetto “green” grazie all’installazione sulla sommità della sala di controllo di alcuni pannelli fotovoltaici che ne copriranno in larga parte i bisogni energetici. Riguardo ai tempi, si lavorerà fin da subito al progetto esecutivo in modo da poter procedere con gara all’inizio del prossimo anno e di avviare i lavori a fine 2016 per vedere la nuova torre piloti realizzata nel corso del 2017.
Il presidente Luigi Merlo ha ringraziato Renzo Piano per la generosità e ha sottolineato l’importanza del lavoro corale tra la Capitaneria, il Corpo Piloti e lo staff dell’architetto che ha portato ad un progetto che soddisfa pienamente le esigenze operative e tecnologiche che hanno ben illustrato in sede di presentazione sia l’Ammiraglio Vincenzo Melone che il Capo del Corpo Piloti John Gatti.
L’architetto Piano ha parlato del grande valore simbolico del progetto, della costante attenzione alla sicurezza in tutte le fasi della progettazione come dovere etico morale dopo la tragedia del 2013 e ha paragonato la nuova torre ad una sorta di sentinella chiamata a vegliare su un porto sicuro.
Torre piloti, il “cervellone” del porto
Genova - Era una vera e propria torre di controllo che, come quelle aeroportuali, guidava i traffici del porto di Genova la torre piloti di Molo Giano, a Genova, crollata, nella notte. La Torre Piloti era alta 50 metri, in cemento e vetro. Era stata costruita nel 1997 e da allora era considerata «l’altra Lanterna» del porto.
La Torre aveva la sala di controllo all’altezza dei 40 metri e da lì gli operatori potevano controllare ogni movimento in atto nello scalo, coordinando attracchi, entrate, uscite.
La sala aveva una superficie di 165 metri quadri e, al suo interno, aveva la sede dei Piloti del Porto. Prima che la struttura fosse realizzata, i piloti a Genova operavano in una torretta più piccola, situata sempre nella zona del Molo Giano. Ma i crescenti traffici nello scalo genovese avevano indotto l’Autorità Portuale a realizzare la nuova torre, in tutto e per tutto simile alla torre di controllo di un aeroporto.
La struttura era il “cervello” operativo della Capitaneria di Porto di Genova. Era divisa in due livelli: una prima zona operativa, dove erano custodite apparecchiature di supporto, e una seconda al piano superiore dotata degli strumenti per effettuare le diverse operazioni di controllo del traffico marittimo portuale. Da lassù gli operatori della Capitaneria svolgevano il loro lavoro, in modo analogo a quello di un controllore di volo.
Genova - La città non vuole dimenticare. A due anni dalla tragedia del 7 maggio 2013, quando la Jolly Nero, portacontainer della compagnia Messina, centrò la Torre Piloti durante una manovra per uscire dal porto uccidendo nove persone tra militari della capitaneria e civili che lavoravano nella torre, Genova inaugurerà il memoriale alle vittime. «Un memoriale che però potrebbe anche diventare qualcosa di più: un luogo per tutti i genovesi», dice Fulvio La Torre, l’architetto che insieme al Provveditorato alle opere pubbliche ha progettato l’opera.
Speciale: La Treagedia della Torre Piloti - Scheda: I "numeri" del Memoriale
Sono state la Capitaneria di porto, la società Rimorchiatori Riuniti e il Corpo piloti del porto di Genova a volere fin da subito un’opera in memoria dei loro caduti. Fulvio La Torre e Raffaele Vedova, funzionario del Provveditorato alle opere pubbliche, hanno fatto il resto. Nel posto che un tempo era occupato dalla torre si staglierà una statua della Madonna della Guardia, copia identica di quella che si trovava lì, alla base del fusto di cemento armato che reggeva la Torre Piloti e che fu colpito e distrutto la notte del 7 maggio. Di quella statua, che poi è un calco dell’originale oggi conservato nella sede dell’Autorità portuale di Genova, Palazzo San Giorgio, restano la corona e la mano destra con le chiavi della città, entrambe conservate in una teca, nella sala “7 maggio” della Capitaneria di porto. La nuova statua, come la precedente, guarderà e benedirà le navi che entrano ed escono dall’imboccatura di levante del porto.
Filmato della Presentazione:
A cura del webmaster
Carlo GATTI
Rapallo, 21 Luglio 2015
ALBUM FOTOGRAFICO
Da sinistra: Amm. Vincenzo Melone - Arch. Renzo Piano - Dott. Luigi Merlo - C.P. Jhon Gatti-Dott. Giovanni Toti
COSTA CONCORDIA - Ultimo viaggio
Ultime emozioni dalla Concordia nel suo viaggio finale verso la ‘cremazione’
Di Angelo SCORZA
SHIP 2 SHORE
Si è conclusa positivamente anche la Fase 2 della complessa operazione di smaltimento del grande relitto, con un trasferimento all’interno del porto di Genova, scrutato per noi dagli occhi vigili del Capo Pilota John Gatti.
Si è conclusa positivamente anche la Fase 2 della complessa operazione di smaltimento della Concordia, con un trasferimento all’interno del porto di Genova occorso post ‘estrema unzione’.
Se infatti il lungo trasferimento a Genova la scorsa estate del grande relitto dallo scoglio su cui era incagliato all’isola del Giglio, prima di essere raddrizzato nella fantastica operazione di parbuckling, può essere considerato alla stregua di un corteo funebre sul mare (la nave di fatto è stata una bara del corpo dell’ultimo disperso), il suo viaggio finale dal molo frangiflutti di Voltri sino alla banchina delle riparazioni navali che per circa venti anni ha ospitato un altro grande ‘mostro marino’ quale il famigerato Super Bacino, si può interpretare come il percorso verso la ‘cremazione’ dello scafo; che ovviamente non verrà bruciato ma tagliato in centinaia di pezzetti.
Va notato come, durante tutta l'operazione assolutamente inedita (oltretutto la nave aveva un pescaggio diverso rispetto a quando è entrata sotto la Lanterna) nei tre bacini di Genova, Prà e Multedo, le navi hanno continuate ad entrare e uscire regolarmente nel loro traffico consueto, senza accusare ritardi o disagi (il relitto si è messo pazientemente in coda), a ulteriore riprova - se mai ce ne fosse bisogno - della perfetta efficienza della macchina organizzativa italiana e genovese.
L’intensa giornata di lavori è stata per noi scrutata dagli occhi vigili del Capo Pilota del Corpo di Genova, John Gatti, che ci ha fornito questo piccolo ‘diario di bordo’ essendo in plancia alla nave. Con l’arrivo al bacino delle riparazioni navali si è completata con successo la Fase 2 del processo di demolizione del relitto italiano. Un’operazione andata tutta liscia ma molto delicata, anche se attentamente pianificata; una manovra senza precedenti con la quale, nel corso di quasi un giorno intero, il relitto della Costa Concordia ha fatto il suo ultimo viaggio in mare.
Infatti da poco prima di mezzogiorno dell’11 maggio fino alle 8.30 del 12 maggio, la nave da crociera irrimediabilmente danneggiata è stato trainato da un numero variabile di rimorchiatori portuali dela Rimorchiatori Riuniti per circa 10 miglia nel Golfo di Genova dalla diga frangiflutti nel bacino di Voltri (di fronte alla banchina dove attraccano le portacontainer brughiera) - dove era ormeggiata da metà luglio 2014, proveniente dall'isola del Giglio, dopo l’audace 'parbuckling' – fino al suo ultimo porto di scalo, presso l'ex banchina del Superbacino di Genova.
In questa posizione, proprio di fronte alla darsena in concessione dove il cantiere T.Mariotti costruisce, ristrutturare e completa nave da crociera di lusso, i ponti della Concordia dal 14 al 2 saranno smantellati in via definitiva. Quando anche questa fase sarà terminata, il mezzo-scafo sarà preparato per essere trasferito al bacino di carenaggio n. 4 per lo smantellamento finale.
L'intera operazione di trasferimento si è svolta a una velocità media di 1 nodo per la durata complessiva di circa 20 ore.
A bordo della Concordia erano solo 12 persone, tutte con una funzione chiave. Il convoglio era composto da 4 rimorchiatori e 9 altre barche, tra cui quelle deputate a svolgere interventi di emergenza, anti-imcendio, una chiatta con gru, altri rimorchiatori, navi della marina.
La fase 1 aveva comportato la rimozione di 5.700 tonnellate di materiale (mobili e strutture interne) per permettere alla nave di raggiungere il pescaggio di 15,3 metri richiesto.
La Fase 3, il cui scopo è quello di dare galleggiabilità con la rimozione dei 30 sponsons installati durante il parbuckling, prevede la preparazione del relitto per il suo trasferimento al bacino di carenaggio, situato nello stesso bacino portuale, dove la nave finirà per essere completamente smontato e riciclata durante la Fase 4. Lo smantellamento punta a rigenerare l’80% dei materiali di scarto, comprese 50.000 tonnellate di acciaio e altri metalli ottenuti dalla rottamazione.
L'intero progetto è la cura dello Ship Recycling Consortium, formato dalla società di ingegneria Saipem (51%) e dal cantiere San Giorgio del Porto (49%). Il progetto dovrebbe durare 22 mesi in totale e coinvolgere tra i 100 e 250 addetti al lavoro in ogni dato momento.
CRONACA DI UNA MANOVRA UN PO’... ANOMALA
Di John Gatti
Capo Pilota Porto di Genova
La Concordia lascia l'ormeggio Voltri-Prà
È trascorso qualche giorno dalla felice conclusione dell’ormeggio della Concordia e finalmente la confusione, provocata dalle emozioni e dal vortice di elementi da gestire in un arco temporale limitato a poco meno di 24 ore, ha lasciato il posto ai ricordi ordinati dei momenti che hanno meritato di essere vissuti intensamente.
Una manovra estremamente complessa e delicata che ha richiesto un’attenta preparazione iniziata già molto prima del nostro imbarco, perché il trasferimento di quella che era ormai solo la carcassa della nave, ha coinvolto buona parte del sistema portuale genovese, ognuno per le proprie competenze, per arrivare a sistemare tutti i tasselli dopo aver valutato, previsto e arginato ogni possibile rischio.
Nel momento in cui la Concordia ha mollato l’ultimo cavo, è cominciato l’attento studio delle reazioni del relitto: la fase più critica e pericolosa sarebbe iniziata all’imboccatura di levante del porto di Genova il giorno seguente e, fino ad allora, si doveva studiare e capire il comportamento della Concordia considerando le forze in gioco. Fin da subito essa ha risposto abbastanza bene al tiro dei rimorchiatori tendendo, però, a ‘scodinzolare’ eccessivamente per effetto del fondale.
La Concordia esce dal porto di Voltri-Prà
Durante la manovra ho preso posizione sul tetto di un contenitore, sistemato nel punto più alto, e che funzionava da sala di controllo per la zavorra e i pescaggi, mentre i due Sottocapi Piloti, Bozzo e Aste, mi riportavano le distanze e gli allineamenti rispettivamente da poppa e da prora. Vicino a me il Pilota Manganiello e l’allievo Looz mi aggiornavano periodicamente sulla velocità e sui moti traslatori. La prima parte si è svolta senza imprevisti e ci ha garantito la conoscenza necessaria ad affrontare quella che poi sarebbe stata l’ultima e più delicata fase.
Dal punto di vista tecnico, il trasferimento da Voltri/Prà a Genova è stato meno preoccupante del previsto, aiutati anche da condizioni meteomarine estremamente favorevoli. L’unico inconveniente l’abbiamo avuto nelle prime ore di navigazione, quando la corrente da levante ci ha fatto rallentare più del previsto. Abbiamo tuttavia recuperato modificando leggermente la rotta prevista. In questa fase il Pilota Di Giannantonio si è trovato impegnato al coordinamento dei rimorchiatori ed al controllo della navigazione. La posizione di attesa, a levante dello schema di separazione del traffico, è stata raggiunta prima dell’alba.
La Concordia in avamporto a Genova
Mentre aspettavamo il passaggio di tre navi, abbiamo voltato il quarto rimorchiatore e ci siamo allineati per l’ingresso sulla rotta di entrata in porto. Poco prima dell’imboccatura siamo stati raggiunti da altri quattro rimorchiatori, che abbiamo posizionato nei punti predisposti per la spinta.
Da quel momento in poi il rischio maggiore era dato dai limiti dei fondali. Il relitto pescava 15,77 metri e, in alcuni punti, avevamo meno di 40 cm d’acqua sotto le catene che cinturavano i cassoni. Dopo aver ridotto la velocità a 0,4 - 0,5 nodi, sono intervenuto più volte per correggere imprevisti ‘scodinzolamenti’, ovvero: slittamenti laterali della poppa.
Il lavoro preciso dei rimorchiatori, le indicazioni puntuali dei colleghi e la massima concentrazione di tutti, hanno permesso al convoglio di raggiungere l’avamporto, sollevando parecchio fango, ma liberi da qualsiasi pericolo d’incaglio. Una volta fermato il lungo scafo, l’ho fatto risalire in modo da trovarsi parallelo ed allineato alla banchina dove poi sarebbe stato ormeggiato. La calata è larga 200 metri ma, di fatto, l’area dragata era larga solo 100 metri e, visto che la Concordia con i cassoni raggiungeva i 65 metri, la retromarcia verso la posizione finale risultava parecchio stretta, con roccia da una parte e cemento dall’altra.
Con molta attenzione, pazienza e perizia di tutti, alla fine la Concordia è stata messa in sicurezza all’ormeggio cui era destinata con largo anticipo sull’orario previsto.
Per l’occasione, oltre al cordone di sicurezza presente in mare, era stata istituita un’Unità di Crisi che aveva sede presso la Capitaneria di Porto, presieduta dal Comandante Intelisano, che è rimasta in contatto continuo con le motovedette della Capitaneria sempre presenti sul posto, a bordo delle quali, oltre al Comandante Capurso, erano imbarcati l’Ammiraglio Melone e il Presidente Merlo.
Sono pienamente consapevole, anche rileggendo quanto scritto, che è difficile far comprendere la complessità di un’operazione di questa portata, senza scendere in particolari tecnici che richiederebbero ulteriori e ben più complesse spiegazioni. Occorre tuttavia comprendere che la movimentazione di questo relitto galleggiante, che ha perso totalmente le sue caratteristiche idrodinamiche e propulsive, ha richiesto il contributo e lo studio di numerosi specialisti: piloti, rimorchiatori, ormeggiatori e Capitaneria di Porto, nessuno escluso. I rischi legati a questo tipo di manovra erano piuttosto elevati. Basti pensare alle conseguenze che ci sarebbero state per il porto di Genova in seguito a un possibile incaglio all’interno delle infrastrutture.
Per costruire una solida professionalità ci possono volere moltissimi anni, per perderla potrebbe bastare decidere di cambiare un sistema che ancora una volta ha dimostrato di essere molto affidabile. Quando la posta in gioco coinvolge la vita delle persone e la stabilità di un’organizzazione che dà da vivere a intere città, le valutazioni da fare devono dare il giusto peso alla sicurezza, all’equilibrio lavorativo e al lato economico.
In questo momento, per come viviamo il porto noi Piloti, possiamo tranquillamente dire che il rapporto estremamente sereno e di fattiva collaborazione che unisce la Capitaneria, l’Autorità Portuale e i servizi tecnico nautici, permette di raggiungere risultati quotidiani eccezionali che, purtroppo, si palesano quasi solamente nelle occasioni in cui l’interesse mediatico sale di livello.
ALBUM FOTOGRAFICO
Merlo - Gatti - Del Rio - Fabbricatore
Ultimo sguardo sugli interni della Concordia
John Gatti (Capo Pilota Porto di Genova)
Foto di John Carlo GATTI
25 Maggio 2015
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