NAVIGARE TRA I GHIACCI -3 -

ROMPIGHIACCIO ATOMICO AL POLO NORD

Con decreto del Presidente russo Dmitry Medvedev  la Flotta di rompighiaccio atomico russa e le banchine di servizio sono state escluse dalla lista dei beni proibiti all’esportazione.  Il documento consente di riconvertire in società per azioni l’impresa unitaria “RosAtomFlot”, proprietaria ed operatrice  della flotta atomica. Con questo il pacchetto di controllo resterà nelle mani dello Stato.

 

La Russia è l’unico paese al mondo a possedere la flotta di rompighiaccio atomici. In particolare, hanno a disposizione sei rompighiaccio, una nave porta-chiatte a propulsione nucleare, cinque basi tecniche galleggianti di servizio. Negli ultimi tempi l’interesse per le imbarcazioni del genere è notevolmente cresciuto in relazione al prossimo sfruttamento degli enormi giacimenti di petrolio e di gas sulla piattaforma continentale artica. Sta crescendo l’interesse delle Società straniere anche per la Grande Via Marittima del Nord che consente di ridurre notevolmente il tempo per il trasporto  dei carichi  dall’Europa verso i paesi della regione Asia-Pacifico e viceversa   rispetto al loro trasporto attraverso il Canale di Suez.

 

 

I rompighiaccio oggi operativi appartengono a due classi distinte: Arktika e Taymir. I rompighiaccio atomici appartenenti alla Arktika sono utilizzati per mantenere aperti, in ogni stagione, i collegamenti con le principali città della Russia Artica. In particolare, grazie a queste navi, è possibile navigare dai grandi porti della Russia Europea (ad esempio, Murmansk e Arcangelo) fino alloStretto di Bering, passando per altri importanti porti della Siberia Settentrionale (ad esempio, Dikson e Pevek).

 

I rompighiaccio atomici della Classe Taymir, invece, sono stati costruiti per operare in acque basse, e sono solitamente usati sul fiume Enisej nella tratta che va da Dikson ad Igarka. Queste navi svolgono un ruolo molto importante, perché permettono, in tutte le stagioni, il passaggio delle navi cargo cariche di merci varie per l'approvvigionamento delle città sul fiume. Inoltre, consentono il passaggio anche delle imbarcazioni contenenti i metalli provenienti da Norilsk (che vengono imbarcati a Dudinka, a cui Norilsk, che non ha un porto, è collegata tramite ferrovia). Queste navi sono attrezzate anche per compiti antincendio.

 

Irompighiaccio atomici russi sono stati inoltre utilizzati anche per parecchie spedizioni scientifiche nell'Artico. Il 17 agosto1977 il rompighiaccio NS Arktika fu la prima unità di superficie al mondo a raggiungere ilPolo Nord . Dal 1989 alcuni rompighiaccio sono utilizzate anche per il turismo artico.

 

Complessivamente, in Russia sono state costruite dieci navi a propulsione nucleare con compiti non militari. Nove di queste sono rompighiaccio, la decima è una nave cargo con scafo rompighiaccio: la Sevmorput.

Nome

Nome in codice NATO

Tipo

Entrato

in servizio

NS Lenin

Lenin

rompighiaccio atomico

1959

NS Arktika

Arktika

rompighiaccio atomico

1975

NS Sibr

Arktika

rompighiaccio atomico

1977

NS Rossiya

Arktika

rompighiaccio atomico

1985

NS Sevmorput

Sevmorput

cargo atomico

1988

NS Taymir

Taymir

rompighiaccio fluviale

1989

NS Vaigach

Taymir

rompighiaccio fluviale

1990

NS Sovetskiy Soyuz

Arktika

rompighiaccio atomico

1990

NS Yamal

Arktika

rompighiaccio atomico

1993

NS 50 Let Pobedy

Arktika

rompighiaccio atomico

2007

IL TURISMO ATOMICO

Dal 1989 i rompighiaccio atomici sono utilizzati per crociere turistiche al Polo Nord. La crociera dura tre settimane e costa circa 25.000 $. I più attrezzati a scopo turistico sono gli ultimi due esemplari varati, la NS Yamal e la NS 50 Let Pobedy.

A cura del Webmaster Carlo GATTI

ALBUM FOTOGRAFICO

 

 

CURRICULUM VITAE PINO SORIO

 

  1. Nato a Milano il 01.1939

  2. Durante gli anni bellici abitato a Bolzano, Venezia, Voghera, Varese e Milano

  3. Terminata la guerra trasferito prima a Bari e poi a Santa Margherita Ligure nel 1948 dove ho frequentato le scuole Elementari e Medie

  4. Diplomato Capitano di Macchina luglio 1959- Nautico C.Colombo-Camogli

  5. Nota: nei periodi estivi lavorato su motoscafi Riva , Star e yacht a vela e come aiutante fotografo per l’Agenzia Publifoto di Milano

  6. Nell’estate del 1956 imbarcato come mozzo sullo yacht a vela YALI di proprietà della famiglia Leopoldo Pirelli

  7. Ai primi di settembre 1959 iniziata la mia carriera sulle navi petroliere, chimiche e trasporto metano

  8. Cantieri N.D.S.M. di Amsterdam : seguita la costruzione della petroliera CEUTA della Soc.Gulf di Philadelfia con il grado di Allievo Ufficiale di Macchina (1959-1961)

  9. Anno 1961 imbarcato da allievo ufficiale di Macchina sulla nave s.s. Marine Chemist della Soc. Marine Transport Lines e sbarcato nel 1963 con il grado di Primo Ufficiale di Macchina

  • Imbarcato sulla petroliera Liburnia della Soc.Cameli di Genova da primo Ufficiale di Macchina da fine 1963 a tutto il 1965

  • Nel 1966 fino alla metà del 1968 effettuati diversi imbarchi su petroliere della Soc.Esso (Libia, Milfordhaven, Trieste e Nicaragua)

  1. Dalla metà del 1968 a Dicembre 1969 lavorato all’allestimento delle metaniere Esso Brega, Portovenere, Liguria alla Fincantieri di Genova

  • Da gennaio 1970 a metà luglio 1974 lavorato come Field Engineer ai montaggi di tutti i macchinari prodotti dalla Worthington International : compressori alternativi e a turbina, turbine a vapore e a gas, pompe alternative e rotative, generatori di gas inerte, pompe deep well in impianti quali: piattaforme petrolifere a Dubai, raffinerie petrolchimiche, centrali elettriche, stabilimenti farmaceutici, automobilistici (Fiat, Lancia, Alfa Romeo), Pneumatici Pirelli, GoodYear e Firestone, Cartiere, Italsider, Fonderie Falk Dongo, Pietra Brescia e Delta Serravalle Scrivia, Piattaforme a Dubai, Tturbopompe del carico su petroliere, Centrale nucleare di Trino vercellese, Microfusione di Pieve Emanuele,

  • Alla fine di luglio 1974 lasciata la Worthington e ripreso a navigare sulle petroliere della Soc.Amoco di Chicago con il grado di Primo Ufficiale di Macchina e poi Direttore di Macchina

  • A dicembre 1975 entrato in Micoperi con il grado di D.M. sulle navi M26 e Pearl Marine seguendo nei cantieri navali di Fiume e Avondale New Orleans la conversione della petroliera francese Germinal in quella che sarebbe poi diventata la seconda nave gru della Micoperi, la M27.

  1. Per oltre 20 anni lavorato alla costruzione di piattaforme petrolifere in tutto il mondo di cui gli ultimi 10 anni, sempre da Direttore di Macchina sulla sscv M7000.

  • Nel 2000, lasciata la Saipem e iniziata una nuova carriera da Ispettore seguendo la costruzione di navi passeggeri nei cantieri Daewoo a Okpo nella Korea del Sud, in centrali elettriche in Irlanda del Nord (Ballylumford), rimorchiatori nei cantieri UNV di Valencia, rimorchiatori rompighiaccio nei cantieri STX di Braila in Romania, ispettore RINA nei cantieri di Chernomolsky a Nikolayev in Ukraina e nel Mar Caspio in Kazakhistan

  • Nell’anno 2011 (11 Ottobre 2011) causa incidente (tre mesi in rianimazione più altri 11 mesi di ricovero in ospedali diversi, chiuse tutte le mie attività lavorative !!!!!!

 

 

ESPERIENZE  E  SPECIALIZZAZIONI  PINO SORIO

 

  • Diplomato Capitano di macchina (giugno 1959-Istituto Nautico Cristoforo Colombo-Camogli)

  • Da settembre 1959 a gennaio 1970 imbarchi su petroliere e metaniere delle Soc. Gulf, Marine Transport Lines, Cameli, Esso, Amoco

  • Costruzione, allestimento petroliere, navi chimiche, metaniere, passeggeri, rimorchiatori, rompighiaccio, trasformazione e costruzione mezzi navali per il lavoro offshore (piattaforme petrolifere, oleodotti e gasdotti) nei cantieri navali: Fincantieri Genova-Palermo-Riva Trigoso-Trieste Monfalcone, NDSM Amsterdam, Avondale New Orleans, BeethlemSteel Baltimora, Daewoo Okpo Korea, STX Braila Romania, Damen Rotterdam, Chernomolsky Mikolayv Ukraina, Viktor Lenac Fiume, Chantiers Naval de la Ciotat Marseille, U.N.V. Valencia, Ethiad Abu Dhabi, Sembawang Singapore e Rio de Janeiro.

  • Da gennaio 1970 a fine luglio 1974 lavorato per la società Worthington di Buffalo (USA) ai montaggi e riparazioni dei

seguenti macchinari: compressori aria, ossigeno e gas,   pompe centrifughe e a pistoni, turbine a vapore e a gas in impianti petroliferi, impianti a gas inerte, raffinerie chimiche, stabilimenti automobilistici (Fiat-Lancia-Alfa Romeo), pneumatici (Pirelli – GoodYear – Firestone), farmaceutici LePetit TorreAnnunziata,  Siderurgici Italsider Genova e Taranto, Fonderie Pietra Brescia, Falk di Dongo, Delta Serravalle, Microfusione Pieve Emanuele, Alimentari (Saiwa,Cirio,DelMonte), Cartiere, Centrali Elettriche di Trino Vercellese (nucleare), Ballylumford Irlanda del Nord, SISAS (Soc.Italiana.Serie.Acetiche.Sintetiche-Pioltello Limito)

  • Titoli: Capitano Superiore di Macchina

  • Frequentato i seguenti corsi di specializzazione:

  • APT Pavia: pronto soccorso avanzato, capolancia su scialuppe di salvataggio, antincendio di base e avanzato, sopravvivenza e salvataggio, capisquadra antincendio, metodi di uscita emergenza elicotteri in mare, soccorso in mare con motoscafo veloce, operatore D.P. , Amos per Windows  (manutenzione programmata), WHMIS (Workplace  Hazardous Materials Information System), Qualified  Vibration Analyst (IRD Mechanalysis inc.)

  • Ispettore per i seguenti enti di classificazione: Lloyd’s Register, Rina, Rina Industry, A.B.S., D.N.V., BureauVeritas

  • Da gennaio 1976 a fine dicembre 1999 lavorato alla costruzione di piattaforme petrolifere con le Soc.Micoperi e Saipem in qualità di Direttore di Macchina sulle navi Micoperi 26, e Pearl Marine (trasformazione da petroliere a navi gru) e M7000 (costruzione).

 

 

Pino SORIO

Rapallo, 16 Febbraio 2015

Carlo Gatti-webmaster

 


ESTRAZIONE DI GREGGIO NEL MAR CASPIO

ESTRAZIONE DI GREGGIO  NEL MAR CASPIO

Nota del D.M. Pino SORIO:

Questo Album fotografico sarà di sicuro interesse per chi non si è mai trovato a lavorare nel Mar Caspio. Premetto che il greggio estratto in questo mare contiene una percentuale altissima di idrogeno solforato (H2S) che letale se viene inalato. Ogni volta che i rilevatori di H2S ne segnalano la presenza, tutto il personale delle ptfs deve indossare le maschere in dotazione e raccogliersi in appositi locali. I mezzi di evacuazione IBEEV (Ice Breaker Emergency Evacuation Vessel) possono trasportare fino a 180 persone + 2 di equipaggio, possono navigare sul ghiaccio e tra le fiamme, l'aria per la ventilazione interna è a circuito chiuso e viene prelevata da pacchi bombole, sono dotate di una camera di decontaminazione dove il personale vi deve transitare prima di andare a prendere il posto assegnato. Il gas H2S viene separato dal greggio e poi ripompato nel pozzo a pressione altissima. Questa operazione viene eseguita da particolari impianti costruiti dal cantiere spezzino NAVALMARE e montati su chiatte.

 

D.M. Pino SORIO

Rapallo, 11 Febbraio 2015

webmaster Carlo GATTI

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NEL MONDO DELLE PIATTAFORME PETROLIFERE

NEL MONDO DELLE PIATTAFORME PETROLIFERE

Pino Sorio racconta: "...da ex Micoperi (25 anni di collaborazione),  dopo il lavoro svolto da queste persone davvero competenti e molto speciali, sono contento che questa società si sia risollevata a tal punto da competere di nuovo a livello mondiale. La prima Micoperi, pur essendo una società a conduzione quasi familiare, è stata la prima ad entrare nel Mare del Nord (costruzione ptf petrolifere) con i mezzi più all'avanguardia (M25-M26-M27 ed infine con il gioiello M7000 con le sue due gru da 7000 tons)".

Il nostro socio Pino Sorio, DM di lungo corso e di grande esperienza mondiale nel settore delle piattaforme petrolifere e non solo, come vedremo, gratifica i nostri followers con un ampio ALBUM FOTOGRAFICO dedicato a questi "mostri" dell'ingegneria navale. Ringraziamo Pino Sorio che ci accompagnerà in questo percorso a tappe che pochi conoscono, ma che tutti sono interessati a scoprirne i segreti.

 

Saipem è oggi leader mondiale nel settore dei servizi per l’industria petrolifera onshore e offshore. La società ha cominciato ad operare negli anni '50. Durante gli anni '50 e '60 ha maturato competenze nella posa di condotte onshore, nella costruzione di impianti e nella perforazione, inizialmente come divisione dell’Eni e in seguito su base stand-alone, diventando definitivamente autonoma nel 1969. Saipem ha iniziato le attività offshore nel Mediterraneo nei primi anni '60 e ha esteso le operazioni al Mare del Nord nel 1972. La società ha iniziato ad offrire servizi all’esterno del gruppo Eni nei primi anni '60 e da allora ha progressivamente ampliato la propria base clienti, che oggi annovera quasi tutti i colossi del petrolio e le maggiori compagnie petrolifere, sia private che di stato, di tutto il mondo. Alla fine degli anni '90, con lo spostamento delle attività verso le acque profonde e in paesi in via di sviluppo, Saipem ha realizzato un piano di investimenti per adeguare alle sempre più sfidanti condizioni di mercato le capacità dei propri mezzi navali nella perforazione e nello sviluppo dei giacimenti in acque profonde, nella posa delle condotte, nel leased FPSO (Floating Production Storage and Offloading) e nella robotica sottomarina.
Saipem è stata tra le prime a dare risalto al contenuto locale sviluppando imponenti strutture nell’Africa Occidentale, nei paesi dell’ex Unione Sovietica e in Medio Oriente, ed impiegando un numero di lavoratori locali senza pari nell’industria.
Contemporaneamente al potenziamento della flotta e allo sviluppo del contenuto locale, la Società ha iniziato a rafforzare le proprie competenze ingegneristiche e di project management, per affrontare un altro importante trend verso i grandi progetti integrati di tipo EPCI e EPC, prima in ambito offshore e successivamente in ambito onshore. L’obiettivo per quanto riguarda l’offshore è stato raggiunto attraverso una serie di acquisizioni, culminate in quella di Bouygues Offshore nel 2002. Questa operazione va considerata come la più rilevante acquisizione effettuata tra società di paesi diversi in Europa nel settore dei servizi per l’industria petrolifera. Successivamente, in risposta alla tendenza del settore verso grandi progetti EPC onshore, tra cui quelli relativi alla valorizzazione del gas naturale e dei greggi difficili (quali oli pesanti, sabbie bituminose, ecc.) e al fine di rafforzare la propria posizione in Medio Oriente e la propria base clienti, nel 2006 Saipem ha acquisito Snamprogetti, una delle maggiori società di ingegneria e costruzioni attiva sul mercato internazionale della progettazione ed esecuzione di grandi impianti a terra per la produzione ed il trattamento di idrocarburi e la valorizzazione del gas naturale.

Il risultato è stato la creazione di un eccezionale contrattista, con un forte orientamento verso le attività oil & gas in aree remote e in acque profonde, leader a livello mondiale nella fornitura di servizi di ingegneria, di procurement, di project management e di costruzione, con distintive capacità di progettazione ed esecuzione di contratti offshore e onshore anche ad alto contenuto tecnologico quali la valorizzazione del gas naturale e degli oli pesanti.

Saipem ha recentemente portato a termine l’impegnativo programma di investimenti, iniziato nel 2006, volto a rafforzare ed espandere gli asset delle Perforazioni e delle Costruzioni Mare, oltre ad asset richiesti nell’ambito di progetti di rafforzamento del local content, in particolare mezzi navali d’avanguardia progettati avendo in mente le sfide che porranno la produzione e il trasporto di idrocarburi in acque ultra-profonde e in ambienti di frontiera.

Saipem è quotata alla Borsa Valori di Milano dal 1984 (in precedenza era interamente proprietà di Eni). Attualmente Eni possiede circa il 43% di Saipem.

 

 

 

(ultimo aggiornamento: 15 gennaio 2014)

 

Flotta per attività di perforazione

 

Saipem 10000

Saipem 12000

Scarabeo 3

Scarabeo 4

Scarabeo 5

Scarabeo 6

Scarabeo 7

Scarabeo 8

Scarabeo 9

Perro Negro 2

Perro Negro 3

Perro Negro 4

Perro Negro 5

Perro Negro 6 (affondata in un incidente presso la foce del fiume Congo il 1º luglio 2013)

Perro Negro 7

Perro Negro 8

Saipem TAD

 

Flotta per attività di costruzione

 

 

Castorone

 

Castoro II

 

Castoro Sei

 

Castoro 7

 

Castoro Otto

 

Castoro 9

 

Castoro 10

 

Castoro 11

 

Castoro 12

 

Castoro 14

 

Castoro 15

 

Castoro 16

 

Saipem FDS

 

Saipem FDS 2

 

Saipem 3000

 

Saipem 7000

 

Semac 1

 

S 355

 

Crawler

Bar Protector

 

Ersai 1

 

Ersai 2

 

Ersai 3

 

Ersai 4

 

Ersai 400

 

Ragno 3

 

SB 230

 

S 44

 

S 600

 

S 45

 

S 42

 

SB 103

 

S 43

 

S 46

 

S 47

 

New DSV

 

Far Sovereign

 

• Normand Cutter

 

• Far Samson

 

• Grampian Surveyor

 

• DP Reel

 

• Harvey Discovery

 

• Bourbon Trieste

 

• Miclyn Endurance

 

• Innovator 250

 

• Innovator

 

• Olympian

 

• Super Mohawk

 

• MRV

 

• Discovery/Scorpion

 

• Beluga

 

• Flexjet II

 

• Brutus

 

• Carousel

Il DM Pino Sorio racconta: "Seguono alcune foto dell'impianto per il varo in modo "Jay" (fondali fino a 3000 metri) che abbiamo installato a R'dam tra il 1998 e fine 1999 e le prove di varo fatte in un fjordo della Norvegia. Sulle foto ho inserito alcune spiegazioni. All'interno della torre erano installati tre tensionatori ciascuno con un tiro da 400 Tons, una stazione di saldatura di tipo "giostra" (brevetto Saipem)con tre macchine saldatrici a filo continuo, una sottostante stazione di controllo RX saldature ed una stazione per  eventuali riparazioni saldature. Alla base della torre a livello mare vi era una clampa idraulica per tenere tutto il peso della tubazione gia varata a mare. All'esterno della torre vi erano i bracci idraulici con clampe per sollevare le barre di tubi lunghe 45 metri dalla coperta e allinearle con la testa della tubazione già varata. I tubi venivano trasportati sulle bettoline in pacchi pre-assemblati da 5000 tons. In coperta era sistemata tutta la linea di cianfrinatura terminali tubi ed il verricello idraulico per l'abbandono a mare in caso di emergenza (condizioni meteo avverse) e successivo recupero per ripresa lavoro. Il verricello di abbandono e recupero aveva un tiro massimo di 3500 tons ed era stato costruito da una ditta della provincia di Bergamo.

 

Il primo progetto portato a termine dalla S7000 è stato il gasdotto "Blue Stream" nel Mar Nero tra la Russia e la Turchia ad una profondità di 2000 metri e con una media giornaliera di varo di 2.2 km di tubo".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chief Engeneer Pino Sorio a destra

In queste ultime foto si vede la fase di saldatura della barra di tubo da 45 metri alla sezione di sealine giò completata che viene fatta contemporaneamente da tre saldatrici che ruotano attorno al tubo, praticamente ogni saldatrice completa 120° di circonferenza e il tutto avviene nel tempo di meno di tre minuti. Quando si inzia a varare, il tubo completato viene fatto scendere lentamente a mare da tre tensionatori (costruiti vicino a Torino da ditta italianissima) ciascuno con un tiro da 400 tons (ultima foto).

Nella sezione VIDEO di questo sitoweb potete assistere sul Youtube SAIPEM 7000 all'operazione di saldatura parzialmente descritta in questo articolo.

Pino SORIO

 

Rapallo, 11 Febbraio 2015

 

Webmaster Carlo Gatti

 

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NAVIGARE TRA I GHIACCI - 2 -

NAVIGAZIONE NEI GHIACCI

 

 

L'amico e collaboratore Maurizio Brescia, Vicepresidente di Mare Nostrum, ci ha inviato una serie di interessanti immagini relative ad un viaggio nel Golfo di Botnia a fine dello scorso anno. Ecco il suo resoconto.

 

Il 28 dicembre 2009 ho effettuato una navigazione di un giorno a bordo del rompighiaccio finlandese Sampo, con partenza e arrivo nel porto di Kemi (Finlandia settentrionale). La navigazione ha avuto luogo nelle acque settentrionali del Golfo di Botnia, che divide la Svezia dalla Finlandia.


Il rompighiaccio Sampo nelle acque gelate del Golfo di Botnia

(Foto Maurizio Brescia)

Il Sampo è stato varato nel 1961 dai cantieri Wartsila di Helsinki e - sin verso la metà degli anni Novanta - ha prestato servizio con l'Autorità Marittima finlandese. Successivamente è passato in gestione alla municipalità di Kemi che,oltre ad utilizzarlo per compiti "istituzionali" in zona, lo ha destinato ad un uso maggiormente "turistico" per  brevi crociere giornaliere e di durata anche più lunga.
 Il Sampo è lungo 75 mt., disloca circa 3.500 t. e dispone di un apparato motore diesel elettrico su due assi, composto da quattro motori Wärtsila e da quattro generatori, per circa 19.000 cv di potenza.

 

 

Alcune belle immagini del viaggio di Maurizio Brescia

La navigazione sul Sampo è davvero consigliabile a tutti gli appassionati di cose di mare. Per maggiori informazioni è visitabile il sito http://www.sampotours.com/ (anche in italiano).

 

Maurizio BRESCIA

webmaster Carlo Gatti

18 Ottobre 2014

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PILOTI GÄVLE - GOLFO DI BOTNIA

 

STAZIONE PILOTI BÖNAN – GÄVLE

 

GOLFO DI BOTNIA

Il porto di Gävle si trova nella parte meridionale del Golfo di Botnia. Appare nella parte alta della cartina. Le isole Åland costituiscono la porta d’accesso al golfo. I Piloti coordinano il servizio anche dei porti limitrofi e da questa stazione le navi possono imbarcare, facoltativamente, il Pilota per qualsiasi destinazione del Botten Havet.

 

 

 

 

 

 

Il Golfo di Botnia, parte settentrionale del Mar Baltico, é un'insenatura larga da 100 a 200 km e lunga 600, con coste frastagliate fronteggiate da isole spianate dalla glaciazione quaternaria. Per i molti corsi d'acqua che vi sfociano e la scarsa evaporazione, le sue acque sono pochissimo salate e il golfo gela in inverno.

 

Verso la fine degli anni ’90, durante un pilotaggio nel porto di Genova, conobbi il comandante svedese Anders Nordin, il quale mi raccontò che suo padre, pilota del porto di Gävle, morì assiderato per essere caduto in mare dalla  biscaglina di una nave. Negli anni successivi andai a trovare due volte i colleghi di quel distretto, in due stagioni diverse, per rendermi conto delle difficoltà oggettive del pilotaggio nel Golfo di Botnia. In estate il pilotaggio é addirittura piacevole, sia per la natura lussureggiante, sia per la luminosità ed il clima decisamente mite. In inverno il panorama cambia completamente e la navigazione é ostacolata dal freddo polare, dalla scarsa visibilità e soprattutto da formazioni di ghiacco che possono raggiungere il mezzo metro di spessore al Sud e raddoppiarsi nel nord del bacino.

 

Si racconta che in questa parte del mondo la navigazione sia sempre stata difficile, e addirittura interdetta per sei mesi l’anno. Questo blocco totale dei trasporti marittimi ha da sempre inciso negativamente sull’economia di questi Paesi che si affacciano sul golfo. La Svezia sfrutta ben 20 miniere di minerali ferrosi molto pregiati, le più importanti si trovano proprio nel Nord del Paese: Kiruna, Gällivare e Skellefteå. Ancora oggi, nonostante l’avvento di potentissimi rompighiaccio che hanno aperto la navigazione anche nei mesi invernali, il maggior porto d’imbarco del minerale svedese é Narvik (Nord Norvegia) dove il mare é mitigato dal passaggio della Correte del Golfo (temp. dell’acqua del mare intorno ai 6-7°) e non ghiaccia mai. E’ storicamente interessante il collegamento tra la miniera di Kiruna e il porto di Narvik tramite una linea ferroviaria di 168 km che fu costruita ai primi del ‘900 e che funziona ancora oggi. I tedeschi se ne impossessarono nel giugno del 1940 e per 5 lunghi anni di occupazione della Norvegia, sfruttarono il porto di Narvik per l’imbarco del minerale necessario a costruire armamenti bellici in patria.

LA RIVOLUZIONE COMPIUTA DAI ROMPIGHIACCIO

 

Con l’avvento dei rompighiaccio sempre più potenti ed attrezzati per guidare le navi, la navigazione commerciale di ogni tipo é assicurata, anche in condizioni estreme. Nel settore Nord del Golfo il ghiaccio può avere anche uno spessore molto maggiore di quello riportato, ma tende a calare spostandosi a sud. Non mi addentro nei particolari tecnici della navigazione con l’assistenza del rompighiaccio, li troverete leggendo il “rapporto” molto dettagliato del Comandante camoglino Michele Gazzale che ha avuto l’opportunità di navigare nel Golfo di Botnia in quelle condizioni. L’accuratissima descrizione di tutti gli aspetti nautici ed anche umani la trovate nell’articolo  che segue questa introduzione, si chiama: NAVIGAZIONE TRA I GHIACCI”

 

Le foto che seguono mostrano alcuni rompighiaccio svedesi di epoche diverse.

 

 

 

Rompighiaccio “THULE”

 

 

Rompighiaccio “HYMER”

 

 

 

Rompighiaccio “ATLE”

Luleå (nella foto) é il porto più settentrionale del Golfo di Botnia. Come si può notare, la presenza di 3 rompighiaccio moderni e molto potenti in porto, dà l’idea del lavoro che li attende nel periodo invernale. Nella foto, notiamo l’alta struttura della nave spostata verso proravia per aggiungere peso alla nave, la cui prora non taglia il ghiaccio, come erroneamente si é portati a credere, ma lo spacca scivolandoci sopra ad alta velocità.

 

Per vincere un determinato spessore di ghiaccio, (nei settori polari può raggiungere anche gli 8 metri), occorre un rompighiaccio di adeguata potenza e stazza. Affronteremo questo interessante argomento nel prossimo capitolo.

 

 

Come si può notare in questa tabella, se la temperatura dell’acqua di mare é di -5°, inizia subito la Zona Critica per un soggetto in buone condizioni psicofisiche, ma dopo circa 30 minuti d’immersione si entra nella Zona Letale.

 

 

In Svezia ci sono 220 Piloti di cui 6 sono donne. Nel Bottenhavet (Golfo di Botnia) avvengono circa 4.000 pilotaggi l’anno, di cui la metà si attuano nel distretto di Gävle,  200 km c.ca a Nord di Stoccolma.

 

I video YouTube che seguono, li potete vedere nella sezione VIDEO della Home Page di questo sito.

In questo primo YouTube vi mostriamo un piacevole pilotaggio estivo tra isolotti e villette con piscina in cui tutto appare molto “paradisiaco”.

https://www.youtube.com/watch?v=5laUCdOeTbU

In questo secondo YouTube vi mostriamo l’abbordaggio del pilota a bordo

 

https://www.youtube.com/watch?v=txIM8d2ZPoY

In questo  terzo YouTube vi mostriamo un’interessante esercitazione dei Piloti che si tuffano in mare per collaudare “tute speciali” contro l’assideramento.

 

https://www.youtube.com/watch?v=LqvwnF0PrzM

In questo quarto YouTube vi mostriamo alcuni rimorchiatori-rompighiaccio in azione davanti al porto di Gävle.

 

https://www.youtube.com/watch?v=goCMe2PGkYI

Sjöfartsverket Gävle lotsstation - Autorità Portuale - Sede dei piloti di Gävle

 

 

 

BÖNAN, sede dei piloti di Gävle. A sinistra il vecchio faro del 1600 che oggi ospita il Museo dei Piloti. In centro, le abitazioni, gli uffici e la direzione del traffico. A destra un grande magazzino per le varie attrezzature. A destra (vedi foto sotto) il molo con l’ormeggio delle pilotine ed altre imbarcazioni.

 

 

 

La robusta pilotina d’altomare mostra la colorazione arancione tipica delle imbarcazioni di salvataggio. Notare il sistema d’imbarco del pilota. Ogni Corpo Piloti, in qualsiasi parte del mondo, sceglie il sistema d’imbarco più idoneo alle caratteristiche meteo marine locali

 

 

Questo tipo di pilotina  é usata principalmente in inverno. L’elica pesca 5 metri per evitare di danneggiarsi nell’impatto con il ghiaccio.

 

Uno dei due operatori del Centro Direzionale che coordina il Pilotaggio del distretto.

 

 

Il vecchio faro di Bönan, oggi Museo dei Piloti, é curato e conservato con amore per raccontare la storia dei Piloti di questo distretto.

 

 

La cucina d’epoca sistemata alla base del faro.

 

Siamo nella seconda metà dell’800. Queste sono le prime immagini di Piloti scattate da una macchina fotografica.

 

Navi e Bandiere nazionali. Le navi a motore non erano ancora in alto mare...

 

Alla base del Faro, sono custoditi i cimeli più importanti delle pilotine di un tempo.

 

 

Il cuore del Faro. La lampada con gli specchi di riflessione della luce nei suoi vari stadi. Bozzelli e redance fanno da cornice a questa significativa rappresentazione marinara.

Vista interna del Faro. Calibrato intreccio di scale, rinforzi e sostegni di legno che offrono un’assoluta sicurezza alla vecchia struttura. Al centro penzola la vela del cutter che abbordava le navi per l’imbarco dei Piloti locali.

 

 

Siamo nel 1932. Il modello della pilotina appeso sopra la ruota del timone é un campione didattico di notevole importanza. Si nota il profondo pescaggio del mezzo per evitare che le pale dell’elica si danneggino contro il ghiaccio. Il disegno complessivo dello scafo ricorda il modello norvegese “Colin Archer” che divenne celebre per la sua adattabilità al moto ondoso oceanico. Il disegno fu adottato per la costruzione di lance di salvataggio marine e sicure. La presenza di due alberi e il boma prelude ancora al possibile impiego di tela.

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 17 ottobre 2014

 

 


NAVIGARE TRA I GHIACCI -1 -

NAVIGARE TRA I GHIACCI

Premessa. La nave effettua viaggi dai porti del Mediterraneo diretta verso quelli della Finlandia passando attraverso la Manica, il Canale di Kiel ed il Mar Baltico. Viaggi lunghi fino ad arrivare ad Oulu nell’estremo Nord del Golfo di Botnia: un mare stretto mediamente 110 miglia, tra la Svezia e la Finlandia, sgombro dai ghiacci della banchisa solamente da fine Maggio a metà Novembre. Il Golfo è lungo circa 440 miglia che si estendono per N-NE dal parallelo 60° fin quasi a 66° N.

Fu verso la fine del mese di aprile 2009 che ebbi il battesimo del ghiaccio; imbarcato con il grado di terzo ufficiale di coperta sulla Oil/Chemical Tanker Acquamarina battente bandiera italiana (12003 ton. Summer dwt.; 6600kw di potenza apparato motore) appartenente alla Società di Navigazione Finbeta S.p.A. di Savona: destinazione Oulu, piccolo porto in fondo al Golfo di Bothnia, lat. 65°31' N long. 25°32' E, con un carico di prodotti chimici per l’industria finlandese.
Provenienti dal Mediterraneo, dall’inizio di aprile già si respirava aria di primavera; rimasi piuttosto sorpreso quando, transitati attraverso il canale di Kiel, fummo informati sia dall’Agenzia del luogo che dai Bollettini meteorologici della presenza, sulla nostra rotta, di zone di ghiaccio con spessore non inferiore a 80 cm!
La salinità, già bassa nel Mar Baltico, decresce ancor più verso Nord nel Golfo di Botnia. La temperatura dell’aria scende di molti gradi sotto lo zero.
La navigazione fu tranquilla fino al traverso di Markeskallen Light con ingresso nel Golfo, rotta per Nord, attraverso il passaggio di Sodra Kvarken. Circa 20 miglia prima del transito per Nordvalen, in contatto con Bothnia VTS, via VHF ch 67, ricevemmo le coordinate di una serie di punti (waypoints) da seguire: ci allarmammo un poco, ciò significava che le acque non erano sicure per la navigazione. Avendo già navigato in questi mari, in stagioni diverse, avevo avuto modo di constatare le eccezionali condizioni di visibilità spesso verificabili e, dopo il tramonto, mentre rilevavo il primo ufficiale impegnato per la cena, il Comandante, salito sul ponte di comando a dare un’occhiata, mi fece notare, sulla nostra dritta, una lunga striscia bianca all’orizzonte, confusa con il cielo nuvoloso: era il riverbero dello strato di ghiaccio ammassato sulle coste finlandesi, come riscontrabile dalle carte del ghiaccio ricevute via meteo-fax: eravamo a oltre 30 miglia dalla costa ed era il segno che ci stavamo avvicinando all’area pericolosa: l’azzurro mare cambiava colore diventando grigio-verde, l’assenza di brezza ne rendeva la superficie di apparenza oleosa.
Non passarono più di due ore, a circa 14 nodi, quando avvistammo, all’orizzonte, i potenti riflettori del rompighiaccio di sentinella: attendeva noi. Informato il Comandante, fu avvisata anche la Macchina affinché potesse dare tutta potenza disponibile per evitare di rimanere presi dalla morsa del ghiaccio.
Contattati dal rompighiaccio (icebreaker), ricevemmo istruzioni di procedere, a tutta forza, nella sua direzione, rimanendo stand-by pronti per l’ascolto sul suo canale di servizio: ogni icebreaker è in ascolto sul VHF Ch 16 e in MF 2332 kHz, ma utilizza un canale differente per le operazioni con la propria assistita o il proprio convoglio per non interferire nel traffico delle radiocomunicazioni sempre intenso. I Canali di lavoro sono facilmente ricavabili dalle pubblicazioni nautiche o dalle carte meteo del ghiaccio dove si trovano, continuamente aggiornate, le posizioni di tutti i rompighiaccio in servizio e, in ultimo, dalle informazioni visualizzate attraverso l’A.I.S.
Nel momento in cui entrammo in contatto con il primo ghiaccio di una certa consistenza, ma piuttosto fragile, con mia sorpresa, data la poca esperienza in materia, notai che la nostra traccia, sul ghiaccio, era chiaramente evidenziata dal Radar, senza dubbio un grande aiuto quando ci si deve mettere nella scia del rompighiaccio. Sceso il buio e accesi tutti i proiettori che illuminavano la traccia, conducemmo navigazione a vista, seguendo il rompighiaccio che individuava, grazie all’esperienza del suo capitano, gli strati di ghiaccio più facili da spezzare.
Un carico di lavoro pesante per il nostro Comando e tutto l’equipaggio: la navigazione sotto guida può durare molte ore e giorni interi durante gli inverni più rigidi e il ghiaccio scende a basse latitudini, lo “stridolio” del ghiaccio che scorre lungo lo scafo non permette un tranquillo riposo.

Ho sperimentato che il momento più critico si verifica quando, per le eccezionali condizioni meteo, il passaggio compreso fra l’icebreaker e la propria nave si richiude senza darti la possibilità di navigare a distanza di sicurezza: allora il rompighiaccio è costretto a prendere la nave a rimorchio: bisogna avere particolare attenzione e abilità nelle manovre quando l’icebreakear si “infila” sotto la prua della nave per formare un corpo unico (v. figure). Si diventa, praticamente, il timone dello stesso rompighiaccio; non bisogna dimenticare di rispondere con un’accostata opposta alla direzione verso cui l’icebreaker vuole dirigere: spesso il Comandante dell’icebreaker chiede un aiuto per agevolare la propria accostata.
Ovviamente si tratta di un aiuto nel dirigere la prua perché in quanto a potenza non c’è confronto fra i loro 15/16 MW e i nostri 6600 KW.

Nota del webmaster:

In questo modello del rompighiaccio SAMPO, (foto di Maurizio Brescia) si nota a poppa l'apparato descritto e disegnato nel presente articolo. Qui sotto riportiamo l'ingrandimento.

Sotto certi punti di vista è divertente manovrare nel ghiaccio, devo ringraziare il Comandante G. Russo: per la sua fiducia, ho imparato a stare al timone nella scia del rompighiaccio e, soprattutto, a non rimanere bloccato: può sembrare facile, ma bisogna imparare qualche accorgimento …! È questione di attimi!
La manovra per sbarcare il pilota, ricordo, è stata sorprendente, non mi era mai capitato di vederlo sbarcare, a piedi, sul ghiaccio ed “imbarcare” sulla pilotina costituita da una motoslitta!
Non sempre l’esperienza può bastare in certe situazioni: impossibile dimenticare l’ultimo imbarco, con un inverno più rigido rispetto agli ultimi anni, quando in uscita dal porto di Rauma (Fl), sempre dietro al rompighiaccio, lasciato il pilota, riuscimmo a navigare, forse, per un paio di miglia: poi la potente mano della Natura ci fermò. Il Comandante Failla, con l’esperienza di una brillante carriera svolta a battere questi mari, rimase sul ponte non so quante ore nel tentativo di trovare un varco in una direzione qualsiasi pur di liberarci, manovrando di macchina e timone, ma quando, oltre a noi,

Posizione di sicurezza ICEBREAKER in funzione di rimorchiatore

 

Vista Dall'alto

Sistema NAVE-ICEBRTEAKER in manovra

altre due navi, a poca distanza ebbero lo stesso problema, comprendemmo che, forse, non c’era più una via apribile: il ghiaccio si era compattato molto bene; non ci restava che chiamare l’icebreaker e rimanere in attesa. Non è piacevole rimanere in balia del ghiaccio!
Arrivò il rompighiaccio che, con la sua potenza da gigante dei mari, ci avvolse come in un materno abbraccio e, dopo un paio di evoluzioni intorno per rompere il ghiaccio, ci accolse, come la chioccia con i suoi pulcini, e in convoglio, ci fece raggiungere acque più libere. Proseguimmo da soli cercando il passaggio più sicuro attraverso gli strati di ghiaccio più sottili: più con l’abilità dell’uomo di mare che attraverso la strumentazione, io sto cercando di acquisirla e, vi assicuro, è un’esperienza indimenticabile che segnerà la mia vita per sempre!

 

Al termine della interessante conferenza gli studenti di V classe rivolgono domande.

1) Con quali criteri il V.T.S. dà le rotte ed i punti di accostata?
Risposta: in base alle varie carte meteo-oceanografiche di previsione e di situazione nelle diverse zone: sono proprio gli stessi icebreaker in stand-by, i rompighiaccio in attesa, che fanno il servizio di scorta verso ogni porto di destinazione. Icebreaker proprio alla deriva nel ghiaccio, in alcune zone strategiche, come potrebbero essere i passaggi ristretti di Nordvalen o più semplicemente ai limiti della “banchisa”, dove il ghiaccio inizia ad essere troppo compatto per una navigazione senza scorta. Nel bisogno i rompighiaccio vengono a scortare le navi ed aprire la via a chi non resta “impantanato”. Gli icebreaker danno ai VTS informazioni dirette. Le accostate possono arrivare a 30° o 40°. Quando in zona il vento viene dai quadranti orientali l’accumulo di ghiaccio è lungo la costa svedese; troviamo i WP più vicini alla costa finlandese; e viceversa con i venti occidentali.

2) A che distanza la nave segue il rompighiaccio di guida? Qual è la velocità di manovra?
Risposta: la velocità, diciamo, è sempre la massima possibile; noi avevamo una velocità con macchine “Full Ahead”(tutta forza avanti) di 14 nodi; non succede quasi mai che venga richiesto di procedere più lentamente, a meno che non si stia procedendo in convoglio … allora tutte le navi si devono adeguare a quella che ha la velocità minore, o comunque con potenza motore inferiore. Ecco!! ciò che chiede talvolta il comandante dell’icebreaker, quando si arriva in area di operazioni e prima di iniziare il convoglio: è proprio la potenza dei motori e la massima velocità della nave. Una curiosità: è capitato di ricevere la richiesta di attendere qualche ora fermi nel ghiaccio, o di aspettare l’arrivo del convoglio “in discesa” dal mar di Bothnia, o di attendere un'altra nave in modo da unirci al convoglio “in salita”. La distanza tra nave e rompighiaccio che guida una sola nave non supera 1000 metri. Il Capitano dell’icebreaker ed il Comandante della nave sono in continuo contatto radio. Se la nave ha difficoltà a mantenere la velocità perché il ghiaccio tende a ricompattarsi in breve tempo, i due Master concordano per navigare più vicini e mantenere una adeguata velocità minore: l’icebreaker si avvicina alla nave riducendo temporaneamente la velocità più di quanto l’abbia ridotta la nave. Dopo aver ridotto il corridoio di transito tra le due unità, il rompighiaccio si porta alla stessa nuova velocità della nave. Il minor tempo di transito della nave è tale da anticipare il processo di ricompattamento; la nave sfugge alla morsa della pack. Per la sicurezza del convoglio la brevità dell’intervallo vale, in tal caso, più della lunghezza del convoglio.

3) È difficile far rimanere la nave nel varco, lo stretto canale aperto dell’icebreaker? Chi sta al timone, il marinaio o l’ufficiale?
Risposta: alla seconda domanda risponderò dopo. Non è facile spiegare come intervenire per rimanere nel corridoio di transito aperto dal rompighiaccio, manovrare per non andare a strisciare il pack sotto l’azione del vento. Si è guidati dall’intuito; è necessario agire correttamente e prontamente col timone. Non sempre si riesce; c’è la corrente, talvolta; ma la corrente è subdola, non si vede. Non è piacevole portare la nave (anche se contro volontà) a strisciare contro il ghiaccio e udire lo “stridio” delle lamiere ed avvertire il rischio di traversare la nave, possibile preludio di finire attanagliati dalla banchisa.

4) Se la nave è presa dalla morsa del ghiaccio come agite? La nave ha il doppio scafo?
Risposta: la prima preoccupazione del comandante è quella di avvertire il direttore di Macchina. L’elica non deve essere bloccata dal ghiaccio; deve sempre girare perché deve smuovere l’acqua d’intorno. Se la nave ha l’elica a passo fisso si deve far girare molto lentamente l’elica, cioè con i giri (al minuto) al minimo. Se la nave ha l’elica a passo vario si mette il propulsore a passo zero. Tutte le chimichiere sono costruite col doppio scafo.

5) È importante conoscere lo spessore del ghiaccio?
Risposta: si. L’indicazione dello spessore del ghiaccio, nelle varie zone, è contenuta nelle cartine meteofax, e in quelle che si trovano sui siti internet, per le navi che hanno il collegamento con la rete; in generale il VTS, durante il contatto via VHF, dà un'indicazione sullo spessore massimo del ghiaccio; informa sulla situazione generale che si troverà lungo la rotta per il porto di destinazione. Qualche volta lo strato supera 1 metro. Sappiamo che l’acqua marina di circolazione del raffreddamento viene dalle prese: basse o alte. Se la nave, in zavorra, navigasse con le prese alte e rimanesse nell’abbraccio del pack non andrebbe incontro ad altri problemi a condizione che sia stato fatto un preventivo maggiore zavorramento per evitare l’occlusione delle prese da parte della morsa del ghiaccio.

6) Ha mai incontrato lastroni di ghiaccio isolati e non segnalati?
Risposta: se il lastrone di ghiaccio è grande, è raro che sfugga all’avvistamento e … alla segnalazione, sempre doverosa da parte di una nave. L’incontro capita spesso, verso la fine della stagione, quando il ghiaccio si disperde e inizia a dividersi in parti; perciò si naviga sempre coi proiettori accesi di notte, proprio per cercare di avvistare ed evitare il più possibile i pezzi più grossi. È vero che la nave è classificata ICE Class, ma è meglio non fidarsi; scontrare un pezzo di ghiaccio alla massima velocità non è molto … bello; meglio evitare, se possibile. Sovente si fanno accostate su accostate pur di evitare il ghiaccio!

7) Ha mai incontrato, in altri mari, un iceberg?
Risposta: no. “In altri mari” è precisazione corretta. Gli iceberg hanno un’origine precisa: si staccano dai nevai delle montagne alte, scoscese; scendono a valle e finiscono in mare, come ad esempio (lo saprete tutti) le terre della Groenlandia ed altre. Il Golfo di Bothnia è circondato da terre pianeggianti o quasi. Meglio così, un problema in meno. Ma non è esclusa la possibilità, con altri viaggi, di fare la conoscenza!

Cari giovani, le incombenze dell’Ufficiale a bordo sono numerose. Seguire alla lettera le procedure come da “check list” … le “continue Ispezioni delle maggiori Compagnie Petrolifere” … l’ufficiale rischia di perdere l’altro aspetto della professionalità, anche se poco conosciuto e riconosciuto, ma non per questo meno importante dei tanti controlli. Intendo dire non si deve perdere di vista l’importanza dell'esperienza vera dell'uomo di mare. Da Allievo non ho mai perso occasione per tenermi stretto il timone, sapendo che certe esperienze avrei rischiato di non poterle più provare direttamente. Rispondo alla domanda in sospeso. Di norma il marinaio è al timone. Ma non bisogna dimenticare che l’ufficiale è responsabile della guardia. Egli è motivato se nel tirocinio di allievo ha acquisito esperienze preziose; tra cui, ripeto, saper stare al timone (col consenso del Primo e col pretesto di dare al Marinaio un po’ di riposo …). Solamente così, da ufficiale, si è pronti a dare un tempestivo suggerimento al timoniere o rilevare il marinaio poco esperto in particolari frangenti. L’Ufficiale, nel servizio di guardia, non sta al timone perché già occupato a mettere i punti nave sulla carta nautica, seguire la navigazione e a intrattenere comunicazioni VHF con l’icebreaker, ovviamente col Comandante a sovrintendere. Solamente l’ufficiale che ha conoscenza dei problemi e possiede il senso della professionalità nell’emergenza va oltre la routine e sa fronteggiare una situazione difficile.

 

 

a cura dell’Ufficiale di Navigazione II

Michele Gazzale

Rapallo, 14 ottobre 2014

 

 

Mi complimento con il Comandante Michele Gazzale, camoglino DOC, per questa cronaca in diretta di "navigazione sul ghiaccio". Non solo é raro capitare con la nave nel Golfo di Botnia, ma é altrettanto raro che un ufficiale racconti in modo così dettagliato e avvincente questa sua esperienza, la quale é sicuramente degna di essere diffusa, con la presente documentazione fotografica e grafica, presso tutti gli Istituti Nautici Italiani.

Webmaster Carlo Gatti

 

 

 

 


RICICLARE LE NAVI. Business di domani?

RICICLARE LE NAVI

il business di domani ?

 

 

La “Blue Lady”, nave passeggeri in disarmo e destinata alla demolizione, ha vissuto tempo fa un'odissea seguita da tutto lo shipping internazionale. Quell'unità infatti era stata in passato il mitico transatlantico “France” e poi la prima meganave da crociera dei Caraibi, la “Norway”.

 

 


 

La "Blue Lady", ex "Norway", ex "France"

 

Prima di essere definitivamente accettata dagli impianti demolitori, la "Blue Lady" è passata attraverso varie vicissitudini ambientali, allungando così la sua agonia. Finalmente, giunta in India, le autorità avevano acceso, dopo molti accertamenti, il semaforo verde per il suo insabbiamento e la conseguente demolizione. Si voleva essere sicuri cioè che i materiali tossici contenuti a bordo non fossero pericolosi nè per il personale demolitore, nè per l'ambiente di lavorazione. La nave conteneva infatti grosse quantità di amianto e PCB, una neurotossina prodotta da materiali isolanti e fortemente inquinanti, usati negli anni '70 ed ora banditi dalle varie regolamentazioni internazionali.

 

A prima vista, sembrava un'incongruenza che una nave con quel glorioso passato fosse foriera di prodotti tossici e pericolosi. Per aggiornare i lettori su questo punto, entriamo in uno dei comparti più sconosciuti ma attuali dello "shipping": la demolizione navale.

 

 

Demolire o “riciclare” una nave

 

A volte, capita d'osservare le struggenti fotografie delle navi in agonia sulle spiagge orientali. Il loro inesorabile smembramento strappa sempre qualche lacrima ai marittimi che vi avevano lavorato a bordo. Si dice: "la stanno demolendo". E' vero, ma la “nostra vecchia nave”, continua ad essere utile alla comunità con il reimpiego delle sue parti costruttive; viene sì demolita, ma riciclata. Questo processo la nomina quindi fattore importante dello sviluppo sostenibile globale.

 

 

 

I principali riutilizzi della nave e dei suoi componenti (sovrapponi il mouse per individuarli)/The major recyclings of ship items

 

Pratici esempi del riciclaggio sono gli alberghi galleggianti, oppure le attrazioni turistiche o le barriere sommerse artificiali. Inoltre, le sue parti vengono riusate nelle varie industrie delle costruzioni o dei containers; i generatori e le batterie vengono riciclati nelle realtà locali; poi gli arredamenti, che vanno nelle case di riposo, alberghi; gli idrocarburi vengono riconvertiti in oli vari. Da notare inoltre che, per forgiare i metalli riciclati, c'è bisogno solo di un terzo dell'energia usata per crearne nuovi. Si potrebbe dire insomma, che nel demolire le navi, quasi niente si riduce in rifiuti dannosi per le persone e l'ambiente.

 

Ma è davvero così?

 

I materiali delle navi, pericolosi all'uomo e all'ambiente

 

Per capire se tutti i materiali tossici di una nave demolita vengono propriamente riciclati, bisogna prima individuarli. In linea generale sono: l'amianto usato per isolamento, le acque di zavorra segregate da tempo, i refrigeranti dei motori, i vari prodotti chimici, le pitture, le leghe usate nei metalli di costruzione, gli oli e comustibili vari, le batterie, i residui del carico, i liquidi di trattamento delle caldaie, gli agenti chimici del materiale antincendio, bombole di gas vari, le acque di scarico.

 

 

 

I materiali inquinanti solitamente presenti sulle navi/The usual polluting items on board ships

 

Secondo quanto detto prima, questi prodotti dovrebbero essere tutti riciclati opportunamente, cioè elaborati adeguatamente da personale addetto e indirizzati a nuovi circuiti di economie. Continuiamo la nostra analisi.

 

La vita di una nave e i suoi artefici

 

Come è noto, una nave nasce in cantiere ed è costruita secondo i severi criteri internazionali di compartimentazione, sicurezza ed antinquinamento. Solitamente è commissionata da un “armatore iniziale” che ne cura i servizi commerciali nel tempo, fino a che la nave verrà dichiarata “pronta per la demolizione” (dopo circa un ventennio, per le navi di media grandezza). A questo punto, l'unità viene ceduta ad un “armatore finale”, il quale la appronta per la sua demolizione e la cede quindi all'impianto finale di riciclaggio. Da notare che, molti armatori tradizionali, per questioni di mercato, preferiscono vendere la nave vecchia ad un “armatore finale”, esperto in demolizioni, il quale poi la cederà all'impianto di riciclaggio. La scelta di quest'ultimo resta quindi dell'armatore finale. Di conseguenza, si può ragionevolmente dedurre che, passando la nave in troppe mani, si perdono tutte le informazioni primarie sui materiali colla quale era stata costruita e gestita.

 

 

 

I principali protagonisti dell'esistenza di una nave/The main protagonists of the ship's life

 

Secondo alcuni, l'industria navale in genere dovrebbe essere in primis l'entità più responsabile del riciclaggio di una nave, poichè da essa parte l'intenzione di “metterla al mondo” e di beneficiare dei suoi profitti. Secondo il principio che “chi produce un rifiuto, deve provvedere al suo smaltimento”, la nave dovrebbe essere seguita e controllata per tutta la sua esistenza dai suoi utenti e dalle entità preposte, così da diminuire la presenza di materiali tossici durante il suo servizio e durante la sua demolizione o quantomeno tenerli sotto controllo.

 

Cosa dicono le leggi

 

La Convenzione di Basilea del 1992 è quella che regola la gestione dei rifiuti prodotti in maniera globale. Se è osservata, è efficace, ma non basta. Essendo la nave, una realtà atipica, si deve affrontare nel dettaglio la sua proprietà di “gestire i propri rifiuti ed essere essa stessa un possibile rifiuto”. Inoltre, la Convenzione di Basilea si riferisce a realtà europee e non tiene conto dei molteplici regolamenti internazionali ai quali è soggetta una nave.

 

 

 

Webpage della Convenzione di Basilea sullo smaltimento dei rifiuti (clicca per consultarla)/Webpage of the Basel Convention

 

Ecco quindi l'IMO (l'Organizzazione Internazionale Marittima), con la Risoluzione A.962(23), che contiene le “raccomandazioni” sulla gestione dei materiali tossici usati per costruire e fruire una nave. Queste raccomandazioni, nel biennio 2008-09, dovrebbero divenire leggi esecutive, cioè da "raccomandazioni" si trasformeranno in "convenzione".

 

 

 

Webpage dell'IMO, sulle raccomandazioni del riciclaggio delle nave (clicca per consultarla)/Webpage of the IMO

 

Le regolamentazioni esistenti in questo campo hanno prodotto pochi benefici, soprattutto perchè è complicato mettere d'accordo tutti gli utenti interessati su un argomento che, sottoforma di prevenzione, mette loro le mani in tasca. Questo conduce attualmente alla libera gestione dei rifiuti prodotti da una nave in demolizione: si possono trovare infatti paesi che applicano norme diversificate rispetto ad altri, le quali possono aderire più o meno alle convenzioni suddette.

 

L'intenzione dell'IMO è appunto quella di realizzare un sistema standard (tipo Safety Management System per la sicurezza o Codice ISPS per l'antiterrorismo). La sua applicazione globale cioè, non interessa solo le navi, ma anche i cantieri, gli armatori, gli operai, i fornitori, le autorità, gli assicuratori e quantaltro. In un primo riscontro, il suo obiettivo, sia nel metodo che nel merito, potrebbe però apparire difficile da raggiungere.

 

Vediamo, qui di seguito, alcuni passi della risoluzione dell'IMO:

 

La nave deve essere costruita e gestita con il famoso principio della “tolleranza zero”. Cioè l'unità deve già essere impostata nella sua struttura con materiali non tossici per le persone e per l'ambiente nella quale opera. Nel caso che, certi materiali debbano essere “per forza” usati, se ne farà propriamente cenno su un documento aggiornato che accompagnerà la nave in tutta la sua esistenza, il “passaporto verde”. Il passaporto conterrà l'inventario dei componenti a rischio e la loro posizione a bordo. Alla stessa manierà sarà disciplinato l'uso e lo smaltimento dei rifiuti durante la vita operativa della nave. Una volta controllata l'unità dagli enti ed autorità preposte, l'IMO regolerà la qualità del cantiere di demolizione: cioè se è in grado di accettare e trattare l'unità a seconda della tipologia della sua demolizione o se invece reindirizzarla in altro cantiere se non in possesso dei requisiti necessari.

 

Inoltre, il cantiere di riciclaggio, deve prendere tutte le precauzioni per neutralizzare l'impatto ambientale sulle persone e sulla natura ed essere in possesso di tutte le informazioni possibili sulla nave (passaporto verde, piani, eccetera).

 

Conclusione

 

Il punto più significativo del nostro discorso è rappresentato dal fatto che oggigiorno, le informazioni complete sulla vita di una nave sono generalmente insufficienti e questo costituisce un pericolo nelle varie fasi di demolizione. Inoltre, senza impianti di riciclaggio adeguati, si rischia di rigettare i rifiuti tossici a contatto dell'ambiente e delle persone.

 

Un'altra considerazione, economica, riguarda la gestione d'impianti in paesi in via di sviluppo: gli stessi dovrebbero essere messi in condizione di avere attrezzature adeguate per questi processi e la comunità internazionale, secondo certi, dovrebbe facilitar loro i costi d'importazione dei macchinari necessari.

 

 

 

Il sito di GreenPeace, divenuto un interlocutore fondamentale nelle prossime conferenze sulla salute dei nostri mari (clicca per accedere)/Webpage of GreenPeace

 

 

Da come s'intende dalle precedenti righe, lo sforzo necessario per raggiungere l'obiettivo di mantenere pulito il nostro pianeta sta diventando immane, ma se solo dovessimo concludere, sorridendo, che ciò è impossibile, non faremmo altro che gettare la spugna ed accettare quel lento processo di devastazione del clima globale che è già stato intrapreso inesorabilmente. Se invece, l'obiettivo della risoluzione IMO dovesse concretizzarsi, s'aprirà, di conseguenza, un business nuovo che, oltre a ricchezza, porterà una salute migliore al nostro pianeta.

 

 

Testo e grafica:

Com.te Bruno Malatesta

Rapallo, 30 Maggio 2014

 

 

 


LE CARTE NAUTICHE VANNO IN PENSIONE

LE CARTE NAUTICHE TRADIZIONALI VANNO IN PENSIONE

Il Comandante Mario Terenzio Palombo sulla nave "Costa Fortuna"

 

Comandante carismatico della Costa Crociere, Mario Terenzio Palombo é spesso citato come protagonista di quella storia marinara che parte dai segreti della vela “carpiti” a nonno Biagio, armatore di un pinco-goletta, ed arriva fino ai giorni nostri, con l’assoluta padronanza delle moderne tecnologie installate sulle grandi navi da crociera che lui stesso ha allestito e poi comandato. Conoscendo la chiarezza espositiva e la capacità di sintesi del Comandante Mario T. Palombo, gli abbiamo rivolto alcune domande sul prossimo STEP tecnologico che si sta delineando all’orizzonte della “Marineria Mondiale”: la sostituzione delle millenarie  “Carte Nautiche” con quelle elettroniche.

 

Carta Pisana. Secolo XIII o XIV, probabilmente realizzata a Genova, Carta del Mediterraneo, Parigi - Mappamondo.

 

Carta nautica tradizionale

Comandante Palombo, le “Carte Nautiche” tradizionali stanno per andare in pensione e saranno sostituite dall’ultima novità tecnologica: le “Carte Elettroniche” e l’ECDIS (Electronic Chart Display and Information System). Quando avverrà il passaggio di consegna?

 

 

- Mi risulta che le Carte Nautiche Elettroniche e L’ECDIS, diventeranno obbligatorie a partire dal 1 Luglio 2014. Gli Ufficiali delle navi passeggeri stanno già effettuando i corsi di aggiornamento che saranno poi indispensabili per l’imbarco (Operatore ECDIS).

 

 

Questo nuovo modo di navigare coinvolgerà solo l’élite delle navi passeggeri, oppure il sistema sarà esteso a tutte le navi?

 

 

- Tutte le navi passeggeri esistenti e quelle in costruzione, a partire da quella data, dovranno essere dotate dell'ECDIS e dovranno avere un sistema di Carte Elettroniche approvate. Gradatamente, anche tutti gli altri tipi di navi si adegueranno al nuovo modo di navigare.


The Raytheon Anschütz Synapsis ECDIS is a high performance Electronic Chart Display and Information System (ECDIS). With its enhanced functions, ...

I due sistemi avranno un periodo di “convivenza” ?

 

- Le carte “di carta” non spariranno subito, ma una volta che le navi saranno “full ECDIS”, e saranno dotate di DUE sistemi ECDIS (uno di riserva all'altro), allora, a quel punto non si avranno più carte di “carta”, e di conseguenza “spariranno” anche le squadrette da carteggio, matite e compasso.

Sala nautica della T/n Michelangelo. Notare il Tavolo da Carteggio e i 10 cassettoni delle carte nautiche. Sullo sfondo il Ponte di Comando.

Comandante, per capirne realmente i vantaggi, sarà necessario entrare un po’ più nel dettaglio dell'operazione?

 

 

- Con questo nuovo sistema c’è il grande vantaggio che,  per pianificare un viaggio da un porto all’altro, con rotte varie e relative distanze, lo si farà in pochi minuti, mentre prima si doveva consultare l’Atlante Geografico delle Carte Nautiche, tracciare le rotte sulle stesse, dopo averle estratte dagli appositi cassetti e dispiegate sul tavolo da carteggio, misurando le miglia con il compasso. Altro vantaggio è che la carta nautica elettronica (ENC Electronic Navigation Chart), avendo fedeltà e completezza, permetterà una selezione dei dati presentati in relazione alla scala impiegata nel momento. Inoltre, avrà l’aggiornamento periodico dei dati, come avviene negli attuali avvisi ai naviganti.

Electronic navigational chart (NOAA)

 

 

Le carte nautiche elettroniche saranno compilate dai vari Istituti Idrografici, sulla base delle carte esistenti?

- Esatto! Dovrebbero essere distribuite dal famoso Istituto dell’Ammiragliato Inglese (Admiralty), ma si utilizzerebbero carte nautiche degli Istituti Idrografici di tutto il mondo, che le "darebbero in uso" all'Admiralty.

 

Può specificare meglio?

- Funzionerebbe così:  L'Admiralty, dovrebbe pensare a "raccogliere" tutti gli aggiornamenti e a distribuirli insieme alle carte elettroniche. Il sistema memorizza la posizione ogni minuto e può memorizzare le posizioni almeno per 12 ore, o fino a 90 giorni. Nel caso il GPS non funzioni, si potranno mettere i punti nave con "rilevamenti" elettronici e distanze presi dal radar oppure ottici, e si potranno memorizzare sulla carta elettronica, e là rimarranno fino a che non si cancelleranno. Il sistema, come tutti gli strumenti di navigazione, dovrà funzionare sulla rete di emergenza (alimentazione dal quadro di emergenza).

 

Comandante Palombo le rivolgo l’ultima domanda. Non mi risulta che gli Istituti Nautici Italiani riescano a tenere il passo con le nuove strumentazioni di bordo. Qual’é il suo parere?

 

- E’ un vero peccato che gli Istituti Nautici  italiani non siano attrezzati ad insegnare questo sistema. Gli stessi professori dovrebbero fare dei corsi e poi mancano gli strumenti.

Comandante Palombo, lei ha calcato per oltre quarant’anni i Ponti di Comando delle più grandi “navi da crociera” che hanno solcato i sette mari, studiando e frequentando corsi di aggiornamento nei maggiori porti del mondo, con risultati eccellenti, per arginare l’avanzata della tecnologia. Che sensazione le dà vedere andare in pensione pezzi importanti della storia navale, ma anche di quella nostra personale?

 

- Navigare adesso é completamente diverso, questi nuovi sistemi sicuramente contribuiranno ad aumentare il livello di sicurezza dell’andare per mare, ma oltre all’elettronica, secondo me, ci vorrà sempre l'occhio esperto del marinaio perchè la moderna tecnologia non sarà MAI superata dall’ARTE DEL NAVIGARE.

 

 

PAROLE SANTE! Grazie Comandante per la sua disponibilità!

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 20 Aprile 2014

 


EMMA MAERSK - I Giganti del Mare

I GIGANTI DEL MARE

EMMA MAERSK

 

Descrizione generale

Tipo

Portacontainer

Proprietario/a

Maersk Line

Costruttori

Odense Staalskibsværft Shipyard

Cantiere

Odense Olanda

Impostata

20.01.2006

Varata

18.5.2006

Entrata in servizio

8 settembre 2006

Caratteristiche generali

Stazza lorda

170.794 tsl

Lunghezza

397 m

Larghezza

56 m

Pescaggio

16 m

Propulsione

Wärtsilä-Sulzer 14 RT96Cflex

14 cilindri, 1 elica, 102 rpm

Velocità

24 nodi

Capacità di carico

11.000 TEU

Equipaggio

13

La Emma Maersk è una nave porta-contenitori.

Al momento del varo (18.5.2006), era la seconda nave più grande mai costruita al mondo dopo la superpetroliera Knock Nevis (smantellata in India nel 2010). La E.M. Opera sulla linea Ningbo, Xiamen, Hong Kong, Yantian, Tanjung Pelepas, Algeciras, Rotterdam, Bremerhaven. Emma Maersk è stata la prima nata della generazione di navi porta container denominata E Class comprendente 8 navi gemelle di dimensioni pressoché identiche (lunghezza 397 metri per 56 di larghezza - capacità di carico di 11.000 TEU calcolati in base al peso) con pescaggio di circa 11/13 metri – Pescaggio massimo: 15,5 metri. Questo ultimo dato rivela il limite ristretto di porti in cui può operare nel mondo a pieno carico.

 

Il 1º febbraio 2013, mentre stava attraversando il canale di Suez diretta in Asia, la nave - con a bordo 13.537 container, di cui 6.425 pieni - ha dovuto interrompere il viaggio a causa di una via d’acqua in sala macchine determinato da una rottura nella galleria dell'asse porta-elica. Giunta a Port Said, dove è stato sbarcato il carico. Il 17 febbraio, il rimorchiatore Fairmount Alpine ha trainato la Emma Maersk verso il porto di Palermo. Qui le operazioni di riparazione presso la Fincantieri prevedono una durata di circa 4 mesi.

- La fortunata commessa rivela innanzitutto l’apprezzata scelta di un Cantiere Italiano da parte della Soc. Maersk, ma anche la posizione geografica di Palermo che si trova al centro del Mediterraneo. Questi due fatti dovrebbero far meditare i nostri governanti sulle scelte strategiche degli investimenti portuali ed attività connesse.

Riportiamo qui di seguito l’avvenimento riportato dalla Stampa locale.

“Arrivata a Palermo la Emma Maersk, 
la portacontainer più grande del mondo

Il 25 febbraio 2013, é arrivata a Palermo la "Emma Maersk", una delle otto più grandi portacontainer esistenti, che sarà sottoposta ad alcuni lavori di riparazione e manutenzione nello stabilimento Fincantieri. La commessa impegnerà l'impianto per quattro mesi, dando una boccata d'ossigeno alle maestranze che da anni si alternano nella cig a rotazione. Almeno quattro mesi di lavoro. "Poca cosa", protestano i sindacati che chiedono di utilizzare il cantiere anche per la costruzione di navi. E pressano il presidente della Regione perchè sia sciolto il nodo della ristrutturazione dei bacini galleggianti: la gara è stata vinta mesi fa dalla Cimolai di Pordenone, ma tutto è bloccato e "i bacini rischiano persino di affondare".

Le dimensioni della nave hanno comportato una delicata operazione di attracco. Secondo quanto riferisce la Guardia costiera, la manovra di avvicinamento e ingresso al molo sta impegnando sei rimorchiatori, due piloti, lo spostamento temporaneo in altre zone del porto di quattro navi e un bacino galleggiante.

Il giorno 13 luglio 2013 é uscita ieri dal porto di Palermo la EMMA MAERSK , una delle otto navi portacontainer più grandi al mondo che è stata riparata ai cantieri navali. La nave è lunga 398 metri e larga 56, con un pescaggio di 15,5 metri.

La Emma Maersk è stata la prima nave oltre i 10.000 TEU di capacità introdotta nel mercato nel 2006. Insieme a altre sette navi gemelle, fa parte della PS-class, una delle più moderne, soprattutto dal punto di vista dell’attenzione agli impatti ambientali. L’ammiraglia ha subito un allagamento in sala macchine ed è stata trainata dal Suez Canal Container Terminal, dov’è stata ormeggiata a seguito dell’incidente.

NOTA SINDACALE:

Grandi numeri, ma poco lavoro, protesta Francesco Foti della Fiom Cgil: "Fino al 2009 questo cantiere garantiva un milione di ore di lavoro, 600.000 delle quali assicurate proprio dalle costruzioni. Diretto e indotto erano pienamente occupati. Adesso siamo diventati 480 con 195 inseriti nella cig a rotazione". Mercoledì è in programma l'incontro alla Presidenza della Regione. "Chiederemo a Fincantieri di implementare la nostra missione produttiva - dice il sindacalista - e alla Regione di intervenire sulla questione dei bacini impantanatasi nelle maglie della burocrazia, mentre stanno affondando: Fincantieri ha compiuto un intervento tampone da quasi un milione di euro per impedire che affondassero".

(25 febbraio 2013)

INTERVISTA:

Il Direttore di Macchina Giuseppe Sorio, socio di Mare Nostrum, ha qualcosa da raccontarci in merito alla Emma Maersk.

“Una nave gemella della E.M. è stata costruita nello stesso cantiere di Okpo (Sud Korea) dove io ho seguito la costruzione dei due traghetti della Moby Lines (Freedom e Wonder) ed è la prima di una serie di 20 unità uguali che i Koreani avevano in programma di costruire per la Maersk-Moeller”.

Parlaci un po’ di questo gigantesco Cantiere Navale coreano.

A Okpo, uno dei bacini ha una capacità di un milione di metri cubi e ci costruiscono contemporaneamente 6 o 7 navi. Allo scadere esatti di 60 giorni il bacino viene allagato, le unità finite vengono trasferite alle banchine di allestimento, le più grandi riposizionate nel bacino per essere completate, e le nuove impostate. Sul posto, avevo l’impressione che tutto funzionasse come un orologio, ora non lo so, ma se devo giudicare dalla loro costante produzione  mi sembra che le cose non siano cambiate affatto. Inoltre hanno un reparto motoristico dove costruiscono i grossi motori e dopo le prove al banco vengono inseriti a bordo in un unico pezzo risparmiando così parecchio tempo.

Mi sembra di capire che hai conservato un ricordo più che positivo di quella trasferta.

Se devo essere sincero, quando arrivai a Okpo  mi sembrava di essere finito su un altro pianeta, ero sballottato più che altro dai ritmi. Ovviamente mi abiutai abbastanza presto  e quando rientrai a casa ebbi la sensazione di scontrarmi con un’altra realtà, quella dei nostri cantieri, e dovetti riabituarmi in senso opposto.

Ricordo che al momento dell’entrata in linea della nave furono espresse molte perplessità sia sul numero ristretto dell’equipaggio, sia sulla logistica di bordo.

“Riguardo l'equipaggio di 13 persone e del trattamento a bordo (cibi pre confezionati, lenzuola di carta, ecc.) per me non è una novità. Già nel 1965, quando navigavo con la Esso, sulle navi in costruzione  si stava già sperimentando questo sistema. Inoltre, esisteva un altro programma sperimentale chiamato Mecamar, in cui parte del personale di macchina e coperta si interscambiavano a vicenda: quelli di macchina, durante le ore di straordinario, andavano in plancia a far pratica al timone, mentre quelli di coperta andavano in macchina a far pratica da fuochisti o ingrassatori. Per quanto riguarda i cibi  pre-confezionati se fossero stati cotti nei forni a microonde, sarebbero stati accettabili....invece, i cuochi dell’epoca li cuocevano nella maniera tradizionale e diventavano immangiabili e usavano i microonde per asciugare la loro biancheria....

Bei ricordi, anche ricchi di humor...! L’equipaggio così ridotto pone dei limiti dei limiti operativi al loro interventi in caso d’avaria, d’emergenza ecc...??

Certamente! Dal momento che a bordo, con un equipaggio così ridotto, non si potevano fare manutenzioni, la Esso aveva creato delle squadre di pronto intervento (operai, motoristi, elettricisti ecc.) che venivano inviate a bordo per fare le manutenzioni ordinarie e qualche volta straordinarie, durante i viaggi da un porto all'altro. Questa Società fece da battistrada a quasi tutte le moderne Società di navigazione che in seguito crearono gruppi operativi che tuttora seguono le navi via terra, ed approfittano delle soste in porto delle loro navi per operare le varie manutenzione. Se i lavori sono importanti, le squadre rimangono a bordo per tutto il tempo necessario.

Ho capito! La nave deve sempre essere operativa, pertanto non può più fermarsi. In caso di epidemie influenzali immagino che gli equipaggi vengano rimpiazzati tramite ELICOTTERO.

Infatti é previsto l’uso dell’elicottero ed una piattaforma d’imbarco-sbarco a bordo di tutte le navi per questo uso. Ma l’uso dell’elicottero a volte si estende anche ad interventi diversi, come il cambio equipaggio, consegna di “spare parts” di viveri, posta ecc...

Carlo GATTI

Rapallo, 18 luglio 2013

 


L'ultimo viaggio della celebre M/n SESTRIERE

L’ultimo viaggio della

M/n SESTRIERE

15.4.1970

Una nave fortunata e di grande personalità.

La Sestriere in navigazione

A partire dalla metà degli anni ’60, la Marina Mercantile Mondiale mostrava ormai tutta la sua anzianità. Era la Flotta del dopoguerra. C’erano i LIBERTY che, costruiti per compiere una traversata atlantica, viaggiavano ormai da oltre 20 anni e non reggevano più il mare. C’erano le efficientissime ma obsolete petroliere USA T/2, e soprattutto navigavano ancora  gran parte di quelle  carrette che erano state tirate su dal fondo dopo la Seconda guerra mondiale e circolavano per i sette mari raddobbate da innumerevoli casse di cemento. Navi che perdevano l’elica o il timone e s’incagliavano sulle scogliere. (Chi scrive disincagliò 7 navi in 9 anni di servizio con la Società Rimorchiatori Riuniti di Genova). Navi da rimodernare e da rimorchiare da un Cantieri Navale di un porto ad un altro. Navi che chiedevano soccorso durante le tempeste. Per i rimorchiatori d’altura nacque persino una nuova attività, l’ “agguato” nei punti più pericolosi e strategici per la navigazione: La Manica, Biscaglia, Finisterre, Il Leone, Le Azzorre ecc... e rimanevano alla fonda nelle golfate, con tre radiotelegrafisti in servizio permanente, nell’attesa di chiamate di soccorso per intervenire operando assistenze e salvataggi. Navi da rimorchiare verso i Cantieri di demolizione. Questa era la principale attività dei RR- Il Torregrande andò fino in Canada per prendere a rimorchio un sottomarino, ma c’é da aggiungere  che molte navi erano vittime d’incendi, perchè avevano gli interni in legno e altro materiale infiammabile. Innumerevoli furono gli interventi dei rimorchiatori su navi famose: Achille Lauro, Angelina Lauro, Karadeinz, Anna C. e molte altre sia in porto che in mare aperto.

Sempre in quei primi anni ’70, gli USA decisero di “svendere” le centinaia di Liberty-Ships che avevano tenuto in “naftalina” nelle RESERVE FLEET di N.Y. (Albany) in Atlantico e S.Francisco (in Pacifico). In questa fase di cambiamento epocale nella storia dei trasporti navali, va inquadrato l’ultimo viaggio della della M/n “SESTRIERE”

La tragedia della London Valour si era appena consumata sull'imboccatura del porto di Genova, il 9 aprile di quell'anno. Con il mio equipaggio eravamo ancora sotto shock per l’accaduto, quando il Capitano d’armamento della Società RR mi chiamò per un nuovo viaggio di rimorchio. Per la verità si trattava di un breve trasferimento, da Genova a Vado Ligure, di una nave da consegnare al Cantiere di demolizione che era affamato di ferro.

Ma la sorpresa fu enorme quando seppi che si trattava della  gloriosa Sestriere (Italnavi) che era uscita miracolosamente indenne dalla Seconda guerra mondiale, schivando numerosi siluri e bombardamenti aerei. Per dare un’idea della carneficina che fu il 2° conflitto per la nostra Marina Mercantile, riporto solo alcuni agghiaccianti dati statistici: all’inizio delle ostilità (10.6.1940) l’Italia contava 3.3 milioni di tonnellate di stazza lorda per oltre 1200 navi. Il tonnellaggio complessivo al maggio 1945 era ridotto a 220.000 t.

Nell’ambiente marittimo si parlava ancora della “Seconda Spedizione dei Mille”, definito anche “Il Viaggio della Rinascita” dalla stampa dell’epoca, avvenuto nell’immediato dopoguerra (8.11.1946), quando la Sestriere trasferì negli Stati Uniti 50 nostri equipaggi per armare 50 Liberty Ships acquistati da armatori italiani. In seguito, la nave subì diverse trasformazioni strutturali per trasportare emigranti in un primo tempo, ed auto della FIAT nelle Americhe in un secondo tempo. Conoscevo la sua storia attraverso molti episodi che mi erano stati raccontati da cap. Pro Schiaffino, dai miei futuri colleghi-piloti del porto di Genova Enrico Buzzo, Giuseppe Protti e Stefano Galleano che navigarono da ufficiali e Comandanti sulla Sestriere. Ne parlavano con “grande affetto ” e mi resi conto, forse per la prima volta, che  La Nave ha un‘anima che sa legarsi in modo anche duraturo ai suoi equipaggi. Quel 1970,  purtroppo, decretò anche la sua demolizione, la fine di una nave tra le più belle ancora in circolazione, e ricordo che proprio durante l’ultimo viaggio della Sestriere, fummo tutti d’accordo su un punto: una nave così carica di storia e di ricordi non doveva essere demolita, ma conservata. Con lei sarebbe uscita di scena una parte importante della nostra storia navale. In pochi giorni eravamo stati colpiti al cuore da due tragedie, e la fine della Sestriere non era diversa da quella della London Valour, anche se una differenza in qualche modo c’era: la fine della nave italiana era stata decisa dall’uomo e non da un’infernale libecciata che, invece, colpì a morte la nave inglese.

“Con Tempo assicurato”. Questa era la formula con cui la Capitaneria dava il “nulla osta” al trasferimento della Sestriere a rimorchio. Le istruzioni allegate al Contratto di Rimorchio raccomandavano di consegnare la nave verso le 08 del 15 aprile 1970 ai rimorchiatori locali di Vado L. che l’avrebbero accostata da qualche parte nell’attesa di spiaggiarla nello specchio d’acqua del Cantiere.

Nel primo pomeriggio del 14 aprile ci ormeggiammo con la poppa del Torregrande sotto la prora a pallone della Sestriere. Dopo un accurato controllo dell’assetto, riscontrai che la nave non presentava alcun sbandamento ed aveva un ideale appoppamento di 4 piedi. Mi recai a bordo della nave per ispezionare insieme al nostromo tabarchino Zeppin Luxoro e al direttore di macchina Guido Bianchi che il timone fosse bloccato al centro, che l’elica fosse ferma e bloccata, le stive fossero chiuse, i bighi abbassati e  rizzati, che gli oblò fossero chiusi e gli ombrinali attappati. Fui subito tranquillizzato che quattro marinai (runners) del Cantiere sarebbero rimasti a bordo della Sestriere per disormeggiare la nave a Genova, per controllare il rimorchio in navigazione, per agevolarci il recupero degli attacchi da rimorchio nella rada di Vado e, infine, avrebbero filato i cavi ai rimorchiatori locali per la manovra d’ormeggio. Consegnai al nostromo della nave una delle mie radio  con la raccomandazione di riferirmi eventuali anomalie. Mi raccomandai d’ingrassare i punti di contatto dell’attrezzatura da rimorchio sui passacavi di prua e di controllare gli eventuali sforzi sulle bitte. Era la prima volta che mettevo piede sulla Sestriere e rimasi colpito dalle sue linee sobrie, essenziali, eleganti per una nave da carico che conservava ancora nel suo look un passato come nave passeggeri. La sua ciminiera era alta, robusta ed imponente come piaceva ai vecchi armatori genovesi. Mi convinsi che la Sestriere apparteneva ad una categoria di navi evergreen che non avrebbe dovuto lasciare il posto a quelle orribili navi portacontenitori che facevano già capolino, e che da lì a poco tempo sarebbero diventate le “brutte” protagoniste dei sette mari.

Passammo quindi all’attacco di rimorchio vero e proprio. Diedi disposizione di approntare la patta d’oca di catena (briglia) sulle bitte prodiere della nave, facendola fuoriuscire penzola sul tagliamare fino ad un metro sul livello del mare. I due terminali di catena furono collegati, tramite un maniglione, ad una colonna (cavo d’acciaio da 40 mm.), e questa ad un grosso spezzone di cavo di nylon-perlon di 10 metri di lunghezza, impiegato per dare elasticità al convoglio. A quest’ultimo componente collegammo il cavo da rimorchio (troller-winch automatico) del Torregrande. Questo importantissimo elemento strutturale del rimorchiatore d’altura era in effetti il “cuore” di tutto il sistema. Poterlo filare in mare per tutta la sua lunghezza (700 metri) in caso di moto ondoso pesante, e virarne una buona parte a bordo con la bonaccia di mare, dava sicurezza contro gli strappi e massimo controllo al convoglio in navigazione. Approntammo anche un cavo d’emergenza perché questa era la prassi (assicurativa) in caso di eventuali rotture... Il viaggio non presentò problemi, ma fu intriso di tristezza e di quella strana consapevolezza che si prova quando si sa di compiere un errore purtroppo “inevitabile”....

L’ultimo viaggio della Sestriere

In quel periodo non mi era ancora esplosa la passione per la fotografia navale, tuttavia, in quella occasione, sentii il bisogno di immortalare con qualche scatto il funerale di un illustre personaggio della nostra Marina Mercantile.

Carlo GATTI

18.04.12

Il 24 settembre 2012, ll Secolo XIX ha pubblicato la foto “tristissima” della EUGENIO C” demolita nel 2008. Ho sempre considerato l’ammiraglia dei Costa una delle navi più belle mai costruite, dotata di purissime linee architettoniche, l’unica che avesse l’ascensore che portava il pilota direttamente sul ponte di comando, una sciccheria.....

LA EUGENIO C. IN NAVIGAZIONE

Due anni fa Mare Nostrum dedicò una delle sue Mostre più belle all’Armamento Costa invitando il suo comandante più prestigioso Mario Palombo e prendendo l’EUGENIO C. come simbolo della Manifestazione con il quadro di Amedeo Devoto che immortalò la nave mentre entrava per l’ultima volta a Genova prima della demolizione.

 

LA EUGENIO C. DURANTE LA DEMOLIZIONE

 

Questa mattina ho ricevuto una bellissima mail dal Signor Nunzio Catena che seguendoci sul sito ha letto il mio articolo sull’ultimo numero del MARE dedicato alla celebre SESTRIERE. Ve la riporto integralmente perché esprime l’amore che si può stabilire tra una persona e una nave. Un amore quasi inconfessabile, ma che esiste! La demolizione di una nave é un atto di violenza che avviene ogni giorno sotto l’egida del business, una profanazione che cancella anni di storia e di ricordi legati ai personaggi che l’hanno costruita, attesa, guidata, amata e vissuta. La domanda é questa: perché non c’é pietà per le nostre navi più amate? Eppure basta varcare i confini marittimi per imbattersi in Musei galleggianti la cui visita vale molto di più di tanta carta stampata perché sono la realtà conservata di un pezzo di storia. Ringrazio a nome dell’Associazione il sig. Catena il cui amore per le navi e per il mare non può che confortarci e gratificarci nell’opera alla quale ogni giorno ci dedichiamo con immutata passione.

Carlo Gatti

 

 

Egregio Presidente Gatti,

 

Rileggendo il suo toccante articolo sull'ultimo viaggio della M/n SESTRIERE", dell' Italnavi, alla 'famiglia' della quale appartenevo anch'io, forse animato della sua stessa sensibilità per quanto riguarda la demolizione di una Nave, avevo scritto un commento sul Cantiere di demolizione Romiti di Ortona, dove erano state demolite: "Campania Felix" e "Antoniotto Usodimare". Non sono riuscito a rintracciare su quale di queste avevo posto questo commento che per semplicità qui  riporto:

 

“Il Cantiere di Demolizione Romiti, sono tanti anni che e' stato tolto da Ortona, e ne sono stato felice! Quanti pomeriggi di sabato, ho trascorso tra quei rottami e mi pare di risentire "quell'odore" misto di ferro, pittura, tagliato dalla fiamma ossidrica! Quanta tristezza provavo vedere una nave ridotta così! Come vedere un uomo morto, dilaniato da avvoltoi...! Una Nave alla fine della sua vita, dovrebbe finire nell'elemento nel quale e' vissuta, dovrebbe essere affondata (magari bonificata per rispettare l'ambiente), mentre l'ultimo marinaio che l'ha navigata, le porge l'ultimo saluto a nome di tutti quelli che lo hanno preceduto a bordo dove hanno vissuto una parte della loro vita, condividendo con Lei, la speranza di un domani migliore, la paura della tempesta, la gioia del ritorno!

 

Provavo un dolore quasi fisico, vedendo quello scempio... la plancia, la sala nautica sventrata, depredata di tutto quello che era stato vitale. Il timome, le cui caviglie erano state levigate dalla rude mano del marinaio che non la abbandonava un attimo, come se il suo calore fosse necessario per la sua vita (ed in realta' lo era per la vita di tutti)!!! La bussola...,l'oggetto piu' osservato a bordo! Che fatica per il marinaio cercare di far collimare quella linea di fede, con quel numero scritto sulla lavagnetta!! Restavano solo pubblicazioni, carte autiche ormai bagnate..., ma ogni tanto trovavo qualche vecchio brogliaccio, sfogliando il quale e soffermandomi sulle pagine più significative (una burrasca superata poi più o meno bene.. ed altro), e con la mente facevo rivivere quelle persone ormai dimenticate da tutti, unitamente alla nave che li ha protetti.”

 

 

Un saluto, Nunzio Catena