IL COVID-19 FA STRAGE DI NAVI DA CROCIERA
IL COVID-19 FA STRAGE DI NAVI DA CROCIERA
RIPARTE UNA DEMOLIZIONE SELVAGGIA
PARTE PRIMA
Il Comandante Mario Terenzio Palombo, con questa mail che vi allego, mi ha dato lo spunto per entrare, con i nostri mezzi limitati, in un tema spinoso: - DEMOLIZIONI NAVALI - che oggi è salito alla ribalta mondiale come conseguenza del COVID-19.
Carissimi….
Vi allego la foto del cantiere demolizione di Aliaga dove si vede la Costa Victoria – è appena iniziata la demolizione della prora.
E' in compagnia di altre navi che anche loro hanno subito il COVID.
Che tristezza!
Mario
Il Comandante M.T. Palombo fu il primo Comandante della COSTA VICTORIA dopo averne curato l’allestimento!
Quest’anno alcune navi sono già arrivate ad ALIAGA in Turchia, dove le norme per la demolizione sembrano essere meno “vincolanti” dal punto di vista ambientale, rispetto ai cantieri navali italiani o francesi, e di questi tempi, purtroppo, le Compagnie di Navigazione tagliano i costi ovunque sia possibile.
Ecco alcuni nomi, ma altre ne seguiranno:
Costa Victoria, Carnival Fantasy, Inspiration, Fascination, Imagination, tutta la flotta di Pullmantur (fallita), Marella Celebration.
Di solito la vita media di una nave da crociera può raggiungere la quarantina, ma in questo periodo di incertezze, fallimenti e cancellazioni, molte compagnie hanno deciso di demolirle anzitempo.
La dismissione della Victoria, varata nel 1996, dalla flotta Costa è solo una delle tante, da cui, tuttavia, si desume che quella Unità avrebbe potuto navigare ancora per oltre 20 anni.
Sollecitato dalla foto che Mario mi ha inviato, mi sono addentrato nei commenti dello SHIPPING che sono tutti concordi nell’accusare il Covid d’aver colpito a morte il settore delle navi da crociera che è, come noto, la forza trainante dell’Industria Marittima Italiana avendo il settore in questione un indotto che coinvolge e dà lavoro a migliaia di fabbriche che sono il perno della nostra economia.
Tuttavia c’è da dire che l’Italia, con i suoi modernissimi Cantieri Navali, si colloca al vertice delle eccellenze nella costruzione di navi passeggeri al mondo, per cui oggi gli occhi degli investitori del pianeta sono puntati sui nostri Cantieri e vi sono ottimi segnali che questa RIPRESA sia già in atto.
Pensando alla ROMA, di cui ho inserito di recente la storia sul Sito di Mare Nostrum Rapallo, mi vien da pensare al patrimonio “artistico” che oggi si trova su queste navi demolite o da demolire.
E mi chiedo:
- dove sarà trasbordato tutto quel ben di Dio?
- finirà alle aste di chi sa quale paese?
- Chissà quali e quanti mercati si saranno aperti per tutta la merce preziosa che sbarcherà da quei bordi? Quadri, tappezzerie, tappeti, stoviglieria preziosa e vasellame?
- O forse gli Armatori recuperano tutto il possibile prima di vendere lo scafo nudo ai demolitori?
Insomma è un bel business che si porta via un gran pezzo di cuore di tanti marittimi e passeggeri che le hanno navigate. Anche se quel sentimento NON SI PUO' VENDERE!
THE MEDI TELEGRAPH ci dà una parziale ma significativa risposta:
Arredi e materiali della Costa Victoria donati in beneficenza
https://www.themeditelegraph.com/it/shipping/shipyard-and-offshore/2020/11/28/news/arredi-e-materiali-della-costa-victoria-donati-in-beneficenza-1.39594023
A diverse domande sul tema ha risposto anche il nostro socio Comandante Bruno MALATESTA, con un suo articolo del 2014 in cui aveva già affrontato con largo anticipo questo tema che oggi occorre rileggere per identificare quei punti che oggi, nel campo delle Demolizioni navali, riemergono per non essere stati ancora risolti. Eccovi il LINK:
RICICLARE LE NAVI. BUSINESS DI DOMANI?
https://www.marenostrumrapallo.it/riciclare/ di Bruno Malatesta
I principali Cantieri Navali di demolizione al mondo:
Alang-India - Sosiya è una spiaggia-Cantiere per demolizione, la più grande del mondo, in Gujarat. Le navi fanno l’ultimo viaggio spiaggiandosi su quei litorali, cambiando nome e proprietari.
Nell’ultimo anno sono quattordici le navi passeggeri che si sono arenate “appositamente” nel litorale indiano dei cantieri appena citati, facendo registrare il record rispetto al periodo pre-Covid in cui si demolivano appena due navi/anno.
Dai dati ufficiali le navi passeggeri hanno rappresentato quasi il 10% delle circa 150 navi inviate ai cantieri di demolizione in India negli ultimi dodici mesi. In totale, tutte le navi passeggeri hanno rappresentato oltre due milioni di tonnellate di dislocamento leggero.
Una curiosità che leggiamo e vi riportiamo: “E’ vero che le navi da crociera contengono meno acciaio rispetto alle navi mercantili e alle petroliere che arrivano ad Alang; ma in compenso costa meno la loro demolizione, soprattutto se si tratta di navi in situazioni di fallimento, fornite di pezzi di ricambio di valore, di arredi ed altro commerciabili sul mercato del riuso. Fra le navi spiaggiate troviamo la Karnika: nave da crociera costruita nel 1990 da Fincantieri, da 69.845 tonnellate di stazza lorda, progettata dall’architetto Renzo Piano con un design che si dice sia stato ispirato da un delfino e armata dalla P&O Cruises, con il nome di Crown Princess. Passata poi a vari brand e ceduta nel 2019 all’operatore indiano Jalesh Cruises ribattezzata Karnika.
Altre unità realizzate in Italia potrebbero inoltre, secondo Maritime Executive, concludere la loro esistenza nei prossimi mesi, probabilmente proprio ad Alang. Tra queste viene citata innanzitutto la ex Costa neo-Romantica (costruita da Fincantieri a Marghera e in passato in forza a Costa Crociere). Rilevata da Louis Group per Celestyal Cruises, la nave è stata rivenduta questa estate (senza rientrare in servizio) e secondo la testata ha lasciato la Grecia diretta in Cina per essere poi avviata a demolizione. Lo stesso potrebbe accadere a diverse unità dell’operatore di traghetti greco Seajet pure costruite da Fincantieri in Italia, tra cui “tre navi datate” in passato parte della flotta di Holland America Line, che dovrebbero essere le ex Veendam, Maasdam e Ryndam.
DETTAGLIO MOLTO IMPORTANTE:
L’Europa vieta agli armatori che hanno iscritte le proprie navi nei registri della UE la demolizione sulle spiagge dell’Asia meridionale, il fenomeno è ancora vasto ed è pagato a caro prezzo sia sul versante umano che quello ambientale. In Europa le navi devono essere demolite in strutture sostenibili e i cantieri preposti, devono infine essere registrati in un Registro Speciale. In questo registro, molto probabilmente, oltre ai cantieri dell’UE, saranno iscritti anche i cantieri della Cina, Turchia, Nord America, con l’esclusione dell’Asia meridionale.
FONTE: NAUTICA - Abele-Carruezzo
COSA SUCCEDE A GENOVA?
Garrè (Sgdp): “Aumentata la richiesta di demolizioni navali ma è difficile competere con la Turchia”
Genova – “La pandemia di Covid-19 ha creato un’accelerazione e ha fatto aumentare la richiesta di demolizioni navali. Soprattutto nel settore crociere”. A spiegarlo è stato Ferdinando Garrè, vertice di Genova Industrie Navali e di San Giorgio del Porto*, il cantiere che si appresta ad avviare nei bacini di carenaggio di Genova lo smaltimento.
*San Giorgio del Porto s.p.a. (ufficialmente Officine Meccaniche Navali e Fonderie San Giorgio del Porto, in sigla: SGdP) è un'azienda di Genova fondata nel 1928 attiva nel settore delle costruzioni, riparazioni e demolizioni navali, parte del gruppo di imprese Genova Industrie Navali s.r.l. (GIN).
L’azienda occupa circa 140 persone tra architetti navali, ingegneri meccanici e manovalanza specializzata e, assieme a Chantier Naval de Marseill (CNdM), opera 3 degli 8 bacini di carenaggio della GIN tra cui il Bacino n. 10 (465 m x 85 m), il più grande del Mediterraneo, così come oltre 2 km di metri lineari di banchine per accosti operativi. Nell'aprile 2016, assieme alla Fratelli Neri, ha costituito Piombino Industrie Marittime.
“Le navi saranno smaltite in tre mesi di tempo” ha fatto sapere Garrè, dopo essere rimaste (due di queste) abbandonate in banchina per oltre dieci anni. Oggi festeggiamo un nuovo lavoro di ship recycling dopo il primo intervento portato a termine sul relitto della Costa Concordia. È stato un importante lavoro di gruppo portato a termine da tutto il sistema Genova. Spero che questa operazione di ship recycling secondo le ultime norme europee sia la prima di molte”.
San Giorgio del Porto è uno dei pochissimi stabilimenti nel Mediterraneo che figurano nell’elenco dei siti classificati dall’Europa fra quelli rispondenti agli standard imposti proprio dal regolamento sul ship recycling.
Nel Mediterraneo gli altri sono in Turchia e la concorrenza per il competitor italiano è impari: “In Italia, per essere competitivi, dobbiamo chiedere dei contributi economici mentre i cantieri turchi pagano gli armatori per avere navi da demolire. Perché? Uno dei motivi è sicuramente il costo della manodopera, ma non è l’unico” - risponde prudentemente Garrè, che non vuole fare polemica ma aggiunge: “C’è una legge europea sul ship recycling che poi ogni Paese recepisce a modo suo. Posso dire che nel nostro Paese certamente la gestione e lo smaltimento dei rifiuti è più complicata e costosa che altrove”.
Il porto di Genova, ma anche quello di Piombino, hanno chiesto infatti di essere iscritti nell’elenco dei cantieri di demolizione riconosciuti dall’Europa.
FONTE:
Il quotidiano online del trasporto marittimo - Nicola Capuzzo
Per chi volesse approfondire l’ARGOMENTO segnalo i seguenti LINK:
https://www.cruiselifestyle.it/2020-anno-nero-per-le-crociere-anno-doro-per-le-demolizioni-navali/
https://www.triesteallnews.it/2020/10/navi-bianche-boom-di-demolizioni-in-turchia-non-mancano-i-colossi-italiani/
https://www.shipmag.it/aliaga-il-cantiere-dove-le-navi-vengono-demolite-senza-cambiare-nome-la-curiosita/
https://www.themeditelegraph.com/it/shipping/cruise-and-ferries/2020/07/15/news/demolizioni-cinque-navi-da-crociera-verso-la-turchia-1.39085814
Lo smantellamento navale: un problema globale
https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/shipbreaking_worldwide.pdf
SRM-Osservatorio COVID-19 sui trasporti Marittimi e la Logistica
https://www.arti.puglia.it/wp-content/uploads/Osservatorio-Maritime-Covid19.pdf
ALBUM FOTOGRAFICO
LO SREGOLATO MERCATO DELLE DEMOLIZIONI
In Asia i grandi mercantili vengono smontati con standard ambientali e di sicurezza bassissimi: l'Unione Europea vorrebbe intervenire, ma è difficile …
Chittagong, Bangladesh, 2008 (ANSA-UIG/Shahidul-Alam). Notare l’impiego di manodopera giovanile priva di abbigliamento di sicurezza.
Un cantiere a Chittagong, Bangladesh (ANSA-DPA/Christian Hager)
Un cantiere a Chittagong, Bangladesh, luglio 2008 (Spencer Platt/Getty Images)
Il giro d’affari è considerevole, per il cantiere che riceve le navi ma anche per gli armatori che ce le spediscono: riescono infatti a ottenere più profitto rispetto a una demolizione in un cantiere navalmeccanico occidentale, grazie al mercato nero dei pezzi di ricambio e delle materie prime come acciaio e rame.
Operai in un cantiere di demolizione navale a Cilincing, Giacarta, Indonesia, 2010 (Ulet Ifansasti/Getty Images)
L’attività di demolizione per spiaggiamento inquina relativamente poco il mare, considerando che i mercantili arrivano come carcasse di acciaio senza più gli allestimenti interni. Quello che viene inquinato è invece il suolo e il territorio circostante. Essendo a cielo aperto, senza impianti di depurazione, il bioma costiero si trasfigura. La demolizione rilascia sostanze tossiche come cadmio, piombo, amianto e mercurio. L’attività di fusione e smantellamento dei pezzi più piccoli rilascia nell’aria sostanze che danneggiano l’ozono.
Chittagong, Bangladesh, luglio 2008 (Spencer Platt/Getty Images)
Due operai in un cantiere di demolizione navale a Dacca, Bangladesh, 2020 (Nayem Shaan/ZUMA/ansa)
PARTE SECONDA
I CANTIERI NAVALI DI DEMOLIZIONE DEL SECOLO SCORSO
VADO LIGURE E SPEZIA
Alcuni ricordi personali
VADO LIGURE
Più conosciuto degli stessi cantieri genovesi, e fonte di lavoro per quattro generazioni di famiglie vadesi, il cantiere di Portovado è raccontato in un libro con dovizia di particolari nautici dai protagonisti di quella storia: Edoardo e Giuseppe Riccardi nel libro «La demolizione navale a Vado Ligure», tra tanti rimpianti e tanta nostalgia per quel piccolo mondo scomparso.
Qui, nel secolo scorso, sino al 1989, VADO ha visto demolire corazzate, incrociatori e cacciatorpediniere della Marina Militare Italiana, della Marina francese e dell'Armada argentina, oltre ad una infinità di navi da carico, alcune famose come la Sestriere, Pisani, Napoli e Premuda, e poi Democratie, Jiustice, Veritè, per non dimenticare la gloriosa Olterra che, insieme ad altre centinaia di navi, una volta “spiaggiate” venivano ridotte a pezzi.
Chi scrive portò in demolizione a Vado Ligure la più importante “carretta” del dopoguerra: LA SESTRIERE. Vi propongo alcuni LINK per ricordare:
L'ULTIMO VIAGGIO DELLA CELEBRE M/N SESTRIERE
https://www.marenostrumrapallo.it/sestriere/ Carlo GATTI
LA SECONDA SPEDIZIONE DEI MILLE Carlo GATTI
https://www.marenostrumrapallo.it/spedizione/
La protagonista di quell’importantissima spedizione fu proprio lei, la M/n SESTRIERE.
OLTERRA - UN CAMOGLINO NELLA TANA DEL LUPO Carlo GATTI
https://www.marenostrumrapallo.it/de-negri/
VADO LIGURE - La foto mostra la fine di due gloriosi rimorchiatori d’altomare: in primo piano il mio M/R TORREGRANDE che copre parzialmente il M/R GENUA. Come ricordo di questo “mastino” dei mari, il mio equipaggio volle regalarmi due OBLO’ che conservo come reliquie…
Tutto finì nel 1990
LA SPEZIA – Cantiere delle Grazie
Il relitto, ripreso quando era ormai semi-affondato nella baia di Pertusola, ha una storia particolare che ho raccontato anni fa, ed oggi la ripropongo nel LINK:
USS WILLIAMSBURG UNA NAVE, UNA STORIA
https://www.marenostrumrapallo.it/uss-williamsburg-una-nave-una-storia/
Carlo GATTI
Il 19 gennaio 2016 le autorità di Spezia autorizzarono (finalmente) le operazioni di smantellamento e rimozione dello yacht Williamsburg, la nave di 74 metri costruita negli USA nel 1930, ex residenza galleggiante dei presidenti Truman e Eisenhower.
La Williamsburg era arrivata a Genova nel 1993, ma il progetto di trasformarla in un’imbarcazione di lusso non andò mai a buon fine.
ALFREDO CARLETTI - UN ESEMPIO DI INDOTTO INTELLIGENTE DI RECUPERO, COMMERCIO E VENDITA DELLA OGGETTISTICA NAVALE
L’azienda fondata da Alfredo CARLETTI, di cui fui un affezionato cliente, nasce negli anni 60 alla Spezia, periodo nel quale la città aveva un ruolo di primo piano, a livello europeo, nel campo delle demolizioni navali.
Usualmente, quando una nave veniva avviata alla demolizione, tutte le componenti in legno del rivestimento interno dei locali ed anche mobilio ed altri oggetti particolari quali timoni, chiesuole delle bussole, tavoli da carteggio ecc., essendo un intralcio alle operazioni di taglio con fiamma delle lamiere, venivano smantellati senza troppi riguardi ed infine distrutti e/o bruciati per recuperare le parti in bronzo ed ottone della ferramenta, che venivano poi venduti quali rottami alle fonderie.
Fu proprio Alfredo che ebbe la brillante intuizione di acquistare dai demolitori sia il legname destinato a tale ingloriosa fine, sia i mobili e gli altri arredi di bordo, tutti peraltro appartenenti a pregiate essenze quali mogano, teak, iroko ecc., dando avvio ad un commercio che presto si impose come nuovo stile d’arredo.
Sulla scia di Alfredo, presto affiancato dal fratello Emilio, molti altri commercianti locali iniziarono tale attività ed il Viale San Bartolomeo della Spezia, situato alle spalle dei Cantieri, divenne rapidamente famoso per le numerose vetrine che ospitavano fianco a fianco gli austeri mobili in stile marina ed i lucenti ottoni dei fanali e delle chiesuole, in una colorata cornice di bandiere del Codice Internazionale dei Segnali.
I fratelli Carletti ben presto presero ad occuparsi direttamente dello smontaggio e dello sbarco dalle navi di quei preziosi arredi, prendendo direttamente l’appalto nei cantieri, evitandone l’indiscriminato smantellamento e salvando così parecchi pezzi unici nel loro genere.
A queste avventurose "spedizioni" tra i saloni e corridoi di famosi transatlantici e altrettanto affascinanti navi da carico partecipò anche Fausto, il figlio di Alfredo, allora ragazzino e attuale titolare dell’azienda dal 1973 insieme alla moglie Daniela.
Fausto Carletti è ormai considerato un esperto di antiquariato navale e partecipa a convegni e incontri in tutta Europa, organizzando anche mostre a tema. Parte attive dell’Azienda fin dai primi anni di attività è stata la progettazione e la costruzione di arredamenti su misura in stile marina, nati dalla voglia di ricreare e portare nelle case atmosfere dal fascino intramontabile, ispirate dagli arredi degli antichi velieri e dei gloriosi transatlantici.
L’arredamento di molte ville sul mare in Liguria, ma anche in Sardegna e Corsica, portano la firma di questi lungimiranti imprenditori.
Ancora oggi, nei magazzini del “CORSARO” è possibile trovare mobili originali provenienti da vecchie “glorie del mare”, nonché una moltitudine di oggetti e strumenti quali fanali, lampade, appliques, plafoniere, timonerie, ruote di timone e chiesuole, bussole e sestanti, ottanti e cronometri, ancore e vecchi bozzelli. La provenienza di questi piccoli tesori disegna un lungo elenco di nomi storici di navi che a Spezia hanno trovato l’ultimo approdo.
Tra le numerose navi a cui la famiglia ha partecipato all’operazione-demolizione si possono ricordare: l'Oceania, varata nel 1950 e demolito nel 1977, la Giulio Cesare, varata nel 1949 e demolito nel 1973, la Conte Biancamano, varata nel 1925 e demolito nel 1960, la Conte Grande, varato nel 1927 e demolito il 7 settembre del 1962. Ma anche la Liberté, la corazzata Richelieu, la Giuseppe Verdi, l'Andrea Costa, la Saturnia, la Caribia (ex Vulcania), lo Jaza (il panfilo dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe), il transatlantico Kenia e molte altre glorie delle compagnie di navigazione di tutto il mondo.
LA STORIA DELLA NAVE PASSEGGERI FAIRSEA di Carlo GATTI
https://www.marenostrumrapallo.it/fairsea/
La FAIRSEA fu demolita nei Cantieri navali LOTTI di Spezia
CONCLUSIONE
A questo punto qualche lettore si porrà la domanda:
Perché finì quell’epico periodo delle demolizioni navali in Italia per poi riapparire oggi in altri siti anche molto lontani dal mondo dello shipping più avanzato?
Avendo vissuto la parte centrale di quell’epopea, posso esprimere soltanto qualche opinione personale, premettendo che ben altri qualificati storici potrebbero averne una visione ben più ampia.
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Tra il 1960 e la fine del secolo, tutte le navi che avevano partecipato alla Seconda guerra mondiale, sapendo che tante di loro furono “tirate sul fondo” per la necessità di rimettere in moto il settore mondiale dei Trasporti marittimi: merci e passeggeri, erano ormai molto ANZIANE e per loro non esisteva altra prospettiva che la demolizione. Tra queste vi erano centinaia di LIBERTY, T/2, CARRETTE di ogni tipo e navi passeggeri sopravvissute alle battaglie dei convogli. Nel frattempo decollarono le nuove costruzioni navali, moderne e sempre più sofisticate che diedero inizio ad un lento ma inesorabile gigantismo navale.
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La storia dei Container per il trasporto intermodale nacque il 26 aprile 1956. Da quel momento storico s’impose la necessità di ampliare i porti, le banchine, i piazzali fino al limite possibile dovendo installare gru gigantesche tipo-Paceco e quindi ridisegnare le infrastrutture che si potevano realizzare eliminando cantieri, officine, magazzini obsoleti e rubando spazi anche al mare. Tutti i porti cambiarono la loro tradizionale fisionomia per l’impellente necessità di rimanere competitivi sui mercati.
Questa fu, probabilmente, la causa principale che contribuì alla "sparizione" dei Cantieri navali della demolizione.
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Un’altra causa o concausa esplose come una bomba quando nel 1977, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione (IARC) classificò l'amianto come cancerogeno certo per l'uomo. Le navi da demolire avevano tutte o quasi tutte l’amianto nella Sala Macchina. A questo punto l’operazione di demolizione di una nave era diventata problematica per un crescente numero di problemi che rendevano la sua gestione altamente “pericolosa” e poco remunerativa.
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Di questa problematica situazione venutasi a creare nei Paesi industrializzati dell’Occidente, se ne avvalsero le nazioni del Terzo Mondo.
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Oggigiorno i problemi sono ancora più grandi. Smantellare una nave ha un impatto ambientale non indifferente, ecco perché i costi sono alti e la gente preferisce darla in nero nei mercati orientali. Pensate all'amianto, al carburante, all'olio dei circuiti, ai materiali non assimilabili ai rifiuti solidi urbani. Se si pensa poi, al costo del lavoro nel nostro paese, allora i calcoli sono presto fatti.
1973 - Il giovane Comandante Carlo GATTI al comando del M/r ARIEL con a rimorchio il famoso transatlantico GIULIO CESARE nel suo ultimo viaggio verso la demolizione presso il Cantiere LOTTI di SPEZIA.
LA STORIA DELLA NAVE PASSEGGERI FAIRSEA di Carlo GATTI
https://www.marenostrumrapallo.it/fairsea/
La FAIRSEA fu demolita nei Cantieri navali LOTTI di Spezia
Carlo GATTI
Rapallo, 26 Maggio 2022
LANTERNA
LANTERNA
Faro di Genova dal 1128
Genova, Italia
Lat. 44° 25' N Long. 8° 56' Est
Altezza 77 metri, Portata 26 miglia, costruzione 1543
Come “Simbolo di Genova” ha sette secoli di storia alle spalle. Nel 1316, grazie alle donazioni delle congregazioni: i Conservatori del mare, i consoli del mare divenne ufficialmente un faro...
Descrizione luce: Due lampi bianchi, periodo 20 secondi
PREMESSA
Quella dei Fari è una storia affascinante che si perde nella notte dei tempi e va di pari passo con la storia della navigazione.
Per la gente di mare di queste parti che approda a Genova dopo un viaggio più o meno lungo, LA LANTERNA dà il suo primo saluto dal cielo con quella luce proiettata sulle nuvole notturne che i marittimi vedono un po’ in alto di prora, e che li fa vociare sommessamente con una certa emozione: “si vede la scopa della Lanterna!”.
A questo punto molti di voi si chiederanno:
Ma cos’è la scopa di un FARO?
Quando un faro è molto potente, il suo fascio luminoso rotante non segue la curvatura terrestre per cui, dopo un certo percorso rettilineo, viene proiettato in alto così che, una nave che si trovi ancora sotto l’orizzonte, non vede la luce del faro direttamente, ma solo la sua scopa che disegna in cielo le sue “caratteristiche” fatte di lampi ed eclissi.
Scendiamo brevemente nel “tecnico” …
PORTATA GEOGRAFICA
è la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce, esclusivamente in funzione della curvatura terrestre. La portata geografica dipende quindi dall’altezza della luce e dall’elevazione dell’occhio dell’osservatore.
PORTATA LUMINOSA
è la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce in un dato istante, in funzione dell’intensità luminosa (o portata nominale) e della visibilità meteorologica (o trasparenza atmosferica) in atto.
Per definizione quindi la portata luminosa è variabile in funzione
della trasparenza atmosferica.
Nei Fari più importanti, generalmente la portata luminosa è sempre maggiore della portata geografica, così che lo "scintillio della "scopa" del faro sul riverbero dell'acqua si manifesta a notevole distanza.
Dipende dalla velocità della nave e dalle condizioni meteo, ma si può dire che la scopa, anche in epoca moderna, anticipa di ore il segnale luminoso vero e proprio del faro, ed anche la gioia “irrefrenabile che il “marinaio” prova nel sentirsi “quasi” a casa.
Tutti i naviganti, in tutte le lingue e dialetti, lo chiamano: porto cosce! E ciò accadeva già molto tempo prima che Fabrizio De André immortalasse quel “desiderio” con la meravigliosa canzone JAMIN-A.
Quanti marittimi sono transitati davanti alla LANTERNA felici all’arrivo e tristi alle partenze sulle loro navi in rotta verso i sevenseas?
Solo LEI, la LANTERNA potrebbe dirlo dall’alto della sua maestà laica ed anche religiosa con il suo stemma crociato rivolto verso la città portuale.
Ecco che la LANTERNA, con i suoi antichi simboli, rappresenta il calore della mamma accogliente per i marinai di tutte le razze, religioni e provenienze che si sentono guidati dal suo sguardo luminoso e protettivo mentre si avvicinano e poi, con nostalgia e tristezza quando, allontanandosi, tramontano lentamente sotto l’orizzonte.
Prima del 6 ottobre 2017, Genova non aveva mai dedicato una mostra alla Lanterna, al suo faro medievale che, sin dalle prime rappresentazioni pittoriche della città ne era, comunque, diventato il simbolo più amato dai genovesi i quali, com’è noto, sono estremamente gelosi dei propri sentimenti e non amano parlare dei propri “gioielli” in pubblico! Una storia che conosciamo da sempre!
La sua struttura eccezionale - fino al 1902 è stato il faro più alto del mondo - con la posizione di guardia sul colle di San Benigno, la vedono, fin dai suoi albori, come uno dei simboli più amati della SUPERBA.
Solo da pochi anni è visitabile (con alcuni limiti), proprio come certe Icone di cui si deve rispettare innanzitutto la sacralità.
Così ci viene ufficialmente descritta sui dotti manuali:
Eppure la Lanterna, monumento unico anche nel panorama dei porti del mediterraneo, è sempre riaffiorata prepotente quale elemento distintivo, vera e propria Mirabilia Urbis, tanto nelle carte nautiche quanto nei documenti ufficiali, sui frontespizi dei libri e nelle immagini pubbliche, a suggello dell’efficienza e della stabilità del porto, elemento cardine dell’iconografia della città intera. E che il simbolo di Genova fosse un faro, ovvero una svettante torre antica con precisa funzione pratica e intimamente legata alla navigazione, monumento che rimanda alle imprese che resero la Repubblica ricca, temuta e rispettata, rientra nello spirito più autentico della città.
Guardate attentamente le tre fotografie a seguire e vi accorgerete che:
I nostri AVI medievali avevano visto giusto
LA LANTERNA si trova ancora oggi nel CUORE del suo porto, dove navi, marinai e merci entrano in contatto tra loro per scambiare ricchezza e cultura, relazioni e pagine di storia.
La Storia della LANTERNA
Leggiamo qua e là….
Nel 1128 venne edificata la prima torre. Secondo alcune fonti non ufficiali, era alta poco meno dell’esistente e con una struttura architettonica simile all’attuale, ma con tre tronchi merlati sovrapposti. Alla sua sommità venivano accesi, allo scopo di segnalare le navi in avvicinamento, fasci di steli secchi di erica (“brugo”) o di ginestra (“brusca”).
Nel secolo XI, le prime cronache e gli atti ufficiali del nascente Comune genovese forniscono dati sicuri sulla torre di segnalazione, ma non la sua data esatta di costruzione.
Nel 1318, durante la guerra tra Guelfi e Ghibellini la torre subì rilevanti danni alle fondamenta ad opera della fazione ghibellina.
Nel 1321 vennero effettuati lavori di consolidamento e venne scavato un fossato allo scopo di renderla meglio difendibile.
Nel 1326 venne installata la prima LANTERNA; la lucerna era alimentata ad olio di oliva ed in merito l’annalista Giorgio Stella scriveva:
“In quest’anno fu fatta una grande lanterna sulla Torre di Capo Faro affinché con le lampade in essa accese, nelle notti oscure, i naviganti conoscessero l’adito alla nostra città”.
Nel 1340, per meglio identificare la lanterna con la città, venne dipinto alla sommità della torre inferiore: lo stemma del comune di Genova, opera del pittore Evangelista di Milano.
Al 1371 risale la rappresentazione più antica di questa prima Lanterna che appare in un disegno a penna sopra una copertina pergamenacea di un manuale dei “Salvatori del Porto”, Autorità marittima del tempo conservata all’Archivio di Stato di Genova e restaurata nel 2017 grazie al contributo del Lions Club di Sampierdarena per il progetto Insieme per la Lanterna e Adotta un Documento.
La Lanterna di Genova che vediamo oggi
Ci affidiamo ancora alla storiografia ufficiale
Al 1543 risale l’attuale costruzione che, con i suoi 77 metri di altezza, è il faro più alto del Mediterraneo, secondo in Europa. In quell’anno vennero anche sostituite le antiche merlature e fu posta in opera alla sua sommità una nuova LANTERNA costruita con doghe di legno di rovere e ricoperta con fogli di rame e di piombo fermati con ben seicento chiodi di rame.
Fu in quella occasione che la TORRE assunse il suo aspetto definitivo che ancora oggi vediamo.
Nel 1565 si ritornò a lavorare sulla cupola per renderla stagna.
Nel 1681 si ricostruì la cupola con legno di castagno selvatico calafatando il tutto con pesce e stoppa e ricoprendola con fogli di piombo stagnati ai bordi sovrapposti.
Nel 1684 durante i bombardamenti di Genova ordinato dall’Ammiraglio francese Jean-Baptiste Colbert de Seignelay, per ordine di re Luigi XIV, un colpo centrò la cupola distruggendone l’intera vetrata, che venne provvisoriamente ricostruita.
Nel 1692, la vetrata venne modifica aggiungendovi un nuovo ordine di vetri. Nel Portolano manoscritto del XVI secolo di autore anonimo si legge: “a miglia 14 da Peggi (Genova Pegli) città con buonissimo porto e alla parte di ponente, vi è una lanterna altissima e dà segni alli vascelli che vengono a piè di detta lanterna”.
Nel 1771, a seguito dei ripetuti danni causati dai fulmini e dagli avvenimenti bellici la torre venne incatenata a mezzo di chiavarde e di tiranti che ancora oggi sono visibili all’interno.
Nel 1778, fu dotata di impianto parafulmine che fu realizzato dal fisico P.G.Sanxais.
Nel 1791 vennero effettuati alla base della prima torre, lavori di consolidamento per renderla più stabile.
Nel 1840, in tempi più recenti, la potenza del faro aumentò notevolmente, sia per l’introduzione di più moderni sistemi ottici, sia per il sistema rotante con lenti di Fresnel, sia per l’introduzione di nuovi combustibili:
Nel 1898 si passò all’impianto del gas acetilene.
Nel 1905 al petrolio pressurizzato.
Nel 1936 all’elettrificazione.
Da allora la Lanterna superò senza gravi conseguenze i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, nonché innumerevoli momenti di intemperie naturali.
CURIOSITA’
Tutti sono d’accordo sull’anno 1128 quale data dell’erezione di una TORRE sul Capo di Faro, in passato detto anche CODEFA’.
Tutto invece s’ignora del costruttore della LANTERNA il quale, secondo una leggenda, ad opera ultimata sarebbe stato gettato nel vuoto dal suo culmine, per impedire che realizzasse altrove qualcosa di simile, oppure – ed è questa la versione più maligna – per evitare di corrispondergli il compenso pattuito. A parte la mancanza del minimo fondamento storico, v’è da considerare che ciò è narrato, negli stessi termini, per molte altre eminenti costruzioni d’Italia.
Vi segnalo il LINK di un articolo interessante. Si tratta dell’intervista fatta al Guardiano del FARO Angelo De Caro.
IL SECOLO XIX - Quella piccola lampadina, cuore della Lanterna di Genova. Firmato Licia Casali
https://www.ilsecoloxix.it/genova/2014/09/12/news/quella-piccola-lampadina-cuore-della-lanterna-di-genova-1.32072595
Angelo De Caro - Il guardiano del faro.
L'accensione non è l'unica tradizione a essere stata modificata dall'avvento della tecnologia. De Caro ama mostrare ai pochi che si spingono sino alla sommità, una piccola lampadina, consapevole della reazione di stupore che susciterà: «Sembra impossibile viste le dimensioni ridotte – racconta divertito – ma è quella che dà luce alla Lanterna, amplificata dai cristalli dell'enorme ottica. Sono appena mille watt, 220 volt».
Ed è proprio questa lampadina che quando cala il sole, azionata dalla fotocellula, dà vita al simbolo di Genova: un giro completo del faro dura 40 secondi con una pausa di venti: «Le sue caratteristiche sono: due lampi e 20 secondi – spiega De Caro – Pensi che illumina sino a 27 miglia marine, le navi la scorgono a quasi 50 chilometri».
Le sale dei Fari e dei Fanali
Ubicato ai piedi del FARO, esiste ed è visitabile il Museo della Lanterna. Nelle Sale “dei fucilieri” e in quelle “dei cannoni”, si trova un’interessante collezione di strumentazioni: qui il visitatore può comprendere il funzionamento di questi importanti riferimenti per la navigazione e non solo (la Lanterna infatti funziona anche da aerofaro per il vicino Aeroporto Cristoforo Colombo).
Gli oggetti esposti illustrano la storia dell’ingegno dell’uomo nel raffinare la tecnica di segnalamento marittimo, con video illustrativi sul loro funzionamento e testimonianze.
È possibile osservare da vicino l’affascinante funzionamento di un Sistema Orologeria Peso Motore con lenti di Fresnel, posizionate su ottiche rotanti tarate con estrema precisione, affinché i lampi di luce ed eclissi potessero mantenere la caratterista identificativa dei fari sulle carte nautiche.
Il sistema meccanico, una volta caricato manualmente, garantiva la rotazione dell’ottica per circa sette ore: la moderna tecnologia utilizza oggi invece un motore elettrico.
Ancora, è possibile studiare l’evoluzione della tecnologia dei Lampeggiatori: dal Lampeggiatore AD, a propano GG166, a propano RG 7273BBT, per proseguire con lo Scambiatore a quattro lampade ISEA, evoluzione degli strumenti precedenti nato con la luce elettrica, poi lo Scambiatore a quattro lampade Pintsch Bamag e a sei lampade Automatico Power, fino ad arrivare allo Scambiatore a sei lampade Automatico Power e allo Scambiatore 6 AGA IE/AD che, grazie alla sua efficienza ibrida, unita alla possibilità di utilizzare le lampade da 1000 watt e 120 volt, è stato utilizzato anche nelle ottiche rotanti dei fari.
INFORMAZIONI UTILI
MISURE ANTI COVID19
Gli accessi alla struttura sono contingentati, invitiamo pertanto all’acquisto del biglietto online secondo i posti disponibili nelle differenti fasce orarie.
Invitiamo i gentili visitatori a rispettare le disposizioni di contrasto al COVID19, al fine di evitare possibili contagi | Indossate la mascherina | Non toccate occhi, bocca e naso | Utilizzate i dispenser con igienizzante prima di entrare nelle sale espositive | Gli utenti che al momento dell’ingresso avranno una temperatura superiore ai 37,5° non potranno essere ammessi all’interno della struttura. Ricordiamo che qualora non vogliate sottoporvi allo screening per la temperatura non potrà essere consentito l’accesso | La durata della visita all’Open Air Museum nel parco, Museo e Torre (prima terrazza panoramica) prevista è di circa 30 minuti | Vi ringraziamo per la collaborazione.
Su indicazioni del recente Decreto per il contrasto e il contenimento del diffondersi del virus COVID 19 è possibile accedere al complesso monumentale (anche negli spazi esterni dell’Open Air Museum) solo ai possessori di SUPER GREEN PASS (o esentati con certificato medico), da esibire al personale del ticket office sito in passeggiata, per tutti gli utenti con età a partire dai 12 anni.
Indirizzo: Rampa della Lanterna, 16126 Genova GE
Orari: Chiuso ⋅ Apre ven. alle ore 10
Telefono: 010 893 8088
Altezza: 76 m
Visitabile: sì
Funzione: Faro
Data di apertura: 1128
Provincia: Città Metropolitana di Genova
Automatizzazione: 1936
Elenco fari: nazionale: 1569; ALL: E1206; NGA: 7568
Anno 1126
Carlo GATTI
Rapallo, 2 Febbraio 2022
APPUNTI DI VIAGGIO - DEL DIRETTORE DI MACCHINA PINO SORIO
APPUNTI DI VIAGGIO DI PINO
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Primo impatto con ptf petrolifera e primo volo in elicottero: febbraio/marzo 1973:Golfo Persico Dubai- spegnimento incendio pozzo ptf jackup PENROD 5 della Conoco. Lavoro Red Adair-Hallyburton con trivellazione pozzo inclinato da altra ptf fino ad incontrare quello in fiamme.
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Ritorno a Genova in aereo tutto al buio x risparmio energetico in seguito a guerra arabi e israeliani
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Installate dentro una delle gambe della ptf 2 pompe Worthington tipo deepwell con colonna e asse da 90 metri di altezza per riempire le tanche da dove aspiravano le moto pompe della Halliburton collegate in serie per portare la pressione di mandata a 600 bar che sarebbe servita per tagliare il flusso di petrolio nel pozzo incendiato.
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Vedere foto seguenti:
Pompe Deep Well Worthington
Pompe Deep Well
Pompe Halliburton
In lontananza piattaforma Penrod dopo spegnimento incendio
Foto barche nel canale di DUBAI
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Procedura x spegnimento incendio pozzo: da un’altra ptf gemella distante circa un miglio si è trivellato in senso obliquo fino ad arrivare con la trivella a circa un paio di metri da quello che bruciava. L’ultimo diaframma è stato rotto pompando acqua a 600 bar e tagliando il flusso di petrolio. Appena spento l’incendio la ditta Schlumberger ha iniziato a pompare fanghi e cemento a presa rapida che ha così tappato il pozzo. La stessa procedura è stata usata a distanza di 40 anni per spegnere l’incendio della Deep Water Horizon nel Golfo del Messico
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Entrato in Micoperi a dicembre del 1975: primo imbarco su M26 nel mare del Nord e poi trasferito su M27 (Pearl Marine) per modifica e allestimento da petroliera (ex Germinal) nei cantieri Viktor Lenac di Rjeka (modifica scafo) e poi a New Orleans (cantieri Avondale) per montaggio gru Clyde da 2000 tons e di tutti i macchinari di cantiere: verricelli Skagit per ormeggio nave con 8 ancore, motocompressori aria, impianto sommozzatori, gru cingolata Manitowoc, rivestimento coperta con doppio tavolato. Vedere foto:
Avondale 1
Fasi montaggio braccio Gru Clyde da 2000 T
Avondale 2
Avondale 3
Avondale 4
Avondale 5
Avondale 6
Avondale 7
Avondale 8
Panoramica Cantiere Avondale
Avondale 9
PM27 in navigazione sul Mississipì per trasferimento dal cantiere Avondale ad un altro cantiere prima del ponte di New Orleans per montaggio A-Frame della Gru Clyde
Pearl Marine completata con “A-Frame” installato
PINO SORIO
Rapallo, 20 Gennaio 2022
NEW YORK - L'altra sponda del nostro Amato NEW WORLD
NEW YORK
L’ALTRA SPONDA DEL NEW WORLD
QUANDO UN NOSTRO LONTANO PARENTE ERA SEMPRE LI’
AD ASPETTARCI AL PIER 84
IN NANOVRA OCCORRONO NERVI D’ACCIAIO…
Il Porto di New York, come possiamo veder nelle immagini che oggi proponiamo, presenta oggettive difficoltà nell’attracco delle navi in banchina, specialmente in inverno quando alla solita corrente di marea del fiume Hudson, si aggiunge la neve che presto si trasforma in ghiaccio e tiene le navi scostate dalla banchina come si nota nella foto sopra. Le abbondanti nevicate che possono raggiungere i due metri d’altezza, lo rendono a volte molto pericoloso, specialmente quando è accompagnato da forti venti artici. Per quanto possa sembrare strano, il passaggio di cicloni tropicali nei pressi della grande metropoli è un evento tutt’altro che raro.
In questa seconda immagine mostriamo invece il VOLTO UMANO della New York festosa e accogliente in tutti i sensi mentre festeggia il “maiden voyage” della MICHELANGELO addobbata per le grandi occasioni col gran pavese, sirene spiegate… e scortata sul fiume da decine e decine di rimorchiatori “urlanti” che sparano acqua in tutte le direzioni.
Omaggio alla favolosa UNITED STATES
ANDRE DORIA nel suo viaggio inaugurale
UNITED STATES
Andando ancora più indietro nel tempo
LINERS DI LUSSO, 1964 LUGLIO
Qui vediamo una vista estiva di Luxury Liner Row a New York City nel luglio del 1964.
Ormeggiato da sinistra a destra nella foto: L'INDIPENDENCE delle American Export Line e LEONARDO DA VINCI della Soc. ITALIA al Molo 84; la potente UNITED STATES al Molo del 86; e l'OLYMPIA della Linea Greca al molo successivo
La Cunard's QUEEN ELIZABETH viene ripresa mentre ha già la prua verso casa, diretto a Cherbourg e Southampton.
MICHELANGELO-RAFFAELLO-QUEEN ELIZABETH
Dall'alto in basso: EMPRESS OF SCOTLAND; FRANCONIA; MAURETANIA; the QUEEN MARY; CARONIA; ILE DE FRANCE; AMERICA; ANDREA DORIA; CONSTITUTION.
CHIUDIAMO LA RASSEGNA CON
L’ARRIVO DEL REX A NEW YORK CON IL SUO TROFEO PIU’ AMBITO
BLUE RIBAND (NASTRO AZZURRO)
11-16 Agosto 1933
La velocità massima consentita per la navigazione sull'HUDSON è di 10 nodi, anche se un vero limite non esiste e la Sicurezza del traffico è lasciata al buon senso del Pilota ed ovviamente del Comandante. Tuttavia, si deve tener conto che in certe situazioni meteo, così come in determinati periodi dell'anno, sul fiume Hudson si può verificare una forte corrente da Nord verso Sud che può rendere molto difficoltosa qualsiasi manovra.
UNA FOTO CHE MERITA QUALCHE COMMENTO
2 Febbraio 1964 - New York - Una bella immagine aerea della nostra Cristoforo Colombo (in primo piano) e la inglese Queen Elizabeth (più in alto) che attraccano in banchina senza l'assistenza dei rimorchiatori.... erano in sciopero in quel momento ( Foto: Getty images ).
N.B. - Il vento teso da sinistra spinge al traverso la Q.E. che sembra in grande difficoltà, essendo estremamente sottoventata, e praticamente ormai affiancata sulla testata (non operativa) di uno dei celebri Piers.
- La C. Colombo sembra aver impostato la curva (l’accostata) in modo più corretto e la manovra si presenta più realizzabile perché ha la poppa più al vento: “poppa al vento meno vento”. Ho provato ad ingrandire l’immagine, ma non pare che la Colombo abbia dato fondo l’ancora di dritta, per cui si suppone che andrà a strisciare sullo spigolo del pontile in costruzione o in rifacimento, sebbene abbia la macchina di dritta “indietro” e quella di sinistra “avanti” nel tentativo di portare la poppa al vento.
Il vento teso è visibile dai fumi delle ciminiere delle imbarcazioni presenti in zona ed anche sulla superficie del fiume.
Ciò che non si può stimare è la corrente presente sull’Hudson… I Piloti del porto sicuramente hanno consigliato ai Comandanti la scelta del momento più favorevole per l’attracco: la “stanca di marea”.
Le rispettive manovre non paiono essere andate a buon fine… nel senso che, come minimo, avranno riportato bugne e danni ai rispettivi scafi.
Ultima annotazione: Le navi di quel tempo non avevano le eliche trasversali di prora e di poppa (Bow Trust e Stern Trust) che oggi sostituiscono in gran parte i Rimorchiatori.
Le navi passeggeri, specialmente, erano tutte turbonavi che, come sanno gli addetti ai lavori, erano/sono molto meno potenti in manovra e molto lente nelle inversioni di marcia.
Le turbonavi avevano molti altri vantaggi tra cui la potenza che potevano esprimere, quindi consumavano più carburante di una motonave, ma all’epoca i prezzi del petrolio erano molto convenienti.
Infine:
I “rischi” che si prendevano i Comandanti in quelle occasioni dipendevano dalle rispettive “pressioni armatoriali” tendenti ad evitare le denunce/cause dei passeggeri che altrimenti sarebbero sbarcati con ritardi che avrebbero danneggiato i loro affari privati.
Purtroppo questo “commento” lo pubblicherò sul nostro sito solo per qualche giorno, e solo a scopo didattico, perché la foto “eccezionale” su cui si basa, ha il copyright della gettyimages.
Carlo GATTI
Rapallo, Mercoledì 12 Gennaio 2022
COMMENTO: Posso dire, con orgoglio, che ho vissuto quei momenti della manovra per l'attracco ai Pier di New York, con il grado di Primo Ufficiale, Com.te 2nda e Comandante. Ricordo che, prima dell'avvicinamento al pontile, saliva a bordo il Pilota (Dock Master) che sostituiva il River Pilot. Il Dock Master è un Pilota Comandante di Rimorchiatori che viene promosso dopo anni di anzianità. Per la manovra si doveva aspettare il momento della stanca della marea sia essa Ebb (uscente) o Flood (entrante). Mezz'ora prima le navi, specialmente al sabato, dovevano presentarsi in fila, con Pilota bordo e pronte per entrare. Se si entrava al momento della stanca si riusciva ad infilarsi direttamente allineati con il Pier, in caso contrario, la manovra più difficile e mozzafiato era quella di poggiarsi su un apposito parabordo (cammello) al Pier e si sfruttava il filo della corrente uscente o entrante a seconda della posizione del Pier, che spingeva la nave verso la banchina con l'ausilio del rimorchiatore a poppa.
Ai miei tempi, dal 1972 al 1987, le principali navi in esercizio erano:
Oceanic- Atlantic - Rotterdam - Statendam- Quen Elisabeth 2 - Britanis - Amerikanis- Doric-Homeric
Nel 1987 la Home Lines è stata venduta e io sono stato subito contattato dalla COSTA CROCIERE per il Comando
Comandante Superiore di Lungo Corso
Mario Terenzio PALOMBO
CORDERIA CASTELLAMMARE DI STABIA
CORDERIA CASTELLAMMARE DI STABIA
Castellammare di Stabia
Stabilimento Militare Produzione Cordami- Castellammare di Stabia
L'edificio della corderia è spesso parte integrante dei Cantieri Navali e Arsenali Marittimi.
Attività stabilimento
Lo Stabilimento Produzione Cordami di Castellammare di Stabia opera dal 1796 è quindi la Corderia Italiana più antica e di grande tradizione storica e marinaresca.
Prodotti e servizi
Lo Stabilimento fornisce tutti i tipi di cordami, nonché attrezzature navali: reti di tutti i tipi (parabossoli, ponte di volo), biscagline, tappetini, paglietti. Le attrezzature navali, realizzate a mano nel reparto lavorazioni artigianali, costituiscono un'eccezione in Italia.
Lo stabilimento è inoltre attivo nel settore dei collaudi sia delle materie prime (filati) che dei prodotti finiti (cavi).
Visita alla Corderia di Castellamare di Stabia
Anni ’60 Corderia
Cavi: si eseguono tutte le tipologie di cavi (trecciati e commessi) da pochi millimetri di diametro (spaghi) fio a 120 mm di diametro (cavi di ormeggio) sia in fibra naturale (canapa, sisal, manilla, yuta) che sintetica (polipropilene, poliammide, polipropilene/poliestere, poliestere, polysteel).
Collaudi: tra i servizi esterni il collaudo cavi, la consulenza tecnica sulle funzionalità di utilizzo ed è, unico in Italia, riconosciuto come collaudo alternativo dal R.I.N.A.
Lo Stabilimento dispone di un laboratorio attrezzato per collaudo dei filati e dei cavi e di un dinamometro per prove distruttive cavi fino a 70 t.
Impianti di produzione
· macchine Vicking SIMA per produzione cavi trecciati con diametro di 40-120 mm;
· Hertzog per produzione cavi trecciati fino al diametro di 40 mm;
· Beta 70 e Beta 18 per cavi commessi fino al diametro di 70 mm;
· impianti per sagole e trecce;
· torcitrici, macchine per dare torsione ai filati.
In ITALIA
UN PO’ DI STORIA
Castellammare di Stabia si estende ad anfiteatro al centro del golfo di Napoli. La città unisce caratteristiche industriali, bellezze naturali in una zona fertilissima, ricca di acque minerali e dal clima temperato che favoriscono notevoli flussi turistici.
Castellammare di Stabia era già abitata già nell’VIII secolo a.C. sull’odierna collina di Varano. I Sanniti, seguiti poi dagli Etruschi, dai Greci e dai Romani, la dominarono a lungo, ma sotto i Romani la città raggiunse il suo massimo splendore: prima come città fortificata, poi come luogo di villeggiatura per i ricchi patrizi romani, che “abbellirono” la collina di ville con al proprio interno complessi termali, piscine, palestre e piccoli templi.
I dipinti superstiti ancora oggi risultano essere tra i più interessanti dell’arte romana.
Con l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. la città scomparve, insieme a Pompei ed Ercolano, sotto una fitta coltre di cenere, lapilli e pomici.
Alcuni sopravvissuti all’immane tragedia costuirono un villaggio lungo la costa, che entrò a far parte del Ducato di Sorrento: furono proprio i sorrentini a costruire il castello sulla collina di Quisisana attorno all’anno 1000. Infatti, documenti del 1086 riportano per la prima volta il nome del villaggio detto “Castrum ad Mare”.
Reggia di Quisisana vista dall'alto
Durante il Medioevo, Castellammare passa sotto gli Svevi, poi agli Aragonesi che costruiscono il porto e completano la Reggia di Quisisana e successivamente la danno in feudo ad Ottavio Farnese, il quale apportò notevoli modifiche alla struttura urbanistica costruendo anche il suo palazzo oggi sede del municipio.
Nel 1731 la città passa sotto il controllo dei Borbone che la rendono una delle città più floride del Regno di Napoli e poi del Regno delle Due Sicilie.
Nel 1749, inizia la campagna archeologica che riporta alla luce solo alcuni affreschi delle ville romane dell’antica città di Stabiae.
Nel 1783 furono aperti i primi Cantieri Navali italiani, e poi ancora l’industria per la fabbricazione di corde/cavi, la cosiddetta Corderia.
Nel 1836 vengono inaugurate Le Antiche Terme di Castellammare, centro benessere e polo culturale ospitante mostre, concerti, manifestazioni varie.
Il ‘900 si apre con le due guerre mondiali, ma fu la Seconda a lasciare indelebili tracce sul territorio ed anche nella memoria: i tedeschi tentarono di distruggere i Cantieri navali, i quali vennero strenuamente difesi dagli stabiesi. In seguito, per questo motivo, la città è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valore.
Negli Anni ’50, Libero D’Orsi, preside della scuola media-Stabiae, intraprese la prima sistematica campagna di scavi archeologici dell’antica città romana di Stabiae, dopo quelle dei Borboni. Grazie al suo interesse e al suo impegno vennero riportate alla luce due ville romane, Villa Arianna e Villa San Marco. Negli stessi anni fu costruito il complesso delle Nuove Terme di Stabia, all’epoca definite le più moderne d’Europa.
La fine del XX secolo coincide con la costruzione di nuovi complessi alberghieri e di infrastrutture all’avanguardia come il porto turistico di Marina di Stabia, uno dei più grandi d’Europa. Queste nuove strutture hanno fatto sì che nel 2006 Castellammare di Stabia sia stata la terza città campana per presenze turistiche negli alberghi solo dietro a Napoli e Sorrento.
PER NON DIMENTICARE ….
Castellammare di Stabia, settembre 1943 Sono almeno 31 i morti e 16 i feriti della rappresaglia compiuta dai nazisti a Castellammare nel settembre 1943: 31 persone uccise tra l'11 e il 28 settembre, giorno in cui finalmente l'esercito tedesco abbandona la città in ritirata verso nord: 19 erano inermi civili stabiesi, 7 provenivano da altri comuni, 5 furono i militari che tentarono di difendere obiettivi strategici durante la ritirata tedesca.
Ad appena due giorni dalla proclamazione dell'armistizio, Castellammare si trova ad essere tra le prime città italiane a conoscere la ferocia della rappresaglia nazista, sulla base delle disposizioni che il 10 settembre i vertici nazionalsocialisti diedero a tutte le truppe presenti in Italia. Le mire dei tedeschi furono puntate subito su uno dei simboli della città, su quel cuore produttivo e civile che da sempre è stato il cantiere navale. Un insediamento industriale le cui maestranze, nonostante il regime fascista, nonostante le persecuzioni verso gli antifascisti, mantennero in gran parte sempre un atteggiamento - per quanto possibile - di non appiattimento sulle scelte operate dal regime: ancora fresca era la memoria della tempestosa visita del Duce ai cantieri del 16 settembre 1924, accolto freddamente dagli operai ad appena un mese dal delitto Matteotti, e ancora scottavano gli arresti e le perquisizioni di operai e antifascisti nel 1936, a seguito del rinvenimento di volantini che inneggiavano ai fatti di Piazza Spartaco di 15 anni prima.
A difendere il cantiere navale si trovarono marinai e ufficiali della Marina Militare, i quali da subito scelsero di difendere gli interessi nazionali e si opposero all'ex alleato tedesco. Gli uomini della "Goering" sono pronti a mettere in pratica la rappresaglia antitaliana, ad appena 72 ore dalle dichiarazioni di Badoglio: obiettivo è distruggere il cantiere navale e affondare tutte le unità navali lì ospitate. A presidiare il "Giulio Germanico" e lo stabilimento ci sono il capitano di corvetta Domenico Baffigo, il colonnello Olivieri, il capitano Ripamonti della Corderia Militare, il tenente Molino. Saranno uccisi dai nazisti nel loro eroico tentativo di difendere il cantiere e salvarlo così dalla furia vendicatrice.
Allo stesso modo morirà un altro militare, impegnato nella difesa dei Cantieri metallurgici altro storico baluardo industriale stabiese: il carabiniere Alberto Di Maio fu ucciso dai nazisti l'11 settembre. Vicenda, quest'ultima, quasi completamente rimossa e che testimonia invece come nei giorni della fuga del re e dello sgretolamento dell'esercito, ci furono uomini semplici in mille angoli d'Italia certamente più decisi, convinti e coerenti sulla scelta da compiere di fronte all'evolversi della situazione bellica e politica interna e internazionale.
Ci sono episodi, gesti, azioni, atti di piccoli e grandi eroismi, ribellioni, o semplicemente gesti compiuti per fame. Ma spesso c'è chi morì semplicemente perché si trovava in un posto nel momento sbagliato, trasformando una casualità in una grande tragedia. Le truppe tedesche erano presenti in città: un loro stazionamento era in corso De Gasperi, alle spalle delle palazzine che guardano verso il mare e che oggi vengono indicate come "il palazzo dei tedeschi". Con l'8 settembre la situazione precipitò. Le truppe germaniche rivolsero la loro attenzione contro la popolazione italiana e contro i soldati "traditori".
Una delle più tristi pagine della storia cittadina si aprì in quel settembre di 60 anni fa, una pagina talmente triste che è come se fosse stata cancellata deliberatamente, rimossa dalla memoria collettiva. Eppure, in quelle tragiche giornate, i quei venti giorni, Castellammare soffrì e resistette, visse momenti di eroismo e atroci violenze, che ora la Medaglia d'Oro al Merito civile riconosce e addita alle giovani generazioni come monito perché non si ripetano mai più l'odio e la guerra (testo a cura di Giuseppe D'Angelo e Antonio Ferrara).
LE VITTIME DELLE STRAGI NAZISTE A CASTELLAMMARE SETTEMBRE 1943.
Civili Aprea Gaetano, anni 31 Arpaia Carmela, anni 48 Autiero Luciano Circiello Agostino, anni 18 Contaldo Santolo, anni 43 Curcio Vincenzo, anni 34 D'Amora Gerardo De Maria Oscar, anni 18 De Simone Vincenzo, anni 24 Di Somma Luigi, anni 35 Foresta Anna, anni 22 Franchino Francesco, anni 22 Franco Giovanni B., anni 53Giannullo Antonio lerace Anna, anni 21 lovine Giuseppe, anni 55 Longobardi Pietro, anni 25 Lupacchini Raffaele, anni 29 Manzella Michele, anni 46 Palatucci Umberto, anni 8 persona non identificata A persona non identificata B Renzo Giuseppe, anni 59 Santaniello Luigi, anni 21 Satumino Agostino Spinetti Dario, anni 38.
Militari Baffigo Domenico, capitano di corvetta Di Maio Alberto, carabiniere, anni 25 Molino Ugolino, tenente Olivieri Giuseppe, colonnello Ripamonti Mario, capitano
2021
Fincantieri, accordo per la Corderia militare di Castellammare con l'Agenzia industrie difesa.
Rilanciata la collaborazione tra le due storiche fabbriche confinanti: lo stabilimento di cordami e il cantiere navale.
Il Cantiere Navale di Castellammare di Stabia, fondato nel 1783, è la più antica industria italiana, nonché il più antico e longevo Cantiere Navale d’Italia: ancora oggi costituisce un tassello importante nell'economia stabiese. Sempre all'avanguardia nell'utilizzo delle nuove tecnologie sviluppatesi nel corso degli anni, il cantiere ha visto la nascita di numerose navi di diversa tipologia tra cui navi da guerra e da trasporto merci o passeggeri: insieme a quelli di Ancona e Palermo, è attualmente riservato alla costruzione di navi da trasporto. Tra le navi più importanti varate nel cantiere stabiese troviamo prima su tutte l’Amerigo Vespucci, nave scuola della Marina Militare, le 3 Caio Duilio, la Vittorio Veneto, fino ai più recenti traghetti Cruise Roma e Cruise Barcelona, i più grandi del Mediterraneo.
Va ricordato anche il completamento del batiscafo TRIESTE di Auguste Piccard.
Lo Stabilimento militare Produzione cordami di Castellamare di Stabia, fondata da re Ferdinando IV di Napoli nel 1796, è la corderia italiana di più lunga tradizione ancora in attività.
In FRANCIA
La grande Corderie Royale a Rochefort voluta nel 1666 da Jean Baptiste Colbert e progettata da François Blondel, venendo terminata nel 1669, è ora un vasto complesso museale nel cuore dell'Arsenale Marittimo.
Nel REGNO UNITO
La Victorian Ropery (Corderia Vittoriana) presso il Cantiere Navale di Chattam è rimasta l'unica delle quattro della Royal Navy ad essere ancora in attività.
Carlo GATTI
Rapallo, Giovedì 7 Ottobre 2021
IL PRIMATO DELLA MOTONAVE ROMAGNA
IL PRIMATO DELLA MOTONAVE ROMAGNA
La M/n ROMAGNA (nella foto) fu la prima nave italiana su cui fu installato il motore Diesel. Contemporanea dell'olandese Vulcanus, precedette la più famosa MS Selandia. Fu costruita nel 1911 dai Cantieri Navali Riuniti di Ancona per la Società Romagnola di Navigazione di Ravenna.
1911: viene varata la MS SELANDIA (nella foto), è la più grande nave transoceanica equipaggiata di motore diesel fino ad allora, il suo viaggio inaugurale nel 1912 ha risonanza mondiale.
L’apparato motore della M/n ROMAGNA era composto di due motori Diesel a due tempi reversibili da otto cilindri a 35 atm della Fratelli Sulzer, Winterthur, Svizzera. Effettuava il servizio tra Ravenna, Trieste e Fiume ma pochi mesi dal suo varo, il 23 novembre 1911 naufragò vicino alla Isole Brioni per uno spostamento del carico durante una tempesta morirono sessanta persone, si salvano solo otto marinai e due passeggeri.
Parentesi storica:
MOTORE DIESEL NAVALE
· 1903: prima applicazione su un'imbarcazione, il battello francese "Petit Pierre", operante nel canale Marna-Reno
· 1904: il francese Aigrette è il primo sottomarino ad utilizzare un motore Diesel per la navigazione di superficie ed elettrico in immersione
· 1909: l'ingegnere tedesco di origine libanese Prosper L’Orange, in forza alla Benz & Cie, brevetta la precamera di combustione (DPR 230517 del 14 marzo 1909)
· 1910: un motore ausiliario Diesel viene installato sul veliero FRAM utilizzato per la Sopedizione Amundsen in Antartide
· 1910: vengono varate il cargo italiano MN Romagna con motore Sulzer, affondato nel 1911, e la nave cisterna olandese "Vulcanus" con motore Werkspoor, rimasta in servizio fino al 1932
Il motore Diesel è stato usato inizialmente per i mezzi d'opera, esteso poi ai mezzi industriali e infine, nel terzo millennio con la sua continua evoluzione, sta sempre più dominando il mercato dell'automobile
M/N ROMAGNA
CARATTERISTICHE
Motonave mercantile italiana varata nel 1911, è affondata nello stesso anno il 24 novembre, a causa dello spostamento del carico durante una tempesta.
Tipo: motonave - Anno costruzione: 1911 - Cantiere: Cantieri Navali Riuniti – Ancona
Dimensioni: 57.63 x 8.03 x 3.06 m. - Stazza: 677 t. - Motore: diesel Fratelli Sultzer – Wenterthur – Svizzera - Armatore: Società Romagnola di Navigazione di Ravenna
Porto di armamento: Ancona - Data affondamento: 24 novembre 1911
Causa affondamento: Spostamento del carico causa tempesta
Note storiche: 60 vittime, si salvano solo 2 passeggeri su 49 e 8 membri dell’equipaggio su 20 (se ne sono infischiati dei passeggeri e se la sono filata). Causa la forte libecciata il carico di riso in balle si sposta sfondando dei divisori. La nave si inclina fino a che il mare entra dal camino.
I passeggeri muoiono come topi, si salva solo uno con il figlio di 5 anni che si butta a mare con un salvagente e poi viene raccolto da una lancia con i marinai che se la erano filata…
Il relitto è ricoperto da reti.
BREVE STORIA DELLA:
MEDITERRANEA DI NAVIGAZIONE S.P.A.
M/N ROMAGNA
La Compagnia è stata fondata nel 1908 con la creazione di un collegamento marittimo tra Ravenna / Cherso / Fiume / Trieste, impiegando sia navi passeggeri che navi cargo (la "Ravenna", la "Candiano" e la "Romagna"). La "Romagna" è stata la prima nave in Europa – e forse nel mondo – a passare dal motore a vapore al motore a propulsione diesel, impiegando un motore costruito dalla società svizzera Sulzer. La Compagnia aveva inoltre alcune navi per il trasporto di legname dalla Yugoslavia all’Italia.
Durante il periodo fascista, la compagnia di navigazione fu nazionalizzata. La direzione dell’attività, tuttavia, rimase nelle mani della nostra compagnia fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quando tutte le attività di navigazione cessarono.
Nel 1960, uscita dal controllo statale, la Compagnia è stata rifondata e ha costruito una piccola petroliera, che fu denominata "RAVENNA" a ricordo del vecchio piroscafo.
Dal 1963, il lento e costante sviluppo nel settore petrolifero ha portato alla fondazione di una compagnia di navigazione dotata di una moderna flotta di 10 navi per il trasporto di prodotti petroliferi, chimici e gas. Le navi, tra le 3000 e 35.000 DWT sono gestite dagli uffici commerciali e operativi di Ravenna. La continuità e la lealtà dell'azienda hanno portato alla sua crescita progressiva e di successo.
N.B. – Il 20 Aprile 2021, nell’articolo: I RELITTI DEL PORTO DI CAGLIARI, ci siamo occupati di un’altra cisterna armata denominata ROMAGNA di 1.416 tons. Che affondò il 2 Agosto 1943 dopo aver urtato una mina.
Carlo GATTI
Rapallo, Agosto 2021
L'ODISSEA DI UN COMANDANTE ITALIANO MORTO DI COVID
L'ODISSEA DEL COMANDANTE ITALIANO
ANGELO CAPURRO MORTO DI COVID
Il 25 Giugno “Giornata mondiale del Marittimo”
1.600.000 MARITTIMI
A bordo di 60.000 navi
Sono in navigazione in questo momento al servizio dell’umanità intera. Non si sono mai fermati, anche quando a terra il COVID-19 aveva paralizzato tutte le altre attività lavorative e commerciali del mondo.
80% della merce mondiale
VIAGGIA VIA MARE
NON DIMENTICHIAMO MAI IL SACRIFICIO
DELLA GENTE DI MARE!
“Proprio oggi ho visto questo dipinto per strada e mi ha fatto pensare ai tanti bimbi come noi quando sognavamo il ritorno a casa di papà ”.
Selene CATENA-Ortona
- Pensate a quanti poveri marittimi non hanno visto crescere i propri figli!
- Pensate a quanti marittimi sono morti durante il COVID-19, sbarcati ovunque e rimpatriati dopo mesi e mesi in una cassa, nel più profondo silenzio ed oblio generale.
Il passaggio del canale di Panama della ITAL LIBERA quando era al comando di Angelo CAPURRO
Cogliamo la ricorrenza:
Del 25 Giugno “Giornata mondiale del Marittimo”
Per riprendere due articoli pubblicati dal SECOLO XIX in data:
27 MAGGIO 2021 - 17 APRILE 2021
M/N ITAL LIBERA
La salma del comandante Angelo Capurro tornerà in Italia a bordo della nave di cui aveva il Comando quando era in vita.
IL COMANDANTE ANGELO CAPURRO
Hanno negato lo sbarco Singapore, Indonesia, Malesia, Filippine, Taiwan, Vietnam. È stata verificata anche la possibilità di uno sbarco in Sud Africa.
Primo Articolo:
l.IVANI - T. IVANI
27 MAGGIO 2021
La Spezia – Mentre la Procura della Spezia continua gli accertamenti sui documenti acquisiti dalle autorità internazionali a bordo della Ital Libera, dall'Indonesia giunge la notizia che la salma del comandante Angelo Capurro tornerà in Italia entro la fine di giugno. I porti asiatici interpellati per far sbarcare il corpo del marittimo non hanno mai dato il nulla osta.
Marittimo spezzino muore di Covid a Singapore, la disperazione della moglie: “Non l’hanno curato”
Angelo Andrea Capurro, 62 anni a maggio, era una Comandante di lungo corso sulle navi cargo/portacontainers.
"L’Italia deve sapere cosa è successo”.
Secondo Articolo
Tiziano IVANI
17 APRILE 2021
La Spezia – «Oggi parlo perché l’Italia intera sappia come vivono e come muoiono gli uomini che con sacrificio cercano di fare il meglio per le loro famiglie». Patricia trattiene le lacrime, anche se è difficile, quasi impossibile, di fronte a una simile tragedia.
Suo marito era Angelo Andrea Capurro, 62 anni a maggio, comandante di lungo corso sulle navi cargo che hanno solcato i mari di tutto il pianeta. È un’altra vittima del Covid-19, dentro una storia di sofferenza che ha dell’incredibile. Angelo è morto da giorni, ormai, ma la sua famiglia - moglie e figli - è ancora lontana da lui e chissà per quanto sarà così. Angelo si trova al largo di Singapore, la compagnia per cui lavorava sta cercando una soluzione per sbarcare la salma e farla tornare in Italia in aereo, ma non è semplice.
Era partito a metà marzo, anche se si trovava in condizioni fisiche a dir poco precarie: «Era immunodepresso, aveva diabete, ipertensione, problemi cardiaci - spiega la moglie - ma voleva continuare a navigare perché era l’unico sostegno economico per noi, per la sua famiglia. Ci sono due figli in gamba, entrambi laureati, ma attualmente sono senza lavoro».
La questione economica è centrale in questa vicenda. Sulle spalle di Angelo c’erano tutti i suoi cari, una famiglia che nell’ultimo periodo aveva già dovuto affrontare tante difficoltà. «Il nostro appartamento, in scalinata Quintino Sella, era stato danneggiato nell’incendio scoppiato il 25 dicembre scorso, siamo stati sfollati per più di un mese», racconta la moglie. La famiglia di Angelo ora chiede aiuto, lo chiede all’autorità italiane, ma anche alla compagnia marittima. Vuole omaggiare l’uomo e vuole che venga fatta giustizia. In tal senso, vale la pena ripercorrere la sequenza che ha portato alla tragedia.
«Secondo noi qualcuno ha commesso degli errori - attacca Patricia - Angelo è stato convocato il 25 marzo nella sede dell’azienda per regolare una questione burocratica sul suo libretto e fare il tampone (esito negativo, ndr)». Il 27 marzo, alle 6.30, era già all’aeroporto di Roma Fiumicino per imbarcarsi su un volo diretto a Doha. «Il calvario è iniziato da lì - precisa Patricia - dopo una notte in piedi, perché non c’era abbastanza posto per riposarsi, è salito su un altro aereo con destinazione Johannesburg e, una volta arrivato lì, ha preso un terzo volo per un’altra città sudafricana, Durban. Il 28 marzo si è imbarcato. Gli hanno fatto un test rapido, che ritengo inaffidabile. La nave è salpata il primo aprile e il giorno dopo ha avuto i primi sintomi: tosse, dolore al petto, faticava a respirare. Ho scoperto che non c’era un medico a bordo, così ho chiamato il nostro, il dottor Davide Barletta, che ha provato a curare Angelo a distanza. Non ce l’ha fatta. È morto così il mio amore, non hanno chiamato neppure i soccorsi, nell’Oceano indiano c’è pieno di navi militari per supportare i mercantili contro la pirateria». —
Abbiamo colto un solo commento che per la sua semplicità e spontaneità rappresenta il pensiero comune di chi soltanto in occasioni tristi o addirittura tragiche sente parlare della GENTE DI MARE:
“Questo è il tragico destino di tanti uomini e donne di mare, al di là del covid. Dovremmo ricordarci di loro non solo quando capitano delle tragedie. Un pensiero affettuoso alla famiglia del Comandante”.
IL DIRETTIVO DI MARE NOSTRUM
Il 25 giugno è stato dichiarato dall’International Maritime Organization (imo) “Giornata mondiale del Marittimo”. Con la risoluzione 19 adottata alla conferenza diplomatica di Manila nel giugno 2010 si è voluto esprimere apprezzamento e gratitudine alla gente di mare proveniente da ogni parte del mondo per il fondamentale contributo al commercio marittimo internazionale, all’economia mondiale ed alla società civile.
Campagna 2021 – Futuro equo per i marittimi
Sulla scia della pandemia di COVID-19, i marittimi si sono trovati sia in prima linea nella risposta globale che soggetti a difficili condizioni di lavoro legate a incertezze e difficoltà relative all’accesso al porto, al rifornimento, al cambio dell’equipaggio, al rimpatrio, ecc.
Alla luce di ciò, la campagna 2020 Day of the Seafarer ha focalizzato il suo messaggio nell’esortare i governi a riconoscere i marittimi come lavoratori chiave e ad alleviare le restrizioni di viaggio per facilitare i cambi di equipaggio.
La campagna 2021 Day of the Seafarer continuerà a incoraggiare i governi a sostenere i marittimi in mezzo alla pandemia, ma amplierà il suo messaggio, chiedendo un futuro equo per i marittimi.
La campagna discuterà questioni che saranno ancora rilevanti per i marittimi dopo la pandemia, come trattamento equo dei marittimi, condizioni di lavoro eque (in linea con la Convenzione sul lavoro marittimo dell’ILO ), formazione equa, sicurezza equa, ecc.
Centinaia di migliaia di marittimi stanno ancora lavorando in mare oltre il tempo stabilito e altrettanti stanno affrontando difficoltà finanziarie, nel disperato tentativo di alleviare l’equipaggio delle navi e ricominciare a guadagnare.
Carlo GATTI
Rapallo, Agosto 2021
GIUSEPPE FERRARI - UNA VITA DEDICATA AL MARE
GIUSEPPE FERRARI
Camogli: 1918-2011
UNA VITA DEDICATA AL MARE
Nella piccola città di Camogli, cuore della marineria VELICA italiana del passato, Giuseppe (Giò) FERRARI (nella foto) era conosciuto per essere il figlio del celebre Giò Bono FERRARI (1882-1938), fondatore del Museo Marinaro di Camogli.
Sono passati esattamente dieci anni dalla scomparsa del Comandante Giuseppe (Giò) FERRARI.
Quando lo conobbi aveva 86 anni, era il 2004 e frequentava ogni giorno la sede dell’antica Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli. Un vero covo di “lupi di mare” dove ogni giorno si davano appuntamento nel “quadrato Ufficiali” della sede, intorno ad un largo e pesante tavolo di legno pregiato, cui facevano da cornice decine di cimeli e quadri di velieri famosi.
In questo “liturgico cenobio marinaro” ricco di mare antico, i soci davano vita a ricordi di mare, di navi e di personaggi che solo loro avevano conosciuto sulle navi e nei porti. Storie vere di quando gli imbarchi erano infinitamente lunghi, la tecnologia era ancora sotto l’orizzonte e le guerre macchiavano i mari di rosso sangue.
Quella sede mi ricordava, nella mia fantasia, una UNIVERSITA’ del Mare, i cui docenti erano semidei sopravvissuti a tempeste, siluramenti, bombardamenti, affondamenti e pericoli di ogni genere. E pensavo tra me: quanta modestia, quanti esempi di sofferenza, quanta umiltà, quanta pace, prosperità e quanti insegnamenti ci hanno regalato questi miti uomini di mare che ci hanno preceduti! Siamo stati noi? E saranno i nostri figli e nipoti DEGNI di loro? Non ho questa sensazione! Anche perché nei Ministeri di Roma non ci sono, ormai da troppi anni, i più competenti, i più esperti di cose di mare nella nostra nazione; a nessun politico viene in mente di attingere gli uomini giusti negli ambienti giusti che per loro neppure esistono!
In quel contesto molto speciale noi, da poco “retired” dal lavoro, ci sentivamo privilegiati e quasi in colpa per essere stati soltanto sfiorati dalla guerra ed avevamo goduto dei vantaggi del RADAR, della GIROBUSSOLA e di macchine potenti e veloci che ci avevano sempre spinto fuori dall’occhio del ciclone.
Da pensionati un po’ distaccati nel tempo, Giò Ferrari ed io spesso ci appartavamo per rievocare le nostre storie private e ben presto ci sentimmo legati da quel filo d’amicizia invisibile che corre sulle onde del mare ed unisce i vivi e i morti di ogni epoca. La sua persona trasmetteva serenità e amore per tutto quanto facesse parte di quel mondo “salato” che scoprii in quei giorni quanto esso coincidesse con il mio: storia, fotografie di navi e di uomini di mare, opere di fotografi e pittori di marina anche sconosciuti, ma che coglievano l’anima di quella nave un po’ sbandata, sporca e molto stanca, ripresa in porti lontani, freddi, fumosi di carbone e di nebbie.
La sua memoria lucida e orgogliosamente “matematica” forniva dati e date che davano ai suoi racconti la cronologia necessaria per capire esattamente la storia che aveva vissuto. Ero sempre più sorpreso! Il suo cervello era un’infallibile macchina del tempo
Mi ci vollero diversi incontri, ma in seguito capii i suoi trucchi mnemonici che erano semplicemente legati all’abitudine di scrivere e descrivere i suoi imbarchi usando pochissime parole e tanti numeri: dei veri “rapporti di viaggio” che solo altri Ufficiali Superiori potevano decifrare e comprendere.
In poche parole, il Comandante, fin dall’inizio della sua lunga carriera, aveva preso l’abitudine di scrivere giornalmente una specie di “Diario Nautico personale”. Ma le parole erano sempre poche! Per lui contavano le date che scandivano la SUA NAVIGAZIONE e poi tanti numeri: nome della Nave, data, punto nave, rotte varie, miglia nautiche dalla partenza, miglia percorse nelle ultime 24 ore, velocità giornaliera, velocità generale come vedrete tra poco da alcune foto che ho scattato.
Dal primo giorno di navigazione fino all’ultimo della sua carriera sul mare… tutto risulta certificato, compreso il suo periodo come Ufficiale della Marina Militare durante la Seconda guerra mondiale quando rischiò la vita sui sommergibili.
Buona parte di questo materiale emerse, almeno per me, quando il Comandante Ferrari mi raccontò di aver fatto parte di una Avventura Postbellica in cui fu coinvolto e che io giudicai degna di essere raccontata e da lui testimoniata nei dettagli, per essere tramandata ai posteri. Si trattò di riportare alla luce alcune pagine di vera STORIA che intitolai, sotto forma d’intervista a Giò Ferrari:
LA SECONDA SPEDIZIONE DEI MILLE
UN PO’ DI STORIA…
Alla fine della guerra, gli Stati Uniti si ritrovarono con una flotta mercantile che, in tonnellaggio, era quasi sei volte maggiore dell’anteguerra. Questo, da una parte, concretizzò lo storico sorpasso tra le potenze marittime: nel 1939 la Gran Bretagna dominava lo shipping mondiale, con un terzo del tonnellaggio, ma nel ’46 gli USA ne controllavano il 46%Dall’altra, si dovette smobilitare un enorme surplus di navi ormai in disarmo e ormeggiate in rade e foci fluviali. Le più moderne Victory rimasero quasi tutte in servizio, mentre circa la metà delle Liberty venne venduta a condizioni di favore agli armatori dei paesi alleati, in base alle perdite subite e nell’ambito del piano Marshall. Il prezzo medio di ogni Liberty si aggirava sui 225.000 dollari, circa un decimo rispetto al costo di fabbricazione sostenuto pochi anni prima. Oltre cinquecento finirono nelle mani di armatori greci, prima base per la costruzione di enormi fortune personali (Aristotele Onassis, Stavros Niarchos sugli altri). 162 Liberty passarono sotto bandiera italiana, grazie agli anticipi (un quarto in contanti) e alla garanzia finanziaria (tre quarti in 20 anni al 3,5%) del governo italiano. Ribattezzate e talvolta tecnicamente modificate, navigheranno mediamente per altri vent’anni per le grandi compagnie (Achille Lauro, Costa, Ravano, Grimaldi, Bottiglieri, D’Amico ecc.) della ricostituita marina mercantile italiana.
Pubblicai quell’articolo sul sito di MARE NOSTRUM RAPALLO, ed anche in cartaceo sulla Pubblicazione Annuale della stessa Associazione. Quella rievocazione storica fu molto gradita dal Comandante Ferrari il quale, forse, si rese ancor più consapevole che la sua partecipazione alla Seconda Spedizione dei Mille contribuì alla RINASCITA DELLA FLOTTA MERCANTILE ITALIANA e alla RIPRESA dei Trasporti Commerciali Internazionali che in quel momento diedero tanta speranza al nostro popolo uscito a pezzi dalla guerra.
Passò poco tempo e fui invitato dal Comandante per un caffè nella sua villa non lontana dal glorioso Istituto Nautico di Camogli. Mi accolse con un grande album tra le mani e disse: “Ho intitolato ARTE E MARE questo album di disegni, fotografie, schizzi e foto. Io sono ormai arrivato in porto e so che consegnandolo a lei navigherà per sempre!”
Accettai commosso quell’inatteso regalo e dissi: “Comandante, lo accetto molto volentieri, lo considero con onore un passaggio di consegne e, come collezionista di foto di navi, ne ho molte di Arte e Mare, anzi, creerò un album simile a questo ma che riguarderà “soggetti” della mia generazione, e lo chiamerò ARTE E MARE – Parte seconda.
L’ALBUM che mi è stato regalato è composto di:
73 pagine
322 fotografie di dipinti e arte varia legate ad Atmosfere particolari di bordo.
HO SCELTO PER VOI ALCUNE FOTO DELL’ALBUM REGALO
ARTE E MARE
IL SEGUENTE REGISTRO E’ COMPOSTO DI 21 PAGINE. CONTIENE E CERTIFICA L’ATTIVITA’ SVOLTA DAL COMANDANTE FERRARI NELLA SUA ATTIVITA’ DI MARITTIMO.
Ho fotografato le più significative
L’EPILOGO
Riporto un contributo del Comandante Pro Schiaffino
Il giorno 29 luglio 2011 è mancato il Comandante Giuseppe (Giò) Ferrari figlio del Fondatore del Civico Museo Marinaro Giò Bono Ferrari, di anni 93, figura emblematica della Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli. Iniziò la Sua carriera come Ufficiale della Marina Militare Italiana imbarcato sui nostri sommergibili per tutta la durata della Guerra 1940/43.
Passò poi come Ufficiale alla nostra Marina Mercantile, raggiungendo il grado di apprezzato Comandante sempre sulle navi della Flotta Lauro. Terminò come stimato Dirigente addetto, tra l’altro, alla preparazione degli itinerari delle navi da Crociera della Lauro in tutti i mari del mondo. Pensiamo sia importante riportare le Sue “Curiosità attinenti alla nostra Professione”, da Lui preparato per il libro della nostra Società “Un secolo di Mare”. Noi tutti, uomini di Mare di Camogli ci inchiniamo commossi alla Sua Figura recitando a Suo ricordo una prece.
Pro Schiaffino
Riporto anche il seguente articolo del LEVANTE NEWS
E’ morto a Camogli il comandante Giuseppe Ferrari, aveva compiuto 93 anni il 19 luglio scorso; a dicembre avrebbe festeggiato i 70 anni di matrimonio con Ortensia Razeto (nella foto). Una storia d’amore lunghissima la loro, mai affievolita; basti pensare che ancora in questi ultimi giorni facevano tenerezza, vedendoli mano nella mano come due fidanzatini.
Per loro fu galeotta la messa di mezzanotte del Natale 1935, quando, poco più che adolescenti, si erano lanciati occhiate furtive, ma non troppo. Del resto le occasioni di incontro, all’epoca, erano spesso costituite da feste religiose. Pochi giorni dopo, il 13 gennaio 1936, si erano conosciuti e giurati eterno amore; promessa confermata il 27 dicembre 1941, giorno delle nozze nella stessa chiesa, la parrocchia di Santa Maria Assunta a Camogli, dove Cupido li aveva fatti incontrare. Subito dopo essersi detti sì, Ortensia Razeto e Giuseppe Ferrari si erano recati con i testimoni ed i parenti stretti a festeggiare l’evento con il pranzo di rito al “Pesce d’Oro” (oggi “Casmona”).
Poi il periodo più brutto: quello dall’8 settembre 1943, quando la flotta fu trasferita dal Nord al Sud per sottrarla ai tedeschi, fino all’estate del 1946. Ferrari con il suo sommergibile partì improvvisamente da Pola e non fu più in grado di dare o ricevere notizie della famiglia; né la moglie, che aveva dato alla luce il primogenito Gianni era riuscita ad avere notizie di lui vivendo giorni, settimane, mesi ed anni da incubo; il tutto ricordato in un interessante diario scritto giorno dopo giorno. Soltanto a guerra finita Giuseppe raggiunse Genova e da qui, via mare da Nervi perchè l’Aurelia e la ferrovia erano interrotte, Camogli riabbracciando finalmente la moglie.
Giuseppe Ferrari, diplomato all’Istituto Nautico di Camogli, dopo la guerra vissuta nei sommergibili, aveva fatto carriera nella flotta “Lauro” di cui era poi diventato dirigente, Era figlio di un personaggio, quel Gio Bono autore del volume “La città dei mille bianchi velieri”, ideatore del museo marinaro cittadino a lui dedicato, così come gli è stata dedicata una via cittadina. Anche il comandante Giuseppe ha scritto un libro: la sua biografia, inedita, che aveva deciso di lasciare in eredità al museo il giorno in cui, speriamo il più lontano possibile, raggiungerà il genitore. Il volume parla della sua gioventù: quando era studente; primi imbarchi su navi mercantili; l’arruolamento in Marina Militare come sommergibilista; la vita professionale e quella familiare.
I funerali di Giuseppe Ferrari si svolgeranno lunedì alle 15.30 ‘presso il Santuario del Boschetto; domenica alle 18.45 il rosario sarà recitato nell’Oratorio della Madonna Addolorata al Boschetto dove sarà allestita la camera ardente. Oltre la moglie Ortensia, lo piangono i figli Gianni e Anna.
ALCUNE NOTE SU GIO’ BONO FERRARI
Nato a Camogli (Genova) nel 1882, morto nel 1942
Giò Bono Ferrari (nella foto) è stato il punto di riferimento per almeno tre generazioni di studiosi della marineria ligure; storici che si passano tuttora il testimone nel raccontare le numerose imprese compiute dagli Armamenti camoglini, dei suoi Capitani ed equipaggi locali che solcarono a vela i “sevenseas” scrivendo la storia italiana sul mare, e non solo.
Le accuratissime ricerche effettuate da Giò Bono ci parlano ancora oggi di una vita molto laboriosa trascorsa non solo nelle biblioteche pubbliche e private di armatori e armamenti di tutta la Liguria, ma vissuta pienamente anche nella ricerca del dialogo diretto con gli attori e protagonisti della Camogli marinara e, per la verità, con studi e ricerche estese anche a Capitani ed Armenti di tutto il comprensorio rivierasco.
Carlo GATTI
A cura della Società Capitani e Macchinisti di Camogli
L'emigrazione estrema, la volontà di affermazione personale, la ricerca dell'impresa economica, i conti con la guerra, la solidità dei valori familiari, la cura degli affetti, i lutti sempre incombenti. In una sola vita, quella di Gio Bono Ferrari, il vissuto generazionale di milioni di italiani tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento. A tre anni è a Buenos Aires in Argentina con il padre emigrato e la madre, della quale resta subito orfano a causa di una terribile epidemia: il morbo nero del vaiolo. Torna in Italia dai nonni, frequenta le scuole e quando compie dodici anni attraversa di nuovo l'oceano. Solo. Feci il viaggio in 3° classe, fra i poveri emigranti che espatriavano in cerca di pane e di fortuna. Mi sentivo tanto a disagio! E so, rammento, di aver sofferto tanto! Mi trovai in mezzo al Babbo, alla mia seconda Madre. Mi fecero festa, ma io sentivo il mio piccolo cuore chiuso. Mi sembrava di essere un estraneo. Il tempo normalizza i rapporti, Gio Bono va per tre anni a scuola serale per diplomarsi contabile e lavora nel negozio del padre, fin quando questi non decide di rientrare in Italia e non gli propone di rilevare l'attività. Rifiuto. Volevo far vedere a tutti che ero buono e capace di crearmi una posizione indipendente. È il 1904. Così li lasciai partire. Stetti sul molo fino a che il vapore non si dileguò nella bruma acquosa del Rio de la Plata. Poi mi chiusi il cuore ben bene stretto nel petto e mi dissi: a lavorare. A lavorare come impiegato in una Casa di Commercio nel Chaco. In una zona rurale, ostile. Mi trovavo in un deserto. Nessuna bellezza. Nessuna comodità. Pianure sconfinate. Terre vergini ovunque. Tipi di pastori, di gauchos, di cavallari, brutti, tutti armati fino ai denti, sempre disposti a darsi delle coltellate per un qualsiasi nonnulla. Nessuna persona con la quale poter passabilmente passare quattro parole. E non un bel visino di ragazza. Gio Bono fa ricorso alla caparbietà e ai suoi 22 anni, arriva al successo nel lavoro, mentre per l'amore deve aspettare un lungo viaggio in Italia, anni dopo, durante il quale incontra la futura moglie Ninuya. Quando decide di sposarsi, lo scoppio della Prima guerra mondiale lo costringe a rinviare i suoi piani. Decide di presentarsi volontario. Bisognava prima fare il soldato, compiere il proprio dovere verso la patria. Poi, a pace avvenuta, se Iddio lo permetteva, il matrimonio. Il racconto dell'esperienza bellica è un lungo flusso di coscienza, sequenza impressionistica di ricordi e di dolore. La colonna dei richiamati in marcia per le vie di Genova. Le scene pietose: il modesto maestro di scuola accompagnato fino alla stazione dalla moglie e dai tre piccoli figliuoli piangenti. Poveri bimbi. Il rondone notturno lungo le rive del Tanaro, ove si nascondevano dei disertori, spalleggiati dai vecchi contadini. Le fucilate e gli spari contro di noi, a tradimento. La guardia ai prigionieri austriaci ammutinati. La loro disgraziata sporcizia. I racconti dello slovacco Raducovicht. La nostalgia dei suoi bimbi. I casi pietosi che si vedono al Distretto. Le mogli e le madri che si presentano con i “telespressi” chiamate dalle Direzioni degli Ospedali Militari per andare ad assistere gli ultimi momenti dei loro cari. La Madre vedova in cerca del figlio sperduto dopo la presa di Gorizia. La sposa con tre piccoli bambini in cerca del sussidio. Il calcio di un cavallo lo manda all'ospedale con le costole in frantumi, ma Giò Bono riesce a vedere la fine del conflitto, a gioire per la nascita di due figli e a piangere per la scomparsa prematura di altri due. Fino alla morte lavora come perito nel settore agricolo e si dedica alla scrittura di libri, di successo, di storia marinara.
CARLO GATTI
Rapallo, Sabato 21 Agosto
E’ MANCATO IL COM.TE PILOTA ALDO BAFFO
IL 28 MAGGIO 2021
E’ MANCATO IL COMANDANTE
ALDO BAFFO
Fu un attento “guardiano” del Porto di Genova
Queste furono le sue Torre Piloti per 32 anni
Lo scrittore e uomo di mare J.Conrad, definì il pilota: “trustworthiness personified”, ovvero l’attendibilità in persona. Questo è stato il comandante Aldo Baffo, l’ideale di Pilota per ogni Comandante di nave in arrivo ed in partenza dal porto di Genova.
Da sinistra Ottavio LANZOLA, Aldo BAFFO, Giuseppe LONGO, Aldo CAVALLINI, Adriano MACCARIO. Cinque Capi Pilota che dai primi Anni ’70 guidarono il Corpo Piloti di Genova fino alla soglia del nuovo millennio. I successivi C.P. furono: Oreste BOZZO, Giovanni LETTICH, John GATTI. L’attuale é Danilo Irace FABBRICATORE.
Aldo BAFFO era uomo affidabile, di poche parole e sempre pronto a ormeggiare navi di ogni tipo e grandezza con qualsiasi tempo. Un uomo che viveva il suo essere “marinaio genovese di vecchio stampo” anche dalla sua abitazione di via Amendola sopra l’imboccatura del Porto.
Aldo non staccava mai … era sempre pronto ad intervenire in caso di necessità. Il porto era per lui la proiezione di quel mondo che ogni giorno cambia volto e dà assistenza alle navi di qualsiasi bandiera in quella nota atmosfera “familiare e comune alla gente di mare” che vede nel porto un piacevole stacco, una pausa dopo gli affanni della traversata.
A volte quello stesso porto cambia umore e personalità, per cui diventa imprevedibile sotto i colpi del furioso libeccio e le paurose mareggiate, quando il lavoro del Pilota diventa pericoloso nel salire e scendere dalle biscagline, quando le navi prendono fuoco in porto e occorre allontanarle dalle altre navi, e ancora quando nell’anfiteatro portuale vanno in scena tragiche operazioni di salvataggio e il coraggio individuale diventa necessità, abnegazione e da quel momento il Pilota sa che tocca a lui agire sotto lo sguardo dell’intera città.
A questo punto, il nostro pensiero corre a quella terribile giornata che vide i Piloti del Porto di Genova coinvolti nel crudele destino della nave inglese LONDON VALOUR che andò a sfracellarsi con il suo equipaggio contro la diga Duca di Galliera in quel famigerato il 9 Aprile 1970.
La London Valour in agonia sugli scogli della diga. La parte poppiera é già affondata. In questa drammatica istantanea si notano alcuni membri dell’equipaggio assiepati sulla “normale” della nave in cerca di salvezza. L’imbarcazione dei piloti Teti, a sinistra, affronta il mare in posizione quasi verticale sulla cresta dell’onda.
Sulla pilotina TETI condotta da Momo Fanciulli c’era anche Aldo Baffo che lottò per ben 6 ore contro onde alte 10 metri per recuperare i corpi di quei poveri marinai indiani che si lanciavano in mare per non morire tra gli scogli della diga.
Scrissi a suo tempo:
Sul posto arrivarono i piloti portuali, rimorchiatori e motovedette della Capitaneria, dei Carabinieri, della Finanza e della Polizia, Alle 14.45 i Vigili del Fuoco misero in funzione un va e vieni, vale a dire una doppia cima di nylon tesa tra la diga e il ponte di comando, sulla quale scorreva una carrucola munita di cintura a braga per consentire il salvataggio di un naufrago per volta.
La nave si spaccò in due tronconi e i membri dell'equipaggio si trovarono divisi in due gruppi, tutti muniti di giubbotto salvagente. Dorothy, la moglie del comandante Edward Muir, fu sbalzata dall’imbragatura e precipitò tra gli scogli spazzati dalle onde, sotto gli occhi del marito, nonostante i tentativi di salvataggio di un Vigile del Fuoco che si tuffò invano più volte. I depositi di nafta cedettero e il combustibile, nero e denso come catrame, si sparse in mare e avviluppò i naufraghi caduti in acqua. Tra questi, il comandante del mercantile, che rifiutò l'aiuto di un soccorritore, si slacciò il giubbotto e si lasciò andare.
Volteggiava sulla scena del disastro, sfidando la bufera, il leggendario elicottero dell'ardimentoso capitano Enrico, eroe dei Vigili del Fuoco, che poco tempo dopo non sarebbe rientrato da un'ennesima operazione di salvataggio.
Tra i protagonisti di quella terribile giornata ci furono 3 PILOTI del Porto
A seguito di questi fatti furono concesse:
LE MEDAGLIE DI “BENEMERENZA MARINARA”
al pilota Giovanni Santagata (Corpo Piloti-Porto): Argento
al pilota Aldo Baffo (Corpo Piloti): Argento
al pilota Giuseppe Fioretti (Corpo Piloti-Porto): Bronzo
Nel disastro perirono 22 persone. Furono salvati 38 membri dell’equipaggio: i più coraggiosi, coloro che si tuffarono in mare e furono spinti dalle onde tra le braccia dei soccorritori che si erano appostati un po’ ovunque, in quelle acque vorticose, schiumose ed impazzite.
Nonostante la mobilitazione dei soccorsi in mare e a terra, le vittime furono 22 e la nave andò perduta. Dopo un anno d’inutili studi e progetti andati in fumo, il relitto fu rimorchiato al largo da due rimorchiatori d’altomare al comando dello scrivente.
La London Valour non raggiunse la Fossa delle Baleari, ma affondò per la seconda volta, sotto i colpi di una violenta burrasca a 90 miglia a sud di Genova, su un fondale di 2640 metri.
La ruota del timone fu donata all'Ospedale San Martino che aveva assistito i superstiti.
La campana è oggi conservata presso la Chiesa Anglicana di Genova.
La bandiera è stata consegnata alla Capitaneria di Porto.
Fu una tragedia inverosimile, a poche bracciate dalla costa, sotto gli occhi attoniti della città impotente.
Nei giorni successivi, gli stessi media Inglesi definirono eroico il comportamento dei soccorritori genovesi che intervennero in quelle drammatiche operazioni di salvataggio.
Aldo diceva: il nostro è un lavoro che s’impara solo in minima parte sui libri. La scuola di pilotaggio, per ogni porto, getta le sue fondamenta nella notte dei tempi. Ogni pilota è figlio della generazione precedente di manovratori. Un’arte che si evolve, cresce e cambia adattandosi all’evoluzione tecnologica delle navi, ma i segreti di come affrontare i venti, le correnti, ogni tipo di nave e la psicologia dei Comandanti in manovra, s’imparano dai vecchi piloti che ti “formano”, giorno dopo giorno, consigliandoti per i primi quattro anni di carriera costruita con tante “sudate fredde”….
Aldo BAFFO, come tanti di noi, suoi Allievi e Amici, visse i vari passaggi del gigantismo navale che possiamo fissare con alcune immagini:
Turbonavi Michelangelo e Raffaello a Genova primi Anni ‘70
Due navi di COSTA CROCIERE (05.06.2009)
Anni ‘80
ORMEGGIO DI UNA SUPERPETROLIERA ALL’ISOLA DI MULTEDO
A Genova arrivavano anche famose navi passeggeri di oltre 330 metri di Lunghezza: QUEEN ELIZABETH 2 - NORGE
Anni ‘90
Anni ’80-‘90
Non so dove sia lo spirito di Aldo Baffo in questo momento, ma saprei dove incontrarlo: sull’imboccatura del porto accanto alle vittime delle London Valour, ai gabbiani che li ricordano in spirito, lo vedrei sulla scia di tutti i marittimi che con le loro navi continuano ad entrare e ad uscire dal suo amato porto di Genova, da oggi e per tutta l’eternità.
ALCUNE FOTO
Il Pilota Aldo Baffo mentre scende dalla biscaglina di una nave militare.
1993 - La lista dei Piloti in servizio nel Porto di Genova. Aldo BAFFO risulta essere Sotto Capo Pilota, ma nello stesso anno fu nominato Capo Pilota.
La vecchia Torre-Piloti crollò sotto i bombardamenti per ben due volte. Fu ricostruita nel 1947 ed è tuttora al suo posto. In questa foto la si vede ancora accanto alla nuova Torre di Controllo del traffico del Porto di Genova. Un passaggio di consegne, com’è tristemente noto a tutti, finì in tragedia il 7 Maggio 2013.
Fu proprio Aldo BAFFO ad INAUGURARE la Nuova Torre di controllo del Porto.
04.00 del 26 luglio del 1997 - Partenza Superbacino da Genova. Quattro piloti: Aldo Baffo, Giuseppe Fioretti, Carlo Gatti e Ottavio Lanzola presero posizione su ogni lato del Superbacino.
In quello stesso anno Aldo BAFFO Andrà in pensione con 32 anni di servizio.
1994 -Il Capo Pilota Aldo BAFFO saluta i Piloti pensionati
Il C.P. Aldo BAFFO (a sinistra) consegna una targa ricordo all’impiegato del Corpo Pilota Giampiero ARNAUD, neo pensionato.
Aldo ha lasciato un vuoto enorme intorno alla sua adorata Dina, i figli Umberto e Stefano, le loro famiglie e gli amici di sempre. Commovente la dichiarazione rilasciata al SECOLO XIX dal nipote Giorgio:
“Ha lasciato un segno indelebile nella mia vita indicandomi a ogni passo la rotta per diventare un uomo. Ogni mia vittoria è, e sarà, figlia degli insegnamenti che mi ha tramandato fin da quando ero piccolo”.
Ciao carissimo Aldo!
Sit tibi “MARE levis!
(che il mare ti sia lieve!)
Carlo GATTI
Rapallo, Martedì 1 Giugno 2021
PONTE DEI MILLE - PORTO DI GENOVA
PONTE DEI MILLE
PORTO DI GENOVA
UN PO’ DI STORIA:
GIUSEPPE GARIBALDI - UN UOMO DI MARE
Proprio qui, tra Capo D'Arena e la Villa del Principe, sorgeranno le strutture della Stazione Marittima inaugurata nel 1889 con il nome di Ponte Federico Guglielmo. (ora Ponte dei Mille).
Il nome di Ponte Federico Guglielmo è comunque confermato nel 1889 dopo la costruzione della nuova Sala Passeggeri.
da LA MIA GENTE omaggio del Secolo XIX – Genova 1884
1900 – La Stazione Marittima
Testata della Stazione Marittima con il monumento a memoria dell'Impresa dei Mille. Venne eretto nel 1910 nel luogo dove Nino Bixio "prelevò" il Lombardo ed il Piemonte iniziando così la spedizione che doveva portare all'Unità d'Italia.
Per il monumento venne usata una antica colonna portata a Genova dall'Oriente all'epoca delle Crociate.
Banchina di Levante. Nave passeggeri in partenza – 1913
La dicitura "Ponte Carlo Alberto del Belgio" lascia perplessi.... Federico Guglielmo durante la prima Guerra mondiale non era più un nome "popolare"? Non è così. Nel 1914 era stato costruito un nuovo "prolungamento" alla banchina con una nuova Stazione Marittima intitolata appunto al re del Belgio.
E per un certo periodo la due Stazioni Marittime mantennero i loro nomi, finchè, intorno agli anni 20 l'intera struttura non prese il nome di "Ponte dei Mille" che mantiene tutt'oggi.
Principessa Mafalda
Anni ‘20
Cartolina Ed. Calì - sped 1920
La stazione marittima, così come si presentava nelle immagini precedenti, non era più sufficiente a garantire l'operatività delle grandi navi passeggeri per cui nel 1924 si cominciò a costruire la nuova Stazione (l'attuale stazione marittima di Ponte dei Mille) che fu inaugurata nel 1930 e comprendeva gli Uffici delle Dogane e della Polizia di Frontiera oltre alla Capitaneria del Porto. Qui ne vediamo il Progetto A.Di Lorenzi.
Il nuovo edificio della Stazione Marittima e Capitaneria del Porto
Anni ’30 – compaiono le ciminiere del REX…
Navi militari classe ‘Cadorna’ ormeggiate di punta a calata Zingari. A destra il REX
REX (a sinistra) e CONTE DI SAVOIA (Primi Anni ’30)
Anni ’50-‘60 (Gulio Cesare oppure Augustus) all’ormeggio Ponte dei Mille Levante
Anni ’60-’70 (T/n Andrea Doria va all’ormeggio)
Ponte dei Mille e la "sopraelevata" intorno al 1970. C'é la "Sopraelevata".
T/n MICHELANGELO IN USCITA DAL PORTO - ANNI ‘70
PONTE DEI MILLE
GENOVA
Nuovo Millennio
Stazioni Marittime S.p.A. nasce nel 1989 con lo scopo di occuparsi della pianificazione, costruzione e gestione delle infrastrutture del Porto passeggeri di Genova e del suo traffico.
La Società gestisce cinque terminal passeggeri: Ponte dei Mille e Ponte Andrea Doria sono principalmente dedicati al traffico crocieristico, mentre i tre terminal di Calata Chiappella, Ponte Caracciolo e Ponte Colombo sono quasi esclusivamente dedicati al traffico traghetti. L’area ricopre in totale circa 290.000 metri quadrati di superficie e comprende 12 accosti per circa 3.000 metri di banchine.
A partire dai primi anni 90’ Stazioni Marittime S.p.A., con il contributo dell’Autorità Portuale di Genova, ha effettuato investimenti per oltre 122 milioni di euro, ridisegnando i profili delle banchine e la viabilità interna, ristrutturando ed ampliando gli edifici esistenti e costruendo nuove infrastrutture che hanno portato Genova al ruolo di principale hub portuale del traffico crociere e traghetti nel mediterraneo.
L’area passeggeri è situata nei pressi del centro città, a 200 metri dalla stazione ferroviaria e dista solo 5 km dall’Aeroporto Internazionale di Genova, oltre ad essere collegata direttamente al nodo autostradale. Tutti i terminal gestiti da Stazioni Marittime S.p.A. rispondono alle sempre più stringenti normative di safety e security fissate dall’IMO e dalle normative europee.
CROCIERE
Genova oggi è un importante realtà del mercato delle crociere ed un porto base tra i più utilizzati per itinerari di vacanza verso il Medio Oriente, il Nord Africa, il Mediterraneo, l’Atlantico, il Nord Europa e le Americhe.
Il Terminal Crociere di Ponte dei Mille copre una superficie totale di circa 16.000 mq (comprese le terrazze di imbarco) e si sviluppa su 3 piani collegati con scale mobili ed ascensori. Il Terminal può ospitare contemporaneamente due navi da crociera di ultima generazione con un movimento complessivo giornaliero fino a 10.000 passeggeri e presenta una banchina di circa 340 metri di lunghezza adeguata ad ospitare le grandi navi da crociera di ultima generazione. Ponte dei Mille è dotato anche di un accosto di circa 290 metri lungo la parte di levante dell’edificio.
La nave al centro (ponte dei Mille ponente): la MSC FANTASIA
ALCUNI INTERNI DELLA STAZIONE MARITTIMA
PONTE DEI MILLE
Dal 1930 la Stazione Marittima di Ponte dei Mille rappresenta l’ideale punto d’incontro tra Genova ed il suo porto. Teatro del periodo delle grandi migrazioni e dell’epoca d’oro dei grandi transatlantici, è forse la più bella Stazione Marittima del mondo, certamente la più ricca di storia e valenza simbolica. I saloni della Stazione Marittima di Ponte dei Mille sono considerati una delle “location” più esclusive ed affascinanti a livello nazionale. La galleria centrale, composta da due saloni separabili, ha una superficie complessiva di circa 2.500 mq e può ospitare cene ed eventi per oltre 1.500 persone. Di eccezionale suggestione sono le due grandi terrazze d’imbarco adiacenti la galleria sul lato di ponente e sul lato di levante, dalle quali si può ammirare un affascinante panorama del porto e della città.
Stazione Marittima – salone Nord
Stazione Marittima - Salone Prima Classe
STAZIONE MARITTIMA – prima class
STAZIONE MARITTIMA – Prima classe