IL VENTO (in manovra)

IL VENTO


 

BY JOHN GATTI17 NOVEMBRE 2020•11 MINUTI

 

Ogni porto presenta difficoltà differenti.

Per alcuni è la nebbia a complicare le cose, per altri sono il vento, la corrente, gli spazi ristretti, i bassi fondali, ecc.

Per altri ancora può essere la combinazione di più elementi a elevare il rischio nella manovra delle navi.

Oggi parliamo del vento.

Se talvolta può essere d’aiuto, quando è particolarmente teso occorre fare valutazioni accurate, o il rischio di non riuscire a gestire questa forza può metterci realmente in difficoltà.

Ho detto “talvolta può essere utile”. Mi riferisco, ad esempio, a quelle situazioni in cui un vento leggero aiuta ad allargarci dalla banchina durante un disormeggio; oppure, analogamente, quando una brezza leggera ci accompagna dolcemente in banchina. Un vento che soffia dalla giusta direzione, e una lunghezza di catena data fondo, ci possono permettere di ruotare la nave su sé stessa senza l’ausilio della macchina o dei thruster; o ancora, un vento calcolato bene, rispetto alla sagoma della superficie velica, può agevolare un’accostata o un’evoluzione.

Un altro aspetto poco considerato, e anche un po’ curioso, è che spesso il vento aiuta il pilota anche nella “preparazione” della manovra. Infatti, nella fase di discussione con il comandante della nave, uno dei passaggi più delicati resta quello legato al numero eventuale di rimorchiatori da impiegare durante l’operazione. Le insidie del vento e della corrente sono spesso paragonabili, ma il vento è percepibile e visibile, mentre la corrente, più subdola, può essere anche accompagnata da condizioni meteo ottimali. Va da sé che convincere il comandante, quando sente il vento fischiare e vede il mare striato di bianco, è molto più facile rispetto a quando si discute di un pericolo non visibile che si nasconde sotto la superficie del mare.

A questo proposito mi viene in mente un fatto accaduto diversi anni fa:


Ph: J.Gatti

Quattro giornate di forte scirocco, accompagnate da cielo coperto e rovesci di pioggia, lasciarono il posto, dal punto di vista meteomarino, a una serie di giornate perfette: cielo limpido, mare calmo e assenza di vento.

Da noi le brezze che soffiano da levante e da sud-est portano corrente in canale, e più giorni insistono più la corrente diventa forte.

Quella volta, in particolare, il fiume d’acqua che imboccava a levante per sfogare a ponente, fu particolarmente impetuoso. Corrente forte, ma comunque prevedibile per i primi due giorni… l’anomalia fu nel fatto che anche il terzo e quarto giorno, seppure il tempo continuasse ad essere ottimale, l’impetuosità di questa forza continuava vigorosa, e invisibile all’occhio, sotto la superficie del mare.

Il difficile era convincere i comandanti della necessità di usare rimorchiatori per contrastare la situazione.

 

A quei tempi, la pressione esercitata da molti armatori per contenere le spese, portava i comandanti a cercare di risparmiare “sempre e comunque” e per contro i piloti a gonfiare un po’ la gravità della situazione sparando alto per “ottenere almeno qualcosa”.

Ma quella volta la situazione raggiunse il limite: il comandante vedeva una bella giornata e non c’erano parole che lo potessero convincere della pericolosità della situazione. D’altra parte noi stessi ci aspettavamo l’usuale ridimensionamento della corrente nel giro di poco tempo.

Per farla breve, nell’arco di tre giorni tre navi in manovra andarono a urtare la stessa nave passivamente e sfortunatamente ormeggiata sottocorrente rispetto al punto di evoluzione.

Io mi trovai sulla quarta il quarto giorno…

Era un’ottima nave: 150 metri di lunghezza, due macchine e un bow thruster. Si trovava in una condizione di “mezzo carico”, ideale per la manovra. Il comandante era un habitué del porto; veniva due volte alla settimana da anni ed era, quindi, molto pratico delle “dinamiche e delle situazioni”.

Appena salii a bordo lo misi a conoscenza degli incidenti dei giorni precedenti e dell’anomala presenza di questa forte corrente. Uno sguardo di sufficienza fu l’immaginabile reazione. Provai a insistere, ma le argomentazioni con cui rispose avevano delle solide fondamenta:

· la nave manovrava bene;

· il comandante, buon conoscitore del porto e di grande esperienza, si faceva la manovra e, di solito, la faceva anche bene;

· era il quarto giorno di buon tempo e la corrente doveva per forza essere meno forte di quando erano avvenuti gli altri incidenti.

Non ero per niente convinto, ma non riuscii comunque a impormi, anche perché, in fondo in fondo, pensavo anch’io che, se la manovra veniva impostata bene, si sarebbe potuta gestire la situazione.

Il confronto, dal punto di vista psicologico, non terminò bene. Da una parte c’ero io, pilota, che difendevo la mia posizione e dall’altra c’era il comandante che moriva dalla voglia di dimostrarmi quanto fosse bravo anche in quella difficile situazione. In pratica non era stato raggiunto un punto di vista comune che sarebbe stata la base per una manovra condivisa.

In condizioni normali, si arrivava al punto di evoluzione con una discreta velocità, si fermavano le macchine per tempo, si metteva decisamente indietro la sinistra, il bow a sinistra e si ruotava quasi in derapata. Al momento giusto si metteva indietro anche la macchina di dritta e il gioco era fatto.

Quella volta, complice il difetto psicologico del nostro confronto, per dimostrare la sua bravura arrivammo in fondo al canale con una velocità ancora più alta del solito; e più gli dicevo che con quella corrente andavamo troppo veloci, più lui mi lanciava messaggi con gli occhi a voler dire “ora ti faccio vedere io come si fa”.

Tutto sembrava procedere per il meglio fino a tre quarti dell’evoluzione, ma quando l’opera viva del fianco sinistro della nave cominciò a chiudere fino a trovarsi al traverso della corrente, la situazione precipitò.

La nave cominciò a cadere velocemente di pancia.

Nell’attimo di esitazione del comandante intervenni suggerendo di mettere le macchine indietro tutta e il thruster a sinistra. Lo scopo era quello di urtare da fermi per non provocare aperture nello scafo. Picchiammo per ben tre volte, recuperando ogni volta spazio indietro sul rimbalzo. Giocammo sulle macchine per appoggiarci il più delicatamente possibile e sempre da fermi. Alla fine riuscimmo a toglierci dalla corrente e a raggiungere l’ormeggio.

Il danno materiale non fu particolarmente grave, ma quello nel mio orgoglio, per non essere riuscito a impormi, e in quello del comandante, per le conseguenze della sua presunzione, ci lasciarono il segno per un bel po’ di tempo.


Ph: J.Gatti

Ma torniamo al vento.

Anche in questo caso l’esperienza ha un peso importante.

Le differenze tra le navi non si limitano alla classificazione per tipologie, e neanche alle dimensioni. La stessa nave, infatti, ha caratteristiche completamente differenti a seconda del pescaggio o del carico che ha in coperta; e la stessa manovra, con la stessa nave, a parità di condizioni, può essere influenzata da improvvisi ostacoli o da diverse condizioni meteomarine.

L’esperienza porta a un’analisi automatica inconscia di numerose variabili che dà, come risultato, la consapevolezza delle accortezze necessarie allo svolgimento di una manovra.

Ovviamente occorre mantenere un margine di sicurezza assolutamente soddisfacente.

Laddove questo margine viene intaccato o quando l’esperienza non è sufficiente, diventa necessario supportare le sensazioni con la matematica. In questo senso ci vengono in aiuto numerose formule, più o meno pratiche, per stabilire la forza del vento in tonnellate.

Ve ne sono alcune che offrono la possibilità di calcolare tale forza in base all’angolo d’incidenza del vento, altre che tengono conto anche della densità dell’aria, qui vi propongo una formula di semplice applicazione che offre risultati comunque attendibili:

Forza del vento (Ton) = Velocità del vento al quadrato in metri al secondo, diviso 18, per la superficie velica esposta in metri quadrati.

Consideriamo, ad esempio, una portacontenitori lunga 366 metri, con un bordo libero di 11 metri, caricata con cinque file di contenitori per tutta la sua lunghezza. Che forza avrà il vento, in tonnellate, soffiando al suo traverso con 25 nodi?

25 nodi corrispondono (più o meno) a 12,5 m/s

La superficie di ogni container è: 2,4 m x 5 = 12 m

Quindi, la superficie velica totale è:

(11+12) x 366 = 8418 mq

Forza del v. a 25 kn= (12,5×12,5)x(8418):18 = 73 Ton circa

Se per la manovra si hanno a disposizione rimorchiatori di ultima generazione da 70 ton, in queste condizioni è consigliabile utilizzarne almeno tre.

Mi fermo qui, consapevole che l’argomento meriterebbe di essere approfondito molto di più.

È comunque nei nostri programmi dedicare un intero video (e un eBook)  al vento e ai suoi segreti.


Ph: J.Gatti

 

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troverete interessanti articoli che parlano di mare.

 


NELLA MANOVRA, SAPER MANOVRARE E’ TUTTO?

NELLA MANOVRA, SAPER MANOVRARE E’ TUTTO?


 

by JOHN GATTI23 OTTOBRE 2020•13 MINUTI

Apro uno spiraglio su un momento particolare della manovra:

Voltiamo il rimorchiatore!

Portare una nave in banchina, o disormeggiarla per poi accompagnarla fuori dalle ostruzioni portuali, significa pianificare un’operazione.

Un po’ come guardare la figura per intero, scegliere i pezzi del puzzle, predisporli nel giusto ordine e fare attenzione affinché combacino bene.

Legare, incocciare o voltare un rimorchiatore – il termine usato varia da porto a porto – è un’operazione delicata.

Cerchiamo di capire quali sono le procedure più corrette per evitare di correre rischi inutili e rendere l’operazione fluida ed efficace.

Nel tempo sono successi numerosi incidenti che hanno visto coinvolti rimorchiatori che operavano nelle vicinanze di navi in movimento.

Nella maggior parte dei casi è stata individuata come causa principale di questi sinistri, la velocità! A seguire abbiamo l’errore umano, l’inesperienza e il tipo di rimorchiatore utilizzato.

In realtà c’è un altro aspetto da considerare che, in qualche modo, emerge soprattutto dai ricordi, visto che io stesso ho passato quella fase.

Mi riferisco alla naturale compartimentazione delle competenze.

Per diventare piloti si segue un percorso preciso che matura in una professionalità specifica e approfondita.

Una visione abbastanza completa la si raggiunge solo dopo esperienze maturate in molti anni di problemi risolti.

Nella prima fase si tende a concentrarsi sul “nocciolo” della manovra, sulla tecnica e sulla buona riuscita del contratto affrontato; obiettivo comunque ampio e impegnativo.

È solo quando si raggiunge un certo grado di tranquillità nello svolgimento del lavoro che si riesce a considerare, con interesse ed efficacia, anche il contorno del nocciolo: l’estetica della manovra, la fluidità, l’equilibrio obiettivo delle decisioni e dei consigli e, cosa molto importante, il ruolo e la dinamica degli altri soggetti più strettamente coinvolti. Mi riferisco al comandante della nave con il suo equipaggio, agli ormeggiatori e ai rimorchiatori.

Non basta sapere che ci sono, bisogna riuscire a guardare le cose dal loro punto di vista, capire i loro problemi, le loro necessità e i loro punti forti. Solo così si riuscirà a lavorare meglio e più in sicurezza.

Non è scontato che un pilota sappia le caratteristiche del rimorchiatore che volterà a prora, come non è scontato che sia perfettamente conscio delle difficoltà che, il comandante del rimorchiatore, potrebbe incontrare per quel nodo di velocità in piú della nave, o i possibili effetti di un cavo mollato troppo velocemente a poppa.

Come ho già detto è un aspetto importante, che sale la classifica delle priorità solo dopo che altri aspetti della manovra diventano talmente da familiari da non essere considerati più come problemi prioritari.

Ci vuole tempo.

Ph:J.Gatti


 

È in questa ottica che voglio affrontare, in maniera leggera e discorsiva, i punti che necessitano di un passaggio mentale condiviso.

Prima di entrare nel vivo però, dobbiamo parlare brevemente delle forze e degli effetti a cui è soggetto un rimorchiatore quando naviga in prossimità di una nave in movimento.

Queste forze aumentano con l’incremento della velocità della nave e con la diminuzione della distanza nave-rimorchiatore: più è alta la velocità e minore è la distanza, maggiori sono le forze di interazione che intervengono tra i due scafi. Oltre a questi due fattori, ad aumentare gli effetti concorrono anche le forme delle opere vive, l’underkeel clearance, l’assetto della nave, il pescaggio, ecc.

Le zone maggiormente interessate sono quelle vicine alla prora, molto meno quelle prossime al centro nave – questo è principalmente dovuto alla forma dello scafo – e risultano particolarmente insidiose quando il rimorchiatore si avvicina per essere voltato.

In quella fase, sapere esattamente a cosa si va incontro è praticamente impossibile. Come già detto, gli effetti subiscono numerose influenze e l’esperienza del comandante del rimorchiatore, unita a buone capacità di manovra del mezzo, incide molto sul livello generale di sicurezza dell’operazione, ma la cosa certa è che:

diminuendo la velocità diminuiscono anche gli effetti di interazione

Volendo rimandare l’approfondimento di un argomento che merita ben più di poche righe, semplifico citando solo alcuni dei rimorchiatori più utilizzati al mondo: quelli convenzionali, gli azimuth stern drive o ASD e i Tractor Tugs, o ATD, così chiamati perché hanno i propulsori posizionati verso prora.

Ph: M.Garipoli


Ho già detto che l’area più soggetta a queste forze d’interazione è quella prodiera e il rimorchiatore che viene voltato a prora si trova necessariamente a  operare molto vicino allo scafo. In questo caso, quelli che hanno i propulsori vicini al bulbo della nave, se si trovassero nella necessità di doversi disimpegnare velocemente da una situazione potenzialmente pericolosa, si troverebbero a utilizzare timoni o propulsori in un’area soggetta a forze imprevedibili e  non lineari, che contrasterebbero l’esecuzione della manovra. Questo è il motivo per cui la maggior parte degli incidenti si registra con il rimorchiatore che deve voltare a prua e dotato di propulsione poppiera.

Sarebbe quindi meglio, potendo scegliere, utilizzare a prora i Tractor Tugs.

In ogni caso, due regole che andrebbero sempre rispettate sono le seguenti:

· se a prora vengono presi più rimorchiatori, voltare per primo sempre quello al centro perché, in caso di emergenza (blackout, avaria, ecc.) avrebbe libere le vie di fuga laterali;

· in caso di utilizzo di più rimorchiatori, voltare prima quello a poppa; in questo modo potrà intervenire, in caso di necessità, aiutando il controllo della nave o rallentandone la velocità, mentre si cerca di voltare il rimorchiatore a prora.

Per quanto riguarda la procedura di avvicinamento del rimorchiatore alla prua della nave in movimento, ritengo pericoloso quasiasi approccio frontale, sia che il rimorchiatore aspetti la nave lungo la sua rotta per poi anticiparla una volta raggiunto, sia che – ancora peggio – il rimorchiatore vada incontro alla prora in controcorsa. In caso di avaria ai propulsori o agli organi di governo l’impatto sarebbe probabilmente inevitabile.

La soluzione che preferisco è quella che vede il rimorchiatore affiancare la nave in una rotta parallela, sorpassarla e, restando laterale alla prua dal lato sottovento, prende l’heaving line e inizia le operazioni di incoccio completamente libero.

Ph: J.Gatti


Parliamo ora di velocità. Argomento delicato e influenzato da diverse variabili.

· se parliamo di ASD da voltare a prora, o comunque di rimorchiatore tradizionale con i propulsori a poppa, minore è la velocità e meglio è; direi che un buon limite massimo potrebbe essere quello dei 6 nodi;

· se utilizziamo un Tractor Tug, allora andrebbe considerata anche la velocità massima del rimorchiatore e l’esperienza del suo comandante, ma direi che 6/7 nodi sarebbero accettabilissimi (per esperienza personale, e ascoltando il parere di diversi comandanti di rimorchiatori, direi che sono accettabili anche velocità superiori);

· quando il rimorchiatore deve essere voltato a poppa o lateralmente, il problema “sicurezza” assume un peso diverso e, di conseguenza, anche la velocità ha diversa rilevanza; 6/8 nodi possono andare bene.

È necessario sottolineare come, per un comandante di rimorchiatori, l’esperienza, l’abilità personale e la conoscenza del proprio mezzo influenzino enormemente il fattore “sicurezza”.

Anche in questo caso, come in quasi tutte le situazioni, conoscere e ammettere i propri limiti, dimostrando equilibrio e oggettività, contribuisce non poco al contenimento dei rischi e, di conseguenza, degli incidenti.

Facciamo ora qualche considerazione che interessa il lato “nave”.

È di uso comune, e lo ritengo anche corretto, utilizzare la lingua locale durante le comunicazioni con i rimorchiatori. Questo perché nella manovra sono coinvolti anche gli ormeggiatori e, a volte, personale di terra ed è meglio che tutti siano al corrente e comprendano quello che succede. D’altra parte è necessario mettere a conoscenza di tutti gli sviluppi anche il comandante, perciò è buona norma tradurre per lui tutte le comunicazioni che interessano la manovra.

Durante lo scambio di informazioni con il comandante della nave, è importante chiedergli l’SWL della bitta a cui verrà dato volta il cavo del rimorchiatore, informarlo sulla necessità dell’uso di un idoneo heaving line, di avvisare il personale al posto di manovra di stare lontani dal cavo in lavoro, chiedere di essere informati sulle varie fasi di aggancio dei rimorchiatori e su qualsiasi cosa di rilievo che li riguardi. Occorre, inoltre, informare il comandante su come si intendono utilizzare i rimorchiatori nei vari steps della manovra.

Al momento di mollare il cavo, in particolare quello di poppa, avvisare il personale al posto di manovra di lascarlo piano piano per evitare che possa finire nei propulsori del rimorchiatore.

Ph: M.Scarrone


Il comandante del rimorchiatore deve essere informato:

–   sulla SWL della bitta che useranno per voltarlo;

· sulle condizioni della nave (pescaggio, velocità minima, eventuali problemi);

· sull’ormeggio assegnato alla nave e la manovra che si intende effettuare.

Uno dei problemi che talvolta si riscontrano, riguarda il tempismo degli attori in campo: è molto importante che il rimorchiatore arrivi puntuale e, nel caso ciò non fosse possibile, che avvisi in tempo per permettere al pilota di regolare la velocità di conseguenza.

Allo stesso modo, al fine di evitare situazioni pericolose, l’equipaggio della nave deve essere pronto all’arrivo del rimorchiatore.

È infatti un rischio inutile per il rimorchiatore restare sotto la prua più tempo dello stretto necessario.

Quando si volta il rimorchiatore, inoltre, è importante che la nave mantenga rotta e velocità costanti ed è comunque buona norma avvisare sempre di eventuali variazioni.

Una cosa che il comandante del rimorchiatore, a mio avviso, deve tenere conto, è del fatto che il pilota, molto spesso, non ha piena coscienza delle caratteristiche dei loro mezzi. Questo vuol dire che non deve farsi problemi a suggerire variazioni di pianificazione, se queste sono più funzionali al lavoro da svolgere.

Come ho anticipato all’inizio dell’articolo, quello che ho scritto non è altro che un “assaggio” di una delle tante fasi delicate della manovra.

In futuro toccheremo altri argomenti sottolineando l’aspetto dell’efficacia, della coordinazione delle parti, della professionalità, della gestione degli imprevisti e, soprattutto, della sicurezza.

Leggi altri articoli nella sezione blog.

Ph: J.Gatti


Rapallo, 31 Ottobre 2020


QUANTO E’ SLEGATA L’ANCORA DALL’ELICA E DAL TIMONE

 


 

QUANTO E’ SLEGATA L’ANCORA DALL’ELICA E DAL TIMONE


BY JOHN GATTI 6 OTTOBRE 2020•13 MINUTI

 

Nel corso degli anni l’ancora come ausilio alla manovra, ha ceduto il posto – in ordine d’importanza – al passo variabile e ai thrusters.

Non molti anni fa era normale impostare una manovra di affiancamento a una banchina, con il lato nave non favorevole all’effetto dell’elica, prevedendo l’uso dell’ancora.

A questo proposito voglio riportare una piccola esperienza, maturata nel mio periodo da allievo, tratta dal libro “A bordo con il Pilota“:

“Il pilota che mi seguiva nella manovra aveva molta esperienza e il coraggio/pazienza di far continuare la gestione all’allievo fin quasi al “punto di non ritorno”. Questo è positivo, perché l’adrenalina provocata da un “quasi impatto” salvato il più tardi possibile lascia un segno indimenticabile e vale più di molta teoria.

Eravamo a bordo di una nave lunga cento metri che pescava sette metri e mezzo, monoelica a passo fisso sinistrorsa, timone tradizionale e senza elica di prora.

Dovevamo percorrere circa due miglia di canale per poi accostare di novanta gradi a dritta e affiancare in banchina con il fianco sinistro, senza evoluzione.


Poco dopo aver imboccato il canale, un altro pilota imbarcato su una nave in partenza ci chiese di aumentare la velocità per permettergli di mollare gli ormeggi.

Il mio ragionamento spiccio si limitava a considerare che ero a bordo di una nave piccola, che per me equivaleva a “piccoli problemi”.

Portai la macchina ad Avanti Mezza e passammo la metà del canale a setteno di di velocità. Una volta liberato il transito per l’altra nave, ridussi ad Avanti Adagio, ma la velocità scese solo di un nodo e, per farlo, ci mise parecchio tempo, ma dentro di me ero tranquillo perché continuavo a pensare che “la nave era piccola”…

A qualche centinaio di metri dall’accostata di novanta gradi scesi ad Avanti Molto Adagio.

Per farla breve, realizzai di avere un’elevata velocità, relativa alla situazione contingente, troppo tardi.

Fermai la macchina, ma la nave carica era troppo pesante e lenta nelle risposte.

Cominciai a sudare freddo: mi vedevo già contro la nave ormeggiata di fronte a noi.

Rimisi in moto la macchina, ma con il Molto Adagio la velocità di accostata era sempre troppo lenta e fui costretto ad aumentare fino ad Avanti Mezza. Il timone riprese a rispondere bene a scapito di una velocità che riprese a salire.

Lo scenario che si presentava ai nostri occhi era il seguente: una nave ormeggiata a sinistra e la nostra destinazione cento metri più avanti, duecentocinquanta metri di fronte finiva tutto: solo cemento.

Per chiudere il cerchio posso dire che avevamo a che fare con una velocità prossima ai sei nodi e a un effetto dell’elica che, a marcia indietro, ci avrebbe fatto dare una pruata in banchina…

Ormai ero in panico.

Intervenne il pilota.

Diede subito tutto il timone a dritta e, non appena la nave cominciò ad accostare, mise la macchina Indietro Tutta e il timone in mezzo: l’effetto dell’elica fermò l’evoluzione e chiamò la prua a sinistra; a quel punto diede fondo all’ancora di dritta. Una lunghezza e mezza in acqua, fece agguantare e poi filare un’altra mezza lunghezza.

Risultato: dopo qualche minuto eravamo ormeggiati in banchina, perfettamente in posizione.

Considerazioni:

  • la prima cosa che risulta evidente è la differenza tra il limite dell’allievo e quella del pilota, dovuta a una questione di abitudine alla reazione nelle situazioni critiche affrontata nelle migliaia di manovre già effettuate. Aggiungo l’abitudine all’uso disinvolto dell’ancora che elimina le esitazioni.
  • La teoria è la base imprescindibile, ma la pratica concretizza le parole incidendo l’esperienza nella memoria.
  • La velocità non è un valore assoluto, ma relativo alla situazione contingente.
  • Anche la grandezza della nave è spesso relativa: solitamente gli ausili alla manovra sono proporzionati alla stazza e il pescaggio può rendere una piccola nave molto difficile da governare.
  • La sicurezza della manovra in cui si è impegnati è la cosa più importante. Nel caso specifico, far aspettare qualche minuto in più il pilota in partenza non avrebbe portato nessuna conseguenza, mentre aumentare la velocità ha creato una situazione di potenziale pericolo.
  • L’errore più grave è stato quello di non prevedere i passaggi successivi, arrivando al punto di accostata in prossimità dell’ormeggio senza la possibilità di ridurre la velocità.
  • La giusta sequenza avrebbe previsto una riduzione progressiva della velocità, in modo di arrivare al punto di accostata con circa due nodi, per poi accelerare nell’evoluzione assicurandosi un maggior controllo. Terminata la rotazione si doveva stabilizzare la rotta, fermare la macchina e dare fondo per poi continuare dragando l’ancora.

In questo racconto sono stati messi in evidenza diversi punti, tra i quali troviamo la pianificazione dell’uso dell’ancora.

In questo racconto sono stati messi in evidenza diversi punti, tra i quali troviamo la pianificazione dell’uso dell’ancora.

In effetti, per una questione di “allenamento del gesto” al fine di renderlo fluido in caso di necessità, non sarebbe sbagliato utilizzare, di tanto in tanto, l’ancora anche solo per esercizio.

Purtroppo la reale efficacia di questo strumento, oggigiorno, la si apprezza soprattutto nelle emergenze. Situazioni in cui la rapidità d’intervento è il fattore che, il più delle volte, determina il controllo degli eventi o l’inevitabile impatto.

In generale i vantaggi nel suo utilizzo sono numerosi:

  • controllo della caduta della prora in banchina;
  • arresto della nave con uso minimo della macchina;
  • gestione della rotta con l’ancora a dragare;
  • posizionamento dell’ancora come aiuto per il successivo disormeggio;
  • e così via.

Passo variabile ed eliche di manovra hanno semplificato le cose…

Come ben sappiamo, e senza entrare troppo nei particolari, le eliche a passo fisso hanno le pale solidali al mozzo e non è possibile agire sul loro orientamento. Questo comporta tutta una serie di limiti di cui è necessario tenere conto:

  • per invertire la direzione di moto, si deve fermare il motore e riavviarlo con l’asse accoppiato in senso inverso. Ogni volta occorre un nuovo avviamento, che ha bisogno d’aria, che non è infinita…
  • a seconda del timone di cui sarà dotata la nave che stiamo manovrando, avrà una sua velocità minima di governo. Alcune, dotate di timone dall’ampia superficie manovrano fino a velocità molto basse, altre meno. In ogni caso tutte hanno un limite.

Va da sé che, per pareggiare i conti in queste condizioni, l’ancora è la soluzione ideale.

Abbiamo detto che l’avvento delle eliche a passo variabile e delle eliche di manovra ha cambiato la situazione.

Vediamo perché.

Per prima cosa rinfreschiamo la memoria definendo

il passo dell’elica: che è la distanza teoricamente percorsa in un giro completo dall’elica, trascurando la cedevolezza del fluido, che corrisponde alla distanza che la stessa percorrerebbe se si muovesse all’interno di un corpo solido. (Approfondimenti nel video “Le eliche“)


Si deve proprio alla possibilità di variare a piacimento il passo dell’elica una delle rivoluzioni avvenuta nelle impostazioni delle manovre, discorso che vale, in particolar modo, per le navi medio/piccole. Quelle cioè, dove spesso l’ancora sostituiva egregiamente il lavoro dell’eventuale rimorchiatore.

Le eliche a passo variabile ruotano sempre nello stesso senso a giri costanti.

Niente più problemi di avviamenti e facilità a regolare la velocità a seconda dell’esigenza.

Questo sistema porta con sé anche diversi difetti, come la difficoltà a mantenere la rotta a passo zero, dovuta alla continua rotazione dell’asse; la resa a marcia indietro generalmente scarsa e accompagnata da un forte effetto dell’elica; e diversi altri che in questo contesto non andiamo ad affrontare.

Sta di fatto che la possibilità di poter agire sul passo per regolare la velocità, permette di avere un controllo maggiore sulla manovra; se poi aggiungiamo un’elica di prora, allora l’ancora diventa veramente una cosa di cui, in queste condizioni, si può fare a meno.

Ma l’ancora, nonostante la frequenza del suo utilizzo sia diminuita considerevolmente negli ultimi anni, resta una delle carte più importanti del mazzo.

Mi è capitato solo una quindicina di volte, in più di vent’anni da pilota, di doverle utilizzare in situazioni d’emergenza, ma vi assicuro che se in quelle occasioni non avessi avuto “familiarità” nell’utilizzo di questo ausilio, il conto in soldi dei danni che ne sarebbero derivati sarebbe stato veramente alto.

Consiglio, per chi non l’avesse ancora fatto, di dare un’occhiata anche all’articolo “Ancore: quelli a prua non sono orecchini!”

Per approfondimenti sulle ancore e il loro utilizzo: Il punto sulle ancore“.

 

JOHN CARLO GATTI

 

Rapallo, 8 Ottobre 2020


LA MANOVRABILITA' DI UNA NAVE




LA MANOVRABILITA' DI UNA NAVE


BY JOHN GATTI Rapallo, 12 SETTEMBRE 2020•7 MINUTI

Ogni qualvolta agiamo sul timone, otteniamo i seguenti effetti sulla nave:

– una rotazione (accostata) attorno all’asse verticale PP (Pivot Point);

– uno spostamento laterale (movimento di deriva) dalla parte opposta

rispetto all’accostata;

– una diminuzione di velocità;

– uno sbandamento iniziale (detto “di saluto”) dalla stessa parte

dell’accostata;

– un’immersione della prora.

Le componenti del timone durante il suo utilizzo come mostrato in figura


 

CT = centro asse timone

CP = centro di pressione

angolo alfa (α) = Angolo di attacco del timone alla banda

FL = Portanza

P = forza normale all’asse del timone

D = Resistenza del timone parallela e contraria alla direzione del moto

della nave

A = forza assiale

R = forza risultante

K = distanza di FL dal centro di Gravità G

Mettendo il timone alla banda, si ottiene uno spostamento più veloce della poppa rispetto a quello della prora.

Come già detto, durante il moto avanti il Pivot Point si sposta più o meno a 1/3 della lunghezza della nave partendo da prora; di conseguenza durante l’accostata il centro di gravità si sposta dal lato opposto dell’accostata in modo proporzionale alla velocità di rotazione.


Più il Pivot Point si trasferisce avanti, più aumenta il movimento di traslazione rispetto alla velocità di rotazione.

 

Anche l’assetto della nave influenza lo spostamento del Pivot Point durante l’evoluzione: se la nave è appruata si sposta più a prora, in caso contrario si sposta più a poppa.

L’aumento dei giri della macchina durante l’evoluzione fa crescere l’effetto traslatorio rispetto alla velocità di rotazione; in caso di diminuzione dei giri, accade il contrario.

Si deve considerare anche l’Under Keel Clearance, perché in acque più profonde lo scarroccio è maggiore in conseguenza alla minore resistenza esercitata dal fondale durante il movimento laterale.

La manovrabilità è la risultante di una serie di caratteristiche della nave stessa e di una serie di fattori che agiscono su di essa.

Sono quindi dati oggettivi: la forma dello scafo, il pescaggio, la superficie velica, il dimensionamento degli organi di governo, ecc. – sono invece variabili da ponderare di volta in volta le cause esterne come: il vento, la corrente, il moto ondoso, il basso fondo, le sponde dei canali e cosi via.


Effetti evolutivi del timone

Due importanti aspetti della manovrabilità sono la prontezza di risposta al timone, che indica la facilità con cui la nave cambia rotta quando si mette il timone alla banda e l’abilità evolutiva, cioè la capacità di evoluire in spazi ristretti.

 

 

 

Quando la nave percorre una rotta rettilinea in acque calme, il complesso delle forze trasversali che agiscono sulla carena e sul timone non sono apprezzabili e non si manifestano effetti quali imbardate o deriva se non in presenza di vento o corrente. Queste forze agiscono invece quando il timone interviene ruotando sul proprio asse. Per effetto di questa rotazione i filetti fluidi investono un lato della pala sviluppando una forza  trasversale  P inclinata rispetto al piano diametrale della nave di un certo angolo. Questa forza cambia la traiettoria della nave e la fa accostare.

Con P sen αP cos α abbiamo evidenziato le componenti che generano la forza risultante P.  La prima forza è orientata nel senso opposto al moto ed è responsabile del calo di velocità che si verifica durante le accostate. La seconda, è posta nella direzione normale al piano diametrale, orientata nella direzione opposta al lato in cui è stato orientato il timone ed è responsabile del moto di deriva della nave.

Ogni nave ha le sue caratteristiche e la stessa nave si comporta in modo diverso a seconda delle forze esterne a cui è sottoposta. È difficile immaginare ogni scenario possibile per ogni nave, l’abilità di chi manovra sta nell’individuare le caratteristiche principali di ognuna e agire con la giusta sensibilità sfruttando o contrastando le forze che si presentano, anticipandone o ritardane gli effetti.


 


RIFLESSIONI PER CHI HA ANCORA TEMPO

 


 

RIFLESSIONI PER CHI HA ANCORA TEMPO

 

BY JOHN GATTI• Rapallo, 5 SETTEMBRE 2020•7 MINUTI

 

La carriera a bordo delle navi è legata a una crescita continua, dove il compito più arduo, quello della selezione, dell’infarinatura, della formazione dei primi schemi che accompagneranno negli anni, spetta alla scuola.

Molti ragazzi scelgono il nautico più per esclusione che per vocazione e, spesso, con un’idea poco aderente alla realtà proposta dalla strada che stanno per imboccare.

Terminata questa fase si entra nel mondo del lavoro.

Un passaggio abbastanza traumatico, soprattutto per la netta svolta della vita che porta ad affacciarsi su di un nuovo scenario: ridimensionamento delle proprie certezze e necessità di costruire nuovi piloni a sostegno della propria identità.

Fino a pochi anni fa, questo passaggio era ammortizzato dal periodo di leva obbligatorio. L’ambiente militare preparava alla disciplina, alla gerarchia e all’ordine, educava alla civiltà e al rispetto e, cosa molto importante, tagliava il cordone ombelicale che univa il ragazzo alla famiglia. Era la perfetta transizione tra “casa” e “mondo del lavoro”, aiutava a creare la propria indipendenza, rendeva più fluido il passaggio dalla terra alle navi per chi progettava un futuro da marittimo.

L’abolizione del servizio di leva obbligatorio ha reso più difficile il distacco con il periodo adolescienziale, ma ci sono altri due fattori che hanno contribuito a ostacolare il raggiungimento dell’importantissima indipendenza: i corsi obbligatori a carico degli allievi e la mancanza di uno stipendio minimo adeguato.


Facendo sempre riferimento a non molti anni fa, viene spontaneo un confronto che lascia perplessi: un tempo l’allievo era pagato adeguatamente e i corsi erano a carico della compagnia per cui navigava.

I marittimi erano considerati una risorsa su cui investire.

Questa sufficiente sicurezza economica permetteva ai ragazzi di cominciare una vita propria senza dover gravare sulla famiglia.

Oggi le cose sono profondamente cambiate e i ragazzi trovano difficoltà nel passaggio al livello superiore. A volte si sentono un peso che li porta a ritardare la fase dell’indipendenza strettamente legata alla formazione del carattere.

Fare le vele a seconda del vento.

Un adagio che, saggiamente, indica la necessità di una presa di coscienza sullo stato dei fatti e invita a un cambio di atteggiamento per far fronte alla situazione.

Il primo imbarco deve rappresentare comunque un taglio con la vita precedente. Occorre cercare nuovi equilibri.

E qui arriviamo alla fase studio/formazione.

È un po’ come andare all’università. Devi studiare e dipendi ancora dai genitori. Quello che puoi fare è impegnarti al massimo affinché questo periodo sia il più breve possibile. Questo significa pianificare gli obiettivi, ottimizzare i tempi, programmare lo studio e la formazione personale lavorando sui punti deboli.


 

“Cercare nuovi equilibri”. Nella fase precedente, le ore erano scandite da esigenze naturali proprie di quella fascia di età: amici, ragazze/ragazzi, divertimento, studio, famiglia, sport, ecc; il tutto rimbalzava in una stanza dalle pareti morbide, dove i colpi potenzialmente pericolosi venivano soffocati da sistemi sociali di protezione rodati, legati all’età e alle blande aspettative proporzionate al grado di maturità. Nella ricerca di “nuovi equilibri” occorre salire di livello, accettare il fatto che le morbide pareti sono diventate più dure e che pretendono una maggiore consapevolezza.

Non dovete perdere tempo. Tracciate la rotta verso i vostri obiettivi, e seguitela.

Se il vostro sogno è quello di diventare piloti, allora cominciate il prima possibile a dedicare, regolarmente, parte del vostro tempo allo studio degli argomenti che potrebbero diventare il vostro pane quotidiano. Perché leggere libri e guardare video, quando il tempo stringe e l’esame si avvicina, sposta il focus e la finalizzazione delle azioni, sull’esame stesso; mentre la manovra, il pilotaggio, l’atteggiamento mentale, per essere profondamente capiti, devono diventare una passione, la ricerca dell’informazione per il gusto di sapere.

È un concetto che vale un po’ per tutto, dove il risultato varia a seconda del metodo: fare perchè si deve fare o fare perché si vuole fare. Una differenza spesso dettata dal tempo che decidiamo di concederci.

Una buona strategia va disegnata nei dettagli e corretta nel percorso, con calma, altrimenti ci si trova costretti a fare con quello che si ha, abbassando la qualità del risultato.




 


 



NAVI A ROTORE * FLETTNER SHIP

 

NAVI A ROTORE * FLETTNER SHIP

di Maurizio GARIPOLI


Per introdurre questo tipo di nave, conoscere l’“effetto Magnus” è importante e imprescindibile, ma tratterò l’argomento in forma semplificata, con lo scopo di incuriosire, più che di spiegare.

Immaginiamo un calciatore che colpisce il pallone di punta e cerchiamo di visualizzare la palla percorrere la sua traiettoria a parabola fino alle braccia del portiere. Figuriamoci ora lo stesso pallone colpito con un calcio ad “effetto”: il calciatore gli imprime una rotazione più o meno accentuata per deviarlo dalla sua traiettoria e sorprendere il portiere.

Il risultato lo ottiene per la differenza di pressione che si crea tra le due facce dell’oggetto in rotazione.

Questa differenza di pressione genera un vettore di forza capace, in questo caso, di spostare il pallone dalla traiettoria naturale durante il tragitto verso la porta.

Il giocatore sa che, a seconda della velocità di rotazione che imprime al pallone, questo avrà una deviazione più o meno marcata; anche se non tutti i calciatori sanno che il risultato ottenuto è dovuto al cosiddetto “effetto Magnus”.

L’ingegnere aeronautico tedesco Anton Fletner, basandosi su questo principio, inventò un rotore cilindrico, che ha avuto negli anni diversi utilizzi, e non solo in campo aeronautico. Il rotore è stato impiegato per costruire aerei, timoni navali ad alta efficienza e… propulsori navali.

Oggi parliamo, sinteticamente, di queste navi a rotore.

In effetti non se ne vedono molte, tuttavia esistono e stanno solcando i mari proprio in questo momento.

La prima nave a utilizzare questo sistema fu costruita proprio da Flettner nel 1924 ed era dotata di due cilindri larghi 3 metri e alti 15 che sfruttavano un piccolo motore e il vento per generare questa forza. Questo sistema ai tempi non fu ritenuto molto efficiente, almeno rispetto alla propulsione convenzionale, e venne abbandonato per un lungo periodo, tuttavia l’idea rimase latente fino agli anni ’80, quando fu pensata come un ausilio al propulsore principale per ridurre i costi del carburante via via crescente.

Ma come funzionano i rotori?

I rotori Flettner sono dei grossi cilindri che salgono in verticale dalla coperta della nave e sono meccanicamente collegati al propulsore, che poi è la loro principale fonte di energia. Funzionano come delle vele e in effetti il loro secondo nome è vele a rotore. Il vento, che colpisce i cilindri in rotazione, genera una forza perpendicolare che segue la legge dell’effetto Magnus:

Un corpo in rotazione in un fluido in movimento genera una forza perpendicolare sia  all’asse del corpo che alla direzione del fluido.

Graficamente la possiamo vedere così:

Quando il vento colpisce la nave al traverso, genera una forza che aiuta l’elica principale a spingere la nave in avanti. Se la rotta della nave cambia, il senso di rotazione del rotore può essere invertito per non creare una forza contraria al moto. Contribuendo alla propulsione, le vele a rotore abbattono i consumi che poi, in effetti, è il loro scopo primario.

Nell’Estate del 2010 compí il suo primo viaggio l’E-Ship1, una nave da carico con ponte a prua di 130 metri di lunghezza e circa 13.000 tsl, adibita al trasporto di turbine eoliche, dotata di  bow e stern trhuster, due eliche e quattro rotori Flettner alti 27 metri e larghi 4.

La E-Ship1 veniva spinta da due motori Diesel marini e, in parte, dai rotori, fino alla velocità massima di 17,5 nodi, ottenendo un risparmio di carburante pari al 10% rispetto a una propulsione a elica esclusiva.

Per alcune compagnie questi risultati valgono l’investimento e, proprio per questo, stiamo assistendo a un lento ma costante incremento del sistema nella flotta mondiale.

Nel 2015 due rotori vengono installati sulla Ro/Ro Estraden.

Nel 2018 un rotore viene installato a prua della nave da carico Fehn Pollux.

Nel 2018 viene installato un rotore alla nave passeggeri Viking Grace.

Nel 2018 quattro rotori mobili vengono installati sulla nave Afros di 199 metri e 36452 tsl.

La particolarità dei rotori mobili permette alla nave di svolgere più agevolmente le operazioni commerciali per poi utilizzare i rotori in navigazione:

https://www.youtube.com/watch?v=X8xysiW4S9Y&feature=emb_logo


Sempre nel 2018 vengono installati due rotori alti 30 metri e larghi 5, sulla petroliera Maersk Pelican – nel video che segue possiamo vederne l’installazione – nonché molti altri particolari del sistema:

 

 

https://www.youtube.com/watch?time_continue=19&v=Nrw_FPGsfA4&feature=emb_logo

 

Ognuna di queste navi dichiara consumi diminuiti dal 10 al 20% e minori emissioni inquinanti. La tecnologia e i materiali moderni hanno fatto abbattere i costi e ottimizzato le prestazioni, portando i rotori a essere sempre più leggeri e performanti.

Il potenziale per un ulteriore sviluppo esiste!

Se per mare vi capita di incontrare una di queste navi, fatecelo sapere e mandateci una foto! La pubblicheremo col Vostro commento.

 

CARLO GATTI

WEBMASTER

Rapallo, mercoledì 10 Giugno - 2020


22 MAGGIO 2020-GIORNATA DI PREGHIERA E MEMORIA PER TUTTI I MARINAI E PER IL POPOLO DEL MARE

AGENZIA D'INFORMAZIONE

22 MAGGIO 2020

NEGLI STATI UNITI SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA DI PREGHIERA E MEMORIA PER TUTTI I MARINAI E PER IL POPOLO DEL MARE

In questo momento 18 milioni tra navi maggiori e minori navigano sui mari di tutto il mondo

Nel 1933, il Congresso dichiarò la Giornata marittima nazionale per commemorare il viaggio a vapore americano della SAVANNAGH dagli Stati Uniti all'Inghilterra, segnando la prima traversata di successo dell'Oceano Atlantico con propulsione a vapore.

Afferma l'Amministrazione Marittima degli Stati Uniti sul suo sito web:

"Durante la seconda guerra mondiale oltre 250.000 membri della marina mercantile americana hanno servito il loro paese, con oltre 6.700 persone che hanno dato la vita, centinaia sono stati arrestati come prigionieri di guerra e più di 800 navi mercantili statunitensi sono state affondate o danneggiate".

Come parte della tradizione, ogni anno il Presidente degli Stati Uniti offre un annuncio in riconoscimento della festività e dell'importanza della Marina mercantile degli Stati Uniti.

Si celebra oggi in tutti gli Stati Uniti la Giornata nazionale di preghiera e di memoria per tutti i marinai e per il popolo del mare.

Istituita nel 1933 dal presidente Roosvelt per celebrare l’arrivo a Liverpool della prima nave a vapore SAVANNAH partita proprio il 22 maggio da Savannah in Giorgia, la celebrazione voleva onorare la Marina mercantile americana e oggi ricorda tutti coloro che lavorano sui mercantili e i benefici apportati dall’industria marittima alle nostre società. Brendan J. Cahill, vescovo della diocesi di Victoria, in Texas e responsabile dell’Apostolato del Mare (Aos), ha celebrato una messa sabato 19 maggio nel santuario nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington DC e ha incoraggiato ogni diocesi a ricordare, il 22 maggio, tutti gli uomini e le donne del mare sia nel corso delle omelie che con preghiere speciali.
L’Apostolato del Mare (Apostleship of the Sea – Aos) è un organismo della Chiesa cattolica che accompagna nella loro particolare vita di fede, i marittimi, i pescatori, le loro famiglie, il personale portuale e tutti coloro che lavorano o viaggiano in alto mare per lunghi mesi, indipendentemente dalla razza, dal colore o dal credo.
Negli Stati Uniti, l’Aos è presente in 53 porti marittimi di 26 Stati e in 48 diocesi. Cappellani sacerdoti, diaconi, religiosi e laici offrono attraverso questo servizio una “casa a chi è lontano da casa” per i marittimi attraverso la messa, la comunione, la confessione e altri sacramenti. A questo si aggiunge l’assistenza ai marittimi in difficoltà, le visite alle navi, piccoli centri sulla terraferma, con connessione internet, telefoni cellulari e schede telefoniche che facilitino i contatti con le famiglie. Durante le celebrazioni si è ricordato anche il messaggio che il cardinal Turkson, prefetto del Dicastero per lo sviluppo umano integrale, aveva inviato lo scorso anno ricordando che “il lavoro duro di oltre 1,5 milioni di marittimi, che trasportano quasi il 90% dei beni da noi utilizzati, ci consente di vivere una vita confortevole”. L’otto luglio prossimo, in occasione della giornata mondiale del mare, anche la Chiesa statunitense proporrà iniziative e celebrazioni per i marittimi.

U.S. Celebrates National Maritime Day

Giornata marittima nazionale!

Ogni anno, il 22 maggio, gli Stati Uniti celebrano la Giornata marittima nazionale, una festa in osservanza dei contributi degli uomini e delle donne della Marina Mercantile Americana, nonché dell'industria marittima degli Stati Uniti e dei benefici che porta al paese in termini di trasporti, posti di lavoro, merci, attività ricreative e sicurezza nazionale.

La data del 22 maggio è significativa perché segna il giorno in cui la SS Savannah nel 1819 partì per il primo viaggio riuscito da parte di una nave a vapore attraverso l'Atlantico, scatenando silenziosamente una nuova era di viaggi e trasporti marittimi.

La Giornata marittima nazionale fu dichiarata per la prima volta dal Congresso nel 1933, ma la festività assunse un significato speciale nella seconda guerra mondiale quando i membri della Marina mercantile degli Stati Uniti trasportarono le truppe e i servizi necessari alle truppe all'estero, il tutto subendo un tasso di perdite straordinario.

IMO

(Organizzazione marittima internazionale)

celebra la Giornata del Marittimo il 25 giugno

Con la sua campagna di sensibilizzazione “I AmOnBoard” nei confronti di un lavoro svolto sul mare, ma anche per il mare e con il mare, al di là del ”genere”. Per tutto il 2019, c’è una forte enfasi nel mondo marittimo sull’importanza e il valore delle donne all’interno dei ranghi professionali. Tutto è iniziato con la Giornata mondiale del

Mare (Empowering Women in the Maritime Community)

che ha portato una risonanza molto forte e di vasta portata. Sicuramente, le tantissime donne che lavorano sul mare e a bordo di navi in navigazione, meritano una giusta attenzione.

È un’opportunità per le donne in una vasta area di carriere e professioni marittime, ma che occorre focalizzare i tanti aspetti che i marittimi in genere soffrono, a partire dai contratti di lavoro che riguardano solo i periodi d’imbarco e per finire ai tanti certificati (STCW) per poter svolgere la professione di “gente di mare”.

In particolare, contestiamo la deriva culturale dei Nautici italiani in professionali dei trasporti; la rivoluzione culturale che non esistono più ”Comandanti e o Capitani” – della via in mare – ma solo conduttori di un mezzo, su vie stabilite e pianificate dall’economia e non dalla navigazione, chiamato ancora nave. Per l’Italia dei marittimi e portuali il problema è ancora più complesso, visto che ancora non si riesce a ristabilire un Ministero del Mare e della marina Mercantile, e che la maggior parte dei marittimi non si riconoscono “ferrovieri e camionisti”.

“E’ chiaro che nella categoria dei marittimi vi sono tutti i lavoratori che operano si sul mare, ma anche per e con il mare. Anche quest’anno si può partecipare sui social media “ # IAmOnBoard” per mostrare la propria solidarietà per l’uguaglianza di genere nella marineria, sia su Twitter, Facebook e Instagram. Buon vento in poppa e mare calmo a prua.

 

Leggi anche:

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Bacardi Cup Invitational Regatta: Calvi Network finisce ancora una volta sul podio

2 Giugno, ad Ostia si celebra il VelaDay

25 GIUGNO: GIORNATA MONDIALE DEL MARITTIMO ACNL

25 Giugno 2012: Giornata Internazionale del marittimo

Argomenti:

 

APOSTOLATO DEL MARE

 

MARITTIMI

 

Persone ed Enti:

 

CONFERENZA EPISCOPALE STATUNITENSE

 

Luoghi

 

STATI UNITI

Carlo GATTI - Nunzio CATENA

Rapallo, 22 Maggio 2020


SULLA ROTTA DELLE BANANE...

SULLA ROTTA DELLE BANANE...

di Thomas Lebano

 

Durante l'intero periodo dell'anno, abbiamo la libera scelta di andare al supermercato o nei negozi per acquistare praticamente ogni tipo di frutta.

Ma perché abbiamo tutta questa disponibilità??

Determinati frutti, per crescere, hanno bisogno di condizioni climatiche specifiche, riescono a maturare solamente ad a una certa temperatura: ci dev'essere molto caldo e deve piovere copiosamente, queste caratteristiche esistono esclusivamente ai tropici.

Ormai le modalità di Trasporto sono ben note: via aria, via terra e via mare.

Il trasporto via mare è utilizzato per coprire grandi distanze e si adatta a merci non deperibili: generalmente, infatti, è il tipo di trasporto più economico, ma è anche più lento. Il tempo può variare da una manciata di giorni a mesi, a seconda della distanza e dei servizi disponibili. Un aspetto positivo è che con questo tipo di trasporto è possibile spostare grandissime quantità di materiali rispetto ai concorrenti via terra e via aerea, che hanno possibilità molto più limitate. Sicuramente per le compagnie marittime una delle difficoltà più importanti è data dal trovare, una volta che la merce è arrivata nel porto, un’adeguata rete di collegamento con l’entroterra.

Il trasporto via mare rimane comunque il mezzo ideale per le lunghe distanze e i grandi carichi internazionali, naturalmente se l’azienda ha un giro di affari tale da poter coprire le spese del servizio.

Il trasporto via mare rappresenta il metodo più diffuso per trasportare merci in tutto il mondo.

Dopo aver compiuto quattro imbarchi su navi bananiere con stive refrigerate, ho imparato davvero molte cose e ho potuto fare chiarezza su come sia possibile trasportare quintali di frutta e farla arrivare a destinazione prima che maturi del tutto.

Più di tante parole, a volte é sufficiente soltanto una fotografia per dare l'idea del progresso.

Foto Carlo Gatti

1963, PUNA' DI QUAYAQUIL (Ecuador) - Imbarco di banane sulla nave italiana MARCO POLO della Soc. Italia di Navig. A quel tempo le navi venivano caricate a spalla (vedi foto sopra); ogni casco di banane pesava 30-50 kg.

Questo articolo ha soltanto lo scopo di informare il lettore sui metodi applicati dalla mia Compagnia di navigazione; le procedure possono variare su altre navi simili, ma i risultati penso siano gli stessi, così come i viaggi e lo stesso mare tropicale.

La seguente scaletta dà un'idea, sintetizzata, dell'intera sequenza necessaria per far arrivare tutta la frutta dai luoghi di produzione a quelli del mercato.

Inizialmente tutta la frutta si trova all'interno di una vasta piantagione, quando è ancora acerba ma della giusta dimensione, avviene manualmente il taglio del casco,  dopo di che, tramite un sistema di carrucole, si portano tutti i caschi di banane al centro d'imballaggio dove prima vengono controllati e poi inscatolati.

Successivamente il carico viene trasportato tramite i camion fino alla banchina del porto dove inizieranno le operazioni di carico e scarico a nave ormeggiata.

Finite le operazioni commerciali la nave inizia il viaggio. Specifici membri dell'equipaggio che ora andremo a conoscere, hanno il compito di controllare le temperature delle stive e dei container. Questo controllo viene eseguito dall'allievo ufficiale di coperta insieme all'assistente elettricista, facendo per ogni container il check delle temperature due volte al giorno, alla mattina alle 08:00 e al pomeriggio alle 16:00, tutti i giorni fino all'arrivo.

Infine, giunti al porto di destinazione, nel momento in cui la merce viene scaricata dalla nave, comincia il suo percorso attraverso i vari acquirenti che hanno richiesto il carico, tra cui negozi indipendenti e grossi supermercati.


Nave Cala Pedra


Cosiarma dispone di quattro navi di proprietà, le ‘Cale rosse’ (Cala Palma, Cala Pino, Cala Pedra, Cala Pula), ognuna con capacità di carico pari a 10.360 pallets in celle frigorifere e 560 TEUs in coperta.

DATI PRINCIPALI

Numero IMO

9164782

Nome dell'imbarcazione

CALA PEDRA

Tipo di imbarcazione

Refrigerated Cargo Ship

Bandiera

Italy

Porto base

Vado Ligure

GT

14868

DWT (t)

16024

Lunghezza complessiva (m)

190

Larghezza massima (m)

24

MA COSA SUCCEDE DIETRO LE ROTTE DEI FRUTTI TROPICALI?

Navigo a bordo di una porta-container varata nel 1998, accompagnata da 3 navi gemelle chiamate abitualmente "CALE".

Tutte e quattro le navi compiono viaggi della durata di 35 giorni scalando i seguenti porti:

Viaggio di Andata

Vado Ligure………………. (porto di partenza)

Tarragona…………………. (Spagna)

Rio Haina…………………… (Repubblica Domenicana)

Turbo…………………………  (Columbia)

Moin – Porto capolinea (Costa Rica)

capolinea.

Viaggio di ritorno

Setubal ………. (Portogallo)

Vado Ligure… (Italia)

Fine e inizio di un nuovo viaggio.

Il NOLO di queste navi consiste nel trasportare principalmente grossi carichi di banane e ananas. Uso il termine principalmente perchè essendo la nave una porta-container può anche trasportare quantità di dry cargo, ovvero merce varia solida non deperibile.

La più marcata differenza tra questa tipologia di nave e la FULL-CONTAINER moderna, è che la prima non è FULL – Il che significa che i Containers non vengono stivati sottocoperta ma soltanto al di sopra di essa, mentre tutto il rimanente carico di frutta viene caricata all'interno delle stive, ossia dei ponti sottostanti alla coperta principale.

In parole "terrestri" si tratta di veri e propri piani posti verticalmente.

Queste stive, per facilitarne l'identificazione, sono chiamate a partire dall'alto; ALFA, BRAVO, CHARLIE e DELTA.

Ognuno di questi ponti ha a disposizione tre diversi locali numerati che vanno da prua verso poppa.

Per dare un'idea della disposizione, i ponti sono stati progettati nel seguente modo.

COPERTA DELLA NAVE

---------------------------------------

3.        2.      1.            ALFA

---------------------------------------

3.        2.       1.           BRAVO

---------------------------------------       

3.        2.       1.           CHARLIE

---------------------------------------

3.        2.       1.            DELTA

---------------------------------------

Ogni locale numerato è diviso singolarmente dalle sliding door, che sono porte rettangolari che tramite un pistone si aprono e si chiudono orizzontalmente.


SLIDING DOOR


Dietro i paletti in basso, si può notare il pistone che guida la "porta" nella fase di apertura e chiusura.

Gli SLIDING DOOR hanno la funzione di separare i carichi per le diverse destinazioni e soprattutto quello di impedire il passaggio d'acqua in caso di falla del doppio scafo, quindi di un possibile allagamento. Le  Sliding Door hanno anche la funzione di porte taglia fuoco con lo scopo d’impedire la propagazione di incendi. Questi locali sono molto ampi e necessitano della protezione di un impianto CO2.

All'interno di queste stive, i carichi di frutta vengono sistemati in maniera precisa e schematica.

Per facilitare le operazioni, si usano dei Bancali di legno che possono sostenere in totale poco più di 1.000 kg definiti Pallets.


Pallets di legno

Avendo una forma quadrata, al di sopra di questi bancali vengono impilati circa 50 scatole di frutta, il numero dipende dalla dimensione dei contenitori. Arrivano ad avere una forma compatta una volta imballati, dopo di che, tramite i transpallet e forklift, adibiti al trasporto di uno o due bancali, vengono incastrati senza lasciare spazi tra essi lungo le paratie fino a riempire l'intera stiva.

E’ necessario stivare i bancali in maniera compatta e senza spazi liberi per evitare danni in caso di rollio e beccheggio della nave con cattivo tempo.


Qui stavamo Navigando lungo la costa della Sardegna, l'anemometro segnava quasi 80 nodi di vento.


Costa Sarda vista dalla Plancia.

Per cui, più è compatto il carico, meno esso rischia di danneggiarsi cadendo o sbattendo contro le paratie. Inoltre, per maggiore sicurezza, la merce viene rizzata con i lashing bar.


Materiale di rizzaggio


Forklift


Transpallet

In totale le stive possono arrivare a contenere circa 6.000 pallets, mentre in coperta il numero dei container frigo può arrivare a 250, ogni container può contenere 20 pallets.


L'immagine che segue mostra come vengono sistemati i bancali all'interno della stiva

La seguente foto:


mostra il trunk di uno dei due side-loading posti a prua il primo, e a poppa il secondo, si possono notare i seguenti ponti collegati alle stive mentre in cima si vede la piattaforma che muovendosi verticalmente fa spostare i pallets dell'elevatore ai vari piani, una volta che si arriva al piano desiderato si fanno "camminare" i bancali su una serie di rulli chiamati Conveyor comandati da un operatore, a questo punto gli stivatori, manovrando il forklift, li recuperano dai rulli e li posizionano nella zona d'interesse a seconda della destinazione.

Durante la caricazione delle stive, gli ufficiali hanno il compito di marcare il modo in cui vengono posizionati i bancali accertandosi che il giusto quantitativo di merce venga stivata nella corretta posizione, segnando quantità e il brand ovvero la marca.


REEFER

Parlando invece dei container, ne esistono di vari dimensioni e con funzionalità diverse ad esempio quello presente nella foto, è un reefer container o container frigo, questo in particolare è di tipo high cube, ovvero il più alto tipo di container, funziona come un comune frigo e può contenere un massimo di venti pallets.


Dimensioni container da 40 piedi high cube :

Lunghezza: 12 metri e 19 centimetri

Larghezza: 2 metri e 43 centimetri

Altezza: 2 metri e 89 centimetri

Tutti i container a seconda del porto vengono caricati tramite 2 gru presenti in coperta oppure dalle gru paceco installate in banchina.


Gru di bordo

La prima Gru che si nota è quella di bordo, ha una capacità massima di 43 tonnellate.

La foto successiva mostra una gru di terra chiamata Paceco, molto più precisa e rapida. Le gru di bordo vengono usate nei porti minori dove le Paceco non esistono.


Gru Paceco

Pannello di un container frigo sul quale é visibile il display che mostra la temperatura di settaggio e quella che effettivamente viene erogata all'interno.


Uno sguardo alla sicurezza.

La sicurezza dell'equipaggio é primaria e viene salvaguardata in ogni momento sia in porto che in navigazione!

Molta attenzione viene prestata durante la caricazione, il rizzaggio, in navigazione e durante la scaricazione. Tutto dev'essere organizzato, pianificato e gestito, senza errori, perché ogni merce è assicurata e se dovesse arrivare danneggiata, la compagnia perderebbe una parte dei guadagni che sono fondamentali per la gestione della Compagnia.

Oltre al carico, l’equipaggio deve pensare all’efficienza e alla manutenzione della nave essendo sottoposta costantemente agli effetti corrosivi del mare salato  trasportato dal vento, dalle correnti, dalla continua esposizione al sole e alle condi-meteo.

Ultima, ma non per importanza, é la sicurezza della navigazione. Il Comandante, se necessario, ma soprattutto gli ufficiali di coperta eseguono 3 turni di guardia sul Ponte di comando coprendo le 24H affinché la rotta proceda sempre in tutta sicurezza.

Per dare un'idea del livello di attenzione che si deve mantenere sul ponte di comando, la seguente foto mostra la situazione del traffico nei pressi dello stretto di Gibilterra.

Lo Stretto di Gibilterra é vicino

I momenti più "delicati" del nostro viaggio sono le manovre nei porti, il passaggio dello Stretto di Gibilterra, l’entrata nel Mar Caraibico e l’incontro con il flusso di navi nei due sensi del Canale di Panama.

Durante la navigazione oceanica occorre fare molta attenzione ai piovaschi che spesso celano la presenza di pescherecci, talvolta imprevedibili nei loro spostamenti. Tuttavia, la navigazione al giorno d’oggi gode di molti dispositivi di sicurezza e vari strumenti utili per condurre la nave in sicurezza, come ad esempio le carte elettroniche visibili attraverso l'ECDIS, insieme ai GPS, ECO-SCANDAGLI e RADAR.

I pericoli e gli incidenti, purtroppo, sono ancora tanti: incidenti ambientali e non, incendi, falle, esplosioni e collisioni sono all’ordine del giorno ad ogni latitudine e longitudine su tutti i mari. Per questo motivo a bordo occorre esercitare sempre la massima attenzione la quale, per essere efficace, deve essere supportata da passione e senso del dovere. Questa professione, per noi giovani alle prime armi, é maestra di vita perché insegna a non trascurare i dettagli e ad assumersi le proprie responsabilità.

Concludo RINGRAZIANDO i Comandanti, Ufficiali ed equipaggi che ho avuto l’onore di conoscere, con cui ho lavorato e vissuto in questo periodo d’allievo e soprattutto per quello che mi hanno insegnato; dal lavoro, al comportamento e il rispetto per le regole.
Un sentito ringraziamento va anche alla mia famiglia per il supporto datomi in particolare da mio nonno Comandante Carlo Gatti insieme a un amico di famiglia Comandante Nunzio Catena per avermi sempre seguito, scritto e aiutato.

Rapallo, 1 Aprile 2020


RICORDO DI PIETRO RICCI, MAESTRO D'ASCIA DELLE GRAZIE (SP)

 

RICORDO DI PIETRO RICCI

MAESTRO D’ASCIA DELLE GRAZIE (SP)


Il 27 Marzo ultimo scorso è  mancato a Le Grazie (Spezia) all’età di 94 anni PIETRO RICCI una persona straordinaria, Maestro d'ascia e soprattutto maestro per i suoi ragazzi ai quali con grande passione insegnava come lavorare il legno e tante altre cose.

Pietro Ricci, come militare,  aveva  prestato servizio nell’Areonautica e per alcuni anni prestò servizio alla Scuola Telecomunicazioni FF AA di Chiavari proprio negli anni ’50.

Dal Libro “LA CASERMA DI CAPERANA”  edito alcuni anni fa dal Museo Marinaro coautori  CV S. Benedetti e Col. S. Schiappacasse a pag. 118 e 119 rileviamo:

La sera del 14 ottobre 1953, dopo vari giorni di pioggia intermittente, un violento nubifragio si scatenò sulla zona di Chiavari. Verso le ore 0,45 del 15 ottobre le acque divenute impetuose del fiume Entella tracimarono circa 3 km a monte della foce e, percorrendo la via provinciale investirono violentemente il muro di cinta della Scuola a ovest e a nord. Un tratto di una trentina di metri del muro di cinta lato ovest, verso l’ingresso degli alloggi Sottufficiali, venne violentemente abbattuto e l’acqua sfogò all’interno del comprensorio militare. Dopo circa 7 minuti le acque avevano raggiunto l’altezza di un metro e mezzo nella zona nord e di un metro nella zona sud, circa 600 metri del muro di cinta erano stati abbattuti, tutti i locali del pianterreno e gli scantinati erano invasi dall’acqua fangosa. Fu subito aperta una breccia di 5 metri sul muro di cinta lato sud, a mezzo di un camion, per consentire il veloce deflusso delle acque che avevano già raggiunto i due metri di altezza.

Verso le 03,30 una squadra inviata in ricognizione nella zona nord della Scuola rinveniva, in un rientrante della palazzina Sottufficiali, il cadavere del 1° Aviere Gentile Sosio e lo trasportava in infermeria; successivamente i feriti che si erano rifugiati nella palazzina Sottufficiali venivano trasportati presso l’Ospedale Civile. Verso le 05,30 le acque erano completamente defluite dalla Scuola e si contavano le perdite e i danni: un militare di truppa deceduto ed 11 feriti lievi. Pochi sanno che tra i feriti c’era l'aviere PIETRO RICCI da Le Grazie. Lo trovarono insieme agli altri tutto pieno di fango con gli occhi chiusi. Pensavano fosse morto anche lui ed invece era solo svenuto e quasi annegato ma ancora vivo.

Grazie alle testimonianze dei commilitoni, l’aviere Gentile Sosio che nel nubifragio perse la vita, sarà proposto con la sottonotata motivazione per una Medaglia di Bronzo al Valore Civile

“Nella notte del 15 ottobre 1953 il 1° Av. di governo B.F. Gentile Sosio è accorso volontariamente nella zona nord della Scuola ove, in seguito allo straripamento del fiume Entella, si è verificata una infiltrazione di acqua attraverso una porta del muro di cinta che minacciava di allagare i padiglioni alloggi Sottufficiali. Mentre era intanto al lavoro di tamponamento, il 1° Aviere Gentile è stato mortalmente colpito dai massi di un tratto del muro di cinta, crollato in seguito all’urto dell’acqua irrompente”.

Alcuni anni fa registrai in audio e video la narrazione del nubifragio del 1953 dalla viva voce di Pietro Ricci.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente  nelle mie numerose collaborazione con il noto giornalista della NAZIONE di La Spezia CORRADO RICCI. E così ho pensato di ricordare questa straordinaria persona anche con questo sconosciuto episodio. Nel maggio del 1946 partecipò attivamente alla riparazione dei velieri FEDE e FENICE che portarono in Palestina migliaia di Ebrei i cosiddetti “immigranti illegali” sfuggiti allo sterminio nazista.

Ma vi prego dare un’occhiata a questi LINK e al comunicato stampa a firma Corrado Ricci della Nazione di La Spezia per capire la grandezza di questa straordinaria persona grandissimo anche per la sua semplicità e modestia ma soprattutto per la sua “SAPIENZA” che ora abbiamo perduto.

mmta548 – Ricordo di Pietro Ricci di Corrado

https://youtu.be/Tch9N4COhws

mmta401 - Pietro Ricci parla del Calafataggio

https://www.youtube.com/watch?v=8j8Gql-aVMM

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

 

Ernani ANDREATTA

Rapallo, 31 Marzo 2020



IN MARE ...

IN MARE….

Si parla poco dei marittimi! Perché? Eppure le persone appartenenti alla GENTE DI MARE nel mondo sono 1,5 milioni sparsi su 85.905 navi destinate al lungo corso (2018). E quanti sono i loro familiari che li attendono a casa?  Più volte abbiamo affrontato questo tema e, credo, vi sia una sola domanda e nessuna risposta:

La gente di mare non si vede, non si sente, quindi non esiste?

La cosa strana é che la “spiegazione” non viene neppure dalla gente della costa, (escluse alcune località di lunga tradizione marinara), che nel frattempo ha subito un salto di mentalità: da marittima a balneare, come se la linea dell’orizzonte li tagliasse fuori dal resto del mondo!

Suggestiva  é l’immagine delle navi che scompaiono dall’orizzonte ed entrano nel mistero.

Forse perché il marittimo é la variante del frate trappista; entrambi vivono e si muovono tra una “cuccetta” e il ponte di comando che un tempo era il “tabernacolo” dalla nave preferendo “staccarsi” dal mondo per sprofondare tout court nella propria missione.

Fonte: Cultura ed Economia marittima

 

Durante "la gloriosa epopea della vela", un tempo non troppo lontano, il periodo d’imbarco su un veliero poteva durare quattro anni, oggi questa specie di “galera” si é ridotta a sacrifici che, pur essendo sempre UMANI…, non hanno modificato l’essenza della sua vocazione al silenzio, alla meditazione e alla convivenza forzata che lo immunizza, tuttora, da qualsiasi VIRUS terrestre.

Ogni tanto ricordiamoli e ringraziamoli per il loro “solitario” sacrificio che ci garantisce, con i trasporti giornalieri di cui é l’artefice, ciò di cui abbiamo bisogno!

Lasciamo ora la solitudine dei marinai ed entriamo nel loro “mondo" che é molto più affollato di quanto si pensi sulla terraferma! Un esempio di questa presenza ce la dà ogni giorno la carta di MARINE TRAFFIC.


MARINE TRAFFIC

Al servizio offerto da MarineTraffic accedono oggi oltre 6 milioni di utenti al mese. Ma questo non è l’unico numero che spiega l’importanza di questo database. In questo periodo di tempo vengono registrati 800 milioni di posizionamenti, 18 milioni tra navi maggiori e minori e 650mila elementi. Ovvero porti, fari e tutto quello che fa parte dell’universo marino. Ogni nave viene poi descritta nei minimi particolari: dimensioni, luogo in cui è stata costruita, tonnellaggio e numero IMO (International Maritime Organization) che la identifica a livello globale.

 

IL TRACCIAMENTO DEI DATI

Per raccogliere le informazioni viene utilizzato un sistema, chiamato AIS (Automatic Identification System). Uno standard mondiale che obbliga le navi di una certa dimensione a trasmettere attraverso un dispositivo alcuni dati importanti come posizione, carta d’identità del mezzo, velocità, rotta, stato dell’imbarcazione e destinazione. Dati che, sovrapposti e sistemati grazie alle API di Google Maps, permettono di creare una mappa molto dettagliata. Attraverso una partnership con Orbcomm, inoltre, MarineTraffic offre anche un impianto di localizzazione satellitare per quelle navi che, in giro per gli oceani, sono fuori dalla portata delle stazioni AIS costiere.

Marine Traffic non è l’unico sito che svolge un‘operazione di questo tipo. ShipFinder e Vessel Finder pur dando molte informazioni all’utente, presentano una piattaforma molto meno curata anche se offrono servizi molto simili, di cui quelli più avanzati a pagamento. FleetMon, invece, è una delle migliori applicazioni per iPad e iPhone per navigare per i sette mari.

Secondo il libro "Ninety percent of everything" della giornalista Rose George il 90% di ciò che compriamo arriva via mare. Eppure del trasporto marittimo si parla poco e ancora meno si sa. Non che manchino record e curiosità:


1. Un mondo di container
Considerato il numero di navi che ogni giorno solcano gli oceani, in questo momento ci sono circa 20 milioni di container in viaggio. È stato calcolato che ogni anno se ne perdono almeno
10 mila in mare. A proposito: si tratta di un'invenzione abbastanza recente. Li ha inventati Malcom McLean, nel 1956. Hanno dimensioni standard: sono lunghi 6 o 12 metri, larghi 2,4 m, alti 2,6 m. Ma ce ne sono anche di più alti, con lati aperti, o di dimensioni particolari.

Maersk Mc-Kinney MØLLER mentre attraversa il Canale di Suez.

2. Le navi dei record
Fino ad un anno fa le navi porta container più grandi erano le Maersk Triple EClass lunghe 400 metri, con una capacità di trasporto di 18 mila container e costavano 185 milioni di dollari l'una. Il primo cargo di questa serie il Maersk Mc-Kinney Moller è entrato in servizio a luglio 2014, seguito da altri due ad agosto. Nel giugno 2014 dai cantieri ne sono uscite altri 7. Oggi si parla di navi entrate in servizio con una capacità di 22.000 container.


3. Ecologico… o no?
Visti e considerati i numeri giganti del trasporto marittimo, l'impatto di migliaia di navi sull'ambiente non va sottovalutato. Se l'industria del trasporto navale fosse un Paese, sarebbe il sesto Paese più inquinante del mondo. Anche per questo, ma soprattutto per risparmiare carburante, diverse aziende stanno studiando come realizzare una nave da trasporto a vela
(caratterizzata da altissime vele verticali). Tra queste anche la società irlandese B9 Shipping.

 

4. Google Maps
Potete tenere traccia delle navi che in questo momento solcano il mare attraverso una mappa di Google aggiornata in tempo reale sul sito Shipfinder. Cliccando su ogni nave si apre una scheda con nome e caratteristiche.


5. Pirati
Nel 2012 il numero di attacchi di pirati alle navi è stato maggiore di quello delle aggressioni violente in Sudafrica, il paese col tasso di criminalità più alto del mondo. Si calcola che dal 2005 ad oggi, i soli pirati somali abbiano sequestrato 149 di navi, realizzando più di 300 milioni di dollari di riscatto.

 

6. Ispezioni

Solo il 5 per cento dei container spediti ai porti degli Stati Uniti viene ispezionato, e questa percentuale è ancora più bassa in Europa.

 

7. Ma dove vanno (e da dove vengono) i marinai?

I lavoratori provenienti dalle Filippine costituiscono un terzo di chi presta servizio sulle navi da trasporto merci nel mondo (circa 1,5 milioni di persone). Solo il 2% della forza lavoro dell'industria del trasporto navale è costituita da donne

8. Che classe!
Le navi mercantili si dividono in 4 categorie: petroliere (trasportano petrolio), metaniere (trasportano gas), porta-container e porta rinfuse. 

9. Ogni buco non è un porto

SIPG gestisce 125 ormeggi nel porto di Shanghai con una lunghezza totale di circa 20 chilometri. C’é da aggiungere il complesso portuale di Yangshan Deep Water (nella baia di fronte) che ha una lunghezza di 36 Km. Dove arriveranno i cinesi?


Secondo il
World Shipping Council il porto di Shangai in Cina (nella foto) è il primo del mondo per traffico di container, seguito da quello di Singapore. E la Cina si accaparra 7 posizioni sulle prime 10. L'Europa entra in classifica all'undicesimo posto, con il porto di Rotterdam. E l'Italia? Tra i primi 50 porti quest'anno non c'è. Gli anni scorsi invece in classifica figuravano Gioia Tauro e Genova.

Fonte: www.focus.it


MSC OSCAR dell’Armatore italiano Luigi Aponte

MSC Oscar è una delle più grandi navi portacontainer  al mondo.  Battezzata l'8 gennaio 2015, MSC Oscar è stata per breve tempo la nave portacontainer più grande al mondo. MSC Oscar prende il nome dal figlio di Diego Aponte, presidente e amministratore delegato del proprietario della Mediterranean Shipping Company (MSC). La nave è stata costruita da Daewoo in Corea del Sud per 140 milioni di dollari.

 

MSC Oscar

Descrizione generale

Flag of Panama.svg

Tipo

portacontainer

Proprietà

MSC

Porto di registrazione

Panama

Identificazione

9703291

Entrata in servizio

2015

Caratteristiche generali

Stazza lorda

192 237 tsl

Portata lorda

197 362 tpl

Lunghezza

395,4 m

Larghezza

59 m

Pescaggio

16 m

Propulsione

motore diesel MAN Diesel11S90ME-C a due tempi

Velocità

22,8 nodi (42 km/h)

Autonomia

· in immersione:

· in emersione:

Capacità di carico

19 224 TEU

Equipaggio

35

voci di navi mercantili presenti su Wikipedia

 

10. Andiamo sulla Luna
Una nave container in un anno percorre in media l'equivalente di tre quarti della strada dalla Terra verso la Luna.

Paesi

Numero di navi della marina mercantile

Anno

Indonesia

9,053

2018

Panama

7,914

2018

Giappone

5,299

2018

Cina

4,610

2018

Stati Uniti

3,692

2018

Singapore

3,526

2018

Liberia

3,321

2018

Russia

2,625

2018

Hong Kong

2,615

2018

Malta

2,205

2018

Corea del Sud

1,897

2018

Vietnam

1,863

2018

India

1,719

2018

Malesia

1,704

2018

Filippine

1,615

2018

Norvegia

1,581

2018

Gran Bretagna

1,570

2018

Bahamas

1,418

2018

Italia

1,405

2018

Grecia

1,343

2018

Turchia

1,277

2018

Paesi Bassi

1,233

2018

Saint Vincent e Grenadine

889

2018

Antigua e Barbuda

853

2018

Thailandia

807

2018

Brasile

791

2018

Belize

764

2018

Iran

720

2018

Danimarca

668

2018

Canada

657

2018

Germania

629

2018

Messico

617

2018

Emirati arabi uniti

616

2018

Portogallo

576

2018

Nigeria

576

2018

Australia

563

2018

Francia

555

2018

Honduras

550

2018

Sierra Leone

469

2018

Ucraina

417

2018

Vanuatu

405

2018

Egitto

389

2018

Arabia Saudita

380

2018

Cambogia

364

2018

Svezia

359

2018

Bangladesh

329

2018

Tanzania

329

2018

Togo

327

2018

Azerbaigian

313

2018

Corea del Nord

274

2018

Venezuela

269

2018

Taiwan

267

2018

Mongolia

265

2018

Bahrein

259

2018

Finlandia

259

2018

Tuvalu

254

2018

Saint Christopher e Nevis

240

2018

Cile

222

2018

Comore

218

2018

Belgio

192

2018

Papua Nuova Guinea

173

2018

Argentina

167

2018

Isole Cayman

165

2018

Kuwait

158

2018

Lussemburgo

152

2018

Moldavia

151

2018

Polonia

148

2018

Qatar

140

2018

Ecuador

137

2018

Croazia

131

2018

Barbados

121

2018

Kazakistan

121

2018

Spagna

119

2019

Romania

112

2018

Nuova Zelanda

111

2018

Kiribati

111

2018

Algeria

106

2018

Colombia

102

2018

Trinidad e Tobago

102

2018

Brunei

100

2018

Dominica

100

2018

Libia

98

2018

Perù

95

2018

Myanmar

95

2018

Irlanda

88

2018

Sudafrica

88

2018

Marocco

87

2018

Sri Lanka

87

2018

Georgia

82

2018

Bulgaria

80

2018

Iraq

80

2018

Paraguay

80

2018

Estonia

74

2018

Turkmenistan

72

2018

Lettonia

68

2018

Tunisia

66

2018

Lituania

61

2018

Figi

60

2018

Albania

60

2018

Uruguay

57

2018

Angola

55

2018

Guyana

55

2018

Libano

55

2018

Pakistan

53

2018

Oman

51

2018

Bolivia

49

2018

Ghana

44

2018

Capo Verde

43

2018

Giamaica

43

2018

Israele

42

2018

Cuba

41

2018

Guinea Equatoriale

38

2018

Islanda

33

2018

Tonga

33

2018

Giordania

32

2018

Yemen

31

2018

Svizzera

30

2019

Gabon

29

2018

Madagascar

28

2018

Maurizio

28

2018

Senegal

28

2018

Mozambico

27

2018

Congo (ex Zaire)

27

2018

Seicelle

24

2018

Isole Salomone

23

2018

Repubblica dominicana

23

2018

Kenya

22

2018

Siria

21

2018

Camerun

19

2018

Sudan

18

2018

Congo

16

2018

Gibuti

15

2018

Costa d'Avorio

15

2018

São Tomé e Príncipe

15

2018

Samoa

13

2018

Montenegro

12

2018

Etiopia

11

2018

Costa Rica

11

2018

Nuova Caledonia

10

2018

Suriname

10

2018

Namibia

10

2018

Guinea Bissau

9

2018

Gambia

9

2018

Eritrea

9

2018

Guatemala

9

2018

Groenlandia

8

2018

Slovenia

8

2018

Mauritania

7

2018

Grenada

6

2018

Benin

6

2018

Bielorussia

5

2018

Somalia

5

2018

Nicaragua

5

2018

Haiti

4

2018

Isole Falkland

3

2018

El Salvador

2

2018

Guinea

1

2018

Niger

1

2018

Laos

1

2017

Macao

1

2018

Zambia

1

2017

Uganda

1

2017

TOTALE = 85.905 unità nel 2018

Fonte:

Index mundi  -  https://www.indexmundi.com/

CONCLUSIONE

Nel presente articolo ho posto una domanda: dove arriverà la Cina?

Guardando in casa nostra, Genova e Trieste sono i porti italiani in prima linea per entrare a pieno titolo, anche con accordi di partnership, nei progetti italo-cinesi per la Belt & road initiative (Bri). La nuova Via della seta si sta sviluppando sia sulla direttrice terrestre, con la ferrovia, sia su quella marittima. E se il Mediterraneo appare al centro degli interessi cinesi che si stanno estendendo in vari scali dell’area, a partire dal Pireo, controllato da Cosco (China ocean shipping company), Genova e Trieste stanno diventando i maggiori poli d’attrazione del Tirreno e dell’Adriatico per il Dragone.


Genova-Sampierdarena. La zona qui rappresentata é tuttora chiamata Porto Nuovo. La zona portuale a monte della linea rossa, fu costruita negli Anni ‘20 tra le due guerre mondiali. Oggi la lunghezza delle navi si é quadruplicata e Genova dovrà decidere se rimanere una modesta realtà regionale, o se accettare la sfida dei porti Nord-Europei e rimanere nel grande circuito internazionale come la sua storia millenaria rivendica.

Un anno fa, nell’ambito della visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping, lo scalo ligure ha messo a punto un accordo di partnership, con il gruppo Cccc (China communications construction company), terza società di costruzioni al mondo che, ha spiegato Paolo Signorini, presidente dell’Autorità di sistema portuale di Genova e Savona, fornirà supporto tecnico alla Adsp nell’affidamento degli appalti di alcune grandi opere all’interno del porto di Genova, tra le quali la nuova diga foranea.

La nuova configurazione della diga vedrà un avanzamento a mare dell’attuale opera di circa 500 metri, per uno sviluppo di poco meno di cinque chilometri, su fondali medi di quaranta metri. Il porto di Genova, una volta terminata l’opera, potrà contare su un’infrastruttura che consentirà l’accesso in banchina alle portacontainer di ultima generazione da 22mila teu.

“Inizia il percorso progettuale e amministrativo che cambierà la storia del porto di Genova” – Ha commentato Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale.

Carlo GATTI

Rapallo, 18 Marzo 2020