METTITI CON LA SCHIENA AL VENTO NELLA POSIZIONE DEL CROCIFISSO…
METTITI CON LA SCHIENA AL VENTO NELLA POSIZIONE DEL CROCIFISSO…
Pochi giorni fa, verso le 15, Rapallo fu investita da una burrasca fortissima che ha prodotto danni ingenti e smottamento di massi per i quali ancora oggi siamo costretti a girare per le colline prima di poter scendere a valle. Ma questo non vuole essere un MUGUGNO… e poi contro chi?
Per fortuna quella serie di bombe d’acqua durò solo due ore…
La cosa più strana, ma non troppo, é che secondo l’ARPAL meteo di Genova, in quel pomeriggio stava splendendo il sole …
Nulla di nuovo sotto le stelle! Alcuni anni fa si diceva che le Previsioni del tempo basate su modelli matematici indovinavano soltanto una percentuale del 40%. Per cui si disse con qualche ironia e molte verità, che il problema poteva essere in parte risolto diffondendo previsioni opposte e contrarie a quelle emesse tramite i dati satellitari ottenendo in questo modo almeno il 60% di verità.
A quel punto, un familiare che si fida ciecamente dei dati forniti dal suo cellulare ultimo tipo mi ha chiesto:
Ma come hai fatto a ritornare sempre a casa dai tuoi viaggi con queste indecenti previsioni del tempo che lo Stato (Regione) fornisce e che, sicuramente, ai tuoi tempi erano ancora peggiori?
Ai miei tempi il Comandante si fidava solo di quello che vedeva: onde, vento, colore del mare, tipo di nuvole, volo dei gabbiani ecc…, ma soprattutto era un barometro dipendente. Per lui quello strumento era la voce di Dio. Ne aveva uno sul Ponte di Comando: il barografo, che gli metteva per iscritto l’andamento del tempo, uno in cabina e un altro nella sala da pranzo. Se la lancetta dello strumento tendeva ad abbassarsi faceva una smorfia preoccupata perché, secondo lui, stavamo andando verso una bassa pressione che era da evitare, specialmente se la rotta della nave poteva incrociare il suo centro.
OK! Ma chi vi forniva il Bollettino del tempo? E su cosa si basava?
Le grandi città marittime italiane e straniere disponevano di Stazioni Meteo Costiere che emettevano bollettini del tempo su date frequenze e a determinati orari. I dati emessi erano basati sulle osservazioni effettuate da specialisti dell’Aeronautica Militare per ogni zona del Mediterraneo oppure degli Oceani. Anche le navi oceaniche erano considerate Stazioni Meteorologiche ed avevano l’obbligo di compilare accuratissimi moduli meteo (OBS-AMVER ecc…) che dovevano essere inviati, via Radio, a ben noti Centri Internazionali che elaboravano i dati ricevuti e li trasformavano nelle previsioni del tempo che poi venivano diffuse e captate dalle navi in navigazione.
Mi stai dicendo che l’uomo di mare, prima dell’era satellitare, si fidava di ciò che un osservatore vedeva, elaborava e riferiva?
“Proprio così! Ma il Comandante di una nave, solo in mezzo al mare, doveva fidarsi soprattutto di sé stesso, con le sue personali osservazioni basate esclusivamente sulla propria esperienza”. I Bollettini Meteo che il Marconista (R.O.) di bordo riceveva e consegnava al Comandante erano di grande aiuto e affidabilità, tuttavia, chi ha navigato lo sa bene: esistono aree costiere, ma anche atlantiche in cui le condizioni meteo locali subiscono notevoli “variabilità” dovute a correnti aeree e marine fredde oppure calde, aree cicloniche che si formano velocemente e prendono direzioni poco prevedibili che vanno seguite in tempo reale”.
Ritornando dalle nostre parti, tutti sanno quanto il Mediterraneo sia insidioso un po’ dappertutto specialmente con la “rottura dei tempi”. Ma era davvero così importante il barometro? Possibile che non ci siano anche segnali visivi, premonitori che mettano in guardia il marittimo su cosa può capitargli?
“La materia é vecchia migliaia di anni… ma devi sapere che dopo ogni naufragio la gente di mare sopravvissuta ha imparato qualcosa… forse di non scritto, ma sicuramente di tramandato ai posteri. Di questa materia é formata l’ESPERIENZA… alla quale mi riferivo all’inizio.
Ricordi un aneddoto di quei tempi?
“1962, ero al mio secondo imbarco da Allievo ufficiale sul transatlantico VULCANIA, abbastanza datato, ma di grande prestigio, per di più era dotato di una strumentazione up-to-date per l’epoca: Loran, Omega e due enormi Radar Raytheon. Il Comandante Peranovich, in pieno Atlantico Nord Atlantico abbastanza incazzato, mi ordinò di rilevare il vento servendomi del ripetitore della bussola sull’aletta di plancia.
Visto che gli Allievi Ufficiali non contavano granché… ho pensato che mi prendesse per il c… Poi capii che faceva sul serio perché ordinò al 3° Ufficiale di venirmi a controllare…
Da poco uscito da scuola, avevo la testa piena di Rette di Altezza, formule trigonometriche imparate a memoria ed una infinità di nomi di stelle che in parte ormai conoscevo, ma nessuno mi aveva mai ordinato di rilevare il vento in quel modo e con quella precisione maniacale!
Vista la mia sorpresa, il 1° ufficiale anziano a cui ero stato assegnato, mi prese da parte e mi diede la seguente lezione di meteorologia.
PREMESSA:
In meteorologia la legge di Buys Ballot (dal nome del fisico olandese Christophorus Buys Ballot) afferma che un osservatore nell'emisfero boreale piazzato spalle al vento si trova l'area di depressione davanti a sinistra e di alta pressione dietro a destra, il che significa che l'aria circola in senso antiorario ...
N.B. Nell’emisfero SUD é tutto il contrario.
“Hai mai sentito parlare della legge di BUYS BALLOT?”
“Ho avuto degli ottimi professori, ma nessuno di loro aveva navigato!”
“Si tratta della legge scientifica che per la sua praticità serve maggiormente a chi va per mare in qualsiasi parte del globo terracqueo; già anche in terra! Siamo nell’emisfero Nord.
Se ti metti con le spalle al vento, nella posizione del Crocifisso, l’ALTA PRESSIONE E’ A DESTRA E LA BASSA PRESSIONE E’ A SINISTRA.
Se t’infili nell’area depressionaria ciclonica, il vento ti spinge verso il centro, nell’occhio del ciclone. Devi quindi cercare di evitarla, cioè devi eventualmente correggere la tua rotta ed allontanarti.
Al contrario, l’Anticiclone (alta pressione) tende ad allontanarti dal suo centro: si può dire che é una forza centrifuga ottimale che ruota nel senso delle lancette dell’orologio.
Quindi anche quando sono in casa, in base al vento che soffia, se mi metto con la schiena al vento so sempre dove si trova la Bassa Pressione che, specialmente di questi tempi, fa paura…
CONCLUSIONE
Forse anche nel campo Meteorologico bisognerebbe ritornare un po’ all’antico e anziché guardare il cellulare verso il basso, sarebbe meglio scrutare gli elementi variabili del creato, allo stesso modo come quando “fissiamo” una persona in faccia per capire di che umore sia …
di CARLO GATTI
Rapallo, Venerdì 6 dicembre 2019
I DEFUNTI DELL'ASSOCIAZIONE MARE NOSTRUM RAPALLO
I DEFUNTI
DELL'ASSOCIAZIONE MARE NOSTRUM RAPALLO
SILVANO MASINI
Nacque a Genova nel 1935. Con Silvano abbiamo scritto a quattro mani: “CON LE BARCACCE NEL CUORE”. Silvano ci ha lasciati il giorno della 1° presentazione del nostro libro. Era il 27 luglio 2007. Gli telefonai e con un fil di voce mi disse: “Carlo mi dispiace di non poter venire, ma proprio non ce la faccio. Mi raccomando il nostro libro, pensaci tu”. Dopo qualche ora partì per il suo ultimo viaggio. Quel giorno lo ricordo come uno dei più tristi della mia vita. Silvano aveva appena compiuto 73 anni. Direttore di macchina con la Soc. RR, era una persona molto colta, amava il mare, i rimorchiatori, la musica classica.
In tarda età Silvano si laureò in Storia Medievale. Silvano, con il suo incredibile entusiasmo e professionalità, avrebbe voluto e potuto dare ancora tanto alla nostra Associazione marinara.
Ne siamo certi, da lassù Silvano continuerà a “spingere” sulla nostra vela.
STEFANO RISSO (Nitti)
STEFANO RISSO - nacque a Taranto nel 1934 per ragioni “belliche”, come diceva lui scherzosamente, in quanto suo padre in quel periodo era ufficiale di Marina in quella Base Militare. Ma la sua famiglia, da diverse generazioni, era originaria del Rione Scogli di Chiavari. E’ mancato a Sestri Levante il 28 Dicembre 2014 all’età di 80 anni.
Stefano Risso, conosciuto da tutti col nomignolo “Nitti”, era figlio di Luigi Risso, Tenente di Vascello della Regia Marina, scomparso in mare nel settembre 1940 a bordo della torpediniera Palestro. Fu insignito della medaglia d’argento al Valor Militare, a lui è intitolata via L. Risso nel suo Rione Scogli, a-Chiavari.
Laureato in ingegneria Navale, ha vissuto 43 anni di matrimonio con Andreina Varani, che lo ha assistito con una commovente dedizione fino all’ultimo istante della sua vita. Personaggio poliedrico che, oltre ad aver acquisito un indiscutibile successo professionale, ha saputo concretizzare la sua creatività per il disegno e per il modellismo navale; aveva una memoria di ferro e grazie ad essa teneva seguitissime conferenze alla Lega Navale italiana.
UMBERTO RICCI
Siamo nati lo stesso anno. Con Umberto (Berto) ho compiuto tutto il percorso scolastico, dall’Asilo, alle Medie e poi al Nautico di Camogli. La vita ci ha visti impegnati su ROTTE diverse, ma quando divenne DIACONO avevamo una specie di appuntamento settimanale … proprio in questa Chiesa, ed io prendevo l’OSTIA solo da lui e poi ci stringevamo la mano.
Umberto é mancato Venerdì 24 Gennaio 2014, aveva 73 anni, era ricoverato all’Ospedale di Lavagna.
Umberto Ricci, come tutti sanno, é stato un politico e storico che s’impegnò con AMORE per la citta di Rapallo, nacque il 29 Aprile 1940, navigò come allievo capitano di macchina, si imbarcò poi sulle navi per l’America, fu anche collaboratore di Monsignor Daneri, Arciprete di Rapallo e, per 40 anni, fu addetto sociale del Patronato e fondatore dei Volontari del Soccorso di Sant’Anna, presidente del Corpo Bandistico Città di Rapallo. La sua carriera politica nella DC lo vide anche consigliere comunale e assessore del Comune di Rapallo, conobbe anche Aldo Moro e Giulio Andreotti. Il vuoto che Berto ha lasciato non verrà mai colmato.
ELVI SBARBARO-MARTINI
La nostra cara Amica ELVI é mancata il 30 gennaio 2014 all’Ospedale di San Martino (Ge) dopo un breve ricovero. ELVI era una Camoglina doc con il sangue impregnato di tradizioni dialettali e marinare, viaggiava spesso con la nave al comando del marito Guido. Amava la sua Camogli e s’iscrisse con suo marito alla nostra Associazione perché adorava le Storie di Mare che noi le raccontavamo. Donna intelligente e simpaticissima, ci ha lasciato tanti ricordi legati ad incontri di natura culturale-marinara e di allegria conviviale. La sua casa sul porto di Camogli era diventata la sede distaccata di Mare Nostrum per gli EVENTI marinari e non solo della sua città.
MARCO LOCCI
MARCO LOCCI - È salito a bordo per l’ultimo viaggio, il più misterioso, senza nemmeno avere il tempo di preparare il suo baule da marinaio. Così, all’improvviso, tradito da un insulto cardiaco nella sua casa di San Massimo, il 5 maggio 2015 se ne è andato Marco Locci, pittore di navi e non solo. Marco é stato una delle colonne di Mare Nostrum Rapallo con le sue numerosissime mostre.
Nacque a Genova nel 1951 ed intraprese la carriera artistica all’inizio degli anni Settanta quando, giovane studente di Architettura, venne rapito dai fermenti culturali del periodo. Nel 1976 entrò nel Gruppo Miloto. Marco cominciò ad organizzare performances e installazioni, ad allestire documenti fotografici, a progettare improbabili modelli di fantasiose macchine volanti.
Sempre in quegli anni prese forma l’epopea dei Patanchi, immaginario popolo lillipuziano che affolla, come un esercito di nere formiche, tavole e tavole di una mitologia personale colma di meraviglia e di sorridente ironia. Locci descrisse l’universo dei Patanchi con la minuzia di un etnografo dell’Ottocento sbarcato su un’isola remota oltre l’orizzonte.
Questo gusto del viaggio per mare, tra insidie e incanti, domineranno la pittura di Locci a partire dagli anni Ottanta. Le navi diventano protagoniste, anzi, il pittore diventa “ritrattista” di navi, personaggi che con carni di legno e di acciaio solcano il mare oscuro. Spavalde e fragili. Sole come tutti noi. Marco vinse molti premi come pittore di navi. I suoi quadri sono famosi in tutto il mondo.
AMEDEO DEVOTO
AMEDEO DEVOTO - Il Poeta dell’immagine - Nato a Chiavari l’8 settembre 1935 si è spento nella notte del 6 Dicembre 2013. Amedeo Devoto, pittore e artista eclettico originario del Rione Scogli a Chiavari. Aveva 78 anni e da tempo era sofferente a causa di una grave malattia. Il decesso è avvenuto nell’Ospedale di Sestri L.
Amedeo Devoto aveva dedicato la sua vita artistica al Rione natio degli Scogli, con grandissima dedizione e impegno fino al punto di diventarne uno dei protagonisti più affascinanti della sua importante storia marinara.
Uomo semplice e discreto, appassionato di arte pittorica, seppe estendere la sua competenza professionale anche ad altri campi: l’incisione, la progettazione navale, la meccanica, la costruzione di strumenti musicali e la modellistica. Nel 2006 la Società Economica di Chiavari gli conferì il Premio Turio-Copello.
Fin dagli albori del nascente Museo Marinaro Tommasino-Andreatta, Amedeo Devoto fu uno tra gli artefici principali della progettazione, sviluppo e realizzazione finale dell’istituzione che oggi é Museo Statale. Ha lasciato la moglie Ida, i figli Stefania, Elisa, Nicola, Renzo, e un vuoto incolmabile tra i tanti amici e conoscenti. Amedeo Devoto subentrò a Marco Locci come curatore artistico delle annuali Mostre al Castello.
CLAUDIO MOLFINO
CLAUDIO MOLFINO - All’età di 58 anni é mancato prematuramente il 4 maggio 2017, lasciando nel dolore la moglie Stefania e la sua adorata figlia Clarissa. Fu Socio fondatore di Mare Nostrum, di cui è anche il creatore del logo. “Persona tanto buona e brava quanto modesta” – Così potremmo definire Claudio, che non voleva mai apparire, ma lavorava tanto e bene dietro le quinte. Egli era molto ironico e come tutte le persone intelligenti era anche allegro e sempre di buon umore. Claudio amava definirsi un appassionato d’arte, ma i suoi scritti sul mensile IL MARE rivelarono ben presto una vasta cultura da vero esperto e critico in questo ambito; grande era l’amore che esprimeva con la divulgazione delle opere pittoriche e scultoree delle nostre chiese e persino nelle pievi più nascoste del nostro comprensorio. Claudio, anche quando non poteva esporre la sua consueta Mostra fotografica a causa di lavori in corso o per inagibilità del suo locale, amava talmente Mare Nostrum che la viveva in nostra compagnia dalla apertura sino alla chiusura del cancello, seduto accanto a noi rinunciando ai suoi numerosi impegni quotidiani. Egli era attratto dalle avventure e vicissitudini degli uomini di mare, da noi raccontate in innumerevoli conferenze, esperienze che lui amava rivivere attraverso i nostri volti e le nostre parole. Nel suo animo, Claudio aveva molte “incrostazioni di salino” e si sentiva intimamente un uomo di mare, uno di noi.
RINO CASARETO
RINO CASARETO - venerdì 25 maggio 2018 è mancato il socio Rino Casareto di Camogli, fratello del nostro caro socio Nino Casareto, entrambi Amici e Sostenitori molto presenti di Mare Nostrum Rapallo.
Rino è stato in gioventù un buon pallanuotista, un esemplare uomo di mare, un valente Comandante di navi ed in seguito, come suo fratello Nino, un MAESTRO di Pilotaggio nel Porto di Spezia. Rino era anche un grande appassionato di Storia Navale, come tutti noi, ma soprattutto uno sposo ed un padre eccezionale e, per noi uomini di mare come lui, un carissimo compagno di Avventure ed anche di sofferenze sempre condivise nelle nostre lunghe conversazioni! Rino ci manca e ci mancherà sempre!
SCIPIONE D’ESTE
SCIPIONE D’ESTE - Venezia 1963 - Rapallo 13 novembre 2018 – Il giorno della sua ascesa al cielo, l’intera città di Rapallo cadde nel più profondo dolore. Presidente del consiglio d’amministrazione della cooperativa Letizia Tallini, aveva praticamente salvato l’Istituto Gianelli quando l’Istituzione scolastica rapallese era entrata in crisi. Persona di grande sensibilità, generosità ed altruismo, era particolarmente apprezzato e stimato come professionista e per essere stato un grande Uomo, un Padre e Marito esemplare. Per il grande Amore dedicato all’Istituto Gianelli di Rapallo, così é stato scritto: “Senza la forza che hai profuso alla nostra scuola oggi non solo avremmo perso te ma, il Gianelli come lo abbiamo conosciuto, vissuto e amato non esisterebbe più”. Ha lasciato nel dolore la moglie Hanna, i figli Sofia, Camilla e Leonardo e naturalmente tutti noi parenti e amici che lo abbiamo conosciuto da vicino come tesoriere di Mare Nostrum, appassionato di storie di mare, esperto velista, collezionista di cartoline antiche di Rapallo che amava dal profondo del suo animo.
EMILIO CARTA
EMILIO CARTA - Rapallo 1946 - Lavagna 2 dicembre 2018 é mancato il giornalista Emilio Carta, colui che aveva gestito per molti anni l’Ufficio Stampa del Comune di Rapallo. E’ stato un operoso corrispondente del Secolo XIX, conosciuto e benvoluto dall’intera città di Rapallo e non solo.
Emilio Carta ha dedicato numerosi libri alla storia della nostra città e alle sue tradizioni; al mare, alle navi e alla navigazione alla quale dedicò pagine letterarie bellissime, ma volle concludere la sua esistenza con la scrittura di tanti romanzi gialli che avevano, come marchio letterario, lo sfondo storico reale ed uno scenario rivierasco. Emilio era un vulcano di idee e di progetti che poi concretizzava nonostante un male incurabile che lo martirizzò con 33 interventi. Operazioni che lui, la sua Marziana e la figlia Valentina affrontarono con estremo coraggio e stoicismo fino all’ultimo momento della sua vita. E’ stato direttore di molte testate giornalistiche, ma quella che ha amato di più é stata IL MARE.
Mare Nostrum Rapallo nacque dal nulla, per una sua idea che seppe sviluppare e portare avanti per circa 30 anni. Sul sito della nostra Associazione, si trova tutto il suo operato di giornalista, scrittore ed eccelso organizzatore di EVENTI, MOSTRE, CONVEGNI insieme ai suoi Amici e collaboratori. Rapallo non potrà mai dimenticare il suo OPERATO, la sua SIMPATIA ed INTELLIGENZA.
CONCLUDO: rivolgendo il nostro fraterno pensiero ai nostri carissimi COMPAGNI DI VIAGGIO, che hanno lasciato MARE NOSTRUM RAPALLO nel corso di questi anni per salire al CAELUM NOSTRUM che un giorno ci rivedrà ancora una volta insieme dove:
il naufragar m’é dolce in questo mare!
Cicerone diceva che “la vita dei morti sta nella memoria dei vivi”. Ebbene, cari AMICI, Voi ci avete lasciato increduli ad affrontare un enorme vuoto, ma abbiamo la certezza che rimarrete sempre nella nostra mente e nei nostri cuori!
COMUNICAZIONE
Giovedì 12 Dicembre 2019, alle 17.30 presso la Chiesa di San Francesco verranno commemorati i DEFUNTI dell’Associazione Mare Nostrum Rapallo. La Messa sarà celebrata da padre Francesco Fissori.
Alle 20.00 seguirà la CENA DI NATALE presso la nostra sede: HOTEL EUROPA
Carlo GATTI
Rapallo, 29 Gennaio 2019
MATRIOSKA - Poesia
MATRIOSKA
Dipinto di Marco LOCCI
Non so quando nascerai figlio mio
E se sarai sano, forte, amato.
Posso solo tenerti qui. Avvolto. Con ogni tempo. Con ogni vento.
Nascosto agli sguardi.
Germoglio di vita.
Da quando le gru scavano la terra e le prime timide radici si scrivevano di te tra le zolle, io c’ero. E sto qui.
Stiracchiati tranquillo anche stamattina.
Allungati, trave su trave, un mattone sull’altro.
Punta il ditino al cielo, mentre gli sorridi.
Non vedo l’ora di scomparire.
Perché solo allora tu apparirai.
E sarai madre e padre di risvegli e colazioni e addii.
Risate e urla ti squarceranno le mura. I baci sulle scale te le scalderanno.
Ti coloreranno l’aria i vasi di fiori sui pianerottoli.
E i panni stesi ti accarezzeranno i balconi.
Quando sarai tu spazio per l’altro.
Allora sarai vivo, figlio mio.
SELENE CATENA
Rapallo, 20 Novembre 2019
IL QUIETO AZZURRO -Poesia-
Vecchia immagine del Golfo di Rapallo
"IL QUIETO AZZURRO..."
Il quieto azzurro
della mattina di settembre
dilaga nel marino specchio
in un sospeso tempo
di fiori perduti
al maturar dei frutti.
Più lente
le vele scorrono
sul velario dell’orizzonte.
Nella conchiglia di silenzio
sosta la memoria
in finzione
di immobile presente.
di Maria Grazia BERTORA
Rapallo, settembre 2016
PAURA
PAURA
Mare buio
Mare scuro
Mare nero
Mare ostile.
Con te
affronterò la notte
o forse la morte.
Chissà se mani amiche
si tenderanno
e, pur non amandomi,
diranno
forza fratello
aggrappati.
Ada BOTTINI
Rapallo, 28 luglio 2019
LA FOCACCIA AL FORMAGGIO DI RECCO - Fu inventata a Camogli!
LA FOCACCIA AL FORMAGGIO DI RECCO
FU INVENTATA A CAMOGLI!
La magica serata si svolge sui piani alti di Camogli, ospiti del comandante Nino Casareto e della sua gentile consorte Raffaella, ormai é un rito che si protrae da molti anni per salutare l’estate che se va. Gli ospiti del "cenacolo" sono Ernani Andreatta con sua moglie Simonetta, Giancarlo Boaretto con sua moglie Paola e lo scrivente con sua moglie Guny.
Ma quest’anno, il comandante Nanni Andreatta e la sua cara Simonetta, ci danno l’occasione per entrare in punta di piedi all’interno dei lontani segreti che avvolgono ancora oggi l’origine della cosiddetta “Focaccia al formaggio di Recco”.
Lo spunto per questa anomala digressione deriva dall’incontro che essi hanno avuto di recente con un grande personaggio, il più noto maestro focacciaro al mondo:
Il camoglino GIULIO CASSINELLI
di cui ci occuperemo tra breve.
Cosa c’é di nuovo da scoprire?
La risposta é semplice, tutt’insieme siamo stati trasportati nella storia di questo FAVOLOSO nonché “antico” piatto locale che nacque, secondo fonti sacre ed accertate..., nel monastero Benedettino di San Fruttuoso di Capo di Monte (Camogli) nel 1189 per merito, appunto, di un Monaco originario di Camogli.
REGNO, SCRIGNO E TABERNACOLO DELLA FOCACCIA AL FORMAGGIO
1951 - Gilberto Govi nel saio di frate Angelo durante le riprese del film:
“IL DIAVOLO IN CONVENTO”
di Nunzio Malasomma liberamente tratto dalla novella “il miracolo” di Mario Amendola.
San Fruttuoso a fine 800. La spiaggia si formerà con l'alluvione e la conseguente frana del 1915.
In questo scrigno di natura incontaminata, si sono susseguiti nei secoli innumerevoli eventi: devastanti mareggiate, assalti saraceni e persino naufragi. Da qui sono passati santi e furfanti, eroi e tanti pescatori che mai si sono arresi alle avversità. Grazie a loro il borgo vive ancora, e fa sognare ogni anno migliaia di turisti che rimangono incantati dalla sua indescrivibile bellezza.
L’abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte vista in tutta la sua estensione. Intorno all'anno 1000, il Monastero passò ai monaci Benedettini per volere di Adelaide di Borgogna, vedova dell’imperatore Ottone I°.
San Benedetto da Norcia è il patriarca del monachesimo occidentale.
«Dovremmo domandarci», dice lo storico Jaques Le Goff, «a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del Medioevo, se non si fosse levata questa voce grande e dolce?».
Nel solco della sua Regola - Ora et Labora - sorsero nel continente europeo centri di preghiera, cultura e ospitalità per i poveri e i pellegrini, ma questa operazione venne compiuta ed esaltata con l’assorbimento graduale del mondo barbarico, che invadeva l’Europa, non da straccioni… ma con eserciti armati fino ai denti che passarono alla storia per le loro crudeli barbarie.
Paolo VI proclamò il Santo di Norcia:
Patrono d'Europa il 24 ottobre 1964
Già, tutti lo sanno, ma pochi lo ricordano!
Un monaco un giorno mi disse:
“La tua vita è fatta per fare cose grandi, come gli uomini del Medioevo che vivevano nelle catapecchie e costruivano le grandi cattedrali in totale anonimato…”
La focaccia al formaggio é solo una piccola tessera di un mosaico ampio come l’Europa, la cui valenza storica va oltre l’arte culinaria locale e le simpatiche dispute campanilistiche tra piccoli centri montani e non… che ne vantano la paternità. San Benedetto da Norcia ed i suoi seguaci c’insegnano ancora oggi che un “umile” focaccia cotta al forno senza lievito ed infarcita di stracchino può essere il crisma del simbolo unitario dell’Europa.
Perché si arriva a tanto?
Si narra che questo prodotto esisteva già all’epoca della terza crociata. “Era la Pentecoste di rose dell’anno 1189… la cappella dell’Abbazia di San Fruttuoso accoglieva i crociati liguri per un solenne Te Deum prima della partenza della flotta per la Terra Santa… Sulle bianche tovaglie di lino ricamate facevano bella vista i piatti di peltro e di rame, zuppiere di ceramica e di coccio colme di ogni ben di Dio: pagnotte di farro ed orzo impastate con miele, fichi secchi e zibibbo, carpione di pesce, agliata, olive e una focaccia di semola e di giuncata appena rappresa (la focaccia col formaggio)…”.
In tempi lontanissimi le popolazioni del Golfo Paradiso si rifugiavano nell’immediato entroterra per sfuggire alle incursioni dei saraceni. Si narra che grazie alla possibilità di disporre di olio, formaggetta e farina, cuocendo la pasta ripiena di formaggio su una pietra d’ardesia coperta, venne “inventato” quel prodotto gastronomico che oggi conosciamo come “Focaccia di Recco col Formaggio”.
Sul finire del 1800, quando Recco contava circa 3.000 abitanti, ritroviamo la “Focaccia di Recco col Formaggio” nei cinque forni cittadini che campavano alla meglio vendendo esclusivamente le focacce liguri, uno di essi esiste ancor oggi (forno Moltedo). Alla fine dell’800 aprono a Recco le prime trattorie con cucina, ed a quei tempi la “Focaccia col Formaggio” veniva proposta unicamente nel periodo di celebrazione dei morti.
Grazie all’intraprendenza di “rechelini doc”, abili osti e fornai di allora divenuti importanti professionisti panificatori e ristoratori di oggi, la focaccia col formaggio vide il suo sviluppo commerciale e d’immagine. Con le loro capacità attirarono nelle osterie e nei forni recchesi il bel mondo d'inizio secolo diffondendo questo prodotto “principe” della gastronomia cittadina, (di quei tempi si ricorda che persino Guglielmo Marconi e l’Infanta di Spagna degustarono la focaccia col formaggio venendo appositamente a Recco).
GIULIO CASSINELLI
E’ il MITICO maestro panificatore camoglino nato nel 1936, maestro di intere generazioni di panificatori liguri.
Il “maestro” Giulio Cassinelli ripreso con la prima sfoglia trasparente…
Non ho avuto la fortuna di conoscere Giulio Cassinelli, lascio quindi la parola ad una brava giornalista di Repubblica che lo ha intervistato e, naturalmente, al Comandante Nanni Andreatta che di recente lo ha filmato.
Fonte: Repubblica 2012 mettere il nome della giornalista
“DUE mattarelli di olivo, un tegame in rame e il "suo stracchino". Sono gli attrezzi del mestiere, gli ingredienti indispensabili che Giulio Cassinelli, il maestro della focaccia al formaggio di Recco, porta da sempre con sé in ogni angolo del mondo, quando deve preparare la sua storica e personale ricetta. Ha le mani in pasta da sessantaquattro anni, migliaia le persone tra clienti, amici e famigliari che hanno assaggiato la sua focaccia; un uomo che ha saputo portare un po' di made in Italy in giro per l'Europa. «Dalla Francia all'Olanda passando per la Germania - ricorda Cassinelli - ma abbiamo preparato la focaccia di Recco anche al Salone del Gusto per racconta la storia della nostra terra». Oggi a 83 anni il maestro continua a sfornare quella sfoglia sottile per rispondere alle richieste di amici di vecchia data o per insegnare ai giovani l'arte di un mestiere che porta con sé la storia di una cittadina e dei suoi abitanti. «I ragazzi sono il nostro futuro e vanno incentivati - ribadisce Cassinelli - mi piace poter trasmettere ai giovani il sapere di una vita e offrir loro una possibilità per la loro vita professionale». Tanti gli allievi che hanno seguito le sue tracce come i titolari del ristorante "Lo zio Erasmo", il forno della focaccia al formaggio di Voltri. Proprio da domani, e per ogni giovedì, prenderanno il via da qui i "giovedì bianchi" in cui si mangerà solo focaccia al formaggio, secondo la ricetta di Giulio Cassinelli che ha scelto il sedicenne Alessio Lo Piccolo, figlio del titolare del ristorante, come allievo e continuatore della tradizione legata alla focaccia. Un prodotto nato prima della scoperta dell'America che resiste indenne al trascorrere del tempo e agli effetti della crisi economica. «Una volta la focaccia al formaggio la chiedevano solo in occasione della festa dei Santi e per il due novembre - ricorda il fornaio - la portavo direttamente a casa dei clienti. Erano anni in cui si lavora sette giorni su sette ma oggi si producono quantitativi di gran lunga maggiore, non paragonabili a qualche decennio fa». Quando si sente definire maestro ride, un po' incredulo ma soddisfatto del soprannome che si è guadagnato dopo tanti anni di lavoro trascorsi davanti al forno. «A Recco sono in tanti i maestri che hanno trasformato la capacità di fare la focaccia al formaggio in un' arte - ci tiene a precisare Cassinelli - ma io ho sempre partecipato alle manifestazioni e alle fiere così la gente si ricorda di me più facilmente». Guardandosi indietro tanti ricordi, tante persone conosciute davanti al forno e tante storie da raccontare. «La cosa più strana che mi è successa? Una coppia mi lasciò diecimila lire per un pezzo di focaccia che ne valeva a malapena cento - ricorda Cassinelli - erano gli anni Sessanta e guadagnavo mille lire al giorno». Storie di una vita di passione che riprende vita ogni volta che il maestro prende il suo mattarello di olivo e si rimette all' opera”.
Noi forse siamo dei ROMANTICI impenitenti… e preferiamo pensare che tanti impareggiabili camoglini come Raffaella e Nino siano, anzi sono, tuttora, i veri “conservatori” della ricetta benedettina dell’antico Monastero di San Fruttuoso.
Perché? Vi domanderete. Perché i “gioielli di famiglia” non si regalano a nessuno, ma si conservano nel cuore di questi liguri radicati nei propri orti, su quel terreno che dà gli ingredienti giusti, il profumo, la manualità dei vecchi, quel sapore antico di faggio stagionato che brucia emanando il giusto calore che si sente sulla pelle e ti dà il segnale che la focaccia é pronta…
Al centro di questo “miracolo" c’é la famiglia che insegna le tradizioni, i SEGRETI da tramandare solo per via “di lor sangue”.
La focaccia al formaggio é un matrimonio indissolubile tra queste colline che scendono profumate dai fiori del Monte, dagli ulivi, dai pini marittimi, dai lecci e l’effluvio salmastro del mare che sale dagli abissi.
Qui nacque l’Europa!
Al termine di questo viaggio nelle nostre tradizioni, allego il filmato realizzato da Ernani Andreatta.
mmta533 - Focaccia al Formaggio ma chi l’ha inventata ?
ALBUM FOTOGRAFICO
La “Focaccia di Recco col formaggio Igp” è un prodotto da forno ottenuto dalla lavorazione di un impasto a base di farina di grano tenero (senza uso di lievito), olio extravergine di oliva, acqua, sale. Una volta prodotta, la focaccia – composta da due sottilissime sfoglie – viene farcita con formaggio fresco a pasta molle. Alla vista si distingue facilmente dalle focacce tipiche della tradizione italiana e dalle altre liguri in quanto, oltre ad essere farcita con formaggio, è estremamente sottile. L’altra particolarità è rappresentata dal formaggio, cremoso, dolce ma con una leggera e gradevole nota acidula. La sua zona di produzione comprende l’intero territorio dei comuni di Recco, Avegno, Sori e Camogli.
Guny e Paola
In primo piano Simonetta, Raffaella e Nino
Il grande MAESTRO focacciaro, nonché Comandante e Pilota
Nino Casareto
Un prodotto semplice e sano, solo farina, sale, olio extravergine e formaggio fresco, difficile da fare solo se manca la manualità che permette di tirare la sfoglia sottile sottile con le mani e se non si dispone a casa di un forno che raggiunge almeno 250°C.
Paola Boaretto
Guny spia le mosse del Maestro e dei suoi assistenti
Due Piloti in confessionale ...
Ernani e Giancarlo
Carlo GATTI
Rapallo, 29 Agosto 2019
FUTURO
FUTURO
Pietra su pietra
con costanza e pazienza
ogni pietra è una storia
di sconfitta e vittoria
ma occorre pulire
per ricostruire.
Come il germoglio
la vince sulla corteccia e il cemento
così la speranza
se
come il germoglio
ha radici ben salde.
di ADA BOTTINI
La bottega di Marco Locci
BABEL
FUTURO -1-
FUTURO - 1 –
Riposerò su strati di nuvole
navigherò tra onde di vento
sempre più libera, leggera e pura
verso l’Amore e la Sapienza
e finalmente anch’io conoscerò
l’Essenza della vita.
di Ada BOTTINI
dipinto di Marco Locci
Rapallo, 1 Agosto 2019
CAPPELLA DI SAN GIOVANNI SPOTA’- RAPALLO
CAPPELLA DI SAN GIOVANNI
SPOTA’- RAPALLO
Giovedì 16 maggio 2019, alle ore 21, rinnovando una radicata tradizione, numerosi fedeli delle comunità parrocchiali di Santa Maria del Campo e San Martino di Noceto si sono incontrate presso la Cappella di S. Giovanni, in località Spotà per la recita del Santo Rosario a cura di don Davide Sacco che é poi passato alla consueta “benedizione della campagna”.
Ci troviamo immersi in un quadro mistico: l’incantevole posizione della chiesetta nascosta tra gli ulivi collinari che frullano tenui in un magico silenzio, ci avvolge in una speciale atmosfera che rapina il nostro sguardo e lo induce a scivolare giù verso il mare tra le mute luci di Rapallo che appaiono come lumini lontani che vibrano al nostro saluto.
L’annuale appuntamento con questa preghiera notturna ci spinge, ogni volta, a pensare a quei lontani Amici che su questa collina vollero ardentemente scrivere la storia di questa pievetta.
Scartabellando qua e là troviamo qualche traccia:
In questa località sulle alture di Rapallo chiamata "Spotà" vi è una bella chiesetta dedicata a San Giovanni Battista costruita nel lontano 1665 per volere di Giuseppe e Rolando Valle, lì residenti, che secondo documenti storici chiesero alle autorità religiose di poter costruire una chiesetta per poter pregare, data la difficoltà di poter raggiungere il paese, infatti all’epoca non vi era la strada oggi carrozzabile.
Avuto il parere favorevole dall’Arcivescovo di Genova iniziarono così i lavori voluti e pagati dai Signori Valle e ultimati nel 1688. La chiesetta fu benedetta soltanto nel 1697 a seguito di vari contrasti, questo perché la chiesetta sorgeva in un territorio di confine fra Santa Maria e San Pietro altra frazione Rapallese.
Allora la zona era molto popolata da contadini, basti pensare che si contavano ben trentasei nuclei famigliari e la chiesetta rimase sempre aperta e sino al secolo scorso veniva organizzata anche una bella festa. Oggi invece la chiesetta viene aperta solamente il giorno della ricorrenza di San Giovanni Battista il 24 di giugno e il parroco di Santa Maria vi celebra la S. Messa al mattino.
Da contatti avuti con discendenti dei Valle, che sono tuttora proprietari di gran parte di questa collina e forse anche della cappella (?), abbiamo saputo che un ramo della stirpe immigrò a Conception (Argentina) ma la cosa straordinaria é che questi parenti lontani, non solo portano ancora con sé tradizioni ligustiche importanti, ma quasi ogni anno in estate ritornano a Rapallo per onorare le loro radici. Ci é stato detto che quel ramo argentino dei Valle potrebbe avere conservato atti e documenti relativi la Cappella di S. Giovanni e dei suoi contenuti. La ricerca é quindi aperta insieme alla speranza di saperne di più al loro arrivo a Rapallo.
Tra il 1849 ed il 1853, ben 6252 emigranti partirono dalle nostre zone rivierasche diretti in America del Sud, di cui solo 419 rientrarono a casa. Tra il 1854 e il ’63, sempre dalla riviera di levante emigrarono, sempre verso il Sudamerica, più di 47.000 persone (di cui il 25 per cento dal solo circondario di Chiavari), per la maggior parte, maschi tra i 19 e i 29 anni, d’estrazione artigiana e contadina. Queste cifre non tengono conto dell’emigrazione clandestina che il quel periodo raggiunse 13.000 individui. Le migrazioni continuarono anche negli anni successivi e si può affermare, dati alla mano, che dal 1876 al 1925 sono quasi 300.000 nostri compaesani abbandonarono la Liguria in cerca di lavoro e di fortuna.
Genova - Tenaci, coraggiosi, intelligenti, con un forte spirito imprenditoriale e un ancora più forte attaccamento alla loro terra: questo l’identikit dei liguri che sin dalla prima metà del 1800 decisero di lasciare la patria alla volta dell’America, per scoprire nuove terre e far fortuna all’estero contando solamente sulle proprie forze e su piccole somme di denaro messe da parte appositamente. «L’emigrazione dei liguri fu precoce rispetto ad altre, ma soprattutto non indigente, e urbana - sottolinea Giuliani - I liguri, che fossero originari del Tigullio, di Genova o dell’estremo ponente, non si muovevano verso le campagne, ma verso le città, e portavano con sé i loro risparmi per creare qualcosa». A oggi in Argentina, spiegano gli storici, il 60% della popolazione ha antenati liguri,
I Porta-Cristo argentini al raduno delle Confraternite liguri nel Mondo
dal 3 al 6 giugno 2004
Per i liguri nel mondo è stata molto significativa la presenza, per la prima volta a Genova da oltre un secolo, dei “cristezanti” giunti dall’Argentina.
SANTUARIO DI N.S. DELLA GUARDIA, 5 giugno 2004
Giunti al Santuario, i Porta-Cristo hanno provato il
Cristo che la Confraternita di Busalla ha messo a loro
Disposizione e posano insieme per la foto.
SANTUARIO DI N.S.DI MONTALLEGRO – RAPALLO
7 giugno 2004 – I Porta-Cristo argentini e familiari
Nella foto davanti alla Chiesa.
Secondo la tradizione, il termine cappella viene dalla chiesa di San Martino di Tours, nella quale era conservata come una reliquia la cappa di san Martino che, come sappiamo é uno dei Santi più venerati in Occidente specialmente nei secoli passati. 4.000 parrocchie in Francia portano il suo nome. In molte regioni d'Italia l'11 novembre è simbolicamente associato alla maturazione del vino nuovo (da qui il proverbio "A San Martino ogni mosto diventa vino") ed è un'occasione di ritrovo e festeggiamenti nei quali si brinda, appunto, stappando il vino appena maturato e accompagnato da castagne o caldarroste. Sebbene non sia praticata una celebrazione religiosa a tutti gli effetti (salvo nei paesi dove san Martino è protettore), la festa di San Martino risulta comunque particolarmente sentita dalla popolazione locale. Nel nord Italia, specialmente nelle aree agricole, fino a non molti anni fa tutti i contratti (di lavoro ma anche di affitto, mezzadria, ecc) avevano inizio (e fine) l'11 novembre, data scelta in quanto i lavori nei campi erano già terminati senza però che fosse già arrivato l'inverno. Per questo, scaduti i contratti, chi aveva una casa in uso la doveva lasciare libera proprio l'11 novembre e non era inusuale, in quei giorni, imbattersi in carri strapieni di ogni masserizia che si spostavano da un podere all'altro, facendo "San Martino", nome popolare, proprio per questo motivo, del trasloco. Ancora oggi in molti dialetti e modi di dire del nord "fare San Martino" mantiene il significato di traslocare.
L’interno della cappella di S.Giovanni
La CAPPELLA DI S.GIOVANNI può ospitare circa 40 fedeli seduti ed un’altra decina in piedi ed altri sul piccolo sagrato.
Utilizziamo il seguente ALBUM FOTOGRAFICO (da noi curato) per descrivere nelle didascalie alcuni “particolari” interessanti.
La cappella di San Giovanni ripresa da varie posizioni
Un affascinante dipinto un po’ scolorito dal tempo e dall’oblio si trova sopra l’altare
La GRAZIA Divina proietta la sua candida luce dall’alto verso il basso illuminando la Madonna, il Bambino Gesù e l’Agnello sacrificale. A sinistra per chi guarda é raffigurato San Giovanni Battista, sulla destra San Pietro che regge le chiavi del paradiso con la mano destra mentre poggia affettuosamente la mano sinistra sulla spalla del “committente”. Il mantello sospeso sopra il capo di Maria potrebbe rappresentare la “volta celeste” o forse il MANTELLO di San Martino… il mantello della Provvidenza…
La fotografia del dipinto situato sopra l’altare é stata ripresa dal basso e con scarsa luce per cui risulta schiacciata e poco definita. Tuttavia a detta di alcuni appassionati, non certo da periti o da esperti, il dipinto potrebbe appartenere alla scuola di Luca Cambiaso. Parecchi sono gli indizi … In ogni caso, il parere di un esperto che non ha visto il quadro, ma soltanto la foto, é il seguente: “Di solito quando viene raffigurato il committente, si tratta di un dipinto importante”. Una restauratrice molto esperta, che non ha visto il quadro, ma solo la foto, si é così espressa: “Questi dipinti sono passati attraverso 15 generazioni di pseudo pittori che, forse, nell’imminenza di Feste Patronali, hanno pensato di renderlo più presentabile togliendo macchie e difetti maturati nel tempo a causa di tantissime cause naturali e non solo…
Un prezioso reperto
Il bellissimo calice, il vaso liturgico in cui viene versato il vino che diventa il Sangue di Cristo.
Rare immagini dipinte delle corazzate:
LEPANTO (varata nel 1876)
DANDOLO (varata nel 1873)
Molto probabilmente alcuni discendenti dei VALLE fecero parte della Regia Marina.
Visti i numerosi ex voto presenti nella cappella-santuario di S. Giovanni, il quadro potrebbe
rappresentare un ulteriore Per Grazia Ricevuta legato a vicende belliche di particolare pericolo.
Carlo GATTI
Rapallo, 30 Luglio 2019
RESTAURO CRISTO BIANCO-S.M.del CAMPO-RAPALLO
VIAGGIO NELL’ARTE DEL RESTAURO
“CRISTO BIANCO”
SANTA MARIA DEL CAMPO - RAPALLO
Una suggestiva immagine della basilica di San Salvatore dei Fieschi
La basilica fu costruita nel 1244 ad opera DEL PONTEFICE Innocenzo IV, al secolo Sinibaldo Fieschi, discendente del ramo nobiliare della famiglia FIESCHI che in tale periodo storico dominò l'intera vallata della Fontanabuona e buoina parte della Val d'Aveto.
Il vicolo conduce al laboratorio di Restauro artistico di Maria Rosa Sambuceti e Giustina Adreveno che sono impegnate nel restauro del Cristo Bianco appartenente all’Arciconfraternita Nostra Signora del Suffragio di Santa Maria del Campo di Rapallo (riconosciuta dalla Curia Romana il 7 dicembre 1601 come risulta dallo Statuto conservato con tanta cura. Il 12 maggio 1617 Monsignor Domenico De Marini, Arcivescovo di Genova accolse la delegazione di parrocchiani di Santa Maria ai quali concesse la facoltà di costruire un oratorio).
Questo é il portone d’ingresso del laboratorio situato all’interno di una antica casata a pochi passi dall’affascinante Abbazia.
Come si evince dalla relazione approntata dalle restauratrici Giustina Adreveno e Maria Rosa Sambuceti, “Lo stato sanitario complessivo del bene risulta buono, fatta salva una ridotta erosione del supporto ligneo localizzata nell’alloggio dei chiodi del Cristo e determinata dall’azione di insetti xilofagi, qualche lieve perdita della pellicola pittorica e una rottura in corrispondenza del polso destro rappezzata con un rudimentale incollaggio”.
Matteo Capurro (Consulente storico dell’arte Arciconfraternita di N.S. del Suffragio) si é così espresso:
“Viste le condizioni non compromesse dell’opera, si prevede un’azione blanda mirante ad eliminare lo strato superficiale di deposito accumulato nel tempo, risolvere il problema dei tarli con opportuna disinfestazione del supporto, consolidamento ove necessario, reintegrazione delle lacune del supporto stesso e della pellicola pittorica, stesura di protettivo.
La dott.ssa Giustina Adreveno é la curatrice del restauro del CRISTO BIANCO che risale probabilmente, secondo gli esperti, ad un periodo compreso tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento.
Giustina, così vuole essere chiamata la gentile signora, dopo aver compiuto scuole d’arte importanti, si é specializzata a Firenze presso Istituti d’Arte dedicati al restauro conservativo delle opere d’arte del nostro paese
“Il nostro lavoro necessita di periodici aggiornamenti scientifici presso le scuole d’Arte per il costante miglioramento dei prodotti chimici che usiamo, ma anche e soprattutto per le nuove tecniche di restauro che costituiscono una vera scienza in piena evoluzione”.
La signora Giustina é un fiume in piena di dati e informazioni, per cui chiudo la mia agenda colma di domande e mi metto all’ascolto…
La parte posteriore del Cristo, solitamente poco curata perché non visibile, in questo caso appare artisticamente perfetta e non danneggiata, per cui necessita solo di una accurata pulizia.
Anche il volto del Cristo é in discrete condizioni. Non necessita di grandi restauri conservativi.
PRIMA DEL RESTAURO
L’avambraccio del Cristo evidenzia una frattura trasversale che necessita ancora di una approfondita analisi per decidere l’eventuale inserimento di una lamina metallica per ricomporre e consolidare la frattura.
DOPO UN PRIMO RESTAURO
IL PANNEGGIO DOPO IL RESTAURO
PRIMA DEL RESTAURO
PRIMA DEL RESTAURO
DOPO IL RESTAURO
RESTAURO: Per il consolidamento della zona tarlata é stata usata la resina Parralloid B 72 in Essenza di Petrolio.
La dott.ssa Maria Rosa Giustina Adreveno al computer
MATERIALE USATO PER IL RESTAURO: Antitarlo in gel – Inchiostri particolari – Paste di legno – Pennarelli speciali – Pasta epossidica - Colori per vetro Vitrali – Gomma siliconica – inchiostri Acrilici – Colori acrilici – ecc…
Il paziente lavoro di restauro del Cristo Processionale presto riporterà in auge la sua originaria bellezza.
I NOSTRI CROCIFISSI PROCESSIONALI
SIMBOLOGIA ESSENZIALE
Nella nostra regione Liguria, la tradizione di portare i Crocifissi in processione risale al XVI secolo.
La cura con cui viene conservato ogni Crocifisso é improntata ad una fervida venerazione in particolar modo negli Oratori dove esistono antichissime organizzazioni (Confraternite) nelle quali si tramandano: devozione, passione e conoscenza.
Queste sacre testimonianze di fede religiosa sono scolpite da VERI ARTISTI: scultori ed ebanisti. La croce, su cui è deposto il corpo ligneo di Gesù, é decorata in argento battuto. Alle estremità superiori della Croce sono collocati i “canti”, decorazioni costituite da foglie dorate o d’argento.
Nel sentire popolare i Crocifissi si classificano in base al peso ed alle dimensioni:
· Piccoli: dai 30 ai 80 kg
· Mezzani: da 80 a 110 kg
· Grandi: dai 110 kg in su
Oggi ci occupiamo in particolare del CRISTO “BIANCO” denominato così dai portantini (CRISTEZZANTI) per il colore dell’immagine di Gesù. Pesa circa 110 kg. I suoi “canti” sono ormai ingialliti dal tempo in quanto l’ultimo restauro è datato 1975. Attualmente, dall’inizio del mese di maggio é sotto osservazione.
- La figura di Cristo crocifisso con le braccia aperte simboleggia l’abbraccio del figlio di Dio all'umanità.
- L’angelo con il calice che raccoglie il sangue versato ci ricorda il sacrificio compiuto da Cristo per la nostra salvezza.
- Sulla stella che ricopre il ventre di Gesù ci sono molte versioni… quella che noi preferiamo é la seguente:
- Il Messia annunciato dai Profeti é evocato come una nuova stella: Una stella nata da Giacobbe. I Magi seppero riconoscere questa stella e la seguirono fino a Betlemme. Il manifestarsi di questo astro prodigioso é il segno dell’avvento del Figlio di Dio.
Se guardiamo con superficialità il nostro grande Crocifisso, ci apparirà come una opulenta costruzione barocca ricca di indorature, fregi e fiori argentati, ma se passiamo ad una più attenta contemplazione ci renderemo conto che tutto ciò su cui posiamo lo sguardo ha un significato ben preciso: i nostri grandiosi Crocifissi celebrano il trionfo della Croce, mistero centrale della fede cristiana.
Dai tre bracci della Croce scaturisce una lussureggiante fioritura della pianta d'acanto dalla quale si diramano numerosi e sottili girali con i loro fiori; la vitalità di questa pianta è data dalla Croce di Gesù, il cui sacrificio costituisce la ricreazione dell'umanità e del cosmo. Lateralmente affiora da un lato la palma del Martirio e dall'altro il ramo di ulivo della pace. Tra questi due simboli é incastonata l'effige della Madonna alla quale é dedicata la Chiesa. Una corona dorata avvolge il TITULUS CRUCIS: «Gesù il Nazareno, Re dei Giudei ».
Gesù è il nuovo Adamo che, con il mistero della Sua passione, morte e risurrezione, fa rifiorire l'umanità, riconciliandola col Padre.
In alto, sopra il cartiglio "I.N.R.I." è posta la corona di gloria per la vittoria sulla morte nel mistero pasquale, oltre è la colomba dello Spirito-Santo.
La Croce da strumento di morte viene vivificata da Gesù, vero albero di vita.
Il CANTO SINISTRO
IL CANTO DESTRO
I CANTI sono i tre lati superiori della croce che appaiono in questa tipologia di Crocifissi con una luminosa infiorescenza di fiori e foglie d’oro e d’argento. La Croce da simbolo di supplizio si trasforma in luce di speranza e di gloria annunciando la Resurrezione di Cristo.
Il quarto CANTO, quello inferiore, nella processione dei Cristi viene alloggiato nel CROCCO, (foto sopra), una specie di robustissimo calice di cuoio fissato, con cinghie adatte allo scopo, sull’addome del CRISTEZANTE. E’ il canto della Croce che poggia sull’umanità anelando al suo diretto contatto fisico. Il “portatore” sente e vive questo peso che non é solo materiale, allegorico, a volte festaiolo, ma anche un peso morale carico di responsabilità. Si tratta di un film antico che non finisce mai di emozionare e di stupire il fedele.
La responsabilità cui ci riferiamo é la PAURA di non farcela a sopportare quel peso, e spesso il “portatore” dialoga con Cristo per acquisire la forza di continuare ancora per qualche metro… poi chiama i suoi fidati stramoei ed avviene il passaggio ad un altro CRISTEZANTE.
Il simbolismo religioso é presente anche in questo delicato frangente: l’uomo da solo non può farcela, deve aver fiducia nel prossimo, in quel rapporto d’amore che proprio Cristo ci ha insegnato!
Il CRISTEZANTE in quel momento riflette l’immagine di quel SIMONE DI CIRENE detto il CIRENEO che si legge nel Vangelo di Marco:
“Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. Condussero dunque Gesù al luogo del Golgota, che significa luogo del cranio”.
Io credo sia proprio la figura del Cireneo, il primo Cristezante della bimillenaria storia del Cristianesimo a dare continuità e significato ai riti processionali celebrati dalle circa 130 Confraternite sparse per la nostra terra di Liguria.
L’immagine sofferente del CRISTEZANTE è una vera e propria personificazione, non solo con Simone di Cirene ricordato dal Vangelo, ma con tutta la passione di Cristo.
IL CRISTO “NERO”
IL CRISTO “BIANCO”
IL CRISTO “PICCOLO”
Sono custoditi e curati dalla ARCICONFRATERNITA N.S. DEL SUFFRAGIO presso L’ORATORIO DI NOSTRA SIGNORA DELL’ASSUNTA di cui vediamo l’interno
Carlo GATTI
Rapallo, 29 Luglio 2019