LA PESCA DEL CORALLO NEL TIGULLIO

 

La PESCA del CORALLO nel TIGULLIO

Il corallo del Mediterraneo

Questa attività risale certamente a prima dell’anno mille e la si svolgeva sia nel Tigullio, specie nel Golfi di Santa, che lungo  i vari capi sparsi per la Liguria.


La banchina di S. Erasmo a S. Margherita Ligure in una vecchia foto d’epoca. Come si può vedere l’aspetto del luogo  quello di un piccolo borgo marinaro.

Si ha menzione che si svolgesse sui promontori di Capo Mele, Portofino, il Mesco, ecc.. perché si legge “Non ignude del lucente corallo sono le rocce del mar ligustico ove il lor piede più inoltran nell’onda”. In breve i tugullini ne divennero maestri e da qui, ricchi di questa esperienza ma poveri ormai del corallo, andarono per il Mediterraneo a esercitare la loro arte.

Davide Bertolotti, nel suo “Viaggio nella Liguria Marittima-1834” scrive “In su quei lidi dell’Africa (lungo le coste fra Bona e Biserta) vanno a pescare i marinai del seno di Santa Margherita. Lo cercano altresì sulle costiere della Sardegna: meno abbondante, ma più pregiato essendo il corallo del mare Sardo pel suo colore più porporino.” Ma non erano i soli, già i napoletani ne erano i più insidiosi competitori.

Tartana corallina di Torre del Greco


La Tartana da pesca: era la tipica barca da pesca del Sei e Settecento largamente diffusa in tutti mari italiani. La tartana era un battello da carico del Mediterraneo, lungo 15/20 m., fino ai primi anni del XX secolo molto utilizzato nel settore occidentale del Bacino del Mediterraneo.

Già nel 1540 alcuni corallari di Pescino (l’attuale S. Margherita Ligure) furono catturati da Dragut, ma in realtà il mestiere dei corallari a livello locale, pur non essendovi prove certe, deve essersi sviluppato molto prima. Il corallo infatti era conosciuto in Liguria già in epoca preistorica e con il sale probabilmente rappresentava un’importante merce di scambio anche se prove certe della sua commercializzazione si hanno solo in epoca medioevale. Certo  che questo materiale fosse molto apprezzato dai popoli padani e veneti che lo utilizzavano per creare monili intarsiati e, più in generale, oggetti preziosi. I primi dati sul suo utilizzo nella nostra regione sono testimoniati dal ritrovamento in una caverna del finalese, utilizzata dall’uomo dal Neolitico all’età del Bronzo, di un frammento di scheletro dell’organismo con foro di sospensione. Interessante una citazione di epoca romana dello scrittore Solino che, tradendo scarse conoscenze di biologia, in riferimento al corallo afferma: “Il Mar Ligure produce arbusti che, fintanto che rimangono nella profondità del mare, sono molli al tatto come carne, ma poi, quando sono portati in superficie, staccati dalle rocce originarie diventano pietre…” Nel Medioevo appare invece più certa la commercializzazione di corallo che veniva venduto a “cantari” (barili) e di sale. Erano soprattutto i centri costieri compresi tra Chiavari ed il Promontorio di Portofino a trarre vantaggi economici dalla vendita di questi prodotti. Probabilmente i banchi di corallo presenti lungo il Promontorio di Portofino rappresentarono per lungo tempo una risorsa ma furono pian piano abbandonati quando non si dimostrarono sufficientemente ricchi. Così molti Liguri iniziarono a cercare nuovi banchi lungo le coste del Mediterraneo. Nella buona stagione i corallari partivano con particolari imbarcazioni dette “coralline” alla ricerca di banchi, soprattutto in Sardegna e Corsica, la cui posizione geografica veniva ritrovata grazie alle armie. Per i Liguri era una buona attività soprattutto fin quando poterono disporre di colonie nelle due isole dell’alto Tirreno ed in altre zone del Mediterraneo. Nell’isola di Tabarca in africa settentrionale, che aveva fondali molto ricchi di corallo, si stabilì una colonia di Genovesi, proprio per effettuare questo tipo di pesca. Nel XVIII secolo si hanno due esempi di come già si cercassero di tutelare i fondali, forse perché si era compreso il valore della loro importanza per la vita del mare. I corallari di Pescino durante l’inverno tornavano alle loro parrocchie e cercavano comunque di occuparsi in altre attività.

Nel 1757 il Magistrato dei provvisori delle galee (una carica genovese) a domanda degli appaltatori della gabella dei pesci di Genova pubblicò una Grida (un annuncio) vietando ai pescatori di usare un attrezzo da pesca chiamato Bronzino, con la motivazione che lo stesso rovinava i fondali. Nel 1770, periodo in cui la pesca del corallo era stata quasi abbandonata dalle popolazioni vicine al Promontorio per l’eccessivo sfruttamento dei banchi e per il rischio rappresentato dai Corsi e dai Turchi, accadde una cosa quasi inaspettata: l’attuale Area Marina Protetta fu presa di mira da quattro coralline catalane che iniziarono a pescare corallo. Furono così avvisate le autorità di Rapallo (il Capitano) perché provvedessero al riguardo.

Il mare allora come oggi era una risorsa. Riportiamo integralmente le frasi che furono usate in occasione di quella vicenda:

“vengono a pescare coi raspini a’ coralli proprio in quelle acque, e con detti raspini sradicano i scogli dove nasce il corallo con pregiudizio delle persone di questa comunità”. Intorno al 1820 vi fu un tentativo di riprendere l’attività in Barberia da parte dei Sammargheritesi, che ebbe scarsi risultati. I pescatori si spingevano fin sulle coste africane rischiando spesso la vita. E’ del 1837 la notizia di alcuni corallari di S. Margherita, che furono quasi tutti trucidati, in una cala vicino ad Algeri da corsari turchi.

Nell’anno 1873 a S. Margherita Ligure erano occupati nella pesca del corallo circa 500 uomini, imbarcati su circa un centinaio di barche. Ancora nel 1877 nello stesso borgo veniva compilato un regolamento per disciplinare questo tipo di pesca. Per i corallari era ormai finita l’epoca d’oro e, a parte la parentesi rappresentata dalla scoperta e lo sfruttamento di nuovi banchi a Sciacca, venne il momento di abbandonare l’attività, comunque nefasta per l’ambiente. Oggi questa pesca  vietata anche perché utilizzava attrezzi devastanti.


La Croce di S. Andrea, aveva delle specie di rampini per staccare il corallo o, più semplicemente, delle reticelle attaccate all’estremità di quattro braccia.

Consentiva di entrare negli anfratti dove il corallo cresce “a testa in giù e di sradicarlo”.

L’utensile da pesca era costituito da un palo su cui venivano fissate alcune corde che portavano, legate a varie distanze, delle reticelle. Riusciva a lavorare in condizioni diverse da quelle della Croce di S. Andrea; a profondità superiori, oltre i 40 metri, dove  molto buio e il corallo si sviluppa su pareti perpendicolari a “testa in su”, o più in superficie, ma comunque in ambienti abbastanza bui, dove la forte corrente marina non consente l’accumularsi di detriti sulla superficie delle rocce e il corallo può attecchirvi e svilupparsi all’esterno degli anfratti e a “testa in su” (Bocche di Bonifacio). Le coralline erano imbarcazioni simili a quelle utilizzate per altri tipi di pesca, generalmente lunghe una decina di metri che avevano generalmente un attrezzo di pesca a poppa ed uno a prua. I corallari si muovevano lungo le coste fintanto che le reti non erano riempite a sufficienza. Queste manovre provocavano, oltre che la semidistruzione delle colonie di corallo, anche la lacerazione delle reti. Per questo motivo sulle barche non mancavano mai grandi quantità di filo per operarne la riparazione. Vale ancora la pena ricordare che a Portofino nel XII secolo grazie ai proventi derivanti dalla pesca del corallo venne eretto un piccolo tempio presso la cappella di S. Giorgio, a testimonianza della forte devozione delle genti locali.


La bilancella: era un battello da pesca e da carico del Mediterraneo nord occidentale simile alla Tartana, ma un pò più piccolo. La bilancella originaria di Napoli ma veniva utilizzata lungo tutta la costa occidentale italiana.


Il Castello genovese di Tabarka (XVI secolo) è situato sulla cima di un’isola (vedi foto sotto).


Tabarka era una vera e propria isola. La foto aerea mostra la striscia di sabbia che la collega alla terraferma. L’opera fu costruita dai francesi dopo la seconda guerra mondiale. L’area é situata nel nord-ovest della Tunisia, vicino al confine con l’Algeria.

Nel 1167 il Bey di Tunisi, Abdallah-Bockoras, cedeva ai Pisani, già operanti da anni lungo le coste Africane, l’isola di Tabarca (che poi diverrà dei Lomellini) con l’esclusivo privilegio della pesca del corallo. Per ogni battello essi pagano alle Reggenze un tributo da 100 sino a 150 pezzi di Spagna, ed in oltre 10 o 12 libbre di corallo scelto”.

Ma torniamo a noi. Dopo aver depredato il Tigullio e i promontori con degli strumenti micidiali che più avanti vedremo, falcidiarono tutto, tanto che per vivere dovettero emigrare. Scrive il Bertolotti:

Cento o cinquanta barche (normali barche da pesca lunghe 10 mt) dette Coralline, si spiccano ogni anno in sul finire di Marzo dai vari paesetti del golfo di Rapallo. Ha sette marinai ogni battello che va in Sardegna; nove quel che va in Africa. La navigazione e la pesca li tengono fuor di patria sei, ed otto mesi talora. La felice od infelice ventura ha gran parte del prodotto della pesca del corallo, benché l’abilità la governi. La praticano generalmente nella profondità di 40 o 50  metri, e nella forma che segue:

Immagine di come veniva effettuata la pesca del corallo e del funzionamento della croce di S. Andrea.

Ogni battello ha un ordigno fatto di due panconi lunghi 4 o 5 metri ciascuno, inchiodati un sull’altro a forma di croce; i bracci della croce, armati alle quattro loro estremità di un ferro grande uncinato. Sotto gli uncini s’apre una borsa di tela, e sopra all’intorno gira una rete di cordicella. Una grossa fune regge quest’ordigno nel centro. Il navicellaio cala la macchina ove crede abbondante il corallo; la sperienza gli è guida e maestra. Come l’ordigno ha preso il fondo, egli attacca la fune alla poppa del battello e senza troppo scostarsi dal sito, si rigira vagando qua e là per ogni verso, acciocché gli uncini recidano e schiantino i coralli aderenti alo scoglio. Si ha testimonianza che, a volte, gli ordigni erano due; uno attaccato pure alla prua. La borsa riceve i viventi rami così divelti; e la rete, allargando i lembi per l’acqua, raccoglie gli altri non caduti dentro la borsa. Quindi il pescatore ritira a se la macchina, e si consola al vedere la ricca preda, o s’attrista trovando le sue speranze ite a male. Talvolta la macchina portava a bordo sino a 1 rubbo (unità variabile di peso che a Genova era pari a kg 7,919 )di coralli, altra, nulla.

La maniera con che vien condotta la parte economica di questa pesca è un antico vestigio dei metodi mercantili Genovesi. Il capitale di ogni battello è composta di quattro o cinque mila lire, e diviso in quattro o cinque “azioni” prese da altrettanti “azionari” (i poi famosi camoglini ‘carati’). Intera è la loro fiducia nel capo navicellaio e ne suoi marinai. Accade talvolta che il profitto della pesca raddoppi il capitale; ma la reputano già ben fortunata quando frutta dal 20 al 30%. Vendono il corallo dove più lor torna, in Genova (costì esistevano venti laboratori lungo il Bisagno. I lavori più raffinati si facevano solo a Genova)o in Livorno o in Marsiglia. Pochi anni fa era assai prosperevole; si computa che le fabbriche di Genova ne producessero per due milioni di lire. Forte era l’esportazione verso il Levante e le Indie. Si computa che la pesca del corallo occupi circa mille individui; e che il suo prodotto sia di circa 400.000 lire da cui s’ha da togliere i tre quarti per le spese”.

Dopo una pesca così dissennata ed estirpante, il corallo non nasceva più; per trovarlo bisognava scendere a maggior profondità dove “l’ordigno” non era passato. Oggi se lo si vuol trovare, parlo di quello pregiato del Mediterraneo e non di quello fasullo dell’Oriente, bisogna che esperti subacquei si calino a profondità proibitive e non più remunerative. L’uomo, per il denaro,  è riuscito ancora una volta a devastare la natura.

 

Renzo BAGNASCO

Consulenza, foto e didascalie a cura di Carlo GATTI

Bibliografia:

LE ATTIVITA’ TRADIZIONALI E GLI ANTICHI MESTIERI DEL MARE: la pesca, la sua compatibilità con l’ambiente e la storia intorno al Promontorio di Portofino. Dispense definitive vere Gen nuove cap 5.pdf

Rapallo, 4 Aprile 2016



GIUSEPPE CLARI - Sopravvisuto da un LAGER NAZISTA

GIUSEPPE CLARI

SOPRAVVISSUTO DA UN LAGER NAZISTA

Il Tenente dei bersaglieri Giuseppe Clari é il quarto da destra

Giuseppe CLARI e sua moglie Rosetta per molti anni, nel dopoguerra, frequentarono la nostra Riviera, in particolare: Rapallo. Congedatosi dall’Esercito frequentò l’ISEF e diventò prof. di Educazione Fisica in diversi Istituti di Roma.

Il Comandante Nunzio Catena, “socio storico” di Mare Nostrum, sposò la figlia Marilena. “Quando i genitori di mio suocero Peppe – racconta Nunzio con la sua proverbiale ironia – andarono in comune per registrarlo con il nome di Giuseppe, l'impiegato dell’anagrafe chiese: “e poi ?” - intendendo per secondo nome, risposero:  “E’ Rino!”

Fu così che il secondo nome (per fortuna ora abolito), risultò essere ERINO”.

Mio suocero – continua Nunzio – era un tipo molto dinamico, scherzoso e di carattere molto mite. Al contrario, cambiava completamente umore quando qualcuno gli chiedeva di quel lungo e famigerato periodo trascorso in Germania. Abbassava lo sguardo, si alzava e se n’andava visibilmente commosso. Gli ritornava alla mente quel terribile film ricco solo di atrocità e violenze. Giuseppe piangeva ancora la perdita dei suoi commilitoni che si opposero moralmente ai nazisti, ma non resistettero fisicamente a quella umiliante e subumana condizione di prigionieri ritenuti ingiustamente “traditori”. Molti di questi eroi dimenticati da tutti finirono i loro giorni nelle fosse comuni di quei lager vittime di malattie, torture e fucilazioni.

A volte rileggendo quella cartolina che scrisse alla famiglia - aggiunge Nunzio - cercavo di capire i suoi sentimenti, soprattutto il pensiero  verso la donna che amava e dalla quale era stato separato dagli eventi. Si sarebbero dovuti sposare prima che la guerra fosse cominciata, ma sua madre non volle adducendo queste motivazioni: - e se non torna..? - e se torna menomato? - anche se la futura moglie avrebbe acconsentito di sposarlo comunque. Tornato nell'Agosto del '45 nella casa paterna, raccontava che prima di abbracciare i suoi cari, si era spogliato dei panni pieni di pidocchi ed altro chiedendo di bruciarli. Finalmente si sposarono nel Gennaio '46 ed a Dicembre, 'a stretto giro di posta', nacque Marilena....

Giuseppe CLARI nacque a Montanaro Canavese (Torino) il 24 gennaio 1915, morì nel 1998 a Roma.

- Tenente dei bersaglieri fu catturato l’8 settembre '43 dai tedeschi a Pinerolo. Fatto prigioniero fu internato nel campo di concentramento STALAG 327 a Przemysl allora Germania, oggi Polonia, fu liberato dai Russi nell’agosto 1945.

27 gennaio 2016 – GIORNO DELLA MEMORIA

Da un quotidiano locale riportiamo:

ORTONA – Nella mattinata di domani 27 gennaio, in occasione del “Giorno della Memoria”, durante la cerimonia che si svolgerà al teatro Marrucino di Chieti, il Prefetto Antonio Corona consegnerà delle apposite medaglie ad alcuni cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia della guerra e dei  familiari deceduti durante la Seconda guerra mondiale.


La dott.ssa Marina Catena riceve la medaglia alla memoria del nonno Giuseppe. Sullo sfondo il ritratto di Giuseppe Clari.

A ricevere questo prestigioso riconoscimento sarà Marina Catena, Direttrice del World Food Program a Parigi, nipote di Giuseppe Clari deportato in un campo di concentramento.

All’evento parteciperà una rappresentanza di sei alunni per ogni scuola di Ortona che partirà alla volta di Chieti alle ore 8.45 da Porta Caldari, con un pullman messo a disposizione gratuitamente dalla ditta Napoleone Viaggi.

Il Sindaco D’Ottavio e l’assessore al sociale Francesca Licenziato si dichiarano orgogliosi della presenza delle scuole ortonesi ad un evento di tale levatura così come i dirigenti scolastici, che vedranno rappresentate le loro scuole in un giorno così importante per la memoria storica di questo Paese.

Veduta di Przemysl

UN PO’ DI STORIA

Nel 1340 Przemysl fu conquistata da Casimiro III di polonia ed entrò a far parte del regno polacco. Nel corso del Rinascimento Przemyśl fiorì, la sua popolazione era composta da genti delle più svariate etnie, come polacchi ebrei, ucraini, armeni, cechi e tedeschi. Venne aperta la vecchia sinagoga e, nel 1617 , il collegio dei gesuiti. Con il diluvio ed il generale declino dello stato polacco, le fortune di Przemysl calarono, ciò nonostante vi fu inaugurata nel 1754 , dal vescovo locale, la prima biblioteca di tutta la Polonia.

Nel 1772 venne occupata dagli austriaci che la elevarono, almeno fino all'occupazione di Leopoli, capitale della Galizia . Nel 1804 aprì i battenti anche la prima biblioteca ucraina. Sempre in quell'epoca, secondo un censimento, a Przemyśl un abitante su sette era di confessione greco-ucraina, questo dato la rende la città con la più alta percentuale di abitanti ucraini. Nel corso della Guerra di Crimea, a causa delle crescenti tensioni tra russi ed austriaci, questi ultimi edificarono attorno alla città una serie di fortificazioni per una lunghezza di 15 km. La ferrovia per Cracovia e Leopoli fu aperta nel 1861.

Tra il 1888 ed il 1914 le difese di Przemyśl furono a tal punto ampliate da fare della città la terza fortezza d'Europa per grandezza. Furono costruiti 44 forti in un raggio di 45 km e la fortezza venne progettata per ospitare una guarnigione di 85.000 uomini. Durante la Prima guerra mondiale Prima , tra il settembre del 1914 ed il marzo del 1915 , la città subì un lungo assedio ad opera dei russi che, con gravi perdite, la conquistarono. Tuttavia nel giugno 1915 la fortezza era già tornata nelle mani degli Imperi centrali. Al termine del conflitto Przemyśl fu al centro del conflitto tra le due nuove entità statali che stavano sorgendo in quei giorni: la Polonia e la Repubblica Nazionale  dell'Ucaraina Occidentale.

Il 1º novembre 191 8 si formò un governo che riuniva nei suoi esponenti le varie etnie della città ma, pochi giorni dopo, gli ucraini, con un colpo di mano, rovesciarono l'esecutivo e si impossessarono della parte orientale della città. Dopo alcuni giorni i polacchi riuscirono ad ottenere il completo controllo della città. Przemyśl divenne così una città della rinata Polonia, all'interno del voivodato di Leopoli. Alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale , risiedevano a Przemyśl 16,500 ebrei.

Con l'invasione della Polonia da parte della Germania e dell'Unione Sovietica, la città si ritrovò tagliata in due dal confine, lungo il fiume San, che divideva le zone d'occupazione dei due eserciti. Molti ebrei passarono il fiume per rifugiarsi presso i russi ma, nel 1942 iniziarono le prime deportazioni e 22.000 ebrei di Przemyśl e dei paesi vicini furono rinchiusi nel ghetto. Pochi di loro riuscirono a sfuggire ai rastrellamenti ma, con l'aiuto dell'Armia Krajowa, almeno 500 ebrei poterono essere salvati.


Nei pressi di Przemyśl sorgeva a Neribka un campo di concentramento nazista, attivo dal dicembre del 1942 al luglio del 1944. (foto sopra)

Al termine del conflitto, Przemyśl si trovò a pochi passi dal nuovo confine polacco-sovietico. Con la cosiddetta "Operazione Vistola", vennero allontanati dalla città tutti i suoi abitanti ucraini, prontamente sostituiti da profughi polacchi galiziani. Il crollo dell'Unione Sovietica e l'apertura del confine all'inizio degli anni '90 hanno favorito una rinascita commerciale per la città.

Schreiber scrisse nel 1990: “Qui vennero internati i soldati italiani in seguito al proclama di Badoglio (IMI). dell’8 settembre 1943. Il campo fu evacuato intorno al gennaio 1944 con l'avvicinarsi delle truppe sovietiche. Il comando del campo di Neribka e Pikulice era in mano di un capitano delle SS, il Lagerführer Reyner”.

Raggiunsero lo Stalag XII D (Trier):

Il personale della Marina Mercantile Italiana per un totale di 109 deportati.

Il personale della Marina Militare per un torale di 780 deportati così ripartiti: 204 ufficiali (Oflag), 327 sottufficiali e 249 sottocapi.

Negli Stalag o M-Stammlager (Kriegsgefangenen-Neribka (Polonia) vi furono internati anche 300 sottotenenti di prima nomina dell’Esercito Italiano, tra cui il Tenente dei  bersaglieri Giuseppe Clari.

Qualcuno scrisse: “Quando la storia di domani, scevra di egoismi e di malcelati interessi, formulerà il suo definitivo giudizio su questa vicenda, gli Italiani comprenderanno, nel giusto valore, la resistenza silenziosa dei militari deportati in Germania”.

IMI – (Internati Militari Italiani - Italienische Militär-Internierten) era l’acronimo ufficiale dato dalle autorità tedesche ai soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori del Terzo Reich nei giorni immediatamente successivi all'Armistizio di Cassibile (8 settembre 1943).

Dopo il disarmo, soldati e ufficiali italiani vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle fila dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania.

Solo il dieci per cento accettò l’arruolamento. Gli altri vennero considerati "prigionieri di guerra" e in seguito cambiarono status divenendo "internati militari": come tali furono obbligati al lavoro forzato e sottratti alla possibilità di controllo della Croce Rossa Internazionale e alla tutela della Convenzione di Ginevra del 1929, sottoscritta anche dalla Germania, che prescriveva un trattamento umanitario.

Nonostante la creazione della RSI, legata a doppio filo con il Terzo Reich, l'atteggiamento tedesco nei confronti degli internati si mantenne rigido, e ben pochi miglioramenti vennero apportati alle condizioni di vita di questi soldati. Solo nell'estate del 1944, con l'incontro in Germania tra Hitler e Mussolini, il duce italiano riuscì ad ottenere dal Fuhrer la conversione degli IMI in "lavoratori civili", mitigandone, almeno sulla carta, le condizioni di vita. Nella realtà questo status li sottoponeva comunque ai lavori pesanti senza godere di alcuna tutela a livello internazionale e senza la possibilità rientrare in Italia.

Fra gli IMI si articolò ben presto una rete di resistenza attiva e passiva contro il nazismo e il fascismo: furono organizzate cellule e perfino delle radio clandestine.

Con la fine della guerra ebbe termine anche l’odissea degli IMI che vennero rimpatriati dagli eserciti liberatori. Il rientro avvenne su treni merci sovraccarichi e non pochi furono gli incidenti mortali a causa del sovraffollamento.

La resistenza nei lager è costata, come risulta dagli stessi registri dei decessi compilati dai tedeschi in ogni campo di prigionia, il sacrificio di 78.216 persone. Di queste, sebbene non si conosca il numero esatto, circa 30.000 erano Internati Militari Italiani.

Bibliografia e approfondimenti:

- Gianni Giannoccolo, Gli internati militari italiani nei campi tedeschi 1943-1945, Tecnostampa, Reggio Emilia 1989;

- Enzo Collotti, Renato Sandri, Frediano Sessi (a cura di), Dizionario della Resistenza, 2 vol. G. Einaudi Editore, Torino 2000.

Internati nello Stalag 327 tedesco vicino alla città di Przemysl, dove, affamati, hanno lavorato fino al punto di collasso, o lasciati morire di malattia anche i soldati italiani che furono trattati come traditori dopo che Benito Mussolini fu deposto nel 1943.

Ora c’è un altro posto a cui la memoria può correre...

Przemysl (Polonia), 29 nov. (askanews) - I resti di oltre 2.500 prigionieri italiani e sovietici della Seconda guerra mondiale nel campo nazista di Przemysl, nel sud-est della Polonia, sono stati esumati. Ne ha parlato all'Afp Przemyslaw Kolosowski, archeologo incaricato dei lavori.

"Finora abbiamo esumato 2.500 spoglie. Ci sono ancora due fosse comuni con i resti di circa 500 soldati da esumare". Ha detto Kolosowski, che spera di finire i lavori prima dell'arrivo del gelo. "Ma non è escluso che la terra di questa regione nasconda altre fosse comuni". Ha aggiunto. "I tedeschi hanno distrutto praticamente tutta la documentazione dello Stalag".

I lavori, iniziati a metà ottobre, sono stati realizzati su richiesta del Consiglio di Protezione dei siti di battaglie e del martirio”, organismo finanziato dallo Stato polacco che si occupa dei luoghi della memoria nel Paese. "Si tratta di soldati imprigionati dalla Germania nazista nello Stalag numero 327 a Przemysl-Pikulice, un quartiere de Przemysl, morti in gran parte di fame e malattia a causa delle condizioni inumane del campo" ha detto Kolosowski.

I soldati sovietici di varie nazionalità, russi, bielorussi, ucraini, furono imprigionati nello Stalag dal 1941, dopo l'attacco di Hitler all'URSS. Gli italiani vi arrivarono nel 1943, dopo la rottura dell'alleanza italo-tedesca, ha precisato l'archeologo. "Gli italiani subivano un trattamento particolarmente crudele da parte degli ex alleati, che praticamente li torturavano facendoli morire di fame. I resti non potranno essere identificati” - ha spiegato ancora Kolosowski -, perchè i tedeschi gettavano i cadaveri alla rinfusa nelle fosse comuni, spesso nudi, senza oggetti personali".

Nel corso di sei settimane, sono stati riesumati i resti di circa 3.000 uomini provenienti da otto fosse comuni nel sud-est Polonia.
 Gli scheletri sono quasi impossibili da identificare, ma, da alcuni resti di oggetti personali e vestiario oltre che da piastrine militari di riconoscimento, illeggibili ma di chiara origine,  c’è la certezza che tra essi, o tutti di loro, vi siano soldati sovietici ed italiani.

Quando lo scavo sarà finito, i resti saranno spostati in un cimitero militare che aprirà ufficialmente il prossimo anno; in realtà il cimitero, nella vicina Nehrybka, è già l’ultima dimora di 1.500 vittime trovate dalla Croce Rossa della Polonia nel 1963.

Solo qualche targhetta di identificazione sovietica e italiana è stata ritrovata, oltre a qualche oggetto, spazzolini da denti, pettini, cucchiai, crocifissi ortodossi. I resti saranno trasferiti a Nehrybka, a pochi chilometri, sul sito del futuro cimitero militare, pronto il prossimo anno. (fonte Afp). Bea


28 novembre 2014. L’archeologa Anastasia scava lentamente e con grande cura portando alla luce i resti di un soldato russo (oppure italiano) deceduto nel Stalag nazista vicino alla città di Przemysl. Gli internati furono più di 2500. Photo courtesy: AFP by Maja Czarnecka


Prigionieri di guerra in un lager nazista

In questa ampia fossa comune di Przemysl Stalag, furono sepelliti 30.000 prigionieri russi.

Il destino di molti italiani che combatterono al fianco della Wehrmacht sul Fronte Orientale é tuttora uno dei misteri irrisolti.

Trattati come “traditori” dai nazisti, dopo l’8 settembre 1943, migliaia d’italiani furono fucilati oppure deportati nei campi di concentramento.

Oggi, dopo 70 anni di silenzio dalla fine della Seconda guerra mondiale, grazie agli scavi in atto nella Polonia orientale, questi soldati sconosciuti avranno una tomba su cui i parenti potranno pregare. In sei settimane, l’equipe di archeologi hanno riesumato 3.000 corpi di soldati italiani e sovietici.

Source: AP/Press Association Images

ALLEGATI:

. Cronologia degli EVENTI in cui fu coinvolto Giuseppe CLARI

·     Cartolina di Nonno Peppe inviata dal campo STALAG 327 a Przemys (allora Germania oggi Polonia) dal 1943 al 1945.

·     Permesso dei Russi

·     Cartolina dei russi

. Pass: 31 luglio 1945

Rilasciato agli italiani Clari Giuseppe e Grancagnolo Salvatore per consentire transito a Vienna e ritorno su ordine del Comandante ufficio 133 per cure mediche. Valido 2 giorni. Tenente delle Guardie Fadeev.

Lettera della Delegazione italiana della Croce Rossa in Chekhoslovakia, Prague, Vlashka 34.

Il Comitato italiano della Croce rossa a Praga richiede all’ufficio alleato di fornire assistenza e aiuto ai prigionieri italiani politici e militari in rientro in Italia. Sono accompagnati dal Tenente Giuseppe Clari. La Delegazione ringrazia per aiuto fornito.


Carlo GATTI

Rapallo, 4 Febbraio 2016

 

 

 


Relazione ATTIVITA' - MARE NOSTRUM - 2015

EVENTI MARE NOSTRUM – 2015

L’anno 2015 è stato ricco di eventi ed avvenimenti che, grazie anche all’attività culturale e promozionale portata avanti dalla nostra Associazione, hanno particolarmente arricchito l’offerta storico-documentale dedicata alle nostre radici marinare ed agli appassionati  cultori di storia locale.

In linea generale vanno ricordati per il loro valido supporto promozionale il nostro Sito web ormai prossimo alle 85.000 visite, il periodico Il MARE, il MUSEO MARINARO Tommasino-Andreatta ospitato presso la Scuola TTLLC di Chiavari.

Ciò detto si evidenzia il corposo elenco degli eventi realizzati nell’anno 2015:

7 gennaio 2015 - La Lega Navale Chiavari ha organizzato un incontro sulla Tragedia della PRINCIPESSA MAFALDA. Relatori i soci Ernani Andreatta e Carlo Gatti.

31 gennaio - 2015 – La socia Marinella Gagliardi Santi ha presentato il suo libro DEFIXIONES - Il Mistero delle Tavolette Magiche presso L’Hotel Riviera.

13 marzo 2015 - Il socio Giancarlo Boaretto – Sala Livellara – ha tenuto una conferenza con proiezioni di slides su Magellano-Pigafetta.

28 marzo 2015 - Aperilibro – Scambi culturali – presso L’Alternativa-Rapallo Emilio Carta e Mauro Mancini hanno presentato: Rapallin e...foresti

7 maggio 2015 - Intervista  al Presidente di M.N. Carlo Gatti da parte di  RAI-3 sulla Caduta della Torre di Controllo di Genova.

9 maggio 2015 - Mare Nostrum ha partecipato, moderatore Emilio Carta, alla 2a edizione del convegno “Ama il tuo Mare” organizzato dal LIONS Club presso l’Hotel Europa - Rapallo che ha organizzato la manifestazione  che aveva per argomento: Una risorsa per tutti.

11 maggio 2015 - Il socio Capo Pilota John Gatti ha diretto la manovra di trasferimento del relitto della COSTA CONCORDIA dalla diga di Voltri-Pra (GE) alla banchina di demolizione nell’area dell’ex Bacino Galleggiante.

23 maggio 2015 – Presso l’Auditorium di Chiavari i soci: Ernani Andreatta ed Enzo Gaggero, nell’ambito della manifestazione: IL FESTIVAL DELLA PAROLA, sono intervenuti sulla “Vita e Imprese dell’Ammiraglio Enrico MILLO” Grande e Piccola Storia, quella conosciuta e quella sconosciuta, quella nazionale e quella locale, quella internazionale e quella testimoniata dai parenti dell'Ammiraglio Millo presenti in sala e quella ricordata persino attraverso i ricordi familiari.

26 maggio 2015 - Presso l’Accademia Culturale di Villa Queirolo-Rapallo, la nostra socia Marinella Gagliardi Santi ha presentato il suo Libro: DEFIXIONES – Il Mistero delle Tavolette Magiche.

"MARE NOSTRUM" ha partecipato ad una serie di EVENTI-Estate 2015 CHIAVARI. Conferenze con Proiezioni di Filmati del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari. Conferenzieri i soci Comandanti: Ernani, Andreatta, Carlo Gatti, Giancarlo Boaretto e Enzo Gaggero.
Seguono i dettagli del Programma:

Sabato 11 Luglio 2015

1) Georges ValentineIl Veliero Ritrovato - Le case Rifugio dei Naufraghi al tempo della Vela.

Sabato 8 Agosto  2015

2) L’Affondamento della Principessa Mafalda – 314 Vittime Avvenuto il 25 ottobre 1927 a 70 miglia al largo delle Coste del Brasile.

16 Agosto 2015

3) Enrico Millo, La sua Vita e le sue Imprese.

EXPO  TIGULLIO 2015 - MARE FORZA 7

A cura dell'associazione Mare Nostrum - Rapallo – presso il  Giardino pensile dell’Oratorio dei Neri.

7 agosto venerdì - Il misterioso relitto del KTConferenza e Filmato realizzato dal sub-conferenziere dr. Matteo Vita. Ha presenta Emilio Carta.

8 agosto  sabato - Il bravo fumettista Enzo Marciante ha presentato il suo volume insieme a Emilio Carta: "La Leggenda di Genova e dei Liguri “ (anteprima nazionale) Giardino pensile Oratorio dei Neri  via Magenta.

9 agosto  domenicaPresso il gazebo Giardini di piazza IV Novembre:

ore 18 Viaggio in Palestina" di Fabrizio Benente

ore 19 - Assegnazione del Premio "IL GIORNALISTA DEL CUORE" a Roberto Pettinaroli de Il Secolo XIX

9 agosto domenica ore 21 - "Superstizioni e credenze dei marinai nei secoli". Conferenza e filmati del socio Andrea Maggiori. Ha presentato Emilio Carta.

10 agosto  lunedì ore 21 Presso l’Oratorio dei Neri, via Magenta, Emilio Carta e Mauro Mancini hanno presentato: “Rapallin e... Foresti Raccontatevi”

11 agosto martedì - "Un rapallino a Bari durante il tragico bombardamento"Relatore/Autore Carlo Gatti. Presente il comandante Roberto Donati, figlio del protagonista del tragico avvenimento. Filmato di Ernani Andreatta.

7 - 11 agosto – “Immagini di Rapallo Antica”

Mostra fotografica e video a cura del Gruppo Fb Rapallini & Rapallesi - Oratorio dei Neri, via Magenta.

29 Agosto - Sesto appuntamento Aperilibro 2015 presso la bottega eco & equo solidale in centro a Rapallo "L' Alternativa".

"La vita a bordo delle galee nel secolo XVI " a cura di Emilio Carta e Renzo Bagnasco. Curiosità e aneddoti sulla  vita a bordo delle galee.

MOSTRA MARE NOSTRUM 34° EDIZIONE – 2015

Cliccare sul seguente link

https://www.marenostrumrapallo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=441;marenostrum&catid=52;artex&Itemid=153

2.Dicembre – La socia Ada Bottini ha presentato il suo ultimo libro “Risotto allo zafferano” presso la Biblioteca di Carasco-Chiavari.

5.12 - Emilio Carta e Mauro Mancini hanno presentato nella Sala Consiliare del Comune di Rapallo: "Rapallin... e Foresti" 3 -

12.12 - Emilio Carta, ospite dell’Accademia di Villa Queirolo, ha presentato il suo ultimo libro: DRAGUT - Le Avventure dell'Ammiraglio-pirata....

15.12 – La socia Marinella Gagliardi Santi ha presentato il suo nuovo romanzo: Dimenticare Pompei” a Cassina de' Pecchi, ed il giorno 16.12 in Galleria a Milano.

15.12Il socio Ernani Andreatta ha presentato Enrico Millo - La Vita e le Imprese” presso l’Auditorium San Francesco di Chiavari.

19.12 - Il socio Ernani Andreatta é stato il relatore di “Uomini e Navi: I telegrammi cifrati della Marina Mercantile ai tempi della vela”. La manifestazione è stata organizzata dalla Lega Navale di Chiavari e Lavagna.

30.12 -  Presso L’Accademia di Villa Queirolo – Rapallo, il famoso fumettista-cartoonist Carlo Ghendi  della Disney Italia ha presentato la nostra socia Marinella Gagliardi Santi con il suo nuovo romanzo Dimenticare Pompei A.Curcio Ed.

 

Il Presidente:

Carlo GATTI

 

Rapallo, 16 Gennaio 2016

 



NATALE ALLA GENOVESE - 2015

NATALE ALLA GENOVESE - 2015

 

 

Genova - Piazza De Ferrari

 

La data del 25 Dicembre fu anticamente scelta dalla Chiesa romana perché coincidente con il tempo dell’allora festeggiatissimo solstizio d’inverno raggruppandovi anche il Natale, il Capodanno e l’Epifania. I pagani solennizzavano il solstizio come <dies natalis soli invicti, così come aveva decretato nel III secolo l’Imperatore Aureliano, per ufficializzare la rinascita del sole; da quel momento, infatti, le giornate tornano ad allungarsi.  Prima di allora tutto l’Impero romano e pure da noi, in Liguria, fino alla conquista longobarda guidata da Re Rotari ( VII secolo), la data del Capodanno era festeggiata il primo giorno di Settembre.

 

In questo modo la prima ricorrenza si sovrappose, senza contrastarla, su quella pagana molto cara agli antichi romani e ormai inveterata nelle genti contadine.

 

Da uno scritto si apprende che nel 336 il Natale lo si festeggiava già il 25 Dicembre; invece per i tre secoli precedenti lo si era celebrato il 6 Gennaio, oppure  il 21 Marzo o addirittura il 25 dello stesso mese.

 

L’antica festa per la semina del grano si è tramutata quindi nella celebrazione del germogliare nella grotta di Betlemme , del pane del mondo: Gesù.

 

D’altro canto in tempi più recenti al ferragosto è stata sovrapposta la festa dell’Assunzione della Santa Vergine e, al primo Maggio, la ricorrenza di San Giuseppe artigiano,

 

E’ facile capire che tutto il ciclo natalizio, che inizia con la festa di San Martino, l’11 Novembre, anticamente festeggiato quasi fosse un giovedì grasso a suggellare e ringraziare per il trascorso anno agricolo, finisca con l’Epifania, cosi che anziché cancellarle, subentrò alle antiche radici pagane. Lo fece trasformandole in ciclo per esaltare e meditare sul grande mistero del Dio  fattosi uomo per la salvezza dell’uomo. L’antico spirito“gentile”delle feste comunitarie campestri, fu così elevato a dialogo con il Creatore.

 

Anche se la ricorrenza del Natale la ritroviamo a fine Settecento codificata nelle città presso le classi abbienti, nella realtà trae le sue origini da quel mondo contadino mite e lavoratore che ogni anno e in quel giorno rinforzava, con la coralità dei riti, i legami famigliari; il convivere in armonia del nucleo domestico è alla base della coesione comunitaria che è poi sempre stato il segreto della forza del mondo rurale. Quei riti si sono ripetuti per anni quasi fossero immutabili.

 

Tutto, o quasi, sarebbe invece bruscamente cambiato in concomitanza della seconda guerra mondiale. Tornata la pace, infatti, l’aver dovuto forzatamente conoscere e convivere per anni con uomini dalle più disparate nazionalità, influenzò fortemente anche le nostre usanze. Ne è esempio l’adozione dell’albero di Natale; se si esclude qualche marittimo che lo aveva già visto in America, l’attuale presso di noi lo introdussero le truppe tedesche durante la loro occupazione.

 

E adesso che abbiamo “chiarito” le date, vediamo come, nelle case del genovesi to lo si festeggiava. Per trovare ancora quella genuinità, non ci resta che risalire a quando i genovesi erano ancora un clan coeso e prima di essersi imparentati con i “furesti.

 

Alla vigilia della festa tutta la Comunità si riuniva “in pompa magna”per dare vita alla molto sentita ricorrenza Civica del Confuoco, Corsica e Caffa comprese, La presenza del ceppo di alloro che ardeva durante la cerimonia, le cui ceneri portavano buono, ha origini lontanissime. Poi, alla sera della vigilia, tutti alla Messa di mezzanotte o Messa Santa, poi a casa o per strada, per rinfrancarsi dal freddo, gustando un qualcosa di caldo anche perché, quel giorno, si era rispettato il “digiuno” pranzando con la sola minestra a base di cavoli neri.

 

 

La "Sbira"

 

Il termine "sbirri" non era certamente un termine spregiativo, anzi significava "uomini d'ordine", tale titolo poteva benissimo illustrare un cibo da loro tanto gradito nelle notti di lavoro.

 

La "Sbira" veniva servita in un piatto fondo, con un crostino di pane,  la trippa cotta in umido e aggiunta di brodo di carne o vegetale.

 

 

Palazzo Ducale

 

La mattina di Natale invece abbondante colazione con “trippa alla sbira”, il rancio degli Sbirri di Palazzo Ducale, con crostoni di pane. Solo alle cinque del pomeriggio cominciava il vero pranzo che finiva a sera avanzata. Il rito prevedeva che il padrone di casa desse tutte le mandate alla serratura: da adesso in poi festa riservata alla famiglia. Mentre il papà era impegnato a chiudere la porta, la mamma di nascosto metteva, ripiegata, la letterina di Natali scritta dal più piccolo che aveva appena imparato, sotto il piatto di papà che, a fine pasto, la “scopriva”. O la leggeva lui, tossendo per non far trapelare la commozione o la leggeva l’autore stesso, ritto in piedi su di una seggiola. A fine pasto poi, con gli avanzi di quella lunga cena, le donne preparavano poi i ravioli e il menù per il giorno dopo, Santo Stefano.

 

Maccaröin in broddo

 

Il pranzo di Natale proponeva, come primo, gli eterni “maccaröin in   broddo”, cioè cannelloni lunghi 7 o 8 centimetri cotti in brodo di cappone rinforzato con un po’ di salsiccia, magro di manzo e fegatini di pollo.

 

Cappön magro

A seguire,  nelle famiglie abbienti il mitico  “cappön magro” mentre il vero cappone, il gallo castrato per tempo, allevato ed ingrassato in casa sotto i förnelli, costituiva la terza (o seconda) portata con cipolline e patate. La carne era presente nei vari brodi e un pezzo di polpa magra veniva riservato per fare il “töcco”, cioè il lento sugo per i ravioli del giorno dopo.

 

 

Berodo

 

A seguire  i “berodi” i sanguinacci che il macellaio regalava ai buoni clienti; poi il “bibbin-a a storiön-a” oggi in disuso (cucinata come fosse uno storione, da cui il nome), quindi le scorzonere  di Chiavari “radicce de Ciavai. Quindi i fritti , inizialmente solo gli “stecchi” poi allargatisi sino a  divenire fritti veramente misti.

U pan-döce

 

Sul finire gli immancabili mandarini, la frutta secca e candita in attesa che arrivasse il re del pranzo: u pan-döce . Era fatto rigorosamente in casa e cotto dal vicino fornaio, perché in commercio non esisteva. Veniva portato a tavola, in certe famiglia era già presente sino dall’inizio, con l’immancabile ramoscello di alloro piantato al centro dei tre tagli a triangolo che il più giovane levava ma a tagliarlo spettava al più anziano, che poi lo distribuiva, trovando per ognuno una appropriata battuta divertente. I vini bianchi erano di Liguria mentre i rossi del basso Piemonte. Infine il giorno dopo, il giorno più atteso dai giovani, facevano la loro comparsa i ravioli che le donne contavano mentre li preparavano, così che il giorno dopo, incontrandosi,  enumeravano quanti nella loro famiglia ne avevano consumato: un antico vezzo. Per il resto, il menu del giorno di Santo Stefano, era costituito dagli avanzi di quanto non consumato il giorno prima, Natale.

 

Sembra strano ma tutte quelle pantagrueliche abbuffate, consumate in famiglia fra le mura domestiche, non toglievano nulla alla sacralità della festa: anzi !!!!

 

Il Porto Vecchio di Genova

 

Oggi invece è sempre più un brulicare di auto e gente esasperata che si insulta per parcheggiare, ossessionata di capire se il frullare irritante del telefonino è il proprio o quello del vicino. Poi tutti ad ammucchiarsi vocianti negli affollati ristoranti, tentando di ritrovare quello ch inesorabilmente vanno perdendo e che con questo loro atteggiamento continuano, generazione dopo generazione, a distruggere.

 

Renzo BAGNASCO
Da <<Natale in Liguria - Tradizioni e menù - Bagnasco Boccalatte - Sagep Editore>>

 

Carlo GATTI

Presidente di Mare Nostrum Rapallo

Augura BUON NATALE

A tutti i Soci e

 

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Questo articolo é dedicato particolarmente a:

-  ANGELA BESANA - MADRINA di MARE NOSTRUM RAPALLO

 

- NUNZIO  CATENA – COMANDANTE CHE VIVE A ORTONA MARE MA CON IL CUORE E’ SEMPRE CON NOI  E NEL PORTO DI GENOVA.

 

A cura di

Carlo GATTI

 

webmaster

 

Rapallo, 25 Novembre 2015

 

 

 

 

 

 

 

 


La "carretta" BONITAS di Ravano naufraga davanti a Norfolk

NAUFRAGIO

della nave da carico italiana

“BONITAS”

19 febbraio-1958 ore 05.00

La triste storia di Piero e Maria

Nave

Armamento

Stazza Lorda

Anno Costruz. Equipaggio

BONITAS

Ravano

5.000

192

27

 

Per noi figli della Seconda guerra mondiale, cresciuti tra gli echi dei bombardamenti, racconti d’eroi e tragedie consumate nell’odio, è del tutto normale ritornare con la memoria a quei ricordi che poi lasciamo scorrere tra i rulli di una polverosa pellicola fino a confonderli con le nostre esperienze vissute.

“C’era una volta…una rampa ciottolosa che saliva dietro la stazione ferroviaria di Rapallo  fiancheggiata da alti fusti di falegüe e spinosi cespugli di more; il tetro bosco dei Solari era noto con lo strano nome di “cagaspago”. Di quella nostra Via Gluck è rimasto solo il nome: Salita S.Agostino”. Dal dopoguerra sino alla fine degli anni ’50,  quel quartiere appollaiato sui bricchi della città  è stato il regno della nostra gioventù. Il resto lo ha scritto lo scempio edilizio sulle pagine nere della nostra storia rapallina.

“Ci vediamo dalla Madonnina!”

Era il grido che echeggiava tra le fasce sgombre di via Aschieri per  ritrovarci a giocare tutti assieme: Ada, Annarosa, Benito, Bibi, Pino, Carlo, Cecilia, Ubaldo, Simonetta, Metella, Dedo, Ginetto, Mino, Maria, Paolo, Laura, Mariuccia, Riccardo. Eravamo i ragazzi del quartiere fuori porta.... In quel punto, sotto l’arco che proteggeva la statuetta della Madonna, c’era uno scricchiolante e arruginito cancello in ferro battuto, ultimo baluardo di un muraglione medievale che correva ripido giù verso il mulino di Via Betti. All’interno di quel recinto ideale c’eravamo solo noi! Sotto la Madonnina, davanti all’antico cancello, avevamo visto i giovani e biondi soldati tedeschi accampati con i cavalli sdraiati nel fieno. Poco distante dal quel cancello, muniti di coperte e guanciali, l’intero quartiere traslocava nelle fasce sopra il cimitero quando Pippo, volteggiando di notte sopra il golfo, lanciava bombette sulle luci di qualche sprovveduto…Tra quelle cröse che salivano verso la cappelletta di S.Agostino, i partigiani si muovevano come scoiattoli tra le reti tese dai nazifascisti.

All’alba se ne parte il marinaro...”

Da lassù si godeva la vista del mare e quando, nel dopoguerra,  l’Amerigo Vespucci salpava  all’alba con le vele  gonfie di vento, eravamo gli unici testimoni con il groppo in gola e qualche lacrimuccia negli occhi.

La più grande di noi era Maria. Di lei eravamo un po’ tutti innamorati perché era simpatica e soprattutto bella, ma era fidanzata con un capitano di marina. Una persona importante, veniva da fuori… da Camogli. Eravamo sempre di vedetta e quando la “topolino” si fermava ai piedi della salita per aspettare Maria, noi ci sentivamo un po’ traditi. Lei era una dei nostri! Ma il loro matrimonio era vicino e quando Maria decise di presentare Piero alla banda, presto, anche lui fu  dei “nostri” e qualcuno pensò di seguirlo  sulla dura strada del mare.

Ragazzi, questa notte Piero partirà da Genova” - disse Maria con la voce rotta dall’emozione – “All’alba passerà vicino al faro di Portofino per salutarmi con una lampada speciale, farà due linee lunghe dell’alfabeto Morse: la M come Maria. Gli ho promesso che salirò  a Montallegro, lassù accenderò un fuoco di segnalazione per lui. Ma ho paura di salire da sola! –  Ci guardammo negli occhi e poi urlammo in coro - “Veniamo tutti con te!!”

Nessuno di noi andò a scuola quel giorno e salimmo nottetempo al Santuario per salutare Piero. La nave doppiò la punta, segnalò alcune volte la M e poi accostò verso il largo per l’ultima volta… Quel giorno Maria scese di corsa dal monte cantando e piangendo, ma  nessuno di noi capì fino in fondo il perché.  Passarono due, forse tre settimane, un po’ poche per ricevere una lettera d’amore dall’altra sponda dell’Atlantico, infatti, la notizia arrivò all’improvviso volando sulle onde corte della radio,  veloce come il vento  che aveva inabissato la nave di  Piero.

“Sei uomini dell’equipaggio della Bonitas, 5.000 tonnellate, sono stati recuperati da una nave soccorritrice, grazie ai segnali S.O.S emessi dall’eroico telegrafista che è rimasto al suo posto, in stazione radio, fino alla scomparsa della nave”.

Il destino, dietro il lugubre volto di una terribile tempesta, aveva colpito la nave italiana a meno di una giornata di navigazione dalla terra americana.

Il mercantile Bonitas, dell’Armatore genovese Ravano, in navigazione.

L’attesa di notizie più precise sui nomi dei naufraghi recuperati fu lunga, snervante, spasmodica. Maria per giorni cessò di nutrirsi e dormire. Pensava solo al suo Piero e piangeva. Poi seppe la verità: il suo amore era dato tra i dispersi. La banda di S.Agostino cadde nel dolore e nella disperazione insieme a Maria.

La posizione del naufragio

Il tragico naufragio avvenne alle ore 05 del 19 febbraio 1958, al largo della Virginia, a 150 miglia di distanza da Capo Lookout. Perirono 21 uomini dei 27  che componevano l’equipaggio. Otto di loro erano liguri: 2° Ufficiale di coperta Pietro Grosso di Camogli, All. Ufficiale di coperta E.Picasso di Loano, Radio telegrafista G.Vigna di Chiavari, Capo Macchinista G.Guastino di Tellaro, 1° Macchinista G.Paita di La Spezia, Nostromo R.Spinelli di Sampierdarena, Marinaio G.Bertola di Ortonovo, Cameriere E.Lasio della Spezia. Si salvò il comandante Ignazio Marini di Camogli.

F.4 - Il salvataggio di un naufrago della “Bonitas”

Alla grave tragedia che colpì la Liguria marinara, seguirono aspre polemiche sui quotidiani, tra chi indicava nell’anzianità della nave la principale causa del disastro e quelli che, al contrario, sostenevano che la nave non era né vecchia né ridotta a un rottame da demolire. La verità va quasi sempre a braccetto con il buonsenso: la nave Bonitas aveva trent’anni d’età e non doveva avventurarsi, in pieno inverno, nelle acque più tempestose del globo. Tuttavia è anche vero che in quegli anni era in atto un grande sforzo di rinnovamento per uscire dalle secche di quel “misero” dopoguerra. Alla fine il risultato fu grandioso, ma la nostra bandiera dovette calare a mezz’asta molte altre volte a causa dei ripetuti sinistri che dimostrarono, ogni volta, il grande spirito d’abnegazione degli equipaggi nostrani. Leggendo le statistiche si rimane ancora colpiti di quanto la “piccola” Liguria abbia inciso, in termini di sacrifici umani, nella storia della Marina nazionale

Oggi, i dati in nostro possesso ci dicono che le navi italiane con oltre 20 anni d’età non raggiungono il 10% della flotta, contro il 23% di quella mondiale. Se la storia dell’umanità è purtroppo cadenzata dalle guerre, la storia del “marinaio” è evocata soprattutto per i suoi ciclici sinistri. Ogni tragedia reca con sé morte e orrore, ma la storia non può fermarsi e il marinaio è costretto a  rialzarsi, mettersi al timone e ripartire con regole nuove, confidando nel nuovo faro tecnologico che si è acceso dopo l’ultimo naufragio.

Il quartiere di S.Agostino fu “rapallizzato” e ognuno di noi seguì il proprio destino. Anch’io presi la strada di Piero e non rividi più Maria, ma ancora la rivedo lassù, davanti al Santuario, con lo sguardo rivolto verso il mare, in cerca del suo amore inghiottito dai flutti.

COMMENTO

Alla grave tragedia che colpì la Genova marinara, seguirono aspre polemiche sui quotidiani, tra coloro che indicavano nell’anzianità della nave la principale causa del disastro e quelli che,al contrario, sostenevano che la nave non era nè vecchia nè ridotta ad un rottame da ferrovecchio.

Dalla rivista “Italia sul mare” del marzo 1958

IL NAUFRAGIO DEL “BONITAS

La nostra flotta in pochi anni, ha ripreso degnamente il suo posto sui mari del mondo dopo il turbine della guerra e non può essere lasciata sotto il peso di troppo facili e sbrigative critiche. Certo in questi ultimi tempi, la nostra bandiera ha dovuto calare a mezz’asta per ripetuti sinistri che peraltro hanno sempre dimostrato lo spirito d’abnegazione degli equipaggi spinto fino all’estremo sacrificio. E a questi Caduti eroici va il nostro commosso saluto. Ma da ciò a denunciare senza ombra di provacolpe o dolo, corre un bel tratto. Non dunque la solita inchiesta scandalistica che purtroppo è tradizione di noi italiani, ma un accertamento obbiettivo inteso a difendere da ogni temeraria oavventata illazione una attività nazionale, di primaria importanza…….- V.G

NOTE:

Posizione:

Il mercantile  colò a picco a 150 miglia ad Est di Capo Lookout, al largo delle coste della Carolina del Nord  (USA).

I Fatti:

La nave, 5000 tonnellate di Stazza lorda, era carica e proveniva dall’Europa. Il destino, sotto forma di una  tempesta tremenda, ha fatto naufragare la nave a meno di una giornata di navigazione dall’arrivo in porto.

Sei uomini dell’equipaggio sono stati recuperati da una nave soccoritrice, grazie ai segnali S.O.S emessi  dall’eroico telegrafista che rimase al suo posto fino alla scomparsa della nave.

Le Vittime: Nel tragico naufragio perirono 21 uomini dell’equipaggio, otto di loro erano liguri:

2° ufficiale di coperta    P. Grosso       di      Camogli

All.ufficiale di coperta   E. Picasso       di      Loano

Radio Telegrafista        G. Vigna         di      Chiavari

Capo macchinista         G. Guastino    di      Tellaro

1° macchinista            G. Paita           di      Spezia

Nostromo                   R. Spinelli       di      Samp.Arena

Marinaio                    G. Bertola        di      Ortonovo

Cameriere            E. Lasio           di      Spezia

Si salvò il comandante Ignazio Marini di  Camogli

 

 

 

 

BONITAS a Taranto

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 11.02.12


 


MOSTRA-EVENTI MARE NOSTRUM 2015

MARE NOSTRUM

34 EDIZIONE - 2015

 

Con questo fascicolo la nostra pubblicazione raggiunge la quattordicesima edizione, un risultato che non avremmo neppure ottimisticamente potuto immaginare quando - nel 2002 - demmo avvio a questa fortunata "serie" che, pur rinnovandosi nel tempo, ha sempre mantenuto inalterate le principali caratteristiche che, sin da subito, abbiamo voluto attribuirle.

 

 

 

Difatti, al rigore storico e alla ricerca iconografica e documentale è sempre stato abbinato il collegamento con Rapallo e il suo mare, a testimonianza di un legame che - insieme - abbina la storia e le tradizioni locali a vicende che, spesso, trascendono dal rapporto tra la nostra città e il Tigullio, andando a spaziare sugli oceani più lontani e descrivendo fatti lontani nel tempo ma non per questo dimenticati.

 

 

 

La passione, la stima reciproca e la comunanza di interessi che ci uniscono hanno costituito - in tutti questi anni - l'elemento imprescindibile di una collaborazione che, sulla base della nostra amicizia, ha consentito di far conoscere a Rapallo (e non solo) importanti vicende legate alla storia navale, alla marina mercantile, ai disastri marittimi e alle tradizioni locali, in un unicum culturale che unisce il mare di Rapallo, il suo entroterra e quanti - nel tempo - vi hanno vissuto e lavorato, spesso con grandi sacrifici.

 

 

 

Il titolo di questo fascicolo ("Mare Nostrum, non solo mare...") già fa capire che, quest'anno, abbiamo ulteriormente allargato il raggio d'azione delle nostre ricerche, espandendolo anche verso aspetti non propriamente navali o marittimi ma sempre legati alla nostra base culturale, al nostro retroterra emozionale e - in via più generale - a elementi che hanno in Rapallo e nel Tigullio il loro minimo comune denominatore, in un'aggregazione e con una affabulazione che, ci auguriamo, saranno anche quest'anno apprezzati dai nostri lettori.

 

 

 

Carlo Gatti, in collaborazione con Francesco Bucca e Roberto Donati, ci racconta la vita e le vicende di Benedetto Donati, che prestò servizio con la Regia Marina a bordo della cannoniera Campania e del cacciatorpediniere Quintino Sella, trovandosi poi coinvolto nei bombardamenti del porto di Bari. In particolare, da prigioniero degli inglesi, si trovava a Bari il 2 dicembre 1943 quando la città fu gravemente danneggiata dalle esplosioni di ordigni all'iprite imbarcati sulle navi alleate presenti in porto e colpite dal preciso lancio di bombe dei bombardieri della Luftwaffe. E il figlio di Benedetto Donati, Roberto, conclude questo pezzo con un ricordo del padre e della sua permanenza a Rapallo, a testimonianza del legame che unisce lui stesso alla città anche adesso che vive ad Augusta, in Sicilia, senza però mai dimenticare il suo rapporto con la nostra città e il suo mare.

 

 

 

Emilio Carta, in collaborazione con il subacqueo Andrea Maggiori, affronta un argomento che - in tutte le epoche - ha caratterizzato il rapporto dei naviganti con il mare: la superstizione, tipica dei marinai di ogni tempo e paese, che trae origine da credenze lontane nei secoli e che vede molti tra noi dedicare qualche momento allo scongiuro, in quell'ottica del "... non è vero ma ci credo" di cui tutti noi non riusciamo a fare a meno. Sono molti i fatti (dalle bottiglie che non si rompono al varo, al cambio del nome di una nave) che - pur in un'epoca tecnologicamente avanzata come quella attuale - ci fanno ora sorridere e ora pensare, ed Emilio Carta, con la sua consueta verve giornalistica, ha saputo cogliere elementi del presente e del passato spesso poco noti o quasi sconosciuti.

 

 

 

Con il 2015 si apre una serie di "centenari" relativi alla partecipazione italiana al primo conflitto mondiale, e Maurizio Brescia non poteva non cogliere la prima di queste ricorrenze. Difatti, l'articolo storico di questo fascicolo è dedicato alla Marina italiana alla vigilia della Grande Guerra, con un confronto con il corrispondente "ordine di battaglia" della Marina austro-ungarica e un rapido excursus sulle operazioni navali italiane sino alla vittoria, il 4 novembre 1918. Nei prossimi anni non mancheremo di cogliere altre ricorrenze riferite alla Grande Guerra sul mare, dato che il ruolo giocato dalla Regia Marina tra il 1915 e il 1918 è stato forse meno divulgato (e meno celebrato) rispetto a quelli che hanno avuti per protagoniste le altre Forze Armate nazionali.

 

 

 

Infine, Ernani Andreatta esordisce su queste pagine descrivendo le vicende del "rapallino di adozione" Giuseppe Pettazzi, progettista e realizzatore di numerose costruzioni e opere pubbliche in Africa Orientale, distintosi - nel 1941 - nella difesa di Cheren. A conclusione del suo intervento, un breve ricordo dell'ammiraglio chiavarese Enrico Millo, Medaglia d'Oro al V.M. per l'impresa dei Dardanelli durante la guerra italo-turca e, senza dubbio, un altro marinaio del Tigullio che ha dato lustro, con le sue azioni, alla nostra terra e al nostro mare.

 

 

 

Non possiamo dimenticare - e ringraziare con amicizia - l’Amministrazione Comunale di Rapallo che, nella persona del Sindaco Carlo Bagnasco, anche quest’anno ci ha affiancato con grande disponibilità consentendo, tra l’altro, di far proseguire nel tempo la nostra collaborazione con la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia che - una volta di più - si è dimostrata partner disponibile e generoso, sempre attento alle esigenze ed ai progetti di chi, sul territorio, cerca di “fare cultura” in modo attivo, propositivo e durevole nel tempo.

 

 

 

E, come sempre, il nostro saluto e il nostro ringraziamento vanno ai nostri affezionati lettori ed a quanti ci leggeranno per la prima volta: invitando tutti alla lettura di questo fascicolo e augurando "Buona navigazione" a quanti ci vorranno seguire nel vasto mare della cultura, della tradizione marittima e della storia navale.

 

 

 

Rapallo, 31 Ottobre 2015

 

E. Andreatta, M. Brescia, F.Bucca, E. Carta, C. Gatti

 

Associazione Culturale "Mare Nostrum"

 

 

 

MARE NOSTRUM 34a EDIZIONE – 2015

ORARI MARE NOSTRUM 34a EDIZIONE – 2015

 

Apertura Mostra (Castello): 10.00 – 12.00  -  31.10.2015

 

INAUGURAZIONE: SABATO 31.10.2015 - ore 10,30 Sala Consiliare

 

Giorni dedicati: Venerdì – Sabato – Domenic

 

I Venerdì: 15.00 – 18.00

 

I Sabato e le Domeniche: 10.00 – 12.00 / 15.00 - 18.00

 

Chiusura Settimanale: Lunedì – Martedì – Mercoledì – Giovedì

 

Durata:          Dal 31 Ottobre a  Domenica 15  novembre

 

 

 

Allestimento: 29.10.2015 – Giovedì  09.00 - 12.00 /15.00-17.00

 

30.10.2015 – Venerdì  09.00 – 12.00/ 15.00-17.00

 

Presentazione Eventi Mare Nostrum 2015 e dell’annuale pubblicazione presenti gli autori: E. Andreatta, M.Brescia, F.Bucca, R.Carta e C. Gatti

 

FINE MOSTRA: Domenica       15.11.2015

 

SMONTAGGIO: Domenica pm  15.11.2015

 

Durata:          Da Sabato 31 Ottobre a  Domenica 15 Novembre (16 giorni)

 

EVENTI MOSTRA MARE NOSTRUM 2015

 

 

 

- Domenica 8 novembre - ore 10,30  Sala Convegni Hotel Europa Andrea Maggiori presenta: “La storia dei nodi marinari e le loro funzioni”. Andrea Maggiori, noto sub del Tigullio é autore di pubblicazioni legate al mondo della nautica, racconta il fascino dei nodi marinari, la loro storia e le loro funzioni, dalla vela ai moderni piroscafi.

 

- Sabato 14 novembre - ore 10,30  Sala Convegni Villa QueiroloCarlo Gatti e Francesco Bucca presentano: “Un Rapallino nell’inferno di Bari il 2 dicembre 1943”. Il comandante-scrittore Carlo Gatti e lo storico-ricercatore navale Francesco Bucca, raccontano e documentano il terribile bombardamento di Bari e l’odissea del militare rapallino Benedetto Donati. Sarà presente il Comandante Roberto Donati figlio di Benedetto.

 

- Domenica 15 novembre – ore 10,30 Sala Conferenze Villa Queirolo Ernani Andreatta presenta: “L’Odissea in Africa dell’Ing. Giuseppe Pettazzi durante la Seconda guerra mondiale”. Ernani Andreatta, comandante e documentarista, racconta le vicissitudini dell’Ing. Rapallese Giuseppe Pettazzi durante l’ultimo conflitto mondiale.

 

- Sabato 21 novembre – ore 10,30 Sala Convegni Hotel Europa Donatello Bellomo presenta il romanzo: Il tesoro degli Abissi”. Donatello Bellomo, noto giornalista e scrittore, narra della misteriosa scomparsa della nave ANCONA nel Mar Tirreno con un carico “segreto” d’oro.

 

- Domenica 22 novembre – ore 10,30  Sala Convegni Hotel Europa – Luciano Brighenti presenta: “La Storia della Immersione Umana” Luciano Brighenti, per anni istruttore a Consubim ci svela i segreti della subacquea. - Sabato 28 novembre – ore 10,30  Sala Convegni Hotel Europa – Roberto Co’ presenta: "I segreti dell’Acquacoltura". L’Ing. Roberto Co é il noto imprenditore rapallino che ha ancorato le sue vasche-vivai di orate e branzini al largo di Lavagna cambiando i gusti e la mentalità  di tanti italiani e stranieri.

 

- Domenica 29 novembre – ore 10,30  Sala Convegni Hotel Europa – Emilio Carta, giornalista/scrittore e Mauro Mancini presentano: “Rapallini Emilio Carta, e Mauro Mancini poeta e attento cultore di storia locale, ci accompagnano in: Aspettando “Rapallin e... Foresti 3” ... E Parolle dö Gatto, antiche ricette, proverbi e modi di dire...”

 

Per tutti gli EVENTI in programma, sono previste proiezioni di DVD/Slide/Foto a cura dell’Associazione Mare Nostrum.

 

 

 

Curatori e collaborazioni

 

 

“Mare Nostrum Rapallo” si avvarrà della collaborazione dell’Associazione Modellisti di Rapallo, guidata dal presidente Silvano Porcile con la competenza e la preziosa opera di volontariato dei propri soci.

 

 

La manifestazione vivrà in particolare grazie alla collaborazione del giornalista-scrittore Emilio Carta, del sottoscritto presidente dell’Associazione comandante-scrittore Carlo Gatti, degli studiosi e ricercatori della Marina Militare dottor Maurizio Brescia e Ing. Francesco Bucca, del direttore del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta, con sede presso la scuola Telecomunicazioni di Chiavari, comandante Ernani Andreatta, dell’appassionato d’arte Claudio Molfino e del ricercatore di storia marinara Andrea Maggiori.

 

Si avvarrà inoltre della disponibilità del locale gruppo dell’Associazione Marinai d’Italia, che esporrà documenti e materiale storico-didattico della Marina Militare.

 

 

 

L’Associazione Culturale MARE NOSTRUM - Rapallo affonda le proprie radici nel lontano 1981 con la fondazione del Gruppo Modellisti Navali di Rapallo e Santa margherita Ligure.

 

Mare Nostrum non é soltanto modellistica navale. Dal 1987 si tiene, al piano superiore del Castello Antico di Rapallo, una Mostra tematica di quadri di marina e di oggettistica navale. Dal 1990 si é inaugurata una Mostra tematica fotografica degli scrittori di argomenti navali Emilio Carta e Carlo Gatti, ai quali si é aggiunto nel 1998 la Mostra di “argomenti militari” curata dallo storico Maurizio Brescia. Dal 2005 sono diventati preziosi collaboratori e abituali espositori Ernani Andreatta, Curatore del Museo Tommasino-Andreatta di Chiavari e per la parte artistica e pittorica Claudio Molfino. Il 9 aprile 2009 Mare Nostrum si é costituita in Associazione culturale senza scopo di lucro con sede in Rapallo. L'Associazione ha il seguente scopo istituzionale: la promozione della cultura marinara. I soci fondatori sono: CARTA Emilio, BRESCIA Maurizio, GATTI Carlo, ANDREATTA Ernani, DONATI Roberto, GATTI John, MOLFINO Claudio e D'ESTE Scipione. L’attuale Consiglio Direttivo é composto da GATTI Carlo nella qualità di Presidente, BRESCIA Maurizio nella qualità di Vice Presidente, D'ESTE Scipione nella qualità di Segretario. MARE NOSTRUM RAPALLO gestisce con il suo Presidente il sito:

 

https://www.marenostrumrapallo.it/

 

che contiene 350 articoli/saggi di storia marinara.

 

 

 

 

 

 

 

 

A cura del presidente

Carlo GATTI


BENEDIZIONE DEL LABARO MARE NOSTRUM-RAPALLO

 

BENEDIZIONE DEL LABARO

 

ASSOCIAZIONE MARE NOSTRUM RAPALLO

 

 

Tempio del perpetuo Suffragio

 

Preghiera pro caduti, dispersi e vittime di tutte le guerra

 

 

Signore Gesù Cristo che nella Tua vita nel tempo hai voluto

 

una patria terrena che fosse segno e immagine della patria

 

celeste, benedici questo vessillo, simbolo visibile dell’Italia

 

nostra; fa che esso sia anche il segno concreto della Tua protezione.

 

Assisti e proteggi tutti coloro che sotto questa bandiera

 

compiono il servizio per l’osservanza delle patrie leggi, per la

 

custodia dell’ordine, a garanzia della tranquilla convivenza di

 

tutti i cittadini.

 

Fa che la Patria nostra, anche perla concordia operosa dei suoi

 

Figli, viva lunghi giorni di serenità e di pace.

 

Per Cristo nostro Signore.

 

 

 

La Chiesa di San Francesco d’Assisi - Rapallo

 

 

 

Interno – Navata centrale

 

 

La sua costruzione è risalente al 1519 grazie alla donazione del terreno ai Minori Osservanti che, insieme alla podestà rapallese, iniziarono l'opera di edificazione. Il convento, adiacente alla chiesa, viene restaurato e ceduto ai Frati Minori nel 1601 per ordine pontificio di Papa Clemente VIII.

 

 

Ecco le fasi del rituale religioso che si é svolto alle 10.15 dell’8 novembre 2015 Chiesa di San Francesco, Rapallo.

 

-  Celebrazione della SS.Messa

 

- PREGHIERA DEL MARINAIO recitata a memoria dal Com.te Luciano  BRIGHENTI, socio di Mare Nostrum.

 

 

 

 

 

Autore della "Preghiera del marinaio" fu lo scrittore Antonio Fogazzaro, nato a Vicenza il 25 Marzo 1842. Fogazzaro la scrisse nel 1901, sollecitato dal vescovo di Cremona, Bonomelli, cui stava a cuore lo spirito religioso dei marinai.

 

Il comandante del “Giuseppe Garibaldi” Capitano di Vascello Cesari Agnelli, colpito dalle parole della preghiera del Fogazzaro, chiese e ottenne nel Marzo di quell’anno, dall'allora ministro della Marina, Ammiraglio Costantino Morin, l’autorizzazione a recitarla in navigazione prima dell’ammaina bandiera, quando l’equipaggio è schierato a poppa. Da allora tale consuetudine si diffuse rapidamente su tutte le navi della flotta, tanto che nel 1909 la “Preghiera Vespertina” era già comunemente conosciuta come “Preghiera del marinaio italiano” e ne era stata resa obbligatoria la lettura a bordo.

 

La “Preghiera del marinaio” viene attualmente letta, oltre che prima dell’ammaina bandiera in navigazione, anche al termine delle messe a bordo, nelle caserme e negli stabilimenti della marina e alla conclusione delle funzioni religiose celebrate in suffragio di marinai deceduti.

 

 

Rito della BENEDIZIONE del Labaro della nostra  Associazione

 

Don Aldo, sacerdote della Chiesa di S.Francesco di Rapallo, ha recitato la formula di rito:

 

 

<< Preghiamo: O Dio, grande nell’amore e fedele per chi ti invoca con cuore sincero, benedici questa bandiera segno di uomini e di donne che si impegnano nel custodire la bellezza del creato. Per Cristo nostro Signore >>.

 

 

Seguono due testimonianze:

 

 

Che senso ha una benedizione "sacramentale" ad un vessillo non militare? Non certo per conferirgli poteri magici o addirittura "superpoteri". Semplicemente da oggi il nostro vessillo non è più un insignificante drappo estetico ma è divenuto "oggetto sacro" perché asperso con Acqua Santa. Servirà ad unire attorno ad esso tutti gli Associati a Mare Nostrum e a poterli appieno e legittimamente rappresentare in qualsiasi cerimonia civile, militare, religiosa o funebre a cui parteciperà, con pari dignità delle altre bandiere che saranno presenti. Quando c'è, in lei ci riconosciamo tutti e tutti ci rappresenta. E' stato un patto giurato davanti a Dio non per fare guerra ma, come ha anche detto giustamente il Celebrante che l'ha benedetta, per collaborare anche noi a diffondere la pace e a lavorare per la salvaguardia della natura, oggi in pericolo. Più uomini si uniscono con questi scopi e meglio andrà il mondo. Lo abbiamo fatto anche nella speranza faccia ricadere su di noi la misericordia di Dio  e ci aiuti a non commettere malvagità ma, anzi, ci sproni sempre più ad ascoltare e ad agire per il bene dei fratelli. Al momento della Benedizione effettuata con l'aspersione dell'Acqua Benedetta, quindi Santa a tutti gli effetti, l'Ufficiante ha invocato Dio perché guardi con amore quell'oggetto specifico, riversando sugli Associati il bene a che ne facciano  un uso corretto, ogni qual volta sotto di essa si riuniranno.

 

 

Renzo BAGNASCO - scrittore

 

Socio di MARE NOSTRUM

 

 

La Celebrazione della Benedizione del Labaro di Mare Nostrum rappresenta una tappa importante nel cammino dell'Appartenenza.

 

Appartenenza ad una Comunità spirituale, Condivisione di esperienze, di lavoro, di sacrifici, di privazioni, nella lontananza, del calore della Famiglia, delle responsabilità di svolgere al meglio il compito affidato e della stessa vita dei compagni d'equipaggio, guidati soltanto, per dirla con Kant, dalla "Legge morale dentro di noi e dal Cielo stellato sopra di noi". Per i Credenti (e chi partecipa ad una Benedizione è credente) si tratta della Terza Persona della Santissima Trinità: lo Spirito Santo. Il Vangelo ce lo descrive sotto forma di lingue di fuoco, i pittori l'hanno rappresentato sotto forma di colomba, ma chi prega sa che Kant ci ha aiutato molto a capire il suo significato. Renzo Bagnasco ha colto in pieno il significato della  Benedizione: l'invocazione della misericordia di Dio e la guida dello Spirito Santo nell'operato dell'Umanità. Riscoprire i valori o meglio togliere da Essi la "polvere del tempo" aiuta a trasmettere alle nuove generazioni una Testimonianza di vita da far valere sui messaggi di morte.

 

Questa è la forza di Mare Nostrum, una forza che unisce nella condivisione delle varie esperienze, nel rispetto delle opinioni e nella crescita culturale e spirituale.

 

 

Prof. Gabriele MORO

Socio di MARE NOSTRUM

 

A cura di

Carlo GATTI

Rapallo, 23 Novembre 2015

 


IL RAPALLESE PINO SORIO IN IRLANDA DEL NORD

IL RAPALLESE PINO SORIO

PARTECIPO' ALLA COSTRUZIONE DI UNA CENTRALE ELETTRICA IN IRLANDA DEL NORD

 

Carta geografica dell'Irlanda del Nord. Le frecce indicano il sito della Centrale di Ballylumford

Il lavoro in Irlanda del Nord è durato un po' meno di nove mesi, però diviso in due fasi: la prima di 4 e la seconda di 5. Il mio compito era di seguire i montaggi dei condensatori e delle turbine a vapore per conto dell'Enel Power mentre l'Ansaldo aveva i suoi tecnici e gli Inglesi della Premier Power Ltd,  i loro.
Allego una mappa della località dove è stata costruita la centrale, che poi è stata un ampliamento e ammodernamento di quella già esistente.
La località si chiama Ballylumford e si trova nella contea di Larne sulla punta della penisola di Islandmagee e che divide il Larne Lough dal Mare d'Irlanda. La città più vicina alla centrale è Larne mentre  Carrickfergus, dove abitavo io, dista da Belfast circa 20 miglia.

 

TURBINA A GAS

BALLYLUMFORD CCGT PLANT – UNITED KINGDOM1.

 

La Premier Power Ltd ha costruito una centrale elettrica da 600 MW a ciclo combinato (CCGT) a turbine a gas a Ballylumford, una località dell’Irlanda del Nord, sulla punta della penisola Islandmagee che separa il Lame Lough dal Mare d'Irlanda. La nuova stazione si trova vicino ad un’altra preesistente e sfrutta le esistenti infrastrutture inclusa la fornitura di gas naturale ed i sistemi elettrici di distribuzione. L’efficienza termica del nuovo impianto è superiore al 50% e la corrente è prodotta a 15 e 18 kV per facilitare la trasmissione sottoterra. Quando il nuovo impianto sarà completato, le tre turbine a vapore da 200 MW del’impianto esistente verranno decommissionate e i tre rimanenti gruppi nell’impianto esistente resteranno operativi.

La Centrale é la più grande dell'Irlanda del Nord e con il suo impianto principale produce la metà di tutta la corrente consumata nel Paese. A pieno regime la Centrale può produrre 1316 MW.

 


 

CICLO COMBINATO TURBINE A GAS

 

Il ciclo combinato delle turbine a gas può ora dare un’efficienza del ciclo termale superiore al 50% e molto più altadell’attuale 33% del vecchio impianto. Se le turbine a vapore dovessero essere fermate per manutenzione o avaria, ilnuovoimpiantopotrebbe continuare ad operare in condizioni ridotte fornendo il 35% della produzione. In questo caso il calore delle turbine a gas verrebbe scaricato all’atmosfera attraverso una ciminiera by pass.

 

 

TRE TURBINE SIEMENS A GAS

 

L’impianto comprende due turbine a gas Siemens V94.2 e una V64.3A a ciclo combinato.

 

 

TENSIONE A 15/18 kV TRASFORMATI A 275/110 kV

 

La corrente viene prodotta a media tensione (15/18 kV) e convertita a 275/110 kV a mezzo di trasformatori per soddisfare le esigenze della rete di distribuzione dell’Irlanda del Nord (NIE). La corrente ad alta tensione viene trasferita amezzocavisotterranei ad una sottostazione della NIE e da qui distribuita alle utenze. All’interno della centrale la media tensione viene ridotta per soddisfare le esigenze interne operative rendendo la centrale autosufficiente.

 

GAS NATURALE CON BASSO CONTENUTO DI ZOLFO

 

Il combustibile principale dell’impianto è il gas naturale a basso contenuto di zolfo proveniente dal Mare del Nord. Il gas viene inviato alla centrale di Ballylumford attraverso la rete di distribuzione BG National Transmission System ed il gasdotto sottomarino Premier Transco dalla Scozia all’Irlanda del Nord ad una pressione da 15 a 75 bar. Arrivato alla centrale viene ridotto alle pressioni per l’utilizzo nei bruciatori delle caldaie. Le turbine a gas possono operare anche con combustibile liquido a basso contenuto di zolfo nel caso che la fornitura di gas venga interrotta. Quando le turbine lavorano con combustibile liquido le emissioni NOx vengono controllateper lenorme antinquinamento previste dalla legislazione locale. Questa operazione viene fatta iniettando acquaovapore nel fuel per mantenere più bassa la temperatura di combustione. Nessuna iniezione di acqua è richiesta per controllare il NOx quando si usa il gas naturale. Lo scarico delle turbine a vapore viene inviato al condensatore e il condensato viene reinviato alle caldaie a mezzopompe. rispettare

 

WATER RETURNED TO LARNE LOUGH

 

L’acqua di raffreddamento per il condensatore viene presa e reinviata dopo l’utilizzo nel Larne Lough a mezzo pompe di circolazionead immersione. Anche l’acqua di raffreddamento, al ritorno in mare, non deve superare i limiti di temperatura e di purezza previsti dalle leggi locali.

 

La disposizione e la progettazione dell’impianto viene fatta con sistemi tecnologici approvati che rispettano i livelli di impatto ambientale ed in particolare inquinamento, rumorosità, sicurezza ed emissioni.

ALBMUM FOTOGRAFICO DELL'IMPIANTO DI BALLYLUMFORD

Assemblaggio del condensatore

Condensatore Ausiliario

Gruppo turbina a Gas SIEMENS

Montaggio tubazioni cool water

Pompe del condensatore ausiliario

Tubi e Bulloneria in Titanio nel Condensatore

Tubi e piastre, tubi in Titanio del Condensatore

Alternatore

Dual-fuel boilers (Fileminimizer)

Palette

Palette viste da un'altra posizione

Palette-Rotore

Perni bloccaggio

Rotore

Rotore installato

ALBUM FOTOGRAFICO DI BALLYLUMFORD

Premier Power CCGT power station (FILEminimezer)

City Hall - Carrickfergus

 

Dopo il temporale

Giardini di Carrickfergus

Porto di Carrickfergus

TO COMMEMORATE THE LANDING OF HER MAJESTY QUEEN ELIZABETH II AND HIS ROYAL HIGHNESS THE DUKE OF EDINBURGH AT THIS PIER ON 8TH AUGUST 1961

Tipico Pub di Carrickfergus

Restauro di una imbarcazione

Durante la mia permanenza, nei giorni in cui non si lavorava, avendo l'auto a disposizione, facevo il turista. A Belfast, che è una bella città, ho visitato il museo del Titanic ed i cantieri H & W dove è stato costruito, i quartieri dove si sono svolti gli scontri tra l'IRA e gli Inglesi (vedi foto "murales"), il museo delle ferrovie, e tanti altri posti. Fra l'altro ho visitato, con assaggi vari, le antiche distillerie Bushmills (vedi foto), nella contea di Antrim, dove producono ottimo whiskey (comunque preferisco sempre una bella grappa nostrana). A Belfast andavo spesso a vedere gli storici e famosi pubs: the Crown Liquor Saloon del 1855 è il più famoso e si trova nella zona della città chiamata "il Golden Mile".

ALBUM FOTOGRAFICO DI BELFAST ED ALTRE LOCALITA' DELLA ZONA


"Seacat" nel porto di Larne

Il SEACAT che collega Belfast e Larne

ARCHIVIO FOTOGRAFICO DEI MURALES DI BELFAST

 

CARRICKFERGUS

IRLANDA DEL NORD

Castello


Il Centro città

Esterno della Distilleria Old Bushmills

 

Pino SORIO

A cura di Carlo Gatti

Rapallo, Giovedì 22 ottobre 2015

 

 

 

 

 


S.FRUTTUOSO DI CAMOGLI-MARIA E CATERINA AVEGNO. Un dramma da ricordare

MARIA E CATERINA AVEGNO

Un dramma da ricordare

La mattina del 24 aprile 1855, Cavour e Rattazzi assistevano nel porto di Genova agli intensi preparativi per l’imbarco di un reparto di circa 270 uomini dell’esercito piemontese sul piroscafo inglese Croesus, destinato alla guerra di Crimea. Stavano imbarcando 37 Ufficiali del Genio e 239 soldati di sussistenza, medici e infermieri, oltre a medicinali (specialmente preparati anticolerici) e le attrezzature di un ospedale da campo di oltre 100 letti. E ancora muli, cavalli, fieno, acquavite, 1.400.000 razioni di viveri e una notevole quantità di munizioni ed esplosivi. Il Croesus doveva inoltre rimorchiare il Pedestrian,  un veliero carico di viveri, ma soprattutto di munizioni e una batteria di campagna. La partenza avvenne intorno alle 09. Dopo circa due ore di  navigazione, il Piroscafo Croesus, avvolto da un incendio, naufragò nella baia di San Fruttuoso il 24 aprile del 1855.

 

Il p.fo Croesus in fiamme davanti a San Fruttuoso

 


 

La casa natale delle sorelle Maria e Caterina Avegno a San Fruttuoso di Camogli

 

Erano tempi in cui per sopravvivere si batteva il mare... e di uomini a San Fruttuoso se ne vedevano pochi, in gran parte erano imbarcati sui velieri di Camogli, altri erano dediti al commercio dei prodotti della collina: olio, uva, miele, ortaggi, legna, lisca e fascine. Gli altri, quei pochi pescatori del borgo, quel giorno “bottezzâvan” lontani dalla baia. Nel villaggio facevano la guardia poche donne, qualche anziano intento a riparare le reti e molti bambini. Sul bagnasciuga c’erano solo due gozzi, quelli di riserva destinati all’emergenza e al rimessaggio; il primo venne utilizzato dalle sorelle Maria e Caterina Avegno, il secondo dal marito di Maria, Giovanni Oneto.

 

 

 

Maria Avegno, per quanto ne sappiamo dalle cronache dell’epoca, era madre di molti figli, c’é chi scrive quattro, altri sei, altri addirittura otto. Non é difficile immaginarla “figgeua” con la sorella Caterina, cavalcare le onde da libeccio, tuffarsi dagli scogli e poi sparire fino a riva, emergere e scrollarsi l’acqua di dosso nella loro piscina naturale, privata. Il palcoscenico é il mare, un sottile fiordo a picco sul mare: il loro paradiso. Dietro al verde pendio accanto all’Abbazia c’é il loggione da cui sognare prima della rincorsa per l’ultimo tuffo della giornata. Queste figlie del mare sono cresciute sfidando le onde, le uniche amiche di cui potersi fidare, compagne con cui dividere quel che resta di un mondo che é chiuso in una conchiglia magica che ha un solo suono: l’eco del mare. Maria e Caterina sono due delfini che saltano di gioia aiutandosi a crescere senza paure. Le “uscite” con qualsiasi tempo, sono sfide quotidiane per sentirsi padrone del borgo e non prigioniere della solitudine. Sanno nuotare, remare e manovrare la vela, conoscono le insidie di certi scogli e i giri di corrente, la paura non fa parte dei loro pensieri.

 

Ma allora cosa accadde quel giorno? Purtroppo chi va per mare lo sa, ogni tanto lo spirito del maligno, approfittando di chissà quale distrazione del cielo..., interviene con tutto il suo potere nefasto e si vendica di tanta beatidudine e bellezza che non gli appartengono.

 

Dirotta il Croesus sotto incendio all’interno della baia, lo spinge contro gli scogli e reclama con successo 24 vittime sacrificali.

 

La cronaca é un lampo di cattiveria, di sfortuna, d’immensa tristezza.

 

Quasi tutti i soldati non sanno nuotare e presi dal panico si gettano in mare con la speranza di toccare il fondale, di rimbalzare e d’essere spinti verso la riva, su quella striscia bianca che si chiama ‘salvezza’.

 

Maria e Caterina sanno che il baluardo di scogli che ha bloccato il Croesus tra le due ultime anse della rada, scende a picco su un alto fondale e, intuita la scena successiva del “naufragio sotto casa”, spingono i gozzi in mare e con poche remate si trovano circondate dai naufraghi. Ne raccolgono parecchi e ritornano a riva. Ripetono la spola salvandone altri. Poi, all’improvviso, alcuni soldati stanchi e impauriti s’aggrappano alla falchetta del gozzo, tutti dalla stessa parte. La disperazione e l’inesperienza fanno il resto: l’imbarcazione si capovolge. Le due ragazze rotolano in mare e i soldati si aggrappano alle loro vesti trascinandole sott’acqua. Neppure il tempo di gridare AIUTO!! Al loro pezzetto di cielo. Vittime del loro coraggio, le ragazze vengono inghiottite dal mare traditore che si riprende tutto ciò che  aveva dato loro in prestito: la confidenza e una felice gioventù.

 

Caterina viene tratta in salvo più morta che viva. Il corpo di Maria é restituito ai suoi cari dopo quattro lunghi giorni di ricerche e di pianti.

 

 

Maria Avegno fu sepolta nell’abbazia di San Fruttuoso, per concessione dei Principi Doria Pamphilj, un privilegio unico per gli abitanti del borgo.

 

Le Autorità cittadine conferirono alla sua memoria onorificenze e sostegno per gli orfani. Il governo del Regno di Sardegna, nel giugno 1855 deliberò di concederle la medaglia d’oro al valor civile (prima donna italiana a ricevere l’alta onorificenza) e un vitalizio ai suoi otto orfani.

 

La Regina Vittoria conferì alla memoria di Maria la Victoria Cross, la più alta onorificenza militare britannica. Il Console inglese Brown consegnò 10 sterline alla superstite Caterina e 50 sterline alla famiglia di Maria Avegno.

 

Il nome di Maria Avegno è scritto persino nel libro d’oro della Cattedrale di Notre Dame a Parigi, per mano do monsieur Cormenin, fondatore di un’associazione che ha lo scopo di celebrare una messa quotidiana, in una cappella della Cattedrale, in suffragio di tutti coloro che sono morti per salvare la vita del prossimo.

 

A Camogli il belvedere panoramico noto come la “Rotonda”, è intitolato alle due eroiche sorelle.

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 18 Settembre 2015

 

 

 

 


SANT’ERASMO (SANT’ELMO) - Devozione e Tradizione

In molti ORATORI dei nostri borghi sono visibili le tracce della nostra tradizione marinara che sanguina devozione e ricordi. C.G.

SANT’ERASMO - (SANT’ELMO)

Santino raffigurante Statua di Sant'Erasmo - S.M. Capua Vetere

Liguria

Il Cambiaso ci riferisce che il culto di questo Santo, Vescovo e Martire, vissuto intorno al 300 d.C. fu portato nella nostra città (Genova), dai marinai di Gaeta, nel sec. X.
 Da Gaeta la venerazione verso di Lui si diffuse in Italia durante i sec. XIII e XIV. E’ invocato come protettore dei marinai unitamente a S. Firmina.
 In seguito il culto del Santo acquistò popolarità e dal 1263 Egli fu festeggiato annualmente. La Franchini-Guelfi deduce sia specifico “patrono dei marinai” anche dal fatto che non esistono Chiese od Oratori dell’entroterra dedicati a tale Santo mentre invece sono numerosi lungo le coste della riviera ligure. Ad esempio, nella riviera di levante, oltre a quello di Quinto, ne esistono tutt’ora a Capolungo, a Sori (edificato nel 1495) ed a S. Margherita mentre nel ponente ne sono attive ancora due: l’Arciconfraternita di Voltri e la Compagnia di Pegli. Diversi sono i santi protettori a cui si rivolgeva la gente di mare.
Il più affascinante è senz’altro Sant’Erasmo o Sant’Elmo. La sua luce - i fuochi di S.Elmo - ha certamente un’origine pagana: i Greci infatti credevano che fossero i Dioscuri Castore e Polluce, figli di Zeus, a soccorrere le imbarcazioni in difficoltà, splendendo come due stelle ai lati dell’albero maestro... A Savona esiste un molo di Sant’Elmo, il ricordo di una chiesetta cinquecentesca nella darsena a lui dedicata: ma l’elenco dei suoi templi in riva al mare è infinito, e citandoli si farebbe il giro delle coste italiane. La leggenda dice che...
...naufrago, Sant’Elmo fu raccolto da una nave, salvato e condotto a terra. Il capitano non volle altra ricompensa che una prova della potenza che in quanto santo egli doveva possedere: Sant’Elmo gli promise così di avvertirlo con un fuoco dell’imminenza della burrasca, affinché egli potesse farvi fronte. Il santo mantenne la promessa, e cominciò a far apparire i suoi fuochi per salvare anche altre navi.
Dei prodigi di Sant’Elmo raccontano nei loro diari Fernando Colombo (nell’ottobre 1493), figlio dell’Ammiraglio, e Antonio Pigafetta (da Primo Viaggio al globo terraqueo, I) che con Magellano circumnavigò la Terra; Pigafetta vede sugli alberi della sua nave durante la tempesta ben tre santi in un colpo solo, Erasmo, Niccolò e Chiara.

 

 

SANT’ERASMO A SANTA MARGHERITA LIGURE

L'oratorio di Sant'Erasmo

di Alfredo Bertollo e don Gerolamo Devoto

 

Presentazione del parroco di San Giacomo di Corte: Don Luigi Egiziano

 

La Confraternita di Sant'Erasmo, con l'annesso Oratorio, s'inserisce nell'ampio movimento associativo laicale sorto nella storia della Chiesa per rispondere alle esigenze culturali, sociali e caritative delle comunità cristiane. 
La diligente, seppur breve, ricostruzione storica del dottor Alfredo Bertollo, ha il merito di riassumere le date importanti del cammino dell'Oratorio di Sant'Erasmo e di evidenziare le caratteristiche peculiari dell'omonima Confraternita, che sono state e rimangono di tipo liturgico, caritativo e culturale. 
L'Oratorio di Sant'Erasmo rimane tutt'oggi un piccolo tempio aperto e invitante per la preghiera della popolazione, dei turisti e della comunità che si raccoglie ogni domenica per la Santa Messa, aperta ad accogliere i defunti di Corte e al suffragio per essi, puntuale per la celebrazione delle liturgie e delle feste con particolare solennità. 
Auspichiamo di cuore che questo notiziario storico raggiunga lo scopo non solo d'informare, ma anche quello di creare un clima d'apprezzamento e di simpatia per i confratelli, e un'occasione, questa del 650° di fondazione, per rinnovare lo spirito originario di fervore, di fedeltà e di zelo in tutti gli aderenti e i simpatizzanti della Confraternita.

 

Prefazione

 

Nell'anno in corso 1997 ricorre il seicentocinquantesimo della costruzione della chiesa che marinai e pescatori della parrocchia di San Giacomo dedicarono nel 1347 a Sant'Erasmo. 
La Confraternita dell'Oratorio di Sant'Erasmo di Corte, da me sollecitata, ha ritenuto dare risalto a questo anniversario, oltre che con le feste che saranno celebrate nel prossimo giugno, anche con questa breve pubblicazione che si ripromette di rievocare e lasciare una piccola traccia per le generazioni future delle vicende più importanti della storia dell'Oratorio e delle sue proprie, strettamente legate a quest'ultimo. Ringrazio, insieme con la Confraternita, l'amico dottor Alfredo Bertollo che ha aderito prontamente all'invito di coordinare e redigere tutte le notizie che, sull'argomento, abbiamo potuto raccogliere.

 

La Statua in legno di Sant'Erasmo attribuita ad Anton Maria Maragliano (1664-1741)

 

Funzione  religiosa nell’Oratorio di Sant’Erasmo a Santa Margherita Ligure

 

L'Oratorio di Sant'Erasmo ha una particolare importanza per avere svolto un'intensa opera di pietà, di carità e di culto a pro' di tutti gli iscritti ma specialmente dei bisognosi, dei malati, dei defunti e per essere stata una specie di società di mutuo soccorso, sia materiale che spirituale. 
La chiesina di Sant'Erasmo, che ha anche un certo valore artistico, è stata costruita su uno scoglio che sorgeva ai piedi della collina su cui è costruita la chiesa di San Giacomo. Non esisteva allora né la strada carrozzabile sotto la chiesa, né l'ampia calata, né il molo che cinge il porto. L'Oratorio aveva davanti a sé il mare che si frangeva violento nelle tempeste contro i muri della chiesa. 
Esso rappresenta, con il solenne ammonitore linguaggio dei secoli sullo svolgersi delle vicende umane di cui è stata, ed è tuttora, testimone e attrice, un simbolo di fortezza e di fede. 
L'Oratorio di Sant'Erasmo godette, nei secoli, di grande prestigio non soltanto locale, in quanto sede della Confraternita che comprendeva anche molti pescatori del prezioso corallo che veniva raccolto in lontani mari e commerciato in tutta l'Europa. 
Quest'opuscolo vuole essere per gli attuali abitanti di Corte, memori della meravigliosa attività svolta sempre a vantaggio dei loro conterranei in tanti secoli d'esistenza, oltre che un glorioso ricordo, anche un invito a rinnovare affetto e stima per l'Oratorio e per la sua benemerita Confraternita. 
Sono certo che queste pagine saranno lette con interesse perché fanno riscoprire l'umiltà e la bellezza della fede degli antenati e anche di molti nostri contemporanei, la grandezza della Carità e l'attrattiva e l'insegnamento della storia e dell'arte.

 

Sac. Gerolamo Devoto

 

Introduzione

L'Oratorio di Sant'Erasmo, che appartiene alla Confraternita omonima, fa parte di Corte, quartiere di Santa Margherita Ligure. 
Corte (la Curtis romana), posta nella parte meridionale dell'antica Pescino, nome che il territorio posto fra Rapallo e Portofino mantenne fino al tardo Medioevo, è una località marinara che fu sempre dotata di un comodo approdo. 
Il piccolo edificio sacro con minuscolo campanile, posto ai piedi della maestosa scalinata che porta alla chiesa di San Giacomo di Corte, parrocchia dalla quale dipende, è ubicato in uno dei luoghi più adatti per essere dedicata a Sant'Erasmo, Patrono della gente di mare: prospiciente al porto, il cui molo fu costruito nell'ottocento per la pertinacia della gente di Corte, e sopra la spianata dove ac-costano le barche con le cassette di pesce appena scaricate dai pescherecci. 
Santa Margherita ha ricche e splendide parrocchie (La Basilica di Margherita d'Antiochia, San Giacomo, San Siro, San Lorenzo della Costa e Nozarego) e alcuni oratori che potrebbero, da soli, essere il vanto di parecchie cittadine delle dimensioni di Santa Margherita. 
Fra questi l'Oratorio di Sant'Erasmo di cui ci occuperemo parlando del santo titolare, della chiesa e della sua Confraternita.

 

 

Sant'Erasmo

 

Per poter conoscere meglio la figura di Sant'Erasmo, che fu un martire del IV secolo, è necessario fare una panoramica di quel tempo prima di entrare nei dettagli, affatto facili da ricostruire, dato che la storia della sua vita, non supportata da sufficienti testimonianze e documentazioni, è in gran parte avvolta nella leggenda. 
Erasmo era un nome tipico, comune anche ad altri santi della Siria, latinizzato dal nome greco Orao che significa piacevole, gradevole. 
Il Nostro nacque ad Antiochia (l'attuale Antykia in Turchia nel Mediterraneo orientale ai confini della Siria), da una semplice famiglia di lavoratori del mare, verso la metà del IV secolo quando Aureliano, che voleva ristabilire l'unità dell'Impero, turbata dalle forze centrifughe - fra le quali il Cristianesimo - aveva iniziato un'ennesima persecuzione. 
Erasmo fu cristiano, sacerdote e persino vescovo in quella città che diventò il centro più importante dell'esegesi letterale della Bibbia. 
Egli subì la persecuzione di Diocleziano, l'imperatore di origine dalmata, che assunse titoli divini e voleva perfino essere adorato. Fu proprio lui che, dopo avere diviso in quattro l'impero e riservato per sé la Siria, l'Egitto e l'Asia Minore, risiedendo a Nicomedia, poco lontana da Antiochia, gli fece subire nel 303 d.C. un primo crudele martirio. 
L'esempio d'intrepido coraggio da lui dimostrato valse a moltiplicare il numero di persone che si convertirono al Cristianesimo. 
Stando a quanto afferma il Martirologio Romano, l'Arcangelo Gabriele avrebbe miracolosamente liberato Erasmo dal carcere, dov'era stato rinchiuso, per portarlo in salvamento, prima nell'Illirico (la costa dalmata), poi in Italia, che, nella sopraricordata divisione, era passata a Massiminiano. 
Un miracolo particolare è quello del fulmine che, nel corso di una traversata, sarebbe stato, per mezzo di lui, venerabile parafulmine, deviato e avrebbe risparmiato la navicella su cui si trovava. 
Il santo, che da molti è chiamato anche Elmo, ha dato il nome ai cosiddetti fuochi di Sant'Elmo che sono quel velo incandescente, dovuto a elettricità atmosferica, cha appare talvolta di notte sulla estremità degli alberi delle navi. In Italia Erasmo non ebbe vita facile ma operò anche qui, come prima nell'Illirico, moltissime conversioni. Si parla di centinaia di migliaia (ottocentomila!!). 
Non diamo limiti alla Provvidenza ma è probabile che la tradizione abbia dato luogo all'iperbole. Perseguitato, dovette lasciare le Puglie (la città di Lucera) e, attraversati gli Appennini, passare a Formia dove i cristiani locali, considerati i suoi molti prodigi, lo elessero a loro vescovo. 
Formia, la bella località nel golfo di Gaeta a sud di Roma, fu anche il luogo dove Erasmo venne martirizzato. Condotto davanti a Massimiano Augusto, non rinnegò Gesù Cristo e fu sottoposto al più atroce supplizio, terribile perfino da descrivere, quello dell'estrazione dall'ombelico degli intestini, tramite un argano. 
La leggenda racconta che, prima che spirasse, una voce che scendeva dal Cielo dicesse: «Erasmo, mio servo fedele, poiché come buon soldato hai combattuto per me, vieni a ricevere la corona della gloria» e che, mentre il martire pronunciava le parole: «Ricevi, o Signore, in pace il mio spirito», una corona splendente circondasse a mo' di aureola il suo capo. 
Fin qui la storia e la leggenda. 
Sappiamo tuttavia per certo che il suo corpo fu sepolto nella cattedrale di Formia e che, poi, quando nell'842 i Saraceni assaltarono le città di Formia e Fondi e le distrussero, i suoi resti furono traslati in quella di Gaeta, città della quale divenne patrono. 
Quale protettore dei marinai e dei pescatori, Sant'Erasmo ha ricevuto in moltissime chiese a lui dedicate ex-voto rappresentanti salvataggi miracolosi ma le grazie da lui ottenute sono anche quelle relative al salvamento nelle tempeste della vita alle quali tutti siamo soggetti. 
Ma Sant'Erasmo è anche protettore dei tornitori. Il motivo è forse che gli furono estratti gli intestini con uno strumento di tortura che ricorda il tornio. 
Essendo stato dunque martirizzato in questo modo, è considerato anche il protettore delle malattie viscerali e delle partorienti. 
Rasmo o Mal di Sant'Erasmo è designato infatti nell'antico italiano il mal di ventre. Il santo fu anche invocato specialmente contro le epidemie. 
Il culto di Sant'Erasmo, oggi generalizzato in molte parti d'Italia, sta a dimostrare quanti miracoli egli abbia ottenuto da Dio a chi, per suo tramite, lo ha devotamente implorato. 
La figura del santo e il suo martirio sono stati ricordati sia nel Rinascimento che nell'Età Barocca in tutta l'Europa cristiana (Lucas Cranach, Mathias Neithard, Gothardt, soprannominato Gruenewald, Michael Pacher). 
In Italia è stato magistralmente rappresentato nella splendida tela che si trova nella Pinacoteca Vaticana "Il Martirio di Sant'Erasmo" del pittore Nicola Poussin, maestro del Classicismo francese. Il santo, di cui abbiamo nell'Oratorio la bella statua lignea, attribuita ad Antonio Maria Maragliano, è anche ricordato in parecchie pale d'altare del Tigullio: in cattedrale a Chiavari, nella Basilica di Rapallo e nella chiesa di San Giacomo di Corte. 
Inoltre a Rapallo, nel posto, dietro il chiosco della musica, dove si trovava la sede della locale Confraternita di Sant'Erasmo, vi è un altro dipinto del santo.

 

La Chiesa e i suoi tesori

 

Desta meraviglia constatare quante e come sono belle le chiese che si trovano in ogni angolo della Liguria. Sono barocche ma non mancano alcune romaniche, gotiche e neo-classiche. Nella Riviera di Levante, e in particolare nel Tigullio, l'architettura barocca, fino a poco tempo fa ingiustamente denigrata perché, in certi casi, portava all'esagerazione, è quella predominante e ammiriamo splendidi esterni non soltanto nelle grandi chiese dei centri maggiori, ma anche in quelle piccole dell'entroterra e in diversi oratori. 
Quando poi si entra nelle chiese si resta meravigliati dalla magnificenza, anche qui barocca, dei loro interni e sorgono spontanee due domande: «Come si può essere arrivati a tale ricchezza e come essa è stata mantenuta, nonostante le innumerevoli vicissitudini di tanti secoli?». 
Non ci si può sottrarre a esse neppure nella chiesa di San Giacomo di Corte e nel piccolo Oratorio di Sant'Erasmo a Santa Margherita. 
Le risposte sono queste: «Anche qui, come in quasi tutte le chiese della costa, marinai e pescatori hanno accantonato una parte dei loro redditi, la famosa "decima", per arricchire la chiesa» e «In ogni tempo della storia essi hanno sempre contribuito con i loro mezzi a ricostituire quanto corsari, ladri sacrileghi o governi antireligiosi hanno depredato nel corso dei secoli». 
Non parliamo della chiesa di San Giacomo, che non è l'oggetto di questa breve esposizione, se non per ricordare che una bella pubblicazione del dottor Davide Roscelli, edita nel 1983 da un Comitato di Corte in occasione del secondo centenario del Ritrovamento e del primo della Incoronazione della Madonna della Lettera, ne spiega, in maniera approfondita e con splendide illustrazioni, storia e arte. 
La chiesa di San Giacomo, dominante il mare, posta in alto vicina allo splendido palazzo che fu dei Durazzo, sembra quasi proteggere l'abitato di Corte.

 

Due ex voto di eccellente fattura

 

Il sottostante Oratorio fu costruito come cappella dai marinai di Corte su uno scoglio, detto di Sant'Elmo, lambito dal mare che dominava la loro rada quando ancora non esisteva la strada litoranea. Per arrivare da Corte alla chiesina, si passava da un sentiero sopraelevato, l'attuale via che conduce al Convento dei Cappuccini. 
L'Oratorio di Sant'Erasmo, Monumento Nazionale, costruito a una sola navata, per la prima volta nel 1347, ha oggi una facciata barocca, recentemente restaurata, piccola abside e sacristia ed è un gioiello fra i tanti che la religiosità del popolo - nel nostro caso marinai e pescatori - ha donato a Santa Margherita. 
La Confraternita si occupò, come in seguito vedremo, di mantenere l'Oratorio e di arricchirlo di monumenti di gran valore e suppellettili ricchissime che qui elenchiamo. 
Fra le opere più notevoli abbiamo:

 

 

• la già ricordata bella statua di Sant'Erasmo, attribuita al noto scultore in legno Antonio Maria Maragliano che, secondo alcuni, era originario di Corte;

 

• modelli di velieri in legno costruiti a mano dai naviganti nei lunghi viaggi di mare e donati ex voto;

 

• pitture artistiche del quattrocento.

 

Crocifisso Nero

 

Fra gli arredi:

 

• ostensori, turiboli e navicelle per l'incenso, candelieri in argento di Torretta e in legno dorato;

 

• mazze artistiche per guidare le processioni;

 

• paramenti di broccato secenteschi;

 

• tovaglie, camici e cotte fatte a mano con pizzi, a produrre i quali erano maestre le donne di Corte;

 

tabarri di velluto rosso, ricamati in filigrana d'oro, per i confratelli

L'Arciconfraternita di Sant'Erasmo Le confraternite, che proliferarono in molte parti d'Europa sia prima che dopo la riforma luterana, erano delle associazioni di laici che avevano un proprio statuto, titolo, foggia speciale di abiti, insegna, e dipendevano dalle autorità ecclesiastiche per quanto concerneva il culto. 
Ve n'erano molte anche in Liguria e nella stessa Santa Margherita possiamo ricordare quelle di San Bernardo, che risale al 1503, della Buona Morte al 1523, della N.S. dei Sette Dolori del 1687 nonché quella di N.S. del Carmine di Nozarego nel 1724.

 

Queste associazioni, che non avevano solo scopi di culto ma anche di assistenza reciproca, erano sorte per iniziativa di appartenenti ai diversi mestieri praticati e prendevano normalmente il nome da un soggetto religioso. I relativi oratori, nel corso dei secoli, furono amministrati dalle rispettive pie confraternite. 
Nel passato vi erano molte chiese, oratori e società di mutuo soccorso intitolate a Sant'Erasmo. Ricordiamo in Liguria la parrocchia di Sant'Erasmo di Voltri e le chiesette di Nervi, Quinto al Mare, Sori e Lerici. 
La Confraternita di Sant'Erasmo di Corte raggruppava marinai, pescatori e validi costruttori di barche, maestri d'ascia fra i migliori del Mediterraneo. 
Gli scopi della Confraternita erano quelli di tutelare i suoi membri (e le loro famiglie), sottoposti ai gravi rischi del lavoro, sia in terra che in mare. 
Va ricordato che molti pescatori, oltre che al pesce, si dedicavano al corallo e si recavano lontano fino a raggiungere l'arcipelago greco, la Corsica, la Sicilia e l'isola di Tabarka in Tunisia, rischiando molto spesso di morire o di essere catturati dai corsari per essere ridotti in schiavitù. 
La Confraternita si occupava anche dei relativi riscatti e poi delle diverse manifestazioni liete e tristi dei soci, provvedeva alle vedove e agli orfani, assisteva i malati, seppelliva i morti, faceva recitare Messe di suffragio a favore di confratelli e consorelle defunti. 
Tutto questo in una primordiale forma di assicurazione. 
Essa aveva anche scopi caritativi. Prima che venisse costruita la pescheria, vi era in quel luogo un magazzino dove tenevano a mantà, una misura di rame il cui contenuto di grano veniva, in occasione di carestie, distribuito ai più poveri. 
La Confraternita di Sant'Erasmo risale al 1638.

 

Interni dell’Oratorio di Sant’Erasmo-Santa Margherita Ligure

 

L'Oratorio, costruito, come già abbiamo scritto, nel 1347, fu lasciato in seguito andare in rovina dalla Confraternita della Trinità di Roma, alla quale era stato aggregato. 
Attilio Regolo Scarsella, lo storico di Santa Margherita che si occupò approfonditamente delle vicende di tutte le attività civili e religiose della città, ne ricorda la ricostruzione nel 1674, per merito della Confraternita. "In nome di Gesù e Maria. Questa fabbrica l'hanno fatta Fra Bernardino Rodele e, Fra Beneto da Pompilio… poveri eremiti." Nel 1682 s'iniziò a celebrarvi la prima Santa Messa festiva. Cent'anni dopo (1782), il Simulacro della Madonna della Lettera, trasportato al largo di Corte dalle correnti marine da Messina, dove era crollata la chiesa in seguito a un terremoto, fu conservato per parecchio tempo nell'Oratorio prima di venir solennemente posto nell'Altar Maggiore della chiesa di San Giacomo.

 

Alla fine del XVII e nel XVIII secolo, la Confraternita svolgeva anche il compito di Capitaneria di Porto della Repubblica Genovese e riscuoteva i diritti portuali; si occupava della manutenzione dell'Oratorio e dell'acquisto di oggetti sacri necessari al culto. Organizzava le processioni che rappresentavano l'orgoglio dei confratelli. 
Purtroppo con la Rivoluzione Francese queste tradizioni si affievolirono e l'ottocento e la prima metà del novecento furono tempi bui per l'Oratorio in quanto esso rimase chiuso, sia a causa delle rivoluzioni che delle guerre. 
Un personaggio benemerito nella vita dell'Oratorio è stata la signorina Angela Grosso, vulgo Angiulinna che, avendo rilevato la chiave dal canonico di san Giacomo, don Luigi Maria Carbone, morto nel 1948, nonostante avesse i suoi impegni di lavoro, si prodigò per tutta la sua vita fino al 1979 per la conservazione dei beni dell'Oratorio: arredi sacri e strutture essenziali della chiesa, che negli anni della guerra avevano subito notevoli danni. 
Il suo gran merito fu quello di aver lasciato, alla sua morte, spazio al gruppo giovanile che si occupò dell'Oratorio per mantenere le tradizioni religiose della Confraternita e svilupparne l'attività.

 

 

 

La Arciconfraternita, oggi 
La Confraternita di Sant'Erasmo, costituita oggi come ente morale avente scopo umanitario, caritativo e di culto, è stata rifondata nel 1968 ed è composta da un Collegio di Priori e da un Consiglio di Massari con l'assistenza spirituale del parroco di San Giacomo di Corte, don Luigi Egiziano. Essa è oggi Arciconfraternita avendo facoltà di aggregarsi altri sodalizi dello stesso titolo e scopo. 
Questo ente, negli ultimi trent'anni di attività, oltre ad aver ripristinato l'Oratorio dal punto di vista architettonico esterno (facciata, abside e sacristia), e interno (con il restauro degli armadi e del coro in legno, nonché dei preziosi lampadari), ha anche ricostruito l'organo nella sua sede originale, cioè sull'orchestra.

 

 

 

Il sagrato dell'Oratorio (Risseu)

 

 

 

L’organo dell’Oratorio

Inoltre ha dotato la piccola chiesa di importanti attrezzature moderne quali l'impianto elettrico generale, la soneria dell'orologio e delle campane a distesa, l'allarme contro i furti e l'apertura automatica delle finestre laterali. 
Ha provveduto poi, per le processioni, ad acquistare un nuovo grande crocifisso in bronzo e una nuova bandiera con l'effigie di Sant'Erasmo e ha restaurato l'arca processionale. 
Inoltre, nell'interno, ha rimesso a nuovo le barche antiche, ora mirabilmente esposte, e ha restaurato il Crocefisso Bianco. 
La Confraternita allestisce ogni Natale - opera pregevolissima - un Presepio, spesso con ambientazioni tipiche del quartiere di Corte. In gran parte, le figure in terracotta sono state artisticamente costruite e vestite dai ragazzi delle scuole e da membri della Confraternita stessa. 
Anche il Sepolcro del Giovedì Santo è uno fra i più belli e suggestivi della città. 
Un altro merito della Confraternita è stato quello di avere riordinato e sistemato l'archivio dell'Oratorio. 
E' chiaro che nei suoi obiettivi sono comprese anche manifestazioni culturali e musicali, realizzate anche in collaborazione con il Comune, a scopo caritativo fra le quali i concerti, utilizzando il nuovo organo di cui abbiamo poc'anzi ricordato l'installazione. 
La Confraternita ha inoltre organizzato un concorso canoro per le bambine della scuola elementare e uno di disegno per gli allievi delle Scuole Medie. Quest'ultimo al fine di realizzare la nuova bandiera. La presenza di ben novantaquattro bozzetti, esposti nell'Oratorio, sta a dimostrare la grande partecipazione riservata a questo genere di attività culturale.

 

 

Le attività religiose, quali organizzare le Sante Messe festive e di suffragio per i defunti ascritti e novene, sono parte integrante delle finalità dell'ente. 
La Novena dei Morti, per esempio, che inizia alle cinque di mattino, notte fonda alla fine d'ottobre, viene recitata con un Ufficio notturno seguendo l'antica tradizione latina dei pescatori. 
La Confraternita organizza anche con pompa magna, la festività del Santo Patrono e di N.S. della Pace, la cui immagine è stata donata all'Oratorio dagli emigranti di Corte nelle Americhe. Negli ultimi anni è stata ripristinata la processione in mare in occasione dell'anniversario dell'arrivo del Simulacro della Madonna della Lettera nel mare di Corte. 
Conclusione Con questa breve pubblicazione ci eravamo prefissi:

 

• di fornire qualche notizia su Sant'Erasmo del quale pochissimi conoscono la vita;

 

• di rendere più nota la sua piccola chiesa di Corte e le opere d'arte in essa contenute;

 

• di ricostruire, a sommi capi, la storia dell'Oratorio e della Confraternita di Sant'Erasmo e di evidenziarne le tradizioni.

 

Ci auguriamo essa possa servire particolarmente agli abitanti di Corte affinché mantengano salde quelle tradizioni che rappresentano la forza e la vitalità di un popolo e anche ai forestieri, italiani e stranieri, che, sfogliando questo opuscolo, fra le tante impressioni procurate loro dalla bellezza di Santa Margherita, possano conservarne anche alcune di Sant'Erasmo di Corte.

Riassunto Questo opuscolo riguarda una delle innumerevoli chiesine, che si trovano sparse in ogni parte della Liguria, sia marittima che montana. In questo caso si tratta di un antico Oratorio, quello di Erasmo, il santo dei marinai e dei pescatori a Corte di Santa Margherita Ligure. 
Erasmo, proveniente da Antiochia, città della Siria, oggi in Turchia, da una famiglia di marinai, fu un vescovo cristiano del IV secolo, martirizzato a Formia, a sud di Roma, con un tremendo supplizio, quello dell'estrazione degl'intestini con un argano. 
La devozione a Sant'Erasmo è diffusa soprattutto sulla costa, (a Nervi, a Quinto al Mare, a Sori, Voltri etc.) e a Santa Margherita Ligure. 
L'Oratorio fu qui costruito nel 1347 su uno scoglio che sorgeva sulla spiaggia e diventò la sede della omonima Confraternita che esiste da secoli. 
Le confraternite sono enti morali, sorti già ai tempi del Medioevo, composti da laici che hanno fini di mutua assistenza, sia materiale che spirituale. 
Esse hanno sempre rappresentato una forma di assicurazione per i loro membri, provvedendo alle loro necessità in caso di bisogno e occupandosi anche del culto (funzioni religiose sia in vita che in morte). 
Una caratteristica dell'Oratorio di Sant'Erasmo è quella di essere stata sede per molto tempo dei pescatori, oltre che tradizionali del pesce, anche del prezioso corallo che essi, insieme ai pescatori della Campania e della Sicilia, raccoglievano in lontani mari (di Corsica, della Sardegna e del nord-Africa) e commerciavano poi in Europa. 
Per questo motivo la piccola chiesa, dotata di campanile e sacristia, è ricca di artistiche suppellettili, (modellini di barche in legno, candelieri in argento di Torretta), sculture, quadri (quattrocenteschi) e arredi sacri di gran valore (turiboli, pissidi, navicelle per l'incenso). 
Si deve ai membri attuali dell'Arciconfraternita se tutto quello che riguarda l'Oratorio è tenuto nel perfetto stato in cui si trova.

 

Sant'Erasmo di Formia, vescovo e martire, viene festeggiato il 2 giugno.

 

I marinai lo venerano come patrono con il nome di Sant'Elmo.

 

Non deve essere confuso con San Telmo, il domenicano spagnolo San Pietro Gonzales, anch'egli invocato come protettore dei marinai.

 

 

Infatti, dopo il periodo d'oro dei pescatori di corallo che giunse fino alla Rivoluzione Francese, l'Oratorio fu nel secolo scorso trascurato. Fu merito di una brava donna di Corte, Angela Grosso, chiamata volgarmente Angiolinna se le tradizioni dell'Oratorio vennero mantenute per una buona metà del nostro secolo. 
Dal 1968, con l'intervento di giovani che si dedicarono anima e corpo al ripristino sia dell'esterno che dell'interno, l'Oratorio è tornato agli antichi splendori. 
La Confraternita allestisce per Natale uno splendido presepio che riproduce l'abitato di Corte, per il Giovedì Santo il Sepolcro che è fra i più belli delle chiese di Santa Margherita e organizza processioni in occasione delle feste. 
Ci auguriamo che uno sguardo su questo libricino, possa ricordare al lettore forestiero che Santa Margherita, oltre ad avere il porto turistico pieno di barche a vela e motoscafi moderni, ha ancora dei pescatori, molto legati alle tradizioni che hanno un loro bell'Oratorio, quello di Sant'Erasmo, posto proprio sopra la calata dove essi attraccano alla sera.

 

 

© La Gazzetta di Santa

L'iconografia di Sant'Erasmo in Italia

 

 

Fonti sicure attestano l’esistenza di un sant’Erasmo vescovo di Formia, martire al tempo di Diocleziano e Massimiano (303) e sepolto nella località costiera del Lazio meridionale (Formia poi Gaeta).

 

Di storico su di lui si sa, però, poco. La «Passio» che lo riguarda, compilata nel VI secolo, è leggendaria. Venerato nel Lazio e in Campania, è menzionato, oltre che negli antichi martirologi, anche nel Calendario marmoreo di Napoli. Nell’842, dopo che

 

Formia era stata distrutta dai Saraceni, le reliquie furono nascoste nella vicina Gaeta. Quando furono ritrovate, nel 917, il martire venne proclamato patrono della diocesi del Golfo. Nel 1106 Pasquale II consacrò la cattedrale di Gaeta, dedicandola alla Vergine e a sant’Erasmo. È invocato contro le epidemie e le malattie dell’intestino per il fatto che, nel martirio, gli sarebbero state strappate le viscere. I marinai lo venerano con il nome di Elmo. (Avvenire)

 

Di seguito riportate alcune delle immagini sacre di Sant'erasmo e statue che lo ritraggono venerate in diverse città italiane

 

Statua di Sant’Erasmo di Porto Ercole

 

 


 

Sant'Erasmo flagellato al cospetto dell'Imperatore Diocleziano


 

Suplizio di Sant'Erasmo

 

 

Sebastiano Ricci, Martirio di S.Erasmo, pinacoteca di Brera, Milano

 

Cristoforo Serra, Immacolata Concezione ed i SS.Giacomo apostolo ed Erasmo da Formia, 1670, Chiesa di S.Agostino, Cesena

 

 

 

 

Statua di Sant’Erasmo Capaci (Palermo)

 


 

 

 

Nicholas Poussin. Martirio di S.Erasmo. XVII sec.

 

Città del Vaticano

 

 

 

 

 

Alfredo BERTOLLO

 

Don Gerolamo DEVOTO

 

C.l.c. Carlo GATTI

 

 

Rapallo, Sabato 1 Agosto 2015