(1)-(2) MANPA' - Pannelli solari ante litteram a Genova
(1) - MANPA'
Curiosità genovese: pannelli solari ante litteram
MAURO SALUCCI
storico genovese
Spulcio talora con invidia gli scritti di Vito Elio Petrucci, un vero conoscitore della genovesità, delle sue stranezze, a volte delle sue estreme stravaganze che rendono questo percorso di conoscenza ancora più accattivante perché a volte originalissimo ed unico.
Solo a Genova l'ingegno si coniugò alla parsimonia rimanendo aguzzo. E' il caso dell'uso dei "manpà", dei rettangoli di tela bianchissima che venivano incorniciati da strutture in legno e posti alle finestre delle abitazioni dei vicoli per riflettere la luce chiara all'interno delle case. Genova ha alcuni fra i vicoli più stretti e privi di luce del mondo e vitale era per i nostri avi sfruttare al massimo l'uso di luce naturale o comunque limitare al massimo l'uso di energia elettrica. Un tempo quasi tutti i piccoli laboratori di artigiani, che normalmente erano situati ai primi piani, avevano il loro manpà, il pannello solare genovese.
(2) - MANPA'
Una bella immagine di vico del Duca, un rettilineo che scende precipitoso stretto fra alti palazzi sotto a Strada nuova, l'attuale Via Garibaldi, proprio dinanzi a Palazzo Tursi, sede del Comune di Genova. Da notare l'estrema cura della pulizia della strada, probabilmente carrabile a traino. La gente del luogo si mette in posa per la fotografia, un evento raro e inusuale. I titolari degli esercizi si pongono con cura dinanzi agli ingressi, quasi tutti sulla sinistra, pronti a dare i loro servigi agli importanti personaggi che uscivano dal Municipio, soprattutto alla gente che veniva da fuori. Parrucchiere subito a disposizione e, a destra, mescita di vino buono evidenziato da apposita lanterna. A destra si nota una mampâ. Le mampæ erano dei rettangoli di tela bianchissima che venivano incorniciati da strutture in legno e posti alle finestre delle abitazioni dei vicoli per riflettere la luce chiara all'interno delle case. Vitale era per i nostri avi sfruttare al massimo l'uso di luce naturale o comunque limitare al massimo l'uso di candele e olio. Un tempo quasi tutti i piccoli laboratori di artigiani, che normalmente erano situati ai primi piani, avevano la loro mampâ, il pannello solare genovese. La mampâ, plurale le mampæ deriva da una voce ispanica, mampara, che significa paravento. All'inizio di vico del Duca troviamo oggi due belle edicole prive delle statue, probabilmente trafugate a suo tempo. Da notare inoltre le cornici d'ingresso in legno scolpito che ornavano gli accessi ai negozi. La nomea di centro storico come di una zona degradata, poco raccomandabile nacque solo alla metà del Novecento, quando a Portoria si iniziò a demolire in nome del nuovo e i vicoli vennero additati come luoghi da evitare, sia per viverci che per passeggiare.
Rapallo, Mercoledì 3 Marzo 2021
A cura di Carlo GATTI
CHI CE LO FA FARE DI ANDARE PER MARE? Recensione di Carlo GATTI!
Recensione di Carlo GATTI
VIZCAYA
Fatto maquillage si torna in mare, pronti a mollare gli ormeggi!
A volte lo scirocco non si accontenta di flagellare le nostre coste ma, proseguendo la sua corsa, valica gli Appennini, invade la pianura Padana e fa nascere “particolari individui con il mare dentro”! Non è quindi un caso che molti di loro - crescendo - scelgano le VIE DEL MARE e altri invece diventino affermati professionisti che in seguito, attratti dal richiamo delle sirene, trovino casa in riviera e un marito skipper col quale iniziare un nuovo percorso lungo 20.000 miglia sui sevenseas, in pratica il “giro del mondo”.
Rinaldo lo skipper
Questa, per chi non lo avesse capito, è la storia di Marinella, nostromo della Vizcaya, che nulla ha a che fare con Faber, e di suo marito Rinaldo, skipper esperto che sa cavarsela in ogni situazione.
Un equipaggio alquanto ridotto… e interscambiabile per ragioni di sicurezza, ma i loro ruoli a bordo sono precisi e rispettosi di una regola marinaresca vecchia come il mare:
“due capitani, nave sugli scogli”
Per cui Rinaldo ascolta i consigli del nostromo Marinella e poi decide il da farsi!
Per chi sceglie il diporto, in genere, la propria barca è come una piccola isola felice, una sorta di “isola che non c’è”, dove dimenticare per un certo periodo gli affanni della vita apprezzando l’armonia e la pace che una o tante giornate sul mare regala.
Il titolo del libro: Chi ce lo fa fare di andar per mare?! A prima vista é un po’ inquietante, ma non tanto per chi ha letto il primo libro di Marinella Gagliardi Santi: “Non comprate quella barca”, in cui la stessa scrittrice afferma: “Un bel giorno abbiamo levato le ancore. E quando si molla un ormeggio, l’avventura è dietro l’angolo”.
Dobbiamo qui ricordare che pure i marittimi professionisti, ogni volta che ritornano a casa, usano come “sfogo personale” il titolo dell’ultimo di libro di Marinella per ricordare, più che altro a sé stessi, i pericoli incontrati e le sofferenze di ogni genere patite durante l’ultimo imbarco. Uno sfogo che dura poche settimane, il tempo di curare al meglio le “ferite” per poi soccombere al richiamo delle sirene e riprendere il largo ancora più agguerriti.
A questo punto, per pura curiosità, m’imbarco in remote! Navigare, anche soltanto “virtualmente” con loro, diventa presto una esperienza nautica di assoluto valore: coinvolgente, istruttiva e molto coraggiosa.
Vizcaya
I nostri amici scelgono quasi sempre di navigare a vela di notte per sfruttare le brezze favorevoli che talvolta rinforzano localmente creando pericoli reali alla robusta VIZCAYA lunga 12 metri, una evergreen che sa il fatto suo; bordeggiano sotto costa vicino agli scogli per prendere meno vento, le distanze sono difficili da valutare, i bollettini non tengono conto delle situazioni meteo-locali e degli improvvisi “passing showers”. Eolo ne approfitta e ogni tanto prende il sopravvento spargendo ansia e un po’ di paura. La navigazione diventa del tipo: “dormi quando non hai sonno, mangia quando non hai fame” - L’equipaggio è ridotto a sole due persone e il “detto” diventa ancora più attuale …}
Viene in mente quella canzone di Bruno Martino “E la chiamano estate!” – Ma certe estati in Mediterraneo fanno “strani” regali a chi sceglie la rotta Genova-Isole Egadi passando a ponente della Corsica che è la parte che tutti sognano di costeggiare, ma prima di arrivare alle Bocche di Bonifacio… dentro quell’imbuto può incanalarsi una specie di scirocco che li costringe a fare i giochi…
L’amore per l’avventura é infatti la chiave di lettura anche di questo romanzo autobiografico che non si preoccupa di narrare soltanto il coraggio ed il cuore marinaro, ma soprattutto, con grande ironia, anche le inevitabili defaillances di chi va per mare in agosto conoscendo benissimo il proverbio: Chi è in mare naviga, chi è in terra giudica!
Marinella all’ombra dello spinnaker
Marinella ed il gennaker
Seguo la spedizione in remote control: è un viaggio vero, spedito ed essenziale come le manovre da compiere con le vele per rimanere in rotta e proseguire verso la destinazione.
Eventi e navigazione hanno lo stesso ritmo veloce delle decisioni e degli avvenimenti che si susseguono incalzanti. Senza nulla togliere allo skipper e al nostromo sua consorte, vien voglia d’intervenire per dare una mano … il mio coinvolgimento diventa totale all’interno di una narrazione fluida, marinara e naturale, come usano gli amici che danno del TU al mare. Una confidenza meritata. Già! quel dio-mare che la concede a pochi marinai esperti ma soprattutto UMILI, che non lo sfidano mai per poi darsi importanza nei Bar dei porticcioli.
Marinella e Rinaldo osano dare del TU al mare, ma con prudenza, in loro non c’è arroganza e supponenza, n’é tanto meno aria di sfida, semmai è palpabile l’amore e la passione, l’umiltà e il grande desiderio di conoscerlo nei suoi segreti più intimi.
Tramonto a Chiaia di luna - Ponza
Ma c’è dell’altro: questi due “innamorati” del Mare, oltre a coinvolgerci sulle rotte del diporto,
si prendono numerose pause culturali durante le programmate escursioni a terra facendoci sentire graditi ospiti. A questo punto, il remote control funziona anche sulla terraferma: colline e i pendii con viste mozzafiato. Trapani, Ustica, le Isole Pontine, Ischia, Pompei, Capraia e Portovenere ……in quei posti che Marinella adora perché profumano di archeologia e di storia.
Il lettore attento e curioso ormai li pedina con insistenza per vivere le loro stesse emozioni in quelle avventure e disavventure che non mancano mai, ed è sempre in trepidazione anche a qualche chilometro dal mare!
Sembra strano, ma in compagnia dei nostri amici, diventiamo consapevoli di un altro problema estivo molto ricorrente: è più facile navigare al largo che trovare un ormeggio nelle bellissime golfate e calanche italiane…
Vele alla fonda in bonaccia …
In queste occasioni gli echi provenienti dal bordo sono più che giustificati:
“Ogni volta che si atterra in cerca del meritato stacco e riposo notturno, l’operazione è densa di rischi per la vicinanza di altre imbarcazioni, di danni reciproci, di liti e di rara solidarietà”.
Molti “terrazzani - falsi manici cazzuti” guardano il mare come un luogo di conquista e di esibizione… e questo la dice lunga sulla civiltà che c’è in giro.
Sotto sotto, la propria barca a vela è come una piccola, unica, isola felice, una sorta di “isola che non c’è”, dove dimenticare per un periodo gli affanni della vita, apprezzando l’armonia e la pace che un lungo o anche breve viaggio sul mare regala.
Siamo giunti al termine di questa escursione e, per quanto mi riguarda, la domanda che mi pongo ogni volta è sempre la stessa: qual’è l’anima di questo libro?
Per moltissime persone il mare è soprattutto mistero ed ogni tentativo di svelarlo e spiegarlo resta quasi una sorta di profanazione. Marinella e Rinaldo ne sono assolutamente consapevoli.
Il mare riempie di stupore. Cangiante, immateriale, di colore sempre diverso, inafferrabile, inspiegabile. Le sue onde, incessanti, affascinanti: furono scelte infatti nella simbologia antica, come rappresentazione dell'eternità. Il mare come "agognata dimora", come luogo ideale, come rifugio dalla terraferma, come metafora del porto dell’anima.
MARE NOSTRUM RAPALLO
2 febbraio 2021
Una Storia di "CASE DI CAMOGLI"
UNA STORIA DI
CASE DELLE MOGLI
immagine "Case di Camogli"
archivio Ferrari
Senza invadere il territorio storico della Camogli antica, ipotizziamo invece per un momento che il nome del centro marinaro derivò da "case delle mogli".
Diviene pertanto facile accoppiare due personaggi della classica condizione Camogliese di fine '800: un promesso sposo imbarcato su un veliero in giro per il mondo e la promessa moglie, in attesa del suo ritorno in una casa a picco sul mare.
Ma attenzione, non si deve considerare l'apprensione di quelle mogli come la raffigurazione di un dipinto romantico Ottocentesco, cioè dove erano riprodotte le pazienti donne con lo sguardo perduto oltre la finestra sul mare, quasi ad amalgamare speranza e devozione. Molte consorti dei Capitani Camogliesi invero, imbarcarono insieme con i loro mariti in avventurose navigazioni Oceaniche o altre, furono addirittura rappresentanti dei loro sposi Armatori.
Ed ecco quindi una vicenda vissuta che accomuna tutto quanto detto sopra.
Due importanti Casati Camogliesi avevano compartecipato alla costruzione ed alla gestione di un veliero. Fin qui, tutto normale, diremmo, ma ecco invece che gli interessi economici vengono consolidati anche da un'alleanza di famiglia. Una delle ragazze più belle della Città, di uno di quei due Casati, diede promessa di matrimonio al figlio dell'Armatore del Casato consociato.
Il veliero, quando fu pronto a prendere il mare, venne infatti chiamato "Promessi", proprio in auspicio dì quel promettente legame. I due giovani avevano anche fatto progetti sul futuro: per mitigare nostalgia e lontananza, si sarebbero - una volta sposati - imbarcati insieme proprio sul "Promessi" negli itinerari del Mar Nero.
Il Capitano partì, ma purtroppo - durante una tempesta - un'implacabile scogliera Irlandese distrusse la sua nave e la sua vita.
Quando la notizia della tragedia giunse a Camogli, la giovane si chiuse nella sua casa e nel suo dolore. E due mesi dopo chiuse gli occhi, ormai già spenti dalla devastante tristezza.=
-testo tratto da:
"Capitani di Mare e Bastimenti di Liguria"
di G.B. Ferrari;
BRUNO MALATESTA
Capitani di Camogli
Rapallo, 27 febbraio 2021
LUNA ROSSA VINCE PRADA CUP E VA IN FINALE PER VINCERE LA COPPA AMERICA
LUNA ROSSA
VINCE PRADA CUP E VA IN FINALE PER VINCERE LA COPPA AMERICA
Sventola la bandiera italiana sulla vela mondiale
Dal mulino a vento alla pala eolica… dalla vela latina che rimonta il Nilo a
LUNA ROSSA
Quasi in ogni articolo presente sul sito di Mare Nostrum Rapallo, si parla del vento come propulsore massimo delle attività umane legate da sempre ai trasporti marittimi le quali, come sappiamo, culminarono con l’epopea dei Clippers che raggiunsero, a pieno carico, velocità di oltre 20 nodi con punte anche superiori…
La vela iniziò il suo tramonto alla metà dell’800 quando subentrò il motore e il mondo del mare cambiò rotta e la vela lentamente passò di moda convertendosi alla nautica da diporto, ma non morì; i suoi uomini si misero a studiare nell’attesa d’ingaggiare nuove intese con Eolo.
Oggi, una di queste si chiama software, uno speciale cervello elettronico che raccoglie dati da decine di sensori fissati su ogni parte dell’imbarcazione e li converte in “consigli” su come sfruttare al meglio le condizioni meteo del momento, ottimizzare l’assetto, la velocità e la performance sportiva.
La Coppa America, con gli AC75 e il Vendée Globe con gli Imoca 60, sono oggi la frontiera tecnologica della VELA. Sensori intelligenti, sistemi idraulici, software di navigazione e autopiloti più precisi dei velisti, la Coppa America e il Vendée Globe stanno sperimentando soluzioni che in futuro, ma in parte già oggi, troveranno spazio sulle barche di tutti. Si va verso un generale processo di automatizzazione delle barche per il mondo della crociera, per andare incontro anche alle esigenze del velista “ignorante”.
Mauro Giuffré e Luigi Gallerani, due bravi giornalisti del GIORNALE DELLA VELA hanno scritto:
“In futuro voleremo tutti sull’acqua come i velisti della Coppa? No. Ci sarà chi lo farà e chi continuerà con la vela di sempre, che però verrà arricchita da uno sviluppo tecnologico che è già in corso e verrà accelerato dall’America’s Cup”.
Il salto, che oggi si chiama tecnologico, è assai ampio e complesso! I velisti di ieri rimarranno tali per motivazioni passionali e si faranno seppellire all’interno delle loro imbarcazioni sotto tumuli di terra come facevano i Vichinghi, ma quelli di nuova generazione, se vorranno seguire la scia di LUNA ROSSA dovranno impegnarsi più come “ingegneri informatici” che marinai, almeno questa è la mia impressione!
Ma adesso c’inoltriamo, in punta di piedi, in questo mondo così affascinante, ricco di spettacolo e passione da destare tante curiosità e domande che spesso non hanno risposte se non dagli stessi attori e protagonisti che, tuttavia, sono anche custodi di segreti che non vengono ancora svelati.
Ma che cos’è la Prada Cup? È la selezione degli sfidanti, l’ex Vuitton Cup. È cominciata il 15 gennaio a Auckland, in Nuova Zelanda, casa dei defender. In acqua, all’inizio, Luna Rossa Prada Pirelli team (Italia), Ineos (Gran Bretagna) e American Magic (Usa), che si sono sfidati in quattro gironi all’italiana (tre regate ciascuno). Chi ha ottenuto più punti, in questo caso gli inglesi di Ineos, si è qualificata direttamente per la finale della Prada Cup (13-22 febbraio) al meglio delle 13 regate. Il resto é cronaca e ci riguarda da vicino!
Sventola la bandiera italiana sulla vela mondiale. Con una vittoria che, di prima mattina, esalta il nostro Paese, che si è svegliato presto per tifare tricolore. Luna Rossa vince la Prada Cup e conquista, dopo 21 anni, l'accesso alla finale della Coppa America, dove affronterà Team New Zealand. Ad Auckland, l'AC75 di Patrizio Bertelli ha dominato le due regate della notte contro l'imbarcazione britannica Ineos portandosi così sul 7-1 nella serie. La finale di coppa America si terrà dal 6 al 15 marzo prossimo, sempre nelle acque del Golfo neozelandese di Hauraki.
Per Luna Rossa è la seconda affermazione nella selezione degli sfidanti dopo quella del 2000: oggi come allora affronterà in finale di America's Cup i padroni di casa di Team New Zealand.
Anche la Liguria esulta per LUNA ROSSA, che ha vinto la Prada Cup, conquistando dopo 21 anni, come abbiamo appena visto, l'accesso alla finale della Coppa America.
La vela super tecnologica dello scafo italiano viene prodotta dallo stabilimento North Sails di Carasco (Chiavari) e a bordo ci sono due liguri, Pietro Sibello di Alassio ed Enrico Voltolini di Lerici! Una grande vittoria italiana, un grande orgoglio ligure!
CARASCO (Chiavari)
LE VELE DI LUNA ROSSA
Vi proponiamo alcune immagini dello stabilimento NORTH SAILS
Sotto
Gli skipper dei tre Challenger, i team sfidanti: da sinistra, Max Sirena (Luna Rossa), Terry Hutchinson (American Magic) Ben Ainslie (Ineos UK) - foto Borlenghi
PRADA CUP: TUTTO CIÒ CHE C’È DA SAPERE SU LUNA ROSSA 2021
La prima progettazione di Luna Rossa avviene nel 1999. Già alla sua prima partecipazione alla competizione 2001, l’imbarcazione dell’AD di Prada Patrizio Bertelli, arriva a contendersi l’American Cup contro la Nuova Zelanda. Quest’anno a sostenere il progetto si è aggiunto anche il gruppo Pirelli come partner. Per quest’edizione della competizione sono state coinvolte le maggiori eccellenze italiane. Ad esempio, la costruzione è stata affidata ai cantieri bergamaschi di Persico Marine e il team ha operato nel quartier generale del molo Ichnusa di Cagliari. La progettazione idraulica dal gruppo brianzolo Cariboni. Prada si è occupata della realizzazione della linea di abbigliamento di tutti i 110 dipendenti. Proprio Pirelli ha messo a disposizione le sue tecnologie e Panerai gli orologi.
Si contenderanno il ruolo di sfidanti le squadre provenienti da tre paesi:
Italia, America e Gran Bretagna.
Luna Rossa, iscritti per il Circolo della Vela Sicilia.
American Magic, iscritti per il New York Yacht Club.
Ineos Team UK, iscritti per il Royal Yacht Squadron.
Almeno il 20% dei marinai che compone l’equipaggio di ogni squadra deve appartenere alla nazionalità della squadra stessa. Gli stranieri presenti, per poter partecipare devono aver passato almeno 380 giorni nella nazione della squadra di appartenenza nel periodo di sviluppo precedente alla gara.
L’EQUIPAGGIO DI LUNA ROSSA
L’equipaggio sulla barca sarà composto da 11 atleti: cinque sul lato destro e sei sul lato sinistro. Ci saranno due timonieri: James Spithill e Francesco Bruni che avranno anche il ruolo di controllore di volo. Pietro Sibello sarà invece il trimmer randa e controllerà la vela più importante. A completare l’equipaggio ci saranno otto grinder. I grinder sono gli uomini che azionano i verricelli, regolano l’albero, l’accumulatore di energia e la scotta del fiocco. Quest’anno saranno: Matteo Celon, Umberto Molineris, Enrico Voltolini, Emanuele Liuzzi, Romano Battisti, Gilberto Nobili, Nicholas Brezzi, Pierluigi De Felice.
MASSIMILIANO SIRENA – TEAM DIRECTOR E SKIPPER
Max è alla sua settima partecipazione all’America’s Cup. Ha già partecipato con Luna Rossa nel 2000, anno in cui ha vinto Louis Vuitton Cup. Poi nel 2003 nel ruolo di prodiere e nel 2007. Ha vinto la 33esima edizione della coppa Coppa America con BMW Oracle Racing nel ruolo di responsabile dell’albero alare e a 35esima con Emirates Team New Zealand nell’edizione di Bermuda nel 2017. È diventato quindi Skipper e Team Director di Luna Rossa nella campagna per la 34esima America’s Cup, tenutasi a San Francisco nel 2013.
GILBERTO NOBILI – OPERATIONS MANAGER – GRINDER (LATO SINISTRO)
Gilberto è alla sua sesta campagna di Coppa America. Sarà l’Operations Manager. Gillo, originario Castelnovo ne ‘Monti, è stato già membro del team di Luna Rossa nel 2003 e nel 2007 nel ruolo di grinder. Ha vinto la Coppa America nel 2010 e 2013 con il team Oracle e nel 2017 con Emirates Team New Zealand. Inoltre conta numerose partecipazioni in eventi internazionali a bordo di TP52, Maxi yacht ed Extreme40 e ha navigato per quattro anni (2004-2008) nella classe Star con Francesco Bruni.
FRANCESCO BRUNI – TIMONIERE E CONTROLLORE DI VOLO (LATO SINISTRO)
Francesco è alla sua quinta America’s Cup, quarta con Luna Rossa. Ha una carriera sportiva ricca di successi: 7 titoli Mondiali, 5 Europei e 15 Nazionali in varie classi (Laser all’altura, Star al 49er). Inoltre nel 2011 è stato primo nel ranking mondiale ISAF di Match Race. Ha partecipato a tre olimpiadi ed è vicecampione del mondo nella classe Moth.
JAMES SPITHILL - TIMONIERE E CONTROLLORE DI VOLO (LATO DESTRO)
James alla sua settima America’s Cup, la seconda con Luna Rossa, è il più giovane skipper ad aver vinto l’America’s Cup. Ha conquistato il titolo della competizione per due anni consecutivi nel 2010 e nel 2013. È pluricampione nazionale e mondiale sia in regate di flotta che in match race, tra cui due vittorie alla Sydney-Hobart, con Comanche: un record ancora imbattuto. Inoltre, è stato World Sailor of the Year e Australian Sailor of the Year e il suo nome è legato alla più clamorosa rimonta della storia dello sport, da 8-1 a 9-8, durante la Coppa America svoltasi a San Francisco nel 2013.
PIETRO SIBELLO – TRIMMER RANDA (LATO SINISTRO | PUÒ CAMBIARE LATO DURANTE LA REGATA)
Pietro è alla sua seconda Coppa America con Luna Rossa. Nel 1998, insieme al fratello, Pietro sale sul 49er e, nei quattro anni successivi, diventa uno dei timonieri più forti al mondo, vincendo un Campionato Europeo e conquistando 3 medaglie di bronzo ai Campionati del Mondo. Dopo le Olimpiadi di Atene 2004 e Pechino 2008, qualifica l’Italia per le Olimpiadi di Londra 2012. Negli ultimi due anni ha ottenuto inoltre ottimi risultati nelle classi Melges, Moth e GC32.
VASCO VASCOTTO – SAILOR
Vasco è alla seconda partecipazione all’America’s Cup, la prima con Luna Rossa. Una carriera sportiva piena di successi: 25 titoli mondiali, 25 italiani e 15 europei nelle classi off shore per monotipi, dal J/24 al TP52, dal Farr 40 all’ ORC 670. Ha vinto tre MedCup e una Admiral’s Cup.
SHANNON FALCONE – SAILOR
É alla sua sesta America’s Cup. Shannon nasce in Inghilterra nel 1981 per poi trasferirsi ad Antigua all’età di 3 anni. Raggiunta la maggiore età inizia a navigare portando a termine 6 traversate oceaniche e un giro del mondo. Nell’edizione 2008-2009 della Volvo Ocean Race chiude al secondo posto a bordo di PUMA. Nel 2000 partecipa per la prima volta all’America’s cup con Mascalzone Latino. Nel 2007 partecipa con Luna Rossa. La terza e la quarta sono quelle fortunate in cui vince Oracle Team USA. Nella quinta torna con Luna Rossa nel 2015.
FRANCESCO MARIO MONGELLI – SAILOR
Alla sua prima America’s Cup, Francesco è un velista professionista, specializzato nel ruolo di navigatore, in analisi dei dati e progettazione e sviluppo di strumentazione elettronica. Ha partecipato a importanti regate offshore tra cui: Sydney-Hobart, Middle Sea Race, Giraglia, Caribbean 600, RORC Transatlantic, Newport-Bermuda, Fastnet. Inoltre, ha vinto 12 titoli mondiali, uno europeo e 7 nazionali.
PIERLUIGI DE FELICE – GRINDER (LATO SINISTRO)
La carriera velica di Pierluigi inizia a 7 anni navigando con l’optimist e prosegue con il 420 e il 470. Per la 31 e 32 edizione dell’America’s Cup entra nel Team di Mascalzone Latino. Nel 2012 entra a far parte del team Luna Rossa con il quale vince l’ACWS 12-13 e partecipa alla 34^ America’s Cup a San Francisco, continua la preparazione per la 35 AC ma il Team decide di non parteciparvi ed ora e’ nuovamente coinvolto nel ruolo di Sail trimmer per la 36 America’s cup che si svolgerà a Auckland nel 2021. Una carriera sportiva piena di successi nei maggiori circuiti internazionali (ACWS LV Trophy Extreme Sailing Series Tp 52 M40 M32 e Farr40). Inoltre, è stato 1 primo nella Isaf World Match Racing ranking ha vinto il Louis Vuitton Trophy Nice e conquistato 2 Ori 4 Argenti e 4 Bronzi in campionati del Mondo in diverse classi e ha conquistato 11 titoli Nazionali.
MICHELE CANNONI – SAILOR
Alla sua seconda Coppa America con Luna Rossa, Michele è sette volte campione del mondo nelle classi Maxi, Maxi 72, RC 44. É un velista polivalente: è stato prodiere, drizzista, comandante, trimmer, rigger. Durante la sua carriera ha ricoperto tutti questi ruoli, in match race, tra le boe e in off-shore. Vincitore delle regate offshore RORC 600 (2015-2017), Transpac (2011) e Middle Sea Race (2005-2013-2015). Nel 2009 è stato vincitore della Louis Vuitton Trophy – Nice con Azzurra.
UMBERTO MOLINERIS – GRINDER (LATO DESTRO)
Alla sua prima partecipazione in America’s Cup, Umberto ha inizia ad andare a vela all’età di 10 anni nel Mare Adriatico. Nel 2009 diventa campione italiano in regata 49er diventando campione Italiano e ottieni diversi piazzamenti nella top 10 mondiale. Nel 2012 entra a far parte della squadra olimpica Italiana. in seguito decide di chiudere con il 49er e comincia a regatare in diversi circuiti professionistici, tra cui RC44 ed M32.
ROMANO BATTISTI – GRINDER (LATO SINISTRO)
Dal 2001 ad oggi, Romano ha partecipato a due Olimpiadi, 11 mondiali, dei quali ne ha vinti 2, e 8 europei. Romano Nel 2021 ha vinto nel 2 di coppia la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra. E’ stato inoltre Campione italiano 16 volte. Negli ultimi anni decide di affacciarsi al mondo della vela, in particolare di specializzarsi nel ruolo di grinder.
ANDREA TESEI – SAILOR
Andrea è entrato a far parte del team Luna Rossa grazie al programma New Generation, quella di quest’anno sarà la sua prima America’s cup. Naviga da cinque anni nella classe olimpica 49er con la quale ha raggiunto la top10 del ranking mondiale. In carriera ha vinto un bronzo al campionato europeo 2017, un argento alla finale di coppa del mondo nel 2015 e diversi titoli ai campionati nazionali. Oltre all’attività olimpica ha regatato nei principali circuiti professionistici (Extreme Sailing Series, il World Match Racing Tour e Melges World League).
DAVIDE CANNATA – SAILOR
Questa, per Davide, è la prima partecipazione all’America’s Cup. Ha appena 4 anni quando inizia a praticare nuoto e dopo le prime esperienze in piscina intraprende la carriera open-water. Si dedica soprattutto alla lunga distanza (5km, 10km, 20km o più). Nel 2014 vince il gran prix nazionale granfondo cadetti. Inoltre, partecipa al Fina World Gran Prix Cozumel (MEX) nel 2015.
ENRICO VOLTOLINI – GRINDER (LATO DESTRO)
Enrico è alla sua prima America’s Cup. Inizia ad andare a vela da bambino, ma inizialmente è nel nuoto che ottiene maggiori risultati. Successivamente torna a praticare la vela e inizia a regatare ad alto livello nelle classi Finn e Star. In questa classe, nel 2011, vince il campionate europeo.
JACOPO PLAZZI – SAILOR
Anche Jacopo è entrato a far parte del team Luna Rossa grazie al programma New Generation, questa per lui sarà la prima America’s Cup. Originario di Ravenna, raggiunge un bronzo europeo e diversi piazzamenti tra i primi dieci in competizioni di livello mondiale nella classe 49er. Appassionato a tutto tondo di vela ad alte prestazioni, ha inoltre preso parte ai circuiti M32 e GC32.
MATTEO CELON – GRINDER (LATO DESTRO)
Matteo è entrato a far parte di Luna Rossa Prada Pirelli grazie al progetto New Generation, questa per lui sarà la sua prima America’s cup. Si avvicina per la prima volta alla vela all’età di 8 anni. A 14, dopo una parentesi nel mondo dell’atletica e dello sci di fondo, comincia a regatare su laser, presso il Circolo Nautico Brenzone, fino ad arrivare alla classe Laser Standard. Ha partecipato a numerose regate nei circuiti Extreme 40, M32 e Melges.
NICHOLAS BREZZI – GRINDER (LATO SINISTRO)
Nicholas è alla sua prima partecipazione e anche è entrato in Luna Rossa grazie al programma New Generation. Inizialmente si dedica al canottaggio. Nel 2010 vince un Campionato Europeo con la Nazionale Italiana. Inoltre, partecipa a sette Campionati del Mondo, conquistando un oro, un argento e due bronzi. Nel 2016 torna alla vela vincendo un Campionato Italiano ORC e per due anni consecutivi la Barcolana. Partecipa inoltre a una Copa del Rey e a una Middle Sea Race.
EMANUELE LIUZZI – GRINDER (LATO DESTRO)
Emanuele si avvicina al mondo del canottaggio all’età di 15 anni, iniziando a praticarlo al circolo Reale Yacht Club Canottieri Savoia. Nel 2010 diventa campione del mondo nella categoria under 23. Ha partecipato ad 11 mondiali e un’olimpiade. Nel 2017 ottiene un bronzo ai mondiali assoluti di Sarasota nella specialità 8+.
PHILIPPE PRESTI – COACH
Philippe è un velista francese classe 1965 ed è alla sua seconda partecipazione in America’s Cup con Luna Rossa. Ha già partecipato a 6 edizioni dell’America’s Cup vincendone due con Oracle Team Usa. Durante la sua carriera sportiva ha partecipato a due Olimpiadi nelle classi Finn e Soling. Inoltre, ha vinto regate in diversi circuiti internazionali come mach race, RC44, 12M ma anche nel ruolo di tattico su imbarcazioni Maxi. Ha vinto con il team australiano la prima edizione di Sail GP nel ruolo di coach.
MARCO MERCURIALI – RULES COACH
Marco Mercuriali è alla sua settima America’s Cup. Dal 1978 al 1982 ha fatto parte della squadra nazionale di Finn. A partire dal 1984 ha collaborato come allenatore con la Federazione Italiana Vela. Dal 1990 al 2000 prende parte allo staff della Squadra Olimpica. In questi dieci anni partecipa alle Olimpiadi di Barcellona ‘92, Atlanta ’96, Sydney 2000 e Pechino 2008. La sua esperienza in America’s Cup inizia nel 1983, quando ha preso parte alla prima campagna italiana con Azzurra come membro dell’equipaggio e preparatore atletico. Ha partecipato a tutte le edizioni del team Luna Rossa Prada Pirelli come allenatore (2000, 2003, 2007 e 2013). Nel 2017 ha fatto parte di Oracle Team USA.
SECOLO XIX – Articolo di Fabio Pozzo 23.2.2021
LA STAMPA
FABIO POZZO
Le tre fasi della Prada Cup
La Prada Cup inizia con quattro gironi (Round Robin) di 3 regate ciascuno, due match-race al giorno. Inizia il 15 gennaio ad Auckland (12 ore prima in Italia) e l’ultima giornata è il 22 febbraio (possibile arrivare sino al 26 gennaio, con i giorni di riserva, Reserve Day).
Il Challenger che totalizza più punti, vale a dire più vittorie (una vittoria vale 1) passa direttamente alla finale della Prada Cup. Gli altri due se la giocano nella semifinale, chi arriva a 4 punti vince e va in finale.
La semifinale inizia il 29 gennaio e va avanti sino al 2 febbraio, con la possibilità di arrivare al 4 febbraio se occorre (due giorni di riserva, Reserve Day). I due team si sfidano in 7 regate, vince chi arriva prima a 4 punti.
La finale inizia il 13 febbraio e va avanti sino al 22 febbraio, con la possibilità di andare sino al 24 febbraio (Reserve Day sono il 16, il 18, il 23 e il 24 febbraio). Si gioca su 13 regate, vince chi arriva prima a 7 punti.
Orari.
Round Robin e Semi-finale dalle 15.00 alle 18 ora locale (03.00/06.00 in Italia)
La Finale dalle 16.00 alle 18.00 ora locale (04.00/06.00 in Italia)
La seconda regata deve partire il prima possibile dopo la prima, ma non prima di 20 minuti.
Il primo lato di una regata non può durare più di 12 minuti (nel caso, si annulla la regata) e la regata complessivamente non può durare più di 45 minuti (nel caso, si annulla la regata).
Complessivamente la regata in condizioni normali dura 20/25 minuti.
Limiti di vento
Dai 6,5 ai 21 nodi per i Round Robin e seminfinale della Prada Cup
Dai 6,5 nodi ai 23 nodiper la finale della Prada Cup (vale anche per Match di America’s Cup)
Uno dei campi di regata
Il campo di regata
E’ lungo 3 km circa (tra 1,1 e 2,2 nautical miles), largo tra 900 e 1500 metri. Ci sono cinque “rettangoli” di gara, posizionati in diverse zone del golfo di Hauraki. Si presume che con vento stabile si scelga quello A, più vicino al porto di Auckland.
Prada Cup, il campo di regata e le regole
Il percorso
Prevede una partenza dei due team di bolina sino al cancello superiore con le due boe, quindi un lato di poppa per tornare indietro.
Questa sequenza va ripetuta secondo quanti giri (Laps) indica il direttore di regata, alla luce delle condizioni meteo.
La partenza
Quando vengono chiamati i 2 minuti i due team devono entrare nell’area di partenza, diciamo sul ring. Vengono assegnati dei lati di entrata, quello di destra gode del diritto di precedenza. Chi entra da sinistra lo può fare 10 secondi prima dell’avversario, una misura stabilita per evitare collisioni.
Quindi, il circling di pre-partenza, le schermaglie per trovare il lato migliore (può anche non coincidere, dipende anche dalle condizioni meteo, dal primo salto di vento presunto) e lo start. Se si taglia troppo presto la linea di partenza si è in OCS (On Course Side) e scatta la penalità (Penality). Per questi Round Robin è previsto che chi è in anticipo di 10 secondi e più, deve tornare indietro e rifare la partenza. Se invece i secondi sono minori, il team deve rallentare per andare dietro di 50 metri all’avversario, prima di riprendere la corsa. Se ci sono una penalità in pre-partenza per ciascuna barca, le stesse si elidono.
I confini laterali
Si chiamano boundary e non possono essere oltrepassati, pena la penalità.
Le boe
Le boe (marks) sono due per ciascun cancello, quello superiore (Top gate) che s’incontra risalendo di bolina, dunque al vento e quello inferiore (Bottom gate), dunque sottovento, che si passa alla fine del lato di poppa. Bisogna scegliere una boa da girare passando all’interno.
Le regole alle boe
Si applicano entro un cerchio di 70 metri dalla boa, durante la regata. Se ciascun team sceglie due boe opposte da girare, nessun problema. Ma se sono testa a testa (Neck and neck) e scelgono la stessa boa? La precedenza va a chi è più all’interno della boa o se è più avanti e l’altra deve permettere (Has to allow) alla prima barca di girare (Go around) la boa senza ostacolarla (Unobstructed). Ma se la seconda invece ha la prua (Bow) sulla poppa (Stern) della precedente? Allora il diritto di precedenza va alla seconda e può girare la boa
Ultimo giro
Alla fine del lato di poppa, si attraversa il traguardo, la finish line (che è la stessa linea della partenza/start line), ampia circa 270/300 metri.
Le regole d’incrocio
Quando le barche sono in rotta di collisione (Collision course), ha la precedenza (Right of way) chi ha mure a dritta, cioè chi riceve il vento sul suo lato destro (Right hand side). Questa è la barca di dritta (Starboard boat).L’altra ha il vento che la attraversa da sinistra (Wind coming across the left side) e diventa la barca di sinistra (port boat ).
La regola non si applica solo quando le barche si avvicinano (Approach) a un confine laterale. Non è permesso buttar fuori dal campo l’avversario (Force a boat off the race course) e quando una barca arriva entro i 90 metri dal confine, circa 5 lunghezze (Bat lenght), ha diritto di precedenza e il diritto (Right) di virare (Tack) o di strambare (Gybe)
Se invece stanno navigando nella stessa direzione e non sono sovrapposte, la precedenza è di chi sta davanti. Ma se la barca che sta dietro riesce a far passare la sua prua davanti alla poppa di chi la precede, allora guadagna diritto di precedenza e quella davanti deve farsi da parte (mossa efficace, soprattutto in pre-partenza).
Le barche
Gli Ac75 sono monoscafi straordinari, risultato di una ricerca esasperata, mutuata dall’industria aerospaziale.
Pesano complessivamente 7,5 tonnellate, hanno uno scafo essenzialmente composto da fibre di carbonio lungo 20,7 metri e largo un massimo di 5 metri. Non c’è chiglia, salvo un rigonfiamento longitudinale, chiamato skeg che serve per aiutare il “decollo” della barca, cioè il suo sollevarsi dall’acqua e per evitare che resti troppo spazio tra il fondo dello scafo e l’acqua, che non aiuta la sua idro/aerodinamicità.
C’è un bompresso di 2 metri, che serve per issare la vela di prua chiamata Code Zero, più grande (200 mq) del fiocco normale (tre, superiori ai 90 mq; il più piccolo per vento forte) e che si usa con vento più leggero. La randa, centrale e principale, fissata all’albero di 25,5 metri di altezza, è doppia, formata da due pelli con una intercapedine in mezzo. E’ ampia dai 135 ai 145 metri quadrati.
Il timone è a forma di T rovesciata, è lungo 3,5 metri e ha un’estensione massima di 3 metri.
La grande novità è costituita dai foil, le derive laterali, che sono due grandi bracci che pesano 500 chili l’uno e che possono reggere sino a un carico di rottura di 27 tonnellate. Sono in carbonio e raggiungono una profondità massima di 5 metri e un’estensione di 4 metri. Si possono alzare e abbassare nell’acqua, grazie a un sistema di batteria alimentata idraulicamente (l’energia generata dagli uomini a bordo che girano le “manovelle”). In assetto di volo il foil sottovento (leeward) resta in acqua e genera l’effetto sollevamento della barca, insieme con il timone, e l’altro foil, quello sopravvento (windward) resta sollevato e provvede al bilanciamento della barca.
Prada Cup, come volano gli Ac75?
L’equipaggio
E’ formato da 11 uomini, per un peso massimo di 960-990 chili. Non è consentito avere un ospite a bordo.
Luna Rossa è l’unica ad avere due timonieri, l’australiano Jimmy Spithill che prende in mano la barca quando è a mura a dritta e il siciliano Francesco Checco Bruni che fa altrettanto quando è a mura a sinistra. In questo modo, i timonieri restano sempre al loro posto, mentre sulle barche degli inglesi (Ben Ainslie) e degli americani (Dean Barker) il timoniere si sposta da un lato all’altro della barca ad ogni cambio di mure. Su Luna Rossa quando un timoniere non è in azione si occupa di regolare il “volo”, cioé il settaggio dei foil (flight control/controller)
Su Luna Rossa c’è poi un randista, Pietro Sibello, che si occupa della regolazione della vela centrale e principale. Gli altri otto uomini sono alle manovelle, a girare vorticosamente per generare l’energia necessaria a mantenere in funzione il sistema idraulico che muove tutte le componenti della barca. Tra questi ci sono due trimmer che si occupano di regolare la vela di prua e Gilberto Gillo Nobili che si occupa del software di bordo.
ALBUM FOTOGRAFICO
LUNA ROSSA
I FOILS UNA TECNICA RIVOLUZIONARIA
I foil-arm degli Ac75 sono i bracci che solleveranno la barca in navigazione, facendola volare. Sono delle strutture ad “esse” allungata, in carbonio, di 4,5 metri, che hanno un’ala all’estremità, di 4 metri e che sono mossi da un sistema idraulico ed elettronico cui sono collegati.
Come funzionano i foil?
I foil sono appendici in grado di produrre una spinta verticale e far sollevare in parte o quasi del tutto l'imbarcazione dall'acqua. In questo modo si riduce drasticamente la superficie a contatto dell'acqua e quindi la resistenza idrodinamica, con conseguente notevole aumento della velocità.
Foiling, volare sull’acqua, un sogno che è diventato realtà. Tutto grazie ai foil, delle ali che invece di fendere l’aria sollevano le barche sopra l’acqua, con incredibili vantaggi. Qui vi spieghiamo come funzionano e vi mostriamo le applicazioni reali.
Volare sull’acqua è un sogno leonardesco che oggi sta diventando realtà. Il merito è dei foil, ali che, invece di sostenere il volo nell’aria degli aerei, sostengono la barca, permettendogli di sollevarsi sopra la superficie dell’acqua. Ovviamente senza decollare.
Ma cosa sono e come funzionano?
Il foiling riguarda l’uso di ali, i foil, attaccate allo scafo di imbarcazioni che regala una maggiore portanza a velocità di planata, sufficiente a sollevare lo scafo completamente fuori dall’acqua.
Qual è il vantaggio?
Sollevare la barca sopra la superficie dell’acqua riduce il disturbo delle onde, rendendo più confortevole la navigazione. Ma non solo. Le ali (foil), se mobili, possono anche migliorare la stabilità e la manovrabilità. Opportunamente regolate, possono migliorare l’efficienza anche senza sollevare la barca.
La tecnologia dei foil, che risale già agli Anni ’50 ma che ha conosciuto larga diffusione mediatica dopo le imprese del trimarano Hydroptère e la scorsa Coppa America, è stata oggetto di grande sviluppo. Ne abbiamo parlato tanto anche noi: con l’arrivo sul mercato dei Moth e più di recente dei catamarani GC32, Flying Phantom e SL33 chiunque può provare l’ebbrezza di volare sull’acqua.
Ma siete sicuri di sapere come funziona davvero la navigazione “foiling”? Ce la siamo fatta raccontare sul numero di Agosto del GdV da un “professore” d’eccezione: Mario Caponnetto (nella foto), architetto navale genovese classe 1961 che ha vinto due America’s Cup con Oracle (nel 2010 e nel 2013) come membro chiave del team di progettazione fluidodinamica (CFD), e che ora è approdato alla corte di Luna Rossa.
L’UOVO DI COLOMBO DEI KIWI
“Chi ha testato barche come GC32 e Flying Phantom – esordisce Caponnetto – è rimasto sorpreso dalla possibilità di ottenere immediatamente un ‘volo’ stabile e sicuro. La chiave di tutto risiede nella tipologia dei foil impiegati, caratterizzati da un angolo di tip del foil elevato: è l’uovo di Colombo scoperto (pare casualmente) dai neozelandesi durante la progettazione del loro AC72. Quando una barca è in volo la forza idrodinamica verticale prodotta dal foil (lift) è esattamente uguale al peso della barca (e di verso opposto). Se per una qualsiasi perturbazione (onde, raffiche, accelerazioni o decelerazioni in manovra) le due forze diventano leggermente diverse la barca tenderà o a uscire dall’acqua (se il lift diventa maggiore del peso) o a scendere fino a che lo scafo non tocchi l’acqua. Un modo per compensare queste perturbazioni – prosegue Caponnetto – è quello di agire sull’angolo del foil rispetto al flusso dell’acqua. Se l’angolo aumenta il lift aumenta e viceversa. Se per esempio il foil sta perdendo lift e la barca inizia a scendere, si può aumentare l’angolo agendo sul rake del foil (ovvero l’inclinazione longitudinale) per ristabilire la lift esatta: ma i tempi di reazione del sistema ‘equipaggio + meccanismo di controllo del rake’ non sono abbastanza veloci e il sistema diventa instabile”.
LA STABILITÀ “PASSIVA”
“I foil di questi cat volanti ‘per tutti’ sfruttano però un altro effetto che dà loro una stabilità di volo ‘passiva’ che prescinde dal controllo umano del rake. Se infatti la parte orizzontale del foil (tip) deve produrre una lift uguale al peso della barca, la parte verticale (strut) ha la classica funzione della deriva di una qualunque barca a vela, cioè quella di produrre una forza laterale o side-force (in direzione sopravento) uguale e opposta a quella prodotta dalle vele (che spingono sottovento). Se, per esempio, il foil comincia a spingere troppo e la barca inizia a sollevarsi, si andrà riducendo la superficie laterale della deriva e questa, costretta a produrre sempre la stessa forza laterale, potrà farlo solo con un maggiore angolo di scarroccio della barca”.
LA CHIAVE RISIEDE NELLO SCARROCCIO
Vediamo adesso come lo scarroccio può stabilizzare il volo: “Se il tip del foil è orizzontale – spiega Caponnetto – in effetti questo non succede. Ma se invece è angolato verso l’alto, la velocità laterale causa dello scarroccio ha una componente perpendicolare alla superficie del foil stesso. Detto in maniera semplice l’acqua comincia a spingere il foil di nuovo verso il basso, fino a che non si ristabilisce l’equilibrio (le figure in alto a sinistra e destra mostrano le situazioni di disequilibrio e equilibrio). In pratica tanto maggiore è l’angolo del tip del foil rispetto all’orizzontale (angolo di diedro) tanto più la barca sarà stabile e non saranno richieste correzioni manuali. Va detto infine che la resistenza all’avanzamento del foil aumenta con l’angolo di diedro e normalmente va cercato il migliore compromesso tra stabilità del volo e velocità della barca”.
IL TIMONE DI LUNA ROSSA E’ PIU’ LUNGO DI INEOS
LUNA ROSSA, IL CONTROLLO LO GARANTISCE L’EQUIPAGGIO
Gli Ac75 sono bolidi che viaggiano sull’acqua a 50 nodi di velocità. Servono velisti speciali per controllare una barca cos
Undici, come una squadra di calcio. O se preferite un’orchestra dove ciascuno deve suonare al tempo giusto. L’AC75 richiede un equipaggio assolutamente diverso da quello delle imbarcazioni delle precedenti America’s Cup: del resto, è una ‘rottura’ totale con i multiscafi delle ultime edizioni e nulla a che vedere con i monoscafi dei primi anni 2000.
Il sistema di foiling - l’insieme delle appendici che in condizioni ideali consentono allo scafo di ‘decollare’ dall’acqua - regala prestazioni mai viste nella storia della vela: 40 nodi in bolina larga, 50 nodi alle andature portanti. In alcune simulazioni pare che l’AC75 abbia toccato velocità cinque-sei volte superiori all’intensità del vento.
Molti sostengono che questa sia un’edizione dove il mezzo conta troppo rispetto alle capacità dell’uomo. In realtà ci vuole un controllo assoluto da parte dell’equipaggio: per andare più forte dell’avversario e per non rischiare incidenti.
Un progetto completo
Ecco perchè la composizione dell’equipaggio e del team in generale è stata effettuata da Luna Rossa Prada Pirelli, con estrema attenzione e pensando anche al futuro. “Abbiamo creato un progetto quale New Generation per identificare i giovani velisti italiani in vista della prossima America’s Cup – racconta Max Sirena, lo skipper e direttore tecnico della sfida - ho ricevuto ben 700 curriculum, chiamando un centinaio di ragazzi per i test sino a scegliere quelli non per forza più bravi o già capaci, ma i più adatti a vivere in un team”.
E non bisogna pensare che quelli a bordo si limitino al singolo ruolo: ognuno ne ha almeno un paio, di carattere tecnico e logistico. E a partire dai timonieri, sono fondamentali dal primo disegno di un AC75. “Una volta c’erano gli ingegneri, i progettisti e gli skipper: tre ruoli nettamente distinti. Adesso chi ‘pilota’ le barche partecipa molto attivamente alla progettazione. Il timoniere vincente è anche quello che sa mettere a punto il mezzo più veloce” - sottolinea il patron Patrizio Bertelli.
Cinque e sei
Da chi è composto l’equipaggio di Luna Rossa Prada Pirelli? Sul lato destro dell’AC75 figurano cinque uomini, sul lato sinistro ne sono presenti sei. I timonieri sono due, che avranno anche il ruolo di ‘controllore di volo, a conferma che questa classe decolla letteralmente dall’acqua – grazie ai foil – e quindi può permettersi anche una terminologia aeronautica.
Da una parte c’è l‘australiano James Spithill (vincitore della regata, in due edizioni, con BMW Oracle), dall’altra il palermitano Francesco Bruni che è stato uno dei maggiori specialisti del 49er, skiff olimpico su cui ha gareggiato in quattro edizioni dei Giochi. Sono due per la ragione che mentre uno tiene la ruota, l’altro regola le appendici e quindi paradossalmente è decisivo nell’assetto dello scafo.
Un altro ‘reduce’ del 49er, l’alassino Pietro Sibello, è invece il trimmer randa: ha l’importante compito di controllare la vela più importante dell’AC 75 ed è l’unico velista che cambierà posizione durante la regata, a seconda del bordo. Curiosità: ha in mano un vero e proprio joystick con cui comanda le regolazioni della vela principale, utilizzando l’energia pompata nell’impianto idraulico dai grinder.
Il tattico è scomparso
La nuova classe ha di fatto abolito il ruolo di tattico, un tempo fondamentale.
“La tattica non si fa più a bordo, come nelle regate classiche ma preventivamente, fino a pochi minuti dal via – racconta Vasco Vascotto, uno dei velisti italiani più vincenti in assoluto, per la prima volta su Luna Rossa Prada Pirelli – il mio compito, a bordo del gommone, è proprio verificare insieme ai timonieri la corrente e il vento dell’Hauraki Gulf, come attaccare quell’avversario nei suoi punti deboli o su quale bordo puntare dopo la partenza. Alle velocità che si raggiungono in un attimo, non c’è spazio per la creatività a bordo”.
A completare l’equipaggio dell’AC75, gli otto grinder: sono gli uomini – di indubbia potenza fisica - che azionano i verricelli composti da una torretta con le due caratteristiche manovelle laterali. Come gli altri velisti a bordo, sono dotati di un casco e di un interfono per comunicare tra loro: il primo è diventato protezione imprescindibile nell’America’s Cup quando sono arrivati i catamarani, il secondo ha trovato il primo impiego proprio nell’edizione ad Auckland, nel 2000, dove Luna Rossa conquistò la Louis Vuitton Cup per poi essere sconfitta in finale dai padroni di casa.
La potenza delle braccia
A bordo della barca, i grinder saranno Matteo Celon, Umberto Molineris, Enrico Voltolini, Emanuele Liuzzi, Romano Battisti (argento alle Olimpiadi di Londra 2012 nel Due di coppia di canottaggio), Gilberto Nobili, Nicholas Brezzi, Pierluigi De Felice.
Sono decisivi più di quanto si pensi perché tranne che per la movimentazione dei bracci dei foil (c’è un motore elettrico), tutto viene regolato con l’impianto idraulico e ogni volta che il trimmer muove qualcosa, un segnale li avvisa che c’è la necessità di mettere pressione nell’impianto. Due grinders (uno per lato) hanno poi il compito di regolare la vela di prua che ha una gestione meno complicata rispetto alla randa: bastano due winch separati che servono per fare le virate “normali”: si molla una scotta e si ‘cazza’ l’altra, come sulle barche da diporto.
CONCLUSIONE
Il Nostro viaggio intorno ai segreti di LUNA ROSSA termina con questa immagine che sembra uscita da un romanzo di Ian Fleming con tutti i suoi avvenieristici segreti pseudo militari in cui alla fine vince sempre il più buono, il migliore in tutti i sensi.
Questo è l'AUGURIO con cui ci stringiamo intorno a questi nostri eroi con la fervida speranza nel cuore che I VENTI AUSTRALI DI AUCKLAND siano loro favorevoli per farli VOLARE verso la vittoria "ALATA"!
Ringraziamenti:
Al C.l.C Fabio Pozzo giornalista della STAMPA e del SECOLO XIX, amico di Mare Nostrun Rapallo.
A tutte le riviste del settore VELA-NAUTICA che, in assenza di una bibliografia mirata all'alta tecnologia di LUNA ROSSA, si sono magnificamente sostituitie ai docenti della materia con termini chiari, comprensibili, adatti quindi alla divulgazione di cui, anche noi, con molta modestia, ci occupiamo.
L'Associazione MARE NOSTRUM RAPALLO - NO PROFIT - Ha il seguente scopo istituzionale: - la promozione della cultura marinara, nel mondo giovanile e non, avuto riferimento ai profili storici, documentali, letterari, del modellismo ed artistici in genere, attraverso contatti fra persone, enti ed associazioni ed anche attraverso la costituzione interna di gruppi che svolgano attività che consentano ai propri associati di apprendere, sviluppare, accrescere e diffondere le proprie conoscenze e capacità e di tutte quelle attività che serviranno alla diffusione capillare ed alla crescita della cultura marinara in genere; - l'ampliamento degli orizzonti didattici di educatori, insegnanti ed operatori sociali, in campo marinaresco affinché sappiano trasmettere l'amore per tale cultura storica ed artistica come un bene per la persona ed un valore sociale; - proporsi come luogo di incontro e aggregazione nel nome di interessi culturali assolvendo alla funzione sociale di maturazione e crescita umana e civile, attraverso l'ideale dell'educazione permanente.
CARLO GATTI
Rapallo, 21 Febbraio 2021
LA CHIESA DI SAN SIRO-LA PRIMA CATTEDRALE DI GENOVA
CHIESA DI SAN SIRO
LA PRIMA CATTEDRALE DI GENOVA
Per la sua vicinanza alle calate interne del Porto Vecchio, è stata per 17 secoli il primo approdo religioso per un numero imprecisato di marinai e pellegrini che sono giunti via mare nel grande scalo genovese.
UBICATA NEL CENTRO STORICO DELLA CITTA’
Sino a qualche tempo pensavo che Genova fosse la città in Europa col più grande centro storico mentre non è così, si direbbe una definizione impropria, cosa assolutamente non vera, con i suoi 113 ettari, dimensione molto minore rispetto, ad esempio, a Venezia o Napoli.
La città ha il centro storico più denso perché è cresciuta all'interno delle sue mura e così le case, separate da stretti caroggi, sono cresciute in altezza.
Il centro storico di Genova è un dedalo di viuzze e di vicoli ed è un piacere perdersi tra di essi, sempre con la dovuta cautela, scoprendo angoli suggestivi ammirando edicole votive agli angoli dei palazzi.
Genova è nota col soprannome di la Superba e il primo a soprannominarla così fu Francesco Petrarca, che nel 1358 scrisse:
Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare
Questo soprannome si pensa sia dovuto alla conformazione della città che sembra protendersi verso il mare.
Pensando però ai suoi bellissimi palazzi, situati proprio nel centro storico, direi che superba si può considerare anche un sinonimo di altera e orgogliosa, ovvero considerare Genova come una città ricca di palazzi stupendamente affrescati che si possono vedere in occasione dei ROLLI DAYS.
I PALAZZI DEI ROLLI – GENOVA di Carlo GATTI
Insomma, non ci sono parole per spiegare "i caroggi di Genova". Ogni angolo di questa miriade di viuzze svelano qualcosa di questa città. Dalle più turistiche vie, tenute ora veramente bene, zeppe di localini, musicisti, artisti di strada e controllate dal forse dell'ordine che vigilano sui numerosi turisti a quelle meno trafficate dove gli abitanti sono perlopiù nord africani, ecuadoriani e sembra di essere in qualche casbah di Marrakech o di Tunisi con bancarelle e ristorantini etnici di ogni tipo e comunque decisamente caratteristici i caroggi, sicuramente da visitare quando si decide di fare un viaggio a Genova
Ma la sorpresa che ogni volta ci sbalordisce di questo affascinante centro storico è la ricchezza di chiese meravigliose, veri musei d’arte la cui storia viene da molto lontano.
Perché la Chiesa nel ‘600 cambiò il suo stile originale e si vestì quasi ovunque di BAROCCO? La risposta a questa domanda ci permetterà di capire alcune cose importanti della sua bimillenaria storia.
La Chiesa cattolica è l’unica religione monoteista che non abolì mai le rappresentazioni della divinità in tutte le sue forme artistiche che conosciamo. Al contrario, questo rapporto si rafforza nel clima “particolare” della Controriforma vedendo nel mondo dell’Arte lo strumento più idoneo per rimarcare la differenza con l’ambiente culturale protestante. La contestazione, forse più profonda di Lutero, si esprime proprio sulla ricchezza scenografica rinascimentale delle Chiese italiane considerata eccessiva e lontana dalla povertà delle origini, se non addirittura offensiva della rappresentazione della divinità.
In pratica, tutto ciò che la Riforma luterana mette alla berlina, nella Controriforma fissata dal Concilio di Trento (1545-1563), viene amplificata gettando più o meno inconsapevolmente le linee guida del BAROCCO, ossia la messa in scena in modo strabiliante del grande spettacolo della fede. Questo fenomeno si manifestò in misura maggiore nelle regioni come la Liguria, più esposte, via mare, al “contagio” protestante.
Oggi parliamo di
SAN SIRO
l'antica Cattedrale
Diciamo subito che il nome di questo santo rievoca principalmente il celebre stadio milanese, il cui nome è dovuto in realtà ad un altro santo omonimo, vescovo e martire presso Pavia nel IV secolo e festeggiato al 9 dicembre, il cui culto si è esteso sino a Milano.
La basilica di San Siro, è un edificio religioso situato nell'omonima via, nel quartiere della Maddalena. Eretta secondo la tradizione nel IV secolo. Vi fu seppellito il santo vescovo Siro e divenne la prima cattedrale di Genova. La sua comunità parrocchiale fa parte del vicariato "Centro Ovest" dell'arcidiocesi di Genova.
LA PIU’ ANTICA CHIESA DI GENOVA
Si trova a pochi passi dall’Acquario - Porto Antico
(In alto a sinistra della mappa)
Chiesa di San Siro di Struppa, Genova (Molassana). Pannello centrale del polittico raffigurante episodi dell'agiografia di San Siro, vescovo di Genova, con l'immagine del santo che scaccia il basilisco.
LA LEGGENDA DEL BASILISCO
Al nome del santo è legata la leggenda del Basilisco, stando alla quale il vescovo genovese avrebbe snidato il mostro dal suo nascondiglio, situato in fondo al pozzo a lato della chiesa. A ricordare l'evento sono un bassorilievo medioevale murato tra le arcate di un portico duecentesco nello slargo dinanzi al lato meridionale della chiesa e all'interno, nel catino absidale, un affresco seicentesco di Giovanni Battista Carlone.
Secondo le storie dell'epoca, a quei tempi a Genova c'era un grosso basilisco che si nascondeva in un pozzo collocato presumibilmente dalle parti di vico San Pietro della Porta. Il rettile terrorizzava i genovesi e appestava la città con il suo fiato, e per sconfiggerlo i cittadini si rivolsero a San Siro, il loro vescovo.
Il santo si avvicinò al pozzo, vi calò un secchio e ordinò al rettile di entrarvi dentro. L'animale obbedì, e allora San Siro prese una barca, andrò in mare, e ordinò nuovamente al basilisco di tuffarsi e nuotare via. E così fu.
In vico San Pietro della Porta c'è tuttora una lapide, risalente al '500, che raffigura San Siro e il basilisco. L'iscrizione dice: «Qui si trova il pozzo dal quale il Beatissimo Siro, arcivescovo di Genova, fece uscire il terribile serpente di nome basilisco». Il Santo viene raffigurato mentre sconfigge il rettile anche nella chiesa di San Siro di Struppa (vedi foto). In realtà, probabilmente, la leggenda indicava la lotta di San Siro non contro un rettile vero, bensì contro gli eretici ariani, simboleggiati dal basilisco.
L’ingresso della chiesa
UN PO’ DI STORIA
L'antica chiesa di San Siro fu eretta nel IV secolo; originariamente dedicata ai Dodici Apostoli, nel VI secolo cambiò la propria intitolazione in favore del vescovo Siro.
Il Martyrologium Romanum cita anche: “un San Siro coevo del precedente e perciò talvolta con esso confuso. Questi fu vescovo del capoluogo ligure, ove si dedicò con grande zelo alla cura delle anime sottoposte alla sua cura. Pochissimo sappiamo delle sue origini, ma alcuni studiosi lo vorrebbero nativo del fondo vescovile di Molliciana, odierna Molassana, e quindi più precisamente nella zona di Struppa, ove infatti sorge una grande ed antica basilica a lui dedicata. Non a caso il santo è talvolta citato come “San Siro di Struppa”.
Nel periodo del suo ministero pastorale, collocabile approssimativamente tra il 349 ed il 381, la vita cristiana della città di Genova progredì a tal punto che i suoi contemporanei tramandarono ai posteri il nome di Siro abbinandolo meritevolmente al ricordo di un pastore santo e vigilante. In età ormai avanzata e circondato da un’indiscussa fama di santità. Siro morì il 29 giugno di un anno imprecisato, forse proprio il 381 che viene considerato l’ultimo del suo episcopato.
Ricevette sepoltura nella basilica genovese dei Dodici Apostoli, che in seguito prese il suo nome. In seguito le sue spoglie vennero traslate nella attuale Cattedrale ad opera del vescovo Landolfo ed in tale anniversario, il 7 luglio, l’arcidiocesi di Genova ne celebra la festa.
La prima ricostruzione
Nel 1006 (o nel 1007) il vescovo Giovanni II la eresse in Abbazia, assegnandola ai Benedettini che grazie a generose donazioni (tra l'XI e il XII secolo) fecero costruire una grande basilica romanica a tre navate, sul luogo della chiesa originaria. Da quel momento quell’area, il cosiddetto “Burgus”, cominciò ad espandersi.
La basilica fu consacrata il 9 agosto 1237 dall'arcivescovo Ottone II, alla presenza di numerose autorità ecclesiastiche tra cui il patriarca di Gerusalemme Geroldo di Losanna; i Benedettini vi rimasero fino al 1398, quando, sotto il pontificato di Bonifacio IX, dopo un periodo di declino protrattosi per tutto il XIV secolo, la chiesa venne data in Commenda. L'arciprete Oberto Sacco fu il primo abate commendatario.
Due secoli dopo, il 5 agosto 1575, con il definitivo abbandono degli ultimi benedettini, papa Gregorio XIII affidò la chiesa ai Padri Teatini, presenti a Genova dal 1572 nella vicina chiesa della Maddalena; il titolo di abate venne invece trasferito al vescovo pro-tempore di Genova, ed è tuttora attribuito all'arcivescovo in carica.
Chi era Gaetano da Thiene? (ordine religioso fondato da Gaetano di Thiene)
SUL CASTELLO DI RAPALLO SOPRAVVIVE UN SIMBOLO RELIGIOSO
di Carlo GATTI
Il rifacimento cinquecentesco
Nel 1580 l'intera ala meridionale della chiesa fu distrutta da un incendio e i Padri Teatini ne decisero la totale ricostruzione. La paternità del progetto del nuovo edificio barocco, strutturato secondo le forme previste dalla Controriforma, è incerta: dagli storici è alternativamente attribuito al Vannone (al quale si deve con certezza la cappella Pinelli all'interno della chiesa), al padre teatino Andrea Riccio o a Daniele Casella. Accanto alla chiesa furono realizzati anche il convento e il chiostro.
I lavori, iniziati nel 1584, si protrassero fino al 1619, quando fu completata la cupola, ma già nel 1610 vi si celebrò la prima messa solenne, mentre nel 1613 vennero completate le principali strutture murarie; le decorazioni interne furono realizzate nel corso di tutto il XVII secolo mentre la facciata principale, in stile neoclassico, sarebbe stata realizzata solo nell'Ottocento.
I Teatini chiesero inutilmente un finanziamento pubblico per la ricostruzione della chiesa, mentre le sovvenzioni non mancarono da parte di varie famiglie patrizie genovesi.
Nel XVIII secolo, l'apertura della Strada Nuovissima (attuale via Cairoli), comportò un ridimensionamento del convento e del chiostro. Nel 1798, per le leggi di soppressione degli ordini monastici emanate dalla Repubblica Ligure napoleonica, i Teatini dovettero abbandonare il convento e la chiesa, che fu affidata al clero diocesano.
Dall'Ottocento ai giorni nostri
Nel 1821 fu finalmente realizzato il prospetto principale, in stile neoclassico, su disegno di Carlo Barabino. architetto genovese al cui nome sono legati numerosi edifici pubblici nei primi decenni dell'Ottocento ed il piano di espansione urbanistica della città.
Ai lati del portale d'ingresso, statue in stucco della Fede, di Nicolò Traverso, e della Speranza, di Bartolomeo Carrea. Sotto al timpano si trovano dei bassorilievi raffiguranti vari episodi della vita di San Siro. La chiesa subì gravi danni a causa di bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale e fu restaurata negli anni immediatamente successivi. In particolare furono distrutte due cappelle della navata di sinistra e l'altare di nostra Signora della Provvidenza.
Tra il 2007 e il 2008 sono stati eseguiti restauri delle decorazioni e degli affreschi delle cappelle e del presbiterio
La chiesa di San Siro oggi è senza il campanile che, come già accennato venne demolito nel 1904 per timore di un crollo, avendo evidenziato grosse crepe nella struttura. Alto 50 metri, era simile a quelli della vicina chiesa delle Vigne e della Commenda di Prè ed era stato innalzato nell'XI secolo, all'epoca della prima ricostruzione della chiesa. La decisione di demolire la quasi millenaria torre campanaria romanica fu presa sull'onda emotiva suscitata dal crollo del campanile di San Marco a Venezia, avvenuto il 14 luglio 1902, ma a differenza di questo non venne più ricostruito.
Del campanile resta solo la parte più bassa, fino all'altezza del tetto della chiesa, non visibile perché affacciata su un cortile privato.
Chiostro
Il chiostro di S. Siro fu fatto edificare dai Padri Teatini nel 1575, in occasione del rifacimento della chiesa. In parte ridimensionato nel XVIII secolo per l'apertura della "strada nuovissima" (via Cairoli) è oggi semiabbandonato e non visitabile. Al centro, dove un tempo si trovava il pozzo del convento, sorge una struttura circolare, sormontata da un tetto a pagoda sostenuto da una serie di colonne in ghisa, edificata nel 1907 ad uso di bagni pubblici e rimasta in funzione fino agli anni trenta del Novecento.
L’INTERNO DELLA CHIESA
Abbiamo già accennato al Barocco genovese, ma ora entriamo nella chiesa per aggiungere qualche dettaglio in più alle notevoli opere d’arte di cui faremo un breve sommario nella speranza che possa essere utile al lettore intenzionato a visitarla.
Irregolare, contorto, grottesco: erano questi i termini con cui inizialmente si soleva qualificare il BAROCCO che nacque a Roma nella prima parte del Seicento. Gli stessi aggettivi, alquanto dispregiativi, erano stati pronunciati secoli prima anche per lo stile Gotico...
La diffusione dello Barocco nel contesto genovese è legata a una fase particolarmente fiorente e fortunata della Repubblica di Genova. Alcune famiglie nobili tra cui le dinastie Doria, Spinola, Pallavicini, Adorno, Balbi, Grimaldi, Lomellini, Durazzo, Pallavicini, Sauli, Negrone, Brignole Sale, Giustiniani, Imperiale, Lercari, Cattaneo, Centurione e poche altre che vollero mostrare la propria “magnificenza” commissionando ritratti, ma soprattutto facendo costruire e decorare tante chiese nonché palazzi cittadini e ville.
All’interno di questo prodigioso contesto economico e artistico, fondamentale fu l’attività del pittore genovese Gregorio de Ferrari.
L’artista decorò la volta e la cupola della Basilica di San Siro. Al suo interno, nel 1676 il pittore affrescò “La gloria di s. Andrea Avellino e tele con Estasi di s. Francesco e Riposo durante la fuga in Egitto”.
SAN SIRO: Le opere BAROCCHE DELLA SCUOLA GENOVESE DEL ‘600
L'interno, a tre navate su colonne binate, è uno scrigno di tesori.
La decorazione fu realizzata quasi interamente dai Carlone.
Tommaso intervenne come stuccatore, mentre Giovanni Battista realizzò gli affreschi della navata centrale, della cupola ("Gloria di San Siro") e del coro ("Miracolo del basilisco"), in collaborazione col quadraturista Paolo Brozzi.
Infine una curiosità dal punto di vista storico: nella chiesa di San Siro il 23 giugno 1805 fu battezzato Giuseppe Mazzini.
GLI ARTISTI CHE OPERARONO IN SAN SIRO
§ Navata centrale: Affreschi di Giambattista Carlone e Carlo Brozzi. Nel tondo: La cattura di Cristo e le Tre Virtù Teologali. Le tre Medaglie (Invocazione di San Pietro, Martirio, Caduta di Simon Mago) alludono alla prima intitolazione della Chiesa ai dodici apostoli, opera di G. B. Carlone.
§ Presbiterio e coro: Nel catino San Siro che tira fuori dal pozzo il basilisco di G.B. Carlone. Sopra all’altare maggiore, in un quadrato: San Siro portato in cielo da angeli e santi, sempre ad opera di G.B. Carlone. Fra gli ornamenti realizzati dal Brozzi ci sono varie figure, da notare gli angeli che sorreggono gli scudi di cui uno è lo stemma Pallavicini (promotori delle opere di restauro). L’altare maggiore, in marmo nero e bronzo, è opera dello scultore Puget. Realizzato tra il 1669 e il 1670, è stato pensato come oggetto isolato, che può essere aggirato dai e visibile dai quattro lati. La sua collocazione comportò probabilmente l’abbattimento del muro della clausura.
§ Cupola: Il Paradiso, dipinto da Carlone, si rovinò e fu restaurato nel 1760 circa da Gio. Battista Chiappe.
§ Volta: Nel punto in cui la navata si allarga a crociera, in due medaglie laterali sono rappresentati l’Imperatore Eraclio che sale al calvario con la croce e Costantino il Grande che prevede la vittoria. Secondo l’Alizeri, anche queste figure sarebbero state restaurate dal Chiappe, mentre Giuseppe Passano ha rifatto i putti rovinati dal tempo.
§ Sacrestia: È molto grande e ospita opere che provengono dalla Chiesa dei PP. Teatini in Sampierdarena e dall’oratorio di Santa Maria.
- Dall’oratorio:
- Annunciazione, di Domenico Piola.
- Parto e Presentazione della Vergine, di Giacomo Antonio.
- Sant’Andrea Avellini, di Giuseppe Canotto.
- Sant’Anna e San Gioachino, di Giuseppe Galeotti.
- La Salita al Calvario, di Bernardo Castello.
- Sant’Anna in contemplazione di Gesù, forse opera del De Ferrari.
Dalla chiesa in Sampierdarena, quattro tavole sulla parete di sinistra:
- Martirio di Giovanni Battista e SS. Gaetano e Sant’Andrea Avellini, di Domenico Piola.
- San Francesco e Il Riposo nella fuga d’Egitto, su commissione della Famiglia Centurione.
§ Fonte Battesimale
Si colloca tra la prima e la seconda cappella, risalente al 1445 e proveniente dalla San Siro benedettina.
Capelle
Furono realizzati nel 1641 da Rocco pennone, con il sostegno economico da Agostino Pallavicino, rappresentato nella statua sopra l’ingresso di cui non è noto l’autore; probabilmente si tratta di seguaci dei Carlone o di artisti provenienti da ambito lombardo.
Navata Sinistra
Annunciazione di Orazio Gentileschi
§ I Cappella: Annunciazione di Maria: Disegno di Daniello Casella, allievo di Taddeo Carlone.
Tavola d’altare: Annunciazione, di Orazio Gentileschi da Pisa. Ai lati: SS. Pietro e Paolo Sulla volta: tre misteri della Vergine, di Giovan Luca e Gerolamo Celle.
§ II Cappella: San Gaetano di Tiene La cappella era di giuspatronato dei Lomellini, che la ultimarono nel 1673. Marmi neri di Como sulle pareti, bronzi dorati sulle colonne e sull’altare. Nella nicchia: immagine del Santo. Volta della cappella (da sin.): San Gaetano in preghiera, Apparizione di Cristo Santo, Il Santo aiuta Cristo a portare la croce: tre tele di Domenico Piola, come l’affresco della volta con la Gloria di San Gaetano.
§ III Cappella: Sant’Andrea Avelllino. Il Santo assalito dai demoni e Transito del Santo di Orazio De Ferrari, alle pareti. Nella piccola volta, tre tele (sec. XVIII), pure con Storie del Santo. La volta della navatella: Gloria di Sant’Andrea Avellino di Gregorio De Ferrari.
Sull’altare, Transito di Sant’Andrea Avelllino di Domenico Fiasella.
§ IV Cappella: Madonna della Guardia, già Nostra Signora delle Grazie. (giuspatronato della famiglia Spinola, 1610-1639). L’altare attribuito a Tommaso Carlone. Sui lati, due quadri: la Nascita di Maria di Aurelio Lomi e la Decollazione di San Giovanni Battista di Carlo Bonone da Ferrara.
Sulla volta, Annunciazione, Incoronazione della Vergine, Visitazione (scuola di G.B. Carlone). Sulla volta esterna: Santa Rosa in adorazione di Maria, di Gio. Battista Carlone e altri.
§ V Cappella: Sacro Cuore (giuspatronato della famiglia Centurione, 1640-1642) L’Alizeri attesta che la cappella era intitolata a San Niccolò di Bari e presentava Cristo e Maria impongono il palio al Santo Vescovo, probabilmente opera del Sarzana.
Sull’altare, in marmi policromi scolpiti ed intarsiati, la recente tela col Sacro Cuore dei fratelli Rossi (sec. XX). Lunette: Miracolo di San Nicola e San Nicola distribuisce elemosine, attribuite a G.B. Carlone.
§ VI Cappella: Sant’Antonio (giuspatronato della famiglia Pinelli, 1588 progetto architettonico) Sull’altare, in marmi e pietre dure scolpiti ed intarsiati, è collocato un Crocefisso ligneo. L’Alizeri attesta che la cappella era intitolata al Santissimo Crocefisso.
Taddeo Carlone fu architetto della Cappella e scultore delle statue. Successivamente fu introdotta l’immagine di Sant’Antonio che risana la gamba, opera del Lomi, a sostituzione della Crocifissione, del Lomi, che venne portata in sacrestia e che era collegata tematicamente con le altre due opere, di Gio. Domenico Cappellino, che rappresentano Cristo flagellato e Cristo incoronato di spine e si trovano ai lati. Nelle nicchie (da sin.) statue raffiguranti San Gregorio, San Giovanni Battista, San Francesco da Paola, San Carlo Borromeo, attribuite a Taddeo Carlone e opere di bottega.
La cappella della Natività di Cristoforo Roncalli (Pomarancio)
La cappella è arricchita dagli intarsi di Giuseppe Carlone, nella chiesa c’è una legenda che spiega come questo altare sia impreziosito da corniola, ametista, diaspro rosso e lapislazzuli, alla base della grande Croce c’è un calvario di pirite e due magnifici angeli reggono con grazia l’altare.
§ VIII Cappella: Natività di Gesù Cristo (giuspatronato della Famiglia Lomellini dal 1598)
Finanziata da Giacomo Lomellini, presenta putti di Giuseppe Carlone. All’altare la Natività di Gesù di Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio (1552-1626). Cupoletta: dipinti di Angeli di scuola genovese del XVII secolo.
§ IX Cappella: Santa Caterina da Siena (giuspatronato dal 1598 di Barnaba Centurione)
Volta esterna: La Santa con Gesù, di G. B. Carlone. Tre lunette interne rappresentano tre episodi della vita di Maria. Tavola d’altare: Nozze mistiche di Santa Caterina attribuito ai fratelli Semino Quadri laterali: SS. Battista e Gerolamo attribuiti ai fratelli Semino. La volta adiacente della navatella: Comunione di Santa Caterina da Siena di G.B. Carlone.
§ X Cappella: San Giovanni in Bosco, già di San Matteo. (giuspatronato della famiglia Gentile dal 1599-1603)
La recente statua di San Giovanni Bosco ha sostituito il Martirio di San Matteo, stravolgendo il ciclo delle Storie del Santo. Volta interna: tre lunette con episodi della vita del santo, opera del cav. Ventura Salimbene. Da sin.: Miracolo, Scrittura del Vangelo, Predicazione (affreschi del senese V. Salimbeni, volta piccola); Vocazione e Miracolo (dei fratelli Montanari, alle pareti); Predicazione (di G. B. Carlone, volta della navatella).
§ XI Cappella: San Pio X, già della Pietà. (giuspatronato di Lorenzo Invrea dal 1600) All’altare San Pio X e i fanciulli di F. Torsegno (1958). Della bottega dei Carlone i Profeti nelle nicchie laterali; attribuiti a Bernardo Castello, gli affreschi della volta soprastante: Il serpente di bronzo, Dio Padre benedicente, Giona rigettato sul lido, Teste di Cherubini.
§ XII Cappella: di San Matteo, già della Disputa coi Dottori. (giuspatronato di Gian Giacomo Imperiale dal 1599). All’altare, molto danneggiata dall’ultima guerra, è stato collocato il Martirio di San Matteo di Agostino e Giò Battista Montanari, prelevata dalla cappella di San Giovanni Bosco.
§ Organo a canne
§ L'organo a canne della chiesa è stato costruito nel 1950 dalla ditta organaria Parodi e Marin riutilizzando la cassa e parte del materiale fonico del precedente strumento. A trasmissione meccanica, ha due tastiere e pedaliera.
§ Persone legate alla basilica di S. Siro
§ Come abbiamo già visto, in questa chiesa il 23 giugno 1805 venne battezzato Giuseppe Mazzini, figlio del medico Giacomo Mazzini e di Maria Drago (il fondatore della Giovine Italia era nato il giorno prima nell'abitazione della famiglia in via Lomellini, oggi sede del Museo del Risorgimento).
Navata Centrale
Particolare del Presbiterio con moderna illuminazione alogena
Il presbiterio con l'altare maggiore di Pierre Puget
VOLTA e cupola
Cupola: Il Paradiso, dipinto da Carlone, si rovinò e fu restaurato nel 1760 circa da Gio. Battista Chiappe.
Nel punto in cui la navata si allarga a crociera, in due medaglie laterali sono rappresentati l’Imperatore Eraclio che sale al calvario con la croce e Costantino il Grande che prevede la vittoria. Secondo l’Alizeri, anche queste figure sarebbero state restaurate dal Chiappe, mentre Giuseppe Passano ha rifatto i putti rovinati dal tempo.
Cappelle della navata laterale
Carlo GATTI
Rapallo, 8 Febbraio 2021
Bibliografia:
- Il Centro Storico di Genova - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia
IV edizione - Autori: E.Mazzino - T.O. De Negri - L.Von Matt - 1978
- Guida d'Italia: LIGURIA - Touring Club Italiano
- Tesori della Liguria visti da Vittorio Sgarbi - Secolo XIX 1992
- GENOVA - Secolo XIX - di Guido ARATO - 1992
Le foto sono state prese in parte dal web a scopo divulgativo.
Si ringraziano i siti:
www.irolli.it - Tripadvisor-www.vegiazena.it -
Miss Fletcher -
ceraunavoltagenova.blogspot.com
www.itinerariinitalia.com
STORIE DI MARE - IL CAPPUN MAGRO
IL CAPPUN MAGRO
Dipinto di Marco Locci
Negli Anni ‘60 del secolo scorso, quando si partiva per un rimorchio d’altura in Mediterraneo con 8 membri d’equipaggio e non si faceva, per una sorta di prudenza scaramantica, la previsione di ritorno a Genova, imbarcavamo provviste cibarie e il m/r Brasile (29 metri di lunghezza) si trasformava in una grande cambusa di cui faceva parte anche la cabina del Comandante, il frigo di bordo aveva le stesse dimensioni di quello di casa.
Un marinaio di Camogli, che non mancava mai tra l’equipaggio, aveva il compito di presentarsi alla partenza con una decina di sacchi di “gallette del marinaio”, la cui fama si era diffusa da S. Rocco di Camogli.
INTERMEZZO
LA GALLETTA DEL MARINAIO
Mi spiego meglio. Le gallette non solo rappresentavano una bandiera da sventolare, un’antica tradizione da rinverdire, ma era ancora in quegli anni una vera e propria arma di riserva: una necessità culinaria per l’impossibilità di panificare a bordo quando finiva la scorta di pane fresco acquistato presso il panificio del caroggiu più vicino a Ponte Parodi. In poche parole, le gallette erano destinate ad entrare in gioco durante le situazioni d’emergenza che esamineremo tra breve.
Per chi non è avvezzo a certe situazioni nautico-marinare, come la navigazione invernale nel Mare Nostrum, la prudenza scaramantica di cui parlavo all’inizio, la spiego con un esempio: il rimorchio di una nave, spesso era un relitto sbandato, senza equipaggio, si trainava con circa 600/700 metri di cavo che, nella sua parte centrale aveva un pescaggio di circa 10/20 mt, come una petroliera carica di quei tempi, per cui era imperativo navigare, al limite dei 5 nodi di velocità, al largo delle coste per non perdere il cavo sui bassi fondali e di conseguenza anche la nave rimorchiata.
Purtroppo, con questo tipo di problema, eravamo condannati a navigare in mare aperto senza il ridosso della terraferma, quando le burrasche invernali infuriavano ed il rimorchio a volte tentava di sorpassarci prendendo più vento di noi…. e, a questo punto la navigazione diventava “manovrata”, si allungavano i tempi alla ricerca di una golfata dove accorciare il cavo e “puggiare” attendendo il passaggio della depressione per poi ripartire.
A volte le depressioni si susseguivano…e l’attesa si faceva lunga e nervosa e si capiva che presto saremmo finiti nella “capunnadda”… un modo di dire che preludeva alla scarsità di cibo fresco. Da quel momento a bordo tutti si mettevano a pescare e via radio si contattavano i pescherecci della zona per scambiare pesce fresco con stecche di sigarette, bottiglie di Porto e Fundador.
Se il peschereccio aveva catturato pesci prelibati, la nostra cappunadda poteva trasformarsi in un cappun magro sui generis, magari non proprio farcito con verdura appena raccolta…ma assolutamente gustoso e profumato.
Si raggiungeva quasi sempre lo scopo perché avevamo molti amici pescatori un po’ dappertutto e poi in mare, lo sapete benissimo, la solidarietà la si vive e non la si predica soltanto!
Dopo questa lunga premessa é ora d’entrare nel tema!
Pareggia Ligure
E non possiamo farlo senza ricordare le imbarcazioni liguri dei secoli passati: Galee, Bovi, Tartane, Navicelli, Paregge, Leudi e tante altre che, senza motore, affrontavano le nostre stesse situazioni pericolose appena descritte.
Le rotte battute dai naviganti erano sempre le stesse fin dall’antichità, controllate dal dio MARE, un dio senza età che impone leggi imprevedibili che ancora oggi non si rivelano pienamente alla scienza umana, un dio che rispetta chi gli fa l’inchino, chi non lo sfida ma lo asseconda in ogni suo capriccio: per gli sbruffoni, i cosiddetti padroni del mare, ha sempre nuovi prodotti da offrire, ossia lezioni a base di legnate che in mare si chiamano COLPI DI MARE…che non perdonano!
Dalle galee ai leudi: secoli d’esperienza marinara accumulata dai nostri avi marinai, e che abbiamo ereditato insieme alle ricette per risolvere il problema della scarsità di cibo, ricette che nacquero per necessità dalla fantasia dei marinai che impararono a sfruttare gli avanzi della cambusa di bordo dopo un mese di navigazione prolungata oltre i limiti delle previsioni spesso causate da soste e puggiate di fortuna.
ECCO DA DOVE NASCE IL CIBO CHE OGGI VIENE CELEBRATO SULLE TAVOLE DEI MIGLIORI RISTORANTI…. Dalla capunnadda al cappun magro il passo è breve.
Ambedue le ricette sono realizzate utilizzando come base una galletta ammollata in acqua e aceto, pesce salato (tonno e alici) e, se possibile, olive, origano e un po’ d’olio: in pratica l’equivalente della capponadda, ovvero la parente povera del CAPPON MAGRO di cui oggi recuperiamo un po’ di storia.
La definizione che spesso si dà di questo piatto è la seguente:
Il cappon magro è un antico piatto tradizionale ligure a base di pesce e verdure. Il termine "magro" indica il suo essere un piatto di magro, riservato cioè ai giorni di penitenza e quaresimali. Il pesce e la verdura di cui è composto vengono serviti su una base di galletta che abbiamo già conosciuto.
Molti, se non tutti gli armatori medievali genovesi, erano nobili che spesso s’imbarcavano sulle loro navi per raggiungere i Domini politici territoriali, fondaci, basi militari, mercati e consolati del Medio Oriente e del Mar Nero per curare i loro interessi mercantili.
Durante questa forzata convivenza tra aristocratici e gente di mare, ci furono scambi di esperienze e conoscenze che passarono alla storia. Per quel che ci riguarda in questo articolo, nel passaggio di questi piatti dalle galee alle tavole dei nobili nei loro castelli, la ricetta si arricchì, infatti gli ingredienti diventarono più raffinati e al pesce si aggiunsero la verdura e la salsa verde capace di armonizzare i sapori rendendo l’insieme impareggiabile.
Si trattò di un evento dinamico naturale che seppe viaggiare nei secoli fino a portare queste degustazioni marinare, sui ricchi banchetti blasonati, ed oggi nei più rinomati ristoranti ed alberghi della penisola dove è possibile ammirarli e gustarli con arricchimento di pregiati ingredienti e persino decorazioni con ricercate verdure e spezie provenienti da lontano.
Nei libri contabili di alcune famiglie nobili genovesi si trovano riferimenti inequivocabili al cappon magro, sia come piatto dei giorni di magro – magari in versione più sobria – sia come portata fastosa da ostentare durante i banchetti ufficiali tenuti in giorni di astinenza dalle carni.
Oggi la caponadda, soprattutto in Riviera, è piatto estivo rinomato e nella frazione di San Rocco, a luglio, dà luogo a una sagra assai frequentata.
ECCO finalmente LA RICETTA che aspettavate.
– dosi per quattro persone – con quattro gallette da marinaio (fuori dalla Liguria sono quasi impossibili da trovare, le potete sostituire con fette di pane che biscotterete, oppure con freselle pugliesi o con qualunque cracker che sia in grado di reggere l’acqua senza impregnarsi troppo, il pane azzimo o i Wasa non sono il massimo ma all’occorrenza possono andare.
La ricetta del CAPPON MAGRO:
Gli ingredienti della ricetta del cappon magro sono:
-
75 grammi di mosciame di tonno (tonno secco, anche questo arduo da trovare: potete sostituirlo con la bottarga),
-
tre acciughe salate,
-
150 grammi di tonno al naturale (c’è chi usa quello sott’olio, ma l’olio delle conserve non è granché e rischia di coprire il pregiato olio evo che userete voi),
-
trenta olive taggiasche (non date retta a quelli che dicono le spagnole o le Cerignola),
-
tre uova sode tagliate a rondelle,
-
una cipolla (di Tropea, suggerisco),
-
quattro pomodori maturi,
-
150 grammi di fagiolini,
-
un bicchiere di aceto bianco,
-
un bicchiere di olio evo,
-
acqua e sale
Naturalmente non c’è bisogno di dirvi di lessare i fagiolini e di togliergli i fili, di affettare la cipolla e il pomodoro, di ammollare il pane in acqua e aceto badando che non si impregni troppo e conservi un po’ di croccantezza, e infine di mescolare tutto e condire con l’olio, l’aceto che resta e il sale.
RICETTA DEL CAPPON MAGRO DELLO CHEF DELL’HOTEL MIRAMARE DI RAPALLO
https://video.ilsecoloxix.it/levante/la-ricetta-il-cappon-magro-del-miramare-di-rapallo/7504/7505
CARLO GATTI
Rapallo, 13 Gennaio 2021
VENTI DI STORIA SU CAMOGLI
VENTI DI STORIA
SU CAMOGLI
Nel giorno di Natale 2020, dedichiamo queste righe a chi è appassionato di ricerche marinare.
Uno scrittore di mare molto legato a Camogli.
La nostra memoria non deve - non deve - oscurare nel tempo chi scrive e chi ha scritto di mare e del suo scenario globale.
GIO BONO FERRARI
A Camogli, è vissuto il suo storico marittimo per eccellenza, cioè Gio Bono Ferrari, che scrisse con meticolosi dettagli le vicende di un secolo fitto di vicende e personaggi dell'epoca della vela. Ferrari, che morì nel 1942, fu anche un attento storico della nostra Città, che però scrisse raramente delle navi a propulsione meccanica.
ALBUM FOTOGRAFICO
MUSEO MARINARO GIO' BONO FERRARI
VITTORIO G.ROSSI
Ne parlò invece un altro autorevole e famoso scrittore-giornalista di mare che amò Camogli: il Sammargheritese Vittorio G. Rossi. Rossi - tra l'altro - si diplomò al nostro Istituto Nautico nel 1925 e navigò su navi mercantili a vapore; coprì inoltre numerose e rilevanti cariche nell'ambito marittimo.
Esiste un terzo studioso, molto noto a livello internazionale, ma forse a pochi Camogliesi: Tomaso Gropallo.
Il Marchese Gropallo (1898 - 1977), di stirpe nobile Genovese (tralasciamo qui la sterminata storia della sua famiglia), è noto ai ricercatori Camogliesi di cose marittime per il suo celebre ed utilissimo "Il Romanzo della Vela" (ed. Mursia, 1973). E' vero che Gropallo dedicò ampio spazio (come è giusto che sia!) ad Armatori, Capitani e Navi Camogliesi però, oltre questa letteratura, non sapevamo gran che della persona-scrittore. Rileggendo alcuni Bollettini del Santuario del Boschetto, intendiamo che, in effetti, Gropallo fu molto legato alla nostra Città.
Visitò molte volte il Museo Marinaro, anzi ne fu un appassionato collaboratore, specialmente nella fase di inaugurazione del 1938, quando la mostra si insediò nel ridotto del Teatro Sociale; a quell'epoca, il suo primo Direttore fu proprio Giò Bono Ferrari, del quale Gropallo era molto amico. Nel nuovo Museo, lo scrittore raccolse ovviamente molte notizie per i suoi testi. Inoltre, era il presidente nazionale - insieme all'armatore Francis Ravano - della "Amicale Internationale des Capitaines au Long Cours Cap-Horniers" (A.I.C.H.), alla quale erano nel 1971 ancora iscritti con onore tre "Albatross" Camogliesi: Prospero Figari (Sciabecco), Edoardo Figari e Prospero Antola; e proprio nel 1971, ebbe luogo l'ultima riunione dei Cap Horniers a Camogli.
Gropallo - che era avvocato - fu anche docente di Diritto ed Economia Marittima proprio al nostro Istituto Nautico per vari anni; lo studioso inoltre realizzò a quei tempi vari testi di Diritto e Storia della Navigazione, utili anche ai naviganti.
Per quanto enunciato sopra, consideriamo perciò Tomaso Gropallo un significativo ricercatore, studioso, cultore e storico della Marineria di Camogli.
Immagine: "Monumento dedicato ai Cap Horniers a Capo Horn" tratto da http://www.cap-horniers.fr/CHLC/Historique.html.
La fessura al centro rappresenta un albatross, cioè il titolo che veniva attribuito a quel Capitano che aveva l'abilitazione al "lungo corso" ed aveva doppiato il Capo Horn almeno una volta su nave a vela.
di Bruno MALATESTA
CAPITANI DI CAMOGLI
VITTORIO G. ROSSI - GIORNALISTA, SCRITTORE E UOMO DI MARE
di CARLO GATTI - (Rapallo Arte)
CAPO HORN - L'inferno dei Marinai
di CARLO GATTI - (Navi e Marinai-Mondo Marittimo)
Rapallo, 28 Dicembre 2020
LUNAZIONI, STAGIONI E SEGNI ZODIACALI DEL 2021
Il S.T.V Vincenzo GAGGERO (Associazione IL SESTANTE-Chiavari) e nostro socio, ci invia le
LUNAZIONI, STAGIONI E SEGNI ZODIACALI DEL
2021
Ed aggiunge …
Un anno buono, senza eclissi visibili in Italia e con le Lune "giuste" nel senso che le lune nuove, a partire da Agosto, sono ai primi del mese.
MARE NOSTRUM RAPALLO RINGRAZIA
IL MUSEO MARINARO TOMMASINO-ANDREATTA PASSA ALLA MARNA MILITARE
IL MUSEO MARINARO TOMMASINO-ANDREATTA (CHIAVARI)
PASSA ALLA
MARINA MILITARE ITALIANA
COMUNICATO STAMPA
SALA STORICA DELLA SCUOLA TELECOMUNICAZIONI FF AA. DI CHIAVARI
ATTO DI DONAZIONE DI ERNANI ANDREATTA E FIGLIA GABRIELLA
Giovedi 10 Dicembre 2020 ore 16.00
Alle 16.00, di Giovedi 10 Dicembre c.a., presso il noto studio notarile del Dott. Alberto CECCHINI in Chiavari, si è concluso l’atto di donazione del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari allo Stato Maggiore della Marina.
La parte donante era costituita dal Comandante Ernani Andreatta, fondatore e curatore del museo stesso, e dalla figlia Gabriella in Westermann che per alcuni numerosi reperti ne era proprietaria. Il Capitano di Vascello Nicola Chiacchietta, per una importante parte di reperti, ha firmato la donazione per la scuola Telecomunicazioni FF AA di Chiavari, mentre il Capitano di Vascello Leonardo Merlini ha firmato la donazione per conto del Museo Tecnico Navale di La Spezia. In questo secondo elenco sono contemplati preziosi cimeli di epoca Marconiana come le radio degli anni ‘20 e ‘30 e altri reperti originali appartenuti alla nave laboratorio “Elettra” di Guglielmo Marconi. Detti beni, viene specificato nell’atto di donazione, rimarranno però collocati nella sezione "MUSEO MARINARO TOMMASINO - ANDREATTA" presso la Scuola Telecomunicazioni FF.AA. di Chiavari ma potranno essere impiegati, a insindacabile giudizio della Marina Militare, in altre sedi per scopi culturali e di promozione della storia marittima e navale. Non escluso, aggiunge Andreatta anche l’importante “Cantiere della Memoria” di La Spezia semprechè questo ne faccia richiesta alla Marina Militare.
Dopo essere passati attraverso varie commissioni, in quanto il valore storico e scientifico dei reperti doveva essere valutato dallo Stato Maggiore della Marina prima dell’acquisizione, la donazione ha seguito un lunghissimo iter di quasi 10 anni ma solo nel 2020 ha subito una insperata “accelerazione” per le varie autorizzazioni grazie all’impegno del C.V. Nicola Chiacchietta Comandante della Scuola TLC e del Capitano di Fregata Marco Rainoldi, Direttore della Sala Storica della Scuola. La donazione ha potuto aver luogo anche per l’impegno dell’Ammiraglio di Squadra Alberto Bianchi che al tempo del suo incarico di Comandante delle Scuole della Marina Militare diede per primo il suo benestare che ha potuto concretizzarsi soltanto con le importanti autorizzazioni concesse dall’Ammiraglio di Divisione Giorgio LAZIO Comandante in Capo di Marina Nord che ha sede a La Spezia.
Hanno contribuito alla concessione della donazione anche il Capo di Stato Maggiore Amm. Isp. Davide Gabrielli.
Altre autorizzazioni sono pervenute dall’Ufficio di Consulenza Legale del Comando Marittimo Nord nella persona del Consulente Legale C.V. Giuseppe Sfacteria, dove il Capitano di Corvetta Ludovica Sarcina era il responsabile incaricato della trattazione della pratica.
Il definitivo atto di donazione è stato quindi autorizzato dallo Stato Maggiore della Marina Militare considerando appunto l’interesse della Marina Militare ad accettare la menzionata donazione, tenuto conto del “valore culturale e storico” della stessa. Sono oltre 800 mq. di importantissimi reperti e cimeli che proiettano Chiavari in un posto di grande rilievo culturale di mare assieme al Museo Tecnico Navale di La Spezia ed al Museo Storico Navale di Venezia. Attualmente questi musei sono tutti chiusi in attesa che l’imminente vaccino ci porti fuori dalla pandemia del Covid 19.
I due Testimoni richiesti all’atto di donazione non potevano che essere Giancarlo BOARETTO e la sua gentile Consorte Paola FERRARIS che sono stati fondamentali per la conservazione del Museo Marinaro. Vorrei ricordare che il Museo Marinaro era entrato alla Scuola TLC di Chiavari in forma temporanea nel 2008 autorizzato Capitano di Vascello Giuseppe Bennardi Comandante pro tempore della Scuola a quella data. Il Museo Marinaro Tommasino-Andreatta, è stato fondato a Chiavari nel Rione Scogli il 7 Luglio 1997. Era stato originato da una cospicua donazione di Franco “Mario” Tommasino co-fondatore del Museo che però purtroppo è mancato un anno dopo nel 1998. Si sono aggiunti così molti preziosi utensili dei Maestri d’ascia e Calafati dei Cantieri Gotuzzo che si sono presto sommati a numerose donazioni dei nipoti delle maestranze che avevano lavorato nei Cantieri degli Scogli. La sua prima sede è stato proprio nell’antica Casa Gotuzzo, costruita nel lontano 1652, dove aveva occupato tutti i fondi disponibili. Nel 2001 il Museo veniva trasferito a San Colombano Certenoli nella balconata dell’Expò Fontanabuona a Calvari su richiesta dell’allora presidente dell’expò Dott. Angelo Barreca. Nel 2008 veniva ulteriormente trasferito alla Scuola Telecomunicazioni FF AA per lungimirante concessione, come detto, del Comandante Pro Tempore di allora C.V. Giuseppe Bennardi. Nel 2013 subiva un altro trasloco interno alla Scuola TLC che gli destinava più idonei e congrui locali e spazi.
Il 13 Ottobre 2014 La Sala Storica ed il Museo Marinaro subivano la disastrosa alluvione che invadeva con acqua e fango, per una altezza di 60 cm di altezza tutte le sale museali. Per fortuna tutti i preziosi cimeli e reperti erano a circa 90 cm e pertanto la marea d’acqua e fango non ha distrutto fisicamente nulla. Ma le pulizie e le manutenzioni sono durate circa 6 mesi.
Con tre traslochi e una alluvione ho avuto uno straordinario aiuto da alcuni volontari che voglio qui nominare. In primo luogo i summenzionati Giancarlo BOARETTO e consorte Paola FERRARIS quindi nel tempo Enrico Paini, Francesca Perri, i giovani Francesco Ulivi e Francesco Materno, e i radio amatori Mario Mura, Paolo Serravalle e Luigi Senarega. Non ultima mia moglie Simonetta Pettazzi che ancora adesso, quando libera da impegni, continua a collaborare nei definitivi inventari dei reperti e nelle pulizie delle sale Museali. Ultimamente la Scuola TLC ha stipulato un accordo di collaborazione con l’associazione Culturale il SESTANTE sia con il Past Presidente Enzo Gaggero, uno dei più grandi esperti d’Italia di cieli stellati, e il Nuovo Presidente Sergio Falcone coadiuvato dai soci Piergiorgio Ricotti, Debora Ottone, Domenico Canepa, Sandro Arpe e Mauro Pecorari.
Ho anche il piacere di ringraziare il Notaio Alberto CECCHINI per essere riuscito a districarsi nella impervia navigazione attraverso le istituzioni della Marina Militare dove ha naturalmente trovato un grande aiuto, come “piloti”, da parte dei Com.te Chiacchietta e Rainoldi. La sintesi dell’atto di donazione è stata da tutti molto apprezzata nonostante all’inizio ci fosse “molta nebbia all’orizzonte” come si dice in termini marinari!
In tutti questi anni ho molto apprezzato il sostegno e non solo dell’Associazione Culturale “Mare Nostrum” di Rapallo in particolar modo dal suo storico presidente Comandante Carlo Gatti e dal compianto scrittore e giornalista Emilio Carta. Da molti anni la storia del Museo Marinaro può essere immediatamente visionata nel sito www.marenostrumrapalo.it cliccando sull’icona a tendina sempre presente nel sito. Così come essendo socio UNUCI (UNIONE NAZIONALE UFFICIALI IN CONGEDO D’ITALIA) di Chiavari e socio ANMI (ASSOCIAZIONE NAZIONALE MARINAI D’ITALIA) di Santa Margherita Ligure e Rapallo dove ho tanti “vecchi” amici come l’ex AUCD sommergibilista Luciano Cattaruzza e ne ho conosciuto e apprezzato molti altri nuovi perché tutti legati alla cultura di mare
Ma, se la storia Marinara di Chiavari è stata riportata alla luce, posso orgogliosamente affermare che soltanto per l’impegno e la disponibilità della Marina Militare ha potuto concretizzarsi grazie alla messa a disposizione dei locali della Scuola Telecomunicazioni FF. AA. di Chiavari. Voglio qui ringraziare tutti i Comandanti pro tempore della Scuola non ultimo quello che ha concluso, concretamente, questo lungo itinerario e cioè il C.V. Nicola CHIACCHIETTA. Una speciale menzione di ringraziamento al C.F. Marco Rainoldi per avermi sempre aiutato, con professionalità e pazienza, nella donazione conclusa in questi giorni. Non voglio dimenticare il Comandante Silvano Benedetti che aveva iniziato la pratica di donazione nel lontano 2011 e conclusa solo ieri, i passati aiutanti Maggiori come Luigi Pansa e Vito Casano così come i Marescialli Giovanni Maresca, Maurizio Venuto e Antimo Sternativo. Amedeo Devoto un genio del Rione Scogli ha avuto un posto preminente anche nel diorama del Rione Scogli costruito con il validissimo aiuto di Giancarlo Boaretto, così come lo ha avuto Stefano Risso detto “Nitti” anche lui un genio degli Scogli ormai scomparso.
Purtroppo, carenti se non assenti sono stati i contributi e gli aiuti da certe istituzioni civili di Chiavari. Ma voglio qui ricordare che il Comune di Chiavari con l’attuale Sindaco Marco di Capua ha intitolato a “LUNGOMARE DEI GOTUZZO” - Costruttori Navali, la passeggiata dove sino al 1935 sono stati varati tanti grandi velieri proprio dai tre GOTUZZO, FRANCESCO detto Mastro Checco, dal Figlio LUIGI e dal Nipote EUGENIO detto “Mario”. Un grande ricordo molto apprezzato da tutti che ha fatto dimenticare le costruzioni denominate in seguito “la Montecarlo degli Scogli” per la loro “esuberanza architettonica”.
Il Museo Marinaro è stata una mia fatica che ho condotto con il solo aiuto di pochi volontari pensando che con la volontà si può arrivare a tutto. E così è stato, ringraziando ancora coloro i quali hanno partecipato volontariamente a questa impresa più che decennale e che certo non termina qui.
PRO SCHIAFFINO, presidente onorario e grande storico del Museo Marinaro di Camogli ha spesso affermato: "Chiavari aveva molto di più di Camogli perché aveva anche importantissimi Armatori e Cantieri Navali che Camogli non aveva per questioni di spiaggia”. Ma Chiavari, continuava Schiaffino, è la prima di tutte le cittadine della riviera, anche di Camogli, ma a Chiavari non l’avete mai capito !
Mi spiace constatarlo, ma a Chiavari manca completamente la cultura del mare e certe istituzione civili non hanno mai capito l’immensa storia di lavoro e di fatica che per secoli è stata protagonista costruendo e varando centinaia di grandi e maestosi velieri oceanici attraverso i suoi Cantieri navali, dei Gotuzzo, dei Tappani e dei Beraldo e all’operato di grandi armatori, come i Dall’Orso che sono arrivati a possedere oltre 50 velieri che andavano in tutto il mondo a commerciare e a trasportare merce.
Un ultimo grande pensiero ai “miei” Pescatori degli Scogli che ho conosciuto tutti nel dopoguerra e che ho fatto conoscere attraverso il volume di “Chiavari Marinara- Storia del Rione Scogli”. Così, dopo l’epoca della grande navigazione a vela in cui Piazza Gagliardo era soprannominata “CIASSA DI BARCHI”, il suo nome popolare di “PIAZZA DEI PESCATORI” è giustamente diventato un simbolo di questa epopea che anche nei Pescatori è stata grande come “quell’epoca eroica della vela” purtroppo spesso dimenticata. Ma basta visitare il Museo Marinaro Tommasino-Andreatta, che ora fa parte integrante anzi è di proprietà della Sala Storica della Scuola Telecomunicazioni FF.AA. per rendersi conto di quanto affermo. GRAZIE MARINA MILITARE!
Grazie per l’attenzione.
S.T. di Vascello e Comandante di Marina Mercantile
Ernani Andreatta
Allegate fotografie dell’atto di donazione.
COMMENTO
La lettura del RAPPORTO sul passaggio del MUSEO MARINARO TOMMASINO-ANDREATTA alla MARINA MILITARE ITALIANA, ci offre l’occasione di ONORARE un grande Campione: il Comandante Ernani Andreatta (foto sopra), il quale ha speso gran parte della sua vita per “conoscere il mare e amarlo profondamente”.
Ma la sua grande sfida é stata quella di traferire i suoi SENTIMENTI MARINARI a tutti noi, amici della sua infanzia che, a quel mondo di velieri e di navi ci siamo dedicati, prima da giovani e poi da adulti seguendo la sua scia luminosa che ancora oggi ci attrae come la cometa in questi giorni di festa.
Tuttavia, la sua sfida é andata oltre! Con le numerose battaglie vinte e perse, tra delusioni sofferte ma anche gratificanti é riuscito a creare un interesse intorno ai suoi reperti marinari che dal basso é salito prima lentamente, e poi vertiginosamente verso i piani alti della cultura navale italiana.
Oggi, come leggiamo nel rapporto, il nostro Nanni é felice, e noi con lui, per aver raggiunto il suo massimo obiettivo: il salvataggio di importantissimi reperti navali che saranno custoditi nelle mani della nostra Marina Militare, la quale sarà sempre VIGILE su quella storia di uomini e navi anche quando noi ce ne saremo andati a navigare tra le nuvole…
In questo “passaggio di consegne”, non solo generazionale, il testimone porta con sé sentimenti antichi e moderni che affondano le radici in due parole che si assomigliano: mare e amore, due valori che nel “duro” Nanni appaiono poco, ma noi sappiamo quanto siano presenti in ogni suo atto compiuto i tutti questi anni.
Nanni, noi ti ringraziamo per le parole che hai dedicato nel RAPPORTO a Mare Nostrum Rapallo, al suo sito che conserva i risultati del tuo immane lavoro e che oggi, con le sue 55.000 visite, é testimone del suo VALORE, del tuo VALORE!
Carlo GATTI
AUGURI DI NATALE 2020 - IL FARO DELLA SALVEZZA
IL FARO DELLA SALVEZZA
ASPETTIAMO IL VACCINO … COME IL NAVIGANTE DI NOTTE CERCA IL FARO PER RITORNARE A CASA
BUON NATALE 2020 DI SPERANZA
A TUTTI !
MARE NOSTRUM RAPALLO