Duardìn e il suo veliero
Duardìn e il suo veliero
Racconterò questo frammento della nostra tradizione che fa parte di una vera e propria saga marinara con i suoi personaggi, i suoi mezzi e il suo territorio.
Racconterò perciò una storia di mare vissuta, che parla di Capitani e di Camogli, alternando le vicende di una nave che ci ha lasciato qualcosa di suo con quelle dell’abile Capitano che la gestiva accuratamente. La racconto anche perchè quella stessa nave – pur essendo armata e comandata da camogliesi – non ottenne il suo giusto rilievo nella nostra tradizione marinara.
La nave – che è corretto chiamarla così poiché quella fu la sua effettiva costruzione iniziale – si chiamava Lake Erie, fu realizzata nel 1868 in uno degli storici cantieri del Clyde, a Glasgow in Scozia. Quell’area è così famosa per le costruzioni navali che addirittura il noto chitarrista Mark Knopfler compose anni fa uno splendido e struggente brano “So far from the Clyde”, che racconta il viaggio verso la demolizione in India di una petroliera che era stata costruita dai cantieri di quel fiume.
Tornando alla nave, notiamo che aveva un robusto scafo in ferro di una settantina di metri, la sua prora era inoltre rinforzata poiché l’armatore committente, la Canadian Shipping Co., la destinò al traffico degli emigranti dall’Inghilterra al dominio canadese, ricco di acque ghiacciate.
La Lake Erie navigò quindi molti anni in Atlantico e si fece notare per la sua eccezionale manovrabilità e velocità in mare aperto, basta pensare che staccò andature medie anche di 9 nodi (17 km/h).
Dieci anni dopo, nel 1878, nasceva a Camogli Edoardo Figari, nomiaggio “Duardìn”.
Edoardo Figari ai tempi del primo comando
Nel 1885 la nave fu riarmata a brigantino a palo cioè, dei tre alberi iniziali, a quello di poppa furono allestite vele auriche (trapezoidali) al posto delle quadre. Il motivo della ristrutturazione è probabilmente il conseguimento di una maggiore manovrabilità: prima, con tutte vele quadre viaggiava spedita solo nelle aree dove pochi e forti venti spirano da direzioni periodiche; le vele auriche permettono invece al brigantino di navigare bene anche con venti più deboli e provenienti da tutte le direzioni, anche quelle prodiere. Non scordiamo che la fortuna economica di Camogli e della sua flotta ebbe la massima espansione nella seconda metà ‘800 proprio con quel tipo di alberatura. Ritornando al Lake Erie, le sue attività continuarono sino al 1891, quando venne ceduto ad un armatore neozelandese che lo impiegò trasportando lana al Regno Unito da quella colonia autonoma.
Il “Lake Erie” in porto in Australia dopo il 1891 per il commercio di lana. Lo scafo era nero con striscia bianca longitudinale secondo i colori sociali dell’armatore neozelandese
Intanto, Duardìn Figari, nel 1895 (a 17 anni), si diploma alla nostra Scuola Nautica e imbarca subito su velieri che navigano gli oceani: già da giovane possedeva l’indole del navigatore da “mar afuera”!
Si arriva così al 1902, cioè l’incontro tra i due soggetti: il Lake Erie viene acquisito dall’armatore camogliese Cap. Gaetano Olivari, detto Pisciuela (Pissorella). Le murate della nave perdono i colori bianconeri dei portelli laterali per far posto allo scafo sempre nero ma con una banda longitudinale grigia. Come tanti imprenditori dei nostri dintorni, Mortola è un ex navigante, conosce bene il mestiere e conosce bene Edoardo Figari, esperto in viaggi di lungo corso. Infatti nel 1903, Figari fresco di patente di Capitano, ottiene da Mortola il comando della nave! Iniziano così per Duardìn sei anni di imbarco pressoché continuo su quel veliero, adibito prima al trasporto di merci varie e lana da Marsiglia alla Nuova Zelanda e ritorno in Francia; poi, dalla Francia Atlantica al Brasile e i Carabi trasportando cereali e merce varia. Constatiamo qui che Figari era ben conscio d’essere un Capitano che navigava spesso verso gli antipodi: quell’obiettivo fu soprattutto raggiunto sistematicamente con la sua straordinaria professionalità.
La splendida linea del “Lake Erie”
Durante quel periodo, il Capitano camogliese ricevette numerosi apprezzamenti dal mondo dello shipping internazionale per le eccellenti condizioni di manutenzione col quale gestiva la sua unità. Non solo, durante il suo comando staccò i più rilevanti record di velocità negli oceani Atlantico e Pacifico! Nel 1909, Edoardo Figari lascia infine il Lake Erie per imbarcare su altri grandi velieri.
Edoardo Figari nella famosa foto dei Capitani di Camogli nel 1910 di fronte al Teatro Sociale
La nave continuerà a viaggiare tra Pensacola (Florida del Golfo) e Genova con merce varia all’andata e legname al ritorno in Italia. Il suo nuovo Capitano fu Erasmo Avegno, anch’egli camogliese. In quel periodo, Avegno sapeva che il destino della nave era segnato: i grandi, solidi e sempre operativi piroscafi stavano invadendo rapidamente il settore della navigazione. Nel 1913, partito dall’America a pieno carico, il Lake Erie incappò purtroppo in una furiosa tempesta. L’equipaggio riuscì a riparare provvisoriamente la coperta, gli alberi e le vele, così da poter dirigere a Genova dove scaricherà il legname e verrà demolito un anno dopo.
Maggio 1971: a Camogli si radunano e pranzano in Piazza Colombo i Cap Horniers!
Il Capitano Figari, dopo la Grande Guerra, imbarcò sui piroscafi fino agli anni ’50. Oltre che Capitano di grandi navi a vela e motore, ingaggiate in navigazioni oceaniche, Duardìn si fregiò del titolo di “Albatross – Cap Hornier” per aver doppiato numerose volte quell’insidioso passaggio al comando di un grande veliero.
Il sodalizio Amicale Internationale des Capitaines au Long Cours Cap Horniers di Saint Malo si radunò a Camogli nel maggio 1971. Segretario era il Marchese Tomaso Gropallo celebre scrittore e storico di mare che fu anche docente del nostro Istituto Nautico. Era presente per la prima volta alla manifestazione il comandante Flavio Serafini di Imperia, promotore e storico di mare anch’egli. Serafini divenne poi Segretario Nazionale dell’Amicale fino alla sua chiusura nel 2003. Da questi rinomati personaggi della storia marittima abbiamo attinto alcune notizie e immagini descritte nel presente articolo. Figari infine, scomparve ad ottobre dello stesso anno di quell’incontro a Camogli, aveva 93 anni e risiedeva alla Casa dei Marinai. Fece perciò in tempo a partecipare all’evento nel quale era presente un altro noto Albatross di Camogli, il Capitano Prospero Figari, nomiaggio “Sciabecco”.
Duardìn fu ricordato nel “Der Albatross” e nel “Courier du Cap” organi del sodalizio dei Cap Horniers. Nel 1972 a Copenhagen, venne citato dall’Associazione dei Capitani di Lungo Corso di Capo Horn; la commemorazione avvenne alla presenza del Principe Consorte di Danimarca e del Vescovo di Copenhagen. “Così si chiudeva la saga terrestre di uno dei più famosi marinai italiani”…
Edoardo Figari nel 1971: si accinge a partecipare al convegno dell’AICH a Camogli
Da parte sua, il Lake Erie lasciò in eredità a Camogli qualcosa visibile ancor oggi. A Genova nel 1914, anno di demolizione della nave a Calata Gadda, l’armatore Gaetano Olivari donò alla Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli un grande tavolo di lucido teak e due splendide panche con schienale reclinabile.
Il tavolo e le panche del “Lake Erie” conservate in Sede Capitani
Quei mobili arredavano il salone della nave sin dai primi viaggi per il Canada. Oggigiorno, per gli stessi Soci che discutono in Sede le attività del sodalizio, è motivo d’orgoglio utilizzare quell’arredamento che ha solcato per quasi cinquant’anni gli oceani del mondo intero! =
Bruno Malatesta
(Bibliografia/immagini:
– “Il romanzo della vela” di T. Gropallo;
– “La Città dei Mille Bianchi Velieri, Camogli” di G.B. Ferrari;
– I soprannomi (nomiaggi) dei Capitani ed Armatori di Camogli” di Pro Schiaffino;
– “Uomini e bastimenti di Capo Horn” di Flavio Serafini)
(Altre immagini da:
– Archivio Capitani Camogli;
– South Australia State Library/A.D. Edwardes Collection).
DUE STORIE DEL MARE DEL NORD: Ostenda - Dunkerque
- 1 -
OSTENDA (Fiandre-Belgio) – LA PESCA DEI GAMBERI A CAVALLO DA OLTRE 700 ANNI
PATRIMONIO UNESCO DAL 2013
- 2 -
A DUNKERQUE (Francia) - SI SCATENO’ L’INFERNO:
OPERAZIONE DYNAMO. 2° Guerra Mondiale
La zona del Belgio che oggi visiteremo è quella in verde sul Canale della Manica
CARTINA DEL BELGIO
Le Fiandre nella parte “nera” della cartina
La costa fiamminga è un paradiso dalle mille facce. Ben 67 chilometri di spiaggia fine, mare e dune sabbiose, arte e cultura, cibo e bevande, storia e tradizione, shopping, surf e tanto altro ancora.
Faremo una cavalcata lungo la spiaggia del Mare del Nord che si estende dal confine con i Paesi Bassi a quello con la Francia. Vedi carta e freccia sotto.
Ostenda (Belgio) (in olandese Oostende; in francese Ostende) è una città portuale belga di 70.274 abitanti, situata nella provincia fiamminga delle Fiandre Occidentali e affacciata sul Mare del Nord. Il territorio comunale comprende la città vera e propria e tre città minori, annesse successivamente all'istituzione del comune: Mariakerke, Stene e Zandvoorde.
Ostenda è la città principale sulla costa belga. In tempi antichi non era altro che un piccolo villaggio di pescatori costruito sulla sponda orientale (in olandese: oost-einde) di un'isola (chiamata Testerep), posta fra il Mare del Nord e un lago costiero. Benché piccolo, il villaggio guadagnò lo status di 'città' intorno al 1265, quando agli abitanti fu permesso di tenere un regolare mercato. La principale fonte di introiti era naturalmente la pesca. La costa del mare del Nord è sempre stata abbastanza instabile e nel 1395 gli abitanti decisero di costruire una nuova Ostenda alle spalle di grandi dighe e lontana dalla minaccia del mare. La posizione strategica sul Mare del Nord ha dato un grande vantaggio a Ostenda, come porto, ma si è anche rivelata fonte di problemi. La città venne spesso presa, distrutta e saccheggiata dalle armate conquistatrici. Dopo quest'epoca Ostenda si tramutò in un porto di una certa importanza. Nel 1722 gli olandesi chiusero l'entrata del porto di Anversa, e di conseguenza Ostenda crebbe in importanza perché forniva un accesso alternativo al mare.
OOSTDUINKERKE: LA SPIAGGIA BELGA PATRIMONIO UNESCO
Monumento simbolo dei Shrimpers (pescatori di gamberetti a cavallo)
Il nome Oostduinkerke si traduce come "Dunkerque orientale"
Ogni martedì mattina, da Maggio a Settembre, sul tratto di spiaggia belga di Oostduinkerke, quasi al confine con la Francia, c’è un appuntamento imperdibile e ancora non troppo famoso, quello con gli Shrimpers!
Oggi… come nel medioevo…
Gli Shrimpers arrivano in spiaggia con i loro cavalli, sono seguiti da una folla numerosa di curiosi, appassionati e turisti da ogni dove…
Una decina di pescatori, quindici al massimo, indossano l’impermeabile giallo e con le galoche ai piedi, siedono sul carretto trasportato dal proprio cavallo e lungo il tragitto che porta al mare fanno salire “a bordo” i bambini che sono venuti a salutarli.
Arrivano fino al bagnasciuga e anche un po' più in là per preparare i cavalli …
IL MOMENTO IDEALE
La pesca a cavallo a Oostduinkerke sfrutta il ritiro della marea. I pescatori entrano in acqua quando il livello del mare è basso, lasciando scoperta una porzione di fondale marino. Quando la marea è alta, l'attività è impossibile.
Staccano il carretto lasciandolo a riva e dopo aver sistemato due grandi ceste in vimini sul proprio destriero, sono pronti a salire in sella e a partire.
I pescatori iniziano a posizionare la rete da pesca dietro al cavallo, che servirà a raccogliere i gamberetti, specialità tipica di queste parti.
È in questo momento, durante la bassa marea, che trainano le reti attraverso le acque poco profonde, catturando i gamberetti.
Le reti iniziano a strisciare sulla sabbia ed in men che non si dica sono sott’acqua a fare il loro lavoro sul fondale mentre lo Shrimper porta a passeggio il suo fedele compagno di avventura.
Si portano al largo…
Il mare è molto mosso, ma sembra non infastidire i cavalli, che si muovono tra le onde con estrema facilità ed eleganza.
Dopo circa 30/40 minuti eccoli tornare di nuovo verso la spiaggia.
Una volta tornati sul bagnasciuga, il pescatore ritira la rete da pesca e prende dal carretto i secchi ed il setaccio che gli serviranno per mostrare il pescato: un sacco di piccoli gamberetti, mischiati a qualche conchiglia ed altri pesciolini finiti per sfortuna nella rete.
Tutto il resto (piccoli pesci, granchi, meduse) viene restituito al mare. Questa operazione si ripete diverse volte durante la battuta di pesca.
Circa due ore più tardi, l’alta marea inizia a salire e costringe i pescatori a smettere di pescare. I cavalli non devono essere messi in condizione di pericolo. Le reti vengono ripiegate, caricate sul calesse e si rientra alla fattoria dove tutto è pronto per godersi il meritato pasto, Bruno svuota le ceste e prepara il fuoco per cuocere i gamberi.
L’emozione continua ad essere grande su quel tratto di costa belga ed è grazie soprattutto ai pescatori che sono felici di essere portatori e conservatori di una tradizione secolare che li fa sentire vicini a tante persone, grandi e piccini, e sono fieri di mostrarci e spiegarci il loro lavoro e lo fanno scherzando con noi e regalando ai bambini qualche pesce strano o conchiglia appena tirato fuori dal setaccio come fosse il cilindro di un mago.
E che dire di questi mansueti cavalli che si lasciano accarezzare e coccolare da chiunque! i suoi possenti cavalli brabantini (brabançonne), una razza da tiro originaria del Belgio, ideale per questo tipo di attività. Udo è un esemplare imponente: pesa oltre una tonnellata e può tirare fino a duemila chili di peso senza sforzo. Ma non basta la stazza per diventare un cavallo da pesca. L’addestramento, infatti, inizia già ad un anno di età e, una volta terminato, una commissione valuta se il cavallo può effettivamente entrare a far parte di questa antica tradizione.
Una volta ripulite le reti, i pescatori rimontano sul loro carretto e ritornano a casa con quel bottino di pesca veramente irrisorio ma con la consapevolezza di aver raccontato e tramandato la loro storia e di aver fatto emozionare tutti i presenti, nessuno escluso!
Dal mare al piatto:
gli straordinari gamberetti pescati a cavallo
La cottura avviene in un enorme calderone pieno d’acqua bollente salata; dopo pochi minuti sono già pronti. Il sapore di questi minuscoli gamberi è eccezionale, una combinazione di sapidità e dolcezza che non ha eguali. Non ci stupisce che siano così rinomati. Assaggiare tutti insieme quello che abbiamo pescato qualche ora prima, sorseggiando una Kriek, è la perfetta conclusione di una mattinata fuori dell’ordinario.
….. una tradizione tanto bella quanto dura, in cui gli elementi naturali regolano l’attività dell’uomo e ne decidono le sorti; un mestiere antico, fatto di persone caparbie che, con passione e fierezza, portano avanti un’attività che li tiene ancora saldamente ancorati alle proprie origini.
Conclusione:
L'importanza culturale:
Questa antica tecnica di pesca non è solo un metodo di sostentamento, ma un vero e proprio patrimonio culturale.
Nel 2013, la pesca a cavallo di Oostduinkerke è stata riconosciuta dall'UNESCO come Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità, sottolineando il suo valore storico, sociale e culturale unico.
Rappresenta una connessione ininterrotta tra uomo, animale e ambiente, testimonianza di un'arte tradizionale tramandata di generazione in generazione.
Come funziona:
I cavalli, guidati da pescatori esperti, (Paardevissers) trainano una rete a strascico attraverso le acque poco profonde del mare. I cavalli, con le loro gambe affondate nella sabbia fredda e bagnata, si muovono con passo costante, trainando la rete mentre i pescatori li guidano e controllano la cattura. La forza e la resistenza dei cavalli sono fondamentali per affrontare le acque agitate e la pesantezza della rete piena di gamberetti. Il lavoro è duro e faticoso, sia per i cavalli che per i pescatori.
Il futuro della pesca a cavallo:
Nonostante il suo riconoscimento e la sua importanza, la pesca a cavallo di Oostduinkerke sta affrontando molte sfide: la competizione con i metodi di pesca moderni, i cambiamenti climatici e le normative ambientali pongono dei limiti alla sua praticabilità. Tuttavia, grazie al suo status di patrimonio UNESCO e all'impegno dei pescatori e delle autorità locali, si stanno attuando iniziative per preservare questa tradizione per le generazioni future.
DURANTE LA 2a GUERRA MONDIALE SU QUELLE SPIAGGE SI SVOLSE
L’OPERAZIONE DYNAMO….
I movimenti durante l'accerchiamento di Dunkerque
L'evacuazione di Dunkerque è un evento chiave della Seconda Guerra Mondiale e un'impresa militare memorabile, nonostante le parole di Churchill…
L'operazione, nota come "Operazione Dynamo", si svolse tra il 26 maggio e il 4 giugno 1940 e vide l'evacuazione di circa 338.000 soldati alleati, prevalentemente britannici, ma anche francesi, belgi e altri, dalle spiagge di Dunkerque.
L'esercito britannico era stato accerchiato dall'avanzata delle forze tedesche, che avevano quasi completato la conquista della Francia. La situazione era disperata; i soldati erano intrappolati e sotto costante attacco.
Un cannone navale inglese a copertura delle operazioni di evacuazione
Un ponte di scialuppe consente ai soldati inglesi di essere tratti in salvo
Il cacciatorpediniere francese Bourrasque affonda carico di truppe dopo essere stato colpito il 30 maggio 1940.
Le convulse fasi delle operazioni di evacuazione
L'evacuazione fu un miracolo logistico. Oltre alle navi militari, una flotta improvvisata di imbarcazioni civili – pescherecci, yacht, barche da diporto, persino chiatte e zattere – parteciparono all'impresa, rischiando la propria vita per salvare i soldati. La "Little Ships" (piccole navi) rappresentano un simbolo incredibile di coraggio e spirito civico.
I tedeschi, sorprendentemente, ritardarono l'attacco decisivo alle spiagge, dando tempo per evacuare un numero di soldati superiore alle aspettative.
Nonostante il successo nell'evacuare un numero così elevato di soldati, preservandoli per future battaglie, Churchill aveva ragione a sottolineare che: “con le evacuazioni non si vincono le guerre”.
Dunkerque fu una sconfitta strategica per gli alleati: un'enorme quantità di equipaggiamento militare fu persa e la Francia era sul punto della capitolazione. L'evacuazione, però, evitò un disastro ancora più grande: la completa distruzione del Corpo di Spedizione Britannico e una potenziale invasione della Gran Bretagna. L'impresa salvò la spina dorsale dell'esercito britannico, che poté poi essere riarmato e contribuire a cambiare le sorti del conflitto. Dunkerque, dunque, assunse un valore simbolico significativo, diventando un esempio di resilienza e determinazione di fronte all'avversità, un momento di speranza in un periodo buio.
CARLO GATTI
Rapallo, Giovedì 13 Febbraio 2025
GENOVA SVELA UNA ANTICA ARENA
GENOVA SVELA UNA ANTICA ARENA
Gli scavi, iniziati nel 1992 e proseguiti fino al 1996, hanno portato alla luce, oltre a numerose strutture medievali, anche una serie di muri e fondamenta più antiche che suggeriscono la presenza di un anfiteatro di epoca romana.
La freccia nella mappa di Genova, indica la zona dei Giardini Luzzati
Genova, sempre attenta al proprio patrimonio storico, ha una nuova perla archeologica da mostrare ai suoi visitatori dei Giardini Luzzati, proiettati nel cuore del centro storico.
Su questa zona, ormai da molti anni, sono puntati i riflettori di molti studiosi attirati da crescenti scoperte, evidenze, reperti e rinvenimenti archeologici che destano sorpresa, curiosità e desiderio di approfondire sempre di più la storia di Genova “romana”!
Vista d'insieme dei Giardini Luzzati Genova
Immagini della zona oggi
Oggi, l'area è accessibile in parte al pubblico, offerto per alcuni giorni con visite guidate. L’apertura vuole anche promuovere attività culturali in questa zona e favorire la conoscenza del patrimonio nascosto sotto i nostri piedi.
UNA PASSEGGIATA TRA I REPERTI ARCHEOLOGICI
La ricostruzione digitale del reperto archeologico mostra approssimativamente l'estensione dell'anfiteatro.
La disposizione del sito
Muri, fondamenta e, particolarmente, una cinta muraria ellittica che presenta queste misure:
Lunghezza: circa 70 mt.
Larghezza: 40 mt.
Tale scenario architettonico, insieme ad altri interessanti ritrovamenti di resti edilizi limitrofi, sarebbe indicativo di un'area destinata a funzioni pubbliche. Gli archeologi ipotizzano la presenza di un anfiteatro.
L'ampiezza dell'area interessata, circa 5.200 metri quadrati, evidenzia l'importanza e l'estensione del sito romano in questa zona. Ancora oggi, sotto attenta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia della Liguria, l'area è oggetto di continuità di scavi e studi che potrebbero portare a nuove scoperte e a una migliore comprensione di questo sito.
Alla base del muro una serie di buche per pali poste ad intervalli regolari databile al I secolo d.C.
Sono anche emerse tracce di strutture di periodi successivi, come se si fosse realizzata, nel corso dei secoli, una trasformazione da spazio pubblico Romano ad un altro con nuove funzioni nel Medioevo e oltre.
Muro rettilineo (30 metri); l’intonaco sul lato esterno rivela un tipo di rivestimento per cisterne e vasche, e su un lato mostra le tracce di un fossato. I materiali lo datano tra: I.aC - I.dC.
Ci sono poi le 13 cisterne e cantine, con le pareti intonacate e altre strutture medievali. Si arriva quindi alla prima distruzione della zona causata dai bombardamenti del Re Sole nel 1684, per finire con quelli della Seconda guerra mondiale.
Alla canalizzazione delle acque di epoca romana, sarebbe seguita (nel I secolo) la costruzione dell’anfiteatro. L’edificio sarebbe stato utilizzato per un paio di secoli, fino a quando l’area fu soggetta a impaludamento.
Questa scoperta aggiunge un altro tassello al mosaico del passato di Genova, invitando alla riflessione sull'importanza di preservare il nostro patrimonio archeologico e di approfondire le nostre conoscenze storiche.
L'ANFITEATRO E IL PORTO
La vita quotidiana, con i suoi aspetti sia laboriosi che di divertimento era strettamente legata alla portualità del porto di Genova.
Questo intenso traffico marittimo rendeva il porto di Genova un punto di incontro per i marinai di diverse provenienze e culture, un vero "crogiuolo" di persone e di idee, dove le diverse tradizioni si mescolavano e si scambiavano.
Oggi, possiamo soltanto immaginare l’emozione e la meraviglia di quei marinai stranieri che, approdando a Genova per la prima volta, vedevano stagliarsi verso il cielo un anfiteatro panoramico sulla collinetta di Sarzano che era pronto ad accoglierli simulando un fraterno abbraccio con la sua forma ellittica, per offrire loro una pausa di pace e divertimento dopo tanti affanni patiti nelle burrasche di mare.
Questa connessione tra l'anfiteatro, il porto e la vita di Genova nel periodo romano offre uno spaccato più completo e dinamico di questa parte di storia della città. La scoperta archeologica ci porta ad immaginare la vita sociale e culturale di Genova nell'antichità, andando oltre le semplici tracce materiali.
LA PORTUALITA’ DI GENOVA IN EPOCA ROMANA FU UN POLO ATTRATTIVO DI PRIMARIA GRANDEZZZA COMMERCIALE
Immagine tratta da “GENOVA ROMANA”
di Marco Milanese
Genova, oltre ad essere un fiorente centro urbano dell'epoca, era anche un vivace porto di primaria importanza.
Il Porto di Genova, come fulcro dell’economia romana all’epoca di Vipsiano Agrippa, (il più grande Ammiraglio della storia di Roma (63 a.C. – 12 a.C.), del quale è accertata la sua presenza a Genova, aveva un’enorme importanza strategica, non solo per il controllo militare del Nord Tirreno, ma anche come scalo d’imbarco e sbarco di prodotti commerciali.
Nave oneraria romana-Museo di Albenga
L'intensa attività portuale, fondamentale per la sopravvivenza e la prosperità della città, era strettamente legata alla navigazione delle navi onerarie che viaggiavano lungo tutto il Mar Tirreno cariche di merci come vino, olio, il famoso garum, e molte altre derrate alimentari.
Poggi G. ci spiega:
Quanto alla qualità del vino, Marziale (III. 82) dice che i Liguri bevevano vino buono, e davano ai convitati il vino ligustico, che era sgradevole perchè sapeva di pece. Forse lo dettero a lui in ricambio della sua maldicenza, ma Plinio certifica che Genova teneva la palma del buon vino in Liguria (IV 8 7), e basta ricordare i vini squisiti di Coronata e di Quarto per convincersene. Un altro articolo di esportazione era l’uva secca che, secondo Plinio, veniva fasciata in giunchi e riposta in botti sigillate con gesso (XV 18 4).
MUSEO DELLA NAVE ROMANA DI ALBENGA
Diversamente dagli alimenti solidi, come il grano, il trasporto delle derrate liquide o semiliquide come il vino, l’olio e le salse di pesce (garum), era affidato a contenitori in terracotta, in particolare alle anfore (dal termine greco amphìphèro, porto da entrambe le parti, riferito alle due anse dei contenitori). Questo genere di recipienti rappresentava il mezzo più efficace per garantire la conservazione e la spedizione di grandi quantitativi di merci per via marittima o fluviale.
I numerosi relitti di navi onerarie ritrovati ancora colme di anfore nel Mar Ligure testimoniano la presenza di un intenso traffico navale, se si pensa che soltanto il Porto artificiale (ad esagono) di TRAIANO a Roma, con i suoi immensi magazzini ancora visibili, poteva ospitare oltre 500 “carrette dei mari ante litteram…”
Sulle rotte trafficate del Mar Tirreno, queste imbarcazioni trovavano pochi ridossi dove “nascondersi” dalle burrasche. Navigavano solo nei mesi ritenuti meno pericolosi, ma come sanno i marinai di ogni epoca: Il mare è amico solo di chi lo rispetta e lo teme… anche nei periodi di tempo buono assicurato.
Ma ora ritorniamo al tema principale di questo viaggio nella romanità
COS’ERA E COSA RAPPRESENTAVA UN ANFITEATRO ROMANO?
Un anfiteatro romano, in poche parole, era un'arena ellittica progettata per ospitare grandi eventi pubblici.
Differente dal teatro, che aveva una forma semicircolare, l'anfiteatro si sviluppa su una struttura ellittica concepita per permettere a un gran numero di spettatori di assistere a spettacoli di ogni genere.
Gli anfiteatri erano luoghi di intrattenimento e spesso servivano per giochi di gladiatori, lotte tra animali selvatici (venationes), esecuzioni pubbliche e altre forme di spettacolo, che erano molto popolari nel mondo romano.
L'organizzazione di questi eventi portava un notevole flusso economico. La grande partecipazione di pubblico ne testimoniava l'importanza nel tessuto sociale dell'epoca.
La capacità di un anfiteatro romano variava a seconda delle dimensioni della città. Questi luoghi erano spesso in un'area centrale, dove la comunità si riuniva regolarmente per condividere uno spettacolo e momenti di intrattenimento in un'unica esperienza in una grande aggregazione sociale.
Secondo Plinio il Vecchio l’anfiteatro sarebbe nato nel 53 o nel 52 a.C. a Roma: per onorare la memoria del padre defunto, Scribonio Curione, fa costruire due teatri in legno orientati in direzioni opposte e tangenti tra loro, montati su perni ruotanti; per tutta la mattinata essi rimasero separati e ospitarono rappresentazioni teatrali che non si disturbarono a vicenda. Il pomeriggio, per i combattimenti gladiatori, i due teatri girarono su se stessi fino ad allineare le loro fronti, in modo che i due emicicli formarono un anfiteatro (Naturalis Historia, 36.116-120).
In realtà, precedentemente a questo periodo, era già stato realizzato uno tra i più antichi edifici stabili per spettacoli gladiatori: l’anfiteatro di Pompei. Esso venne offerto alla città dai duoviri quinquennales C. Quinctius Valgus e M. Porcius nel 70 o nel 65 a.C., ricordati dalle iscrizioni rinvenute in prossimità degli ingressi, in una zona a sud-est della città a ridosso delle mura urbane.
L’ANFITEATRO DI LUNI E QUELLO “IPOTETICO” DI GENOVA SAREBBERO COEVI: II Secolo a.C.
ANFITEATRO di LUNI (nelle due immagini sopra)
Asse Maggiore=88,5 mt.
Asse minore=70,2 mt.
Numero di spettatori=7.000 spettatori
L’ANFITEATRO (ipotetico) di GENIOVA avrebbe avuto dimensioni leggermente inferiori, come abbiamo già visto.
Da incompetente, non so dire se il confronto tra i due manufatti sia pertinente, tuttavia credo che nell’attesa di futuri riscontri certi, esso possa “regalare” ai lettori un’idea più “ravvicinata” della scoperta. Perdonatemi l’azzardo!
Proponiamo al lettore alcuni approfondimenti sull’argomento che riteniamo interessanti.
LISTA DI ANFITEATRI ROMANI
IN ITALIA
https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_anfiteatri_romani
GENOVA QUOTIDIANA
Ferdinando Bonora
https://genovaquotidiana.com/2016/09/24/genova-romana-visite-guidate-dellanfiteatro-oggi-fino-alle-24-e-domani-ai-giardini-luzzati/
YOUTUBE
L’ANFITEATRO ROMANO AI GIARDINI LUZZATI
https://www.youtube.com/watch?v=a6t8vfVLinE
GENOVA ROMANA IMPERIALE
Filippo Giunta
http://www.giuntafilippo.it/genova-2/03-genova-romana-indice/03-genova-romana/
GENOVA - LA CASA DEL BOIA
CARLO GATTI
Conosciuta anche come la
CASA DI VIPSIANO AGRIPPA
https://www.marenostrumrapallo.it/boia/
Carlo GATTI
Rapallo, 13 gennaio 2025
BABBO NATALE - SANTA KLAUS
BABBO NATALE
SAN NICOLA - UN SANTO MEDITERRANEO DIVENUTO
SANTA KLAUS
SIMBOLO DEL MONDO NORDICO
La cui popolarità internazionale si è propagata soprattutto via mare quando le distanze via terra erano immense, pericolose e disagiate.
SAN NICOLA
UN SANTO DI MARE E DI TERRA
SAN NICOLA di Myra, san Nicolao, san Nicolò ....
Santa Claus, Sinterklaas o Sint-Nicolaas ecc… De Sint ("Il santo"), De Goede Sint ("Il buon santo") e De Goedheiligman ("Il buon sant'uomo") in olandese; SaintNicolas in francese; Sinteklaas nel dialetto frisone occidentale; Sinterklaos in lingua limburghese; Saint-Nikloi in fiammingo occidentale; Kleeschen e Zinniklos in lussemburghese e Sankt Nikolaus o Nikolaus in tedesco.
Il 6 Dicembre, si ricorda uno dei santi più popolari di tutta la cristianità: San Nicola, il cui nome è ampiamente diffuso sia in Oriente sia in Occidente, dove sono conservate le sue reliquie.
San Nicola è protettore di bambini, vergini, chierichetti, pellegrini e viaggiatori, commercianti, avvocati, giudici, farmacisti, notai, pescatori, marinai e zatterieri, mugnai, panettieri, macellai, mastri birrai e distillatori, contadini, tessitori, scalpellini, candelai e pompieri e prigionieri.
In tutto il mondo però c’è un merito che viene attribuito a San Nicola: la sua leggenda ha fatto nascere il mito di Babbo Natale.
Secondo la tradizione, San Nicola regalò una dote a tre fanciulle povere perché potessero andare spose invece di prostituirsi e, in un’altra occasione, salvò tre fanciulli.
Nel Medioevo si diffuse in Europa l’uso di ricordare l’episodio con lo scambio di doni nel giorno dedicato al santo.
Il culto di San Nicola è molto diffuso: ogni 6 Dicembre i piccoli europei si svegliavano felici perché il Santo aveva portato loro i doni.
Nel mondo ortodosso, San Nicola non teme confronti, neppure con santi come Giorgio, Teodoro, Demetrio o Sergio.
Persino il mondo protestante, benché restio al culto dei Santi, strizza da sempre un occhio verso il culto di San Nicola.
Quando nel 1613 gli Olandesi fondarono New Amsterdam (ora New York), infatti, portarono con sé tutte le loro tradizioni ed anche la devozione a San Nicola che entrò prepotentemente nel folklore americano.
Nel 1821 venne dato alle stampe un libro illustrato, “L’Amico dei Bambini”, che riportava questa frase:
“Il vecchio Santa Claus con grande gioia guida la sua renna (…) per portare a te ogni anno i suoi regali”.
Si tratta della prima attestazione scritta dell’uso delle renne; mentre l’anno successivo, l’immagine del Santo subisce un’ulteriore trasformazione”.
Clement Clarke Moor, nella sua poesia “La Visita di S. Nicola”, scrisse:
“Era la notte prima di Natale (…) Le calze erano appese al camino con cura, nella speranza che S. Nicola sarebbe arrivato presto (…), una slitta in miniatura tirata da otto piccole renne con un piccolo vecchio alla guida, così amabile e agile capii subito: quello dev’essere San Nicola (…) la barba era bianca come la neve (…), aveva una faccia larga, e un po‘ di pancia rotonda (…) Era grassottello e paffuto, proprio un vecchio allegro elfo”.
Nel 1931 fu la pubblicità della multinazionale americana Coca-Cola, nata dalla penna dell’illustratore Haddon Sundblom, a mettere insieme i ricordi di San Nicola e il personaggio dello “spirito del Natale presente”, descritto da Charles Dickens nel racconto Canto di Natale.
In questa circostanza nacque il Santa Claus in abito rosso bordato di pelliccia bianca che oggi tutti conosciamo.
Tuttavia, anche se un altro marchio (prima della Coca Cola) utilizzò l’immagine di Babbo Natale sulle bevande di ginger e acqua minerale, non sortì lo stesso successo ecco perchè oggi si pensa che l’affermazione di quest’immagine sia da attribuire proprio alla forza commerciale e mediatica della bibita più popolare del mondo: la Coca-Cola.
DUE MIRACOLI DI SAN NICOLA NELL’ARTE
Le storia di San Nicola dipinte da Ambrogio Lorenzetti (Siena, notizie 1319-1348)
I due episodi sono tratti dalla vita di San Nicola vescovo di Myra (270-343) narrata nella Legenda aurea di Jacopo da Varagine (sec. XIII). Nel dipinto l’ordine di narrazione va dal basso verso l’alto.
Nella prima storia, il vescovo Nicola si reca al porto per chiedere ai marinai delle navi che stanno trasportando il grano ad Alessandria d’Egitto di darne una parte alla città di Myra, afflitta dalla carestia. I marinai eseguono l’ordine di Nicola e miracolosamente le navi si riempiono nuovamente di grano, così che, giunti a destinazione, i marinai non troveranno nessun ammanco nel carico.
Il secondo episodio si riferisce ad un miracolo compiuto dopo la morte. Nel giorno della festa del San Nicola santo, un bambino viene ucciso dal diavolo travestito da pellegrino, al quale il fanciullo aveva offerto l’elemosina. Invocato dal padre della vittima, devoto di San Nicola, il santo riporta alla vita il bimbo, fra la meraviglia e la gioia dei presenti.
Le Gallerie degli Uffizi
Ambrogio Lorenzetti (Siena, notizie 1319-1348)
La tavola fa parte di una coppia di dipinti con storie di San Nicola (vedi anche l’opera inv. 1890 n.8348 ), la cui struttura complessiva rimane ancora oggi ignota. La presenza di elementi di raccordo lungo uno dei due margini di ciascuna tavola fa pensare che queste costituissero gli elementi laterali di un dorsale d’altare che aveva probabilmente al centro la figura del santo. Pervenute alle Gallerie fiorentine dall’abbazia benedettina di Santa Maria a Firenze, le due opere originariamente facevano parte degli arredi di una chiesa vicina, intitolata a San Procolo. Sono una testimonianza sublime dell’attività del pittore senese Ambrogio Lorenzetti a Firenze, che dimostra, oltre alle straordinarie doti di narratore, la sua predilezione per orchestrazioni spaziali complesse e grande maestria nella raffigurazione del:
MIRACOLI - IL MONDO DEL MARE
https://www.basilicasannicola.it/sez/1/38/236/miracoli-il-mondo-del-mare
Per conoscere il Santo da vicino: clicca su ogni titolo
SAN NICOLA
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Nicola riporta Basilio (Adeodato) ai genitori
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I tre bambini risuscitati
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Sadkò e il Re del mare
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Il lupo affamato e la mucca
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San Nicola e San Cassiano
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Zelechy, il piccolo polacco
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Il Cavaliere Alberto e il Sire di Rechicourt
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Dall'Olanda a New York - San Nicola diventa santa Klaus
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I bambini olandesi contro le leggi protestanti
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L'immagine di san Nicola in Africa
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Il Patriarca Anastasio
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L'ebreo e il cristiano
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La coppa d'oro
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Miracoli - Il mondo dei bambini
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Miracoli - Il mondo dei carcerati
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Miracoli - Il mondo del denaro
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Miracoli - Il mondo del mare
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Il culto di San Nicola
nel mondo -
Feste di San Nicola
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San Nicola, santo ecumenico
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San Nicola nella pittura italiana
Demetrio. “Ai nostri tempi”, racconta lo Pseudo-Metodio, un tale Demetrio navigava da Costantinopoli in Tracia per andare al villaggio di Atyr a celebrare la festa di San Nicola. Una tempesta lo fece cadere in mare e mentre veniva inghiottito dalle onde fece in tempo a dire: “San Nicola aiutami!”. Si sentì sollevare in aria e si ritrovò a casa sua (ma egli non lo sapeva e continuava a gridare “San Nicola aiutami!”). I vicini lo sentirono e andarono ad aprire. Sorpresi, poiché il giorno prima lo avevano visto partire, lo tempestarono di domande. Ma poi vedendo che tutti i suoi vestiti erano bagnati compresero il grande miracolo.
Il Navigatore solitario. Un saraceno egiziano in alto mare si trovò nel bel mezzo di una tempesta. Ricordando l’uso dei cristiani invocò San Nicola, promettendo in caso di salvezza di farsi cristiano. Apparve allora un uomo venerando che si mise al timone e condusse la nave fino alla rada di Antalya. Domandò se ci fosse una chiesa di San Nicola e, recatovisi, dall’icona riconobbe l’uomo venerando. Restò a vivere in quel luogo e “ancora oggi” i figli vengono chiamati “figli del navigatore solitario”.
Giovanni, padre di Metodio. Sin da giovane il padre dell’agiografo era devoto di San Nicola. Una volta navigando verso Otranto, giunto nel golfo di Taranto, la nave naufragò. I sette uomini di equipaggio si calarono in una scialuppa, ma anch’essa fu travolta dalle onde e tutti finirono in mare. Il padre grido: “San Nicola aiutami!”. E il santo lo salvò. “Che cosa sono i miracoli celebrati di Elia ed Eliseo, o i prodigi di Mosè in confronto a questi? Solo Cristo ne fece simili, salvando Giona dalla balena e il primo fra gli apostoli Pietro, sprofondato durante una tempesta”.
Il monaco Nicola. Simeone Decapolita, uomo di santa vita, inviò il suo discepolo Nicola a svolgere il ministero presso Catabolo. Navigando, giunto all’altezza del Tritone, scoppiò una tempesta. Tutti invocarono San Nicola che apparve proprio al monaco Nicola dicendogli: “Coraggio, adesso ci sono io”. E, tra gioiosa sorpresa di tutti, il mare si calmò.
Antonio naufrago. Antonio, un monaco del monastero della Vergine di Pelekanos (a Costantinopoli), narrò quanto segue. In navigazione verso l’isoletta di Calcide per recarsi al monastero di Sàtoros, scoppiò una tempesta e la nave si rovesciò. Il superiore di Sàtoros inviò una barca con otto uomini per salvarli. Ma i passeggeri non resistettero e andarono a fondo. Antonio mentre sentiva di annegare invocò San Nicola. Ed ecco un uomo venerando lo prese per le spalle e lo risospinse alla superficie. Anche colui che lo tirò nella scialuppa di salvataggio si chiamava Nicola.
I ragazzi cretesi. Un venerdì santo mentre i fedeli erano in chiesa a pregare, tre ragazzi andarono sulla spiaggia a giocare. Qui trovarono un ragazzo più grande e con lui sempre giocando salirono su una barca. Un’ondata più forte li spinse in mare e la barca fu trascinata al largo. I genitori accorsi si disperavano, mentre dei marinai si sforzavano inutilmente di raggiungere i ragazzi. Questi ultimi invocarono San Nicola che apparve (visibile solo a loro), diede loro da mangiare e li fece addormentare. Risvegliatisi il giorno di Pasqua, i ragazzi si ritrovarono di fronte all’isola di Dia, poi con vento favorevole rientrarono al porto.
I tre cristiani. Al tempo degli imperatori Probo e Floriano (276 d.C.) su una nave che si dirigeva a Costantinopoli c’erano 500 pagani, i quali presero gli unici tre cristiani e li buttarono a mare. Due di essi finirono su uno scoglio apparso all’improvviso, l’altro finì negli abissi e fu divorato da un cetaceo, nel ventre del quale c’era una nave con tanti morti. Trovò anche una borsa preziosa. Riuscì quindi a fuggire dal ventre del cetaceo e a raggiungere i due compagni. Subito lo scoglio si mosse e raggiunsero Bisanzio accolti dal re Vatapon cui raccontarono l’accaduto. Giunsero anche i pagani e furono invitati a pranzo. Mentre mangiavano entrarono i cristiani e dal loro spavento capì che i cristiani avevano raccontato il vero. Prese i pagani e li buttò a mare.
Il miracolo di San Nicola
Data sconosciuta, tempera su pannello
Museo dell'Ermitage - San Pietroburgo
Lorenzo Veneziano ("Lorenzo veneziano") (attivo 1356-1372) è stato un importante pittore a Venezia durante la seconda metà del XIV secolo. Fu il primo pittore della scuola veneziana ad allontanarsi dai modelli bizantini favoriti dai veneziani in stile gotico.
BARI - La cappella delle reliquie
https://www.basilicasannicola.it/sez/2/96/la-cappella-delle-reliquie
Dove si trova il corpo di San Nicola?
Le sue reliquie sono conservate, secondo la tradizione, nella basilica a lui dedicata a Bari e nella Chiesa di San Nicolò a Venezia. La sua figura ha dato origine alla tradizione di San Nicolò, che passa nella notte tra il 5 e il 6 dicembre portando doni ai bambini.
Qual è la leggenda di San Nicola?
Secondo una storia diffusa nel XI-XII secolo, San Nicola diede per dote tre sfere d'oro a tre povere fanciulle, perché potessero sposarsi. Un'altra leggenda lo vede salvare tre fanciulli affamati e senza cibo, ai quali donò tre mele che il mattino seguente si trasformarono in preziosi frutti d'oro.
Wikipedia
SAN NICOLA DI BARI
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Nicola_di_Bari
Carlo GATTI
Rapallo, 2 Gennaio 2025
LA FAMIGLIA CANEVARO DI ZOAGLI - Quando il Mare era il Trampolino di Lancio per entrare nella Storia
LA FAMIGLIA CANEVARO DI ZOAGLI
QUANDO IL MARE ERA IL TRAMPOLINO DI LANCIO PER ENTRARE NELLA STORIA
Zoagli (Genova) è una perla preziosa nota per la sua scogliera ed altre splendide attrazioni naturali e turistiche, ma quanti sanno, per esempio, che per tutto l’800, la ridente cittadina rivierasca era ancora immersa nella sua antica attività marinara che vantava un cospicuo patrimonio di velieri, valenti capitani ed equipaggi? Del resto, soltanto un paese dalla consumata tradizione sui sette mari poteva ricordare i suoi figli chiamando Passeggiata dei Naviganti un tratto del suo splendido lungomare.
Ma si rimane ancora più sorpresi quando, nel vicoletto che porta alle incantevoli spiagge del ponente cittadino, si sfiora una bacheca poco visibile, direi riservata, proprio come il cuore dei marinai cui è dedicata nel simbolo della Madonna del Mare. Vi si legge:
Tanti gli zoagliesi che soprattutto nell’Ottocento erano un tempo, comandanti e armatori. I Chichizola, i Merello, i Vicini, i Raggio, i Peirano ed i Canevaro hanno battuto i mari dell’America Meridionale doppiando Capo Horn per raggiungere il Cile e il Perù dove molti conterranei si erano trasferiti per lavoro…….Tra le tante navi a vela zoagliesi ricordiamo il Marinin un veloce brigantino che tante cavalleresche sfide ha consumato con i Clipper inglesi sulle rotte del riso e del teak a Rangoon. La famiglia più celebre quella dei Canevaro, oltre che per i traffici commerciali, si distinse per il ruolo svolto nella storia dell’Italia Risorgimentale….
Giuseppe CANEVARO un Pioniere dell’Emigrazione Italiana
Monumento in bronzo situato nella piazza di Zoagli dedicato a Giuseppe Canevaro, opera dello scultore Carlo Filippo Chiafarino
Giuseppe Canevaro nasce a Zoagli nel 1803 da una famiglia di modeste condizioni. All’età di otto anni inizia a navigare col padre, il capitano Giacomo e, a dodici imbarca sul veliero Calipso alla volta di Cuba. A vent’anni è capitano di un bastimento e si trasferisce a Lima (Perù).
Nel 1830 sposa Francesca Valega, dalla quale avrà dodici figli.
GIUSEPPE CANEVARO
Il Fondatore di un notevole Impero commerciale
Un Viaggiatore del Mare
Coraggio e Determinazione
Come abbiamo appena visto, mi è caro sottolineare che Canevaro, fin da giovanissimo, dimostrò una straordinaria audacia nello sfidare il Mare Oceano diventando Capitano marittimo a soli vent'anni. Questo eccezionale spirito avventuroso fu, probabilmente, la molla che lo spinse ad affrontare anche le sfide dell'emigrazione e tante altre come vedremo a seguire.
Sotto la guida di esperti capitani, acquisì conoscenze preziose, sia pratiche che umane, diventando un navigatore esperto.
L’Ignoto in Perù - Trasferimento in un Nuovo Mondo
Nel 1835, lasciò l'Europa per stabilirsi a Lima, affrontando un ambiente culturale e sociale radicalmente diverso dal suo.
La sua capacità di integrarsi e comprendere il nuovo contesto gli permise di prosperare e costruire relazioni significative con la comunità locale e con altri emigranti.
Costruzione di un Impero Economico
Canevaro avviò attività commerciali di successo, tra cui una Casa Commerciale a Guayaquil e iniziative agricole in Perù, contribuendo all'economia locale e guadagnandosi rispetto e ammirazione.
Fu pionieristico nella promozione dell’esportazione del guano in Europa, trasformando un semplice prodotto in una risorsa economica cruciale.
Giuseppe Canevaro si arricchisce, infatti, con questo richiestissimo prodotto che si trova depositato in strati di oltre trenta metri sulle isole e le coste del Perù e del Cile.
La sua reputazione lo portò a essere nominato Console Generale del Regno di Sardegna in Perù, un ruolo che ricoprì dal 1846 al 1861, influenzando le relazioni tra i due Paesi.
Impatto Politico
Canevaro era un consigliere fidato del presidente peruviano riuscendo a tradurre le sue capacità imprenditoriali in influenza tangibile nel campo politico.
Modello di Successo
La vita di Canevaro rappresenta un esempio di resilienza e intraprendenza per emigranti e imprenditori. La sua storia dimostra come affrontare l'ignoto con coraggio possa portare a grandi traguardi.
Riconoscimento Postumo
La sua memoria è onorata sia in Italia che in Perù, simbolo del contributo degli italiani all'estero e della loro capacità di integrarsi e influenzare positivamente le società ospitanti.
Conclusione:
Giuseppe Canevaro non fu solo un uomo d'affari, ma un vero e proprio pioniere che sfidò il mare e l’ignoto, costruendo un impero commerciale e acquisendo onori in ambito politico. La sua vita è una testimonianza del potere dell'intraprendenza ligure e della determinazione di fronte alle sfide, ispirando generazioni future.
Una bella pagina di Storia rivierasca che parla dei nostri avi emigranti nella “merica”
(estratto)
Giovanni Bonfiglio
Gli italiani nella società peruviana.
Una visione storica
Edizioni Fondazione Giovanni Agnelli
3.5. Le province liguri di provenienza.
In Perù arrivarono pochi contadini delle zone più interne della Liguria poiché questi, alla fine del secolo scorso, si diressero prevalentemente verso il Nordamerica. La maggior parte degli immigrati liguri arrivati in Perù proveniva dai numerosi piccoli porti del Levante che nel secolo scorso avevano un’intensa attività marittima e navale: Nervi, Recco, Sori, Camogli, Santa Margherita, Rapallo, Zoagli, Chiavari, Lavagna, Sestri Levante, Moneglia, Levanto; tutti questi paesi nel secolo scorso erano compresi per lo più nella provincia di Chiavari (che nel 1922 fu incorporata in quella di Genova); è importante tener conto che la demarcazione territoriale delle province liguri fu modificata rispetto a quella del secolo passato.
Chiavari rimase una provincia a sé stante fino al 1922; per questo molti dei liguri approdati in Perù dichiaravano d’essere chiavaresi, quando in realtà provenivano da paesi dell’interno di questa antica provincia. Anche dalla provincia di La Spezia giunsero degli immigrati, sia dal capoluogo sia dal porto di Lerici.
Dei paesi della riviera di Ponente i centri da cui più cospicua giunse l’immigrazione dalla provincia di Genova sono Sampierdarena, Sestri Ponente, Pegli, Voltri, Cogoleto; dalla provincia di Savona, Varazze, Albissola, Spotorno, Finale, Loano, Albenga, Diano Marina. Da quella di Imperia giunsero immigrati da Porto Maurizio, Oneglia, Sanremo. Benché ceduta alla Francia alla metà del secolo passato, diversi di quelli che arrivarono dalla regione di Nizza continuarono a considerarsi italiani.
La maggior parte delle cittadine costiere è situata allo sbocco di strette valli, adiacenti alle quali, nell’entroterra di Levante, sono Uscio, Cicagna, Cogorno, Carasco, Varese Ligure. Molti immigrati in Perù venivano da questi paesi, ma ne vennero soprattutto dai paesi della valle di Fontanabuona, alle spalle di Chiavari e di Rapallo.
In conclusione, possiamo osservare che l’area geografica da cui derivò il nucleo centrale degli immigrati italiani in Perù coincide praticamente con una stretta frangia di territorio al centro della Liguria, che corrisponde all’attuale provincia di Genova. È quindi un’origine abbastanza circoscritta, che fece di questa immigrazione un gruppo omogeneo, anche culturalmente, nonostante le differenti condizioni economiche esistenti al suo interno.
Giuseppe Canevaro primo Duca di Zoagli
Un po’ di Storia famigliare …
Nel 1849 quando scoppia la Prima Guerra d’Indipendenza, Giuseppe Canevaro manda del denaro per aiutare il Regno di Sardegna e viene inserito da Vittorio Emanuele II nell’Ordine dei Cavalieri dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Nel 1856 Giuseppe Canevaro viene nominato console presso il Governo Peruviano da Vittorio Emanuele II.
Durante la Seconda Guerra d’Indipendenza, Canevaro, troppo avanti negli anni per combattere, si presta volontario negli ospedali da campo. La sua flotta, con altri armatori da lui coinvolti, trasporta l’esercito e le salmerie di Napoleone III dalla Francia a Genova. Questo sorprende l’Austria e dà inizio alla campagna per conquistare la Lombardia.
Cavour e Vittorio Emanuele II, non potendo rimborsare al Canevaro le spese sostenute (350.000 lire in sterline d’oro) gli offrono i titoli nobiliari di conte di Zoagli e di duca di Castelvari. Giuseppe Canevaro è tra i fondatori della Società di Navigazione Lloyd Italiano intorno al 1903.
A Zoagli, dove finanzia la costruzione dell’ospedale che da lui prende il nome, Canevaro aveva acquistato nel 1870 la piana dominata Sotto l’Orto, al di sopra dello scoglio dove sorge la Torre del Ponente con la villa che era di proprietà dapprima degli Spinola e poi dei Malfanti. Fece costruire l’appendice del palazzo che, prolungando la torre verso levante, sovrasta la spiaggetta (detta oggi: ”del Duca” ).
(Il Castello Canevaro verrà, poi, bombardato il 20 giugno 1944).
Nel 1881 l’ospedale di Zoagli, per ricordare il suo benefattore, commissiona allo scultore Carlo Filippo Chiafarino una statua di bronzo che ancora oggi risiede nella piazza di Zoagli.
Il suo primogenito, Giuseppe Francesco (1836-1900), vicepresidente della Repubblica del Perù, ottiene per se’ e per i suoi discendenti, con Regio Decreto del 20 febbraio 1887, l’aggiunta al proprio cognome del predicato ”di Zoagli”. Dei dodici figli di Giuseppe Canevaro il più noto è Felice Napoleone, nato a Lima il 7 luglio 1838, che sotto Garibaldi viene onorato con la medaglia di argento per gli eroici attacchi ai vascelli borbonici nel Porto di Napoli.
Giuseppe Francesco fu Ministro della Marina per dodici anni e Ministro degli Esteri nel 1899. Era stato anche nel commando della flotta alleata che bloccò Creta nel 1896.
Napoleone Canevaro Duca di Zoagli
Statua Greca per Napoleone Canevaro Duca di Zoagli
Foto di Famiglia
Emanuele Canevaro quinto Duca di Zoagli
CASTELLO CANEVARO
La memoria storica del Comune di Zoagli
Il castello Canevaro e la torre di ponente
LA STORIA
Il complesso architettonico del Castello Canevaro, a Zoagli, nasce e si sviluppa nel corso dei secoli intorno alla costruzione della Torre di avvistamento del 1550 che gioca un ruolo importante anche durante la terribile epidemia di peste che colpisce Genova nel 1656-1657, essendo punto di osservazione di eventuali incursioni di imbarcazioni saracene portatrici anche del morbo.
Con il passare degli anni, i pericoli che possono minacciare Zoagli via mare si diradano sempre più fino a scomparire e la torre viene inglobata nel complesso di edifici appartenenti alla famiglia Canevaro, noto con il nome di “Castello Canevaro”.
La seconda fase coincide storicamente con la presenza sul terreno, già nel 1640, di un edificio a blocco, di stampo tipicamente “alessiano”, come viene definito dalla bibliografia specifica.
La fortificazione e il Palazzo (o Villa), rilevata da Matteo Vinzoni, viene costruita nel 1773. Il pittore P. D. Cambiaso lo includerà nelle sue vedute ottocentesche della Riviera di Levante.
Nel 1899 il complesso del Castello Canevaro, in cui i prospetti della Torre e dell’antico Palazzo Padronale vengono ridisegnati nella facciata principale a ovest, viene arricchita dall’introduzione di due torrette di gusto eclettico.
La storia dell’edificio, che alla fine del secolo XIX raggiunge il momento di massima rilevanza, s’interrompe bruscamente con il 1943, anno in cui Zoagli viene bombardata per la presenza dell’alto ponte ferroviario che la sovrasta e che risulta essere la causa della distruzione di buone parte della Villa Padronale.
LA DIMORA STORICA
OGGI
Raffaele IV Duca di Zoagli, nel dopoguerra rifiutò tutte le offerte ricevute dai costruttori, i quali intendevano speculare, atteggiamento tipico di quegli anni, finendo per distruggere l’ambiente. E preferì, invece, mantenere con attenti restauri il patrimonio culturale e storico tramandato da cinque generazioni, al fine di intrattenere gli esponenti della società cosmopolita con balli, pranzi, concerti e feste, come voleva la tradizione. Forte di questa esperienza ben radicata nei loro geni, i giovani della generazione nata alla fine del secolo scorso sono riusciti a ottenere una fusione ideale tra il classico e il contemporaneo in modo da potersi rivolgere alle nuove esigenze di coloro che, oggi, desiderano organizzare eventi di gusto ed eleganza.
Dal dopoguerra ad oggi, l’edificio viene utilizzato solo a scopo residenziale e per questo motivo viene diviso in appartamenti e, in seguito alla mancanza di un progetto di manutenzione, va in decadimento.
Da oltre dieci anni lo staff del Castello mette a disposizione della clientela desiderosa di organizzare i propri eventi il piano Terra, chiamato “Guarnigione” perché costruito a metà del 1700 per i Capitani della Sanità preposti ad accogliere e a mettere in quarantena gli appestati fuggiti dal Regno delle Due Sicilie.
I pavimenti della Guarnigione sono a scacchiera, composti da quadratoni di marmo di Carrara e ardesia dell’entroterra (Lavagna) come vuole la tradizione genovese. Le sale sono a forma di L e possono ospitare circa 130 persone sedute e 200 in piedi con buffet.
E in mezzo agli archi delle antiche volte sono appesi i ritratti ottocenteschi di alcuni dei dodici figli del Primo Duca. Dalle tre porte-finestre nei giorni di tempesta entrano gli schizzi del mare, come su una nave e il sottofondo più gradevole che accompagna ogni nostro ricevimento è il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli.
Con il loro progetto, gli architetti C. Bruzzo, F. Gotta e M. L. Grasso riportano in auge la costruzione così come era stata definita alla fine dell’Ottocento dall’architetto Partini e dalla famiglia Canevaro, introducendo, nella Torre e nei fondi voltati del Castello, nuovi spazi espositivi, con l’intento di ristabilire quella disposizione di accoglienza e rappresentanza per la quale erano stati costruiti.
Oggi, il Castello apre le sue porte all’organizzazione di eventi speciali quali matrimoni, battesimi, meeting e tanto altro ancora.
Castello Canevaro di Zoagli 1981
I pescatori nella baia di Zoagli
Castello Canevaro 2011
(Sopra e sotto)
DUE LINK
Brigantino NAPOLEONE CANEVARO
I COOLIES CINESI SI AMMUNTINANO
https://www.marenostrumrapallo.it/lammutinamento-dei-coolies-cinesi/
Carlo Gatti
SULLE ROTTE DEL GUANO
https://www.marenostrumrapallo.it/guano/
Pietro Berti
Fonti:
- Regione Liguria
- Comune di Zoagli
- Wikipedia
- Società Canevaro…
Carlo GATTI
Rapallo, Sabato 21 Dicembre 2024
2025 - LUNAZIONI - STAGIONI E SEGNI ZODIACALI
Associazione Culturale il Sestante
2025 - LUNAZIONI - STAGIONI E SEGNI ZODIACALI
IL DIRETTIVO
Sabato 14 Dicembre 2024
LE NAVI CHE PORTANO IL NOME "MONTALLEGRO" NELLA STORIA
LE NAVI CHE PORTANO IL NOME
MONTALLEGRO
NELLA STORIA
Le Ricerche d’archivio che seguono sono di Pietro Berti - Storico Navale che RINGRAZIO!
Giacomo di Corte, durante la seconda quindicina del settembre 1810, si segnala la presenza del battello “Nostra Signora di Monte Allegro" di 13,78 tonn. varato a Rapallo il 15 febbraio 1806. Noi, in questo caso, opiniamo che possa trattarsi di un cantiere attivo in S. Michele. In effetti questa considerazione può essere indirettamente confermata dalla presenza del già citato mastro velaio, e che in altri documenti posti sotto la stessa segnatura si nominano altre 3 barche qui costruite….La prima di queste è un veliero di tipo non indicato, denominato “Monte Allegro”, di 9 tonnellate, ed equipaggiato di 7 persone, compreso il padrone Gerolamo Sanguineti. Lo stesso era giunto nel porto di Rapallo ed era destinato per Sampierdarena. Il secondo bastimento è il “Maria di Monte Allegro”, di 16 tonnellate, con 7 uomini d’equipaggio comandati da Luigi Costa di S. Michele. Era giunta a Rapallo da Civitavecchia il 19 agosto 1810, ed era in partenza per S. Michele. Dello stesso anno è il veliero “N. S. di Monte Allegro”, di 5,92 tonnellate, equipaggiato da 6 persone, comandato da Gaetano Canessa ed armato da Agostino Carneglia.
Schedario delle barche costruite a Rapallo
MADONNA MONTE ALLEGRO
o N. S. di Mont’Allegro.
tipo: battello. Poi detto liuto.
impostazione:
varo: Rapallo – Gen.
cantiere: non noto
macchina: assente
velocità: non nota
tsl:
tsn:
t gen. 5,92
dimensioni:
storia:
23 agosto 1810 – Parte da Lerici
MARIA DI MONTE ALLEGRO
tipo: non indicato
impostazione:
varo: San Michele di Pagana
cantiere: non noto
macchina: assente
velocità: non nota
tsl:
tsn:
t gen. 16
dimensioni:
storia:
19 agosto 1810 – Giunge a Rapallo con 7 marinai e 150 mine di grano. Era partito da Civitavecchia al comando di Luigi Costa di San Michele di Rapallo.
MONTE ALLEGRO
tipo: non indicato
impostazione:
varo: San Michele di Pagana.
cantiere: non noto.
macchina: assente.
velocità: non nota
tsl:
tsn:
t gen. 9
dimensioni:
storia:
14 agosto 1810 – È presente nel porto di Rapallo al comando di Gerolamo Sanguineti, con 8 marinai e carico di 70 barili d’olio. Era partito dall’Isola Rossa ed è destinato a impostazione:
varo: Rapallo 1952
cantiere: Velscaf di Dario Salata – Dis. Dario Salata.
macchina:
velocità:
tsl:
tsn:
t gen.
dimensioni: 9,60 x 1,90
storia:
NOSTRA SIGNORA DI MONTE ALLEGRO
tipo: battello
impostazione:
varo: Rapallo 15 febbraio 1806 – Forse a San Michele
cantiere: non noto
macchina: assente
velocità: non nota
tsl:
tsn:
t gen. 13,78
dimensioni: non note
storia:
26 settembre 1810 – È presente nel porto di S. Giacomo di Corte, con 7 marinai e merci varie. Era giunto il 4 agosto al comando del suo armatore, padron Nicola Palmieri, ed è in partenza per Bastia.
S. MARIA DEL MONTE ALLEGRO.
Tipo: tartana
Impostazione:
Varo:
Cantiere: Rapallo
Macchina:
Velocità:
Tsl:
Tsn:
Ton generico:
Dimensioni:
Storia:
1641 – 27 settembre – Viene vergato dal notaio Gio Antonio Fasciato un atto riguardante il patrone Luciano Vallebella, che riceve una somma in denaro per recarsi in Maremma e alle Romagne (Stato della Chiesa).
Articoli di Carlo GATTI sulle navi denominate: MONTALLEGRO - RAPALLO
16 MARZO 1951 – LA PETROLIERA MONTALLEGRO ESPLODE NEL PORTO DI NAPOLI
https://www.marenostrumrapallo.it/16-marzo-1951-la-petroliera-montallegro-esplode-nel-porto-di-napoli/
https://www.marenostrumrapallo.it/m-n-rapallo-nella-storia-del-mondo-marinaro/
https://www.marenostrumrapallo.it/m-n-rapallo-nella-storia-del-mondo-marinaro/
SOTTO TRE BANDIERE
M/r RAPALLO
https://www.marenostrumrapallo.it/mastino/
RAPALLO NAVIGA SUI SETTEMARI
https://www.marenostrumrapallo.it/rapallo-2/
Sofia Loren tra l'armatore Gianluigi Aponte ed il Comandante della MSC RAPALLO
L’AVVENTUROSA STORIA DELLA CISTERNA RAPALLO
Il Varo della RAPALLO a Riva Trigoso. Fu la prima petroliera dell’AGIP
https://www.marenostrumrapallo.it/rapallo/
IL CRISTO DEGLI ABISSI
Un’opera venuta da lontano…
https://www.marenostrumrapallo.it/sfruttuoso/
RAPALLO
SANTUARIO DI N.S.MONTALLEGRO: NAVI, MARINAI E LA DEVOZIONE MARIANA
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UN FARO DI FEDE PER LA GENTE DI MARE
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Madonna del Carmine chiamata in soccorso dai naufraghi
NARCISSUS
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di CONRAD
IL VELIERO CHE NON VOLEVA MORIRE
MONTALLEGRO VELIERI NELLA TEMPESTA
Brigantino a palo “Confidenza”. E’ un barco chiavarese per la navigazione atlantica. Dipinto su carta 78×57 cm. Secolo XIX.
Nave a palo Francisca, 1874. Lamina d’argento sbalzata.
Uragano sofferto dal Francisca nell’Oceano Indiano, 22.2.1874 -Tempera su carta di Fred Wettening.
La Caracca Ragusea, Ex-Voto Marinaro molto diffuso in Croazia.
Rapallo: lo scioglimento del voto chiude le ‘Feste di Luglio’
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SANTUARIO DI N.S. DI MONTALLEGRO
LA NOVENA DELL’ALBA
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DUE RAPALLINI NELLE STEPPE DEL DON
LUCIO MASCARDI - UCCIO BONATI
ULTIMO EX VOTO A MONTALLEGRO
Carlo GATTI
Rapallo, Giovedì 12 Dicembre
IN VIAGGIO CON LE ANGUILLE
IN VIAGGIO CON LE ANGUILLE
Perché a Natale si mangia il capitone?
Molto simile al serpente, rappresentazione nelle Sacre Scritture del demonio tentatore che avrebbe indotto al peccato Adamo ed Eva, il capitone mangiato alla vigilia della nascita di Gesù Cristo annullerebbe il male, un vero atto simbolico portato avanti ormai da secoli.
L'allevamento ha radici antiche – dall'antica Grecia alla civiltà romana, di cui v'è traccia in Plinio – ed è tuttora praticato non solo nelle lagune venete e di Comacchio ma anche in Lombardia, Toscana e Sardegna.
L'anguilla, un misterioso abitante delle profondità marine che ha sempre catturato l'attenzione degli studiosi e degli appassionati di marineria.
I DUE ENIGMATICI VIAGGI DELLE ANGUILLE
Una caratteristica unica delle anguille è la loro capacità di effettuare migrazioni incredibili.
Dopo aver trascorso diversi anni nelle acque dolci della laguna di Comacchio, le anguille raggiungono la maturità sessuale in vista del lungo viaggio di ritorno verso il Mar dei Sargassi dove sono nate. Ma questo viaggio lo dedicheranno per la riproduzione.
Abbandonato l’habitat di acqua dolce, intraprendono il viaggio attraverso l'Oceano Atlantico nuotando per migliaia di chilometri fino alle acque calde del Mar dei Sargassi.
“Lungo il percorso, le sguscianti anguille tentavano in tutti i modi, ma invano, di sfuggire alla loro sorte e di riprendere il loro istintivo viaggio di ritorno verso il Mar dei Sargassi, dove da sempre vanno a riprodursi (ci impiegano tre anni)”.
Questa migrazione riproduttiva è un vero e proprio tour de force. Le anguille trasformano il loro corpo, sviluppando occhi più grandi, muscoli potenti e organi riproduttivi completamente funzionanti.
Una volta raggiunto quel lontano mare americano, le anguille si accoppiano e depongono le uova, un evento affascinante che non è stato ancora completamente compreso dagli scienziati.
Una volta raggiunto quel lontano mare americano, le anguille si accoppiano e depongono le uova, un evento affascinante che non è stato ancora completamente compreso dagli scienziati.
INIZIA IL VIAGGIO PER L’EUROPA
Dopo la deposizione delle uova, gli adulti muoiono, mentre le larve, leptocefali, emergono dalle uova e iniziano il loro viaggio di ritorno verso le coste europee.
La loro vita inizia quindi nel lontano Mar dei Sargassi, un vasto mare situato nell'Oceano Atlantico occidentale. È qui che le larve di anguilla, chiamate leptocefali, prendono forma e intraprendono un lungo viaggio alla ricerca di nuovi territori.
Durante questa fase si trasformano gradualmente in anguille giovanili, chiamate glass eels, caratterizzate da un corpo trasparente e fragile. È un periodo di grande vulnerabilità, in cui molti di loro cadono vittima di predatori o di condizioni ambientali avverse.
Restano in queste acque marine da uno a due anni, poi, trasportate dalle calde acque della Corrente del Golfo, partono per il loro viaggio di andata verso le coste europee. Qui giungono dopo un viaggio di quasi un anno allo stadio di cieche (piccole anguille trasparenti da 6 a 12 cm).
Inizialmente, rimangono negli estuari dei fiumi in cui si nutrono di plancton per poi colonizzare progressivamente fiumi, laghi e stagni di pianura. In questi luoghi assumono la tipica colorazione giallo/verdone e crescono fino a raggiungere la maturità sessuale.
Le leptocefali affrontano una migrazione incredibile nuotando attraverso le mutevoli correnti oceaniche per raggiungere le coste europee.
Questa migrazione è un vero enigma della natura. Come le larve di anguilla riescono a trovare la strada attraverso l'oceano fino alle coste europee, rimane ancora un mistero. Si ipotizza che siano in grado di percepire le correnti oceaniche, i campi magnetici o altre indicazioni ambientali per orientarsi e raggiungere le destinazioni desiderate.
Una volta raggiunte le coste europee, il ciclo di vita delle anguille si ripete, dando inizio a una nuova generazione di avventure e sfide.
La storia delle anguille è intrisa di mito e leggenda, ed è stata oggetto di studi scientifici approfonditi. Queste creature affascinanti sono state oggetto di interesse per biologi, ricercatori e scrittori di tutto il mondo. La loro storia è stata raccontata in romanzi, documentari e persino in opere d'arte.
LE TANTE SFIDE….
Il mondo delle anguille, che si estende dal Mar dei Sargassi a Comacchio, è un'interessante sinfonia di adattamento, sfide e speranza. Queste creature affascinanti continuano a stimolare la curiosità degli scienziati e la passione dei pescatori, mentre il loro destino rimane legato alla salute dei nostri ecosistemi marini e d'acqua dolce.
Riprendiamo il viaggio….
Raggiunte le coste europee, il ciclo di vita delle anguille si ripete, dando inizio a una nuova fase di incertezze e pericoli.
Tuttavia, per coloro che sopravvivono, aumenterà la speranza di avvicinarsi alla laguna di Comacchio lungo fiumi e canali, in un ambiente ricco di mangrovie, paludi e canneti, ideale per il loro sviluppo. Le anguille, ormai diventate elvers, si adattano alla vita di acqua dolce e iniziano a migrare verso l'entroterra.
Una volta giunte a Comacchio, le elvers iniziano a esplorare le vie d’acqua che si snodano nella laguna. Qui si nutrono di una vasta gamma di organismi acquatici, tra cui piccoli pesci, crostacei e insetti, che forniscono loro l'energia necessaria per crescere e svilupparsi.
A misura che le anguille crescono, il loro colore diventa più scuro e il loro corpo si ricopre di una patina di muco protettivo. Questo muco, insieme alla forma allungata e snella del loro corpo, consente loro di muoversi agilmente sia in acqua dolce che salmastra.
Il pericolo di estinzione
Negli ultimi decenni, il mondo delle anguille ha attraversato una serie di traversie. Le popolazioni di anguille sono diminuite drasticamente a causa della pesca eccessiva, dell'inquinamento e delle modifiche ambientali. Questo ha portato a restrizioni nella pesca e all'implementazione di misure di protezione per preservare questa specie.
Oggi, l'anguilla è diventata un simbolo della lotta per la conservazione della biodiversità e della tutela degli ecosistemi acquatici. Attraverso programmi di ricerca, monitoraggio e sensibilizzazione, si cerca di comprendere meglio la biologia delle anguille e di promuovere pratiche sostenibili per la gestione delle loro popolazioni.
La sopravvivenza delle anguille è minacciata da una serie di fattori. Tra questi, la pesca eccessiva è stata una delle principali cause del declino delle popolazioni di anguille in tutto il mondo. La loro carne pregiata e la crescente domanda hanno portato alla pesca intensiva, mettendo a rischio la sopravvivenza di queste creature. Per mitigare questo problema, molti paesi hanno introdotto restrizioni sulla pesca dell'anguilla e hanno adottato pratiche di gestione sostenibile.
Ma la pesca non è l'unico pericolo che le anguille affrontano. L'inquinamento delle acque è un'altra minaccia significativa per la loro sopravvivenza. Sostanze chimiche, rifiuti industriali e agricoli, nonché inquinanti provenienti dalle attività umane, possono contaminare gli habitat delle anguille, danneggiando la loro salute e compromettendo la loro capacità riproduttiva.
Inoltre, le modifiche ambientali e la distruzione degli habitat sono un'altra grave minaccia per le anguille. La costruzione di dighe, la canalizzazione dei fiumi e la distruzione delle zone umide riducono le opportunità di migrazione e alterano gli ecosistemi di acqua dolce in cui le anguille dipendono per la loro sopravvivenza.
Tuttavia, non tutto è perduto. Negli ultimi anni, sono stati fatti sforzi significativi per la conservazione delle anguille. Programmi di ripopolamento e di monitoraggio delle popolazioni sono stati implementati in molti paesi. Inoltre, l'educazione e la sensibilizzazione del pubblico sono diventate parti cruciali degli sforzi di conservazione, al fine di promuovere la comprensione dell'importanza delle anguille negli ecosistemi acquatici.
I ricercatori stanno anche cercando di comprendere meglio la biologia delle anguille attraverso studi approfonditi sul loro ciclo di vita, il loro comportamento migratorio e la loro ecologia. Queste informazioni sono fondamentali per sviluppare strategie di gestione efficaci e per proteggere le popolazioni di anguille a lungo termine.
La conservazione delle anguille non riguarda solo l'importanza ecologica di questa specie, ma anche l'equilibrio degli ecosistemi e la sostenibilità delle comunità umane che dipendono da esse. Le anguille svolgono un ruolo cruciale nella catena alimentare, contribuendo alla diversità e all'equilibrio degli ambienti acquatici.
La conservazione delle anguille richiede anche la cooperazione internazionale. Poiché le anguille migrano attraverso le acque di diversi paesi, è fondamentale collaborare a livello globale per proteggere le loro rotte migratorie e garantire la sopravvivenza di questa specie preziosa.
Inoltre, i cambiamenti climatici rappresentano una minaccia significativa per le anguille. L'aumento delle temperature dell'acqua e l'acidificazione degli oceani possono influire sul loro ciclo di vita e sulle loro abitudini alimentari. Ciò potrebbe avere conseguenze negative sulle popolazioni di anguille e sull'equilibrio degli ecosistemi che esse abitano.
Per affrontare queste sfide, gli scienziati stanno cercando di sviluppare strategie innovative. Ad esempio, la tecnologia dei passaggi per pesci viene utilizzata per facilitare la migrazione delle anguille attraverso le barriere artificiali come le dighe. Questi passaggi consentono alle anguille di raggiungere gli habitat di riproduzione e di evitare ostacoli che potrebbero limitare il loro movimento.
L'importanza delle anguille va oltre la loro ecologia e biologia. Esse hanno anche un valore culturale e storico significativo. In molte comunità costiere e fluviali, la pesca delle anguille è stata una tradizione radicata da secoli. Ha fornito sostentamento, identità culturale e conoscenze tradizionali tramandate di generazione in generazione. Preservare le anguille significa preservare anche il patrimonio culturale di queste comunità.
In conclusione, le anguille ci offrono uno spaccato affascinante del mondo naturale, delle sue meraviglie e delle sue fragilità. Sono creature straordinarie che affrontano sfide straordinarie lungo il loro ciclo di vita. La loro conservazione richiede un impegno collettivo per preservare gli habitat acquatici, ridurre la pesca eccessiva e combattere l'inquinamento.
Solo attraverso sforzi congiunti. Attraverso la collaborazione, la ricerca e l'educazione, possiamo lavorare insieme per proteggere le anguille e garantire la loro sopravvivenza per le future generazioni.
LA GENTE SI CHIEDE…
Perché si chiama Mare dei Sargassi?
Al centro dell'Oceano Atlantico settentrionale, tra gli arcipelaghi delle Azzorre e delle Antille, s'incontrano ammassi fluttuanti, spesso assai estesi, di alghe, dette in portoghese sargaços; da ciò il nome dato a questa zona di Mare dei Sargassi.
Perché le anguille si riproducono nel Mar dei Sargassi?
Al centro dell'Oceano Atlantico settentrionale, tra gli arcipelaghi delle Azzorre e delle Antille, s'incontrano ammassi fluttuanti, spesso assai estesi, di alghe, dette in portoghese sargaços; da ciò il nome dato a questa zona di Mare dei Sargassi.
Perché le anguille si riproducono nel Mar dei Sargassi?
Ancora non si sa per quale motivo le anguille scelgano per riprodursi proprio questa zona. Si sa, però, che è un'area davvero singolare: è un mare delimitato non da coste ma dalle correnti oceaniche. A nord la Corrente del Golfo, a sud le varie correnti che scorrono lungo il Tropico del Cancro.
Che differenza c'è tra l'anguilla e il capitone?
Che cos'è l'anguilla? L'anguilla (Anguilla anguilla) è una specie della famiglia Anguillidae. A volte la femmina – che può superare il metro di lunghezza – viene chiamata capitone, mentre il maschio – molto più piccolo – è detto ceca.
Quanti anni vive l'anguilla?
Fino a 85 anni! Nel corso della loro vita, le anguille (che possono vivere fino a 85 anni di età) passano attraverso quattro stadi di metamorfosi: nascono nel Mar dei Sargassi come minuscole larve; poi, raggiunte le coste dei luoghi d'origine dei genitori, si trasformano in anguille di vetro, così chiamate perché sono trasparenti.
Dove vivono le anguille in Italia?
L' anguilla è diffusa in tutte le acque dolci collegate con l'Oceano Atlantico ed il Mar Mediterraneo. In Italia possiamo trovarla nelle acque di tutte le regioni con concentrazione decrescente con l'aumento della distanza dal mare.
A cosa fanno bene le anguille?
L'anguilla è un buon alleato della salute cardiovascolare, delle ossa, dei denti e della vista. Presenta inoltre proprietà antiossidanti e aiuta la sintesi dell'emoglobina, il metabolismo dei grassi, il buon funzionamento del sistema nervoso e del sistema immunitario. Inoltre aiuta cuore, reni e muscoli.
In Italia le anguille si trovano prevalentemente a COMACCHIO
La loro presenza a Comacchio è stata fondamentale per l'economia locale. Infatti, la pesca delle anguille è stata una tradizione millenaria, con pescatori che hanno sviluppato tecniche e conoscenze tramandate di generazione in generazione. Le anguille, una volta pescate, venivano affumicate o conservate per poi essere vendute in tutto il paese.
L'anguilla vive un po' in tutta Italia, ma è nelle Valli di Comacchio che il suo allevamento e la sua lavorazione hanno modalità senza uguali. Comacchio è una «piccola Venezia» del primo entroterra ferrarese: 12 isolette circondate da corona di lagune salmastre dove si alleva pesce pregiato fin dall'antichità.
Parco Delta Del Po
Anguilla delle Valli di Comacchio
Nelle valli di Comacchio l'anguilla trova il proprio habitat naturale che le permette di vivere e svilupparsi. Sfruttando l'influenza delle maree sull'istintivo spostarsi delle anguille, ancora oggi si utilizzano le antiche tecniche di pesca come il semplice e geniale lavoriero, un intricato sistema di sbarramenti e griglie mobili, anticamente realizzato in legno e canna, a forma di freccia, posto in prossimità dell'imbocco dei canali che collegano le valli al mare. Vi sono quarantotto differenti piatti di anguilla, che vanno dal delicatissimo risotto fino alla griglia sulla quale l'anguilla sprigiona tutto il suo intenso aroma che la rende un rito gastronomico a cui è impossibile resistere.
Sapori forti, quelli del Delta, sapori che vengono dalla intensa, millenaria convivenza tra la terra e l'acqua, tra il secco e l'umido, tra la gente e il mare.
L'”Anguilla marinata delle valli di Comacchio” costituisce la lavorazione più tipica del pesce di valle. Per questo l'antico metodo di lavorazione dell'anguilla (previsto da un regolamento del 1818) è stato ripristinato all'interno della Manifattura dei Marinati, in centro a Comacchio.
Oggi la Manifattura dei Marinati si articola su oltre milleseicento metri: presenta la Sala dei Fuochi, il cuore dell'intero complesso, in cui sono conservati dodici camini intervallati da nicchie, in cui avveniva, e avviene tutt'oggi la lavorazione dell'”Anguilla marinata tradizionale delle Valli di Comacchio”.
L'anguilla marinata è riconosciuta anche come Presidio Slow Food, un progetto operativo per la tutela della biodiversità alimentare.
UNO SGUARDO SU COMACCHIO
La Manifattura dei Marinati
https://www.imarinatidicomacchio.it/manifattura-dei-marinati
Basilica di San Cassiano
TREPPONTI - Simbolo di Comacchio
Manifattura dei Marinati
La Loggia del Grano
Ponte dei Trepponti
Torre dell’Orologio di Comacchio
Museo Delta Po
Capanno Garibaldi
A TAVOLA......
Carlo GATTI
Rapallo, Venerdì 20 Dicembre 2024
RMS QUEEN MARY - UNA NAVE DAL FASCINO ANTICO, MA CON LE MISURE DI UNA NAVE MODERNA
RMS QUEEN MARY
Una delle navi più grandi e lussuose del suo tempo, con una lunghezza di oltre 300 metri e una capacità di 2000 passeggeri.
E’ stata, ed è tuttora una delle navi più iconiche del 20° secolo, la Queen Mary è una vera meraviglia dell'ingegneria marittima tuttora visitabile come Nave Museo a Long Beach (USA).
La Queen Mary a New York
La RMS Queen Mary, simbolo indiscusso dell'eleganza e della potenza marittima, rappresenta non solo un traguardo tecnico senza precedenti, ma anche un emblema storico che ha solcato gli oceani con grande imponenza, ma con estremo coraggio e partecipazione nelle varie fasi della sua lunga vita. Questa nave passeggeri, varata nel 1934, ha incantato il mondo durante un'epoca in cui i viaggi transatlantici erano un sogno che si avverava. Con una storia ricca di successi, dai record di velocità, come il prestigioso Nastro Azzurro, a un ruolo cruciale durante la Seconda Guerra Mondiale come nave militare, la Queen Mary ha dimostrato di essere molto più di un semplice mezzo di trasporto. Da vecchio Comandante, posso attestare la sua smisurata presenza in mare: ho avuto il privilegio di vederla navigare, e l'impatto che ha avuto su di me è indelebile. Oggi, rendendo omaggio a questa straordinaria nave, esploreremo non solo le sue meraviglie ingegneristiche, ma anche il suo inestimabile contributo alla storia marittima e culturale.
L'amore che gli inglesi nutrono per la RMS Queen Mary è testimoniato dalla sua straordinaria preservazione come nave museo a Long Beach, California. Questa scelta non è solo un tributo a un'epoca gloriosa, ma una volontà di mantenere viva la memoria di un simbolo che ha attraversato generazioni.
La Queen Mary non è soltanto una nave; è un monumento vivente che racconta storie di viaggi avventurosi, incontri indimenticabili e il fascino di un'era irripetibile. La sua presenza nelle acque di Long Beach offre a visitatori di tutte le età l'opportunità di immergersi in un’epoca di eleganza e innovazione.
Non meno affascinante è il suo ruolo nella cultura popolare: la Queen Mary ha fatto da sfondo a numerosi film iconici e ha ispirato pagine di letteratura marinara, diventando così un personaggio a sé stante.
Questa nave ha vissuto due vite distinte—quella come ammiraglia dei mari e quella come custode della memoria storica—e chissà, con l'evoluzione della tecnologia, potrebbe persino essere pronta per una terza vita quando le navi voleranno nei cieli come astronavi.
In ogni caso, la Queen Mary rimarrà sempre una tappa fondamentale e iconica nella storia navale, un’eredità di cui l’umanità non potrà mai fare a meno.
Descrizione generale |
|
Tipo |
transatlantico |
Proprietà |
Cunard-White Star Line(1936-1949)
|
Porto di registrazione |
Liverpool |
Ordine |
3 aprile 1929 |
Costruttori |
John Brown & Company |
Cantiere |
Clydebank, Scozia |
Impostazione |
1º dicembre 1930 |
Varo |
26 settembre 1934 |
Entrata in servizio |
27 maggio 1936 |
Intitolazione |
Maria di Teck, regina consorte del Regno Unito |
Radiazione |
1º dicembre 1967 |
Destino finale |
trasformata in albergo, ristorante, museo |
Caratteristiche generali |
|
Stazza lorda |
81 237 tsl |
Lunghezza |
311 m |
Larghezza |
36 m |
Altezza |
55 m |
Pescaggio |
11,9 m |
Velocità |
30 nodi - 29,5 velocità di crociera - 32,6 nodi velocità massima registrata nodi |
Equipaggio |
1.101 |
Passeggeri |
2.139: 776 prima (cabina) classe, 784 classe turistica, 579 terza classe. |
UN PO’ DI STORIA
La QUEEN MARY è stata costruita dai cantieri John Brown & Company a Clydebank, in Scozia. La nave è partita per il suo viaggio inaugurale da Southampton a New York il 27 maggio 1936, sotto la guida del Commodoro Sir Edgard T. Britten. Sempre nel 1936, ha vinto il Nastro Azzurro per la sua velocità di 30,14 nodi, ma nel 1937 ha perso il titolo a favore del transatlantico francese NORMANDIE. Tuttavia, nel 1938, ha riconquistato il Nastro Azzurro con una velocità di 30,99 nodi, mantenendo il primato fino al 1952, quando è stata superata dalla SS "UNITED STATES".
Con l'inizio della Seconda guerra mondiale, la QUEEN MARY è partita il 1º settembre 1939 verso New York. All'arrivo, però, ha ricevuto l'ordine di rimanere in porto, per non diventare un obiettivo facile per i sottomarini tedeschi.
Nel 1940, la nave ha fatto rotta per Sydney, dove è stata trasformata in nave da trasporto truppe. È stata verniciata di grigio e ha preso il soprannome di "Fantasma Grigio". Tutti gli arredi e i tappeti sono stati rimossi, e sono state aggiunte batterie anti-aeree. Durante la guerra, ha trasportato più di 800 mila soldati.
Nel dicembre 1942, mentre viaggiava dall'America all'Inghilterra con un numero record di 16.082 soldati americani (il massimo mai imbarcato su un’unica nave), è stata colpita da un’onda anomala alta 28 metri che quasi l’ha rovesciata. Winston Churchill l’ha usata in diverse occasioni durante quegli anni, e ci sono diversi oggetti appartenuti a lui in mostra nei tour della nave.
E’ il 20 Giugno 1945 - LaQUEEN MARY con la livrea militare sta entrando nel porto di New York con migliaia di soldati americani.
Nel quadro grande - la RMS QUEEN MARY militarizzata.
Ingrandendo l’immagine si nota il cavo magnetico anti-mine che parte dall’ancora di posta e corre lungo la murata di sinistra verso poppa. Lo strumento viene chiamato “degaussing”.
L’Opera è del pittore di marina Marco Locci, compianto membro della nostra Associazione per circa 30 anni.
Dopo la guerra, la Queen Mary subì un importante refitting (con una sistemazione interna per 711 passeggeri di prima classe, 707 di seconda e 577 di terza) e prestò servizio sulle linee transatlantiche.
Il 27 settembre 1967, portava a termine la sua millesima traversata atlantica.
L'ultimo viaggio, iniziato da Southampton il 31 ottobre dello stesso anno, si concluse a Long Beach, dove la gloriosa nave, venduta alla città californiana, fu trasformata in un museo, ristorante e hotel galleggiante.
Gran parte dei macchinari, tra cui 1 delle 2 sale macchine, 3 delle 4 eliche e tutte le caldaie, furono rimosse. La nave è quotata al Registro Nazionale dei Luoghi Storici.
Il National Trust for Historic Preservation
ha accettato la "Queen Mary" come parte degli Historic Hotels d’ America.
I modelli in scala dei due famosi Liners (sister Ship)
QUEEN MARY e QUEEN HELIZABETH realizzati da John Brown & Company.
Il Ponte di Comando della Queen Mary nel 2005
Il transatlantico Queen Mary a Long Beach, California, USA nel 2009
Queen Mary di notte a Long Beach
Fotografia della Queen Mary scattata nel 2010 a Long Beach
La Stazione Radio della Queen Mary in versione aggiornata
Il Ponte Sole di dritta, 1972
La nave offre sistemazioni in tre classi, due piscine interne, parrucchieri, biblioteche, negozi, mini-club per bambini, servizio telefonico e canili. Il salone da pranzo di prima classe si estendeva su tre ponti in altezza. Nella sala da pranzo principale, un modello della nave, regolarmente spostato, indicava la posizione su una grande mappa dell'Oceano Atlantico.
ALCUNE IMMAGINI DEGLI INTERNI DELLA QUEEN MARY A
LONG BEACH
Il “GRAN SALON”. – Nello sfondo il murale su cui il modello di cristallo della RMS QUEEN MARY segna il percorso compiuto ogni giorno.
Il Bar panoramico che fu allargato dopo il 1967
QUEEN MARY e QUEEN HELIZABETH
Le Sister Ships della Cunard Line con un destino diverso
La Rms Queen Elizabeth navigò anch’essa come bastimento di lusso sulla rotta Southampton-New York, per oltre vent'anni.
Impostata dalla John Brown & Company nella metà degli anni trenta, venne varata il 28 settembre 1938 quattro anni dopo la sua sister ship.
Il disegno era stato migliorato rispetto alla sua simile Rms Queen Mary e, essendo leggermente più grande di quest'ultima, divenne la nave più grande dell'epoca, un record che durò 56 anni.
La Queen Elizabeth in servizio come nave trasporto truppe con la livrea grigia. La nave fece anche servizio postale come membro del servizio espresso.
Entrò in servizio nel febbraio 1940 come trasporto truppe nell'ambito delle azioni della Seconda guerra mondiale; solo a partire dall'ottobre 1946 iniziò il suo effettivo compito di transatlantico.
Alla fine degli anni sessanta, a seguito della ridotta popolarità dei viaggi transoceanici, la Queen Elizabeth e la Queen Mary vennero tolte dal servizio e sostituite dalla più moderna Rms Queen Elizabeth 2.
Il relitto semicapovolto della Queen Elizabeth a Hong Kong
Fu venduta e passò di mano in mano; l'ultimo proprietario fu Tung Chao Yung, un imprenditore di Hong Kong che cercò di farne un'università galleggiante. Nel 1972, al termine di un lungo viaggio di trasferimento verso il porto di Hong Kong, la nave prese misteriosamente fuoco e si capovolse; tra il 1974 e il 1975 venne parzialmente demolita.
LE DUE SISTERS SHIPS A CONFRONTO
QUEEN HELIZABETHCaratteristiche generali |
|
Stazza lorda | 85 000 tsl |
Lunghezza | 314 m |
Larghezza | 36 m |
Altezza | 71 m |
Pescaggio | 11,6 m |
Equipaggio | 1 200 |
Passeggeri | 2 283 |
Lunghezza | 311 m |
Larghezza | 36 m |
Altezza | 55 m |
Pescaggio | 11,9 m |
Velocità | 30 nodi - 29,5 velocità di crociera - 32,6 nodi velocità massima registrata nodi |
Equipaggio | 1 101 |
Passeggeri | 2 139: 776 prima (cabina) classe, 784 classe turistica, 579 terza classe. |
QUEEN MARYCaratteristiche generali |
|
Stazza lorda | 81 237 tsl |
Lunghezza | 311 m |
Larghezza | 36 m |
Altezza | 55 m |
Pescaggio | 11,9 m |
Velocità | 30 nodi - 29,5 velocità di crociera - 32,6 nodi velocità massima registrata nodi |
Equipaggio | 1 101 |
Passeggeri | 2 139: 776 prima (cabina) classe, 784 classe turistica, 579 terza classe. |
La classifica delle navi passeggeri più grandi del mondo
1900/2003
Immagine | Periodo detenzione record |
Transatlantico | Stazza lorda (tonnellate) | Capacità di carico (persone) | Note | |
Questa è la moderna versione RMS Queen Mary 2 | dal 25 settembre 2003 | MS Queen Mary | 148528 | 3873 | ||
1972 - 25 settembre 2003 | RMS Queen Mary | 81237 | 3240 | |||
27 settembre 1938 - 1972 | RMS Queen Elizabeth | 85000 | 3483 | |||
29 ottobre 1932 - 27 settembre 1938 | SS Normandie | 79280 (poi 83423) | 3317 | |||
20 giugno 1914 - 29 ottobre 1932 | RMS Majestic | 56551 | 3384 | |||
23 maggio 1912 - 20 giugno 1914 | SS Imperator | 50000 | 3547 | |||
15 aprile 1912 - 23 maggio 1912 | RMS Olympic | 46359 | 3547 | |||
31 marzo 1911 – 15 aprile 1912 | RMS Titanic | 46328 | 3547 | |||
20 ottobre 1910 – 31 marzo 1911 | RMS Olympic | 46000 | 3547 | |||
20 settembre 1906 – 20 ottobre 1910 | RMS Mauretania | 31938 | 2967 | |||
7 giugno 1906 - 20 settembre 1906 | RMS Lusitania | 31550 | 3048 | |||
1894 – ... | Lucania | 13000 |
La classifica delle navi da crociera più grandi del mondo
OGGI
1-Symphony of the Seas (lunghezza 362,15 metri) nella foto
2-Harmony of the Seas (lunghezza 362 metri)
3-Oasis of the Seas/Allure of the Seas (lunghezza 360 metri)
4-Spectrum of the Seas (lunghezza 348 metri)
5-Quantum / Anthem / Ovation of the Seas (lunghezza 347 metri)
CONCLUSIONE
La RMS QUEEN MARY incarna l'eleganza e il fascino dell'epoca d'oro della navigazione transatlantica, pur essendo dotata delle dimensioni e delle comodità moderne. Questa nave simboleggia un'epoca in cui il viaggio per mare rappresentava un'esperienza lussuosa e memorabile, contrapposta alla rapidità e alla funzionalità dei viaggi odierni. Mentre il passato evocava un senso di avventura e scoperta, caratterizzato da dettagli artigianali e un servizio impeccabile, l'era moderna si focalizza su efficienza e comfort pratico. La Queen Mary, quindi, diventa un ponte tra due mondi: conserva l'eredità storica e culturale della navigazione, pur adattandosi alle esigenze contemporanee. La sua bellezza senza tempo ci invita a riflettere su come i viaggi, sia ieri che oggi, continuino a unire le persone, offrendo un rifugio dall'ordinario e un momento di meraviglia.
Carlo GATTI
Rapallo, 18 Novembre 2024
VILLA SAN FAUSTINO - RAPALLO - VI DIMORO' F. NIETZSCHE
VILLA SAN FAUSTINO
RAPALLO
VI DIMORO’ IL FILOSOFO
FRIEDRICH NIETZSCHE
LE DIMORE STORICHE MENO CONOSCIUTE
Friedrich Nietzsche: lo spirito dionisiaco, la "Gaia scienza", il superuomo. Figura emblematica del passaggio tra Ottocento e Novecento, Friedrich Nietzsche giunge davvero come un punto di rottura (probabilmente non più sanabile) nella filosofia occidentale.
L’attacco alla tradizione cristiana, al pensiero socratico e all’intera metafisica occidentale, condotto col brillante e provocatorio stile aforistico nietzschiano, è radicale, così come sono nette e perentorie le affermazioni di Nietzsche - ormai passate anche alla cultura popolare - sulla “morte di Dio” o sull’avvento del Superuomo. E questa ricerca filosofica, prima di precipitare nelle tenebre della malattia mentale, si rivela in tutto il suo geniale fascino nel percorso accidentato che va dalla Nascita della tragedia (con le sue suggestioni wagneriane e la fiducia catartica nell’arte) alla definizione dello spirito dionisiaco, approdando poi alla fase illuministica di Umano, troppo umano e della Gaia scienza, per chiudersi con la nuova “parabola” terrena del sapiente Zarathustra.
Sulla via Aurelia, provenienti da levante, nella curva dopo le ORSOLINE, si erge villa San Faustino, preceduta da un notevole portale barocco e da un parco incantevole e molto ben curato, nella zona denominata Castello dei Sogni ad un centinaio di metri dal famoso Hotel Bristol.
La villa di raro fascino fu edificata nel 1745 ed ospitò Friedrich Nietzsche che come tutti "i romantici" veniva in Italia, sulle orme di Goethe, a ricercare un tipo di paesaggio che lo affascinava per la sua somiglianza con quello greco, così come veniva immaginato. Egli scrisse in questa villa, incantato dal paesaggio marino, la prima parte del "Così parlò Zarathustra" e "L'eterno ritorno".
L'immobile si trova in un elegante contesto privato e gode di un incantevole vista sul golfo di Rapallo.
L'appartamento dove alloggiò Friedrich Nietzsche, è sito all'ultimo piano della villa misura circa 105 mq è disposto su un unico piano, composto ingresso con corridoio che separa le tre camere da letto, doppi servizi finestrati, cucina e ampio salone con zona lettura. Il salone si affaccia sulla terrazza che permette di godere di una vista assolutamente impareggiabile su Santa Margherita Ligure e Portofino.
GLI INTERNI DELLA VILLA
LA VISTA SU PORTOFINO
I I GIARDINI DELLA VILLA
FRIEDRICH NIETZSCHE
RAPALLO
da
HELLORAPALLO - PEARL OF TIGULLIO
Riportiamo:
Quando l’ispirazione ti assale!
Il filosofo tedesco Nietzsche giunse a Rapallo nel rigido novembre del 1882 alloggiando in “un alberghetto proprio in riva al mare”, che si trovava in quella che oggi è Piazzetta Est. Nel tentativo di liberarsi delle terribili emicranie di cui soffriva e convinto che “tutti i pensieri veramente grandi sono concepiti camminando”, percorreva in solitudine i ripidi sentieri da Rapallo verso Portofino o Zoagli. Nel suo Ecce Homo scriverà: “Su queste due strade mi venne incontro tutto il primo Zarathustra, […]: più esattamente, mi assalì…”. E’ infatti durante questo soggiorno che prenderà forma la prima parte di Così parlò Zarathustra, una delle sue opere più celebri.
Curiosità: “Talora mi diverto ad accendere grandi fuochi” racconta Nietzsche in una lettera ad un amico… fortunatamente questa attività spericolata non causò incendi sulle colline!
Per Francesca: nell’alberghetto a Rapallo c’era un caminetto e N. ne era felice. Viveva in modo molto spartano. Lettera da Rapallo “L’inverno seguente vivevo vicino a Genova, in quell’insenatura quieta e graziosa di Rapallo, intagliata tra Chiavari e il promontorio di Portofino. Non ero nel miglior stato di salute […] Eppure, quasi a riprova del mio principio, secondo cui tutto ciò che è decisivo nasce “nonostante tutto”, il mio Zarathustra nacque in quell’inverno e in quelle sfavorevoli circostanze. La mattina andavo verso sud, salendo per la splendida strada di Zoagli, in mezzo ai pini, con l’ampia distesa del mare sotto di me; il pomeriggio, tutte le volte che me lo consentiva la salute, facevo il giro di tutta la baia di Santa Margherita, arrivando fin dietro Portofino. […] Su queste due strade mi venne incontro tutto il primo Zarathustra, e soprattutto il tipo di Zarathustra stesso: più esattamente, mi assalì”.
Lettera scritta da Ruta anni dopo
Caro amico,
un saluto da questo meraviglioso angolo di terra (…).
Si figuri un’isola dell’arcipelago ellenico, su cui montagne e foreste si alternino capricciosamente, che un giorno, chissà per quale fenomeno, abbia navigato verso la terraferma e vi si sia ancorato senza poter più staccarsene. Senza dubbio, questo luogo ha qualcosa di ellenico, e d’altra parte ha qualcosa di piratesco, di improvvisato, di nascosto, di pericoloso. Laggiù in fondo, a una svolta solitaria, ecco una pineta “tropicale” che dà l’idea di essere lontani dall’Europa (…).
E mai quanto ora ho girovagato e mi sono sentito come in un’isola dimenticato alla maniera di Robinson. Talora mi diverto ad accendere grandi fuochi. La pura irrequieta fiamma che si protende verso il cielo senza nubi col suo gran ventre d’un bianco grigiastro, tutt’intorno l’erica e quella beatitudine dell’autunno che si stempera in cento gradazioni di giallo – oh amico! – questa felicità di estate tardiva sarebbe davvero adatta per Lei, forse anche più che per me!
All’albergo d’Italia (che ha camere squisitamente pulite, purtroppo cucina italiana alla “veneziana”) vivo per due franchi e mezzo al giorno, “tutto compreso”, anche il vino… (…).”
Sul lato opposto della piazza, quella posta nel 1981 ricorda invece il soggiorno di Friedrich Nietzsche; nel 1882, nella Locanda della Posta poi Hotel Ristorante Rapallo et de la Poste, egli compose la prima parte di "Così parlò Zarathustra", com’ebbe a dichiarare in un suo scritto.
Lapide affissa dal Comune
IL PUNTO DI VISTA DELL’AUTORE …
Friedrich Nietzsche, filosofo tedesco, è noto per le sue idee provocatorie che sfidano le convenzioni del pensiero tradizionale. La sua opera "Così parlò Zarathustra" introduce la figura del "superuomo”, un ideale di individuo che trascende le norme sociali e morali, creando i propri valori.
Nietzsche critico della religione e del sistema morale dell'epoca, afferma che la vita deve essere vissuta con autenticità e passione, abbracciando la Babele dei tempi e l’incertezza.
Per la “gente di mare” come noi, le sue idee possono riflettersi profondamente: la nave, simbolo di libertà e avventura, può rappresentare il viaggio della vita, dove ognuno deve affrontare tempeste e bonacce sul proprio cammino. La volontà di potenza, concetto centrale nel suo pensiero, invita ad affermarsi e a combattere per le proprie aspirazioni, senza lasciarsi influenzare da canoni esterni.
Nietzsche incoraggia a riscoprire la gioia di vivere, a celebrare l’individuo come CAPITANO della propria esistenza. In un mondo in continuo cambiamento, la sua filosofia stimola a trovare significato e creatività anche nei momenti più difficili, proprio come il marinaio che affronta il mare tempestoso.
Ringraziamenti:
Ringrazio l'Agenzia Immobiliare.it per averci concesso la pubblicazione delle fotografie usate in queso articolo a scopo culturale.
MARE NOSTRUM RAPALLO - Associazione Culturale no profit.
Carlo GATTI
Rapallo, 13 Novembre 2024