UNA GITA A LUNI

 

UNA GITA A LUNI

 

Eravamo negli Anni ’70. La nostra famiglia, di origini-semi vichinghe, aveva due figli alle scuole elementari e due alle medie. Senza dare spiegazioni, neppure a mia moglie Guny, imboccai l’autostrada verso Sud e dissi: “oggi vi porto sulla luna!”

Mi girai di scatto e vidi dei volti sorridenti ma un po’ preoccupati per il mio stato di salute… “Mi correggo, vi porto al sito archeologico di Luni e c’è un motivo storico-culturale che potrebbe interessarvi. Forse si tratta di una leggenda, ma sono ancora in tanti a parlarne. Chissà che non sia vera! - 

Google la dà per vera e tra poco ce la racconterà in poche righe ….”

Ne seguì un coro: “dai raccontacela prima tu!”

C'era una volta …. un nome che infiammava l'immaginazione e i sogni degli uomini del Nord: ROMA. Per loro, Roma rappresentava il sole, la luce, la ricchezza e la potenza. Sognavano di conquistarla e farla loro.

 Un giorno, Hasting, un feroce vichingo norvegese, radunò tutti i capi delle tribù e disse: "Seguitemi e vi prometto che conquisteremo Roma, la magica città sarà nostra."

 

 

Dopo mesi di navigazione, la flotta normanna arrivò alle rive dell’alto Mar Tirreno. E lì, vicino al mare, apparve una città con marmi bianchi che brillavano al sole. Archi, torri e mura erano tutte di marmo. Non c'era dubbio: quella doveva essere Roma, la città eterna.

Solo Roma poteva permettersi il lusso di costruire tutto con il marmo, perfino le mura! "All'assalto!" gridò Hasting. "Ognuno di voi tornerà in patria come un eroe!"

I vichinghi si lanciarono all'attacco con violenza inaudita, ma furono respinti ogni volta. Gli assediati erano troppo valorosi.

Hasting allora pensò di usare l'astuzia. Mandò un messaggero in città con una richiesta: "Il mio capo è stato gravemente ferito nell’ultimo assalto e sta per morire. Prima di lasciare questa terra, vuole convertirsi alla vostra fede e ricevere il battesimo. Permettetegli di essere trasportato in barella entro le mura e di essere battezzato nella vostra cattedrale."

Come potevano rifiutare una simile preghiera? I cittadini, mossi a compassione, accettarono.

E così, la barella con Hasting fu portata verso la città. I portatori, con visi tristi e dolenti, avanzavano lentamente. Ma nei loro occhi si vedeva una scintilla feroce: sapevano che sotto il giaciglio era nascosta una spada.

Finalmente, la barella fu posta davanti alla cattedrale. I portatori si fermarono per un attimo di riposo...

 

 

Proprio in quel momento, all'improvviso, Hasting saltò su dalla barella, afferrando la sua spada nascosta. Con una rapidità incredibile, cominciò a colpire i cittadini sorpresi. La confusione fu tale che la città venne rapidamente conquistata e saccheggiata, senza che gli abitanti potessero difendersi. I vichinghi presero tutto ciò che potevano, lasciando dietro di sé morte e distruzione tra i magnifici edifici di marmo.

Convinti di aver conquistato la grande Roma, i barbari si ritirarono, portando con sé il bottino. Ma, sorpresa delle sorprese, quella splendida città non era Roma. Era Luni, una meravigliosa città costruita con il marmo bianco, un capolavoro dell'architettura etrusca e romana. Luni, la grande, la ricca, la splendida Luni.

Oggi, di quella magnificenza, rimangono solo poche rovine coperte di terra poco a sud della Spezia. Eppure, nei paesi freddi del Nord, durante i lunghi mesi invernali, i bambini ascoltano ancora la storia di Luni: una storia che sembra una leggenda. La leggenda della grande città che, per la sua straordinaria bellezza, imponenza e ricchezza, venne scambiata per Roma.

Così, ragazzi, la prossima volta che sentite parlare di un’avventura incredibile, ricordate la storia di Luni. Non tutte le leggende sono inventate, e qualche volta, ciò che sembra troppo bello per essere vero... lo è davvero.

 

Leggiamo insieme il parere di Wikipedia:

Hasting: Hástein Ragnarsson (scritto anche come Hastein HaestenHæstenHæstenn o

Hæsting o Alsting).

Fu un capo vichingo Norvegese della fine del IX secolo, appartenente alla dinastia di Muns Munsö, che guidò numerose spedizioni di razzia.

https://it.wikipedia.org/wiki/Hastein

Hastein e Björn passarono l'inverno su un'isola in Camargue, alla foce del Rodano prima di razziare Narbona, Nìmes e Arles, per poi dirigersi a nord a Valence e poi, lungo la costa ligure, in Italia. Qui attaccarono LUNI, grande città collocata all'estremità sudorientale dell'attuale regione Liguria. 

Credendo erroneamente (a causa del lusso visibile) che Luni fosse nientemeno che Roma, Hastein decise di saccheggiare la città con ogni mezzo. Davanti a Luni Hastein si fece portare dai suoi uomini alla porta, dove chiese alle guardie di farlo entrare perché, prossimo alla morte, avrebbe desiderato convertirsi al cristianesimo. Una volta all'interno, fu portato alla chiesa cittadina dove ricevette i sacramenti, prima di saltare fuori dalla barella e condurre i suoi uomini al saccheggio della città. Secondo un'altra storia avrebbe voluto convertirsi prima di morire, e il giorno seguente avrebbe finto la morte. La città concesse a 50 dei suoi uomini di entrare in città per la sepoltura, tutti armati sotto i vestiti. Hastein saltò fuori dalla bara decapitando il religioso per poi saccheggiare la città. Una volta razziata Luni, saccheggiò Pisa e, una volta risalito l’Arno, razziò anche Fiesole.  È probabile che la flotta abbia poi fatto rotta verso L’impero Bizantino nel Mediterraneo orientale.

 

 

Area archeologica di Luni | In volo sull'archeologia italiana

https://www.youtube.com/watch?v=FHuNkBUtZ9w&t=112s

 

 

La città di Luni si trova sulla riva sinistra del fiume Magra fondata come colonia romana nel 177 a.C., per il controllo dei territori conquistati ai liguri Apuani.

La colonia di Luni fu fondata dai Romani nel 177 a.C., per stabilirvi un posto avanzato contro i Liguri Apuani, ai quali avevano faticosamente strappato quel territorio. Il nome della città deriverebbe da una dea primitiva italica o dalla forma a falce del porto cittadino.

 

 

La freccia rossa verticale (foto in alto) indica l’uscita di Carrara, in direzione SUD, per visitare il Museo Archeologico Nazionale e le vestigia dell'antica colonia romana di “Portus Lunae”, ANTICA LUNI, dal cui porto salpavano navi cariche di marmo, oggi detto di Carrara, utilizzato per la costruzione dei più importanti monumenti della Roma antica.

La distanza (autostrada) Rapallo-Carrara è di 91,61 km

Il tempo di percorrenza medio è di 1 ora e 11 minuti

 

UNA NOVITA’

 

 

Sia l'area di sosta in direzione sud sia quella in direzione nord prevedono anche il passaggio nel tunnel multimediale Luni Experience dove, attraverso una sequenza di proiezioni e suoni, si può ripercorrere la storia dell'antica colonia romana dal cui porto salpavano navi cariche di marmo, oggi detto di Carrara, utilizzato per la costruzione dei più importanti monumenti della Roma antica.

 
"Non molti sanno che percorrendo la A12 tra Sarzana e Carrara si passa vicino a un sito archeologico di straordinaria importanza, l'antica città di Luna - ha detto Alessandra Guerrini, direttore regionale Musei Liguria -. L'intervento di SALT ci offre un esempio innovativo di come può svilupparsi una collaborazione tra un'infrastruttura viaria e il mondo della cultura. L'invito ai viaggiatori a fermarsi per conoscere il territorio, muovendosi a piedi a partire dall'autostrada, è un modo inedito per arricchire il percorso, trasformando il senso del viaggio. Un'esperienza di cui siamo felici - ha concluso -, resa possibile grazie alla sinergia tra privato e pubblico, che consente di valorizzare e rendere sempre più accessibile a tutti il patrimonio culturale".

 

La fondazione di una colonia romana in questa zona indica che il territorio era assai importante dal punto di vista strategico, militare e commerciale. L'accorta politica romana prevedeva il trasferimento di intere famiglie in tali zone, per lo più veterani di guerra, ai quali venivano concessi appezzamenti di terreno con diritto ereditario. Così avvenne anche per Luni.

Per quanto riguarda la “geografia” di questa zona c’è tuttora un po’ di confusione, e per dipanarla, mi rivolgo a Wikipedia:

A livello amministrativo, la Lunigiana è composta solamente dai comuni toscani. Fortunatamente, la Lunigiana storica è ancora oggi caratterizzata da una profonda unità culturale, viva nei dialetti, nei costumi, nelle tradizioni e nella cucina, che valicano i confini amministrativi tra Toscana e Liguria.

D’altronde a Ortonovo, in provincia della Spezia si trovano i resti dell’antica Luni, da cui trae il nome la Lunigiana.

Oggi si può finalmente affermare che LUNI si trova in Liguria, in provincia di LA SPEZIA!

Questa confusione viene dal passato, da decisioni prese contro la logica dell’unità dei popoli. Nel 1844 esistevano tre Lunigiane, parmense, con Pontremoli e Bagnone, modenese con Fivizzano, Aulla, Licciana, Massa e Carrara e una sarda con Sarzana, La Spezia e la Val di Vara. Con l’unità d’Italia, nel 1859, si creavano la provincia di Massa e Carrara con la val di Magra, e la provincia di Genova con La Spezia e la Val di Vara, spaccando così in due il territorio della Lunigiana storica. Nel 1923 nasceva la provincia della Spezia, con l’attuale territorio amministrativo, lasciando definitivamente la Lunigiana tra due provincie e tra due regioni.

 

 

Attraverso Parma e la Lunigiana passa, infatti, il corridoio più rapido che avvicina Roma al nord Europa e viceversa. E’ il tracciato seguito 2200 anni fa dal console Marco Emilio Lepido, che dopo aver fondato Parma fonda anche la città ed il porto di Luni

 

 

MAPPA DEL PORTO DI LUNI

 

Portus Lunae: certezze e incertezze. Indizi, disegni, mappe, prove

https://www.archeominosapiens.it/portus-lunae-certezze/

Tanti ed anche nuovi indizi, certamente non tutti attendibili, per questa storia che viene da lontano. 

Le prime ricostruzioni ambientali avevano a disposizione le affermazioni degli Autori Classici che non sempre sono apparse coerenti fra loro o con i tempi di riferimento. Una fra tutte la descrizione del grande porto di Luni esistente prima della fondazione di Luni, che avrebbe accolto la flotta romana in partenza per la campagna di Spagna. In seguito, la necessità di un nuovo porto, importante, commerciale è emersa, ma solo a seguito dell’industria del Marmo Apuano.

Poi l’avvento delle cartografie, sempre più influenzate dalla geometria e dalla topografia. Fino alla ricerca delle nuove motivazioni ed informazioni deducibili dalla geologia, ma soprattutto dalla geomorfologia, dalla petrografia (dei materiali), della tettonica, della sismologia, etc. Finalmente, in tempi recenti, sono giunte in aiuto le indagini geotecniche di corredo agli interventi edilizi e le campagne geofisiche e, soprattutto, quelle di carotaggio continuo, alcune ancora allo studio, che porteranno certamente nuove indicazioni, soprattutto dirette. 

La soluzione più plausibile ad oggi relativamente al Portus Lunae? Probabilmente è quella che prevede l’esistenza di diversi approdi prossimi alla Città, raggiungibili attraverso canali protetti dall’ambiente lagunare, dunale e retrodunale.

Poi un porto mercantile, marmifero, che l’ambiente naturale, l’economia industriale ed il buonsenso vedono prossimo al Bacino Marmifero Apuano.


Molti indizi, ma mancano ancora le prove strettamente archeologiche.

 

 

 

Luni: una possibile via dei marmi prima dell’avvento industriale del Marmo Lunense (Apuano). Da DEL SOLDATO, 2021.

 

 

La zona portuale. A sinistra si nota la scritta “Vestiggie del Molo” ed indicano il tracciato del fiume MAGRA che scende verso la sua foce.

 

Segnalo: MUSEO NAZIONALE E ZONA ARCHELOGICA - LUNI

https://www.archeominosapiens.it/portus-lunae-certezze/

 

Cliccando (sotto) su ogni indicazione specifica, potete percorrere il sito archeologico in tutte le sue sezioni egregiamente documentate e mostrate con meravigliose immagini.

 

 

Anfiteatro di Luni

 

 

Fu costruito nel suburbio orientale della città, secondo l'orientamento della ripartizione agraria che in età augustiana sostituì quella traccia all' atto di fondazione della colonia. Sorge a circa 250 metri dalla Porta Orientale, lungo la via Aurelia. L'asse maggiore m 88.50, l'asse minore misura m 70,20.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITELLO DI PILASTRO (vedi descrizione nell’apposita bacheca)

 

SCOPRI LA STORIA DELLA CITTÀ DI LUNA

 

La colonia romana di Luna che ha avuto una vita lunga più di mille anni. I Romani iniziano ad occupare il territorio su cui sorge la città agli inizi del II sec. a.C. per istituire una testa di ponte in vista della conquista della Spagna. Nel 177 a.C. duemila cittadini romani partecipano alla fondazione della colonia di Luna patrocinata dai triumviri M. Emilio Lepido, P. Elio Tuberone e Gn. Sicinio; a ciascun colono sono assegnati 13 ettari in un’area compresa indicativamente tra il fiume Magra e l’attuale Comune di Pietrasanta.

 

 

CERCA: https://luni.cultura.gov.it/museo  

 

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Concludo con un flash del sommo Poeta catturato su F/b  - di Mauro Salucci

 

 

Dante Alighieri sul fiume Entella. Il 6 ottobre 1306 il poeta è in Liguria, a Sarzana. Suo compito è trattare l'accordo di pace fra Francesco Malaspina e il vescovo di Luni Antonio Nuvolone di Camilla. Da Sarzana, Dante viaggia fino a Genova, sino ai paesi e le città del Ponente ligure. Nella Divina Commedia, oltre a descrivere la costa e alcuni personaggi, lancerà pesanti invettive contro i genovesi.

 

 

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo 15 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


MARINA DI BARDI - ZOAGLI - UNA VILLA STORICA - SI CHIAMA LA QUIETE

 

MARINA DI BARDI - ZOAGLI 

UNA VILLA STORICA - SI CHIAMA "LA QUIETE"

 

Da molti anni ormai, ogni volta che percorro l’Aurelia, l’antica via consolare romana, per spostarmi da Rapallo a Chiavari, giunto a Marina di Bardi (Zoagli), il mio sguardo cade su una villa a picco sul mare che sfiora la sede stradale al centro di un’ampia curva.

L’ho sempre vista trascurata, come si può vedere nelle foto che mostro sotto: con le finestre chiuse, i muri sempre più sbiaditi dal tempo e senza mai notare una qualsiasi presenza umana nei dintorni.

 

 

Eppure, rifletto ogni volta: da ogni sua finestra che guarda il Golfo Tigullio si deve godere un’incomparabile vista capace di catturare la gioia, il pensiero e l’invidia di tanti turisti di passaggio. Il parco che s’intravede dalla AURELIA appare molto curato da un esperto giardiniere.

 

 

 

Fu in una particolare occasione di scarso traffico che rallentai l’auto per “studiarla” meglio, e notai due ancore “vere” appoggiate ai lati dell’ingresso su due piedistalli marmorei. Sono ancore del tipo HALL e da come sono esposte, intravidi la possibilità che la villa potesse avere una sua storia …

 

Le ancore di tipo Hall vennero ideate alla fine del XIX secolo e dimostrarono le loro ottime prestazioni in collaudi realizzati nel 1891 in Inghilterra e nel 1892 in Germania, tanto da essere ancora ampiamente utilizzate per le navi di numerose marinerie. Nelle ancore Hall, lo sforzo di trazione maggiore viene sopportato dai due orecchioni, consentendo di eliminare gli inconvenienti che si possono verificare nelle articolazioni basate su perni; l’assenza del ceppo, inoltre, presenta il grande vantaggio di facilitare le manovre per salpare l’ancora, semplificandone la sistemazione a bordo.

 

Passarono molti anni e quella mia curiosità ebbe finalmente una risposta tra le pagine di un libro di Agostino PENDOLA, nostro concittadino e apprezzato storico della Resistenza Partigiana Ligure locale e non solo della Seconda guerra mondiale.

 

Com’era…

 

 

 

Com’è oggi…

La villa si chiamava, e si chiama ancora LA QUIETE, in effetti da qui partì il primo segnale di “PACE” per la nostra città dopo cinque anni di guerra!

 

 

 

Da quanto si legge brevemente nella didascalia della foto di Agostino Pendola, in questa villa si decise tra il CNL (Comitato Nazionale di Liberazione) ed il Comando del contingente nazi-fascista (San Marco) di concedere il transito minaccioso della colonna da Rapallo verso Genova, con l’accordo che non ci sarebbero stati attacchi da ambo le parti. Mediatore di questa importante operazione di ritiro delle forze germaniche dal territorio italiano fu il console generale di Spagna che risiedeva, nei pressi di Zoagli, in questa villa misteriosa!

Occorre forse ricordare che nella Seconda guerra mondiale, la Spagna mantenne un atteggiamento diplomatico prudente: benché ideologicamente legato ai regimi nazifascisti di Germania e Italia. 

In quella giornata ruggente, era il 25 Aprile 1945, il giorno della liberazione, i tedeschi si arresero alla città di Genova!

 

A pag. 38 del libro di Agostino PENDOLA si legge:

Si arrivò così al 25 aprile. A Sant’Ambrogio della fucilazione dei patrioti (Muraglione antisbarco presso il porto di Rapallo) la sera prima non seppero nulla. “Quella mattina – continua – dalla galleria del Castellaro, verso Zoagli, sbucò una colonna di tedeschi. Arrivati sotto casa mia si fermarono, e il comandante prese alloggio in una villetta proprio sotto l’Aurelia. Io compresi che bisogna avvisare Rapallo del pericolo che correva, se i tedeschi avessero proseguito. Decisi di scendere, evitando il più possibile la strada principale. Arrivato in fondo alla salita trovai un amico insieme un tedesco; seppi dopo che si trattava di un austriaco. Parlava un po’ italiano, mi diede la sua pistola in segno di resa. In tre ci dirigemmo verso il Comune, dove trovai Giovanni Maggio con gli altri del CLN, nessuno era armato. Raccontai cosa avevo visto e loro mi dissero: va a vedere se sono disponibili a passare per Rapallo senza far danni, e noi non li disturberemo. Tornai indietro, sull’Aurelia di fronte alla villetta dei tedeschi c’erano alcuni militari e altre persone; io dissi ai tedeschi che dovevo parlare con il comandante. Qualcuno mi chiese se ero matto. Mi si avvicinò un tizio che mi chiese cosa volevo andare a fare. Dissi che avevo un messaggio dal CLN. Vista la mia determinazione, decise di venire con me. Seppi dopo che poteva essere il segretario del console Lindner. Entrammo nella casa e riferii al comandante, che parlava un pò l’italiano, la proposta di G. Maggio e del CLN. La persona che mi accompagnava e che parlava perfettamente il tedesco iniziò a esprimersi in quella lingua con l’ufficiale tedesco. Ho avuto l’impressione che il segretario del console facesse a sua volta da intermediario, ma ancora non conoscevo il tedesco, e non capii cosa si stessero dicendo. Va bene, rispose alla fine il tedesco.” I due uscirono, e il segretario disse a Persico che avrebbe provveduto a avvertire in Comune dell’accordo. E questo in effetti è quanto successe, i tedeschi passarono da Rapallo la sera, verso le 7 o le 8, proprio quando la guarnigione (nazista) genovese si arrendeva ai partigiani”.

Bertelloni-Canale

 

Avv. Giovanni MAGGIO fu il primo Sindaco del dopoguerra a Rapallo e Presidente Amministrazione Provinciale di Genova

 

 

Autore: Agostino PENDOLA

L’ECCIDIO DEL MURAGLIONE

E ALTRE STORIE DELLA RESISTENZA RAPALLESE

 © 2009 Gammarò editori – Sestri Levante www.gammaro.it info@gammaro.it ISBN-10: 88-95010-85-X ISBN-13: 978-88-95010-85-4 Questo libro è stato pubblicato con il contributo della Provincia di Genova.

 

Introduzione:

Continua, con questo libretto, la ricerca delle radici civili della nostra città che ho iniziato da qualche tempo. Tre anni fa, occupandomi della politica rapallese alla fine dell’Ottocento, ho voluto andare ai primi momenti della nostra lotta politica, ai primi dibattiti e alle prime polemiche, anch’esse infuocate come oggi, forse di più. Questa volta ho preferito arrivare più vicino a noi, alla Resistenza. Si dice Resistenza e si pensa subito alle montagne dell’Aveto e della Graveglia, all’Alta Fontanabuona, perché in effetti è lì che la guerra di Liberazione – nella Riviera Ligure di Levante - ha avuto i momenti più acuti, i rastrellamenti e le battaglie, i morti più numerosi. Le targhe che popolano le valli ce lo ricordano. È dalle formazioni che in quei luoghi combatterono che ha tratto origine la maggiore memorialistica partigiana. Naturalmente la Resistenza non si è combattuta solo sui monti, le SAP hanno portato la guerra nelle città, laddove i fascisti e i tedeschi si sentivano sicuri. Proprio a Rapallo qualche anno fa è stato proiettato un lungometraggio sul partigiano Pesce che a Milano animò una famosa Squadra d’Azione Partigiana. Anche questo è stato un aspetto della nostra Resistenza, un aspetto che si articolava con le bande sui monti, in un continuo travaso tra montagna e città. Di questo mi parlava anni fa un ex-partigiano, l’indimenticabile Ermanno Baffico scomparso di recente, quando raccontava di quando si incontrava a Genova con i suoi compagni di lotta delle Squadre repubblicane nei locali della Biblioteca Popolare Mazzini in via Garibaldi, per poi risalire la Valle del Bisagno per la Scoffera, altra zona di operazioni delle sue formazioni. Un film recente, premiato nei concorsi cinematografici, ha raccontato le vicende della Divisione Partigiana Osoppo, aderente al Partito d’Azione. Vicende di lotta fratricida con altre formazioni, vicende tristi, che pure sono state una parte della Resistenza. Queste storie, che in gran parte leggiamo nei libri o vediamo nei film, le abbiamo avute anche sulle nostre colline. Anche a Rapallo abbiamo avuto le Squadre d’Azione e c’è stata lotta – per fortuna non altrettanto cruenta come nel Nord-Est dove hanno operato i partigiani della Osoppo– tra le varie anime del movimento partigiano. Questo libro è nato per caso; partito dal desiderio di fissare alcuni avvenimenti, ho trovato altre notizie che mi hanno convinto a raccontare quello che a Rapallo non era mai stato raccontato. Ma questo libro non sarebbe stato possibile senza la mirabile ricerca di Vittorio Civitella sulla Brigate “Giustizia e Libertà” Matteotti, che operarono nell’alta Val Fontanabuona a partire dal giugno 1944. È stato proprio leggendolo che ho trovato la traccia per arrivare a ciò che finora mancava per raccontare quello che successe a Rapallo nella notte tra il 24 e 25 aprile con la fucilazione di sei partigiani a Langano, sul porto. È una vicenda che anche ai rapallesi non più giovani non è mai stata molto chiara. Su cosa sia successo veramente circolano varie versioni, tutte monche e largamente incomplete. La cosa non deve meravigliare, chi è morto non racconta, chi è sopravvissuto in genere non vuole ripercorrere momenti nei quali si è visto perduto. Eppure da qualche anno i documenti sono disponibili, documenti scritti sul momento da partigiani, oppure testimonianze raccolte e poi portate lontano. Danno un quadro abbastanza completo del più importante momento resistenziale di Rapallo, e l’ho messo deliberatamente all’inizio. Il titolo non è mio, proviene da una relazione scritta dieci anni dopo quella notte dal Dott. Manlio Piaggio che ho largamente utilizzato nella seconda parte del capitolo, una testimonianza di prima mano di chi in quei mesi non si nascose ad attendere che passasse la bufera. È un titolo che rende perfettamente chiaro cosa successe. Tuttavia i documenti trovati a Genova non sarebbero stati completi senza l’apporto del figlio di un fucilato (ma sopravvissuto). Filippo Carlotti è partito da quel poco che gli aveva raccontato suo padre, per cercare una storia abbozzata, per rintracciare altri protagonisti. Dal confine con la Svizzera, da dove era partito suo padre, a Tradate, paese di un altro partigiano, ha raccolto una documentazione che da solo mai avrei raggiunto. Scorrendo le note si noterà come che gran parte del materiale non proviene da Rapallo, con l’esclusione di alcune fotografie fornite da parenti degli uccisi, o di testimonianze quando si tratta di interviste. A chi ha fornito il materiale va il mio ringraziamento. Ma per il testo, i documenti che sono alla base di questo lavoro provengono quasi tutti da archivi non cittadini. Genova naturalmente, ma non solo. Su questo fatto si potrebbe riflettere un momento: Rapallo è una città che non conserva la memoria. O, se la conserva, non la rende disponibile a chi la usa. Il cattivo esempio lo danno le istituzioni, a partire dal comune. L’archivio storico cittadino, vera miniera di atti, documenti e quant’altro serve per scrivere la storia, è conservato nei fondi di un palazzo, la sua consultazione è lasciata alla disponibilità del responsabile. Perfino la raccolta del MARE che con i suoi limiti potrebbe sopperire alle altre deficienze, non è più consultabile a causa delle cattive condizioni dei volumi. Andremo alla Biblioteca Universitaria di Genova per leggere il MARE? Dove peraltro la raccolta non è completa. Per fortuna non è sempre e ovunque così. L’Istituto della Resistenza a Genova, non solo conserva la documentazione, ma ha personale preparato e sempre disponibile. Per questo lavoro è stato molto utile e a loro va il mio ringraziamento. Come va a chi ha sacrificato una parte del suo tempo per raccontarmi cosa sapeva, i fatti di cui era stato testimone, perché anche gli altri sappiano. Ma soprattutto la riconoscenza di noi rapallesi deve andare a chi è salito in montagna in quei giorni, a chi non ha lasciato che la liberazione del nostro Paese avvenisse solo per l’azione di forze esterne, ma ha voluto che il riscatto nascesse da noi stessi.

 

 

Questo articolo, nato per caso da una semplice curiosità dell’autore, si è sviluppato lungo una ricerca che mi ha portato a riscoprire le sofferenze dei nostri genitori e di tutti i concittadini rapallesi che hanno visto trasformare la loro PACIFICA OASI DI TERRA TURISTICA in un campo di battaglia infernale! A tutti loro vada il nostro pensiero!

Ho riportato interamente la INTRODUZIONE del libro di Agostino PENDOLA in quanto tocca alcuni punti che ancora ci fanno riflettere; uno tra tutti, a noi tanto caro, è l’importanza documentale attribuita alla rivista IL MARE che vide la luce nel lontano 1908 ed è tuttora in “servizio attivo” come unico testimone oculare che tocca da sempre il cuore e la coscienza di Rapallo.

 

 

RINGRAZIO lo storico rapallese Agostino PENDOLA per averci consegnato i suoi “studi” sui quali rifletteremo e ne faremo sempre tesoro!

 

 

 

Seguono alcuni articoli della Seconda guerra mondiale che riguardano il nostro territorio, e sono stati pubblicati sul sito di Mare Nostrum Rapallo:

 

PIPPO” VENIVA DAL MARE    di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/pippetto/

 

BOMBE SU RAPALLO. COME ERAVAMO   di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/rapallo-come-eravamo/

 

LA MIA GUERRA   di Ada Bottini

https://www.marenostrumrapallo.it/la-mia-guerra/

 

GAZZANA PRIAROGGIA GIANFRANCO, UN RAPALLESE D'ADOZIONE   di Maurizio Brescia

https://www.marenostrumrapallo.it/pria/

 

IL PICCOLO P/FO LANGANO SFIDO' LA KRIEGSMARINE  di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/langano/

 

MATHAUSEN-RAPALLO - STORIA DI UN PILOTA GENOVESE   di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/da-mathausen-a-rapallo/

 

CARMELO DE SALVO REDUCE DAI LAGER NAZISTI    di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/la-storia-di-carmelo-de-salvo-reduce-dai-lager-nazisti/

 

IL CANNONE DELLE GRAZIE       di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/grazie/

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 7 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


SANTUARIO DELLA MADONNA DI MONTE GRISA - TRIESTE

 

SANTUARIO DELLA  MADONNA DI MONTE GRISA 

TRIESTE

 

 

Nel mese di maggio, il profumo dei fiori si mescola con la brezza marina, avvolgendo Trieste e i cuori dei suoi abitanti in un'atmosfera di devozione e gratitudine. È il periodo in cui il Santuario della Madonna di Monte Grisa risplende con particolare fervore, richiamando pellegrini da ogni angolo del mondo. Ma per me, uomo di mare e figlio della Liguria, questa devozione va oltre la semplice pratica religiosa. È un legame profondo, intessuto con i ricordi dell'oceano e delle esperienze vissute tra le onde.

 

 

 

 

Come marinaio, ho imparato a confidare nel conforto di Maria in ogni pericolo, a cercare il suo sostegno quando il mare si fa burrascoso e le stelle sono il mio unico faro. Ogni viaggio, ogni nodo marinaro, è un atto di devozione, un ex voto sussurrato al vento. E così, quando mi trovo di fronte al Santuario di Monte Grisa, non vedo soltanto pietra e argento, ma il riflesso della mia fede e delle mie speranze, nel rollio ed il beccheggio nelle onde dell’Adriatico.

In questo articolo, desidero condividere con voi questo legame profondo, raccontare di Trieste, città marinara tanto cara al mio cuore, e del Santuario della Grisa che è diventato per me il rifugio sicuro nelle tempeste della vita.

 

 

 

 

Il Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina è un Santuario Mariano cattolico a nord della città di Trieste. Sorge all'altitudine di 330 metri sul monte Grisa, da cui si gode di una vista spettacolare della città e del golfo. Fu progettato dall'ingegnere Antonio Guacci su schizzo del vescovo di Trieste e Capodistria Antonio Santin: la struttura triangolare evoca la lettera M, iniziale della Vergine Maria.  Il Santuario è caratterizzato da un'imponente struttura in cemento armato, con la presenza di due chiese sovrapposte.

 

 

Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina di Monte Grisa, con la sua mole domina la splendida città di Trieste ed il suo golfo

Il santuario fu consacrato il 22 maggio 1966

 

 

UN PO’ DI STORIA

 

Il santuario mariano di Monte Grisa, che domina il golfo di Trieste, è inconfondibile con la sua forma a M e la caratteristica struttura portante in cemento armato a triangoli che ne hanno fatto una delle più fotografate tra le chiese moderniste.

Nel 1945 l'arcivescovo di Trieste Antonio Santin fece un voto alla Madonna per la salvezza di Trieste, minacciata di distruzione dagli eventi bellici. Finita la guerra.

nel 1948 monsignor Strazzacappa propose di realizzare, con l'intervento di tutte le diocesi d'Italia, un tempio di interesse nazionale dedicato alla Madonna.

Nel 1959, papa Giovanni XXIII decise che il Tempio sarebbe stato dedicato a Maria Madre e Regina come simbolo di pace e unità tra tutti i popoli, in particolare tra entrambi i lati del confine, che dal luogo del santuario dista meno di 10 chilometri.

Da aprile a settembre di quell'anno ebbe luogo il cosiddetto "pellegrinaggio delle meraviglie": la statua della Madonna di Fatima attraversò varie città italiane e raggiunse Trieste, accolta dall'arcivescovo, il 17 settembre 1959. Due giorni dopo fu posta la prima pietra del grande tempio.

Era desiderio di tutti avere per il nuovo tempio una statua della Madonna di Fatima: a ciò provvide il vescovo di Leiria João Pereira Venâncio, il quale incaricò lo stesso scultore che aveva eseguito la statua per la capelinha di scolpirne una uguale per Trieste.

Il 22 maggio 1966 il tempio fu consacrato e iniziarono i pellegrinaggi dall'Italia e dall'estero.

Dal 2011 il Tempio può vantare la presenza di un coro che canta in stile gregoriano in seno alle cerimonie religiose: il Coro Incanto Gregoriano.  Il repertorio, oltre ai normali canti della Messa, esegue oggi delle magnifiche salmodie e litanie che il repertorio Gregoriano presenta e che, puntualmente, favoriscono la spiritualità, la devozione e la dimensione del Sacro.

 

Logo del Santuario Mariano

 

 

 

GLI ESTERNI DEL SANTUARIO

 

La facciata esterna dell’edificio mostra 3 grandi dimensioni architettoniche: la piramide ad indicare la trascendenza, la composizione dei triangoli ad indicarne la pluralità e la sua monolitica struttura ad indicarne l’unità.

Nella composizione di questi 3 grandi simboli, il Tempio anche dall’esterno, annunzia un messaggio sempre attuale: “l’unità nella pluralità si raggiunge quando si guarda in alto, dove si scorge maggiormente ciò che unisce anziché ciò che divide”.

 

 

 

 

 

 

Nel LINK sotto viene spiegata l’interessante Architettura dell’edificio con le sue SIMBOLOGIE E SPIRITUALITA’.

 

http://www.montegrisa.org/architettura-simbologia-e-spiritualita

 

Antonio Guacci

 

L’ing.  Antonio Guacci, docente dell’università di Trieste presso la facoltà di ingegneria civile, accolse l’invito del committente mons.  Antonio Santin, Vescovo di Trieste-Capodistria ad edificare un Tempio Mariano che raccogliesse la memoria di quattro eventi nazionali:

 

Il voto fatto dal presule per la salvezza di Trieste (30 apr. 1945)

Il ricordo dei soldati caduti e dispersi (1945)

Il dramma dell’Esodo Giuliano-Dalmata (1943-1956)

La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria (13 sett. 1959)

 

Antonio Guacci elaborò un originale progetto, un “Memoriale”, su un ciglione carsico a 330 metri sul livello del mare, visibile da tutti i paesi che si affacciano sul golfo. Il triangolo nel linguaggio simbolico biblico, rappresenta la trascendenza di Dio.

Nel Nuovo Testamento, richiama la prima verità della fede, la Trinità: un solo Dio in 3 persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Il volume dell’edificio è di c.a. mc 40.000, con un’altezza di circa ml. 40, con la superficie dell’aula inferiore di mq 1.600 e di quella superiore di mq 1.500; dimensioni ragguardevoli per un edificio di culto, tanto da renderlo assieme alla sua ubicazione il più maestoso di Trieste.

Le pareti a vetro della chiesa superiore conferiscono all’aula trasparenza e luminosità che la rendono in continuità con il cielo, il mare e la vegetazione circostante.

Tra le tante simbologie rappresentate in questo Santuario, a noi interessa segnalarvi anche un aspetto molto particolare che rispecchia il forte legame della Trieste marinara con il culto Mariano:

La chiesa superiore assomiglia alla “coperta” di una nave, dove l’altare maggiore, indica il “ponte di comando”: il “nocchiero” Cristo unendola a Se con il suo spirito, la sospinge verso la gloria del Padre.L’altare della Madonna, invece, in fronte all’altare dell’Eucarestia ne suggerisce la “rotta” della nave: “fate quello che Egli vi dirà” (Gv.2,5).

 

 

INTERNI DEL SANTUARIO

LA CHIESA SUPERIORE

 

 

GALLERIA D’IMMAGINI

 

 

 

 

 

LA CHIESA INFERIORE

http://www.montegrisa.org/chiesa-inferiore

 

 

La chiesa inferiore, invece, con gli intrecci dei fasci luminosi, con le sue “lame” di luce e le penombre donano all’interno un’aurea di mistero che invita alla riflessione ed al silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

DATI E DATE

 

Stato

 Italia

Regione

Friuli-Venezia Giulia

Località

Trieste

Coordinate

45°41′35.2″N13°44′57.18″E

Coordinate45°41′35.2″N 13°44′57.18″E (Mappa)

Religione

cattolica di rito romano

Titolare

Nostra Signora di Fátima

Ordine

Istituto Servi del Cuore Immacolato di Maria

Diocesi

Trieste

Consacrazione

1966

Architetto

Ing. Antonio Guacci

Stile architettonico

brutalismo

Inizio costruzione

1963

Completamento

1966

Sito web

Sito ufficiale del Santuario

 

 

Per chi ama Trieste segnalo i seguenti Link:

Trieste, breve esposizione della sua storia

https://www.trieste.com/citta/storia.html

 

 

La Risiera di San Sabba, il lager di Trieste

https://www.storicang.it/a/risiera-di-san-sabba-il-lager-di-trieste_15529

Il colle di San Giusto è il centro storico di Trieste

https://it.wikipedia.org/wiki/San_Giusto_(Trieste)

 

La grande festa del mare a Trieste: storie e curiosità sulla Barcolana

https://www.triesteprima.it/social/barcolana-storia.html

 

Triestini Celebri

https://www.trieste.com/citta/celebri.html

 

 

A cura di:

Carlo GATTI

 

Rapallo, 8 Maggio 2024

 

 


LA RAPALLO DI ALTRI TEMPI … LA TAVERNA AZZURRA

 

LA RAPALLO DI ALTRI TEMPI …

LA TAVERNA AZZURRA

 

 

Negli affascinanti anni del dopoguerra, quando la tensione della Guerra fredda permeava l'aria e le onde del Golfo Tigullio danzavano al ritmo delle navi da guerra americane, il mondo dei ragazzini come noi si dipingeva con note vibranti di colore e profumi impregnati di nuove scoperte, un quadro indelebile nel nostro album di ricordi.

 

Foto dell'autore

 

Di giorno, curiosi e pieni di meraviglia, ci avventuravamo lungo il Molo Langano di Rapallo per vedere gli alti e composti marinai americani sbarcare con le loro divise bianche, una visione affascinante che ci rapiva letteralmente. Era la prima volta che ci trovavamo di fronte a marinai di colore, una novità che ci riempiva di curiosità. Li seguivamo con gli occhi lucidi di meraviglia e, talvolta, ci sorprendevano con qualche dolciume, regali preziosi che custodivamo gelosamente nei nostri cuori di bambini, peraltro già emancipati da visioni orrende di bombardamenti e sparatorie notturne tra partigiani e nazifascisti.

Il profumo che emanavano, un misto di tabacco e sapone, ci avvolgeva come una carezza amichevole, lasciando dietro di sé una scia di pulito che sapeva di avventura e di mondi lontani.

 

 

 

In quei momenti, le strade si riempivano di vita, con gruppi di marinai che si aggiravano tra le bancarelle di souvenir, mentre altri esploravano gli angoli più nascosti del centro storico alla ricerca delle “lucciole” che, ad ogni arrivo di navi USA alla fonda, giungevano numerose dalle tane dell’angiporto di Genova per aprire la caccia al tesoro con le loro fruttuose avventure da vivere e raccontare...

Note di colore che noi “scoprivamo” ascoltando i commenti dei più grandi che  in seguito, per darci un tono malizioso, riferivamo ai nostri coetanei che tanti genitori tenevano ancora prudentemente per mano. Erano parole e concetti … che entravano per la prima volta in quel vocabolario che avremmo usato per sempre nel nostro quotidiano!

 

Alcune immagini della odierna TAVERNA AZZURRA …

 

 

 

E poi c'era la TAVERNA AZZURRA, un vero e proprio santuario della felicità, situato al centro della passeggiata a mare, dove una sinfonia di profumi esotici si mescolava con l’odore salmastro del mare. Il suo pianoterra ospitava un ristorante dai sapori autentici, mentre la terrazza sopraelevata si trasformava in un giardino incantato, ricco di colori, fiori e luci che incantavano lo sguardo e l'anima.

 

 

Ma era di sera che il vero incanto si manifestava. Nonostante le restrizioni imposte dai rigidi canoni educativi del tempo, noi ragazzini della collina di S. Agostino trovavamo rifugio nel magico mondo della musica che entrava con la brezza marina nelle nostre case fino a notte fonda senza chiedere il permesso.

 

 

Era il New World col suo jazz e swing, portate dalle big band nostrane alle prime armi, a creare un'atmosfera di festa e allegria che contagiava anche i nostri genitori, reduci dalle dure prove della guerra e desiderosi di ritrovare un po' di leggerezza e spensieratezza.

Insieme a quella “gioia musicale” che ci procurava emozioni e i primi brividi sulla nostra giovane pelle, eravamo travolti da odori intensi di carne alla brace che era un oltraggio alla miseria in cui eravamo nati e di cui ancora soffrivamo in quel periodo di dura e lenta ripresa.

Questa tavola imbandita di gioia e speranza era solo il primo capitolo di una storia di rinascita e speranza. Eravamo ancora con le pezze al culo, ma eravamo testimoni di un cambiamento epocale che avrebbe visto rifiorire tante altre "Taverne Azzurre" lungo i nostri litorali.

E così, tra profumi, colori e note di jazz, i ricordi di quei giorni lontani ma indimenticabili si fondono con la nostalgia di un tempo che non tornerà mai più, ma che continuerà a vivere nei nostri cuori per sempre.

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 2 Aprile 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


IL FARO DI SAN VINCENZO - Portogallo

FARO DI SAN VINCENZO

 

Latitudine: 37° 01' 30" Nord

Longitudine: 08° 59' 40" Ovest

 

Cabo de São Vicente: il Faro che guarda la “fine della terra”

 

 

Si trova sul promontorio più occidentale del continente europeo, il faro di Cabo de São Vicente è posizionato su una scogliera ripida all’estremità sud-occidentale del Portogallo, finis terrae che sfida la potenza dell’Oceano. Il faro  di Cabo de São Vicente è di medie dimensioni, alto 24 metri è poggiato su una scogliera di 75 mt. 

Risale al 1846, quando venne costruito per volere della Regina Maria II di Braganza dove un tempo c’era un convento francescano che era pure impegnato come “Servizio Postale” per i velieri di passaggio. Un capitolo di amore e solidarietà che i marinai di tutto il mondo raccontano alle nuove generazioni per non dimenticare!

 

 

Le lenti Fresnel, sono il cuore del Faro che si affaccia sullo sconfinato Oceano Atlantico.

 

 

Il meccanismo di illuminazione originario era alimentato ad olio, mentre l’attuale – che monta due lampade da 1.000 Watt e può essere visto fino a 60 chilometri di distanza (ovviamente dipende dalla visibilità, dall’assenza di nebbie e foschie, ecc.) utilizza l’elettricità. E’ considerato uno dei fari strategici per la navigazione, tra i più grandi del mondo.

Il promontorio dove sorge il faro, prima ancora di essere dedicato a San Vincenzo da Saragozza, patrono dei marinai il cui corpo martoriato, secondo la leggenda, si sarebbe arenato nei pressi del capo, era già conosciuto dall’antichità e ne parla il geografo greco Strabone che lo chiamò Ofiussa (luogo dei serpenti).

 

 

Non solo Geografia! Capo San Vincenzo rappresenta anche tanta Storia

Al largo di questo capo sono state combattute, nel corso dei secoli, numerose battaglie navali. 

 

 

 

 

I Fari del PORTOGALLO

 

 

 

ALCUNE IMMAGINI DEL

 

Cabo de São Vicente

 

 

 

 

 

RICORDI …

Navigare per anni attraverso l'oceano, dalla vastità delle Americhe alla vecchia Europa, non era solo un viaggio fisico, ma un'esperienza che scavava nel profondo dell'anima marinara di ognuno di noi.

L’attraversamento dell'Atlantico rappresentava sempre una sfida, una battaglia contro il tempo e gli elementi.

I ricordi si accavallano, ma ogni volta, l'attesa di vedere la “scopa” di luce notturna del faro di Cabo de São Vicente (Portogallo) che falciava il cielo, mi avvolgeva in un'atmosfera di profonda emozione.

Non c'erano comfort moderni o tecnologie avanzate a bordo, solo il duro lavoro dei marinai e la costante vigilanza per navigare nelle acque insidiose dell'Atlantico. Le notti erano lunghe e solitarie, con il suono cupo delle onde che battevano contro lo scafo della nave come un'eterna canzone di sfida: un Deguellio sull’oceano!

Cabo de São Vicente era l’unico segno certo di vita sulla terraferma dopo lunghi giorni di navigazione tra cielo e mare. Una vera forza nel buio nero dell'oceano che annunciava il mio abbraccio con la vecchia Europa, con la mia terra amata.

Un misto di felicità per il ritorno imminente ma anche di malinconia per il tempo perduto lontano dalla famiglia.

La vista del faro, con la sua luce intermittente tagliare l'oscurità, significava sopravvivenza, un'altra vittoria contro la natura selvaggia dell'oceano.

Eppure, non c'era tempo per festeggiare o per lasciarsi andare alla nostalgia della terra lontana. La vita di bordo richiedeva concentrazione e determinazione, con il pensiero della famiglia e del mio golfo ridossato e relegato a un secondo piano di fronte alla necessità di sopravvivere e completare la traversata.

L'avvistamento del Faro di Cabo de São Vicente non era solo un segno di avvicinamento alla terraferma, ma anche un momento di tensione e adrenalina per il traffico navale in entrata e in uscita dallo STRETTO DI GIBILTERRA.

 

 

Traffico Navale - Stretto di Gibilterra

 

 

Le correnti oceaniche e le tempeste imprevedibili rendevano ogni avvicinamento al faro un'impresa rischiosa, con l'equipaggio in allerta per affrontare le insidie sempre in agguato di rotte navali incrociate, vorticose e omnidirezionali.

 

 

Gibilterra Il moderno monumento simbolico delle Colonne dErcole al Cancello degli Ebrei.

 

 

 

 

CONTE DI SAVOIA – Passaggio dello Stretto di Gibilterra

 

Gibilterra era considerata, dagli antichi greci e romani, uno dei punti che delimitavano la terra conosciuta. Il mito vuole che sia stato il semidio Ercole a porre due Colonne ai lati dello Stretto di Gibilterra, tra i promontori di Calpe, ovvero la Spagna, e di Abila, l’Africa. Questo è il motivo per cui ancora oggi, simbolicamente, lo stretto è noto anche come Colonne d’Ercole.

 

Sul finale della traversata, le miglia nautiche scorrevano più veloci e il vecchio Continente, con le sue mitiche Colonne d’Ercole, era pronto ad accogliere la nostra nave tra le sue braccia. E così, mentre la luce del faro ci guidava verso casa, il mare continuava a suonare la sua musica, il suo Deguellio di ricordi e segreti di ogni viaggio. E io, nel cuore di quel mare infinito, mi sentivo a casa e straniero, avvolto nel dolce abbraccio della nostalgia e della speranza.

Tra poco saremmo entrati nel MARE NOSTRUM e già sentivo il profumo di casa immaginando le nostre famiglie trepidanti sulla banchina del porto di Genova dopo lunghi mesi d’attesa.

Quando infine la nave attraccava e l'equipaggio poteva mettere piede sulla terraferma, non c'era spazio per la malinconia o la contemplazione poetica. Era solo il momento di scaricare le merci, affrontare le formalità portuali e prepararsi per il prossimo viaggio, con l'oceano sempre in attesa di reclamare chiunque osasse sfidarne le profondità implacabili.

 

 

I POSTINI DEL MARE

 

https://www.marenostrumrapallo.it/post/

di Carlo GATTI e Nunzio Catena

 

 

ALCUNE NOTE TECNICHE SUL MISTERIOSO SERVIZIO DEL FARO

 

 

PORTATA GEOGRAFICA

E’ la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce, esclusivamente in funzione della curvatura terrestre. La portata geografica dipende quindi dall’altezza della luce e dall’elevazione dell’occhio dell’osservatore.

 

 

 

 

PORTATA LUMINOSA

E’ la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce in un dato istante, in funzione dell’intensità luminosa (o portata nominale) e della visibilità meteorologica (o trasparenza atmosferica) in atto.

Per definizione quindi la portata luminosa è variabile in funzione della trasparenza atmosferica.

 

 

 

Nei Fari più importanti, generalmente la portata luminosa è sempre maggiore della portata geografica, così che lo “scintillio della “scopa” del faro sul riverbero dell’acqua si manifesta a notevole distanza nelle ore notturne.

Dipende dalla velocità della nave e dalle condizioni meteo, ma si può dire che la scopa, anche in epoca moderna, anticipa di ore il segnale luminoso vero e proprio del faro, ed anche la gioia “irrefrenabile che il “marinaio” prova nel sentirsi “quasi” a casa.

Tutti i naviganti, in tutte le lingue e dialetti, lo chiamano: porto cosce! E ciò accadeva già molto tempo prima che Fabrizio De André immortalasse quel “desiderio” con la meravigliosa canzone JAMIN-A.

Quanti marittimi sono transitati davanti alla LANTERNA di Genova felici all’arrivo e tristi alle partenze sulle loro navi in rotta verso i sevenseas?

Solo LEI, la LANTERNA potrebbe dirlo dall’alto della sua maestà laica ed anche religiosa con il suo stemma crociato rivolto verso la città portuale.

 

 

 

IL FARO VISTO DA …

 

Non riesco a pensare a nessun altro edificio costruito dall’uomo che sia altruistico quanto un faro. Sono stati costruiti solo per servire.

(George Bernard Shaw)

Fare il guardiano è un dovere, una responsabilità. Bisogna essere predisposti. Le difficoltà sono moltissime, i gabbiani, i topi, l’isolamento, in cui trascini anche la famiglia. Con mia moglie e le mie tre figlie abbiamo passato anni interi vedendo pochissima gente. Ma almeno io la solitudine non la sentivo. A volte mi incanto pensando a quanti miliardi di occhi mi hanno visto senza che io li vedessi.

(Ex guardiano del faro di Lampione, al largo di Lampedusa)

Molti sostengono che il faro più bello del mondo sia quello di Bell Rock, piantato su uno scoglio del Mare del Nord, a 11 miglia dalla costa. Lo scoglio si chiama Bell proprio perché nel 1300 c’era una campana a segnalare la secca, ma dopo appena un anno se la prese un pirata olandese. Ogni inverno almeno sette navi scomparivano nella zona e una tempesta ne affondò 70 tutte assieme. Fu però la perdita nel 1804 della HMS York, un vascello di terza classe da 74 cannoni, a fare decidere il Parlamento a rispolverare una vecchia, impossibile idea dell’ingegnere scozzese Robert Stevenson, nonno dello scrittore Robert Louis:

Un-faro-in-mezzo-al-mare.

 

(La Stampa 2008)

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, mercoledì 27 Marzo 2024

 

 

 

 

 

 

 

 


YELLOW SUBMARINE - MARE NOSTRUM RAPALLO

 

YELLOW SUBMARINE

MARE NOSTRUM

RAPALLO

 

Navigando nelle Onde del Successo dei Beatles: La Leggenda di Yellow Submarine

 

Chiunque abbia mai sentito la melodia orecchiabile di "Yellow Submarine" dei Beatles non può negare il suo impatto indelebile nella storia della musica. È come se ogni nota trasportasse l'ascoltatore in un viaggio attraverso mari incantati, portando con sé un carico di gioia e nostalgia. Ma cosa rende questa canzone così speciale? Perché, nonostante gli anni passati dalla sua uscita, continua a far battere il cuore di milioni di persone in tutto il mondo?

Forse parte della magia risiede nel suo messaggio semplice ma potente. "We all live in a yellow submarine" - viviamo tutti in un sottomarino giallo. Le parole, così facili da canticchiare, celano un senso di unità e di comunità. È come se il complesso dei Beatles ci inviti a salire a bordo della loro bizzarra imbarcazione e a immergerci insieme in un'avventura senza tempo.

Ma è la musica o il testo che ha catturato l'immaginazione di così tanti? Forse entrambi. La melodia contagiosa, con il suo ritmo incalzante e le armonie perfettamente intonate, è sicuramente una parte fondamentale dell'attrattiva di "Yellow Submarine". Ma non possiamo ignorare il potere delle parole: il loro senso di giocosità e allegria, unito a una leggera vena di nostalgia, ha reso la canzone un inno generazionale.

Mentre ci immergiamo nelle note contagiose e nelle parole giocose di "Yellow Submarine", possiamo anche riflettere sulle connessioni sorprendenti che questa canzone ha con il mondo marittimo.

E se ci spostiamo dal mondo della musica a quello dell'esplorazione marina, possiamo trovare ancora più connessioni intriganti. Nel 1960, lo stesso anno in cui i Beatles iniziarono a dominare le classifiche musicali, il Batiscafo TRIESTE raggiunse profondità mai esplorate prima nella Fossa delle Marianne.

 

 

Batiscafo TRIESTE

 

 

 

Yellow Submarine - Museo Oceanografico di Monaco 

(foto sopra e sotto)

 

 

NOTA TECNICA DELL’EX SOMMOZZATORE DEL CONSUBIN (Comando Subacquei Incursori) della Marina Militare Italiana JOHN GATTI

 

C'è un motivo specifico per cui molti sottomarini utilizzati per ricerche e scopi scientifici sono dipinti di giallo. Il principale motivo riguarda la visibilità sott'acqua. Il colore giallo è uno dei più visibili e riconoscibili sotto la superficie dell'acqua, specialmente a grandi profondità dove la luce naturale è limitata.

L'acqua assorbe le lunghezze d'onda della luce in modo diverso, facendo sì che alcuni colori diventino meno visibili con l'aumentare della profondità. Il blu e il verde sono meno assorbiti, quindi permangono più a lungo, mentre i rossi scompaiono quasi subito. Il giallo, essendo un colore brillante, ha una migliore visibilità rispetto ad altri colori a profondità moderate, il che rende i sottomarini più facili da individuare durante le immersioni e le operazioni di salvataggio.

Inoltre, questa scelta cromatica aiuta nella differenziazione visiva dei sottomarini destinati alla ricerca da quelli militari, che tendono ad avere colorazioni più scure o mimetiche per ragioni di stealth e sicurezza

 

 

E che dire del Batiscafo Yellow Submarine esposto nel Museo Oceanografico di Monaco? Una coincidenza? Forse. O forse un omaggio sottile ai Beatles e alla loro canzone iconica. In fondo, il mare è stato sempre una fonte di ispirazione per l'umanità, un luogo di mistero e meraviglia che abbiamo cercato di esplorare e comprendere.

Infine, c'è qualcosa di poeticamente adatto nel fatto che i Beatles abbiano le loro radici nella città portuale di Liverpool, nota per la sua lunga storia marinara. In un modo o nell'altro, sembra che il richiamo del mare abbia permeato l'anima della band, trovando espressione nelle loro canzoni più celebri.

In un'epoca in cui milioni di canzoni vengono scritte ogni anno, è sorprendente vedere come poche di esse riescano a resistere alla prova del tempo e a diventare veri e propri classici. Ma "Yellow Submarine" è una di quelle canzoni. Con il suo mix irresistibile di melodia orecchiabile, testo incisivo e connessioni marinaresche intriganti, continua a navigare sulle onde del successo, portando con sé un carico di gioia e speranza per le generazioni future.

Allora, salite a bordo e lasciatevi trasportare dalla magia del sottomarino giallo. È un viaggio che non dimenticherete mai.

 

 

Navigando sulle Onde del Successo dei Beatles: La Leggenda di Yellow Submarine e i Nuovi Orizzonti di Mare Nostrum

In un momento di transizione e di nuovi orizzonti per l'Associazione Marinara Mare Nostrum, è opportuno riflettere sulla forza e l'incanto di una delle canzoni più iconiche dei Beatles: "Yellow Submarine". Mentre Mare Nostrum si prepara ad accogliere un nuovo Presidente, possiamo guardare a questa canzone non solo come un classico della musica leggera, ma anche come un auspicio di fortuna e successo per la nuova leadership che prenderà il timone.

"Yellow Submarine" è più di una semplice canzone. È un invito a unirsi in un'avventura senza tempo, a esplorare mari sconosciuti e a mantenere viva la fiamma dell'immaginazione. Con il suo messaggio di unità e comunità, la canzone offre una guida preziosa per coloro che si preparano a guidare Mare Nostrum verso nuovi traguardi.

 

 

Ed è in questa cornice che l'elezione del nuovo Presidente di Mare Nostrum assume un significato ancora più profondo. Come il Capitano di un'epica nave, il nuovo leader guiderà l'associazione attraverso le acque agitate della sfida e dell'opportunità, portando con sé la speranza di nuove scoperte e di un futuro luminoso.

In un mondo in cui molte canzoni vengono dimenticate nel vortice del tempo, "Yellow Submarine" brilla come un faro di speranza e ispirazione. Che possa portare la stessa fortuna e il medesimo spirito di avventura alla nuova navigazione di Mare Nostrum e alla sua guida.

Quindi, mentre alziamo le vele e ci prepariamo ad affrontare le onde del cambiamento, continuiamo a cantare insieme l'inno del sottomarino giallo. È un viaggio che non dimenticheremo mai.

 

 

TRADUZIONE YELLOW SUBMARINE – THE BEATLES

 

Testo tradotto di Yellow submarine (Lennon, McCartney) dei The Beatles [Parlophone]

 

In the town where I was born
Lived a man who sailed to sea
And he told us of his life
In the land of submarines

Nella città dove sono nato
Viveva un uomo che andava per mare
E ci ha detto della sua vita
Nella terra dei sottomarini

So we sailed up to the sun
‘Til we found the sea of green
And we lived beneath the waves
In our yellow submarine

Quindi abbiamo navigato fino al sole
Finché non abbiamo trovato un mare verde
E abbiamo vissuto sotto le onde
Nel nostro sottomarino giallo

We all live in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submarine
We all live in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submarine

Tutti noi viviamo in un sottomarino giallo
Sottomarino giallo, sottomarino giallo
Tutti noi viviamo in un sottomarino giallo
Sottomarino giallo, sottomarino giallo

And our friends are all aboard
Many more of them live next door
And the band begins to play

E i nostri amici sono tutti a bordo
Molti di più vivono nella porta accanto
E la banda comincia a suonare

We all live in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submarine
We all live in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submarine

Tutti noi viviamo in un sottomarino giallo
Sottomarino giallo, sottomarino giallo
Tutti noi viviamo in un sottomarino giallo
Sottomarino giallo, sottomarino giallo

Full speed ahead, Mr. Boatswain, full speed ahead !
Full speed it is, Sergeant !
Cut the cable, drop the cable !
Aye-aye, sir, aye-aye !
Captain, Captain !

Avanti a tutta velocità, Signor Nostromo, a tutta velocità !
A tutta velocità, Sergente !
Taglia il cavo, lascia cadere il cavo !
Sì-sì, signore, sì-sì !
Capitano, capitano !

As we live a life of ease (a life of ease)
Everyone of us (everyone of us) has all we need
(has all we need)
Sky of blue (sky of blue) and sea of green (sea of green)
In our yellow (in our yellow) submarine (submarine, ah-ha)

E mentre vivevamo una vita di comodità (una vita di comodità)
Ognuno di noi (ognuno di noi) ha tutto ciò di cui abbiamo bisogno
(ha tutto ciò di cui abbiamo bisogno)
Il cielo blu (il cielo blue) e il mare verde (il mare verde)
Nel nostro sottomarino (nel nostro sottomarino) giallo (giallo, ah-ha)

We all live in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submarine
We all live in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submarine

Tutti noi viviamo in un sottomarino giallo
Sottomarino giallo, sottomarino giallo
Tutti noi viviamo in un sottomarino giallo
Sottomarino giallo, sottomarino giallo

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 20 Febbraio 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


La Colonia Fara di Chiavari Diventa Grand Hotel Torre Fara

 

La Colonia Fara di Chiavari

Diventa

 

GRAND HOTEL TORRE FARA

 

Grand Hotel Torre Fara come si presenta oggi

 

Grand Hotel Torre Fara con le sue ali dispiegate

 

 

La colonia in abbandono nel 2014

 

Grand Hotel Torre Fara come si presenta oggi

 

Introduzione

La Torre Fara, originariamente stabilita come Colonia Fara a Chiavari, si erge come testimonianza della resilienza e del potenziale di rinascita architettonica. Un tempo abbandonato e lasciato in decadenza, questo sito emblematico ha subito una trasformazione ristrutturativa, emergendo come un faro di lusso e conservazione storica.

Il progetto di ristrutturazione

Iniziato nel 2015 dopo anni di abbandono e dispute legali, il progetto mirava a riproporre il sito come un hotel contemporaneo a quattro stelle, completo di ristorante, spa, lounge bar e un ampio parco verde. Questa iniziativa non solo ha salvato una struttura storica ma ha anche introdotto una moderna costruzione che rispetta appieno il suo passato.

Oltre al valore intrinseco dell'edificio, si è realizzato un notevole progetto di riqualificazione dell'area circostante la Torre Fara. Questo include l'istituzione di un nuovo percorso pedonale, denominato "Lungomare dei Gotuzzo-Costruttori Navali", che si estende da Piazza Gagliardo fino all'ex cinema della Fara.

La nuova via pedonale prosegue verso il litorale antistante la Torre Fara ed è dedicata alla memoria degli esuli istriani e dalmati. Questo omaggio ricorda gli italiani di Istria e Dalmazia che trovarono rifugio nella Colonia Fara, in fuga dalle persecuzioni della dittatura jugoslava.

All'interno della Colonia Fara di Chiavari, l'esplorazione stilistica attinge da influenze notevoli, tra cui le teorie futuriste e le avanguardie russe, evidenziando un'attrazione verso l'estetica della velocità e della macchina. L'architettura dell'edificio, caratterizzata da forme curvilinee e basamenti con ali laterali simmetriche, evoca l'immagine di un aeroplano, simbolo laico del dinamismo futurista. Questo richiamo sembra ispirarsi direttamente ai lavori di Enrico Prampolini e Adalberto Libera per il Padiglione Italiano dell’Esposizione Universale di Chicago (1933), con la sagoma arrotondata della torre che allude alle coperte delle navi, ai fari visionari, alle aerostazioni e ai grattacieli meccanici delle città futuriste, come rappresentato nei loro progetti e aeropitture.

 

Passeggiata a mare

 

La commissione toponomastica  e la Giunta Comunale riunitasi giovedì 18 giugno 2020 in Comune a Chiavari (Genova), hanno deliberato di intitolare due nuove passeggiate a mare, una delle quali agli Esuli Italiani di Istria, Fiume e Dalmazia.

Lo spunto per questa meritoria iniziativa nasce dal buon ricordo che il fiumano Oscar Sergi ha lasciato nella località, insegnando al Nautico di Camogli per oltre vent’anni e diventando il simbolo degli Esuli.

 

L’edificio ristrutturato, illuminato con il Tricolore nel 2020

 

Situata nella pittoresca Riviera del Levante ligure, la città di Chiavari si distingue per il progetto di riqualificazione moderna e sostenibile di un significativo edificio pubblico risalente agli anni '30 del XX secolo. L'architetto Enrico Pinna ha guidato il processo di rinnovamento, sostenuto dall'impegno congiunto di una coalizione di cinque imprenditori e portato a compimento grazie al contributo di dodici aziende locali liguri. Questo intervento di riqualificazione ha abbracciato anche la creazione di una passeggiata a mare, frutto della trasformazione dell'area precedentemente occupata dalla ex colonia Fara.

 

Vista panoramica

 

Un caso studio di recupero del patrimonio architettonico moderno

La trasformazione dell'ex colonia Fara a Chiavari, Italia, segna una rinascita notevole. Originariamente costruito negli anni '30 del XX secolo su disegno dell'ingegnere Camillo Nardi Greco (1887-1968) in collaborazione con l'architetto Lorenzo Castello, questo edificio a torre fu inaugurato nel 1935 come destinazione vacanziera per 400 bambini sul Golfo del Tigullio. Composto da due volumi principali - una base orizzontale di 1300 metri quadrati e una struttura verticale arrotondata alta 49 metri - l'edificio rappresenta un pezzo di storia architettonica.

Il progetto di recupero è stato guidato dall'architetto Enrico Pinna dello studio genovese Pinna Viardo Architetti, conosciuto per il suo lavoro sui recuperi modernisti, insieme all'architetta Sonja Serventi e al geometra Alessio Gotelli di Chiavari.

Dopo vari cambi di destinazione d'uso nel dopoguerra, l'edificio è stato abbandonato negli anni '80, nonostante la sua posizione unica con viste che spaziano da Portofino a Punta Manara. Il cammino verso la riqualificazione è stato lungo e complesso, supervisionato dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio della Liguria, che ha monitorato il restauro delle colorazioni originali e delle aeropitture che decoravano l'edificio.

Il progetto, culminato grazie all'iniziativa di cinque imprenditori del Tigullio e con il sostegno del comune di Chiavari, ha rappresentato un investimento significativo di quasi 30 milioni di euro, con un impatto positivo sull'economia locale grazie all'impiego di aziende e materiali regionali. La riqualificazione ha esteso la sua attenzione anche alla passeggiata sul mare di via Preli, rendendola accessibile alla comunità senza barriere.

Oggi, l'ex colonia Fara inizia una nuova vita. Il Grand Hotel Torre Fara occupa i piani terra e primo, offrendo un ristorante con vista mozzafiato nel suo emiciclo centrale, oltre a una spa, un auditorium e un bar con dehors nel parco. Sui nove piani superiori sono stati realizzati 18 appartamenti di lusso, con non più di due unità per piano, seguendo le direttive della Soprintendenza.

I materiali originali come l'ardesia e il travertino sono stati attentamente selezionati per il restauro, insieme a finiture facciali in "cocciopesto" e mobili d'epoca restaurati, mostrando un equilibrio tra tradizione e innovazione. L'introduzione di un impianto geotermico e di sistemi di domotica all'avanguardia evidenzia l'impegno verso la sostenibilità ambientale, posizionando Torre Fara all'avanguardia nel recupero di edifici storici con classificazione energetica A.

Il Grand Hotel offre accesso diretto alla spiaggia, una piscina esterna, e il Torre Fara – Lounge & Bistrot, dove gli ospiti possono godere di cocktail ammirando il tramonto su Portofino. Con 31 camere e due suite esclusive, il progetto ha catturato l'attenzione sin dalla sua concezione, ricevendo ampi riconoscimenti dalla stampa specializzata e celebrando lo spirito mediterraneo e europeo dell'architettura.

 

Album Fotografico

Il recupero di un edificio razionalista vecchio di 80 anni, oggi è godibile in tutto il suo splendore, anche solo attraverso gli scatti del fotografo di architettura:

GIANLUCA GIORDANO

 

Panorama verso ponente visto dalla spiaggia

 

Panorama verso sud

 

Vista dalla passeggiata a mare

 

Esterni

 

Particolari architettonici

 

Terrazza

 

Ristorante

 

Entrata lato mare

(notare l'apertura alare della struttura)

 

Ristorante

 

Panorama dalla terrazza

 

Tramonto

 

Esterno

 

Terrazza

 

Terrazza

 

Torre Fara e le colline

Lungomare Esuli Italiani d'Istria, Fiume e Dalmazia

 

 

Suite con zona giorno e vista sul mare

 

 

 

 

 

 

 

COLONIA FARA NELL'ARTE

https://www.internetculturale.it/

Filippo Tommaso Marinetti

 

FUTURISMO

Qual è il tema principale del Futurismo?

Il futurismo è il rifiuto del presente e della società borghese, si esalta la macchina, la tecnica, la grande industria, la velocità e l'aggressività.

l futurismo vede nella poesia lo strumento per esaltare con ottimismo l'era industriale, la bellezza della tecnica e della tecnologia, del movimento, della macchina e della corsa. Esso si organizza intorno a vari manifesti teorici che ne definiscono le caratteristiche in ogni campo.

Che cos'è il Futurismo in breve?

Il Futurismo intende sostituire la razionale comprensione della realtà con un'idea di arte in grado di rappresentare il dinamismo; l'obiettivo finale è quello di rompere con il passato, considerato un mix diabolico di ignoranza e superstizione, così da poter modificare in maniera radicale la società.

 

Cosa voleva rappresentare il Futurismo?

I Futuristi erano un gruppo di giovani intellettuali innamorati del progresso che si proponevano lo scopo di rompere i legami con il passato e attuare una rivoluzione all'interno della società attraverso opere volutamente provocatorie.

 

Qual è lo scopo del manifesto del Futurismo?

Il Manifesto del Futurismo fu scritto da Filippo Tommaso Marinetti e pubblicato nel febbraio 1909 in forma di declamatoria per fornire una raccolta concisa di pensieri, convinzioni e intenzioni dei Futuristi.

Quali sono i valori su cui si fonda la visione futurista?

I valori su cui intende fondarsi la visione del mondo futurista sono quelli della velocità, del dinamismo, dello sfrenato attivismo, considerati come distintivi della moderna realtà industriale; dal punto di vista politico esprimono il rifiuto del parlamentarismo, del socialismo e del femminismo (delle forme esistenti...)

 

 

Marinetti, Il manifesto della letteratura futurista?

Nel manifesto del futurismo, Marinetti esprime violente critiche verso l'arte e la cultura che l'hanno preceduto: -critiche alla cultura: bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sforzo e magnificenza per aumentare l'entusiasmo fervore degli elementi primordiali.

 

Chi sono i più importanti artisti futuristi?

Il primo nucleo di futuristi. Il primo nucleo del Futurismo, composto da Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Antonio Sant'Elia, Giacomo Balla e Gino Severini, si forma a Milano nell'abitazione del poeta Filippo Tommaso Marinetti.

 

Qual è l'artista più importante del Futurismo?

Filippo Tommaso Marinetti

Il futurismo è il primo movimento che, staccandosi dalla precedente tradizione culturale italiana, si dà un programma preventivo, rompendo con il passato e proiettandosi verso il futuro. Il fondatore del Manifesto che illustra le principali ideologie futuriste è Filippo Tommaso Marinetti.

 

F.T. Marinetti nel 1930 ca.

 

Marinetti nella casa di Piazza Adriana a Roma

 

Marinetti - poeta, scrittore, fondatore e animatore del Futurismo - nacque ad Alessandria d'Egitto il 22 dicembre 1876 e morì a Bellagio, sul Lago di Como, il 2 dicembre 1944. Suo padre, l'avvocato Enrico, era di una famiglia di Pontecurone, tra Voghera e Tortona, e si era stabilito ad Alessandria d'Egitto nel 1873, attratto dalla fioritura economica avvenuta in quella città dopo l'apertura del canale di Suez. Sua madre, Amalia Grolli, era figlia di un avvocato di Milano. Marinetti è universalmente noto come Filippo Tommaso Marinetti, ma in forza d'una serie di motivi - burocratici, scherzosi, casuali, estetici - fu anche chiamato o indicato con molti altri nomi: e questa insolita abbondanza onomastica ben si addisse alla sua personalità di uomo plurale, come fu definito. Scrisse, forse per celia, di chiamarsi Filippo Achille Giulio, ma all'anagrafe fu Emilio Angelo Carlo, si diplomò come Philippe Achille Émile, si laureò come Filippo e andò soldato come Emilio. Per i genitori, per il fratello Leone (di tre anni più grande, morto giovane) e per i compagni dell'adolescenza fu Susù, Thomas o Tom. Per alcuni futuristi fu Effetì; e qualcuno si stupì notando che la moglie, qualche volta, lo chiamava col cognome: Marinetti.
Ad Alessandria d'Egitto, Marinetti seguì gli studi, sin quasi alla vigilia dei baccalaureato, in un collegio di gesuiti lionesi intitolato a San Francesco Saverio. Prese però a Parigi il diploma di bachelier, e per compiacere il padre ch'era tornato intanto a Milano con una cospicua fortuna, s'iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Pavia. Poi passò all'Università di Genova e vi si laureò nel 1899. Ma anziché intraprendere la professione di avvocato, per la quale non aveva alcuna inclinazione, secondò la vocazione letteraria, segnalandosi in alcuni circoli culturali di Parigi, dove già l'anno prima era stato premiato, su proposta di Gustave Kahn e di Catulle Mendes, per il poemetto in versi liberi Vieux marins, apparso nell'«Anthologie Revue de France et d'Italie». A Parigi, nel 1902, è edito il primo libro di Marinetti, il poemetto La Conquête des Étoiles. Ma è a Milano che egli fa uscire nel 1905, a sue spese, la sontuosa rivista internazionale "Poesia", che andrà avanti fino al 1909 e gli permetterà di tessere una rete di relazioni in Europa. A "Poesia" collaboreranno, tra gli altri, Pascoli, Jarry, Claudel, Verhaeren, Paul Fort, Unamuno, Cocteau, Trilussa, Stuart Merril, Palazzeschi, Govoni, Yeats, Ada Negri, Gozzano, Diego Valeri, Buzzi, Marin, Camille Mauclair, Rachilde e molti giovani e giovanissimi, che diventeranno noti.

L’aspetto più vistoso di questo movimento rivoluzionario è il rifiuto totale dei valori tradizionali dal passato, considerati dai suoi esponenti espressione di ignoranza e di superstizione. I futuristi si fanno infatti interpreti di una nuova concezione della vita basata sulla fede nel futuro e nel progresso tecnologico.

Gli artisti futuristi esaltano gli ideali della velocità, del dinamismo, della forza materiale, della violenza, della guerra concepita come sola igiene del mondo. Al culto dei sentimenti, dell’analisi interione, alla meditazione e al silenzio contrappongono lo slancio vitale, aggressivo e prepotente, il chiasso, la luce abbagliante.

È evidente che tali principi generano fanatismi e ideologie di potere e di forza che porteranno alla Prima guerra mondiale e ispireranno il fascismo. Per interpretare questi nuovi atteggiamenti i futuristi ricorrono a un linguaggio caratterizzato dall’uso delle cosiddette parole in libertà. Il loro linguaggio rifiuta le strutture sintattiche e grammaticali tradizionali a favore di una libera associazione delle parole.

Fondatore di questo movimento è Filippo Tommaso Marinetti, autore dal manifesto futurista, che indica i principi che ispirano il movimento, e del Manifesto Tecnico della letteratura futurista, relativo alle caratteristiche del linguaggio.

 

Progetto

 

Realizzazione

 

 

 

ARCHITETTURA FUTURISTA

 

 

 

 

Al centro dell'attenzione degli architetti futuristi c'è la città, vista come simbolo della dinamicità e della modernità. Di conseguenza l'architettura futurista non va guardata solamente come uno sviluppo dell'evoluzione dell'estetica dell'architettura, ma con una visione spirituale del mondo moderno, dominato dall'aria e dalla velocità.

 

Perchè si chiamò Colonia Fara?

 

Generale Gustavo FARA

 

 

Nato a Orta Novarese l'18 settembre 1859 frequenta l'Accademia di Modena dalla quale ne esce sottotenente nel 1880. Assegnato all'8° reggimento Bersaglieri conseguì la nomina a Tenente nel 1881. Dopo alcuni anni di servizio tornò in Accademia come insegnante. Nel 1888 promosso Capitano chiese ed ottenne di partire per l'Eritrea in forza al I battaglione coloniale. Fu decorato della Croce di cavaliere dell'O.M.S. per il combattimento di Agordat (27/6/1890). Rientrato in patria l'anno successivo, comandò da maggiore il 34° battaglione del 10° reggimento Bersaglieri. Promosso Colonnello assunse il comando nel 1910 del 11° reggimento col quale l'anno successivo partecipò alla campagna di Libia. Per i fatti d'arme che vanno da Sciara Sciat a dicembre meritò la promozione a Generale sul campo e la medaglia d'oro per l'l1°. All’oscuro del comando supremo il generale Pecori Giraldi inviò il 19 dicembre 1.500 uomini al comando del colonnello Gustavo Fara contro l’oasi Bir Tobras, a 15 chilometri da Ain-Zara. Si sospettava a ragione che nell’oasi fossero tenuti in ostaggio le famiglie di alcuni notabili che si erano da poco sottomessi all'Italia. Sono due battaglioni di bersaglieri e uno di granatieri che partono alle ore 2,30 della notte ma le guide si perdono e raggiungono la meta solo alle 9 del mattino. Appena fuori dalle dune, le nostre truppe si trovano davanti duemila nemici. Il colonnello Fara lancia sul fianco minacciato un battaglione di bersaglieri che arresta il movimento nemico. Gli arabi tentano un avvolgimento sul lato destro, il colonnello provvede con un altro battaglione di bersaglieri. La battaglia, molto violenta, finisce a mezzogiorno. Sei italiani e centinaia di arabi sono a terra ma l’iniziativa non piace a Caneva che accusa anche i due (Pecori Giraldi e Fara) di incompetenza e di rischio scampato (naturalmente se ne avessero trovato il doppio ....). Diverso fu il parere del generale L. Cadorna che, scrivendo all'aiutante di campo del re, generale U. Brusati, appuntò le critiche solo su Pecori Giraldi, mentre per il F. ebbe parole di encomio, caldeggiandone la promozione a maggiore generale; questa giunse infatti pochi giorni dopo con missiva del re.Umberto I

Al comando di una Brigata mista condusse nell'estate del 1912 la conquista di tutte le località costiere, per la quale venne questa volta lui insignito di Medaglia d'Oro nel 1913. Allo scoppio della Grande Guerra col grado di Tenente Generale ebbe il comando della 4a divisione rimanendo ferito sul Sabotino il 24 ottobre 1915. Ebbe altri incarichi e la Medaglia d'Argento a Monfalcone nel 1917. Passato al comando della 47a divisione composta tutta da Bersaglieri, raggiunse l'altopiano della Bainsizza. Ancora coi bersaglieri nelle giornate di Vittorio Veneto. Per i fatti conclusivi della guerra fu nominato Grande Ufficiale dell' O.M.S. Ebbe comandi nel dopoguerra fino al suo collocamento nella riserva.  Morì a Nervi il 24 febbraio 1936.    

http://www.treccani.it/enciclopedia/gustavo-fara_(Dizionario-Biografico)/
Dalla scheda del senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 12/3/1936

Dati anagrafici: Gustavo FARA
Data di nascita:18/09/1859 Data del decesso: 24/02/1936
Luogo di nascita: ORTA NOVARESE (Novara)- oggi ORTA SAN GIULIO (Novara) Luogo di decesso:GENOVA-NERVI
Padre: Carlo - Madre: BEDONE Antonietta Coniuge:MAZZONI Giulia
Luogo di residenza: GENOVA Indirizzo: Via Vittorio Emanuele II, 10

Titoli di studio:Scuola militare Professione: Militare di carriera (Esercito) Carriera: Generale di divisione (22 luglio 1923)
Titoli professionali, accademici e altri titoli: Ispettore dell'Associazione nazionale combattenti
Attività politica: PNF GENOVA Iscrizione:02/05/1922 UNFS Si Iscrizione:29/05/1929
Nomina a senatore 22/12/1928 Convalida nomina:09/05/1929 Giuramento: 10/05/1929 Relatore: Luigi Rava
Servizi bellici Periodo:1887-1890 campagna d'Africa; 1911-1912 guerra italo-turca; 1915-1918 I guerra mondiale Arma: Esercito
Decorazioni: Medaglia d'oro per le campagne d'Africa, Croce d'oro per anzianità di servizio, Medaglia commemorativa della guerra italo-turca, Medaglia d'argento al valore militare, Distintivo d'onore per i feriti di guerra, Medaglia Mauriziana al merito militare di dieci lustri, Croce al merito di guerra, Medaglia interalleata della Vittoria, Medaglia commemorativa della guerra 1915-1918, Medaglia a ricordo dell'Unità d'Italia

Commemorazione
Figura di leggenda pareva quella di Gustavo Fara, prode fra i più prodi, che visse senza soste e senza ombre tutta una vita di eroi. Il 27 giugno 1890 il giovane capitano Fara, novarese, con due sole compagnie indigene, affrontava e sgominava presso Agordat, un migliaio di Dervisci mahdisti penetrati in territorio eritreo. Per quell'operazione egli si guadagnò la croce dell'Ordine militare di Savoia. Al comando del glorioso 11° reggimento bersaglieri, il colonnello Fara compì poi, durante la campagna libica, gesta di valore che gli meritarono, insieme con la più viva e diffusa popolarità, la medaglia d'oro e la promozione a maggior generale sul campo. Durante la grande guerra, il generale Fara tenne il comando di una divisione militare, combattendo strenuamente alla testa di essa su tutti i settori più contrastati del fronte. Fu ferito sul Sabotino, ebbe altre decorazioni al valore e il grado di grande ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia. Solo chi lo vide sulla linea del fuoco, durante le epiche giornate dell'ottobre 1911 in Tripolitania e nei momenti più duri e ardui delle nostre offensive sull'Isonzo, può avere un'idea di quel che fosse Gustavo Fara come esempio e animatore di eroismo. Egli era veramente una natura che potremmo dire favolosa di guerriero e nello stesso tempo, come non di rado si vede in simili tipi umani, un buono, dolce e candido spirito quasi di fanciullo. Un tal uomo non poteva rassegnarsi ai tristi ozi della giubilazione quando, subito dopo la guerra, l'Esercito e la Patria furono abbandonati agli oltraggi e alle minacce dei facinorosi. Gustavo Fara fu dunque fra i primi e più baldi campioni del Fascismo, continuando fra gli squadristi in camicia nera l'attività svolta già con tanto onore fra i suoi bersaglieri, i suoi fanti. Egli partecipò alla Marcia su Roma al comando di una colonna e subito dopo fu nominato comandante della III zona della milizia volontaria. Dal 1929 faceva parte del Senato che nutriva per il glorioso soldato un sentimento unanime di simpatia e di ammirazione. Alla memoria di lui e degli altri Colleghi scomparsi l'Assemblea si inchina con affettuoso rimpianto.

MUSSOLINI, Capo del Governo, Primo Ministro. "Domando di parlare". PRESIDENTE. "Ne ha facoltà".
MUSSOLINI, "Il Governo si associa alle alte parole di cordoglio e di rimpianto pronunziate dal Presidente di questa Assemblea".

 

 

UNA NOTA AFFETTIVA:

Nel corso dell'articolo abbiamo accennato alla figura del professore di Navigazione e Astronomia, il profugo fiumano OSCAR SERGI, che ha lasciato un'impronta indelebile nell'Istituto Nautico di Camogli per oltre due decenni ed è ancora il  punto di riferimento storico e morale degli Esuli  Italiani di Istria, Fiume e Dalmazia.

Gli stessi autori dei due articoli sulla Colonia Fara e Torre Fara qui pubblicati: Ernani Andreatta e Carlo Gatti, ad ogni occasione ripetono:

"Abbiamo avuto il privilegio di essere stati suoi allievi in quegli anni tumultuosi del dopoguerra, quando gli insegnanti erano pilastri solidi come il mare stesso, e rivolgersi a loro con il 'tu' era impensabile".

Personalmente vorrei aggiungere che nel trascorrere degli anni, ho avuto modo di incontrare il Professore SERGI per le strade di Rapallo,  sua città adottiva, e ho potuto cogliere un lato diverso della sua personalità. OSCAR SERGI, severo in aula, si trasformava in un uomo colmo di affetto e orgoglio quando mi interrogava sui miei progressi professionali a bordo. In quegli sguardi, scorgevo una commozione malcelata, una gioia sincera nel vedere i suoi ex studenti realizzare i loro sogni.

Da rigido maestro si era trasformato in un amico premuroso, testimone silenzioso dei nostri successi e delle nostre sfide. In questo giorno, vorrei rivolgere a lui un caloroso abbraccio, ovunque si trovi. La sua influenza continua a guidare le nostre vite, navigando come una stella guida nel vasto oceano della memoria. Grazie, Professore, per essere stato più di un educatore: sei stato un faro di ispirazione e affetto per tutti noi."

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 14 Febbraio 2024

 

 

 

 

 


CHIAVARI - RIONE SCOGLI: COLONIA FARA

 

CHIAVARI - RIONE SCOGLI: COLONIA FARA

 

La Colonia Fara quando era in pieno esercizio nel 1938

 

La Colonia Fara nel 2014

 

 

 

La colonia Fara, intitolata alla memoria del generale Gustavo Fara é sita in via Preli a Chiavari e nacque come colonia estiva. La struttura fu commissionata dal Partito Nazionale Fascista nel 1935 come luogo e soggiorno di villeggiatura marinaro per bambini, da utilizzarsi prevalentemente nel periodo estivo. L’edificio è un esempio del Razionalismo Italiano. Una curiosità: l’impianto architettonico rappresenta un aereo con il muso verso il basso e la coda verso il cielo.

 

 

In questa foto si vede più nitidamente il profilo delle ali d’aereo

 

Proponiamo alcune foto inedite della costruzione della colonia fara e, nel 1938 quando, appena terminata, ospitò i figli dei coloni libici. La colonia Fara fu inaugurata dallo stesso Benito Mussolini assieme allo stabilimento Balneare Lido costruito durante il podestariato di Francesco Tappani.

 

LE ALI DELL’UNESCO

DUCE ALLA COLONIA FARA. CHIAVARI

https://www.youtube.com/watch?v=ze4fwvzNwNw

Contrariamente a quanto credono tutti, questa Colonia sino ai primi anni di guerra non ospitò mai bambini del nord Italia. Quando fu costituito l’impero nel 1935 Mussolini, per dare un “futuro” a molti coloni Italiani ne mandò in Libia ben 20.000. 

Ma nel 1940, quando già spiravano venti di guerra, in Libia fece terminare le scuole a Maggio e ai primi di Giugno  (la guerra fu dichiarata il 10 Giugno appunto), fece tornare in Italia quasi un migliaio di questi bambini e alcune centinaia furono ospitati  nella colonia Fara con l’ottica,  diciamo umanitaria,  di toglierli dai futuri pericoli dei campi di guerra della Libia. In realtà questi bambini passarono ben sei anni lontano dai propri genitori e soltanto nel 1945 poterono ricongiungersi con le le rispettive famiglie. Il museo Marinaro Tommasino-Andreatta è in possesso dei filmati dell’Istituto Luce che confermano quanto sopra. 

Pertanto la Colonia Fara ospitò soltanto bambini figli dei coloni libici e negli anni seguenti, verso la fine della guerra diventò sede di ospedale per feriti di guerra e negli anni ’50 ospitò per alcuni anni i profughi istriani fuggiti dalla persecuzioni di Tito. 

Fu anche sede di una Scuola Elementare denominata FARA e da molti anni è in uno stato di degrado incredibile. Anche l’area dell’Ex Cantiere Navale completa il degrado tanto che da molti quell’area non viene più chamata rione Scogli, ma bensì Rione “Kabul”.

 

 

 

 

Uno dei tanti articoli che parlano del degrado di questa zona di Chiavari

 

 

 

 

Ecco come si presentano oggi gli interni di una struttura che fu presa, a suo tempo, come esempio di arte e funzionalità, da parte dei massimi esperti del mondo.

 

Ernani ANDREATTA

Rapallo, 25 Agosto 2014

a cura del webmaster Carlo GATTI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LE LUNAZIONI PER L'ANNO 2024

 

La luna, il Monviso e la basilica della Superga

 

 

 

 

LE LUNAZIONI PER L'ANNO 2024

 

Nel rispetto di una lunga tradizione che unisce le Associazioni

MARE NOSTRUM RAPALLO

 

 

Il SESTANTE

 

 

 

Pubblichiamo

 

LE LUNAZIONI PER L’ANNO 2024

CHE NASCERA’ TRA POCHE ORE

 

Rivolgiamo un doveroso RINGRAZIAMENTO al STV Enzino Gaggero (Associazione Culturale il SESTANTE) per il prezioso regalo che ci ha inviato

 

 

MARE NOSTRUM RAPALLO

31 Dicembre 2023

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


AUGURI DI NATALE - IL MIRACOLO DEL NATALE 1914

 

AUGURI DI NATALE 2023

 

Carissime Amiche e cari Amici,

 

 

In questo periodo natalizio, mentre il freddo dell'inverno avvolge gli Stati e il Mare che li unisce, mi ritrovo a riflettere sulla connessione speciale tra il mondo di terra e il vasto oceano che, in passato, è stato teatro delle epiche gesta dei nostri navigatori. È un legame che risale a tempi lontani, grazie anche alle invenzioni rivoluzionarie come quella di G. Marconi, che ha donato al mondo uno strumento prezioso, permettendo ai cuori lontani di pulsare all'unisono durante il NATALE DEL MARINAIO.

"A Natale tutte le strade conducono a casa"

Una frase che ha un significato ancora più profondo quando si parla dei marinai. È un pensiero virtuale, ma reale, che unisce chi è in mare a chi è sulla terraferma in un legame affettivo profondo. Nella magia delle luminarie che danzano sulle note natalizie, si crea un palcoscenico fiabesco che rimane inciso negli occhi dei bambini, ma anche nel cuore di coloro che, lontani fisicamente, sono uniti spiritualmente.

Ricordo certe notti invernali nell'attesa della  X-MAS Eve rollando e beccheggiando tra le onde, quando tutto l’equipaggio nascondeva dentro di sé il pensiero del calore di casa.

È in quei momenti che la nostalgia si fa più intensa, ma allo stesso tempo, si rafforza il senso di comunità tra chi vive la vita del mare.

La domanda di un bambino, "Dov'è papà?", trova risposta nel buio dell'oceano, là dove finiscono le luci e comincia il mistero, il mare che presto porterà papà a casa con tanti regali.

In ogni parte del mondo, la vita del marittimo e della sua famiglia è segnata dalla stessa nostalgia durante le Feste Natalizie, un sentimento che si fa sofferenza e tristezza.

 

 

Mentre da noi la concezione di un detto famoso: "I VIVI, I MORTI E I NAVIGANTI" è ancor più palpabile, come se coloro che solcano gli oceani appartenessero a una stirpe speciale, uniti dalla forza del mare e dalla storia che li lega, al contrario, nelle terre bianche e fredde del Nord, la tradizione marinara radicata nei secoli fa sì che la gente di mare si senta meno sola durante LE FESTIVITA' NATALIZIE.

Quando scatta l’ora X-mas tutte le Istituzioni e i media entrano in azione facendo a gara nel contattare le navi in ogni parte del mondo per lo scambio degli Auguri.

Confesso d’aver sempre provato una certa invidia per questi legami terra-mare vissuti altrove: rapporti umani che almeno in questo Speciale Periodo  andrebbero rinsaldati ancor prima si sfilacciarsi, interrompersi e finire irrimediabilmente nelle tante “sentine” della Storia navale come, purtroppo, è accaduto dalle nostre parti.

Mi piace pensare che proprio in questi giorni la nostra Associazione possa essere un faro virtuale di sostegno e vicinanza per tutti i marinai, una bussola che li guidi attraverso le onde della nostalgia verso la riscoperta delle radici umane e marinare di cui andiamo fieri.

 

 

Auguro a tutti i membri di MARE NOSTRUM RAPALLO e agli Amici che ci seguono nel mondo 

Buon Natale 2023 sereno e colmo di ricordi leggendari che navigano come stelle nel cielo notturno, nella speranza che il messaggio di pace e amore possa risuonare in ogni cuore, superando le barriere create dalle circostanze più difficili.

Con stima e affetto

 

Carlo GATTI

Rapallo, 22 Dicembre 2023

 

 

 

2023 - UNA VIGILIA DI NATALE DIFFICILE

DUE GUERRE IN CORSO

IN QUATTRO NAZIONI SI MUORE OGNI GIORNO SOTTO I BOMBARDAMENTI

 

La storia complessa e intricata delle relazioni tra nazioni e popoli spesso riflette una serie di fattori, tra cui questioni politiche, sociali, economiche e culturali. Nonostante le affinità storiche, culturali, linguistiche e religiose, i conflitti possono emergere per svariate ragioni. Nel caso della Russia e dell'Ucraina, così come nel conflitto tra Israele e Palestina, la complessità delle dinamiche e delle tensioni è alimentata da una combinazione di fattori:

Le relazioni internazionali sono spesso influenzate da difficili questioni politiche, come ambizioni di potere, controllo territoriale, risorse e interessi geopolitici.

Anche quando ci sono numerose somiglianze culturali, le differenze ideologiche possono portare a divisioni significative. Nel caso di Russia e Ucraina, le divergenze politiche e ideologiche sono emerse sempre più virulente nel tempo, portando a tensioni e conflitti che sono sotto i nostri occhi.

Spesso, la mancanza di dialogo aperto e la mancanza di sforzi per comprendere il punto di vista dell'altro possono alimentare incomprensioni e portare a una crescente polarizzazione.

Nel caso del conflitto tra Israele e Palestina, la regione ha una storia lunga e martoriata che comprende anche periodi di convivenza pacifica, ma il conflitto attuale è stato alimentato da questioni territoriali, diritti umani, e una serie di cause politiche e sociali che sono sfociate in una situazione molto difficile da risolvere.

È importante sottolineare che la convivenza pacifica e la comprensione reciproca sono ideali desiderabili, ma la realtà di oggi richiede sforzi “superiori” e concreti da parte di tutte le parti coinvolte per raggiungere una risoluzione pacifica. La storia e la cultura comune possono essere un punto di partenza, ma affrontare certe complessità richiede sforzi equilibrati da parte di “grandi” STATISTI… Una razza di cui, purtroppo, si sono perse le tracce!

 

 

 

 

IL MIRACOLO DEL NATALE 1914

 Un Richiamo alla Pace nei Momenti di Buio

 

Il miracolo del 25 dicembre 1914
Cento anni fa la tregua di Natale

 

Video - Corriere della Sera 

https://www.corriere.it/cultura/speciali/2014/prima-guerra-mondiale/notizie/miracolo-25-dicembre-1914-cento-anni-fa-tregua-natale-f4a5d08a-8b6b-11e4-9698-e98982c0cb34.shtml

 

“Il «miracolo» del Natale 1914, di due avversari (Inglesi e Tedeschi) che dimenticano l’odio per unirsi in un abbraccio fraterno, rimase un fatto quasi isolato (ci sono poi stati altri episodi di «vivi e lascia vivere» ma mai più così eclatanti) e ben presto trascolorò nel mito, tanto più quando il sentimento popolare degli europei nei confronti della Grande Guerra cambiò di segno: non più glorioso fatto d’arme ma massacro insensato, che aveva spazzato via una generazione. La tregua di Natale venne quindi vista come la dimostrazione che gli uomini sono fondamentalmente buoni e che erano stati spinti alla guerra da governi stupidi e irresponsabili, tanto che appena liberi di farlo avevano scelto la pace e la fratellanza”.

Paolo Restelli

 

 

IL COMMENTO DI MARE NOSTRUM RAPALLO

Il Natale è spesso associato a gioia, amore e pace, ma talvolta la realtà del mondo in cui viviamo sembra contraddire questi valori fondamentali. In questo Natale del 2023, mentre il mondo è diviso da conflitti e tensioni tra parenti storici, vale la pena riflettere su un evento eccezionale che ha segnato la storia durante un periodo altrettanto turbolento: il Miracolo del Natale del 1914.

Poco più di cent'anni fa, nel cuore della Prima Guerra Mondiale, le trincee che separavano le forze nemiche divennero il palcoscenico di un atto straordinario di umanità. In quella fredda notte del 25 dicembre, i soldati sul fronte occidentale lasciarono da parte le armi per celebrare insieme il Natale. La tregua non fu istituita dall'alto, ma fu piuttosto un gesto spontaneo che emerse dalle truppe stesse.

Questo evento straordinario dimostra che, nonostante le differenze politiche e nazionali, il desiderio di pace e compassione è radicato nell'animo umano. La tregua di Natale del 1914 è stata un potente segnale che i popoli coinvolti nella guerra non si odiavano per natura, ma erano vittime di circostanze create da decisioni politiche e interessi di guerra.

In un periodo in cui i conflitti familiari possono sembrare insormontabili, il ricordo di quel miracoloso Natale ci ricorda che c'è sempre spazio per la riconciliazione e la comprensione reciproca. È un monito contro l'odio irrazionale, un invito a guardare al di là delle barriere create dalle divisioni e a riscoprire il nostro comune desiderio di pace.

Mentre oggi assistiamo a tensioni tra parenti storici, è fondamentale abbracciare lo spirito religioso e di pace che alberga negli animi della gente comune. Questa stagione natalizia dovrebbe essere un momento di riflessione, di rinascita dello spirito di fraternità e di impegno per costruire un futuro prospero e stabile che prevalga sulle divisioni.

Invece di attribuire colpe, possiamo guardare a questo Natale come ad un'opportunità per rinnovare il nostro impegno verso la pace, ispirandoci al Miracolo del Natale del 1914. Solo attraverso la volontà condivisa di superare le differenze possiamo sperare di creare un mondo in cui lo spirito natalizio trionfi sempre.

 

 

Carlo GATTI

 

NATALE 2023