RMS QUEEN MARY - UNA NAVE DAL FASCINO ANTICO, MA CON LE MISURE DI UNA NAVE MODERNA
RMS QUEEN MARY
Una delle navi più grandi e lussuose del suo tempo, con una lunghezza di oltre 300 metri e una capacità di 2000 passeggeri.
E’ stata, ed è tuttora una delle navi più iconiche del 20° secolo, la Queen Mary è una vera meraviglia dell'ingegneria marittima tuttora visitabile come Nave Museo a Long Beach (USA).
La Queen Mary a New York
La RMS Queen Mary, simbolo indiscusso dell'eleganza e della potenza marittima, rappresenta non solo un traguardo tecnico senza precedenti, ma anche un emblema storico che ha solcato gli oceani con grande imponenza, ma con estremo coraggio e partecipazione nelle varie fasi della sua lunga vita. Questa nave passeggeri, varata nel 1934, ha incantato il mondo durante un'epoca in cui i viaggi transatlantici erano un sogno che si avverava. Con una storia ricca di successi, dai record di velocità, come il prestigioso Nastro Azzurro, a un ruolo cruciale durante la Seconda Guerra Mondiale come nave militare, la Queen Mary ha dimostrato di essere molto più di un semplice mezzo di trasporto. Da vecchio Comandante, posso attestare la sua smisurata presenza in mare: ho avuto il privilegio di vederla navigare, e l'impatto che ha avuto su di me è indelebile. Oggi, rendendo omaggio a questa straordinaria nave, esploreremo non solo le sue meraviglie ingegneristiche, ma anche il suo inestimabile contributo alla storia marittima e culturale.
L'amore che gli inglesi nutrono per la RMS Queen Mary è testimoniato dalla sua straordinaria preservazione come nave museo a Long Beach, California. Questa scelta non è solo un tributo a un'epoca gloriosa, ma una volontà di mantenere viva la memoria di un simbolo che ha attraversato generazioni.
La Queen Mary non è soltanto una nave; è un monumento vivente che racconta storie di viaggi avventurosi, incontri indimenticabili e il fascino di un'era irripetibile. La sua presenza nelle acque di Long Beach offre a visitatori di tutte le età l'opportunità di immergersi in un’epoca di eleganza e innovazione.
Non meno affascinante è il suo ruolo nella cultura popolare: la Queen Mary ha fatto da sfondo a numerosi film iconici e ha ispirato pagine di letteratura marinara, diventando così un personaggio a sé stante.
Questa nave ha vissuto due vite distinte—quella come ammiraglia dei mari e quella come custode della memoria storica—e chissà, con l'evoluzione della tecnologia, potrebbe persino essere pronta per una terza vita quando le navi voleranno nei cieli come astronavi.
In ogni caso, la Queen Mary rimarrà sempre una tappa fondamentale e iconica nella storia navale, un’eredità di cui l’umanità non potrà mai fare a meno.
Descrizione generale |
|
Tipo |
transatlantico |
Proprietà |
Cunard-White Star Line(1936-1949)
|
Porto di registrazione |
Liverpool |
Ordine |
3 aprile 1929 |
Costruttori |
John Brown & Company |
Cantiere |
Clydebank, Scozia |
Impostazione |
1º dicembre 1930 |
Varo |
26 settembre 1934 |
Entrata in servizio |
27 maggio 1936 |
Intitolazione |
Maria di Teck, regina consorte del Regno Unito |
Radiazione |
1º dicembre 1967 |
Destino finale |
trasformata in albergo, ristorante, museo |
Caratteristiche generali |
|
Stazza lorda |
81 237 tsl |
Lunghezza |
311 m |
Larghezza |
36 m |
Altezza |
55 m |
Pescaggio |
11,9 m |
Velocità |
30 nodi - 29,5 velocità di crociera - 32,6 nodi velocità massima registrata nodi |
Equipaggio |
1.101 |
Passeggeri |
2.139: 776 prima (cabina) classe, 784 classe turistica, 579 terza classe. |
UN PO’ DI STORIA
La QUEEN MARY è stata costruita dai cantieri John Brown & Company a Clydebank, in Scozia. La nave è partita per il suo viaggio inaugurale da Southampton a New York il 27 maggio 1936, sotto la guida del Commodoro Sir Edgard T. Britten. Sempre nel 1936, ha vinto il Nastro Azzurro per la sua velocità di 30,14 nodi, ma nel 1937 ha perso il titolo a favore del transatlantico francese NORMANDIE. Tuttavia, nel 1938, ha riconquistato il Nastro Azzurro con una velocità di 30,99 nodi, mantenendo il primato fino al 1952, quando è stata superata dalla SS "UNITED STATES".
Con l'inizio della Seconda guerra mondiale, la QUEEN MARY è partita il 1º settembre 1939 verso New York. All'arrivo, però, ha ricevuto l'ordine di rimanere in porto, per non diventare un obiettivo facile per i sottomarini tedeschi.
Nel 1940, la nave ha fatto rotta per Sydney, dove è stata trasformata in nave da trasporto truppe. È stata verniciata di grigio e ha preso il soprannome di "Fantasma Grigio". Tutti gli arredi e i tappeti sono stati rimossi, e sono state aggiunte batterie anti-aeree. Durante la guerra, ha trasportato più di 800 mila soldati.
Nel dicembre 1942, mentre viaggiava dall'America all'Inghilterra con un numero record di 16.082 soldati americani (il massimo mai imbarcato su un’unica nave), è stata colpita da un’onda anomala alta 28 metri che quasi l’ha rovesciata. Winston Churchill l’ha usata in diverse occasioni durante quegli anni, e ci sono diversi oggetti appartenuti a lui in mostra nei tour della nave.
E’ il 20 Giugno 1945 - LaQUEEN MARY con la livrea militare sta entrando nel porto di New York con migliaia di soldati americani.
Nel quadro grande - la RMS QUEEN MARY militarizzata.
Ingrandendo l’immagine si nota il cavo magnetico anti-mine che parte dall’ancora di posta e corre lungo la murata di sinistra verso poppa. Lo strumento viene chiamato “degaussing”.
L’Opera è del pittore di marina Marco Locci, compianto membro della nostra Associazione per circa 30 anni.
Dopo la guerra, la Queen Mary subì un importante refitting (con una sistemazione interna per 711 passeggeri di prima classe, 707 di seconda e 577 di terza) e prestò servizio sulle linee transatlantiche.
Il 27 settembre 1967, portava a termine la sua millesima traversata atlantica.
L'ultimo viaggio, iniziato da Southampton il 31 ottobre dello stesso anno, si concluse a Long Beach, dove la gloriosa nave, venduta alla città californiana, fu trasformata in un museo, ristorante e hotel galleggiante.
Gran parte dei macchinari, tra cui 1 delle 2 sale macchine, 3 delle 4 eliche e tutte le caldaie, furono rimosse. La nave è quotata al Registro Nazionale dei Luoghi Storici.
Il National Trust for Historic Preservation
ha accettato la "Queen Mary" come parte degli Historic Hotels d’ America.
I modelli in scala dei due famosi Liners (sister Ship)
QUEEN MARY e QUEEN HELIZABETH realizzati da John Brown & Company.
Il Ponte di Comando della Queen Mary nel 2005
Il transatlantico Queen Mary a Long Beach, California, USA nel 2009
Queen Mary di notte a Long Beach
Fotografia della Queen Mary scattata nel 2010 a Long Beach
La Stazione Radio della Queen Mary in versione aggiornata
Il Ponte Sole di dritta, 1972
La nave offre sistemazioni in tre classi, due piscine interne, parrucchieri, biblioteche, negozi, mini-club per bambini, servizio telefonico e canili. Il salone da pranzo di prima classe si estendeva su tre ponti in altezza. Nella sala da pranzo principale, un modello della nave, regolarmente spostato, indicava la posizione su una grande mappa dell'Oceano Atlantico.
ALCUNE IMMAGINI DEGLI INTERNI DELLA QUEEN MARY A
LONG BEACH
Il “GRAN SALON”. – Nello sfondo il murale su cui il modello di cristallo della RMS QUEEN MARY segna il percorso compiuto ogni giorno.
Il Bar panoramico che fu allargato dopo il 1967
QUEEN MARY e QUEEN HELIZABETH
Le Sister Ships della Cunard Line con un destino diverso
La Rms Queen Elizabeth navigò anch’essa come bastimento di lusso sulla rotta Southampton-New York, per oltre vent'anni.
Impostata dalla John Brown & Company nella metà degli anni trenta, venne varata il 28 settembre 1938 quattro anni dopo la sua sister ship.
Il disegno era stato migliorato rispetto alla sua simile Rms Queen Mary e, essendo leggermente più grande di quest'ultima, divenne la nave più grande dell'epoca, un record che durò 56 anni.
La Queen Elizabeth in servizio come nave trasporto truppe con la livrea grigia. La nave fece anche servizio postale come membro del servizio espresso.
Entrò in servizio nel febbraio 1940 come trasporto truppe nell'ambito delle azioni della Seconda guerra mondiale; solo a partire dall'ottobre 1946 iniziò il suo effettivo compito di transatlantico.
Alla fine degli anni sessanta, a seguito della ridotta popolarità dei viaggi transoceanici, la Queen Elizabeth e la Queen Mary vennero tolte dal servizio e sostituite dalla più moderna Rms Queen Elizabeth 2.
Il relitto semicapovolto della Queen Elizabeth a Hong Kong
Fu venduta e passò di mano in mano; l'ultimo proprietario fu Tung Chao Yung, un imprenditore di Hong Kong che cercò di farne un'università galleggiante. Nel 1972, al termine di un lungo viaggio di trasferimento verso il porto di Hong Kong, la nave prese misteriosamente fuoco e si capovolse; tra il 1974 e il 1975 venne parzialmente demolita.
LE DUE SISTERS SHIPS A CONFRONTO
QUEEN HELIZABETHCaratteristiche generali |
|
Stazza lorda | 85 000 tsl |
Lunghezza | 314 m |
Larghezza | 36 m |
Altezza | 71 m |
Pescaggio | 11,6 m |
Equipaggio | 1 200 |
Passeggeri | 2 283 |
Lunghezza | 311 m |
Larghezza | 36 m |
Altezza | 55 m |
Pescaggio | 11,9 m |
Velocità | 30 nodi - 29,5 velocità di crociera - 32,6 nodi velocità massima registrata nodi |
Equipaggio | 1 101 |
Passeggeri | 2 139: 776 prima (cabina) classe, 784 classe turistica, 579 terza classe. |
QUEEN MARYCaratteristiche generali |
|
Stazza lorda | 81 237 tsl |
Lunghezza | 311 m |
Larghezza | 36 m |
Altezza | 55 m |
Pescaggio | 11,9 m |
Velocità | 30 nodi - 29,5 velocità di crociera - 32,6 nodi velocità massima registrata nodi |
Equipaggio | 1 101 |
Passeggeri | 2 139: 776 prima (cabina) classe, 784 classe turistica, 579 terza classe. |
La classifica delle navi passeggeri più grandi del mondo
1900/2003
Immagine | Periodo detenzione record |
Transatlantico | Stazza lorda (tonnellate) | Capacità di carico (persone) | Note | |
Questa è la moderna versione RMS Queen Mary 2 | dal 25 settembre 2003 | MS Queen Mary | 148528 | 3873 | ||
1972 - 25 settembre 2003 | RMS Queen Mary | 81237 | 3240 | |||
27 settembre 1938 - 1972 | RMS Queen Elizabeth | 85000 | 3483 | |||
29 ottobre 1932 - 27 settembre 1938 | SS Normandie | 79280 (poi 83423) | 3317 | |||
20 giugno 1914 - 29 ottobre 1932 | RMS Majestic | 56551 | 3384 | |||
23 maggio 1912 - 20 giugno 1914 | SS Imperator | 50000 | 3547 | |||
15 aprile 1912 - 23 maggio 1912 | RMS Olympic | 46359 | 3547 | |||
31 marzo 1911 – 15 aprile 1912 | RMS Titanic | 46328 | 3547 | |||
20 ottobre 1910 – 31 marzo 1911 | RMS Olympic | 46000 | 3547 | |||
20 settembre 1906 – 20 ottobre 1910 | RMS Mauretania | 31938 | 2967 | |||
7 giugno 1906 - 20 settembre 1906 | RMS Lusitania | 31550 | 3048 | |||
1894 – ... | Lucania | 13000 |
La classifica delle navi da crociera più grandi del mondo
OGGI
1-Symphony of the Seas (lunghezza 362,15 metri) nella foto
2-Harmony of the Seas (lunghezza 362 metri)
3-Oasis of the Seas/Allure of the Seas (lunghezza 360 metri)
4-Spectrum of the Seas (lunghezza 348 metri)
5-Quantum / Anthem / Ovation of the Seas (lunghezza 347 metri)
CONCLUSIONE
La RMS QUEEN MARY incarna l'eleganza e il fascino dell'epoca d'oro della navigazione transatlantica, pur essendo dotata delle dimensioni e delle comodità moderne. Questa nave simboleggia un'epoca in cui il viaggio per mare rappresentava un'esperienza lussuosa e memorabile, contrapposta alla rapidità e alla funzionalità dei viaggi odierni. Mentre il passato evocava un senso di avventura e scoperta, caratterizzato da dettagli artigianali e un servizio impeccabile, l'era moderna si focalizza su efficienza e comfort pratico. La Queen Mary, quindi, diventa un ponte tra due mondi: conserva l'eredità storica e culturale della navigazione, pur adattandosi alle esigenze contemporanee. La sua bellezza senza tempo ci invita a riflettere su come i viaggi, sia ieri che oggi, continuino a unire le persone, offrendo un rifugio dall'ordinario e un momento di meraviglia.
Carlo GATTI
Rapallo, 18 Novembre 2024
CANALE DI KIEL
CANALE DI KIEL
Veduta aerea della città di KIEL
Quando l’argomento di conversazione si sofferma sui Canali artificiali Navigabili che hanno cambiato le rotte delle navi, rendendole più brevi ed economiche, si parla generalmente di Suez, Panama, Corinto, Canal du midi e quasi mai del Canale di Kiel che, da ricerche effettuate, pare sia attraversato nei due sensi da un numero di navi anche superiore a quello dei più blasonati Canali citati.
Il Canale di Kiel collega il Mar Baltico con il Mare del Nord, rappresentando una delle opere ingegneristiche più significative del XIX secolo. Sebbene abbia agevolato il commercio marittimo in Europa e avuto un impatto profondo sulla strategia navale della Germania, rimane relativamente sconosciuto. Uno dei motivi di questa scarsa notorietà è la sua specificità geografica e il contesto storico in cui è stato costruito. Mentre i canali di Panama e Suez attraggono l'attenzione globale per la loro capacità di rivoluzionare il commercio marittimo a livello mondiale, il Canale di Kiel è essenzialmente una via d'acqua regionale. Inoltre, la sua costruzione avvenne in un periodo in cui le innovazioni tecnologiche si concentravano su progetti più ambiziosi e visibili. In questo saggio, esploreremo non solo la storia e l'importanza del Canale di Kiel, ma anche i motivi che ne hanno limitato la fama e la conoscenza, al fine di mettere in luce il suo fondamentale ruolo nel panorama marittimo europeo.
UN PO’ DI STORIA…
Fu inaugurato il 21 giugno 1895 da Guglielmo II, nipote dell'imperatore Guglielmo I che ne ordinò invece la costruzione. Il suo nome in origine fu Kaiser-Wilhelm-Kanal ed i lavori si svolsero in 8 anni con l'impiego di 9.000 operai. Venne allargato tra il 1907 e 1914 su ordine della Marina Militare Tedesca, infatti già lo scopo iniziale della sua creazione era quello di collegare le basi della flotta tedesca del Mar Baltico con quelle del Mare del Nord, senza dover appunto circumnavigare la Danimarca. Nel 1919, con il Trattato di Versailles, il Canale di Kiel venne internazionalizzato unitamente al fiume Reno, all'Oder, al Danubio e all'Elba.
Era presente anche l’Italia …
Accadde il 20 giugno 1895: Inaugurato il Canale di Kiel
Giovedì - Viene inaugurato il Canale di Kiel con una solenne cerimonia cui partecipano formazioni navali di numerose nazioni con quasi cento navi da guerra e seguita da una rivista navale passata dal Kaiser Guglielmo II sul panfilo reale Hohenzollern.
Per l’Italia partecipa la Squadra Speciale al comando dell’ammiraglio Tòmaso di Savoia duca di Genova sul panfilo reale Savoia e costituita dalle corazzate Re Umberto, Sardegna, Ruggero di Lauria, Andrea Doria, dagli arieti torpedinieri Stromboli e Etruria e dagli incrociatori torpedinieri Aretusa e Partenope. La formazione italiana lascerà Kiel il 24 giugno per fare rientro a Napoli il 1° agosto, dopo soste a Friedrichshafen e in alcuni porti britannici della Manica.
Fonte: Marina Militare
LE CARTE GEOGRAFICHE ORIENTATIVE
Il Canale si trova su una stretta baia (Kieler Förde) a cuneo (in basso sassone kiel) del più ampio golfo di Kiel. La grande città più vicina è Amburgo, a circa 90 km a sud-ovest, mentre Lubecca dista 80 km in direzione sud-est.
Il Canale, tramite il quale si evita la circumnavigazione della penisola dello Jutland con un risparmio di 280 miglia (519 km), è la via d’acqua oggi più utilizzata. Fortemente voluto dalla Marina germanica, collega le sue basi nel Baltico a quelle del Mare del Nord evitando il periplo della Danimarca.
In altre parole…
Si tratta di un canale artificiale, chiamato Nord-Ostsee-Kanal, che permette di raggiungere Kiel partendo da Brunsbuttel, (vedi foto sopra e sotto) e naturalmente il viaggio contrario, senza dover circumnavigare la penisola dello Jutland come abbiamo appena visto. Praticamente collega il Mare del Nord al Mar Baltico con un viaggio che si concretizza in soli 100 Km, anziché 520 Km.
Il canale di Kiel (in tedesco Nord-Ostsee Kanal o NOK) è un canale artificiale in Germania settentrionale; lungo 98 chilometri, si trova alla base della penisola dello Jutland e, procedendo in direzione nordest-sudovest, collega le città di Kiel, sul mar Baltico, e Brunsbüttel sul mare del Nord.
Chi ha navigato in quei mari del Nord Europa conosce perfettamente le difficoltà legate allo scontro delle correnti marine tra il Kattegat e Skagerrak, ai venti e alle nebbie nei canali stretti tra la Svezia Meridionale e la Danimarca. Se poi si calcola il risparmio di tempo e di carburante risulta chiaro quanto sia economica la scelta di questa opzione nautica che vede ogni anno il transito di oltre 30.000 navi. Questo include navi commerciali, petroliere, e imbarcazioni da diporto.
Dimensioni: Il canale è lungo circa 98 chilometri e ha una larghezza di 102 metri in alcune sezioni. È profondo fino a 13 metri, permettendo il passaggio di navi di grande tonnellaggio.
Importanza economica: È un'importante arteria per il commercio marittimo, contribuendo significativamente all'economia tedesca e europea, facilitando il trasporto di merci tra diversi porti.
Navi militari: Il canale è anche utilizzato dalle forze navali, essendo una via strategica per le navi della NATO.
Nel 2024 sono stati ultimati importanti lavori strutturali nel Canale di Kiel che consentono il passaggio di navi di ultima generazione purché rispettino le dimensioni massime consentite. Per quanto riguarda i costi del servizio di pilotaggio, le tariffe variano in base alla dimensione della nave, al tipo di imbarcazione e alla lunghezza del transito. Generalmente, i costi possono variare da alcune centinaia a diverse migliaia di euro.
LE CHIUSE DEL CANALE DI KIEL
Brunsbuttel
All'inizio del Canale ci sono alcune chiuse, costruite per evitare che la marea modifichi il livello dell'acqua all'interno dello stesso. Le sue dimensioni sono: circa 100 Km di lunghezza, larghezza 162 metri a livello della superficie dell'acqua e 90 metri sul fondo, profondità 13 metri. E' molto trafficato, vi transitano più navi che in quello di Panama e di Suez, tanto che non è raro vedere le navi a poca distanza (poche centinaia di metri) una dall'altra. I dati del 2005 sono di 56.964 navi nel Canale di Kiel, 14.011 in quello di Panama e 18.193 in quello di Suez. In realtà si tratta di numero di transiti, perché invece il primato per le tonnellate ed i materiali trasportati spetta agli altri due. La navigazione dura circa 7 ore ed è soprattutto di genere commerciale. Verso Ovest sono dirette materie prime (petrolio e derivati, carbone, acciaio e legname), mentre verso Est transitano container e prodotti finiti.
ALBUM FOTOGRAFICO
da TripAdvisor
Il Ponte
ARTICOLI SUL CANALE DI KEEL
Wikipedia
CANALE DI KEEL
https://it.wikipedia.org/wiki/Canale_di_Kiel
DIFESA
Quaderni Marinari. (molto interessante)
https://www.quadernimarinari.it/2010/02/il-canale-di-kiel/
INFORMAZIONI MARITTIME
https://www.informazionimarittime.com/post/la-germania-punta-sul-canale-di-kiel
Google Art & Culture
https://artsandculture.google.com/entity/m04f95?hl=it
Per I Velisti
https://www.yacht.de/it/viaggi-e-noleggi/germania/canale-di-kiel-la-guida-nok-definitiva-per-i-naviganti/
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MEMORIALE NAVALE DI LABOE
KIEL
Il Memoriale navale di Laboe (Marine-Ehrenmal Laboe), conosciuto anche come Torre di Laboe, è un memoriale situato a Laboe, vicino a Kiel, nello Schleswig-Holstein, in Germania.
STORIA
Costruito dal 1927 al 1936, il monumento voleva celebrare originariamente i MARINAI della Kaiserliche Marine morti durante la Prima guerra mondiale, e successivamente al 1945 anche i caduti della Kriegmarine nella Seconda guerra mondiale.
Nel 1954 infine il monumento venne definitivamente dedicato a tutti i marinai di ogni nazionalità periti durante le due guerre mondiali.
La torre fu disegnata dall'architetto Gustav August Munzer, il quale dichiarò che la forma non fu pensata per rappresentare qualcosa di specifico, ma solo per ispirare sensazioni positive in chi la guarda. Il monumento è frequentemente associato allo stelo di una nave vichinga o alla torre di un sommergibile.
Struttura
Il monumento consiste in una Torre alta 72 metri con in cima un punto di osservazione sul tetto, situato ad un totale di 85 metri sul livello del mare, raggiungibile con 2 ascensori oppure con una salita di 341 gradini.
Il Monumento al Marinaio d’Italia situato a Brindisi (costruito in epoca fascista negli anni 1932-1933) assomiglia in parte alla torre di Laboe. (foto sotto)
Ai piedi del memoriale vi è un Museo Navale, che ripercorre tra l'altro la storia del sottomarino nazista U-995, ultimo esemplare rimasto al mondo degli scafi di classe U-Boot Tipo VII.
U-Boot Tipo VII C - sommergibile tedesco (**)
Lunghezza fuori tutto 67,10 m scala 1:50
Sommergibili oceanici a semplice scafo con controcarene esterne e casse di immersione principali all'interno dello scafo resistente, costruito in acciaio al carbonio dello spessore di circa 22 mm. Gli ultimi battelli prodotti avevano una profondità di sicurezza di 280 metri, pari a 2/5 della quota di schiacciamento, ma hanno raggiunto anche i 400 metri di profondità per sfuggire alla caccia nemica.
I battelli del tipo VII, con alcune varianti, furono costruiti in circa 700 esemplari e costituirono il nerbo della flotta sottomarina tedesca. Di essi, ben 437 furono affondati in combattimento con la perdita quasi totale dei loro equipaggi.
In base ad un accordo dell'aprile 1943, nove battelli, con la torretta modificata tipo "42" vennero ceduti all'Italia in cambio di altrettanti battelli italiani di stanza a Bordeaux che sarebbero stati impiegati per missioni di trasporto con l'Estremo Oriente, ma dopo la dichiarazione di armistizio l'accordo decadde e tutte le unità tornarono alla Marina tedesca.
In cinque tavole: piano di costruzione, vista di fianco, vista dall'alto, sezione longitudinale, sezioni orizzontali e n. 11 sezioni trasversali. La vista di fianco mostra la torretta nella versione originale del 1940, illustrando anche la variante del 1944 con un impianto quadrinato e due impianti binati, tutti scudati, di mitragliere da 20 mm.
UN GRAVISSIMO PROBLEMA CHE SI RIPERCUOTE SUI TRASPORTI MARITTIMI DI TUTTO IL MONDO
3 Ottobre 2024
Dal novembre 2023 la vicenda degli houthi dello Yemen si è intrecciata alla guerra fra Israele e Hamas a Gaza, soprattutto in seguito agli attacchi alla navigazione commerciale nella regione del Mar Rosso da parte del movimento politico e armato yemenita sostenuto dall'Iran.
– La guerra degli Houthi - YEMEN
Gli attacchi marittimi degli Houthi dallo Yemen, iniziati nel 2016 e intensificatisi con la guerra Israele-Hamas, sono diventati un problema di sicurezza globale. Un problema, però, che rischia di danneggiare innanzitutto gli obiettivi degli Stati Uniti: stabilizzazione mediorientale e contenimento della Cina. Il Mar Rosso, che congiunge l’Oceano Indiano al Mediterraneo, è decisivo per gli equilibri energetici e commerciali mondiali: tutte le potenze –tranne l’Iran, che sostiene e arma gli houthi- hanno dunque interesse alla stabilità del quadrante.
Eppure solo gli Stati Uniti che nel Mar Rosso hanno rafforzato la presenza militare già prima del 7 ottobre – rischiano qui il logoramento strategico: la deterrenza di Washington si è finora rivelata insufficiente. Infatti, gli houthi continuano a lanciare attacchi “in solidarietà a Gaza” verso il territorio d’Israele e contro obiettivi commerciali e militari in navigazione. E nessuna risposta militare USA è seguita, neppure quando navi militari statunitensi si sono trovate nel mezzo, intercettando i droni lanciati dallo Yemen.
Attacchi e sequestri
Gli attacchi sono in crescita per numero e complessità. Secondo il Comando Centrale USA (Centcom), gli houthi hanno sferrato il 3 dicembre scorso quattro attacchi contro navi commerciali, nelle acque internazionali del Mar Rosso, stavolta a un passo dal Bab el-Mandeb. Il cacciatorpediniere USS Carney che pattugliava l’area ha risposto alle richieste di soccorso delle navi abbattendo tre droni: “non è chiaro” se essi fossero indirizzati contro la nave USA. L’attacco multiplo è durato ore e ha coinvolto quattordici paesi considerando proprietà delle imbarcazioni, merce trasportata e bandiera. Gli houthi hanno rivendicato l’attacco “contro due navi israeliane”, ma solo una di esse avrebbe un legame con un cittadino israeliano.
Dal 19 novembre scorso, gli houthi hanno sequestrato il cargo “Galaxy Leader”, di proprietà di un uomo d’affari israeliano: la nave è ora trattenuta al porto di Hodeida (città controllata dagli houthi) insieme ai venticinque uomini dell’equipaggio. Nel 2022, gli houthi sequestrarono per quattro mesi una nave cargo degli Emirati Arabi Uniti, “Rawabi” sempre nel Mar Rosso meridionale, con undici uomini d’equipaggio. La nave, partita dall’isola yemenita di Socotra di e diretta in Arabia Saudita, trasportava secondo Abu Dhabi un ospedale da campo.
ARTICOLI CORRELATI
LA GUERRA IN YEMEN È UN ORRORE DIMENTICATO, MA CONTINUA
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ShipMag.SHIPPING MAGAZINE
ECONOMIA E FINANZA SHIPPING E LOGISTICA
La crisi di Suez e gli effetti sul trasporto marittimo: cosa sta succedendo sul mercato.
24 Febbraio 2024 - Helvetius
https://www.shipmag.it/suez-canale-crisi-traffici-marittimi/
A ricordo del nostro caro socio e compianto amico Maurizio Brescia che ci ha lasciati il 20 luglio 2022, pubblichiamo un suo articolo sul sommergibile di Portofino nel quale racconta del U-BOOT Tipo VII C di Kiel.
Con Maurizio se n’è andato un pezzo importante del mondo della storiografia militare italiana ed in particolare uno dei più attenti e affidabili ricercatori nell’ambito della storia navale del XX secolo, ben noto anche all’estero per i suoi moltissimi lavori pubblicati.
Uomo di grandissima cultura e spiccata giovialità, Maurizio sapeva apprezzare la vita e mal sopportava le limitazioni imposte dal suo stato di salute negli ultimi tempi.
Ciao Maurizio! Sei sempre tra noi!
Il sommergibile di Portofino
Alla ricerca
dell’U455
https://www.marenostrumrapallo.it/portofino-uboot/
A cura di Maurizio Brescia
in collaborazione con
www.betasom.it
Carlo GATTI
Rapallo, 1 Novembre 2024
PETROLIERA ERIKA - CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA
PETROLIERA ERIKA
CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA
L’ERIKA è stata una petroliera monoscafo battente bandiera (di comodo) maltese noleggiata dalla TOTAL e naufragata il 12 dicembre 1999 nel Golfo di Biscaglia al largo di Penmarch, in Bretagna.
L’ERIKA fu costruita nel 1975 in Giappone dai cantieri Kasado-Docks Ltd. di Kudamatsu codice scafo n° 2841. Originariamente chiamata Shinsei Maru, era la seconda di una classe di otto navi identiche costruite tra il 1974n e il 1976. Lunga 184 metri e suddivisa in 14 tanche, l’Erika era concepita come vettore versatile di prodotti petroliferi (grezzo e raffinato). Si componeva di tredici cisterne, di due linee di manutenzione e due cisterne di decantazione (ovvero cisterne adibite alla raccolta di residui oleosi, slop-tank). Era classificabile come "pre-MARPOL", essendo dotata di scafo semplice e non disponendo di cisterne di zavorra separata. La sua portata lorda era di 37.283 tonnellate, aveva un pescaggio di 11 m. ed era alimentata da un motore di 13.200 CV nella parte poppiera che le permetteva una velocità di 15 nodi. Il suo equipaggio era composto da 26 persone.
Durante la sua carriera ha modificato otto volte nome e armatore, tre volte bandiera, tre volte Società di Classificazione, e quattro volte gestore nautico.
Tipo |
petroliera |
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Proprietà |
Tevere Shipping Co. Ltd. |
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Registro navale |
RINA |
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Porto di registrazione |
Valletta, (Malta) |
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Costruttori |
Kasado-Docks Ltd. |
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Cantiere |
Kudamatsu (Giappone) |
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Varo |
1975 |
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Radiazione |
1999 |
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Destino finale |
naufragata il 12 dicembre 1999 al largo della Bretagna |
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Caratteristiche generali |
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Stazza lorda |
37,283 DWT |
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Lunghezza |
184,03 mt |
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Larghezza |
28,05 mt |
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Pescaggio |
11,027 mt |
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Propulsione |
Un motore Diesel Sultzer con potenza di 13.200 CV, una elica |
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Velocità |
15,2 nodi |
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Capacità di carico |
37.283 (tpl) |
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Equipaggio |
26 persone |
YouTube
IL NAUFRAGIO DELLA PETROLIERA
ERIKA
https://www.youtube.com/watch?v=Tr42-A6nG9Q
53 minuti
- Il filmato a colori che vi propongo offre una suspense e una drammaticità rare. Le condizioni meteo del golfo di Biscaglia erano pessime, e risultavano addirittura proibitive per una nave che non possedeva più i requisiti necessari per affrontarle in sicurezza. Questa è la mia riflessione sul tragico accaduto.
- Il filmato inizia con diapositive didattiche e animazioni che facilitano la comprensione delle cause del disastro, evidenziando flessioni eccessive dello scafo sollecitato dal moto ondoso.
- Successivamente, attraverso immagini simulate di bordo, assistiamo alla coraggiosa ispezione dell'equipaggio, che segnala al Comandante numerose spaccature nello scafo. Da quel momento, dal ponte di comando scatta la richiesta di soccorso al porto francese più vicino.
- La seconda parte è dedicata alla difficile operazione di salvataggio fattibile grazie a un elicottero, che riesce a recuperare tutto l’equipaggio. Purtroppo, i tentativi dei potenti rimorchiatori di agganciare la poppa della nave spezzata in due tronconi si rivelano vani, con la restante parte prodiera della ERIKA già affondata.
- Nella parte finale, viene mostrato l'immane disastro ecologico che ha colpito le coste di ben quattro dipartimenti francesi. Le immagini e i dati proiettati dal filmato ci lasciano senza parole.
- A questo punto il nostro pensiero va all’affondamento della super petroliera HAVEN avvenuto l’11 aprile 1991 nel tratto di mare davanti Arenzano (Genova). Cinque furono le vittime dell’equipaggio, e si trattò del più grave disastro ecologico nel Mediterraneo. Bruciarono circa 90 000 tonnellate di petrolio greggio delle 144 000 presenti al momento dell'incidente oltre alle circa 1000 tonnellate di combustibile. Una parte del carico, stimato in una quantità compresa tra 10.000 e 50.000 tonnellate, (soprattutto le componenti più dense del greggio) è depositato tuttora negli alti fondali tra Genova e Savona.
- Tra le due tragedie, HAVEN ed ERIKA, sono passati quasi 9 anni segnati da altre tragedie simili e da numerose chiacchiere sulla SICUREZZA della navigazione e delle coste, che però non trovano finanziatori. Eppure, tutti conoscono i costi elevatissimi della “linfa” che alimenta questo nostro folle mondo!
Lista dei maggiori disastri petroliferi
Nel seguito, ordinata a ritroso nel tempo per data di inizio, viene presentata una lista dei disastri petroliferi con una quantità di greggio disperso maggiore di 100 tonnellate.
Disastri petrolifero/petroliera |
Luogo |
Data. |
Tonnellate di greggio |
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Disastro di Noril'sk |
Russia |
2020 |
21000 |
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Disastro petrolifero di Santa Barbara |
Santa Barbara, Stati Uniti |
21 maggio 2015 |
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Disastro petrolifero di Tauranga del 2011 |
Tauranga, Nuova Zelanda |
5 ottobre 2011 |
340 |
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Piattaforma petrolifera Gannet Alpha |
a 180 km da Aberdeen, Scozia |
10 agosto 2011 |
200 |
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Disastro petrolifero del fiume Yellowstone del 2011(Compagnia "Exxon Mobile", già responsabile del disastro Exxon-Valdez) |
Fiume Yellowstone, Billings, Stati Uniti |
4 luglio 2011 |
135 (>[9] |
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Collisione tra MSN Chitra e MV Khalijia 3 |
al largo di Mumbai, India |
7 agosto 2010 |
> 50 |
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Dalian (2 oleodotti) |
Porto mercantile di Dalian, Cina |
16 luglio 2010 |
1.500 |
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Collisione tra Bunga Kelana 3 (nave cisterna) e Mt Waily (nave cargo) |
al largo di Singapore, Malaysia |
24 maggio 2010 |
2.000 |
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Disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon |
Golfo del Messico, Louisiana |
20 aprile 2010 |
414.000–1.186.000 |
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Naufragio nave cargo cinese Sheng Neng sulla barriera corallina |
Great Keppel Island, Australia |
4 aprile 2010 |
950 (Ne è fuoriuscita solo una parte) |
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Disastro petrolifero della West Cork |
Costa meridionale dell'Irlanda |
Febbraio 2009 |
300 |
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Disastro petrolifero del New Orleans |
New Orleans, Louisiana, Stati Uniti d'America |
28 luglio 2008 |
8.800 |
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Disastro petrolifero di Statfjord |
Mare norvegese, Norvegia |
12 dicembre 2007 |
4.000 |
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Disastro petrolifero di Hebei Spirit |
Mare Giallo, Corea del sud |
7 dicembre 2007 |
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Disastro petrolifero dello stretto di Kerč |
Stretto di Kerč, Ucraina e Russia |
11 novembre 2007 |
1.000 |
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Disastro petrolifero del 2007 della Baia di San Francisco |
San Francisco |
7 novembre 2007 |
188 |
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Disastro petrolifero di Guimaras |
Filippine |
11 agosto 2006 |
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Disastro petrolifero della centrale di Jiyeh |
Libano |
14 luglio 15 luglio 2006 |
20.000–30.000 |
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Raffineria di Citgo |
Lago Charles |
19 giugno 2006 |
6.500 |
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Prudhoe Bay |
Alaska North Slope |
2 marzo 2006 |
866 |
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MV Selendang Ayu |
Isola di Unalaska, Alaska |
8 dicembre 2004 |
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Athos 1 |
Fiume Delaware, USA |
26 novembre 2004 |
860 |
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Tasman Spirit |
Karachi, Pakistan |
28 luglio 2003 |
28.000–30.000 |
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Bouchard No. 120 |
Buzzards Bay (Massachusetts) |
27 aprile 2003 |
320 |
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da Wikipedia - Tre anni dopoLa M/C PrestigePetroliera Monoscafo42.820 tonn. di p.lorda e battente bandiera delle Bahamas. Varata nel 1975 e di proprietà della compagnia Mare Shipping, la nave naufragò il 19 novembre 2002 al largo delle coste spagnole con un carico di 77 000 tonnellate di petroio, provocando un'immensa macchia nera che colpì la vasta zona compresa tra il nord del Portogallo fino alle Landes, in Francia, e causando un disastro ambientale alla costa galiziana, episodio che viene ricordato come il più grande disastro ambientale della Spagna. |
13 novembre 2002 |
63.000 |
Riportiamo dal POST
Mercoledì 26 settembre 2012
Le condanne per il naufragio della petroliera ERIKA
La Corte di Cassazione di Parigi ha confermato che la compagnia petrolifera Total è responsabile del più grande disastro ambientale mai avvenuto sulle coste francesi.
La Corte di Cassazione francese ha confermato ieri tutte le condanne per il naufragio della petroliera Erika, comprese quelle che ritenevano la compagnia petrolifera Total (una delle prime quattro al mondo) responsabile del disastro ambientale avvenuto il 12 dicembre 1999 al largo della Bretagna. La Corte ha anche stabilito un’ulteriore responsabilità per la Total che la corte di appello di Parigi, nel 2010, aveva invece escluso a causa di una convenzione internazionale: la compagnia che ha noleggiato la petroliera ha anche commesso un reato di imperizia perché consapevole che la nave era vecchia – aveva 25 anni – e che i lavori di manutenzione erano stati eseguiti per ridurre al massimo i costi.
Total dovrà dunque partecipare al risarcimento sul piano civile dei danni causati e pagare una multa pari a 375 mila euro: si tratta di una decisione soprattutto simbolica, ma comunque importante. Sono state confermate anche le condanne all’armatore italiano Giuseppe Savarese (proprietario della petroliera), al gestore Antonio Pollara e alla società Rina che aveva rilasciato il certificato di navigazione.
Complessivamente Total, Rina e gli armatori dovranno versare alle parti civili (lo Stato francese, un certo numero di istituzioni locali, regionali, comunali e alcune associazioni ambientaliste) 200 milioni e 600 mila euro di danni.
Nel dicembre del 1999, la petroliera Erika, battente bandiera maltese, si era spezzata in due al largo della Bretagna a seguito di una tempesta: trasportava circa ventimila tonnellate di petrolio che si dispersero in mare, uccisero 150 mila uccelli, contaminarono circa 400 chilometri di costa ed ebbero pesanti conseguenze per l’economia degli abitanti della costa atlantica.
Con questo processo per la prima volta nel diritto francese è stato stabilito il diritto all’indennizzo per le vittime di un disastro ambientale. Gli avvocati della compagnia petrolifera, prima di ieri, speravano di cambiare il verdetto avendo chiesto l’annullamento del procedimento per difetto di procedura. La loro richiesta si basava sul fatto che Erika, di proprietà italiana, al momento del naufragio si trovava fuori dalle acque francesi e batteva bandiera maltese. Speravano dunque di limitare l’applicabilità della giurisprudenza francese e sostenevano che in caso contrario ogni decisione sarebbe stata contro le convenzioni internazionali che prevedono invece che la responsabilità degli incidenti sia dei proprietari delle navi e non delle compagnie che le noleggiano. La loro interpretazione è stata però respinta dalla Corte.
ALBUM FOTOGRAFICO
Una veduta aerea della petroliera Erika che affonda, 13 dicembre 1999 (AP Photo/Marine Nationale/French Navy, File)
Alcuni membri dell’equipaggio della petroliera Erika evacuano la nave a bordo di una scialuppa di salvataggio dopo il naufragio (AP Photo/Marine Nationale)
Una veduta della petroliera Erika che affonda, 12 dicembre 1999 (AP Photo/Marine Nationale)
Una macchia di petrolio nel luogo dove è affondata la petroliera Erika, 15 dicembre 1999 (VALERY HACHE/AFP/GettyImages
Una nave della marina francese dotata di pompe si avvicina a chiazza di petrolio fuoriuscita dal naufragio dell’Erika, 16 maggio 1999 (AP Photo/David Ademas,POOL)
Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/Ouest-France, Marc
Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio, 29 dicembre 1999 (AP
Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/Ouest-France, Marc Roger)
Una foto scattata il 4 gennaio 2000 sull’isola di Noirmoutier mostra un uccello coperto di olio a causa del naufragio della petroliera Erika (MARCEL MOCHET/AFP/GettyImages)
Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/ Bob Edme)
LA SVOLTA
DOPPIO SCAFO PER LE PETROLIERE
Doppio scafo, dal 2015 obbligatorio per tutte le petroliere
Doppio scafo, entrerà in vigore il prossimo 20 luglio 2012 il regolamento 13 giugno 2012, n. 530/2012/Ue sull'introduzione obbligatoria di petroliere a doppio scafo, che abroga e sostituisce il regolamento 417/2002/Ce.3 lug 2012
Il testo prevede il divieto di circolazione delle petroliere monoscafo allo scopo di prevenire l’inquinamento causato da petrolio così come previsto nella Convenzione Marpol 73/78 di cui il regolamento è attuazione, ed è una rifusione del regolamento 417/2002. Unica novità del nuovo testo è il potere attribuito alla Commissione di adottare atti delegati (ex articolo 290 del Trattato di Lisbona) per adattarlo alle modifiche della Convenzione e purché non amplino l'ambito di applicazione del regolamento.
Ai sensi del regolamento (articolo 7) il termino ultimo per la circolazione delle petroliere con solo doppio fondo scatterà nel 2015, il giorno dell'anniversario della data di consegna della nave.
Nel 1992 è stata varata l'ISOLA BLU, (foto sopra) la prima nave a doppio scafo Armatore Barbaro, costruita in Italia dalla Petrotank JV, società nata dalla collaborazione con F.lli D'Amico, Rosina, Ferruzzi e Almare. Il socio John Gatti seguì la costruzione (Ancona) e in seguito ne prese il Comando.
Carlo GATTI
Rapallo, 25 Ottobre 2024
T/b MICHELANGELO - UNA TRISTE STORIA
LA MICHELANGELO - UNA TRISTE STORIA
Il 16 Settembre 1962, a causa dei numerosi cambiamenti sui progetti originali, finalmente lo scafo della Michelangelo scese in mare. Quel giorno nei cantieri navali di Sestri Ponente (Genova) fu presente al varo anche un rappresentante della Chiesa e in questa occasione Giuseppe Zuccoli, il presidente in carica della Società Italia Navigazione, la compagnia armatrice. Fu Laura Segni, la moglie del Presidente della Repubblica a dare il via al varo.
L’11 Marzo 1965 il grande liner italiano iniziò le prove in mare che superò con successo. L’unico difetto che si presentò furono le forti vibrazioni allo scafo quando procedeva alla massima velocità. Il problema fu risolto nell’inverno successivo con la sostituzione delle eliche.
Il 21 Aprile 1965, dopo ben 5 anni dalla posa della chiglia. La Michelangelo venne consegnata. Costò complessivamente 75 miliardi di Lire di allora. L’Italia di Navigazione lo considerò un investimento conveniente. Come ultimo collaudo, prima del suo viaggio inaugurale, partì per una crociera nel Mediterraneo.
Il 12 Maggio 1965, l’ultimo gioiello della Marina Italiana partì con grandi festeggiamenti e con 1.495 passeggeri per il suo viaggio inaugurale da Genova a New York al comando del capitano Mario Crepaz. Il viaggio inaugurale si svolse con un servizio perfetto. Due mesi più tardi si unì la gemella Raffaello. La Michelangelo guadagnò molta popolarità fra i non pochi VIP che scelsero di attraversare l’Atlantico via mare.
La gente di mare si affezionò presto alla nave ed il soprannome “Mic” l’accompagnò nei porti e nelle traversate oceaniche.
Nel gennaio 1966, la Michelangelo rientrò in cantiere per eliminare le suddette vibrazioni, apportando adeguate modifiche alle eliche che non solo eliminarono le pericolose vibrazioni, ma la resero anche più veloce raggiungendo la notevole velocità di 31,59 nodi (quinta nave più veloce al mondo dopo la Queen Elizabeth, Queen Mary, United States e France) superando anche la Raffaello che prima delle modifiche era leggermente più veloce, grazie ad un profilo leggermente diverso dello scafo. In ogni caso la velocità di crociera venne mantenuta a 26,5 nodi, per limitare i costi di esercizio.
Nonostante avesse passato con successo la revisione nell’Aprile 1966, quell’anno si rivelò il più tragico per il servizio della Michelangelo.
UN’ONDA ANOMALE LA RESE FAMOSA...
Il 12 Aprile 1966, mentre aveva superato di poco la mezza traversata e si trovava a due giorni e mezzo da New York, si scontrò con un’onda anomala che sfondò la parte frontale delle sovrastrutture uccidendo due passeggeri, un membro dell’equipaggio, e facendo piu’ di 50 feriti, fra cui 10 in gravi condizioni.
ED ECCO LE DRAMMATICHE FOTO ....
Era la mattina del 12 Aprile 1966, la Michelangelo stava procedendo verso New York con 745 passeggeri a bordo. Quel giorno si sviluppò una tempesta di enorme potenza, molte navi si trovarono in difficoltà, 5 marinai furono spazzati via dal ponte di coperta della nave da carico inglese Chuscal. Erano circa le 10 del mattino quando un’onda anomala si presentò di fronte al transatlantico italiano proprio nel momento più sfavorevole per essere affrontata. Il comandante Giuseppe Soletti, alla sua ultima traversata, devio’ verso sud dalla rotta standard, per evitare il centro della tempesta. Venne consigliato ai passeggeri di stare in cabina, per evitare di essere sbattuti tra le paratie dei corridoi. A bordo c’era anche lo scrittore tedesco Gunther Grass con la moglie e l’ammiraglio Giurati, il presidente dell’Italia Navigazione.
Claudio Suttora, il Primo Ufficiale, racconta: “Le onde diventavano sempre più alte e violente, e proprio alla fine di un grande beccheggio ci siamo trovati davanti quell’onda enorme. La Michelangelo, che fino a quel momento era stata in grado di risalire le onde, infilò dritta la prua in quell’enorme, spaventoso e insuperabile muro d’acqua… nessuno di noi si rese conto di cosa stesse per succedere, quell’onda ci si è formata davanti quasi all’improvviso… per fortuna l’urto non fu così forte da danneggiare anche il timone, così riuscimmo presto a rimettere la nave contro le onde”.
Claudio Cosulich, all’epoca Comandante in 2a della Michelangelo, racconta: “Quando arrivò l’onda, non ero sul ponte di comando, un’onda precedente aveva scoperchiato una presa d’aria sul ponte di prua ed ero andato con quattro volontari a riparare il danno, per evitare che l’acqua entrasse. Avevamo appena finito e stavamo scendendo una scaletta sotto il ponte… cademmo tutti rovinosamente… fu come incassare in pieno una cannonata da 305 mm.”
L’onda scavalcò la prua alta circa 18 metri e sfondò le lamiere dalla parte frontale della nave, distanti piu’ di 70 metri dalla cima della prua, e molti oblo’ spessi quasi 2 centimetri fin sul ponte di comando, a 25 metri dalla linea di galleggiamento. Due passeggeri, che avevano la cabina nella parte colpita dall’onda, morirono quasi subito, un membro dell’equipaggio morì poco dopo. I feriti furono piu’ di 50, 10 dei quali, gravi. Lo stesso Cosulich, che in seguito divenne l’ultimo comandante della Michelangelo, riportò una serie di fratture al braccio sinistro. Poco dopo l’incidente il transatlantico venne raggiunto da una nave militare americana che fornì assistenza medica supplementare, mentre I medici della Michelangelo lavorarono ininterrottamente fino all’arrivo a New York.
A New York la Michelangelo si fermò 3 giorni per le riparazioni temporanee, consistenti nella copertura della parte colpita, mentre al ritorno in Italia venne adeguatamente riparata e rinforzata, sostituendo le lamiere della parte frontale, fatte in lega di alluminio, con lamiere di acciaio in modo da renderla più resistente in futuro. Lo stesso lavoro venne eseguito sulla Raffaello.
Per diminuire il peso delle navi e ridurre il consumo di carburante, l’alluminio era infatti utilizzato per le sovrastrutture di molte navi moderne negli anni ’60, così dopo l’incidente della Michelangelo anche altre navi come il France e lo United States ebbero la parte frontale rinforzata in acciaio. Questo fu l’unico grave incidente della storia della Michelangelo.
UNA FESTA CHE I PASSEGGERI PORTAVANO NEL CUORE PER SEMPRE!
Negli anni in cui i due grandi LINERS italiani erano impiegati nei viaggi di linea attraverso l’Atlantico, il momento del loro incrocio era l’attesa occasione di una grande festa per i passeggeri. Le navi viaggiavano infatti intorno ai 26 nodi, quindi si sarebbero incontrate ad una velocità relativa di oltre 50 nodi. Nel momento calcolato del passaggio molto ravvicinato al traverso, mantenevano ovviamente una distanza di sicurezza, “le navi suonavano le sirene, i passeggeri sparavano fuochi artificiali, tiravano palloncini volanti e le possenti onde scuotevano le navi a vicenda”.
L’INIZIO DELLA FINE....
IN UN SOLO ANNO, ERA IL 1970, LA COMPAGNIA AEREA PAN AMERICA REGISTRO’ IL TRASPORTO DI UN MILIONE DI PASSEGGERI TRA L’EUROPA E GLI STATI UNITI.
In quell’anno divenne sempre più chiaro che l’epoca romantica dei transatlantici era ormai tramontata. il 96% dei viaggi transatlantici avvenivano ad alta quota. La compagnia inglese Cunard ritirò dal servizio le sue due regine (QUEEN MARY E QUEEN HELIZABETH) rispettivamente nel 1967 e 1968. Nello stesso anno la United States Line ritirò dal servizio la sua unità principale, la “UNITED STATES”.
La gestione era diventata antieconomica. La cruda realtà era questa: quando la nave viaggiava con solo 400 passeggeri a bordo, erano stipendiati 1.450 persone di equipaggio, e quando l’Italia Navigazione cercò di negoziare con i rappresentanti sindacali la riduzione dei componenti l’equipaggio, i sindacati rifiutarono ogni soluzione chiedendo altresi’ di aumentare le loro paghe. Venne allora in aiuto il Governo italiano, che accettò di sovvenzionarne la gestione delle navi.
“Non aiutarono la situazione i numerosi scioperi, indetti successivamente dall’equipaggio per futili motivi come quello indetto (non sappiamo se della Michelangelo o Raffaello) perché non veniva loro servita acqua minerale in bottiglia, ma acqua del rubinetto. L’Italia di Navigazione, cercò allora di compensare le perdite riducendo la velocità di crociera, ma non ne ebbe un apprezzabile ritorno economico. Un’altra iniziativa fu quella di offrire tariffe a prezzi speciali verso gli Stati Uniti, alla fine del 1972. Nonostante ciò, per molte persone queste tariffe stracciate non furono un incentivo sufficiente per intraprendere un viaggio turistico. Fu presto chiaro per quasi tutti che il mercato del trasporto-passeggeri transatlantico era ormai troppo piccolo per due navi così grandi”.
La situazione peggiorò nel giro di una notte quando il prezzo del petrolio salì da 35$ a 95$ al barile. Come ben sappiamo, i transatlantici di quell’epoca avevano bisogno di grandi quantità di carburante per cui i loro costi di esercizio diventarono enormi.
Nel 1974 e 1975 la Michelangelo venne impiegata per gran parte del tempo nelle crociere divenute nel frattempo il business delle vacanze. Ma la MIC era considerata troppo grande per il mercato crocieristico di allora. Non solo, il problema che impediva lo sfruttamento al meglio delle gemelle Michelangelo e Raffaello come navi da crociera era la suddivisione interna in tre classi, non idonea ad un uso da crociera.
L’Italia di Navigazione tentò comunque di impiegare la Michelangelo in diversi tipi di crociere, dalle classiche ai Caraibi, ai viaggi speciali a Rio de Janeiro, a Capo Nord. Ma nessuna delle rotte provate ebbe successo, così il 26 Giugno 1975 la Michelangelo partì tristemente da New York, per il suo ultimo viaggio verso Genova.
“Nel 1975, i finanziamenti del governo ammontarono a 100 milioni di lire al giorno, 700 dollari per passeggero trasportato. Intanto la stampa inizio’ a chiedersi perché mai i contribuenti avrebbero dovuto continuare a pagare per mantenere questi “monumenti galleggianti, rappresentanti di un’era ormai finita” e proclamarono che queste navi dovevano essere affondate anziché sovvenzionate. Il governo annunciò che non poteva più continuare a pagare 100 milioni di lire al giorno per tenere le due Gemelle in funzione e nella primavera 1975 comunicò all’Italia Navigazione che le sue navi non avrebbero più ricevuto alcuna sovvenzione”.
Questo provvedimento significò la fine per le due fantastiche Gemelle.
“L’ultimo viaggio fu ben lungi dall’essere un addio brillante e solenne, la biblioteca e la lavanderia di bordo erano chiuse durante l’intero viaggio, le sigarette e le bevande alcoliche finirono, i negozi erano chiusi, l’aria condizionata venne spenta in mezzo all’Atlantico, il servizio di bordo era approssimativo e inefficiente, insomma tutto il contrario di quello che la rese famosa. Inoltre, accessori e suppellettili incustoditi andarono a ruba, prelevati dai passeggeri che non volevano rinunciare ad un ultimo souvenir. Prima ancora che i passeggeri potessero lasciare la nave, l’equipaggio incominciò a smontare e impacchettare la posateria e tutta le ceramiche.”
Nella foto. La Messa domenicale in navigazione. da sinistra Carlo Gatti, a seguire il Comandante in 2° Claudio Cosulich, il Commissario Governativo, il Comandante della M/n VULCANIA Giovanni Peranovich ed il Capo Commissario di bordo.
Chi scrive, è il giovane pilota del porto di Genova che si diede “volontario” per l’ultimo ormeggio della MICHELANGELO (come nave passeggeri) a ponte Andrea Doria. “Non era il mio turno, ma spiegai ai colleghi che il comandante della MIC era stato il mio 1° Ufficiale sulla M/n Sarturnia ed in seguito anche il mio Comandante in 2a sulla M/n Vulcania e che sarei stato felice di salutarlo per rinnovargli la mia stima e vicinanza nel momento piu’ triste e difficile della sua carriera”.
“Il 12 Luglio 1975, il Comandante triestino Claudio Cosulich fu l’ultimo a comandare la Michelangelo come nave passeggeri. La manovra d’ormeggio ben riuscita venne salutata da voci che acclamavano gridando “Bravo Capitano!” sia da bordo, sia dalle migliaia di persone che accorsero per assistere dal molo.”
Così dopo soli 10 anni di servizio, 121 traversate atlantiche e 245.839 passeggeri di linea trasportati, la più prestigiosa unità di bandiera italiana ammainò la bandiera.
Dopo un breve periodo trascorso a Genova sotto l’occhio interessato di tanti armatori dello shipping internazionale, la Michelangelo venne posta in disarmo nella baia di Portovenere a La Spezia, dove venne raggiunta poco tempo dopo dalla gemella Raffaello, malinconicamente vicine, presso i famosi cantieri demolitori situati proprio in quella zona, ma il momento della loro demolizione era ancora lontano, la loro attesa fu lunga ed estenuante: la maggior parte dei possibili acquirenti le giudicarono troppo grandi, tanto per cambiare...
Successivamente, con molta sorpresa, entrò in scena uno strano personaggio: lo Shah di Persia (oggi Iran) che mostro subito d’essere interessato all’acquisto delle due “meraviglie” per impiegarle “squallidamente” come caserme galleggianti. L’Italia di Navigazione accettò tra il profondo dispiacere di tutte le persone che l’avevano costruite, degli equipaggi che l’avevano avute come casa, oltre ai tantissimi passeggeri in cui era rimasto un bellissimo ed indelebile ricordo di tante traversate oceaniche.
Il 12 Dicembre 1976 vennero vendute per 35 miliardi di lire in totale, quando ne erano costate 150.
Così nel Luglio 1977 la Michelangelo e la Raffaello, private del loro arredamento originale, affrontarono l’ultimo viaggio spinte dalle loro potenti turbine, con destinazione Bandar Abbas.
In quell’anno, la MIC venne trasformata in nave caserma, ospitante 1.800 persone. Per 15 anni la Michelangelo fu utilizzata in quel ruolo mantenendo il suo nome e 50 manutentori italiani inclusi nel suo equipaggio che si occupavano della cura della nave.
Quando pero’ alla fine degli anni ’70 lo Shah di Persia venne cacciato dal potere, il personale italiano venne rimandato in Italia.
“Nel 1978 fu proposta una ristrutturazione che permettesse il riutilizzo delle due unità come navi da crociera rivolte ad una clientela di lusso: la loro capacità ricettiva sarebbe stata ridotta a 1300 passeggeri e, pur rimanendo di proprietà iraniana, avrebbero navigato, sotto una conveniente bandiera di copertura nelle acque del Mediterraneo e dei Caraibi. Il progetto prevedeva anche un nuovo nome: Michelangelo e Raffaello sarebbero diventate “Scià Reza il Grande” e “Ciro il Grande”.
Alla commissione di esperti giunta appositamente dall’Italia per verificare la fattibilità del progetto e per effettuare la manutenzione, apparve evidente il grave stato in cui versavano le strutture: gli scafi erano arrugginiti, la pavimentazione lignea dei ponti scoperti iniziava a deformarsi e gli ambienti interni erano ormai in balìa di armate di topi. Quelle che pochi anni prima erano state le ammiraglie della flotta italiana non avrebbero mai più navigato.”
Purtroppo, da quelle parti del globo, non esisteva alcuna tradizione marinara degna della fama di queste due navi che caddero nella piu’ totale trascuratezza fino a ricoprirsi di ruggine e “quelli che un tempo erano saloni degni di una reggia, divennero immensi alberghi per topi!”
Così, nel 1991, gli ufficiali iraniani decisero che la nave non fosse più utilizzabile in nessun modo e venne venduta a peso ai demolitori pakistani. Ma quello di cui c’era bisogno non erano l’acciaio, il rame o altre materie prime, ma la capacità e la volontà di dirigere queste navi verso nuovi impieghi e con un’amministrazione piu’ seria.
La Michelangelo fu rimorchiata fino Karachi, dove arrivò il 7 Giugno 1991 e venne demolita sulla spiaggia. Per diversi anni, i venditori ambulanti di Karachi vendettero i più svariati souvenir della Michelangelo: accessori per cucine, rubinetti, e persino i water…
Questa fu la fine della nave più grande, stupenda e innovativa della nostra Marina.
UNA TRISTE DEDUZIONE
La storia delle navi passeggeri Michelangelo e Raffaello rappresenta non solo un’epoca d’oro per il trasporto marittimo, ma anche un monito sui danni di visioni errate e strategie manageriali inefficaci. Nonostante la loro magnificenza e l'innovazione ingegneristica, le decisioni politiche ed economiche che hanno accompagnato la loro costruzione e gestione si sono rivelate disastrose. L’overcapacity, la mancanza di una visione a lungo termine e l’incapacità di adattarsi a un mercato in rapida evoluzione hanno portato a costi enormi, che si sono tradotti in perdite miliardarie per l'Italia. Questi errori non solo hanno minato il potenziale delle due navi, simboli di orgoglio nazionale, ma hanno anche illustrato la necessità di una programmazione più attenta e lungimirante, capace di rispondere alle sfide di un’industria in continuo mutamento. La lezione da trarre è che il progresso tecnologico deve sempre essere accompagnato da una strategia ben definita e una comprensione approfondita del mercato globale.
IN RELAZIONE ALL'ARGOMENTO TRATTATO, SUGGERIAMO LA LETTURA DEI SEGUENTI ARTICOLI PRESENTI SUL SITO DI
MARE NOSTRUM RAPALLO
- I FILETTI DEL MONTANA
https://www.marenostrumrapallo.it/lucardi/
di Carlo Lucardi
- LE NAVI DI IERI E DI OGGI
https://www.marenostrumrapallo.it/le-navi-di-ieri-e-di-oggi/
di Carlo Gatti
- NEW YORK - L’ALTRA SPONDA DEL NEW WORLD
https://www.marenostrumrapallo.it/new-york-laltra-sponda-del-nostro-amato-new-world/
di Carlo Gatti
Carlo GATTI
Rapallo, 21 ottobre 2024
UNO SGUARDO SU GENOVA NEL MEDIOEVO - 2024
UNO SGUARDO SU GENOVA NEL MEDIOEVO
2024
Cristoforo Grassi "Veduta di Genova nel 1481"
La Repubblica di Genova (Repúbrica de Zêna, /ɾe'pybɾika de 'ze:na/ in ligure, Res publica Genuensis o Ianuensis in latino; ufficialmente fino al 1528 Compagna Communis Ianuensis e dal 1580 Serenissima Repubblica di Genova) è stata una repubblica marinara, esistente dal 1099 al 1797.
GENOVA NEL MEDIOEVO - 2024
INTRODUZIONE
Il progetto "Ianua – Genova nel Medioevo" si propone di riscoprire e divulgare la storia medievale di Genova durante l'anno 2024, seguendo le linee guida del Piano Strategico della Cultura. Questo programma annuale mira a valorizzare l'eredità medievale della città, richiamando l'attenzione su come la Genova del Rinascimento e del Barocco affondi le sue radici in un periodo di straordinario sviluppo e trasformazione, che si estende dal X al XV secolo.
Numerose associazioni culturali locali hanno profuso impegno e risorse nel recupero di opere d'arte significative, nel restauro di chiese storiche e delle celebri case dei ROLLI, nonché nella realizzazione di ricerche storiche volte a chiarire le origini e le leggende che circondano la storia genovese. Questo lavoro di recupero ha messo in luce molteplici aspetti della vita medievale e il ruolo di Genova come un importante centro commerciale e culturale del Mediterraneo.
Il progetto comprende una vasta gamma di iniziative, tra cui l'apertura di siti storici e aree d'interesse, come chiese, torri e edifici storici, che saranno accessibili al pubblico. Si terranno incontri tematici, mostre, eventi teatrali, concerti e altri eventi culturali, tutti progettati per narrare la complessità della vita genovese medievale e illustrare il contributo significativo di Genova come porto commerciale d'Europa. Ogni iniziativa avrà l'obiettivo di coinvolgere i cittadini e i turisti, creando un dialogo interattivo con la storia.
In particolare, si porranno i riflettori su figure iconiche come Guglielmo Embriaco e Cristoforo Colombo e su eventi chiave che hanno segnato la storia della città, rendendo la narrazione accessibile e affascinante. Durante l'anno, verranno organizzati convegni e seminari per approfondire temi storici, archeologici e artistici, spesso in collaborazione con università e istituzioni locali, permettendo così una condivisione delle conoscenze tra esperti e pubblico.
Le iniziative includeranno visite guidate e seminari, con l’intento di offrire momenti di immersione nella storia genovese. È prevista la creazione di un calendario ricco di appuntamenti, che vedrà la partecipazione di enti e associazioni locali unite in un progetto condiviso. In particolare, si svolgeranno attività accessibili a tutti, con visite dedicate alle persone con disabilità e traduzione simultanea in lingua dei segni italiana, per garantire una fruizione inclusiva del patrimonio culturale.
Questo sforzo collettivo non solo celebra la storia medievale di Genova, ma contribuisce anche a rafforzare la sua identità culturale contemporanea, ponendo solide basi per uno sviluppo economico sostenibile attraverso il turismo. Attraverso il progetto "Ianua", la città avrà l'opportunità di mostrare al mondo le proprie meraviglie medievali, affascinando e incantando abitanti, turisti e appassionati di storia.
Per ulteriori dettagli e aggiornamenti, sarà disponibile una pagina dedicata sul sito www.visitgenoa.it - dove sarà possibile consultare il programma delle attività e seguire gli sviluppi dell’iniziativa.
La nostra Associazione Mare Nostrum - Rapallo, grazie alla ricca collezione di articoli e ricerche dedicate alla storia e alla cultura di Genova e della Liguria, può con orgoglio affermare di essere parte integrante di questa nobile civiltà repubblicana e democratica, simbolizzata dalla 'LANTERNA'.
Insieme alle altre tre Repubbliche Marinare Italiane: Venezia, Pisa e Amalfi, Genova ha svolto un ruolo fondamentale nella storia dell'Europa e del mondo occidentale.
Carlo GATTI
Past President - Mare Nostrum Rapallo
Per l’occasione, Vi segnalo una parte soltanto della lunga serie di filmati YouTube curati in gran parte dall’ Emittente Televisivo genovese PRIMO CANALE al quale potrete attingere molte altre fonti di notevole interesse.
https://www.primocanale.it/
Una Giornata nel Medioevo:
https://www.youtube.com/watch?v=PCdNU-6g7i8
https://www.youtube.com/watch?v=PurQhLjZ0sE
I Tesori di Sant’Agostino
https://www.youtube.com/watch?v=rn9Fuuym-tU&list=PLde00V2nanIQ4hTMuOyDub-Mhq2wh2IRf&index=2
“Medioevo a Genova” - La Tavola rotonda a Terrazza Colombo
https://www.youtube.com/watch?v=Lge12fmaikI&list=PLde00V2nanIQ4hTMuOyDub-Mhq2wh2IRf&index=4
Alla scoperta dei protagonisti del Medioevo di Genova
I BALESTRIERI DEL MANDRACCIO
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https://www.youtube.com/watch?v=L1aCMT-D2C8&list=PLde00V2nanIQ4hTMuOyDub-Mhq2wh2IRf&index=4
primocanale.it
In occasione dell’evento Ianua Genova nel Medioevo, Antonio Musarra, curatore del progetto, presenta alcuni preziosi corali miniati che appartengono alla chiesa di Santa Maria di Castello. Il “Corale” è un libro liturgico che si usava nel coro, lo spazio nell’abside della chiesa in cui prendevano posto sacerdoti e monaci. Al centro si trovava un grande leggio su cui venivano collocati uno o più “corali”, orientati in varie direzioni, in modo che ciascuno dal suo posto potesse leggere il testo e la musica dei pezzi che venivano recitati o cantati ➡️ scopri di più su
primocanale.it
Un restauro lungo 4 anni per il Monumento Fieschi ricostruito proprio come un 'puzzle': il Museo Diocesano festeggia il riallestimento di una delle testimonianze più importanti del Medioevo genovese, un monumento funebre che celebra il cardinale Luca Fieschi, genovese del 1270. Qui vi raccontiamo in breve la sua storia ➡️ sul sito @primocanale.it trovate la diretta di approfondimento sui lavori e la storia di quest’opera…
primocanale.it
Il video conclusivo di "Assaggi di Medioevo"!
Viaggio nella cucina del Medioevo genovese
https://m.youtube.com/watch?v=kKpC68Rc5x0
Alessandro BARBERO
"Genova, il suo Medioevo ancora da ..."
https://www.rainews.it/tgr/liguria/video/2024/01/alessandro-barbero-genova-il-suo-medioevo-ancora-da-studiare-i-rolli-la-riscoperta-del-passato-8227e4d5-4336-444d-8237-36cfd913827b.html
"Lezioni di Storia - Teatro Nazionale Genova"
"L'Impero di Genova, quarta parte: il Mar Nero. Conclusioni di ..."
https://www.youtube.com/watch?v=NZiPsYQr2QM
Alessandro Barbero innamorato di Genova: "Sta tornando famosa in tutto il mondo"
https://www.youtube.com/watch?v=yqV3Nfi0S9E
Medioevo marinaro | Intervista ad Antonio Musarra
https://www.youtube.com/watch?v=1ekrTLTtVts
YouTube vi presenta l'incontro tra Alessandro Alfieri e lo studioso genovese Antonio Musarra, professore di Storia medievale all'Università "Sapienza" di Roma, in occasione dell'uscita del suo ultimo volume "Medioevo marinaro. Prendere il mare nell'Italia medievale" edito da Il Mulino.
Il libro ci invita alla scoperta dell’anima marittima del Medioevo; un lavoro accurato, approfondito, risultato di anni di ricerca su fonti non certo ovvie, e che si presenta anche come un lavoro “introduttivo”, nel senso che l’ambizione è quella di avviare o amplificare una nuova visione storica sul Medioevo. Spesso infatti le vicende marittime e il Mediterraneo sono stati marginalizzati rispetto alle vicende dell’Europa continentale; lo spazio geografico si confonde con quello fantastico, dal momento che il peso dell’immaginario restò a lungo preponderante fino alla crescente razionalizzazione della società. Come separare realtà e fantasia? Qual è il confine tra reale e immaginario?
Oltre a rispondere a questi interrogativi, in questo volume Musarra propone anche una ricostruzione dettagliata dello sviluppo tecnico della vita marinara, delle invenzioni, delle strumentazioni di navigazione e delle navi, fino ad arrivare all’attenzione rivolta alla dimensione normativa e giuridica.
La casa di Cristoforo Colombo
Nessun dubbio, Cristoforo Colombo era ligure. L’ultima teoria che arriva dalla Spagna in questi giorni, dopo un esame del dna, lo vuole ebreo sefardita. Ma i documenti dell’epoca parlano chiaro.
GABRIELLA AIRALDI
lunedì 14 ottobre 2024
«Sulla genovesità di Colombo esistono talmente tanti documenti che non può essere messa in discussione»,
sostiene Gabriella Airaldi, specialista di storia delle relazioni internazionali e interculturali dal Medioevo all’età moderna, insignita sabato a Genova della Medaglia Colombiana in quanto“illustre storica di fama internazionale”.
Ecco perché Cristoforo Colombo era genovese
Primocanale.it
https://www.primocanale.it/attualità/46923-ecco-perché-cristoforo-colombo-era-genovese.html
Chi è Cristoforo Colombo? Un eroe, un assassino, un mistico, un templare, il figlio di un papa, un catalano, un portoghese, un corso, un savonese? E’ di origine piacentina, monferrina o è un ebreo come oggi si torna nuovamente a proporre? Conoscere questo personaggio non è facile a cominciare dal fatto che, nonostante i molti ritratti, non ne è nota neppure la fisionomia. Se ne conosce invece bene la storia, per molti versi simile a quella di molti genovesi migrati in varie parti del mondo. Figlio di un lanaiolo, entrato in mare "in giovanissima età" come molti concittadini di ogni fascia sociale, il quattordicenne Cristoforo si forma sulle navi dei guerrieri -mercanti genovesi che da secoli visitano tutto il mondo conosciuto. Ed è attraverso questa via, come afferma egli stesso in una lettera indirizzata ai Re Cattolici, che nasce la sua curiosità e cresce il suo progetto di arrivare ad Oriente passando da Occidente. Infatti -sostiene Colombo- è la navigazione stessa a indurre “chi la segue a desiderare di conoscere i segreti del mondo”.
Nasce dunque da un’esperienza lunga e complessa e da un’inesausta curiosità il desiderio di futuro che porta Colombo a compiere il gesto destinato a cambiare la storia. Un gesto forte che conclude un itinerario umano difficile da cogliere ma che, grazie a una sterminata quantità di testimonianze di mano sua e altrui, a una cospicua serie di fonti diplomatiche e mercantili, consente di essere certi delle sue origini genovesi. Tutto nella sua vita, nei suoi comportamenti, nei suoi legami, nelle protezioni della lobby genovese di cui gode alla Corte castigliana, riconduce a una città dalla quale resterà sempre lontano ma che ricorda nella lettera indirizzata al Banco di san Giorgio nel 1502 con le note parole ‘ Benchè il corpo si unì il cuore è li di continuo’. Una città dove ha amici come l’ambasciatore Niccolò Oderico al quale consegna la copia del Libro dei Privilegi tuttora conservata a Genova. Una città da dove provengono anche i parenti meno fortunati che lo raggiungono in Spagna e che ne godranno la protezione. Una terra dove è noto il legame che unisce lui e la sua famiglia al grande nome dei Fieschi, come testimoniano l’amicizia che lo unisce a Bartolomeo, il comandante della Vizcayna che nel quarto viaggio lo salva dalle tribolazioni della Giamaica e la lettera inviata a fine vita al patriarca Luigi. Il gesto di Colombo ha cambiato la storia e l’immagine del mondo. E’ nato con lui il nuovo Occidente e, come talvolta si sostiene, è con quel gesto che si chiude l’Età medievale e si apre quella moderna. Di fatto il gesto di Colombo è un rito di fondazione. Un rito di fondazione supera la storia ed entra nella sfera del mito ed è forse per questo che si parla dell’uomo che lo ha compiuto e sempre se ne parlerà.
Gabriella Airaldi
Autrice di oltre quattrocento pubblicazioni, tra cui 13 libri e 22 curatele, è specialista di storia mediterranea e di storia delle relazioni internazionali e interculturali per l'età medievale e la prima età moderna. Premio Anthia 2004 per il libro Guerrieri e mercanti.
Uno dei tanti esempi di riqualificazione e recupero di un patrimonio artistico ...
Una gemma del centro storico di Genova, le prime immagini della riapertura della chiesa di Sant'Agostino.
Chiesa e Convento di Sant’Agostino. I monaci agostiniani costruirono il chiostro a forma triangolare ispirandosi al simbolo agostiniano della Santissima Trinità. (n.d.r)
Il complesso di Sant’Agostino, chiesa e convento, ha una storia lunga e complessa.
La chiesa, iniziata probabilmente attorno al 1260 e già in uso nel 1270, è a tre navate con copertura mista, a capriate e a volte. La facciata è a salienti, scandita in tre parti da lesene e presenta un paramento a fasce bianche e nere. Nel corso dei secoli il complesso subì diverse trasformazioni. Una serie di cappelle venne realizzata nel corso del XV secolo sfondando il muro perimetrale sinistro della chiesa, così come erano presenti anche altari e cappelle addossati al perimetrale destro.
Sul coronamento della facciata sono state collocate tre statue (oggi sono calchi, gli originali sono conservati in museo) raffiguranti la Madonna con Bambino, San Pietro e Sant’Agostino e risalenti al XIV secolo.
La torre campanaria richiama nelle forme il campanile di San Giovanni di Pré: insolito per Genova l’uso del mattone e il rivestimento in piastrelle policrome.
In una formella romboidale murata nel campanile si trovò un marmo con iscritto il nome "Pietro Bono, Magister de Antelamo" e la data 1282.
Due sono i chiostri del complesso: il primo, di forma triangolare, non usuale per l’edilizia conventuale genovese, venne costruito contemporaneamente alla chiesa ed è caratterizzato al pianterreno da un loggiato ad arcate ribassate, sostenute da colonne a rocchi di pietra e di marmi bianco e sormontate da capitelli cubici.
Il chiostro quadrato, risalente alla prima metà del Seicento, venne costruito in un’area precedentemente utilizzata come orto. Nel 1798 la chiesa venne sconsacrata e da allora non tornò mai più al culto. Dopo i pesanti danni subiti nel corso della seconda guerra mondiale gli spazi relativi al primo chiostro triangolare e la chiesa vennero ristrutturati, mentre quelli relativi al chiostro rettangolare furono completamente ricostruiti.
(Musei di Genova)
Il primo appuntamento sarà il 30 maggio quando le navate dell'antica chiesa di Sant'Agostino costruita alla fine del XIII secolo e poi sconsacrata, riapriranno i battenti per offrire a turisti e cittadini un assaggio della Genova Medievale. All'interno, infatti, tra le arcate gotiche, troveranno spazio alcuni dei capolavori del museo, a partire dalla statua di Margherita di Brabante, per riportare alla luce quei frammenti della Genova medievale che verranno poi esposti all'interno del museo una volta completati gli interventi di riqualificazione che prendono l'avvio proprio nell'anno che celebra Genova nel medioevo.
"Inizia il percorso per il recupero di Sant'Agostino, una vera e propria gemma del nostro centro storico che racconta gli antichi fasti della Genova medievale - ha detto il sindaco Bucci -. Un complesso unico nel suo genere per bellezza, arte e cultura. Dall'ex Chiesa fino al museo, la città potrà riappropriarsi dell'intero complesso che tornerà completamente rinnovato, dagli spazi fino al percorso espositivo e i servizi per i visitatori". Un intervento particolarmente complesso che prevede interventi architettonici sul chiostro quadrangolare, l'abbattimento delle barriere architettoniche, interventi architettonici per ampliare gli spazi di accoglienza e di servizio, adeguamento degli impianti, restauro completo della ex chiesa, percorso museografico aggiornato secondo criteri di attualità. "L'obiettivo è di riaprire tutto entro due anni - ha spiegato il vice sindaco Pietro Piciocchi - i costi sono, ovviamente molto consistenti, nell'ordine di una decina di milioni compresa la riqualificazione della chiesa, e le risorse le stiamo trovando".
Andrea Leoni
09 Aprile 2024
Desidero chiudere questa carrellata storica con un Evento simbolo della Storia medievale di Genova.
Antonio Musarra - 1284, la battaglia della Meloria
https://www.youtube.com/watch?v=-T28P2BgAok
Antonio Musarra - presentazione del libro "1284, La Battaglia della Meloria"
3 maggio 2018, ore 18 Sala del Maggior Consiglio
Il 6 agosto del 1284 è la festa di San Sisto: un giorno solitamente fausto per Pisa. Quel giorno, al largo di Livorno, nei pressi delle secche della Meloria, Genovesi e Pisani si affrontarono in una delle più grandi battaglie navali del Medioevo. La causa immediata è la contesa per il controllo della Corsica. In realtà, al centro v’è soprattutto il tentativo di affermare la propria supremazia su tutto il Tirreno al fine di salvaguardiare le rotte per la Sicilia, l’Africa settentrionale e il Levante mediterraneo. In effetti, le due città giunsero allo scontro al culmine di una serie di rivolgimenti – dalla caduta dell’Impero Latino di Costantinopoli all’ascesa della potenza angioina, allo scoppio della guerra del Vespro – che mettevano in discussione gli equilibri raggiunti a fatica. La ricostruzione del volto di questa battaglia e della sua lunga preparazione consente di riportare alla luce, oltre alla brutalità del combattimento sul mare, il profilo di un Medioevo diverso: quello marittimo e navale, dove gli orizzonti improvvisamente si allargano e dove piccole città si rendono protagoniste di rivoluzioni – da quella commerciale a quella nautica, a quella finanziaria – capaci di mutare il corso della storia.
Insieme all’autore intervengono Sandra Origone (Università di Genova), Luca Lo Basso (Università di Genova), e Emilano Beri (Università di Genova).
Edizioni Laterza
A cura di Carlo Gatti
Rapallo, 18 Ottobre 2024
IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA -
IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA
LA REPLICA RECA CON SE'
ECHI EVANGELICI DAL MARE DI GALILEA
«È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta». (P.Giordani)
Il 15 marzo 2023 - Papa Francesco ha benedetto la simbolica costruzione, ricevuta in dono dalla famiglia Aponte, armatori di Nlg – Navigazione Libera del Golfo, con la collaborazione e il supporto dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma.
Nella foto, da sinistra a destra, rivolti verso Papa Francesco, i coniugi Aprea, il direttore di NLG Maurizio Aponte e il presidente dell’Istituto diplomatico internazionale, Paolo Giordani.
Il Papa ha disposto che nei MUSEI VATICANI venga collocata la copia di una imbarcazione di duemila anni fa
La riproduzione perfetta della barca da pesca
L’opera è stata realizzata dagli APREA, storica famiglia di maestri d’ascia della penisola sorrentina, dopo approfonditi studi archeologici con la partecipazione di esperti della marineria antica. In particolare, gli artigiani hanno utilizzato la tecnica dei “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi). Una tecnica importata dall’area mediterranea, operante già dal secondo millennio a.C.
Benedicendo l’imbarcazione prima dell’udienza generale, il Santo Padre ha sottolineato come quella ricevuta sia ‘la barca di tutti’, una frase che attesta la coerenza di un uomo che fin dalla sua elezione ha dimostrato una particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato.
YouTube
https://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/eventi-e-novita/iniziative/Eventi/2023/barca-di-pietro-approda-nei-musei-vaticani/video-barca-pietro.html
L’imbarcazione è la fedele “replica” - Made in Italy - dell’antico e originale peschereccio di Pietro venuto alla luce nel 1986 dalla melma del lago di Tiberiade in occasione di un improvviso abbassamento delle acque, e custodito nel museo Yigal Allon di Ginosar, luogo indicato dai Vangeli quale sede principale delle predicazioni di Gesù in Galilea di cui ci occuperemo tra breve.
L’imbarcazione è stata sistemata alla base della rampa elicoidale dei musei Vaticani
(come mostra la foto sopra)
La Barca di Pietro accoglie, con la sua forte carica spirituale, pellegrini e turisti di tutto il mondo nella “Casa di tutti”, secondo un’espressione cara a Papa Francesco, Timoniere della Chiesa e instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse.
La Barca di Pietro simboleggia quindi la Chiesa che è guidata dai suoi successori. Gesù invita i discepoli esitanti e dubbiosi a salpare, confidando in Dio. Allo stesso modo, la Chiesa deve misurarsi con le tempeste e le difficoltà del mondo per diffondere l’annuncio del Vangelo della Grazia.
La Barca di Pietro non è più soltanto una metafora
Il dono che la famiglia Aponte, gli armatori di NLG-Navigazione Libera del Golfo ha voluto fare, con la collaborazione dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma, al Santo Padre, “instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse”, come ha spiegato Paolo Giordani, presidente dell’IDI, la cui “particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato” corrisponde pienamente all’”antica legge del mare”. Non per caso il Papa, accettando il dono, l’ha definita “la barca di tutti”.
I Dettagli marinareschi spiegati da APONTE:
L’imbarcazione è una replica perfetta di quella conservata nel museo israeliano come doveva essere ai tempi di Gesù:
scafo: di 8,8 metri x 2,5,
albero: di 8 metri con pennone di 6,
due piccole coperte: a proravia e a poppa
velatura: vela quadra e cavi in fibra di canapa
governo: due timoni
equipaggio, in grado di trasportare fino a quindici persone.
materiale di costruzione: cedro e quercia
tecnica usata: “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi).
Una tecnica importata dall’area mediterranea, in vigore dal secondo millennio a.C. fino all’epoca bizantina esclusa, applicata non su un materiale ligneo unico, ma su materiali misti: cedro, quercia.
Nave EUROPA – graffito
Per le parti andate perdute, gli artigiani sorrentini si sono ispirati ai mosaici del piazzale delle Corporazioni di Ostia, al graffito della nave “Europa” di Pompei, al bassorilievo con veduta del Portus Augusti (collezione Torlonia).
“Desideriamo ringraziare - ha sottolineato Maurizio Aponte, direttore di NLG - Un grazie di cuore va al Governatorato dello Stato Città del Vaticano, che ha mostrato interesse per il progetto e ci ha consentito di realizzarlo, e all’Istituto Diplomatico Internazionale, che ha collaborato nella fase di ideazione e presentazione. Tutti ci auguriamo che il modello della Barca di Pietro possa regalarci nuove emozioni” – ha concluso il direttore di NLG.
“Con questo omaggio al Sommo Pontefice dopo dieci anni di ministero – ha dichiarato P.Giordani – abbiamo voluto dare corpo ad un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La Barca di Pietro che consegniamo oggi non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione. È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta”.
In particolare, viene ricordato l’episodio della tempesta sul lago narrato da Marco (4,38). “Mentre i discepoli erano nel panico perché imbarcavano sempre più acqua, Gesù – dice l’evangelista – se ne stava a poppa e, adagiato sul cuscino, dormiva. Lo svegliarono a furia di grida d’aiuto e lui, destatosi, comandò al mare»: «Taci! Calmati!» (Marco 4,39) «e le acque si placarono» (Luca 8,22-25).
“Sempre il Lago di Tiberiade - rammenta Giordani - fu testimone di un'apparizione pasquale di Gesù risuscitato. Dalla riva suggerì ai discepoli, estenuati per la notte passata senza pescar nulla, di calare la rete dalla parte destra della barca. In questa maniera pescarono una gran quantità di pesci e compresero che lo sconosciuto era il “Messia”. Pietro poi si tuffò per raggiungerlo e Gesù gli disse: «adesso pasci le mie pecorelle». “Questo dialogo è considerato come il momento in cui Gesù affida a Pietro la Chiesa (Giovanni 21,1-19) - commenta il presidente dell’IDI - È da questo testo che fu attinta l’immagine della chiesa come “Barca di Pietro”.
L’apostolo infatti sottolineava che: «se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il secondo timoniere».
Aggiunge Giordani: “Durante la pandemia da Covid-19, rivolgendosi al mondo costretto ad affrontare con dolore e sacrifici un momento storico così drammatico, il Papa, timoniere della Chiesa, ci aveva fatto sentire costantemente la sua vicinanza attraverso la preghiera, dandoci la certezza che ‘Dio non ci lascia in balia della tempesta’. Ebbene, con questo omaggio al Sommo Pontefice, dopo dieci anni di ministero, abbiamo voluto dare corpo a un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La ‘Barca di Pietro’ che consegniamo non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione”.
Il Papa ha risposto con un sorriso: “La barca di tutti…” e sarà meta di pellegrinaggio, di “nuovi pesci da portare sulla riva del Signore”.
Lago Tiberiade - Mar di Galilea
Il RELITTO originale dell’imbarcazione di Pietro fu ritrovato nel 1986 sul fondo del lago di Tiberiade
Chi scrive, nel 2000 andò con la famiglia in Israele.
Il nostro pellegrinaggio iniziò dal Lago di Tiberiade, dove tutto cominciò…
Giuseppe Flavio (Guerra giudaica, III,7) lo descrisse così:
«Il lago di Gennesar prende il nome dal vicino territorio. Misura 40 stadi in larghezza e 140 in lunghezza. Le sue acque sono dolci ma non buone da bere. Esse sono più leggere della pesante acqua di palude, e limpide perché le sue rive sono formate da ghiaia e sabbia; ha inoltre una temperatura mite: è meno fredda di quella di un fiume o di una sorgente, ma comunque più fresca di quanto si immagini, vista l'estensione del lago. Al centro di esso scorre il Giordano, che sembra nascere dal Panion, mentre in realtà giunge al Panion attraverso un percorso sotterraneo, e nasce invece dal bacino di nome Fiale, che si trova a 120 stadi da Cesarea, sulla destra, non molto distante dalla strada che porta alla Traconitide. [...] Non si sapeva che nascesse dal Giordano fino a quando non fu dimostrato da Filippo, tetrarca della Traconitide. Egli, gettando nella Fiale della paglia, la ritrovò trasportata al Panion, dove nell'Antichità si credeva nascesse il Giordano.
Tra i tanti YouTube che ho visionato, questo che vi propongo in visione è il migliore per chiarezza, bellezza e informazioni culturali geografiche-storiche ed Evangeliche.
Il mare di Galilea chiamato il lago di Gesù
di
Adrea Candore
https://www.youtube.com/watch?v=tUyoB-wObME
Le cartine orientative
Lago di Tiberiade
Il kibbutz di Ginnosar sul lago di Tiberiade e la scoperta della “barca di Gesù”
del prof.Giancarlo Biguzzi
https://www.gliscritti.it/approf/2007/papers/barca_gesu.htm
Il relitto originale, ben conservato grazie al fango del fondale che ricopriva le strutture lignee dello scafo, è stato datato alla seconda metà del I sec. A.C. dall’esame del Carbonio 14. Si tratta quindi di un battello a vela lungo 8,8 metri x 2,5 metri con un albero di 8 metri, risalente con ogni probabilità proprio all’epoca della predicazione di Gesù. L’imbarcazione, particolarmente adatta per la pesca costiera, poteva ospitare quattro rematori e circa una dozzina di persone. È plausibile quindi che il relitto del Lago di Tiberiade appartenga alla medesima tipologia della barca di cui raccontano gli evangelisti Luca (5,1-11) e Marco (4,35-41).
Il prezioso reperto è in mostra al centro Ygal Allon nel museo di Ginosar in Galilea (Israele), un museo che permette ai turisti di osservare da vicino questa semplice imbarcazione datata 40 avanti Cristo grazie a un test a radiocarbonio effettuato alla fine degli anni ottanta quando fu rinvenuta coperta da fango e melma nel lago di Tiberiade.
Gli archeologi riferirono subito che si trattava della tipica imbarcazione che usavano i pescatori ai tempi di San Pietro. Naturalmente non vi erano evidenze di sorta che si trattasse dell'imbarcazione dei Vangeli anche se l'umile costruzione lignea non ne diminuiva il valore archeologico.
CURIOSITA’ TECNICHE DELL’IMBARCAZIONE ORIGINALE
Dal sito: BibleWalks 500+ sites
L’imbarcazione è stata datata, con il carbonio 14, intorno al 40 a.C. (più o meno 80 anni), o dal 50 a.C. al 50 d.C. sulla base delle ceramiche (tra cui una pentola ed una lampada) e dei chiodi ritrovati all’interno della barca. Questo fa ipotizzare che l’imbarcazione possa quindi risalire al tempo di Gesù Cristo. In effetti, si adatta alle molte descrizioni di barche delle Sacre Scritture, come quella nel Vangelo di Luca. Lunga 27 piedi e larga 7,5 piedi, la barca era costruita con dieci diversi tipi di legno e doveva consentire la pesca vicino alla riva. La tecnica costruttiva della barca risultò conforme altre barche costruite in quella parte del Mediterraneo tra il 100 a.C. e il 200 d.C. L’imbarcazione era stata costruita principalmente con assi di cedro, unite insieme da giunti e chiodi a mortasa e tenone fissati, adatta a navigare su bassi fondali grazie ad un fondo piatto, che le consentiva di avvicinarsi molto alla riva durante le operazioni di pesca. Gli archeologi hanno scoperto che la barca era stata costruita con dodici diversi tipi di legno, il che suggerisce diverse ipotesi: una carenza di legno o una costruzione in economia, fatta con legni di scarto, oppure che la stessa aveva subito riparazioni estese e ripetute. Delle 113 assi del fasciame della barca, 105 (92%) erano di cedro e uno di pino, entrambe conifere locali. Curioso il fatto che su 60 assi di quercia, 45 (75%) erano costituite da rami non lavorati. L’utilizzo del legno di conifere per le assi e di legno di latifoglie, di solito il rovere, per le intelaiature interne, era una pratica comune ed è seguito anche oggi nella costruzione di barche. Un interessante studio sulle tipologie di legno utilizzate può essere letto su questo sito.
La barca di pescatori era dotata di un albero, e quindi poteva alzare una vela, e aveva posto per quattro rematori sfalsati. Le sue dimensioni avrebbero permesso di trasportare 13 persone … Ovviamente, non c’è modo di sapere se questa particolare barca ebbe realmente un ruolo negli eventi raccontati nella Bibbia ma le sue strutture marinaresche trovano conferma in quanto raccontato nei libri sacri.
LA TEMPESTA SUL LAGO DI TIBERIADE (MARE DI GALILEA)
“Cristo nella tempesta sul mare di Galilea”
Rembrandt
Così si legge nel Vangelo di Matteo
« Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.
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Così si legge nel Vangelo di Marco
È interessante che, pur essendo un lago, l’evangelista Marco preferisca chiamarlo “mare”, a motivo della grandezza e della sua pericolosità, infatti spesso è battuto da venti che rendono difficile la navigazione.
La barca nella tempesta
Il Signore è a poppa, nella parte poppiera della barca, quella che affonda per prima; e dorme appoggiato ad un cuscino (Mc 4,38). La tempesta che incontra la barca non sveglia Gesù, sarà il cuore angosciato dei discepoli a far tremare la barca: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (v. 38). Di questa mancanza di fede è preoccupato Gesù.
Immaginiamo lo scompiglio su quella barca! Ma quale è il vero rischio di perdersi? Gesù non risponde alla domanda dei discepoli, ma, placato il vento e le acque, sarà lui a sollevare la domanda vera: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (v. 40).
Il mare non è una forza autonoma, come non lo è il Male, seppur ha una sua inspiegabile libertà di agire, come ci istruisce il testo “sapienziale” di Giobbe nella prima lettura: “Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso?” (Gb 38,8). C’è un limite invalicabile posto dal Signore, che è creatore e redentore: “Fin qui giungerai e non oltre, e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde” (v. 11).
La fede messa alla “prova” dal mare
L’immagine del mare, da sempre, rappresenta nella Bibbia una prova di fede.
Il popolo d’Israele liberato da Mosè è costretto a fermarsi davanti al Mar Rosso, apparentemente invalicabile. L’esercito egiziano incalza alle spalle ed è ormai vicino: “Non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto”? (Es 14,11). Con queste parole ricolme di angoscia, il popolo si rivolge a Mosè. E lui: “Non abbiate paura! Siate forti. Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli” (v. 13).
HO CHIESTO A DIO: PERCHE' MI HAI PORTATO SULLE ACQUE AGITATE?
MI HA RISPOSTO: PERCHE' I TUOI NEMICI (i demoni) NON SANNO NUOTARE ...
Papa: "siamo tutti sulla stessa barca"
Questo brano ci ricorda il momento straordinario di preghiera indetto da Papa Francesco il 27 marzo 2020, nel contesto della pandemia. Risuonano ancora le sue parole: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.
Risulta essenziale la presenza del Signore. Con un rischio: che ognuno lo vorrebbe collocato secondo i propri schemi, alla guida, di vedetta, a rassicurare ognuno, ad evitare gli ostacoli… Ma il Signore è invece al suo posto e compie la sua opera. Lo aveva anticipato nelle parabole: il seme una volta gettato, non va perduto. “Dorma o vegli, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce” (Mc 4,27).
Su questa barca con Gesù, che è la Chiesa
Con queste parole l’orazionale descrive la “via santa”, una vita non gettata nel nulla, non abbandonata a sè stessa.
Sulla barca della vita permane la presenza silenziosa ma efficace del Signore: “Taci, calmati!” (Mc 4,39). Al momento opportuno il Signore interviene, calma le acque e il vento, come ordina al male di non nuocere più.
Su questa barca, che è la Chiesa, possiamo attraversare sicuri il mare della vita; e la nostra fede, seppur debole e ferita, può ristorarsi alla “fonte” dei sacramenti.
La nostra fede poggia sicura sulla fede di Pietro e della Chiesa di Cristo. Lo ricorda il sacerdote nella celebrazione eucaristica: “Signore, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa”.
PERCHE' GESU' SCEGLIE I PESCATORI
Lo spiega Sant’Agostino. Discorso 250
Dio preferisce i deboli e i poveri di questo mondo.
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Il Signore Gesù ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti 1, sicché, volendo adunare la sua Chiesa da ogni parte del mondo, non cominciò con degli imperatori o senatori ma con dei pescatori. Se infatti fossero stati scelti in principio personaggi altolocati, essi avrebbero attribuito la loro scelta a se stessi e non alla grazia di Dio. Questo modo di procedere di Dio, a noi occulto, questa disposizione del nostro Salvatore ce la espone l'Apostolo quando dice:Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Sono parole dell'Apostolo. Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose ignobili e spregevoli del mondo ha scelto Dio, e le cose che non hanno consistenza - come se la avessero - per annichilire le cose dotate di consistenza; affinché nessun uomo possa vantarsi dinanzi a lui 2. La stessa cosa aveva detto il profeta: Ogni valle sarà colmata, e ogni monte e ogni colle sarà abbassato, perché si ottenga una pianura senza dislivelli 3. Veramente, oggi partecipano della grazia del Signore senza distinzione nobili e plebei, dotti e ignoranti, poveri e ricchi. Quando si tratta di ricevere questa grazia non avanza diritti di precedenza la superbia rispetto all'umiltà di chi nulla sa e nulla possiede 4 e nulla può. Ma cosa disse loro? Venite dietro a me e io vi farò pescatori di uomini 5. Se non ci avessero preceduto quei pescatori, chi sarebbe venuto a pescarci? Al giorno d'oggi uno è gran predicatore se riesce a presentare bene quello che ha scritto il pescatore.
Mescolanza di buoni e cattivi nella Chiesa terrestre
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Il Signore Gesù Cristo scelse dunque dei pescatori di pesci e ne fece dei pescatori di uomini. Col fatto stesso del pescare poi volle darci degli ammaestramenti nei riguardi della chiamata dei popoli. Notate come le pesche furono due e come occorra distinguerle e separarle. Una fu quando il Signore scelse gli Apostoli e da pescatori li rese suoi discepoli 6; l'altra è quella che abbiamo ascoltato ora quando si leggeva il santo Vangelo, quella cioè che avvenne dopo la resurrezione del Signore Gesù Cristo. L'una dunque prima della resurrezione, l'altra dopo la resurrezione. E dobbiamo sottolineare con molta attenzione la differenza fra le due pesche, poiché questa duplice pesca è una nave piena di istruzioni per noi.
Almeno 4 erano pescatori di mestiere:
Simon Pietro e Andrea suo fratello, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo…
Non sono menzionati tutti i loro mestieri. Pietro e Andrea erano pescatori, probabilmente anche altri. Matteo era in esattore di tasse, Paolo fabbricava tende per mantenersi quando predicava ma a Gerusalemme era stato educato dal dotto fariseo Gamiliele. Sapeva parlare greco ed ebraico. Nonostante Matteo avesse molta esperienza riguardo il denaro e i numeri, furono affidate a Giuda le finanze e per questo si presume che avesse una certa istruzione. Tutti comunque si mantenevano con il loro lavoro.
Invece gli apostoli non credevano per fede, ma perché avevano incontrato e mangiato insieme a Gesù per 40 giorni dopo la sua morte.
Gesù appare ai pescatori
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/libri/impariamo-racconti-bibbia/13/gesu-appare-ai-pescatori/
PIETRO Apostolo, santo
TRECCANI
https://www.treccani.it/enciclopedia/santo-pietro-apostolo_(Enciclopedia-Italiana)/
https://www.culturacattolica.it/cultura/storia/storia-della-chiesa/il-primo-sbarco-dell-apostolo-pietro-in-italia
Tra gli scritti cosiddetti pseudo-clementini (preziosa fonte per gli studiosi dei primi secoli), composti poco dopo il 200 d.C., vi è un’opera denominata Viaggi di Pietro, che era stata adottata dai giudei ebioniti. Gli ebioniti credevano sia nell’ebraismo sia in Gesù come Messia (atteggiamento ancora oggi presente tra le migliaia di ebrei messianici d’Israele), e facevano riferimento ad un vangelo di Matteo rielaborato, ed anche all’opera Viaggi di Pietro. E’ da questo testo che fu attinta l’immagine della Chiesa come “Barca di Pietro”, perché l’apostolo ci teneva a sottolineare che, se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il “secondo timoniere”.
MARINAI E FEDE
https://www.marenostrumrapallo.it/cri/
Carlo GATTI
Rapallo, 26 Giugno 2024
UNA GITA A LUNI
UNA GITA A LUNI
Eravamo negli Anni ’70. La nostra famiglia, di origini-semi vichinghe, aveva due figli alle scuole elementari e due alle medie. Senza dare spiegazioni, neppure a mia moglie Guny, imboccai l’autostrada verso Sud e dissi: “oggi vi porto sulla luna!”
Mi girai di scatto e vidi dei volti sorridenti ma un po’ preoccupati per il mio stato di salute… “Mi correggo, vi porto al sito archeologico di Luni e c’è un motivo storico-culturale che potrebbe interessarvi. Forse si tratta di una leggenda, ma sono ancora in tanti a parlarne. Chissà che non sia vera! -
Google la dà per vera e tra poco ce la racconterà in poche righe ….”
Ne seguì un coro: “dai raccontacela prima tu!”
C'era una volta …. un nome che infiammava l'immaginazione e i sogni degli uomini del Nord: ROMA. Per loro, Roma rappresentava il sole, la luce, la ricchezza e la potenza. Sognavano di conquistarla e farla loro.
Un giorno, Hasting, un feroce vichingo norvegese, radunò tutti i capi delle tribù e disse: "Seguitemi e vi prometto che conquisteremo Roma, la magica città sarà nostra."
Dopo mesi di navigazione, la flotta normanna arrivò alle rive dell’alto Mar Tirreno. E lì, vicino al mare, apparve una città con marmi bianchi che brillavano al sole. Archi, torri e mura erano tutte di marmo. Non c'era dubbio: quella doveva essere Roma, la città eterna.
Solo Roma poteva permettersi il lusso di costruire tutto con il marmo, perfino le mura! "All'assalto!" gridò Hasting. "Ognuno di voi tornerà in patria come un eroe!"
I vichinghi si lanciarono all'attacco con violenza inaudita, ma furono respinti ogni volta. Gli assediati erano troppo valorosi.
Hasting allora pensò di usare l'astuzia. Mandò un messaggero in città con una richiesta: "Il mio capo è stato gravemente ferito nell’ultimo assalto e sta per morire. Prima di lasciare questa terra, vuole convertirsi alla vostra fede e ricevere il battesimo. Permettetegli di essere trasportato in barella entro le mura e di essere battezzato nella vostra cattedrale."
Come potevano rifiutare una simile preghiera? I cittadini, mossi a compassione, accettarono.
E così, la barella con Hasting fu portata verso la città. I portatori, con visi tristi e dolenti, avanzavano lentamente. Ma nei loro occhi si vedeva una scintilla feroce: sapevano che sotto il giaciglio era nascosta una spada.
Finalmente, la barella fu posta davanti alla cattedrale. I portatori si fermarono per un attimo di riposo...
Proprio in quel momento, all'improvviso, Hasting saltò su dalla barella, afferrando la sua spada nascosta. Con una rapidità incredibile, cominciò a colpire i cittadini sorpresi. La confusione fu tale che la città venne rapidamente conquistata e saccheggiata, senza che gli abitanti potessero difendersi. I vichinghi presero tutto ciò che potevano, lasciando dietro di sé morte e distruzione tra i magnifici edifici di marmo.
Convinti di aver conquistato la grande Roma, i barbari si ritirarono, portando con sé il bottino. Ma, sorpresa delle sorprese, quella splendida città non era Roma. Era Luni, una meravigliosa città costruita con il marmo bianco, un capolavoro dell'architettura etrusca e romana. Luni, la grande, la ricca, la splendida Luni.
Oggi, di quella magnificenza, rimangono solo poche rovine coperte di terra poco a sud della Spezia. Eppure, nei paesi freddi del Nord, durante i lunghi mesi invernali, i bambini ascoltano ancora la storia di Luni: una storia che sembra una leggenda. La leggenda della grande città che, per la sua straordinaria bellezza, imponenza e ricchezza, venne scambiata per Roma.
Così, ragazzi, la prossima volta che sentite parlare di un’avventura incredibile, ricordate la storia di Luni. Non tutte le leggende sono inventate, e qualche volta, ciò che sembra troppo bello per essere vero... lo è davvero.
Leggiamo insieme il parere di Wikipedia:
Hasting: Hástein Ragnarsson (scritto anche come Hastein Haesten, Hæsten, Hæstenn o
Hæsting o Alsting).
Fu un capo vichingo Norvegese della fine del IX secolo, appartenente alla dinastia di Muns Munsö, che guidò numerose spedizioni di razzia.
https://it.wikipedia.org/wiki/Hastein
Hastein e Björn passarono l'inverno su un'isola in Camargue, alla foce del Rodano prima di razziare Narbona, Nìmes e Arles, per poi dirigersi a nord a Valence e poi, lungo la costa ligure, in Italia. Qui attaccarono LUNI, grande città collocata all'estremità sudorientale dell'attuale regione Liguria.
Credendo erroneamente (a causa del lusso visibile) che Luni fosse nientemeno che Roma, Hastein decise di saccheggiare la città con ogni mezzo. Davanti a Luni Hastein si fece portare dai suoi uomini alla porta, dove chiese alle guardie di farlo entrare perché, prossimo alla morte, avrebbe desiderato convertirsi al cristianesimo. Una volta all'interno, fu portato alla chiesa cittadina dove ricevette i sacramenti, prima di saltare fuori dalla barella e condurre i suoi uomini al saccheggio della città. Secondo un'altra storia avrebbe voluto convertirsi prima di morire, e il giorno seguente avrebbe finto la morte. La città concesse a 50 dei suoi uomini di entrare in città per la sepoltura, tutti armati sotto i vestiti. Hastein saltò fuori dalla bara decapitando il religioso per poi saccheggiare la città. Una volta razziata Luni, saccheggiò Pisa e, una volta risalito l’Arno, razziò anche Fiesole. È probabile che la flotta abbia poi fatto rotta verso L’impero Bizantino nel Mediterraneo orientale.
Area archeologica di Luni | In volo sull'archeologia italiana
https://www.youtube.com/watch?v=FHuNkBUtZ9w&t=112s
La città di Luni si trova sulla riva sinistra del fiume Magra fondata come colonia romana nel 177 a.C., per il controllo dei territori conquistati ai liguri Apuani.
La colonia di Luni fu fondata dai Romani nel 177 a.C., per stabilirvi un posto avanzato contro i Liguri Apuani, ai quali avevano faticosamente strappato quel territorio. Il nome della città deriverebbe da una dea primitiva italica o dalla forma a falce del porto cittadino.
La freccia rossa verticale (foto in alto) indica l’uscita di Carrara, in direzione SUD, per visitare il Museo Archeologico Nazionale e le vestigia dell'antica colonia romana di “Portus Lunae”, ANTICA LUNI, dal cui porto salpavano navi cariche di marmo, oggi detto di Carrara, utilizzato per la costruzione dei più importanti monumenti della Roma antica.
La distanza (autostrada) Rapallo-Carrara è di 91,61 km
Il tempo di percorrenza medio è di 1 ora e 11 minuti
UNA NOVITA’
Sia l'area di sosta in direzione sud sia quella in direzione nord prevedono anche il passaggio nel tunnel multimediale Luni Experience dove, attraverso una sequenza di proiezioni e suoni, si può ripercorrere la storia dell'antica colonia romana dal cui porto salpavano navi cariche di marmo, oggi detto di Carrara, utilizzato per la costruzione dei più importanti monumenti della Roma antica.
"Non molti sanno che percorrendo la A12 tra Sarzana e Carrara si passa vicino a un sito archeologico di straordinaria importanza, l'antica città di Luna - ha detto Alessandra Guerrini, direttore regionale Musei Liguria -. L'intervento di SALT ci offre un esempio innovativo di come può svilupparsi una collaborazione tra un'infrastruttura viaria e il mondo della cultura. L'invito ai viaggiatori a fermarsi per conoscere il territorio, muovendosi a piedi a partire dall'autostrada, è un modo inedito per arricchire il percorso, trasformando il senso del viaggio. Un'esperienza di cui siamo felici - ha concluso -, resa possibile grazie alla sinergia tra privato e pubblico, che consente di valorizzare e rendere sempre più accessibile a tutti il patrimonio culturale".
La fondazione di una colonia romana in questa zona indica che il territorio era assai importante dal punto di vista strategico, militare e commerciale. L'accorta politica romana prevedeva il trasferimento di intere famiglie in tali zone, per lo più veterani di guerra, ai quali venivano concessi appezzamenti di terreno con diritto ereditario. Così avvenne anche per Luni.
Per quanto riguarda la “geografia” di questa zona c’è tuttora un po’ di confusione, e per dipanarla, mi rivolgo a Wikipedia:
A livello amministrativo, la Lunigiana è composta solamente dai comuni toscani. Fortunatamente, la Lunigiana storica è ancora oggi caratterizzata da una profonda unità culturale, viva nei dialetti, nei costumi, nelle tradizioni e nella cucina, che valicano i confini amministrativi tra Toscana e Liguria.
D’altronde a Ortonovo, in provincia della Spezia si trovano i resti dell’antica Luni, da cui trae il nome la Lunigiana.
Oggi si può finalmente affermare che LUNI si trova in Liguria, in provincia di LA SPEZIA!
Questa confusione viene dal passato, da decisioni prese contro la logica dell’unità dei popoli. Nel 1844 esistevano tre Lunigiane, parmense, con Pontremoli e Bagnone, modenese con Fivizzano, Aulla, Licciana, Massa e Carrara e una sarda con Sarzana, La Spezia e la Val di Vara. Con l’unità d’Italia, nel 1859, si creavano la provincia di Massa e Carrara con la val di Magra, e la provincia di Genova con La Spezia e la Val di Vara, spaccando così in due il territorio della Lunigiana storica. Nel 1923 nasceva la provincia della Spezia, con l’attuale territorio amministrativo, lasciando definitivamente la Lunigiana tra due provincie e tra due regioni.
Attraverso Parma e la Lunigiana passa, infatti, il corridoio più rapido che avvicina Roma al nord Europa e viceversa. E’ il tracciato seguito 2200 anni fa dal console Marco Emilio Lepido, che dopo aver fondato Parma fonda anche la città ed il porto di Luni
MAPPA DEL PORTO DI LUNI
Portus Lunae: certezze e incertezze. Indizi, disegni, mappe, prove
https://www.archeominosapiens.it/portus-lunae-certezze/
Tanti ed anche nuovi indizi, certamente non tutti attendibili, per questa storia che viene da lontano.
Le prime ricostruzioni ambientali avevano a disposizione le affermazioni degli Autori Classici che non sempre sono apparse coerenti fra loro o con i tempi di riferimento. Una fra tutte la descrizione del grande porto di Luni esistente prima della fondazione di Luni, che avrebbe accolto la flotta romana in partenza per la campagna di Spagna. In seguito, la necessità di un nuovo porto, importante, commerciale è emersa, ma solo a seguito dell’industria del Marmo Apuano.
Poi l’avvento delle cartografie, sempre più influenzate dalla geometria e dalla topografia. Fino alla ricerca delle nuove motivazioni ed informazioni deducibili dalla geologia, ma soprattutto dalla geomorfologia, dalla petrografia (dei materiali), della tettonica, della sismologia, etc. Finalmente, in tempi recenti, sono giunte in aiuto le indagini geotecniche di corredo agli interventi edilizi e le campagne geofisiche e, soprattutto, quelle di carotaggio continuo, alcune ancora allo studio, che porteranno certamente nuove indicazioni, soprattutto dirette.
La soluzione più plausibile ad oggi relativamente al Portus Lunae? Probabilmente è quella che prevede l’esistenza di diversi approdi prossimi alla Città, raggiungibili attraverso canali protetti dall’ambiente lagunare, dunale e retrodunale.
Poi un porto mercantile, marmifero, che l’ambiente naturale, l’economia industriale ed il buonsenso vedono prossimo al Bacino Marmifero Apuano.
Molti indizi, ma mancano ancora le prove strettamente archeologiche.
Luni: una possibile via dei marmi prima dell’avvento industriale del Marmo Lunense (Apuano). Da DEL SOLDATO, 2021.
La zona portuale. A sinistra si nota la scritta “Vestiggie del Molo” ed indicano il tracciato del fiume MAGRA che scende verso la sua foce.
Segnalo: MUSEO NAZIONALE E ZONA ARCHELOGICA - LUNI
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Cliccando (sotto) su ogni indicazione specifica, potete percorrere il sito archeologico in tutte le sue sezioni egregiamente documentate e mostrate con meravigliose immagini.
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Anfiteatro di Luni
Fu costruito nel suburbio orientale della città, secondo l'orientamento della ripartizione agraria che in età augustiana sostituì quella traccia all' atto di fondazione della colonia. Sorge a circa 250 metri dalla Porta Orientale, lungo la via Aurelia. L'asse maggiore m 88.50, l'asse minore misura m 70,20.
CAPITELLO DI PILASTRO (vedi descrizione nell’apposita bacheca)
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La colonia romana di Luna che ha avuto una vita lunga più di mille anni. I Romani iniziano ad occupare il territorio su cui sorge la città agli inizi del II sec. a.C. per istituire una testa di ponte in vista della conquista della Spagna. Nel 177 a.C. duemila cittadini romani partecipano alla fondazione della colonia di Luna patrocinata dai triumviri M. Emilio Lepido, P. Elio Tuberone e Gn. Sicinio; a ciascun colono sono assegnati 13 ettari in un’area compresa indicativamente tra il fiume Magra e l’attuale Comune di Pietrasanta.
CERCA: https://luni.cultura.gov.it/museo
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Servizio: Ha tavoli all'aperto · Offre menu per bambini · Cani ammessi
Indirizzo:
Via Appia, 9, 19034 Luni Mare SP
Orari:
Chiuso ⋅ Apre alle ore 12:30
Aggiornati da altre persone 4 settimane fa
Telefono: 0187 66689 Chioccia d'oro
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Concludo con un flash del sommo Poeta catturato su F/b - di Mauro Salucci
Dante Alighieri sul fiume Entella. Il 6 ottobre 1306 il poeta è in Liguria, a Sarzana. Suo compito è trattare l'accordo di pace fra Francesco Malaspina e il vescovo di Luni Antonio Nuvolone di Camilla. Da Sarzana, Dante viaggia fino a Genova, sino ai paesi e le città del Ponente ligure. Nella Divina Commedia, oltre a descrivere la costa e alcuni personaggi, lancerà pesanti invettive contro i genovesi.
Carlo GATTI
Rapallo 15 Giugno 2024
Piroscafo BARON GAUTSCH - Un naufragio che si poteva evitare
BARON GAUTSCH
Un naufragio che si poteva evitare
Fu definito: IL RELITTO PIU' FAMOSO DELL'ADRIATICO
Il 28 giugno 1914 - a Sarajevo, l'arciduca Francesco Ferdinando, erede del trono di Austria e Ungheria, fu ucciso con la moglie da un serbo. Questo avvenimento fece esplodere le tensioni internazionali e l'Austria dichiarò guerra al Regno di Serbia determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee per il gioco delle alleanze tra i vari stati.
Il 27 Luglio 1914 - le Autorità militari austriache, per far fronte al trasporto di truppe e merci, requisirono molte imbarcazioni tra cui il piroscafo passeggeri BARON GAUTSCH.
Il 9 Agosto 1914 - Il BARON GAUTSCH, dopo un breve periodo di navigazione militarizzata, ricevette l’ordine di riprendere i suoi viaggi di linea regolari in Adriatico, ma con equipaggio civile.
Il piroscafo BARON GAUTSCH ormeggiato al Molo San Carlo di Trieste
Il "Baron Gautsch" era una delle navi passeggeri più moderne del Lloyd Austriaco, con il suo scafo in acciaio.
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Varata nel 1908 nel cantiere Gourlay Brothers & Company di Dundee in Scozia
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lunghezza 84,55 m.
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larghezza 11,6 m.
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altezza 7,5 m.
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stazza lorda 2069 tonnellate
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stazza netta (861)
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quattro caldaie a tre forni per ognuna
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equipaggio 64 membri
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trecento passeggeri
Era dedicato al barone Paolo de Gautsch de Frankerrthurm, presidente del governo e del CONSIGLIO IMPERIALE del Parlamento di Vienna alla fine del XIX secolo.
IL DRAMMA
Come accennato sopra, terminata la sua breve attività come nave militarizzata austriaca, il piroscafo Baron Gautsch sbarcò il comandante della Marina Militare Austriaca e lo sostituì con il comandante triestino Paolo Winter della Marina Mercantile per riprendere la sua abituale attività come nave passeggeri di linea scalando i porti: Trieste, Pola, Lussinpiccolo/Lussingrande, Zara, Spalato, Lesina, Gravosa, Castelnuovo e Cattaro.
Una bella immagine satellitare delle riparatissime Bocche di Cattaro
Le Bocche di Cattaro, sono costituite da ampi valloni fra loro collegati che si inseriscono profondamente nell'entroterra come fiordi. Prendono il nome dalla città di Cattaro.
Caratterizzate da profondi bacini perfettamente riparati dal mare aperto, le bocche di Cattaro costituiscono uno dei migliori porti naturali del Mar Mediterraneo. Grazie a questa caratteristica, unitamente alla facile difendibilità, furono un importante punto strategico illirico, greco e quindi romano e bizantino. Per tre secoli la Repubblica di Venezia e poi l’Impero austro-ungarico hanno costituito una munitissima quanto inespugnata base navale militare.
Cattaro era il capoluogo dell’Albania Veneta considerata dal punto di vista strategico un punto importantissimo per il controllo dell'Adriatico e per contrastare l'espansione ottomana.
Il piroscafo BARON GAUTSCH lasciò le Bocche di Cattaro (Montenegro) il pomeriggio del 12 Agosto 1914 ed era atteso a Trieste dopo circa 23 ore di navigazione.
Il 13 agosto del 1914, salpò dal piccolo porto di Lussingrande, Veli Lošinj in croato, per raggiungere Trieste con 300 persone a bordo, tra equipaggio e passeggeri.
“Vedendo il grande piroscafo lungo oltre 85 metri che si dirigeva verso la zona minata, l’equipaggio del posamine Basilisk lanciò prontamente l’allarme, ma tanto i marinai quanto i passeggeri a bordo del Baron Gautsch interpretarono questi segnali come un caloroso benvenuto”.
Rovigno
Giunto a 9 miglia al largo di Rovigno (Istria) il comandante Paolo Winter, evidentemente ignaro dell’insidiosa presenza di campi minati austriaci sulla sua rotta, andò inesorabilmente incontro al peggiore naufragio che possa accadere: colare a picco in brevissimo tempo senza avere la minima possibilità di organizzare una, seppur improvvisata, operazione di salvataggio d’emergenza.
Tutto questo successe: “Alle 15.45, il piroscafo cozzò contro una mina e, in pochissimi minuti, affondò trascinando con sé 130 passeggeri, molti dei quali donne e bambini”.
I passeggeri imbarcati erano stimati intorno ai 310-350, i superstiti furono 190, i morti circa 130, ma furono rinvenuti non più di 30 corpi. I sopravvissuti furono condotti a Pola e ricoverati; il primo gruppo di naufraghi giunse in porto a Trieste la sera del 14 agosto a bordo del piroscafo “Adriana” della Società Istria-Trieste.
Col senno di poi, qualcuno avrà certamente ipotizzato che sarebbe stato più prudente affiancare i due Comandanti (militare e civile) per alcuni viaggi di addestramento e conoscenza degli ordigni posizionati in quelle acque dalla stessa Marina Austriaca.
Dal sito Atlante Guerra riportiamo:
L’affondamento ebbe pesanti strascichi giudiziari. Il capitano Winter, che si salvò su una scialuppa, fu accusato di codardia assieme a molti marinai che avrebbero pensato più a salvare sé stessi che a soccorrere i civili a bordo. In realtà, la maggior parte delle scialuppe non riuscì neppure ad essere calata in acqua per la cattiva manutenzione. Cattiva manutenzione che, secondo la difesa, andava imputata alla passata gestione da parte della Marina Militare.
Ma la vicenda più incredibile riguarda i giubbotti salvagente che avrebbero potuto salvare decine e decine di vite, e che era stati chiusi a chiave nei cassetti. Il comandante si giustificò spiegando che la decisione si era resa necessaria perché i passeggeri di terza classe li rubavano per usarli come cuscini. Alla fine del processo, gli ufficiali furono tutti assolti e nessuno di loro ebbe la minima ripercussione sulla carriera.
ALBUM FOTOGRAFICO
Piroscafo
BARON GAUTSCH
Il relitto del "Baron Gautsch", che fu scoperto all’inizio degli anni ’50, è giustamente considerato il più bello di tutto l’Adriatico. Si trova ad Ovest dell’arcipelago di Brioni in Croazia, a circa 6 miglia a Sud-Ovest del faro di San Giovanni in Pelago.
Lo scafo della nave è ancora in buono stato di conservazione e giace in assetto di navigazione, appoggiato su un fondale di sabbia e fango di circa 40 metri.
Sulla fiancata di sinistra del relitto c’è una grande falla circolare di circa due metri di diametro, che si trova proprio sulla linea di galleggiamento della nave, ed è il punto in cui avvenne l'urto con la mina.
Dei grandi saloni adornati in legno oggi è rimasta solamente la struttura esterna, mentre le superfici di alcuni ponti in legno sono ancora presenti, ma sono abbastanza pericolose perché possono crollare da un momento all’altro.
Sulla prua della nave si vedono bene il grosso argano salpa ancore a vapore e le due grandi ancore che si trovano ancora al loro posto dentro agli occhi di cubia.
Il ponte di comando del piroscafo, che era in legno, ormai non esiste più e la parte più alta del relitto è il tetto del ponte di prima classe, che si trova a circa 28 metri di profondità.
Per gli appassionati di questa materia, si segnala il sito:
CROAZIA – RELITTO “BARON GAUTSCH”
http://www.marpola.it/logbook/20.%20Baron%20Gautsch.htm
Carlo GATTI
Rapallo 5 Giugno 2024
L’AMMIRAGLIO ANDREA DORIA NEL TIGULLIO
L’AMMIRAGLIO ANDREA DORIA
NEL TIGULLIO
Una battaglia navale che ci è stata tramandata oralmente…
Foto di Monica Patané
Al servizio di Francesco I
Andrea Doria e la sua flotta riuscirono, ancora una volta, a prendere il mare prima che arrivassero i nemici.
Trovato rifugio nella roccaforte dei Grimaldi a Monaco, l'ammiraglio iniziò a compiere una serie di colpi di mano contro le coste occupate dagli spagnoli, passando da un successo all'altro e riuscendo pure ad evitare che Marsiglia, accerchiata dagli imperiali, si arrendesse.
Durante il periodo in cui Andrea Doria serviva la corona francese, il golfo del Tigullio divenne teatro di una delle sue audaci operazioni navali. Sfruttando la copertura della notte e la conoscenza dei venti locali, il Doria guidò le sue galee in un attacco a sorpresa contro una flotta di galeoni spagnoli ancorata tra Santa Margherita Ligure, Rapallo e Portofino. La battaglia fu breve ma intensa: alcuni vascelli furono catturati, mentre altri incendiati sotto il fuoco incrociato. Questo episodio dimostra ancora oggi l’abilità che ebbe l’Ammiraglio genovese nel coordinare attacchi fulminei sfruttando al massimo le condizioni ambientali a suo favore.
Le vittorie di Doria furono inutili. Nel 1525 Francesco I perse la cruciale battaglia di Pavia, fu catturato e trasportato a Madrid.
Ritratto di Andrea Doria (Oneglia) – Opera di Sebastiano del Piombo
Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno - Opera del Bronzino
ANDREA DORIA è stato un ammiraglio, politico e nobile italiano della Repubblica di Genova.
Nascita: 30 novembre 1466, Oneglia, Imperia
Morte: 25 novembre 1560, Genova
Partner: Peretta Usodimare, Alfonso I del Carretto
Luogo di sepoltura: Chiesa di San Matteo (Genova)
Dinastia: Doria
In carica: 1531 – 1560
Madre: Caracosa Doria di Dolceacqua
Andrea Doria non lasciò figli e la sua eredità venne raccolta da Gianandrea, figlio dell'erede prediletto Giannettino (ucciso dai Fieschi nel 1547).
Andrea Doria raffigurato sul prospetto principale del Palazzo San Giorgio
Andrea Doria è una figura centrale nella storia navale del XVI secolo. Le sue imprese militari si sono svolte principalmente nel Mediterraneo, dove le sue abilità tattiche e la sua capacità di cambiare alleanze gli permisero di giocare un ruolo determinante negli equilibri di potere tra le grandi nazioni europee, in particolare tra Francia e Spagna, riflettendo le complesse dinamiche politiche dell’epoca.
Galeone spagnolo del XVI secolo
Un galeone del XVI secolo era lungo mediamente 40-42 mt (o più) per una larghezza d'una decina di metri. I galeoni avevano da tre fino a cinque alberi e in genere l'albero di trinchetto (prodiero) possedeva tre vele quadre, la più grande era la vela di trinchetto, seguita dal parrocchetto e dal velaccio di trinchetto.
Una ventina di anni fa, lo storico rapallese Pierluigi Benatti mi raccontò di una epica battaglia che si svolse nel golfo Tigullio tra Portofino e Rapallo. Andrea Doria, venuto a conoscenza di una flotta di galeoni spagnoli all’ancora nel Tigullio, li sorprese all’alba, ne catturò una parte e ne affondò le restanti.
Secondo la sua narrazione, la strategia tipica di A. Doria includeva operazioni all’alba per cogliere il nemico impreparato, una tattica che gli permise di ottenere numerosi successi.
In merito alla specifica battaglia nel golfo del Tigullio, purtroppo non ci sono molte fonti dettagliate e disponibili che descrivano esattamente un episodio con le caratteristiche che P. Benatti mi menzionò. Tuttavia, è noto che Andrea Doria, durante il periodo in cui era al servizio di Francesco I di Francia (a partire dal 1522), condusse diverse operazioni contro le flotte spagnole e barbaresche, spesso sfruttando sia la sorpresa sia la velocità delle sue galee.
Le navi del Principe
Andrea Doria era famoso per le sue tattiche innovative, tra cui l’uso delle galee leggere e manovrabili che potevano attaccare rapidamente e ritirarsi altrettanto velocemente.
Questo approccio era particolarmente efficace contro le più lente e pesanti navi da guerra spagnole. L’uso della sorpresa e degli attacchi all’alba era, come abbiamo appena accennato, una componente chiave delle sue operazioni, come testimoniano molte delle sue campagne di successo.
Anche se il racconto specifico di P. Benatti non è facilmente reperibile, questa descrizione è in linea con le modalità operative di Andrea Doria che seppe sfruttare con grande maestria l’importanza strategica della costa ligure durante le guerre del XVI secolo, e come il grande ammiraglio abbia influenzato le sorti di questi conflitti attraverso operazioni audaci e ben pianificate.
GALEA GENOVESE
Galea Genovese in rada a Genova, in posizione di "sosta breve" (pronta a partire con breve preavviso).
Notare i remi alzati, non perchè si preparasse a vogare ma perchè in quel particolare "assetto" non c'era posto per poterli ricoverare lungonave e nemmeno in posizione "trasversale" così venivano tenuti fuori bordo, assicurati ai banchi di voga.
Un telone ricopre tutta la nave riparando l'equipaggio da sole, pioggia, freddo (a seconda dei casi). I rematori riposano sui banchi di voga, dormendo come possono.....
Galea o galera è un'ampia tipologia di navi da guerra e da commercio, usata nel Mar Mediterraneo per oltre tremila anni, spinta dalla forza dei remi e talvolta dal vento, grazie anche alla presenza di alberi e vele: il suo declino cominciò a partire dal XVII secolo, quando venne progressivamente soppiantata dai velieri, estinguendosi definitivamente alla fine del XVIII secolo.
La struttura leggera e affilata, e la propulsione a remi la rendeva veloce e manovrabile in ogni condizione; le vele quadre o latine permettevano di sfruttare il vento quando favorevole.
La struttura leggera ed affilata era però un handicap in quanto non permetteva di montare cannoni in batteria (come i galeoni e le altre navi a propulsione velica del tempo) riducendo l'armamento ad un solo piccolo "pezzo" a prora e qualche "innocua" spingarda. Era quindi una nave usata solo per lo speronamento e l'abbordaggio ma che rischiava di essere affondata da una "bordata" ben diretta.
In quaranta metri di lunghezza poteva "ospitare" 200 rematori ed altrettanti soldati armati.
Non era quindi una nave adatta a lunghi viaggi senza scali intermedi ma bensì per la navigazione costiera e la guerra di corsa.
Ricostruzione a grandezza naturale, vista da prora - Galata Museo del mare. Si vede il cannone prodiero due armigeri e una spingarda.
LUCIANA GATTI
Centro di studio sulla tecnica, Genova
http://geca.area.ge.cnr.it/files/302569.pdf
ARMI DA FUOCO SULLE IMBARCAZIONI GENOVESI
NELLA PRIMA META’ MODERNA
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Esempi di Battaglie e Operazioni Navali condotte dall’ammiraglio Andrea Doria
La Battaglia di Capo d’Orso (1528)
Ad Amalfi, presso Capo d’Orso, si combatté il 28 aprile 1528 una battaglia navale (detta anche “della Cava” o “d’Amalfi”) tra le navi di Filippino Doria e quelle spagnole comandate dal marchese del Vasto.
George Loring Brown – Vista d’Amalfi, Baia di Salerno
Una delle battaglie più famose in cui Doria giocò un ruolo cruciale. Durante questa battaglia, la flotta francese, comandata da Doria, sconfisse una flotta spagnola, rafforzando il controllo francese sul Mediterraneo occidentale.
Gli Spagnoli, alle sei galere (Capitana, Gobba, Villamarina, Perpignana, Calabrese, Sicana) avevano aggiunto due fuste, due brigantini e molte barche, che erano state armate con materiale e personale tolto al presidio di Napoli, sicché potevano sperare d’assalire in forze superiori le otto galere di Filippino, prima che giungessero i promessi aiuti veneziani. Il Doria, avvertito in tempo, mosse risolutamente contro gli assalitori, ma, accortosi d’essere più debole, ricorse a uno stratagemma: ordinò al suo luogotenente Lomellino di simulare la fuga appena giunto a tiro del nemico, e di prendere il largo con le sue tre galere, ritornando poi a tempo opportuno per investire di fianco. Gli Spagnoli, dopo avere poco efficacemente sparato sugli avversari, mossero all’abbordaggio, e già due galere di Filippino erano state conquistate, quando le unità del Lomellino attaccarono secondo il previsto, determinando la completa vittoria. Quattro galere e due brigantini spagnoli furono presi o colati a fondo, e 1400 uomini circa uccisi o messi fuori di combattimento; da parte di Filippino nessuna unità perduta e caduti circa 500 uomini.
La battaglia di Capo d’Orso è l’unico combattimento di notevole importanza, che ricordi la storia nella prima metà del secolo XVI tra squadre di popoli civili.
La Presa di Genova (1528)
Il Doria rifiutò la Signoria della città, preferendo lasciare ad alcuni "Riformatori" la stesura di una nuova costituzione. Savona fu la prima vittima della rinata Repubblica: il suo porto fu distrutto ed interrato, ed i genovesi provvidero a potenziare la fortezza del Priamar per dominare la città, che non si riprese più. La Compagna Communis cessò di esistere e fu istituita la Repubblica di Genova con questo nome; furono resi ancora più importanti gli "Alberghi", liste di "iscrizione" alla nobiltà della Città, riconosciute dal governo.
Svolta filospagnola di Andrea Doria e Ricostruzione del Dominio genovese da 1528 al 1530
Nel 1528, Andrea Doria, l’influente ammiraglio e politico genovese, cambiò alleanza, abbandonando il re di Francia Francesco I per entrare al servizio dell'imperatore Carlo V di Spagna. Questa mossa strategica fu cruciale per l'esito degli eventi a Genova. Doria, con il supporto della flotta spagnola, riuscì a sollevare la città contro il dominio francese. La popolazione genovese, stanca del controllo francese e delle sue imposizioni, si ribellò. Doria sfruttò abilmente il malcontento diffuso e la sua reputazione per guidare la rivolta. La flotta spagnola, insieme alle forze di Doria, assediò la città, costringendo i francesi a ritirarsi. Dopo la cacciata dei francesi, Genova passò sotto l'influenza spagnola, ottenendo una certa autonomia sotto la protezione dell'Impero. Questo cambiamento politico permise a Doria di instaurare un governo oligarchico, con un nuovo sistema di governance che consolidò la sua posizione di potere e rafforzò l'indipendenza di Genova rispetto alle altre potenze europee. Il voltafaccia di Doria e la conseguente presa di Genova segnano un momento cruciale nella storia della città, dando inizio a un periodo di rinnovata prosperità e stabilità sotto la protezione spagnola.
La Difesa di Corfù (1537)
Nel 1537, l'isola di Corfù, sotto il controllo della Repubblica di Venezia, fu minacciata da un'imponente flotta ottomana comandata da Khayr al-Din Barbarossa. Andrea Doria, al servizio dell'imperatore Carlo V, giocò un ruolo cruciale nella difesa dell'isola. Consapevole della superiorità numerica della flotta ottomana, Doria mise in atto una strategia difensiva ingegnosa e coordinata. Egli rafforzò le difese costiere e organizzò una serie di pattugliamenti navali per monitorare i movimenti del nemico. Le sue abilità nella guerra navale e la sua capacità di mantenere alto il morale delle truppe furono determinanti. Nonostante i ripetuti attacchi degli Ottomani, Doria riuscì a mantenere le linee di difesa intatte, infliggendo gravi perdite agli assalitori. La resistenza eroica delle truppe veneziane e genovesi, supportata dall'esperienza tattica di Doria, impedì agli Ottomani di conquistare l'isola. La difesa di Corfù dimostrò la competenza di Doria nel gestire operazioni navali complesse e la sua capacità di coordinare efficacemente le forze alleate. Questo successo non solo consolidò la reputazione di Doria come uno dei più grandi ammiragli del suo tempo, ma contribuì anche a mantenere l'equilibrio di potere nel Mediterraneo, proteggendo gli interessi veneziani e dell'Impero. La difesa di Corfù nel 1537 rimane un esempio lampante di strategia militare e di resistenza contro un nemico formidabile.
Intorno agli Anni 1522-1525, sebbene già legato in precedenza al fronte filospagnolo, Andrea Doria si mise al servizio della Francia: le sue galee si battevano a fianco di quelle di Francesco I e A. Doria arrotondava con i proventi della cattura delle navi nemiche, spagnole o barbaresche, e il riscatto dei prigionieri.
L’Importanza strategica del Golfo del Tigullio
Le insenature di levante del Promontorio di Portofino offrono riparo alle imbarcazioni con i venti di Tramontana, Maestrale e Libeccio
Quella parte del Tigullio, situata tra Portofino e Rapallo, aveva un’importanza strategica notevole. Questo tratto di costa ligure offriva, anche allora, ripari naturali che erano vitali per le operazioni navali. La conoscenza approfondita di questi luoghi da parte di Andrea Doria gli conferiva un vantaggio significativo rispetto ai suoi avversari, spesso meno familiari con le insidie della costa ligure.
Immaginaria Battaglia nel Tigullio
A questo punto, anche senza una documentazione precisa della battaglia, si può tentare di descrivere la battaglia nel golfo del Tigullio basandosi sulle “classiche” tattiche di Andrea Doria.
Riproponiamo brevemente il quadro storico:
Durante il periodo in cui Andrea Doria serviva la corona francese, il golfo del Tigullio divenne teatro di una delle sue audaci operazioni navali. Sfruttando la copertura della notte e la conoscenza dei venti locali, Doria guidò le sue galee in un attacco a sorpresa contro una flotta di galeoni spagnoli ancorata tra Santa Margherita Ligure e Rapallo. All’alba, le navi spagnole furono colte di sorpresa. La battaglia fu breve ma intensa: alcune navi furono catturate, mentre altre affondarono sotto il fuoco incrociato….
Andrea Doria era abilissimo nel coordinare “colpi di mano micidiali” sfruttando al massimo le condizioni ambientali a suo favore.
Quello era il suo mare, la tramontana notturna era il suo vento preferito, ed il servizio di spionaggio terrestre (vedette appostate ovunque) e le perlustrazioni marittime ravvicinate, lo informavano costantemente circa:
- La presenza di imbarcazioni spagnole in perlustrazione intorno al Promontorio di Portofino.
- Le eventuali precauzioni prese dagli spagnoli per respingere attacchi di sorpresa tra cui:
a) Cannoni e artiglierie in posizione e pronti a sparare.
b) Consistenza di soldati armati in coperta
c) Posizione e prontezza delle attrezzature marinaresche (alberi e vele)
Presumibilmente, valutate tutte le informazioni, Andrea Doria, sfruttando il vento di terra, fece compiere alla sua flotta un’ampia curva verso il largo per poi rientrare nel golfo del Tigullio da levante onde poter procedere speditamente, in “linea di fianco”, mettendo la prua di ogni galea su un bersaglio designato da colpire a distanza ravvicinata.
Possiamo soltanto immaginare gli effetti di tale sorpresa: caos totale a bordo delle navi spagnole. Fuoco e fiamme, urla che coprono gli ordini degli ufficiali, marinai che si tuffano in mare. I vascelli sono tutti impossibilitati a salpare le ancora nel tentativo di scappare e a reagire alle cannonate delle imbarcazioni genovesi.
Possiamo immaginare le galee di Andrea Doria che dopo il primo attacco ai remi, si dividono, accostando una parte verso il mare e l’altra verso terra, compiendo un circolo e ripresentandosi in “linea di fianco” per terminare il “lavoro chirurgico” con un secondo e definitivo attacco micidiale, che non è più di sorpresa ma solo un atto predatorio che frutterà la vittoria ed un eccellente bottino per i genovesi.
ALBUM FOTOGRAFICO
Oneglia - Casa Natale di Andrea Doria
Oneglia - Vicino alla Basilica di San Giovanni Battista e al Mercato Andrea Doria, scendendo verso il mare si trova l'edificio dove nacque Andrea Doria. C'è una targa commemorativa del grande Ammiraglio.
Oneglia - Mercato Andrea Doria MCMXXX
ANDREA DORIA A GENOVA
PALAZZO DORIA PAMPHILJ - VILLA DEL PRINCIPE
GENOVA - La chiesa di San Matteo
E’ un edificio religioso cattolico del centro storico di Genova, fa parte del vicariato “Centro Est” dell’arcidiocesi di Genova. Si affaccia sull’omonima piazza, che nel Medioevo era il centro dell'insediamento della famiglia Doria, e rappresenta forse l'angolo meglio conservato della Genova medioevale. La chiesa è formalmente ancora oggi Abbazia dei Doria.
GENOVA - La cripta di Andrea Doria
Andrea Doria è ricordato come uno dei membri più importanti della famiglia, se non il più importante. Alla sua morte, il Montorsoli venne incaricato di realizzare la cripta del capitano, insignito del prestigiosissimo titolo di "Defensor" per le sue azioni a protezione della cristianità. Lo spazio fu ricavato al di sotto dell'altare della chiesa. Per accedervi si scende per uno scalone di marmo bianco, lo stesso che ricopre completamente l'ambiente. Al centro si trova la tomba del principe, un sarcofago sormontato da due angeli a circondarne l'effige.
Il marmo bianco ricopre le pareti della cripta che ancora oggi ospita il sepolcro di Andrea Doria.
I palazzi dei Doria a Genova (foto sotto), si trovano nella zona della Chiesa di S. Matteo in pieno centro storico
SAN FRUTTUOSO DI CAMOGLI
LE TOMBE DEI DORIA
La cripta all'interno dell'Abbazia di San Fruttuoso con le tombe dei Doria come si presentavano prima del restauro conservativo operato dal Fondo Ambiente Italiano nel 1983.
Dal livello inferiore del chiostro si accede al profondo vano a volta concesso ai Doria dai monaci come sepolcreto.
Le tombe nobiliari, nelle quali alloggiano le salme di alcuni importanti membri della famiglia Doria morti tra il 1275 e il 1305, sono in marmo bianco e pietra grigia alternati nella tipica bicromia ligure.
Sono disposte a schiera sui tre lati del vano e sono costituite da arche in muratura singole o a coppie, in gran parte con epigrafi, sormontate da arcosoli a sesto acuto sorretti da colonnine in marmo con tettuccio a capanna.
Oltre alle tombe della famiglia Doria, nella cripta sono presenti le tombe delle sorelle Maria e Caterina Avegno, eroine di San Fruttuoso, ivi sepolte per disposizione degli stessi principi Doria.
Riferimenti:
ANDREA DORIA
https://www.treccani.it/enciclopedia/andrea-doria_(Dizionario-Biografico)/
ANDREA DORIA
https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Doria
ANDREA DORIA – STORIA LOCALE - PORTOFINO
https://www.portofinoamp.it/storia-locale/andrea-doria
Carlo GATTI
Rapallo, 23 Maggio 2023
GENOVA - QUANDO TUTTO GIRAVA INTORNO AL PALAZZO DEL PRINCIPE
GENOVA - QUANDO TUTTO GIRAVA INTORNO AL PALAZZO DEL PRINCIPE
LA FREGATA ARGO DI ANDREA DORIA
Foto: A Mae Zena
Foto: Tripadvisor
Navigando nella bonaccia del Porto Antico, lo sguardo attento potrebbe scorgere un'imbarcazione che evoca l'antica grandezza dei mari: la fregata "Argo" di Andrea Doria, ancorata con antica fierezza. Questo vascello è stato ricostruito con maestria, rispettando i disegni originali del Cinquecento. Le vele si ergono alte, con i vessilli verdi, segno distintivo della casata, e quelli bianchi con l'aquila araldica dei Doria. Un tendale di velluto cremisi, prezioso al tatto, completa l'immagine.
In quei tempi lontani, l'"Argo" serviva a trasportare nobili e notabili che giungevano via mare al Palazzo del Principe, regale dimora che svettava sulle onde, permettendo all'ammiraglio di dominare con lo sguardo il golfo di Genova. Oggi la situazione è ben diversa: lo scenario è dominato dalla “sopraelevata” e dalle moderne navi da crociera ormeggiate a Ponte dei Mille, come mostra la foto sotto.
Foto: di Anna Armenise
Foto: A Mae Zena
Davanti al giardino meridionale, dove una statua di Nettuno rendeva omaggio al potere marittimo (pensatelo senza il porto moderno, ma in armonia diretta col mare), le galee delle aquile dei Doria attraccavano quando l'ammiraglio, sia Andrea che Giovanni Andrea, doveva imbarcarsi sulla sua Ammiraglia o sbarcarne per tornare a casa.
Foto: il Caffaro
LA CAPITANA
Ma non solo l'Argo sventola le sue vele nel Porto Antico. L'ammiraglio, infatti, aveva sempre ancorate in Darsena dodici galee pronte per la guerra, che poi divennero venti, con la Capitana, la galea più prestigiosa del suo tempo, al loro comando.
La storia racconta di un tempo in cui l'ammiraglio e l'Imperatore Carlo V concordarono l'impresa in Africa, e per tale avventura, fu necessario allestire una nuova flotta e una degna capitana. Così, sotto gli occhi dell'Imperatore, fu varata la Quadrireme, una galera maestosa, tanto sontuosa da far invidia agli antichi imperatori.
Le bandiere sventolavano, gli stemmi brillavano, e le parole latine adornavano le vele, mentre l'ammiraglio, ritratto come Nettuno, dominava con fierezza il mare.
Foto A Mae Zena
Nel 1538, a Genova, l'arrivo dell'Imperatore Carlo V e del Papa Paolo III fu celebrato con una grandiosa parata navale, una dimostrazione di potenza che preparava il terreno per una crociata contro gli Ottomani, preludio alla vittoria di Lepanto nel 1571.
Così, tra storia e leggenda, le navi del Principe solcarono i mari, portando con sé il destino di imperi e regni, tra le onde del Mediterraneo.
IL PALAZZO DEL PRINCIPE
VISTA FRONTALE
Foto: Tritaly.com
“Il Signor Principe facea fare una quadrireme, legno non usitato, per vedere se riuscita bene, per servirsene riuscendo molto utilmernte” raccontano i cronisti del tempo e ancora “L’Imperatore è sbarcato in la quadrireme, la quale è la più bella galera che si possa immaginare, e a popa li è preparata una cameretta ove dormirà esso et lo Infante Don Luis di Portugal”.
“La quadrireme è tale che a gran fatica non si potrebbe meglio pingersi et immaginarsi”… un altro storico… “Questo legno era con sì raro artificio et con tanta et si nuova magnificenza fabbricata, et ornato così riccamente, che pareggiava in questo genere le spese superbissime delli antichi imperatori”.
“Il Principe Andrea Doria ha fatto una galera per la cesarea Maiestà; quale dicono essere longa quindice palme et larga quatro più delle altr. Dove che nelle altre usano tre rafforzati (tre fila di rematori) per banco in questa ne usano quatro: E de qui preso il nome Quadrireme. In prora vanno tre gagliardi, che così dicono stendardi, con Bandere de damasco cremesin; longhe palmi ventitrè l’una, posti tutti in oro. In quello de mezo una stella tutta d’oro col campo pieno de razi et freze atorno, con littere che dicono, “Vias tuas Domine dimostra mihi (Signore mostrami le tue vie”.
Nelle altre dui la impressa de sua Maestà; con facelle de foco, con parole che dicono Ignis ante ipsum precedet (il fuoco lo precede).
Ne la bandiera della Gabbia qual pendeva fino al mare un Angelo molto grande con littere intorno che dicono Misit deus angelus suum ut custodiat te in omnibus viis tuis (Dio pose un suo angelo a custode delle tue vie).
Ne la bandiera de la Antena (pennone) uno Scuto, una celata (elmo), una spada con parole intorno Apprehende arma et scutum et exurge in adiutorium mihi (Afferra lo scudo e le armi e corri in mio aiuto).
Tre stendardi, dui de largheza de sette pezze, l’altro de otto longo palme vinticinque; l’altro trenta.
Foto: Galata Museo del Mare
“La poppa della ricostruzione di una galea genovese presso il Museo Galata”
Foto: A Mae Zena
“La prua della galea”
Nel grande il Crucifixo con freze (frecce) d’oro senza parole. Neli altri dui le armi de sua Maestà et staranno innanzi la popa dreto le qual anderà una bandiera de damasco biancho longa vintisei palmi; in mezo una pietra de littere Arcum conteret et confriget ; arma et scuta ombure tigni (l’arco si consuma e si spezza; brucia le armi e gli scudi col fuoco), et per lo campo chiave calici et croce de sancto Andrea. Dale bande duoi altre bandiere con littere intagliate Et plus ultra con l’impressa stemma di sua Maiestà.
Poi si ferno vintiquatro bandiere de damascho con campo gialo messo in oro con le arme de sua Maiestà: con le frezi rosse ne li cantoni de argento con le impresse de la sua Maiestà.
La Camera viene tutta intaliata de lavori bellissimi de legname messi in azuro et or, et de più altri paramenti di tela d’oro e d’argento.
Le pope viene medesimamente intagliata de uno Cendale de Veluto cremisino fodrato de brocato riccio sopra riccio; et un altro di scarlato pe ogni dì.
La Ciurma vestita di seta con camise lavorate di seta. L’arteglieria che è portata da ogni parte serà molto grossa e minuta.; gli huomini che ce andaranno si pensa che saranno ben vestiti et ben armati con questa et quatordece altre galere andava in Barzellona ove se intende che serà sua Maiestà. Et sono opinioni che voglia venir in Italia un’altra volta: pur il più crede che no, et che il Principe piglierà li sette mila spagnoli che sono in ordine per questa impresa: et l’armata de Spagna et de Portugallo et verrà in Sardegna. El signor Marchese con le altre galere et nave che son qui, imbarcarà li quatro milia italiani et sette milia Todeschi che sono in Lombardia, et andràno a napoli e de lì in Sicilia per pigliare cinque milia spagnoli che sono lì: et le galere passeranno in Sardegna”.
Foto Musei di Genova - Comune di Genova
“L’Ammiraglio ritratto da Sebastiano del Piombo”
Foto: Genova Today
Il quadro di Andrea Doria con il gatto Dragut
La tela, attribuita al pittore fiammingo William Key, ritrae il vecchio Andrea Doria, con il viso smunto e rugoso, una lunga barba bianca e, intorno al collo, il Toson d’Oro che gli ha donato Carlo v.
Il principe guarda lo spettatore con due occhi straniti, nonostante il carisma che emana la sua persona. Il gatto, robusto e nel pieno delle sue forze, invece fissa il suo padrone. C’è una tensione palpabile, un forte contrasto tra i due. Doria ormai è stanco e alla fine della sua vita, mentre il gatto Dragut appare maestoso nel suo portamento e dà una sensazione di sazietà e appagamento. Sic transit gloria mundi.
Da GENOVATODAY
Nell'immaginario popolare, ai gatti sono concessi un po' tutti i nomi, specie quelli stravaganti. E non manca chi ha deciso di chiamare il suo felino come un temibile pirata, nonché suo acerrimo nemico: è il caso del celebre ammiraglio genovese Andrea Doria, vissuto tra il '400 e il '500.
La storia è riportata alla luce dalla tela "Ritratto di Andrea Doria con il gatto" di William Key, conservata nelle sale di Palazzo del Principe. Nel quadro si vede il nobile con il suo grosso gatto Dragut. Ma chi era Dragut, e perché venne chiamato così?
L'ammiraglio, nel 1540, diresse alcune operazioni navali volte a frenare le continue incursioni dei corsari ottomani. Sotto il suo comando, suo nipote Giannettino in particolare riuscì finalmente a catturare Dragut, luogotenente di Khayr al-Din Barbarossa, il temibile "Barbarossa" comandante della flotta ottomana. Dragut venne consegnato all'ammiraglio Andrea Doria che - vista la pericolosità dell'individuo ma anche il prestigio della cattura - lo fece incatenare ai remi della sua nave per quattro anni. Dopo 48 terribili mesi in queste condizioni, ritenutolo ormai innocuo, lo fece vendere come schiavo. Insomma, la carriera di Dragut sembrava ormai finita, invece Barbarossa si ricordò di lui e, secondo alcune fonti, pagò un ricco riscatto per riportare ai suoi servizi il suo luogotenente. Questo la dice lunga di come Dragut fosse stimato.
Sulla base di questi racconti, si dice che Andrea Doria nutrisse un certo rispetto (e forse anche dell'affetto) nei confronti di un nemico così temibile e valoroso, che non si era arreso nemmeno dopo 4 anni di prigionia. Insomma, una di quelle persone che, se non fosse appartenuta a un fronte opposto, probabilmente Doria avrebbe voluto al suo fianco. E dunque, in suo onore, chiamò Dragut il proprio gatto.
Dragut immortalato al Palazzo Ducale
Foto: Wikipedia
Nelle nicchie sopra il cornicione della settecentesca facciata del Palazzo Ducale, disegnata dall’architetto Cantoni, sono presenti otto singolari sculture. Si tratta di otto statue realizzate (1777) dall’artista Giacomo Maria da Bissone che immortalano, incatenati e sottomessi alla Repubblica, otto grandi nemici di Genova. Da sinistra a destra sono lì posti ad eterna ed imperitura gloria della Superba.
Foto: A Mae Zena
Il pirata DRAGUT occupa la terza nicchia
Mare Nostrum Rapallo
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Mare Nostrum Rapallo segnala il libro:
2015 - DRAGUT – AMMIRAGLIO E CORSARO OTTOMANO – Emilio CARTA
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Per le immagini pubblicate a scopo divulgativo: Palazzo del Principe Genova
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Carlo GATTI
Rapallo, 6 Maggio 2024