I VICHINGHI avevano una bussola di cristallo
LA BUSSOLA DEI VICHINGHI
LO SPATO
Alcune saghe nordiche narrano di una ‘pietra del Sole' che puntata verso il cielo, rivela sempre la posizione del Sole. Sembra magia! Ma oggi gli scienziati, ci dicono che l'eliolite o spato d’Islanda potrebbe aver aiutato i Vichinghi ad attraversare l'Atlantico settentrionale.
Imbarcazione “Draken” vichinga
Chi arrivò per primo in America, Erikson o Colombo?
Il tema, oltre a coinvolgere da molto tempo la curiosità della gente e del mondo della scuola, oggi stimola anche la scienza che pare sempre più vicina a formulare quel verdetto che farebbe comodo, soprattutto, a chi vanta la primigenia della scoperta più importante della storia moderna.
Sulla performance del nostro conterraneo Cristoforo Colombo non vi sono dubbi. Manca solo la prova TV che certifichi l’impresa con le immagini in diretta, ma le altre prove ci sono tutte e sono sufficienti!
Quindi, la domanda é tutta rivolta agli ipotetici viaggi di Leif Erikson che, sebbene siano supportati da antiche saghe e dal ritrovamento di reperti di vita quotidiana, tombe, resti umani e d’imbarcazioni rinvenuti in Nord America, non trovava, almeno fino a ieri, risposte adeguate sulla ripetibilità ‘scientifica’ delle traversate atlantiche.
E tuttora ci si chiede: con quali strumenti il coraggioso vichingo arrivava in Nord America e ritornava in Norvegia conoscendo, lui e quasi tutti noi, le insidie meteorologiche e le difficoltà nautiche che s’incontrano, oggi come ieri, in quelle latitudini?
A questa ricorrente domanda, alcune Università tentano di dare una risposta adeguata al nuovo millennio tecnologico facendo scendere in campo: scienziati, filologi, geologi e naturalmente astronomi e navigatori. Il team é guidato da archeologi, che di solito procedono molto lentamente, ma forniscono solo prove scientifiche.
La bussola dei Vichinghi
L’avventura scientifica parte da poche righe riportate da alcune saghe islandesi incentrate sull'eroe Sigurd che narrano delle cosiddette ‘pietre del sole’, una varietà trasparente della calcite: lo spato d'Islanda, un cristallo trasparente relativamente comune in Scandinavia che viene ancora utilizzato in alcuni strumenti ottici.
Si legge nella saga che durante le nevicate e nei giorni nuvolosi: “Olaf prese la pietra del Sole, guardò in cielo e vide da dove proveniva la luce, così da risalire alla posizione dell'invisibile Sole”.
Pare che i Vichinghi riuscissero a localizzare la posizione del sole per ottenere l’ora solare di bordo, ma anche un punto-nave approssimato di riferimento con calcoli semplici.*
La prima interpretazione la diede nel 1967 l'archeologo danese Thorkild Ramskou suggerendo che tale pietra poteva essere lo spato d'Islanda (un cristallo polarizzante). Un filologo specialista dell’antica lingua norvegese dell’Università di Copenhagen precisò: “Su questi vecchi papiri si dà per scontato che tutti conoscessero l’uso di questi cristalli”.
Nel 1969, un altro archeologo danese ipotizzò che lo spato islandese si potesse basare sulla polarizzazione della luce solare.**
Un pezzo di ‘spato islandese’, ritrovato di recente sul relitto della nave britannica Alderney affondata nel 1592, ha spinto Guy Ropars, fisico dell'Università di Rennes (Francia), a condurre interessanti esperimenti di laboratorio. Ropars e i suoi colleghi hanno irradiato il pezzo di spato islandese con una luce laser in parte polarizzata. Tralascio la dimostrazione scientifica per evitare l’emicrania a chi ci legge, e passo direttamente ai risultati pratici.
L'équipe di studiosi ha arruolato 20 ufficiali di marina volontari che, a turno, hanno guardato attraverso il cristallo nei giorni nuvolosi, cercando di localizzare la posizione del sole. Si è scoperto che, in media, i volontari riuscivano a trovarla con un solo grado di errore, sui 360° in cui tradizionalmente è divisa la volta celeste.
Rilevatore del sole
L’équipe di Guy Ropars ha realizzato una scatoletta, chiusa da due piccole tavole di legno, una delle quali, forata, lascia passare un raggio di luce. Fra le due tavolette è collocata la calcite. La luce, passando attraverso la ‘pietra del Sole’, si divide in due raggi che proiettano due deboli macchioline di luce (visibili nella foto sopra).
Spostando a caso la scatola c’è solo una posizione in cui le due macchioline si equivalgono in brillantezza. Ropars la spiega così: "La direzione del Sole può essere facilmente determinata grazie ad una semplice osservazione basata sulla differenziazione tra le due immagini prodotte dallo spato d’ Islanda”.
Il risultato é quindi una ‘direzione’, un rilevamento dell’astro da cui procedere per tracciare la rotta sulla carta nautica.
Lo studio pubblicato sulla rivista scientifica britannica Proceedings della Royal Society A, riporta che:
"Può essere raggiunta una precisione di pochi gradi, anche in condizioni di luce crepuscolare”.
Anche senza alcuna conoscenza scientifica sulla polarizzazione, i vichinghi hanno potuto facilmente osservare le proprietà di questo cristallo e usarlo per trovare il Sole a colpo sicuro.
I risultati confermano che: "lo spato islandese è un cristallo ideale, che può essere usato con grande precisione" per localizzare il sole, sostiene Susanne Åkesson, ecologa dell'Università di Lund, in Svezia. “Rimane da stabilire”, prosegue la studiosa, "se e quanto fosse usato lo spato islandese" ai tempi dei vichinghi. Su questo punto la fisica non può dare risposte. ***
Secondo il nostro modestissimo punto di vista, un dato ci pare certo: I Vichinghi furono esperti navigatori capaci di attraversare migliaia di miglia nautiche in mare aperto tra Norvegia, Islanda e Groenlandia. Tuttavia, nell'estremo Nord, in estate, la luce perpetua del giorno avrebbe impedito ai vichinghi di navigare riferendosi alle stelle, inoltre, non conoscevano l’astrolabio per la misurazione dell’altezza degli astri, già in uso nel Mediterraneo, e neppure la bussola che fu introdotta in Europa soltanto nel XII secolo e che, essendo così vicini al Polo Nord, il suo uso sarebbe stato impreciso e limitato. L’uso dello spato islandese potrebbe quindi, per esclusione, essere la spiegazione di quelle avventure apparentemente impossibili.
Il dibattito é tuttora aperto: Sean McGrail, studioso dell'Antica Navigazione Marittima del Nord Atlantico presso l’Università di Oxford, ritiene questi studi molto interessanti, ma aggiunge che mancano vere prove che indichino l'utilizzo di tali cristalli presso i Vichinghi: “Puoi mostrare come potevano usarli, ma questa non è una prova”, dice. “Le persone avevano navigato a lungo, molto prima di questa pietra, senza alcun strumento”.
Conclusione: 14 novembre 2011 - Christian Keller, uno specialista di archeologia della navigazione presso l'Università di Oslo, spiega: “le documentazioni scritte pervenuteci suggeriscono che i Vichinghi e i primi marinai medievali attraversavano il nord Atlantico usando la posizione del Sole come guida nelle giornate limpide, in combinazione con le posizioni delle coste, le rotte dei voli degli uccelli, i percorsi di migrazione delle balene e le nuvole lontane sulle isole” e conclude: “Non c'è bisogno di essere un mago, ma c'è bisogno di mettere insieme un sacco di diversi tipi di osservazioni”. Keller si dice completamente aperto all'idea che i Vichinghi usassero anche le pietre del Sole, ma aspetta testimonianze archeologiche. “Se troviamo un relitto con un cristallo a bordo, allora sarei felice”.
NOTE: * Per capirne di più, ho scelto la definizione più semplice tra quelle trovate sul web: “La luce consiste di onde elettromagnetiche che oscillano perpendicolari alla direzione del viaggio stesso della luce. Quando le oscillazioni puntano tutte nella stessa direzione, la luce è polarizzata. Un cristallo polarizzante come la ‘calcite’ permette solo alla luce polarizzata in certe direzioni di attraversarla e può apparire luminosa o scura a seconda di come è orientata rispetto alla luce. In questo modo, è possibile dedurre la posizione del Sole, una tecnica peraltro usata anche da alcuni insetti, tra cui le api domestiche, per orientarsi”.
** L’altezza del sole, misurata al culmine dell’arco tracciato nella giornata, é pari alla latitudine dell’osservatore.
*** Gábor Horváth, ricercatore ungherese della Eötvös University, e Susanne Åkesson, studiosa svedese della Lund University, testano queste ipotesi dal 2005. Il loro studio è stato pubblicato su un numero speciale del Philosophical Transactions of the Royal Society B dedicato alla ricerca biologica sulla luce polarizzata.
Carlo GATTI
Rapallo, 11.9.2012
Da BORNHOLM a PEENEMÜNDE
DA BORNHOLM A PEENEMUNDE
Mare Nostrum in giro per il BALTICO
Bornholm, conosciuta come “La Perla del Baltico”, fa sfoggio di dune ondulate di sabbia bianca a sud e rocce frastagliate di tipo mediterraneo sul versante opposto che contrastano con la tipica flora nordica composta di betulle dal tronco bianco, pini e abeti. Oltre alla bellezza dei suoi paesaggi, l’isola ha un clima molto mite rispetto alle regioni circostanti e dal 2000 è iniziata una timida produzione di vino, soprattutto rosso. Un settore certamente di nicchia, ma in sensibile crescita e dal 26 giugno 2007, la Danimarca è ufficialmente entrata nel novero dei paesi produttori di vino.
La sua particolare posizione al centro del Baltico attira turisti scandinavi, tedeschi, polacchi, russi e delle repubbliche baltiche ormai tutto l’anno, grazie anche al formidabile shuttle di moderni e veloci traghetti che viaggiano tutto l’anno con qualsiasi tempo.
L’isola é situata a 167 Km da Copenhagen e a 37 Km dalla Svezia, ha una superficie di 588 Km2 (due volte l’isola d’Elba) ed una linea costiera che si snoda per 158 chilometri con ottime strade che collegano i Comuni più distanti in meno di mezz’ora d’auto. La popolazione è di 43.000 abitanti, ma in estate si raddoppia, il suo capoluogo è Rønne (8.000 abitanti), il cui porto é il centro di smistamento turistico e commerciale dell’isola.
Ecco come si può presentare un pranzo sull’isola di Bornholm
Da un gozzo “quasi ligure”, ormeggiato all’interno di questa røgeri di Gudhjem, al costo moderato di 17 euro, ci si può servire, ma anche ‘abbuffare’ di aringhe affumicate ed altri pesci baltici, di crostacei di varie misure e colori, e per i gusti carnivori non manca il cervo dell’isola che viene gustato con una nutrita variante di verdure in salse agrodolci.
Le due, in questo caso tre ciminiere assicurano la vicinanza di una røgeri e quando il fumo o il profumo raggiunge le narici significa che la struttura é pronta a ricevere il pubblico. In pratica giorno e notte...
Gudhjem. A sinistra un moderno affumicatoio. Il particolare disegno della ciminiera viene adottato, con misure certamente più estetiche, anche da molte ville private in omaggio alla tradizione. A destra il mulino del paese, uno dei tanti che svettano sull’isola.
Esplorando Bornholm si rimane affascinati dalle numerose tipicità che vi sono fiorite nell’arco dei secoli; la più popolare è quella dell’aringa affumicata che i turisti scoprono negli affumicatoi (røgeri-smockhouse) in cui il pesce viene cucinato e gustato a sazietà tra antichi cerimoniali e capienti boccali di birra locale. Un’altra curiosità é la lingua. Gli abitanti dell'isola parlano il danese della madrepatria, ma tra loro usano una variante dialettale chiamata bornholmsk, difficile da capire anche per i danesi del continente. L’inglese è la lingua-rifugio parlata da tutti per favorire i contatti umani, turistici e culturali. Si tratta dell’indispensabile risorsa per chi desideri conoscere questo speciale microcosmo e gustarsi una vacanza rilassante.
Ecco come si presenta il giardino interno di una pensione di Allinge
Le villette antiche, come quelle moderne, rispettano lo stile isolano e sono raffinate, curate nei dettagli e sono immerse in giardini o piccoli parchi naturali artisticamente ridisegnati.
Certi scorci tra i vicoli che scendono nei porticcioli ricordano alcune località della nostra riviera con i loro negozi eleganti forniti di prodotti d’artigianato locale: quadri, tessuti lavorati a mano, sculture in rame, in legno. Ma la vera eccellenza dell’isola é la lavorazione del vetro e della ceramica, che qui ha trovato la sua massima espressione artistica. Gli isolani sono sempre sorridenti e disponibili come un tempo lo eravamo noi mediterranei, quando sapevamo contagiare i nordici con un sentimento gioioso della vita….. Oggi dobbiamo prendere atto che questo nostro ‘perduto’ prodotto d’esportazione ha trovato ospitalità ed ha messo le radici in una felice isola sperduta del Baltico dove tutto appare paradisiaco e davvero speciale: il traffico è minimo, i posteggi sono gratis, lo stress è azzerato e lo si vede nel sorriso della gente e nelle loro linee ‘cicciottelle’ che sono ben lontane da quelle isteriche e ‘rifatte’ molto in auge dalle nostre parti.
Nel corso dei secoli molti pittori si sono lasciati incantare dalla luce di Bornholm. Verso la fine del XIX secolo l’isola ha attratto personaggi come Zartmann, Drachmann e Michael Ancher, nato a Bornholm. In quest’atmosfera di semplicità e naturalezza, è nata la cosiddetta scuola artistica di Bornholm che fu fondata da un gruppo di pittori danesi attivi sull'attigua isoletta di Christiansø sulla scia dello svedese Karl Isakson (1878-1922) e di Edvard Weie (1879-1943) che intorno al 1911 vi soggiornarono riscontrando condizioni ideali per il loro atto creativo.
La scuola di Bornholm è stata spesso accostata alla corrente artistica dei Fauves, da cui si distinse per il non completo distacco dalla realtà e per la scelta del colore come strumento principe della espressività.
L'artista più brillante fu Weie, considerato uno dei più importanti coloristi danesi, che negli anni venti assunse tendenze romantiche e narrative. Olaf Rude (1888-1957), si aggregò alla scuola di Bornholm pur avendo subito varie altre influenze, da quelle parigine al Cubismo, e si mise in luce per le sue costruzioni plastiche. Anche Kraesten Iversen (1886-?), dopo una fase decorativa barocca, e soprattutto Oluf Höst (1884-1966) nativo di Gudhjem, con le sue visioni di spiagge, di pescatori e bagnanti e con la sua narrazione della natura sfiorante il misticismo, rappresentarono altri importanti esponenti della scuola che restò in auge per tutta la prima metà del XX secolo. Nel campo letterario Martin Andersen (1869-1954) nativo di Nexø lasciò oltre 1.000 scritti tradotti in 44 lingue, tra cui il celebre “Pelle il conquistatore” che raggiunse fama internazionale con il film omonimo vincitore dell’Oscar del miglior film straniero nel 1987.
Altre peculiarità che emergono dall’isola di Bornholm le incontreremo tra breve accennando alla sua storia. Iniziamo dalle fonti archeologiche e toponomastiche in cui si legge che i Burgundi provengono dall'isola di Bornholm in Danimarca (antico norreno: Borgundarholm). I popoli germanici orientali, rispetto ai settentrionali, migrarono dalla Scandinavia fino alle rive orientali dell'Elba (Vandali, Burgundi, Goti, Rugi ed altri). Da questa regione, agli inizi dell'era cristiana partirono le popolazioni di stirpe Burgunda, che attorno al VI secolo occuparono la regione a nord-ovest dell'arco alpino italiano. L'isola di Bornholm è sempre stata contesa dalle potenze nordiche per la sua posizione strategica al centro del mar Baltico, ha una storia lunga come sito militare, politico commerciale e fu un punto chiave per i commerci della Lega Anseatica. Tuttavia, come vedremo, l'impresa riuscì soltanto alla Germania che la occupò per cinque anni durante la Seconda guerra mondiale.
Una delle quattro Rundkirke (chiesa-fortezza rotonda) di Bornholm, con la torre campanaria a sinistra, introducono il tema dei Templari.
Interno di una Rundkirke. Una massiccia colonna regge il peso della struttura. Sotto, la complessa palificazione che sostiene la cupola conica della Chiesa.
Una fonte battesimale di questo tipo e una pietra runica si trovano in tutte le quattro Rundkirke.
Uno dei capitoli più importanti della storia dell’isola ruota, ancora oggi, intorno al mito dei Cavalieri Templari. Non si sa esattamente quanto ci sia di vero ma, ormai da molto tempo, sull’isola é esplosa la curiosità per la letteratura giallistica sul mitico Tesoro dei Templari”. A questo richiamo storico, non é mancato l’apporto del cinema e dei canali tematici SKY che non sono rimasti estranei all’affascinante argomento. Com’é noto, il potentissimo ordine religioso-militare che possedeva 870 castelli, fortezze e chiese tra l’Inghilterra e la Terrasanta, raggiunse il suo apice nel 1307, ma cadde poco dopo in disgrazia quando il re francese Filippo il Bello (1268-1314) decise d’impossessarsi delle loro ingenti risorse usando perfidi rumours, sottili bugie e volgari calunnie che portarono all’arresto ed alla esecuzione della ‘quasi’ totalità dell’Ordine. Una parte dei Templari riuscì a fuggire riparando sull’isoletta di Bornholm per nascondersi insieme al loro tesoro (forse) nelle quattro chiese-fortezza che sono simili tra loro e vantano linee architettoniche originali e uniche al mondo. Nel 1149, tre dei quattro cantoni dell’isola furono donati dal re danese al vescovo di Lund* e fu proprio sotto l’arcivescovo Eskil ed al suo successore Absalon, un vero eroe nella lotta contro i vandali, che furono costruite le quattro ‘Rundkirke’ di Bornholm.
Alcuni documenti attestano la presenza dei Cavalieri Templari a Bornholm in concomitanza con le spedizioni delle Crociate del Nord. Queste campagne militari non ebbero la risonanza storica paragonabile a quelle organizzate per la liberazione del Santo Sepolcro in Terrasanta, ma furono di grande importanza per la cristianizzazione dei popoli scandinavi che era cominciata intorno al 1000. Abbiamo inoltre scoperto che la pirateria non fu un’attività esclusiva di alcuni popoli della sponda meridionale del Mediterraneo, ma per gli stessi motivi economici e religiosi si rivelò una piaga anche nel Mar Baltico e dintorni per opera di scorrerie e massacri compiuti da pirati estoni, slavi e vandali che trovarono, proprio nei Cavalieri Templari, degli implacabili difensori del Cristianesimo.
Le ricerche continuano a pieno ritmo e si spera che gli archeologi possano presto dipanare la matassa che avvolge il mistero del Tesoro dei Templari che sarebbe stato messo al sicuro da queste parti.
Sull’isola svettano ben 21 campanili di Chiese, alcune risalgono al XI secolo ed hanno al loro interno tesori artistici di grande pregio che fanno stilisticamente riferimento alla scuola religiosa di Lund, i cui arcivescovi ebbero da Roma, per molti secoli, il Primato Ecclesiastico per la diffusione del cattolicesimo in Scandinavia.
Nella navata centrale di quasi tutte le Chiese luterane di Bornholm, é appeso un famoso veliero ottocentesco che rappresenta (forse) un ex voto, ma sicuramente il legame tra i marinai ed il mondo spirituale.
Un capitolo a parte riguarda Bornholm nella Seconda guerra mondiale
Rønne, Museo della Guerra: una bomba d’aereo sovietica inesplosa e reperti della Wermacht.
Priva di difesa militare e di attitudine al combattimento, la piccola e pacifica Danimarca entrò praticamente disarmata nell’inferno del XX secolo. Alcuni storici affermano che i danesi non si erano più ripresi dalla distruzione della loro flotta a Copenaghen da parte di Nelson che li aveva sospettati di resa nei confronti di Napoleone. Il Terzo Reich non faticò quindi ad occuparla nel 1940. La pacifica Danimarca capitolò senza combattere. L’onore dei danesi, come vedremo, fu comunque salvato da numerose azioni della Resistenza che fu tutt’altro che passiva e arrendevole.
BORNHOLM IN GUERRA: Il 9 aprile del 1940, venne diffuso il messaggio che Hitler aveva invaso la Danimarca continentale e la Norvegia. Gli abitanti della piccola Bornholm s’aspettavano quindi da un momento all’altro lo sbarco dei tedeschi sull’isola. Infatti, il 10 aprile 1940, per la prima volta dopo il 1658, truppe nemiche entrarono nel porto di Rønne. Inizialmente i tedeschi usarono i guanti di velluto nel tentativo di nazificare pacificamente la popolazione. Il comando tedesco affidato alla Gestapo, agì subdolamente affermando che l’invasione tedesca aveva lo scopo di difendere la popolazione dell’isola dall'imminente invasione degli alleati. Ma la popolazione locale non credette una sola parola di quella messa in scena e rispose organizzando un movimento segreto che presto imparò a combattere sopra e sotto terra contro un nemico ben conosciuto per la sua efficienza e crudeltà. La risposta degli isolani fu quindi astuta e diplomatica facendo credere al nemico di accettare passivamente la loro presenza essendo consapevoli dei benefici che ne traevano. Nella realtà, i coraggiosi isolani danesi attuarono veri e propri atti di sabotaggi di centraline elettriche e linee telefoniche, ma anche di strutture d’interesse militare. I tedeschi a poco a poco dovettero registrare numerosi danni e, naturalmente, reagirono con terribili rappresaglie contro i presunti autori e le loro abitazioni. Sorse in breve tempo un’organizzazione di agenti che facevano la spola tra Bornholm, Copenhagen e la Svezia mascherandosi da turisti e operatori commerciali, ma Il loro vero scopo era duplice e di ben altra natura: trasferire materiale bellico sull’isola per mezzo di pescherecci locali ed evacuare i piloti alleati che si erano salvati con il paracadute dopo essere stati abbattuti dalla Flak tedesca, o forse erano rimasti senza carburante ma, come é più probabile, si erano persi tra le nebbie baltiche ed erano atterrati sui numerosi campi di avena dalle dolci pendenze. Molte di queste azioni furono portate a termine con coraggio, ma costarono la vita a parecchi giovani partigiani. Tuttavia, il colpo più importante della Resistenza danese di Bornholm fu realizzato nel campo dello spionaggio militare.
Gli alleati, come si seppe in seguito, erano completamente allo scuro di ciò che accadeva nella vicina Peenemünde, (isola di Usedom nel Land del Maclemburgo-Pomerania anteriore) che dista solo 115 km in linea d’aria da Bornholm, dove una sezione speciale di scienziati del Terzo Reich, guidata da Wernher von Braun, costruiva e sperimentava lanci di armi micidiali note con le sigle: V-1 e V-2, ma anche aerei a reazione che superavano in velocità gli Hurricane e gli Spitfire inglesi di oltre 200 K/h e almeno altri 20 tipi di armi tra cui minisommergibili, giganteschi cannoni, fucili che sparavano dietro agli angoli delle case. Anche la bomba teleguidata PC-1.4400X (Fritz) che colpì la corazzata italiana Roma era stata progettata e testata a Peenemünde.
Nei paraggi di questo sito segreto, si parla della vicina isola di Rügen (vedi cartina), si sarebbero sperimentati gli effetti della prima bomba atomica ‘sporca’ (sulla pelle di chi, non é ancora dato di sapere?) come sostiene lo storico berlinese Rainer Karlsch nel suo saggio Hitlers Bombe pubblicato nel marzo 2005.
Museo di Peenemünde: (sopra) Alcuni tipi di missili progettati e sperimentati.
Foto sotto : V-1 sulla rampa di lancio.
SCHEDA: Fieseler Fi 103 "Cherry Stone" (V-1)
Testing of the Fi 103 flying bomb at the air force testing site at Peenemünde-West began in the autumn of 1942. The first Fi 103 was launched from the ramp on 24th December 1942.
From the June 1944 the flying bomb was used as the V.1 weapon of terror against cities in Western Europe. Approximately 22.000 V1s were launched against these targets.
Lenth: 7.74 m
Wing span: 4.90 m
Engine: Argus-Smidt AS 014 pulsed jet engine
Net load (explosive): 830 kg
Speed: max. 700 km/h
Flying altitude: 3.000 m
Range: up to 300 km
(Fonte: fotografia della scheda scattata presso la V.1 a Peenemünde)
La bomba volante V-1 fu il primo missile da crociera operativo, utilizzato dalla Germania negli ultimi anni della seconda guerra mondiale. Designata originariamente Fieseler Fi 103, venne ribattezzata V-1 a fini di propaganda. La sigla sta per Vergeltungswaffe 1, arma di rappresaglia 1 in tedesco, un'idea di Joseph Goebbels.
La V-1 pesava 2100 kg, ed era dotata di un pulsoreattore da 300 kg di spinta. Inizialmente portava una testata bellica da 830 kg, poi ridotta per aumentare l'autonomia, che inizialmente era di soli 240 km. La V-1 era molto imprecisa, ma facile da costruire, e si stima che abbia danneggiato o distrutto una notevole quantità di edifici e di fabbricati. Degli oltre 29000 esemplari costruiti, circa 9000 vennero lanciati verso l'Inghilterra. Di queste, oltre 4000 furono abbattute dai caccia alleati: il caccia inglese Hawker Tempest, con le sue eccellenti prestazioni a bassa quota, fece la parte del leone con 638 abbattimenti accertati.
LA V-2
Museo di Peenemünde: V-2 (Aggregat 4) -
SCHEDA: Aggregat 4 (A4) liquid fuel rocket - Prototype 4 Built 1942 in Peenemünde.
The first successful launch took place on 3rd October 1942. A range of 190.6 km with a ceiling of 84.5 km was achieved during a flight that lasted 4 minutes and 56 seconds.
Height : 14.036 m
Diameter : 1.651 m
Take-off weight : 12.900 kg
Speed: 1.340 m/s (4,824 km/h)
Fuel: approx. 5 t liquid oxygen
The colour of the rocket and the picture of the "Woman in the Moon" are in accordance with the original paintwork.
Cartina delle località citate: in alto a sinistra il Sud-Svezia, in alto a destra l'isola di Bornholm, a sinistra in basso l'isola di Rügen. Peenemünde è l'isola al centro in basso.
Bombe volanti V-2
La V-2 fu un precursore dei missili balistici utilizzato dalla Germania durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale, in particolare contro Gran Bretagna e Belgio. La sigla V-2 sta per Vergeltungswaffe 2, (arma di rappresaglia 2 in tedesco, un'idea di Joseph Goebbels) per fini di propaganda. Il missile era designato dai suoi progettisti come A-4 (Aggregat 4).
Già dal 1927, i membri della Società tedesca sui razzi iniziarono i primi test sui razzi a combustibile liquido. Nel 1932, la Reichswehr (la Difesa Nazionale Tedesca) s’interessò degli sviluppi di questi test soprattutto per il settore militare, e una squadra condotta dal Generale Walter Dornberger rimase molto impressionata dal test di un vettore progettato e costruito da Wernher von Braun. Nonostante le caratteristiche di questo primo razzo fossero molto limitate, Dornberger riuscì ad intuire la genialità di Wernher von Braun e quindi lo spronò ad entrare nell'esercito al fine di continuare lo sviluppo delle sue ricerche.
Le informazioni destinate agli Alleati erano molto precise e dettagliate essendo ravvicinati gli avvistamenti di ordigni volanti che si proiettavano sempre più spesso sui cieli di Bornholm. A volte lo erano anche troppo: secondo alcune testimonianze, pare infatti che alcuni razzi fallirono la traiettoria e caddero sull’isola. Sulla stessa Bornholm, i tedeschi costruirono speciali sistemi di antenne collegate alle sperimentazioni di Peenemünde che furono puntualmente sabotate da uomini della Resistenza locale. L’occupazione nazista durò ben cinque anni, una vera angoscia per questa minoranza di danesi staccata dalla madrepatria. Il momento peggiore si verificò, tuttavia, negli ultimi giorni di guerra, quando l’Armata Rossa temendo che i tedeschi ritardassero la resa per consegnarsi ‘soltanto’ agli americani, attaccò l’isola dal cielo. Il 7 maggio 1945 L’aviazione di Stalin sganciò sull’isola un numero esagerato di bombe che danneggiarono gravemente le città, in particolare Rønne e Nexø. Nel capoluogo, furono completamente distrutte 250 case su 3400, 23 incendiate e 3000 più o meno danneggiate. A Nexø fu distrutto quasi tutto il centro cittadino ed il porto dove erano ammassate le difese militari tedesche. I morti si contarono a centinaia.
Ancora oggi, gli isolani di una certa età ricordano con grande rabbia la vigilia della liberazione da parte dei sovietici e provano a raccontarne l’orrore a tutti coloro che s’intrattengono sull’argomento.
Bornholm fu liberata dai Russi ma non fece mai parte dei Paesi che varcarono la ‘cortina di ferro’ amministrata dalla Unione Sovietica.
Note:
* La città di Lund fu fondata intorno al 990, quando il sud della Svezia attuale, la terra di Scania-Skandia-Skåne apparteneva alla Danimarca. Lund si trasformò rapidamente in un centro cristiano con la nomina di un arcivescovo e la costruzione della cattedrale di Lund (in svedese: Lunds domkyrka), ultimata nel 1103. Tra gli arcivescovi di Lund si ricorda Absalon, nominato nel 1178. Nel 1658 la Danimarca cedette i territori della Scania alla Svezia. Nel 1666 fu fondata l'Università di Lund, la seconda più vecchia della Svezia e, ancora oggi, é annoverata tra le più prestigiose al mondo.
Segnalazione: Alcuni interessanti YouTube sui bombardamenti di Bornholm, al sito internet:
http://www.youtube.com/watch?v=qnb4ET4emE8
Carlo GATTI
Rapallo, 12.08.12
Quante vite salvò GUGLIELMO MARCONI ?
Quante vite salvò GUGLIELMO MARCONI ?
GUGLIELMO MARCONI
Quante vite salvò lo scienziato italiano? Nessuno può saperlo, perché i suoi miracoli “civili” si ripetono ogni giorno!
La nave Yacht ELETTRA ex ROVENSKA - La nave laboratorio di G.Marconi detta anche "la nave bianca dei miracoli". (Museo Marinaro Tommasino Andreatta di Chiavari)
Sopra e sotto, la Nave Yacht ROVENSKA nel 1909 con la bandiera austriaca
Piani di costruzione della nave Yacht ELETTRA ex ROVENSKA
Le due foto sopra e sotto, rappresentano parti "abbandonate" della chiglia dell'ELETTRA conservate a Villa Durazzo, Santa Margherita Ligure.
Roma, Museo delle Poste e Telecomunicazioni del Ministero: sopra, la cabina della nave Yacht ELETTRA di G.Marconi, ricostruita all'interno del Museo. Sotto: Trasmettitore HF da 2Kw telegrafico costruito dalla Marconi Wireless di Londra che fu utilizzato a Coltano per il traffico CW a lunga distanza. QUesto trasmettitore denominato 'Pechino' fu usato il 13 ottobre 1931 per trasmettere il segnale, inviato da G.Marconi, che illuminò la Statua del Redentore a Rio de Janeiro.
G.M. DIXIT:
“La scienza è incapace di dare la spiegazione della vita; solo la fede ci può fornire il senso dell'esistenza: sono contento di essere cristiano. (dal Discorso al I° congresso della Radio Industria italiana a Bologna, 5 maggio 1934”
“Mi descrivo così: Sono stato un fisico italiano. Conosciuto per aver sviluppato un sistema di telegrafia senza fili che ottenne una notevole diffusione: su di esso si basano TV, radio, telefoni portatili e cellulari, telecomandi e molto altro.”
SINTESI DELLE ATTIVITA’ DI GUGLIELMO MARCONI
25.04.1874 - Guglielmo Marconi nasce da Giuseppe e Anna Jameson a Bologna, nella casa attigua al palazzo Marescalchi, ora palazzo Orlandini, in via IV novembre n.7 (già via delle Asse, n. 1170). Una lapide ricorda l'evento. Il bimbo sarà poi battezzato nella chiesa di San Pietro. Muore a Roma il 20 Luglio 1937.
1886 - Dopo aver frequentato le 'elementari' di Casalecchio G.M. consegue la licenza e viene iscritto all'istituto Tecnico Cavalleri di Firenze. Una lapide ricorda il piccolo allievo.
1887 - La famiglia Marconi si trasferisce a Livorno, dove Guglielmo frequenterà l'istituto Nazionale, scuola privata di tecnica: non conseguirà il diploma. Sulla facciata dell' edificio una lapide ricorda io studente tredicenne.
1891 - Ancora a Livorno G.M. riceve lezioni private dal Prof. Vincenzo Rosa, insegnante di Fisica nel locale Liceo. Qui egli inizia gli esperimenti nel campo dell'elettrotecnica e si interessa delle onde elettromagnetiche.
1894 - Durante la villeggiatura estiva ad Andorno, nel biellese, G.M. matura l'idea di realizzare la telegrafia senza fili servendosi delle onde hertziane.
1894 - La madre acconsente a trascorre l'autunno-inverno nella villa di Pontecchio. Nella soffitta della villa G.M, installa un modesto laboratorio, qui per circa un anno perfezionerà le sue prime apparecchiatura, ideando i componenti basilari della radio. Realizza un 'coherer' ad elevatissima sensibilità, sperimenta i riflettori nel trasmettitore e nel ricevitore.
1895 - Nella primavera-estate dei 1895 G.M. trasmette dalla finestra del laboratorio e copre distanze crescenti. Sostituisce al terminale del rocchetto le sfere con lastre e con recipienti metallici.
25.04.1895 - Pare che in questo giorno (che poi coincide con l'anniversario della sua nascita) G.M., applicando un sistema d'antenna ed un collegamento a terra degli apparati trasmittente e ricevente, abbia coperto per la prima volta la distanza di oltre un chilometro. Nei mesi successivi G.M. continua gli esperimenti: ponendo un elettrodo a terra e mantenendo l'altro sospeso in aria realizza il sistema antenna-terra, e vede cosi moltiplicarsi la portata della trasmissione. Il segnale può ora superare ostacoli naturali. Trasmettitore nel giardino di Villa Griffone - ricevitore nel sotto-tetto della villa 'I Pini' in una contigua tenuta di proprietà dei Marconi: le due località distano 1050 metri e sono fra loro nascoste dalla collina dei Celestini. Accanto al ricevitore è Antonio Marchi ('Tugnatt') che conferma l'arrivo dei segnale con un colpo di fucile.
Lo stesso padre di G.M. dettò l'epigrafe di una patetica e celebre lapide: ONORE AL MERITO / DI GUGLIELMO MARCONI / IL QUALE IN QUESTA CASA / FACENDO / LE PRIME PROVE / ANCORA GIOVANETTO /COL SUO INGEGNO E CON LO STUDIO / INVENTO'IL TELEGRAFO SENZA FILI / NELL'ANNO 1895 / AMMIRATO DALL'ITALIA E DALL'EUROPA.
01.1896 - Perfezionata l'apparecchiatura, il segnale copre oltre 3 mila metri di distanza G.M. tenta di far valutare l'importanza della sua scoperta al Ministero delle Poste italiano: falliti questi approcci G.M. decide di recarsi in Gran Bretagna.
02.02.1896 - Accompagnato dalla madre, G.M. parte da Bologna alla volta di Londra con gli apparecchi autocostruiti. A Londra può contare sul particolare aiuto del cugino materno Henry lameson Davis.
03.1896 - Alla fine di marzo Swinton Campbell presenta G.M. a Sir William Preece, Direttore delle Poste e dei Telegrafi inglesi.
02.06.1896 - G.M. presenta all'Ufficio patenti di Londra, accompagnata di una descrizione provvisoria, la domanda del suo primo brevetto (Perfezionamento nelle trasmissioni degli impulsi e dei segnali elettrici e negli apparecchi corrispondenti).
27.07.1896 - A Londra G.M. esegue con buon esito la prima dimostrazione ufficiale di trasmissione alla presenza di Sir William Preecel con scambio di segnali radiotelegrafici fra una terrazza dell'Ufficio Postale ed il tetto dell'edificio della Cassa di Risparmio (Saving's Bank Dpt) nella Queen Victoria Street, alla distanza di circa 1 chilometro. La dimostrazione ha esito positivo e Preece pronunzia la ormai storica frase: 'Giovanotto, avete fatto qualcosa di veramente eccezionale, me ne congratulo'. le trasmissioni sperimentale continuano attraverso le rive dei Tamigi.
09.1896 - Campagna di esperimenti nella pianura di Salisbury: il segnale copre distanze leggermente maggiori. G.M. dimostra ai tecnici delle Poste e Telegrafi inglesi che col "sistema a raggio" le onde di circa 30 cm di lunghezza possono coprire distanze fino a 4 chilometri, e quelle di 70/300 metri anche di 15 chilometri.
07.12.1896 - Stati Uniti - G.M. ottiene il brevetto della radiotelegrafia senza fili col n.586193 (brevetto che verrà confermato nel 1901 coi n.11913).
11.12.1896 - A Londra Sir William Preece dichiara, in una seduta della "Royal lnstitution", la priorità marconiana ed aggiunge di essere autorizzato da Post-Office a disporre liberamente di sperimentare in ogni modo possibile le apparecchiature di Marconi.
1897 - L'anno, si chiude con una circostanza fertile di ulteriori sviluppi: il Servizio Governativo inglese dei fari fa costruire alla Compagnia Marconi un impianto di collegamento radiotelegrafico tra il faro di South Foreland ed il battello-fanale di East Goodwin, distanti fra loro 20 chilometri. La minuscola e prima rete radio stabile d' allarme ebbe subito l'avventura di salvare un piroscafo incagliato.
10.05.1897 - Fra il 10 e il 14 maggio conduce esperimenti fra la terraferma (Lavernock Point) e Flatholm Isl. (canale di Bristol): il segnale copre distanze che raggiungono anche le 9 miglia: questo successo viene definito straordinario dalla stampa britannica.
04.06.1897 - Sir William Preece, capo della divisione telegrafi del Posto Office, riferisce alla Royal Society sugli esperimenti in terra britannica durati circa un anno e conclude: Marconi ha creato un nuovo sistema di telegrafia che raggiungerà luoghi finora inaccessibili".
02.07.1897 - G.M. rientra in Italia per presentare il frutto dei suoi esperimenti al Ministero della Marina. il 6 luglio ripete gli esperimenti alla presenza degli addetti stampa, poi si reca ai Quirinale ove alla presenza dei Reali dà prova della efficienza e della praticità della radiotelegrafia. Da Roma G.M. si trasferisce a la Spezia.
07.1897 - Londra: concesso a Marconi il primo brevetto (n. 121039) sulla telegrafia senza fili in esito alla domanda presentata li 2 giugno 1896. Questo è considerato un atto legale di portata storica.
10.07.1897 - La Spezia - per una settimana G.M. fa esperienze per conto della Marina, dapprima terrestri sulla distanza di 3 km nel piazzale d'ingresso dell'Arsenale (il trasmettitore era installato nel laboratorio elettrico di S. Bartolomeo) poi sul mare tra S. Bartolomeo e l'isola Palmaria, Portovenere e l'isola di Tino. Negli ultimi due giorni il ricevitore è installato sulla corazzata S. Martino che riceve nitidi segnali anche a oltre 1 8 chilometri dalla emittente. A la Spezia il 18 luglio G.M. incontra casualmente Luigi Solari che undicenne gli fu compagno di scuola all'istituto Cavalleri di Firenze e che divenne valido e fedelissimo collaboratore.
13.07.1897 - Stati Uniti - concesso il brevetto n.609154.
20.07.1897 - Con un capitale di centomila sterline si costituisce a Londra la SpA WIRELESS TELEGRAPH & SIGNAL COMPANY LTD (che nel 1900 assumerà la denominazione di Marconi's Wireless Telegraph Co).
11.1897 - E’ dato avvio alla installazione della prima stazione radiotelegrafica fissa sistema Marconi a Needles (isola di Wight) e si realizzano collegamenti sperimentali dapprima con Bournemouth (distante 23 km), poi con Poole (nell' Hampsire) distante 29 km.
04.1898 - Londra: diversi esperimenti fra l'ospedale di San Tommaso e la Camera dei Comuni.
03 .06. 1898 - Si inaugura il servizio radiotelegrafico regolare fra Poole e l'isola di Wight.
20. 07. 1898 - Tra il 20 e il 22 luglio si realizza il primo servizio giornalistico. Il Daily Express di Dublino chiede a G.M. di poter inviare notizie, via radio, dall' alto mare, sullo svolgimento e sui risultati delle regate indette dal Royal Yacht Club nella baia della città. la cronaca è trasmessa dalla nave Flying Huntress che si è spinta fino a 16 km dalla stazione ricevente. L'esito positivo di questo servizio contribuisce ad avvalorare la fama di Marconi.
24. 12. 1898 - Ha luogo la prima comunicazione tra un battello fanale nei pressi di East Goodwine la costa di South Foreland, sulla distanza di 19 chilometri.
1899 - Brevettati i dispositivo sintonici ad induttanza e capacità.
03.1899 - Accordi con il governo francese.
03.03.1899 - Un tempestivo SOS permette di mettere in salvo l'equipaggio dei piroscafo Matbews che aveva urtato per la fitta nebbia un battello fanale. A giudizio degli storici è questo il primo degli innumerevoli equipaggi che le onde radio hanno strappato a morte certa.
27.03.1899 - Collegamento attraverso la Manica, tra Dover e Boulogne (32 miglia). Le antenne sono poste esattamente a Vimereux e a South Foreland.
28 04 1899 - Una forte mareggiata procura danni ed avarie al battello fanale di East Goodwin Sands (collegato via radio coi faro di South Foreland) che, messo in pericolo dal mare in tempesta, lancia il primo segnale di soccorso SOS.
16.06.1899 - G.M., imbarcato sull’ incrociatore francese Vienne, si collega con South Foreland distante 42 miglia.
07.1899 - Nei mesi di luglio e agosto G.M. è invitato a partecipare alle manovre navali inglesi. A bordo dell'incrociatore Juno ha l'incarico della direzione tecnica dei Collegamenti radio tra le navi: i segnali coprono la distanza di 120 chilometri.
12.09.1899 - Invitato dal Dpt Navale degli Stati Uniti G.M. si imbarca sulla Urania alla volta di New York dove giunge il 21 per partecipare alle regate della Coppa d' America.
22.09.1899 - Dal 22 settembre al 3 ottobre C,M. , per conto di alcuni quotidiani, assicura un servizio radiotelegrafico fittissimo durante le regate della International Yacht Races for America’s Club.
03.10.1899 - A bordo dei piroscafi Ponce e Grande Duchesse G.M. radiotelegrafa in media ogni tre minuti ai giornali di New York (via Navesink) l'andamento delle gare. Alla fine della gara sono state trasmesse 33 mila parole, al ritmo di 15 al minuto, in 1200 messaggi.
05.11.1899 - In viaggio verso Southampton a bordo dei transatlantico St. Paul G.M. , che già trasmetteva messaggi per conto dei passeggeri, stampa un notiziario di bordo ed intesta 'Transatlantic Times' il giornale che riporta le notizie ricevute da terra.
1900 - G.M. è presidente della Marconi Wireless Telegraph Co ltd, nata dall' ampliamento della precedente spa con l'ambizioso progetto di costruire una potente stazione in riva all' Atlantico, a Poldhu in Cornovaglia, nel SW dell' Inghilterra.
21.03.1900 - G.M. deposita il brevetto britannico n. 5387 relativo ad un tipo di conduttore di aereo a grande capacità (consistente nell' applicare al filo di antenna due lastre metalliche a forma di cilindro, concentriche sull'asse del radiatore).
26.04.1900 - Londra - G.M. deposita il brevetto n.7777 'Telegrafia accordata o sintonizzata e multipla su una sola antenna di nuovo tipo' (G.M. adottò il circuito oscillante chiuso anche nella trasmissione, creando un collegamento induttivo con l'antenna). E' il corrispondente dei brevetto americano n. 763772.
25.02.1901 - E’ registrato in Inghilterra il brevetto n. 7777 (che sarà universalmente poi conosciuto come: 'telegrafia accordata o sintonizzata e multipla su una sola antenna di nuovo tipo' o 'sistema sintonizzato basato sull'impiego dei circuiti accordati' o 'sincronizzatore del tono' o 'sin-ton').
04.1901 - G.M. è intento a dirigere la costruzione del primo grande impianto di Poldhu, ultra potente nei confronti dei precedenti, che esegue le prime prove tramite la stazione di Lizard e quella di S. Caterina (isola di Wight). Questi lavori richiesero più volte la presenza del Tenente di Vascello Luigi Solari che restò a lungo sul posto fino al 18 dicembre 1902, quando fu inaugurato il servizio radio transatlantico.
02.06.1901 - La Marina Militare Italiana realizza un importante collegamento fra Caprera e Monte Mario (Roma).
04.06.1901 - G.M. ottiene il brevetto inglese n.11 91 3: 'Uso nella trasmissione e nella ricezione di riflettori parabolici e di radiatori sopraelevati con collegamento alla terra'.
17.09.1901 - Un fortunale distrugge la grande antenna della stazione di Poldhu (20 supporti in legno, alti 60 metri ciascuno, disposti in cerchio di 120 metri di diametro). li sistema antenne fu semplificato: il 27 le trasmissioni furono effettuate con un sistema antenne costituito da due soli alberi che sorreggevano un filo teso fra le loro estremità dal quale pendevano 50 fili di rame, distanti all'origine circa 1 metro fra foro e convergenti a terra: i segnali giungono a Crookhaven (360 km).
11.1901 - Poldhu trasmette con 15 kW sulla lunghezza d'onda di 1800 metri circa.
26.11.1901 - G.M. salpa da Liverpool sul piroscafo Sardinia insieme ai suoi collaboratori Kemp e Paget
06.12.1901 - G.M., Kemp e Paget, imbarcatisi il 26 novembre a Liverpool sul piroscafo Sardinia, arrivano a S. Giovanni di Terranova per organizzare l'ascolto dei segnali attraverso l'Atlantico. A Terranova G.M. sceglie la collina detta 'Signal-Hill' (collina dei segnali) per la manovra dei due piccoli palloni frenati e dei sei cervi volanti che aveva portato con se.
10.12.1901 - Un forte vento strappa ancora l'antenna orizzontale di 200 metri di filo, il giorno 11 si prova a far sollevare i fili delle antenna da un grosso aquilone.
12.12.1901 - Un aquilone viene sospeso a 120 metri di altezza: alle 12,30 giungono i tre punti della lettera 5 trasmessi da Poldhu in Cornovaglia attraverso 3.500 chilometri di oceano (2.1 00 miglia marine).
13.01.1902 - New York - si vuole tributare un festoso omaggio al 'Padre della radio' che si accinge a lasciare il suolo americano: al simposio partecipano i luminari della scienza americana, tra i quali si notano Edison, Tompson, Pupin, G.M. si imbarca a New York sul piroscafo 'Philadelphia' per raggiungere l'Inghilterra ove si era deciso di costruire la stazione di Glace Bay (presso Sidney), nella località Table Head, per istituirvi un servizio radiotelegrafico commerciale.
26.01.1902 - G.M. sbarca in Inghilterra: si incontra con il Ten. di Vascello Luigi Solari che invia poi a Roma per mettere i suoi brevetti a disposizione della Marina e dell'Esercito italiani.
3l.05.1902 - G.M. ottiene il Premio dell' Accademia dei lincei.
10.06.1902 - Il Ten. di Vascello Solari si imbarca a Napoli sulla corazzata italiana Carlo Alberto - che salpa per una lunga campagna di esperimenti radiotelegrafici in mare (10/6 - 11-19/6 - Napoli - Kronstadt - la Spezia)
19.06.1902 - La Nave Carlo Alberto giunge nella baia di Poole: il Ten. Solari incontra Marconi a Poldhu.
25.06.1902 - Londra - brevetto 10245: Detector magnetico delle onde elettriche, che può essere usato come ricevitore per la telegrafia nello spazio.
07.07.1902 - G.M. si imbarca a Dover sulla Nave Carlo Alberto e inizia la campagna nel Mare dei Nord e nel Mare Baltico. Nel corso della notte giungono nitidi i segnali da Poldhu.
09.07.1902 - Dal 9 al 1 2 luglio intensi esperimenti mentre la Nave Carlo Alberto è ancorata a Kronstad: i segnali di Poldhu (circa 2 mila km di distanza) sono distinti di notte mentre vengono a mancare di giorno.
16.07.1902 - A Kronstadt, a bordo della Nave Carlo Alberto, alla presenza dei Re d'Italia e dello Zar Nicola il viene data una dimostrazione pratica dei funzionamento della radio. Lo Zar di Russia insignisce G.M. della Commenda dell' Ordine di S. Anna.
17.07.1902 - Lo scienziato russo Popov incontra G.M. e si rende conto della efficienza dei collegamenti fra l'Inghilterra e la Russia. E' affidata alla storia la frase che disse Popov stringendo la mano a G.M. - 'Vengo ad ossequiare il padre della radio'.
06.09.1902 - Roma - Il Ministro della Marina decide di mettere ancora a disposizione di G.M. la R. Nave Carlo Alberto per nuovi esperimenti e predispone una seconda campagna radiotelegrafica con la quale lo scienziato possa portare a termine le esperienze che ha intenzione di eseguire attraverso all'Atlantico, dalle stazioni di Capo Breton (Canada) e di Capo Cod (Stati Uniti) da un lato, e di Poldhu dall’ altro.
3O.09.1902 - La Carlo Alberto salpa da la Spezia e dopo Portland raggiunge Plymouth, ove imbarca G.M. con i suoi assistenti ed il Ten. Vasc. Luigi colori.
20.10.1902 - La Carlo Alberto salpa da Plymouth diretta a Sydney (Nuova Scozia) ove giunge il 31 ottobre: durante tutta la navigazione si mantiene in collegamento con Poldhu e può riceverne le comunicazioni fino a 2.000 miglia di distanza.
26.10.1902 - Il Re d'Italia nomina G.M. Cavaliere dei lavoro.
31.10.1902 - La nave italiana giunge a Giace Bay dopo aver attraversato l'Atlantico.
31.10.1902 - La Carlo Alberto riceve a Capo Breton, all' imboccatura di Giace Bay, poco lontano da Sydney, i segnali di Poldhu (3809 chilometri).
05.12.1902 - Entra in funzione la stazione ricetrasmittente di Glace Bay per il collegamento in duplex con l'Inghilterra.
16.12.1902 - Si ricevono chiaramente i segnali emessi a Table Head (pochi km dal Porto Sidney). la stazione è costituita da 4 torri di legno alte 71 m. e distanti tra loro circa 801 collegate da 4 sole gomene da cui partono 50 fili: questi 200 fili si riuniscono in basso formando nel loro insieme una specie di piramide rovesciata.
18.12.1902 - Dal 18 al 20 G.M. trasmette messaggi al Times, a Re Giorgio, a Re Vittorio Emanuele III.
18.12.1902 - Si inaugura a Poldhu il servizio radio transatlantico.
20.12.1902 - Con la trasmissione di messaggi ai Re d'Italia e d'Inghilterra ha inizio il collegamento permanente bilaterale tra l'America e l'Europa.
1903 - Il Generale C.A. Ferné, capo dei servizi di trasmissione dell'esercito francese, utilizza la Torre Eiffel per collocarvi una potente stazione radio e nel 1909 usa largamente le radiotrasmissioni nelle operazioni di guerra nel Marocco.
19.01.1903 - G.M. partecipa alla inaugurazione della seconda stazione radio del nuovo continente collocata a Capo Cod, a 25 km da Boston (nel Massachusset, e precisamente su di una collina sabbiosa che si eleva per 25 mt sul mare e prende il nome di South Wellfleet). Scambio di messaggi tra il Presidente degli Stati uniti e il Re Eduardo VII.
23.01.1903 - G.M. si imbarca a New York per Liverpool: prosegue per Poldhu e Capo Breton per modificare le due stazioni.
18.02.1903 - Roma: la Camera dei Deputati approva il progetto di legge che prevede la costruzione di un impianto radiotelegrafico di grande potenza per collegare l'America dei Sud e le Colonie. L'approvazione del Senato giunge il 31 marzo. Qualche mese dopo G.M. sceglie per l'impianto la località di Coltano, nella tenuta reale di S. Rossore.
20.03.1903 - G.M. riceve la cittadinanza onoraria di Milano.
07.05.1903 - Alla presenza dei Sovrani G.M. viene proclamato in Campidoglio: 'Cittadino di Roma'.
22.06.1903 - G.M. viene nominato Dottore in Scienze dell'Università di Oxford.
22.08.1903 - La nave Lucania salpa per New York: durante tutta la traversata dell'Atlantico è sempre regolare la ricezione dei radiotelegrammi spediti da Poldhu (Inghilterra), da Glace Bay (Canada) e da Capo Cod (Stati Uniti) che recano le notizie più recenti. E' stampato il primo quotidiano di bordo sotto il titolo: 'The Cunard Buffetin'.
18.10.1903 - E’ inaugurata ufficialmente la stazione della Legazione Italiana a Pechino.
18.11.1903 - Livorno conferisce a G.M. la cittadinanza onoraria.
25.03.1904 - Bologna - la regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri conferisce a G.M. la laurea in Ingegneria honoris causa.
07.05.1904 - G.M. si imbarca a Liverpool sul Campania e durante tutto il viaggio mantiene collegamenti con Poldhu, Seaforth, Capo Breton, Capo Cod e i transatlantici Aurania, Etruria, Lucania. Anche a bordo della nave Campania si stampa il bollettino quotidiano.
28.06.1904 - Stati Uniti-Concesso il brevetto 763772 per il sintonizzatore cosiddetto dei quattro circuiti (corrispondente al brevetto inglese detto dei 'quattro sette').
03 08.1904 - La Nave Avviso Marcantonio Colonna, che su incarico dei Ministero della Marina conduce una campagna per ottimizzare le radiocomunicazioni marittime, ospita G.M. venuto in Italia per inaugurare fa comunicazione radiotelegrafica tra le stazioni di Bari (San Cataldo) e di Antivari in Montenegro.
05.08.1904 - G.M. si imbarca sulla R.N. Sardegna per recarsi ad Ancona.
08.08.1904 - La stazione di Monte Cappuccini (Ancona) riceve messaggi dalla stazione di Poldhu.
1O.08.1904 - Dalla stazione Torre Piloti, in Venezia, vengono compiute delle esperienze di ricezione da Poldhu.
1905 - G.M. si fidanza con la Sig.na Betrice lnchiquin O'Brien, irlandese.
27.05.1905 - Il piano della battaglia di Tzushima viene sviluppato via radio facendo confluire le unità giapponesi (che distavano anche 60 miglia dal luogo dello scontro) sulla flotta russa che, ignara dell'agguato, procedeva in formazione di fila.
01 .06.1905 - G.M. è nominato Cavaliere dell' Ordine Civile di Savoia.
18.07.1905 - Londra - brevetto n. 14788: Aereo multiplo a grande sviluppo orizzontale, con comportamento direttivo, che consente di aumentare le distanze delle trasmissioni e le intensità dei segnali.
12.01.1907 - G.M. chiede il brevetto per il ricevitore a valvola di Fleming, nel quale il telefono è collegato al circuito di placca attraverso il trasformatore.
09.1907 - Viene conferita a G.M. l'onorificenza di Commendatore della Corona d' Italia
17.10.1907 - G.M. presenzia alla inaugurazione della stazione di Clifden (Irlanda) cui per tre anni ha dedicato tutto il suo impegno: nello stesso giorno ha avuto inizio il primo regolare servizio pubblico giornalistico e commerciale radiotelegrafico fra Europa ed America, basato sulla tariffa di 10 cents per parola, ridotta a 5 cents per la stampa.
11.12.1907 - Viene conferita a G.M. l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce della Corona d'Italia.
23.07.1909 - Nella notte il transatlantico Republic in navigazione a 175 miglia dal faro di Arnbrose (New York) è investito nella nebbia dal piroscafo italiano Florida e affonda. Grazie ai segnali di soccorso, lanciati dai telegro@ta di bordo per 14 ore filate, accorrono tre piroscafi e possono salvarsi tutti i 1.650 passeggeri delle due navi.
01.12.1909 - G.M. riceve il premio Nobel per la Fisica.
13.01.1910 - Il piroscafo Avon in navigazione fa ascoltare ai passeggeri la voce di Caruso tra- smessa dal teatro di Broadway.
09.1910 - G.M. si imbarca sul transatlantico Principessa Mafalda diretto a Buenos Aires. Durante il viaggio, grazie a una antenna sostenuta da un aquilone e mantenuta a una altezza fra 1000 e 3000 piedi di altezza, riceve i segnali di Clifden fino a una distanza di 4000 miglia dall'emittente, A Buenos Aires (oltre 6000 miglia) i segnali giungono solo di notte.
19.11.1911 - Si inaugura la stazione radio di Coltano la cui costruzione era stata decretata nel lontano 1903: messaggi a Massaua, Mogadiscio e Glace Bay.
14.04.1912 - Nel suo viaggio inaugurale dall' Inghilterra a New York affonda il Titanic, transatlantico di 46 mila tonnellate, che nella notte ha urtato contro un iceberg. Grazie ai suo SOS si salvano 504 passeggeri e 201 uomini di equipaggio sopra un totale di 2.208 persone imbarcate. I superstiti, giunti a New York si recano in corteo sotto le finestre dell' albergo dove si trova Marconi per esprimergli la loro riconoscenza.
17.04.1912 - G.M. viene nominato Membro Ordinario della New York Electrical Society.
22.05.1912 - Il Re di Spagna conferisce a G.M. l'alta onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di Alfonso XII.
24.05.1912 - Il Presidente della Repubblica Portoghese conferisce a G.M. la medaglia d'oro dell'Istituto di soccorso per naufraghi.
03.06.1912 - Re Vittorio Emanuele III nomina G.M. Cavaliere di Gran Croce dei SS Maurizio e Lazzaro.
24.09.1912 - Nella notte fra il 24 e il 25 settembre, mentre viaggia in auto da Coltano a Genova, in una curva sulla salita del Bracco rimane vittima di un incidente a seguito del quale perde l'occhio destro.
11.10.1913 - Il piroscafo Volturno che fa rotta da New York per Rotterdam, è colpito da un violento incendio in pieno oceano. Alle 8 è lanciato il primo SOS, raccolto dal Carmania che raggiunge il Volturno verso le 14. Nel mattino dei 12, attorno al Volturno ridotto à un relitto, si trovano anche i piroscafi Grosser Kurfuester, Touraine, Minneapolis, Rappahannock, Narraganstett, Devonian, Kroonland, Czar, Seydlitz. Il Narraganstett getta a mare il carico di nafta per calmare le onde. Si salvano 521 persone su 657 a bordo. Restano vittime dell' incendio solo 136 persone, quelle che, terrorizzate dal rogo, si sono gettate in mare intempestivamente. Nel 1913 oltre mille navi erano dotate di apparecchi radiotelegrafici.
06.1914 - Il Re di Inghilterra conferisce a G.M. la Gran Croce dell'Ordine di Vittoria.
30.12.1914 - G.M. viene nominato Senatore dei Regno d'Italia.
1915 - G.M. si arruola volontario nell'esercito italiano con il grado di Tenente ed è destinato al battaglione dirigibilisti, presso il quale era accentrato il servizio radiotelegrafico.
12.04.1915 - Londra: viene conferita a G.M. la medaglia Albert della 'Royal Society of Arts'.
22.05.1915 - G.M., rispondendo all'appello della Patria in guerra, salpa da New York sul piroscafo St Paul per rientrare in Italia dove giunge il giorno 31.
19.06.1915 - G.M. viene nominato tenente di Complemento dei Genio e destinato al Battaglione Dirigibilisti in zona di guerra con l'incarico di ispezionare al fronte gli impianti di radiotelegrafia dei Regio Esercito. Si adopera per costruite apparecchi per comunicare da terra con gli aerei .
09.1915 - G.M. installa una ricetrasmittente sull'aereo di Francesco Baracca presso l'aeroporto Mirafiori di Torino (piccolo trasmettitore a scintilla della potenza di circa 30 W, dei peso di circa 16 kg, costruito nelle Officine Marconi di Genova.
12.1915 - A Roma collabora con la 'Brigata Specialisti' per una più efficiente applicazione della radio in guerra.
10.03.1916 - Durante una sua permanenza a Genova sperimenta (fra il 10 e i1 15) un riflettore che gli permette interessanti osservazioni sulla radiotelegrafia direttiva.
10.04.1916 - Nasce la figlia Gioia.
27.07.1916 - G.M. viene promosso al grado di Capitano dei Genio per meriti speciali.
31.08.1916 - G.M. è trasferito nella R. Marina e ammesso nel ruolo di Stato Maggiore coi grado di Capitano di Vascello di complimento.
1917 - Prime trasmissioni regolari (fino a 35 km) con onde corte a Carnavan, in Galles.
26.03.1918 - G.M. presenta domanda di brevetto per 'Perfezionamenti di riflettori per uso radio telegrafico e radiotelefonico'.
15.05.1918 - Filadelfia: il Franklin Institute conferisce a G.M. la 'Medaglia Franklin'.
22.09.1918 - G.M. invia i primi radiomessaggi dall'Inghilterra (stazione di Carmavon) all'Australia (Sydney). I messaggi battono i velocità quelli analoghi inviati via cavo che giungono alcune ore dopo.
23.09.1918 - Il Re d'Inghilterra gli conferisce la Gran Croce dell'Ordine dell'impero Britannico.
01.10.1918 - G.M. è dichiarato in 'Servizio permanente Attivo', nella R. Marina e torna all' imbarco su navi da guerra per assolvere compiti di particolare importanza.
06.10.1918 - G.M. intercetta lo storico messaggio trasmesso dalla stazione di Nautn (Berlino): 'Il Governo tedesco ha trasmesso al Presidente Wilson per tramite del Governo svizzero la seguente nota: Il Governo tedesco richiede al Presidente degli Stati Uniti di intraprendere la restaurazione della pace, di informare tutti gli Stati belligeranti di questa richiesta, e di invitarli a ricevere plenipotenziari. Allo scopo di impedire ulteriore spargimento di sangue, il Governo tedesco richiede l'immediata conclusione di un armistizio'.
04 11 1918 - La radiotelegrafia diffonde nel mondo lo storico bollettino italiano che annuncia la vittoriosa fine della guerra.
05.1l.1918 - Dalla stazione del Gianicolo, a Roma, G.M. intercetta un dispaccio in lingua tedesca che comunica l'abdicazione dei Kaiser: ci si avvia rapidamente alla fine del conflitto mondiale.
02.1919 - Nel mese di febbraio G.M. tratta con l'Ammiragliato britannico l'acquisto dello yacht Rovenska al quale darà il nome di Elettra: l'atto di nazionalità venne definitivamente rilasciato il 21 dicembre 1921. lo yacht apparteneva ad un arciduca austriaco, fu confiscato al principio del conflitto europeo dal Governo britannico, funzionò durante la guerra quale nave appoggio dei dragamine nel Mare del Nord.
04.1919 - G.M. viene nominato delegato plenipotenziario alla Conferenza della Pace di Parigi: per assolvere a questo compito chiede la dispensa dal servizio attivo nella R. Marina.
03.07.1919 - G.M. ottiene il brevetto per perfezionamenti di riflettori per uso radiotelegrafico e radiotelefonico.
01.04.1920 - G.M. viene promosso, 'a scelta eccezionale', al grado di Capitano di Fregata.
03.05.1920 - Ha luogo il primo esperimento di radiodiffusione da bordo dell'Elettra a terra: il panfilo nell'Oceano, a circa 300 miglia da Lisbona, comunica con la stazione radio di Monsanto.
15.06.1920 - La stazione Marconi di Chelmsford trasmette per la prima volta un concerto radiofonico che viene ricevuto fino a 2 miglia di distanza.
22.09.1920 - La candida nave, che navigava nel miracolo ed animava i silenzi. (Cosi Gabriele D'Annunzio definì l'Elettra) entra nel porto di Fiume: l'accoglienza fatta dal Poeta e dai suoi legionari costituisce una vibrante e indimenticabile manifestazione di italianità.
02.11.1920 - La stazione di Pittsburgh inizia la radiodiffusione Degli USA.
13.12.1920 - Si stabilisce il primo collegamento radiotelefonico fra l'Inghilterra e la Svizzera in tale occasione la stazione Marconi di Bel Air, presso Ginevra, fu collegata con l'edificio della Società delle Nazioni.
22.06.1922 - In una storica conferenza a New York, G.M. esprime chiaramente la necessità di abbandonare le onde lunghe e di ritornare all'impiego delle onde corte e dei riflettori per assicurare un nuovo sviluppo ai radiocollegamenti a grandi distanze.
1923 - Nell'estate dei 1923 G.M. compie una lunga crociera nell' Atlantico dei Sud a bordo dell' Elettra. Sperimenta il sistema delle onde corte a fascio ed apre una nuova era alle telecomunicazioni
12.02.1924 - Dal Tribunale di Fiume è emessa la sentenza di scioglimento dei matrimonio contratto da CM nella chiesa protestante di San Giorgio (Hannover Square) di Londra nel 1905 con la 'Right Honorable' Beatrice 0' Brien.
30.05.1924 - Ha luogo la regolare trasmissione della voce umana tra l'Inghilterra (Poldhu) e l'Australia (Sidney).
30.05.1924 - G.M. riesce a far giungere i segnali radiotelefonici in Australia: la voce umana giunge in un attimo da circa 20 mila chilometri di distanza.
1926 - Italia - è reso obbligatorio il radiogoniometro sulle navi di prima categoria per i viaggi oltre il Mediterraneo e per le navi di qualunque tonnellaggio idonee a trasportare 2.000 o più persone oltre gli stretti.
07.10.1926 - Ha luogo il collaudo dei collegamento radio fra l'Inghilterra e il Canada
07.04.1927 - Si inaugura ufficialmente il servizio radio fra l'Inghilterra a l'Australia, che permette comunicazioni istantanee nelle due direzioni. Si tratta del più lungo radio-collegamento possibile al mondo.
30.04.1927 - Il Tribunale della Sacra Rota sentenzia l' annullamento dei matrimonio di G.M. con Betrice 0' Brien.
28.05.1927 - L'Elettra parte da Gaeta per iniziare un nuovo ciclo di esperimenti: compongono l'equipaggio 1 nostromo, 3 timonieri, 3 marinai, 1 mozzo; 1 caporale di macchina, 1 operaio meccanico, 4 fuochisti, 2 ingrassatori, 1 motorista per i due motoscafi, un elettricista, il maestro di casa, due cuochi, un cameriere, un garzone. Lo stato maggiore è composto da Comandante Raffaele Lauro, Primo Ufficiale cap. Romano; Direttore di Macchina sig. Mastellone; Primo Ufficiale Macchinista signor Maresca; Secondo Ufficiale Macchinista sig. Cappiello. Il 1 giugno la nave è a Civitavecchia: Marconi sbarca per recarsi a Roma dove il 12 convolerà a nozze.
12.06.1927 - Matrimonio civile in Campidoglio con Cristina Bezzi Scali
15.06.1927 - Matrimonio religioso nel tempio di Santa Maria degli Angeli alle Terme: dopo una breve permanenza a Rieti gli sposi si imbarcano a Genova sul Conte Biancamano diretti a New York
02.07.1927 - Vengono inaugurati i due radiofasci Inghilterra-Sud Africa che nel frattempo erano stati positivamente collaudati.
01.01.1928 - G.M. è nominato Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
19.03.1928 - Fra il 19 marzo e il 19 aprile G.M. sperimenta il radiogoniometro ad onde medie con l'avvolgimento protetto in tubo circolare. Le prove hanno luogo dalla nave Elettra in navigazione lungo la rotta Napoli - Palermo - Tunisi - Tripoli.
25.05.1928 - Il dirigibile 'Italia', dopo aver sorvolato per alcune ore il polo nord, si abbatte sulla banchisa. Il 3 giugno il telegrafista Biagi riesce a trasmettere il suo SOS. Il segnale è raccolto da una delle tante persone che in quei giorni erano restate ansiosamente in ascolto, e da Arcangelo, nel nord della Russia, rilanciato per mettere in moto i soccorsi. Il piccolo trasmettitore che il telegrafista potè mettere in efficienza dopo la sciagura (e che funzionò con una antenna improvvisato di 8 m e una alimentazione di fortuna a 12 V) era il terzo in dotazione al dirigibile, un piccolo apparato munito di un solo triodo che era stato consigliato e procurato alla spedizione personalmente da G.M.
17.06.1929 - G.M. riceve dal Re d'Italia il titolo gentilizio di Marchese.
02.07.1929 - La nave Elettra parte da Napoli alla volta di Southampton e fa tappa a Gaeta, Civitavecchia e Gibilterra. Nel corso della navigazione viene condotta una serie di esperienze in correlazione coi nuovo collegamento radiotelefonico sperimentale ad onda sui 9 metri Fiumicino-Golfo Aranci e con il centro Radiomarittimo ad onde corte di Coltano, ambedue in corso di installazione.
Sintesi delle attività di Guglielmo Marconi nel Golfo Tigullio
Guglielmo Marconi soggiornò a lungo nel Golfo Tigullio, detto anche Golfo Marconi (in suo onore !!!), dove ebbe modo di compiere numerosi ed importanti esperimenti.
Negli ultimi anni la Sezione A.R.I. di Rapallo ha voluto ricordare questi momenti organizzando numerose iniziative. In particolare è particolarmente apprezzata da un folto pubblico di appassionati e non la Mostra: - Marconi dal Tigullio al mondo - che si è tenuta nel cinquecentesco castello sul mare di Rapallo dal 13 agosto al 10 settembre del 1995 e la Mostra: - L'onda di Marconi dal Tigullio al Mondo intero - che si è tenuta nella medesima sede dal 18 dicembre 2004 al 9 gennaio 2005.
30.05.1931 - Lo yacht Elettra giunge a S. Margherita ed ormeggia di fronte all'albergo Laurin. G.M. comincia la sperimentazione con microonde tra lo yacht (che resta in crociera nel golfo dei Tigullio) e la terra.
31.10.1931 - G.M. e il suo collaboratore Ing. Mathieu, a villa Repellini (presso S. S.Margherita, sulla rotabile per Portofino) danno dimostrazione delle caratteristiche dellle le microonde con esperimenti di radiotelefonia tra Santa Margherita Ligure e Sestri Levante (18 Km): usano lunghezze d'onda di 50 cm ed apparecchiatura costruite dalle Officine Marconi di Genova. Le trasmissioni sono ricevute con grande chiarezza e notevole ole potenza.
11.1931 - G.M. trasmette in radiofonia onde di 10, 20, 30, 40 cm da Villa Repellini alla villa Gualino sulla penisola di Sestri Levante (sul Monte semaforico-Mesco).
20.11.1931 - G.M. presenta ai tecnici della compagnia Marconi i risultati delle esperienze za che sta conducendo nel golfo dei Tigullio.
21.11.1931 - G.M., l'Ammiraglio Pession, l'Ing. Gorio e l'Ing. Mathieu si recano in visita al Podestà di S.Margherita insieme al quale poi partono alla volta di Levanto doveve sono in corso altri importanti esperimenti.
28.11.1931 - Il Podestà Devoto invia a Marconi, in Roma, il seguente telegramma: 'A nome di Santa Margherita ligure orgogliosa di essere stata scelta dalla E.V. come campo delle nuove importantissime esperienze con onde ultracorte, le esprimo sensi di ammirazione et profonda riconoscenza. Ossequi G.M. risponde: 'Ringrazio vivamente S.V. et cittadinanza S. Margherita ligure per cortesi espressioni rivoltemi con suo telegramma venti corrente'.
09.04.1932 - G.M. è nuovamente nel Tigullio per collaudare le apparecchiatura elaborate nel laboratorio dell'Elettra nell'autunno dei 1931 e dimostrare la possibilità di effettuare conversazioni radio nei due sensi utilizzando una stessa lunghezza d'onda. Sono presenti alti ufficiali, tecnici ed esperti. La trasmissione avviene fra S. Margherita (Villa Repellini) e Sestri levante (Villa Gualino) e viene giudicata perfettamente riuscita, anche se la presenza della portaerei inglese Clorious crea qualche difficoltà per interferenze elettriche. Dell'inconveniente si scuserà il comandante della nave K.Purvis che il giorno 16 inviterà lo scienziato e la consorte a bordo per una colazione.
09.07.1932 - Lo yacht Elettra salpa da Santa Margherita diretto a Sestri Levante dove si fermerà alcuni giorni per degli esperimenti: proseguirà poi per Fiumicino e tornerà quindi a Santa Margherita ligure.
29 07 1933 - G.M. giunge a S. Margherita per continuare la sperimentazione sulle onde cortissime. l'Elettra viene ormeggiata davanti all'Albergo Miramare sulla cui terrazza vengono installate le apparecchiatura per effettuare la sperimentazione di trasmissioni a onde corte, proseguimento di quelle fatte due anni prima.
02.08.1933 - Fra il 2 e l'8 agosto G.M. effettua una sperimentazione fra l'Albergo Miramare di Santa Margherita ligure e l'Elettra in navigazione. Lo scienziato riesce a inviare segnali telegrafici e radiotelefonici ad una distanza di 1 50 Km con onde di 55 e 60 cm, da una altezza di 38 metri sul mare.
26.08.1933 - A Santa Margherita si smontano le apparecchiatura che, sotto l'occhio vigile dell'ing. Mathieu, sono imballate e spedite a Rocca di Papa donde proseguiranno per la Sardegna per essere collocate sul monte Figari.
31.03.1934 - Torna all'albergo Miramare di Santa Margherita Ligure l'Ing. Mathieu che precede G.M., il cui arrivo è previsto per i primi di giugno.
09.06.1934 - G.M. dopo aver eseguito un controllo agli strumenti installati a Sestri Levante nella Villa Gualino, raggiunge S. Margherita Ligure per mettere a punto le attrezzature sulla terrazza dell'Hotel Miramare. Le ricerche si effettuano su un triangolo che ha per vertici lo yacht Elettra, l'Albergo Miramare e la villa Gualino a Sestri Levante, mentre un altro collegamento viene attuato successivamente con la stazione ubicata in Sardegna.
28.07.1934 - G.M. sperimenta il Faro Marconi, presenti tecnici ed ufficiali della marina italiana ed inglese non che un gruppo di giornalisti. La prova di radiotelegrafia direttiva avviene nel golfo dei Tigullio, mediante collegamenti fra l'Elettra e le stazioni di Santa Margherita Ligure e Sestri levante: dimostra come possa guidarsi alla cieca una nave in mezzo alla nebbia o pilotarla entro un porto affollato evitando gli ostacoli, utilizzando unicamente onde radio ultracorte. La sperimentazione continua fino al giorno 30 con onde di 63 cm. Sulla base di questi elementi poggia il funzionamento dei radar.
30.07.1934 - G.M. sposta il radiofaro di Sestri levante e lo posiziona a circa 90 mt sul livello del mare.
02.1935 - G.M. sposta il campo delle sue ricerche a quote maggiori e fissa per questo la base dei suoi esperimenti alle spalle di RAPALLO, poco sopra il Santuario di Montallegro. La stazione radiotrasmittente, collocata entro una cabina sistemata quasi sulla cima dei Monte Rosa, ad una altitudine di 680 metri sul mare, si collega con la stazione ricevente fissata, ad una distanza di oltre 150 chilometri, sul declivio del monte Burrone, a circa 1 0 Km da Livorno, poco distante dal Santuario di Montenero (200 metri s.m.). le prove si prefiggono di accertare la possibilità di trasmettere una quantità considerevole di energia con idonei riflettori e di dimostrare che le onde cortissime non subiscono interferenze da perturbazioni atmosferiche.
07.1935 - G.M. è di nuovo a RAPALLO: nel periodo luglio - settembre prosegue quegli esperimenti che costituiscono anche il primo embrione delle trasmissioni televisive. In particolare si impegna per eliminare del tutto gli inconvenienti della 'doppia immagine' del fenomeno di riflessione delle radio onde. Sul Monte Rosa, collegato con la Elettra e con il Monte Burrone, lo scienziato effettua durante tutta l'estate una ampia serie di esperimenti sulle micro onde acquisendo gli indispensabili elementi per la loro pratica attuazione. Una lapide, posta subito alle spalle dei Santuario di Montallegro, all'inizio del sentiero che porta al Monte Rosa, ricorda quegli esperimenti:
'DA QUESTO COLLE TRA FEBBRAIO E SETTEMBRE 1935 GUGLIELMO MARCONI EFFETTUO GLI ESPERIMENTI CHE APRIRONO NUOVI IMMENSI ORIZZONTI PER I COLLEGAMENTI VIA ETERE - LA CIVICA AMMINISTRAZIONE - RADIOAMATORI SEZIONE DI RAPALLO 1985'
07.1936 - G.M. è di nuovo nel Tigullio. Lo yacht Elettra resta ormeggiato alle bitte di Santa Margherita fino al novembre.
11.12.1936 - L' 11 e il 12 novembre 1936 G.M. realizza una conversazione radiotelefonica a quattro fra l'Elettra ancorata a Santa Margherita Ligure, New York e due aereoplani in volo su quest' ultima città.
02.1935 - G.M. sposta il campo delle sue ricerche a quote maggiori e fissa per questo la base dei suoi esperimenti alle spalle di RAPALLO, poco sopra il Santuario di Montallegro. La stazione radiotrasmittente, collocata entro una cabina sistemata quasi sulla cima dei Monte Rosa, ad una altitudine di 680 metri sul mare, si collega con la stazione ricevente fissata, ad una distanza di oltre 150 chilometri, sul declivio del monte Burrone, a circa 1 0 Km da Livorno, poco distante dal Santuario di Montenero (200 metri s.m.). le prove si prefiggono di accertare la possibilità di trasmettere una quantità considerevole di energia con idonei riflettori e di dimostrare che le onde cortissime non subiscono interferenze da perturbazioni atmosferiche.
CARATTERISTICHE TECNICHE DELLA NAVE - YACHT ELETTRA ex ROVENSKA
Piroscafo ad 1 elica e 2 alberi
Cantiere di costruzione: Ramage & Ferguson Ldt - Leith (Inghilterra)
Anno di costruzione: 1904.
Varata il 27 marzo 1904 con il nome di Rovenska
Lunghezza fuori tutto: 67,40 mt.
Lunghezza del ponte: 60,35 mt. - Lunghezza tra le perpendicolari: 56,36 mt.
Larghezza al gallegiamento: 56,08 mt.
Larghezza massima fuori ossatura: 8,38 mt.
Altezza al ponte di coperta: 5,18 mt.
Immersione a pieno carico - pescaggio: 5,00 mt.
Macchina: Ramage & Ferguson Ltd - Leith - a vapore a triplice espansione a 3 cilindri.
126,95 Cavalli nominali e 1000 Cavalli indicati
Capacità di esprimere una velocita' di 12 nodi.
N.2 caldaie monofronti Ramage & Fergusson Ldt
Tonellaggio di stazza netta: 232,18.
Tonellaggio di stazza lorda: 632,81
Dimensioni di stazza 63,40 x 8,31 x 4,96 metri.
Nominativo: I B D K - -India - Bravo - Delta - Kilo
Iscritto nel compartimento marittimo di Genova al nr. 956 il 27-10-1921.
Iscritto al R.Y.C.I. Real Yacht Club Italiano
Classificazione: 100 A. 1.1. Navigazione: Lungo corso
Ultimo armatore: Ministero delle comunicazioni - Direzione poste e telegrafi - Roma.
La definizione data da D'Annunzio all'ELETTRA: "candida nave che naviga nel miracolo e anima i silenzi eterei del mondo" - calza ottimamente con la realtà; insieme casa e laboratorio per Guglielmo Marconi, questo splendido panfilo bianco al quale l'umanità intera deve molto era infatti noto in tutto il mondo.
UN PO' DI STORIA
Lo yacht venne ordinato dall'Arciduca d'Austria Carlo Stefano, ufficiale dell'I. R. Marina, al Cantiere Ramage & Ferguson Ldt. di Leith in Scozia ed il progetto fu affidato agli ingegneri Cox e King di Londra, che disegnarono un elegante scafo dalle linee filanti, prua slanciata in avanti a klipper con bompresso e poppa stretta e rotonda; in coperta una lunga tuga centrale in mogano e teak, sormontata da un fumaiolo leggermente inclinato verso poppa e due alberi armati con rande, come era abitudine dell'epoca. Lo yacht, varato il 27 marzo 1904 col nome di ROVENSKA, a ricordo della località (sull'isola di Lussino) dove l'arciduca aveva una lussuosa villa in cui solitamente abitava, venne intestato alla moglie, l'arciduchessa Maria Teresa, ed iscritto al k.u.k. Yacht- Geschawader, battendo quindi bandiera della Marina da guerra fino al 1909. Sempre con lo stesso nome nel 1910 lo yacht venne aquistato da Sir Max Waechter - passando sotto bandiera inglese -, e nel 1914 fu rivenduto a Gustavus H.F. Pratt.
Con lo scoppio della grande guerra, lo yacht fu militarizzato e trasformato in nave da pattuglia e scorta, e quindi impiegato nella Manica, tra l'Inghilterra ed i porti di Brest e Saint Malò. Cessate le ostilità, il ROVENSKA fu messo in disarmo a Southampton e messo all'asta, così nel 1919 - per 21.000 sterline - Guglielmo Marconi potè acquistarlo. Sottoposta a notevoli lavori di risistemazione la nave venne quindi riclassificata e, ancora sotto bandiera inglese, salpò da Londra nel luglio 1919 al comando del comandante Raffaele Lauro, giungendo a Napoli in agosto. Lo yacht fu poi portato a La Spezia per essere trasformato in nave-laboratorio sotto la direzione dell'ammiraglio Filippo Camperio: a bordo vennero infatti sistemate trasmittenti e riceventi, nonchè alzati gli alberi per le antenne.
Marconi voleva disporre di un mezzo che gli consentisse di effettuare ricerche e relativi esperimenti nel miglior modo possibile: era nata l'ELETTRA, una stazione mobile, su cui poteva lavorare ad ogni ora del giorno in raccoglimento ed isolamento, indipendente da curiosità e distrazioni di sorta, con notevole facilità di spostamento, risolvendo così problemi di portata e di effetti direzionali. Le sue esperienze dovevano essere effettuate a distanze diverse in modo da controllare l'efficacia delle trasmissioni secondo la lontananza tra emittente e ricevente; per maggiore comodità il laboratorio venne collegato direttamente con la cabina dello scienziato. L'arredamento di bordo era consono alle esigenze di lunghi soggiorni ed adatto ad ospitare illustri ospiti per necessità di rappresentanza; tra questi ricordiamo re Vittorio Emanuele III, re Giorgio V d'Inghilterra ed i Sovrani di Spagna. Oltre all'armatore, la nave era in grado di ospitare comodamente sei ospiti, nonchè sei ufficiali, sei sottufficiali e diciotto marinai. Iscritta col nuovo nome di ELETTRA, il 27 ottobre 1921, al compartimento marittimo di Genova (numero di matricola 956) e quindi al Real Yacht Club Italiano, il passaggio definitivo sotto bandiera italiana venne formalizzato in data 21 dicembre.
Nell'aprile del 1920, mentre il panfilo navigava nel golfo di Biscaglia gli ospiti di bordo, grazie alla trasmissione dalla stazione broadcasting Marconi di Chelmsford, per la prima volta poterono sintonizzarsi per sentire via radio l'orchestra dell'Hotel Savoy di Londra, quindi il concerto del soprano Nellie Melba, al Covent Garden: la "RADIO" era una realtà. L'invenzione della valvola termoionica di Fleming, suo collaboratore, gli consentì infatti la realizzazione della "radio" come oggi la conosciamo. Gli esperimenti proseguirono per raggiungere traguardi ancora più concreti. Marconi non aveva dimestichezza con le formule, la sua era una mente intuitiva e pratica, che lo spingeva a tentare quello che gli accademici ritenevano impossibile: inviare segnali nello spazio tra punti non visibili fra loro.
L'ELETTRA divenne fucina di studio per le migliori applicazioni delle onde hertziane corte e cortissime, consentendo il continuo progresso delle radiocomunicazioni. Nel 1922 L'ELETTRA svolse una campagna di esperimenti nel Nord America, nel 1923 lungo la costa occidentale dell'Atlantico per sperimentare le ricezioni a distanze sempre maggiori della nuova stazione su onde corte a fascio di Poldhu (Cornovaglia). Marconi dimostrò così che un segnale poteva essere captato ad oltre 4000 chilometri con trasmissione a potenza ridotta: onde di 92 metri con potenza di 6 Kw. Per conto del Governo inglese, nel 1924 lo scienziato iniziò sull'ELETTRA gli esperimenti con onde corte di 36-60 metri, con una potenza di 12 Kw, coprendo la distanza di 4130 kilometri. Vennero quindi realizzati i collegamenti radio normali ad uso pubblico tra l'Inghilterra ed i suoi "domini": il Canada (24 ottobre 1926), l'Australia (8 aprile 1927), il Sud Africa (5 luglio 1927), l'India (6 settembre 1927). Gli importanti risultati raggiunti a bordo dell'ELETTRA fruttarono tra l'altro un ricco contratto tra il Governo e la sua Compagnia.
Inventore delle società multinazionali, Marconi possedeva un notevole senso degli affari rivelandosi infatti anche grande capitano d'industria e diceva: "Il denaro è un'unità di misura. Chi non si fa pagare non sa misurare il prodotto del proprio lavoro".
Nel gennaio del 1930 vennero imbarcati nuovi apparecchi con soluzioni d'avanguardia nella radiofonia a grandi distanze ed il 26 marzo successivo, alle ore 11,03, avvenne il "miracolo": dall'Elettra ancorata a Genova presso lo Yacht club italiano, per mezzo del piccolo tasto, conservato oggi al Museo del mare di Trieste, Guglielmo Marconi inviava nell'etere gli impulsi che, dopo 14.000 miglia, giungevano in Australia per accendere le lampade del Municipio di Sidney! L'esperimento è stato recentemente ripetuto dal Presidente della Repubblica Luigi Scalfaro a Genova - questa volta con il laser - proprio per celebrare, a 65 anni di distanza, il "genio" di Marconi.
La capacità inventiva dello scienziato era inesauribile e nel 1931 Marconi iniziò gli studi sulle microonde della gamma inferiore al metro, effettuando gli esperimenti tra S. Margherita Ligure e Sestri Levante; nel 1932 fu realizzato il collegamento tra S. Margherita e l'ELETTRA e successivamente quello col radiofaro di Sestri, mediante onde di 63 centimetri.
Si stabiliva così la possibilità per una nave di accedere ad un porto in qualsiasi condizione atmosferica, avvalendosi della rotta segnata dal radiofaro. Uno degli ultimi esperimenti a bordo dell'ELETTRA avveniva nel luglio del 1937 con la messa a punto del radiofaro a micro-onde; ma il 20 luglio 1937 Guglielmo Marconi moriva, lasciando ancora incompiuti i suoi studi, ma all'umanità una via ben tracciata per il progresso della comunicazione. Marconi, resosi conto delle sue precarie condizioni, temeva per la conservazione della "sua" ELETTRA; nel 1937 la nave-laboratorio fu acquistata per 820.000 lire dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni che ne voleva garantire la conservazione. La Soc. Marconi italiana donava poi allo Stato, in occasione del primo anniversario della sua scomparsa, gli impianti di R.T. che erano a bordo del panfilo.
Nel 1939 l'ELETTRA veniva portata nell'Arsenale marittimo di La Spezia per lavori di ripristino e di riclassifica; nell'imminenza dell'entrata in guerra dell'Italia fu trasferita a Trieste, considerata città sicura da incursioni nemiche, giungendovi il 9 giugno 1940; qui fu custodita dalla S. p. A. di navigazione Italia fino all'8 settembre del 1943; successivamente il panfilo venne requisito dai tedeschi, inviato in cantiere per essere trasformato in unità di impiego bellico prima con la sigla "G. 107" e quindi "N.A. 6" ed armato con due mitragliatrici binate da 20 mm ed una da 15 mm.
Inutili risultarono le molte proteste italiane; venne concesso unicamente di sbarcare le apparecchiature radio ed i materiali utilizzati da Marconi per i suoi esperimenti grazie anche al tacito appoggio del capitano Zimmermann della Kriegsmarine, che si rendeva conto della loro importanza storica. Tale materiale venne poi imballato ed occultato dal professore Mario Picotti, che temeva un successivo sequestro dei cimeli marconiani, riuscendo così a celarli in 19 casse in posti diversi ma sicuri della città anche nei giorni di occupazione delle truppe titine nel 1945; nel 1947 quasi tutto fu spedito al Museo della scienza e della Tecnica di Milano. Nel novembre del 1943 il panfilo, ormai spoglio del materiale scientifico, venne rimorchiato dalla Kriegsmarine germanica nell'Arsenale Triestino dove - sottoposto a lavori di riadattamento - venne trasformato in nave da guerra con la sigla "G 107" (cambiata successivamente in "MA 6") ed impiegato in servizio di pattugliamento sulle coste dalmate la Nave del Mago tornò a combattere nella costa dalmata, fino a quando, La sera del 21 gennaio 1944 la nave giunse nella valle di Diklo, vicino a Zara, ormeggiando e forse restando incagliata: fatto sta che la mattina successiva i ricognitori aerei l'individuarono e quindi giunsero i cacciabombardieri alleati che centrarono la nave con le bombe e la mitragliarono, il suo relitto rimase abbandonato per un lungo periodo sul bassofondo della baia di Dicolo, disgregato dalla salsedine e dagli agenti atmosferici.
L'Elettra giacque semisommersa fino al 1962, quando il maresciallo Tito, che la considerava bottino di guerra, la restituì al governo italiano senza pretendere una lira. Lo scafo veniva rimesso a galla da una società di recuperi di Spalato che provvide a rimorchiarlo sino al cantiere navale "San Rocco" di Muggia con il proposito di recuperare il relitto ma il progetto venne accantonato dopo anni di studi e progetti inutili.
Nel 1977 la nave veniva sezionata in vari tronconi che vennero trasferiti in varie località a scopo museale. Una parte della carena finì a S.Margherita Ligure, il blocco poppiero al Telespazio di Fucino, una sezione trasversale nel parco di Villa Griffone a Pontecchio Marconi (BO), la macchina e le caldaie al Museo Storico Navale di Venezia. In questi giorni la parte prodiera, rimasta a Trieste, è stata collocata nell'Area di Ricerca di Padriciano, sull'altipiano carsico, in una località difficilmente accessibile e lontana dal mare. Mesi fa infatti veniva affidata al noto scultore di fama internazionale Giò Pomodoro lo studio per la sistemazione della gloriosa prua entro l'Area dello Science Park "non solo come monumento - conclude l'elaborato del dott. Cherini - ma anche come stazione di riferimento di un sistema satellitare di sussidio ai naviganti, il Global Positioning System, trasformando così lo storico relitto in qualcosa di vitale e di pulsante, come la forza creativa dell'impulso che resta alla base della ricerca scientifica".
La definizione data da D'Annunzio all'ELETTRA: "candida nave che naviga nel miracolo e anima i silenzi eterei del mondo" - calza ottimamente con la realtà; insieme casa e laboratorio per Guglielmo Marconi, questo splendido panfilo bianco al quale l'umanità intera deve molto era infatti noto in tutto il mondo.
Ci complimentiamo e ringraziamo:
- Il Presidente Roberto Traverso della A.R.I (Associazione Radioamatori Italiani –Sezione di Rapallo – IQ1Bk) per le accuratissime Ricerche e Sintesi storiche che fanno onore a loro e alla nostra città.
- Il Comandante Ernani Andreatta Direttore del Museo Marinaro Tommasino Andreatta per la Sezione del suo Museo dedicata al grande scienziato G.M.
- Il T.V. Enzo Gaggero Presidente dell’Associazione IL SESTANTE che diffonde con grande passione l’Astrofisica e la scienza italiana.
A cura di
CARLO GATTI
Si ringrazia il Comandante Celeste Spinelli per il cortese invio del presente materiale al socio di Mare Nostrum Comandante Nunzio Catena. Si ringrazia e ci si complimenta per la presente pubblicazione con l'AIDMEN, a cui appartiene il Comandante Ernani Andreatta del Direttivo di Mare Nostrum.
UNA TESTIMONIANZA ECCEZIONALE DEL GIORNALISTA:
FRANCESCO PRANZO
L’articolo proviene dall’archivio del quotidiano genovese Il Secolo XIX, che ringraziamo sentitamente per la sua gentile concessione. Un grazie anche al Socio Roberto Craighero I1ARZ per la preziosa collaborazione.
Un nuovo prodigio di Guglielmo Marconi
Le micro-onde applicate alla navigazione
Il successo degli esperimenti di ieri fra Santa Margherita e Sestri Levante
- La “nave dei miracoli”
diretta alla cieca - L’infallibile guida del radio-faro - La portata della nuova invenzione
Santa Margherita L. 30 luglio (1934, NdR)
Abbiamo avuto la ventura, che non capita a tutti nè sovente, di essere vicini a Guglielmo Marconi, quand’egli a bordo dell’”Elettra”, navigante tra Santa Margherita e Sestri Levante, ha compiuto stamane dinanzi ai rappresentanti delle autorità italiane e straniere e a ufficiali della marina mercantile e militare, la presentazione sperimentale della sua più recente invenzione. Ancora una volta Guglielmo Marconi affida alla storia delle grandi conquiste della scienza il suo nome già tante volte benemerito dell’umanità. Tutto il mondo oggi parlerà del fatto prodigioso, tutto il mondo oggi guarderà stupefatto, come già altre volte, questo lembo d’Italia, da dove è stato lanciato per gli spazi eterei, parlato sull’ala del genio latino, la nuova vittoria dell’intelletto sulle forze occulte della natura, che avviliscono a volte l’uomo, rendendolo atomo tra gli atomi. Ancora una volta, dunque, per merito di Guglielmo Marconi, l’Italia è messa all’ordine del giorno della civiltà. Pensiamo, nello scrivere questa frase, che già altre volte è stata detta per Marconi, di essere molto sobri. Ma dinanzi a un prodigio della mente, il linguaggio delle parole è vano. La cronaca più semplice può avere più concetto e più sostanza. La forma non conta nulla.
Il pilota delle nebbie
L’interesse scientifico della scoperta fatta da Marconi a suo tempo, sull’enorme vantaggio che hanno le micro onde di essere assolutamente insensibili ai fenomeni atmosferici e induttivi, si può arguire dalla sua meravigliosa applicazione nel campo pratico della navigazione cieca.E’ in questa applicazione di tale scoperta, in questa realizzazione pratica del principio stabilito sperimentalmente, che consiste la grande immensurabile invenzione odierna che continua e completa le precedenti tanto benemerite per la vita delle genti sul mare. In poche parole, il nuovo apparecchio creato da Guglielmo Marconi è destinato non solo a facilitare, ma a dare sicurezza alla navigazione marittima nella nebbia e nelle tempeste e nell’oscurità più fitta.
Fino ad oggi, la perfezione apportata agli strumenti di bordo, consentivano al navigante di essere informato in precedenza delle condizioni atmosferiche ch’egli incontrerà sulla sua rotta, il radiogoniometro gli dava la possibilità di stabilire il punto di riferimento relativo ad altre navi o a punti fissi sulla terra ferma. L’ultima invenzione di Guglielmo Marconi, tre lunghi anni di affannose ricerche sulle micro onde,- permetterà al comandante di una nave, che navighi nella nebbia più densa, di dirigere la rotta verso il punto giusto dell’imboccatura di un porto e di entrarvi così come fosse guidato per mano. L’apparecchio, con cui il grande inventore è riuscito a dare al mondo un’altra ineguagliabile prova del suo genio, si chiama “radio-faro”. Due parole, di cui tutti separatamente conoscevano la funzione e l’importanza, e che unite insieme assurgono oggi a un significato pratico e scientifico di un’importanza incalcolabile ai fini della vita civile. Ma non è tutta qui la scoperta di Marconi, poichè egli del nuovo apparecchio ha trovato una seconda applicazione, non meno importante e geniale della prima. Considerato infatti che una nave si trovi nell’ambito di azione di un radio-faro, il nuovo apparecchio creato da Marconi permette al navigante di rilevare l’orientamento della propria nave. Si capirà meglio questo punto allorché avremo spiegato come sia composto e come funzioni il nuovo delicatissimo strumento. Ciò che faremo subito.
Che cos’è il radio-faro
Il radio-faro è un apparecchio radiotrasmittente di modeste dimensioni: due metri di altezza per 1,20 di lunghezza. Esso è costituito da due piccoli aerei con riflettori disposti ad angolo retto tra essi e montati su una piattaforma che rappresenta l’estremità di un cilindro. La piattaforma e le antenne oscillano, con moto rotatorio, da destra a sinistra e viceversa con ampiezza di 6 gradi intorno a una linea centrale. Le antenne sono lunghe pochi centimetri e ciascuna ha un riflettore di 90 centimetri di altezza. Il riflettore è formato da una barra centrale curvata a forma parabolica. Lungo la curva della parabola sono disposte diverse sbarrette. L’antenna, vista così, è molto simile a una spina di pesce ricurva. A bordo dell’Elettra è sistemata nella cabina del pilota, l’apparecchio ricevente. Allorchè il radio-faro trasmette i segnali, con lunghezza d’onda di circa 60 centimetri, essi sono captati dal ricevitore di bordo e sono udibili nella cabina di comando attraverso un altoparlante, non solo, ma sono indicati da un ago che oscilla in un comune galvanometro su uno schermo posto di fronte all’ufficiale di rotta. Lo schermo è diviso in due sezioni: una rossa e una verde. Questi, in brevi cenni, sono i due elementi principali e inscindibili della scoperta di Guglielmo Marconi. Vediamone il funzionamento che noi abbiamo potuto seguire e capire stamane, attraverso le esperienze fatte da Guglielmo Marconi e che sono riuscite come era previsto: perfettamente.
Il radio-faro, cioè l’apparecchio trasmettitore, che ha servito alle esperienze di questa mattina è piazzato a circa novanta metri sul livello del mare sul monte Castello, vulgo “Il Torrione” di Sestri Levante, dove sorge la villa Gualino. Di fronte alla costa del monte sono state ancorate due boe, a brevissima distanza dalla scogliera e distanti l’una dall’altra circa cento metri. Tali boe rappresentavano nell’esperienza l’entrata ipotetica di un porto.
Lo yacht Elettra ha lasciato l’ancoraggio di Santa Margherita stamane alle 9, cioè in un’ora in cui la perla del Golfo Tigullio aveva appena fatto la sua toletta mattutina. Una giornata già colma di sole s’affaccia sullo scenario incantevole con una tersità di cristallo. A bordo dell’Elettra il marchese senatore Marconi e la marchesa ci offrono una ospitalità squisita. Tra le personalità del mondo scientifico, marinaro e industriale sono nomi illustri, Mister. W. A. Soceter, rappresentante della Camera of Schipping; mr Neulle Dixey, presidente del Lloyd’s; sir Bertram Fox Hays rappresentante della Compagnia of Master Mariners; Major Austin Bates della Cunard Wite Star Line, il comandante del più grande transatlantico del mondo "Majestic”, i rappresentanti della Marina militare e mercantile capitano di vascello Po e comandante del “Conte di Savoia” gr. uff. Lena; alcuni dirigenti della Marconi international mariner, l’on. Pietro Ferretti di Castelferretto; il gen. Ingianni e l’ammiraglio Pession; i rappresentanti del porto di Londra e della London and Eastern Railways; i marchesi Bezzi-Scala suoceri del senatore Marconi, e altri.
Navigazione bendata
Poco dopo le 9 lo yacht Elettra s’allontanava dunque da Santa Margherita, drizzando la prua verso Sestri Levante. Il ponte di comando è completamente chiuso da tende in modo che nè il comandante nè l’ufficiale di rotta possano vedere all’esterno. Si naviga quindi completamente alla cieca, per effettuare in tal modo il passaggio fra le boe ormeggiate a poca distanza di monte Castello. Da una distanza di dieci miglia lo yacht è già nell’ambito del radio-faro. Il prodigioso esperimento, prodigioso anche perchè di una semplicità grandissima, è tutto qui: quando la nave si trova in una linea che non coincide con la linea centrale, cioè giusta, dell’imboccatura del porto, l’ago oscillando più da una parte che dall’altra dello schermo, ne rileva l’errore che l’ufficiale di rotta può facilmente constatare.
Nello stesso tempo però che l’ago compie tali oscillazioni, prodotte dalla ricezione delle onde trasmesse dal radio-faro, un altoparlante trasmette a sua volta due suoni prolungati, uno grave l’altro acuto, che avvertono l’ufficiale a seconda dell’intensità più o meno maggiore di uno di essi degli spostamenti che la rotta della nave subisce in quel dato momento. Così guidato, e dai segnali acustici e dalle oscillazioni dell’ago sullo schermo, il comandante della nave può modificare la rotta sino a mantenerla nel giusto senso. Per raggiungere questo fine l’ufficiale di rotta non ha da fare altro che spostare la rotta di quei gradi che permettano all’ago di restare nella linea centrale dello schermo, precisamente tra la zona rossa e la zona verde. S’intende che anche la deriva dovuta a vento o a correnti deve essere tenuta in conto nelle correzioni che l’ufficiale apporta al senso della rotta.
La caratteristica della trasmissione fatta dal radio-faro non è basata, come si potrebbe credere trattandosi di trasmissioni a fascio, sulla formazione nello spazio di una stretta zona di onde bensì sulla formazione di una piccola zona di silenzio nel centro del fascio di onde lanciato dal radio-faro. E’ questa strettissima zona di silenzio che deve coincidere con la linea giusta dell’imboccatura del porto perchè la rotta della nave non sia fuorviata.
Tale oscillazione, che ha come abbiamo detto un’ampiezza di soli sei gradi, quando si svolge a sinistra il radio-faro trasmette una nota acuta, quando a destra, una nota grave. Per mezzo di tali oscillazioni e dei suoni diversi, il comandante può rendersi conto se la nave si trovi troppo a sinistra o troppo a destra della rotta normale per entrare con sicurezza nel porto, o se sulla rotta giusta.
Quando la nave si trova sulla linea giusta il tono cambia, ma senza differenze intense, se invece la nave si trova fuori della rotta buona il cambiamento di tono è più sensibile e la nota grave o acuta che corrisponde, nel caso, alla differente variazione della rotta, sarà più forte dell’altra. Anche gli aerei riceventi, che sono sulla nave, sono alti come quelli del radio-faro, cioè 90 centimetri, e hanno un piccolo riflettore e circuiti sindonici a valvole di ricezione. L’angolo di ricezione di questi ricevitori è di oltre 100 gradi in modo che i segnali radio possono essere ricevuti qualunque sia la posizione della nave relativamente al trasmettitore.
A tu per tu col prodigio
Abbiamo accennato più sopra a una seconda e ingegnosa applicazione del radio-faro il quale mediante un dispositivo speciale permette al navigante di determinare la distanza della nave dal porto o da qualsiasi punto entro un raggio di oltre due miglia. Tale rilevazione è ottenuta calcolando l’intermittenza con cui il trasmettitore emette i suoi segnali radio a intervalli regolari simultaneamente a un segnale acustico. Per percepire il segnale radio e il segnale acustico, è installato sulla nave un ricevitore acustico a forma di microfono speciale, sintonizzato col segnale lanciato dal radio-faro. Premendo un bottone, appena il segnale radio sia stato ricevuto, la cuffia dell’osservatore è cambiata da ricevitore radio in ricevitore acustico: basterà allora calcolare il tempo intercorso tra la percezione dei due segnali, misurandolo su un cronometro, per stabilire la distanza che intercorre tra la nave e il porto o due dati punti fissi.
Tutto ciò che siamo venuti dicendo l’abbiamo appreso e constatato alla stregua delle esperienze che venivano compiute da Guglielmo Marconi alla nostra presenza. Chiusi nella cabina del comando, da cui alcuna visuale esterna era consentita dalle tende scure tirate sui vetri, abbiamo seguito passo passo e con un’ansia che era un riflesso della calma altrui, le varie fasi dell’esperimento. Mano a mano che l’Elettra si avvicinava veloce verso la scogliera di monte Castello, l’attenzione della piccola folla di bordo si acuiva. Le due note, una grave e una acuta, che l’altoparlante trasmetteva, si ripetevano cun una insistenza da metronomo. Più acuta, meno grave e viceversa. A ogni suono più intenso un giro al timone nel senso opposto al lato corrispondente al tono. Se più grave un giro di timone a sinistra, se più acuto a destra. Semplice, no? L’Elettra naviga lievemente. Altro non s’ode del suo andare sul mare che il lieve fruscio dell’onda che s’infrangia sulla prua. Già la scogliera di monte Castello appare vicina. Ci dividono però ancora seicento metri. Le due boe invece sono a brevissima distanza dagli scogli. Perchè l’esperimento possa dirsi riuscito occorrerà passare tra le boe, nel giusto mezzo. Se l’esperimento, per un’ipotesi maligna, non dovesse riuscire l’Elettra potrebbe anche infrangersi contro gli scogli. Questa probabilità ci viene confidata però a esperimento felicemente riuscito.
E giungiamo così a duecento metri dalla linea frontale delle boe, con una lieve deviazione verso sinistra. Ma l’apparecchio ricevente fa sentire lievemente più intenso il suono grave. Mezzo grado di deviazione. Un giro di timone. L’ago sullo schermo oscilla regolare intorno all’asse mediano. I toni sono uguali. Ora la prua è dritta sull’asse centrale che divide a mezzo la distanza tra le boe, nella zona di silenzio; par che segua, come un automa un sentiero tracciato. L’Elettra passa così tra le boe senza avvedersi di tagliare un traguardo di gloria. A bordo Guglielmo Marconi sorride della stupefazione che s’è dipinta su tutti i visi. Noi giornalisti, più poveri degli altri in fatto di cognizioni sull’argomento scientifico, ci guardiamo in volto senza dir nulla. Le personalità inglesi che sono nella cabina di coamndo perdono la loro flemma tradizionale e s’affrettano a guardare fuori per convincersi che l’Elettra non si sia frantumata come un guscio d’uovo sulla scogliera. Piano piano l’Elettra virato di bordo, ritorna al largo per ritentare una prova ancora più convincente.
Si fa strada nel nostro spirito il senso del prodigio che s’è compiuto dinanzi ai nostri occhi. E ci assale lo smarrimento. Scrutiamo nel volto di Marconi un segno, uno solo, che tradisca la sua emozione. Egli sorride alla moglie, che gli è felice accanto, e accarezza Elettra, la sua bellissima figlioletta. No, non è per noi, analizzare la sostanza divinamente occulta del genio.
Giubilo popolare
Ritornata al largo, l’Elettra gira ancora la prua verso monte Castello. Si ritenta la prova. Ma il senatore Marconi, per convincere ancora di più i presenti, affida a un capitano marittimo inglese la guida cieca dello yacht. Il capitano inglese che non conosce del funzionamento degli apparecchi se non quello che gli è stato spiegato, prende il posto dell’ufficiale di rotta. Siamo nuovamente tutti nella cabina e seguiamo, attraverso la monotona cicalata dell’alto parlante, il progressivo avanzamento della nave verso la scogliera. Ecco ancora le boe che s’avvicinano. A noi sembra che siano esse a muoversi. Eccole a cento metri, a cinquanta metri, a venti, a dieci. Ancora una volta la prua dell’Elettra ha tagliato nel giusto mezzo la distanza che separa le due boe. Prua a largo. Un giro lungo sul mare azzurrissimo. E poi l’Elettra s’arresta. Il prodigio è compiuto. Dalla riva innumeri imbarcazioni di ogni tipo e dimensione vengono incontro a noi. Giunti sotto i fianchi dello yacht, tutti coloro che vi sono a bordo, come per un’intesa, applaudono a lungo e gridano il loro gioioso evviva a Marconi. Il mago è costretto ad affacciarsi alla murata. Egli risponde al saluto che gli viene da questa simpatica folla anonima, salutando romanamente. Poi sorride perchè da un sandolino due ragazzini hanno gridato spontanei: “evviva Marconi”. Questo nome, così pieno di fascino, devono averlo imparato a scuola. E non sembra loro vero di poter recitare la lezione nella realtà della vita, senza sforzo di memoria. “Marconi, lo vedi? - dice un altro ragazzetto additando il senatore a un compagno - è quel mago che accende la luce a mille e mille miglia di distanza. Ora verrà a Sestri Levante. Potremo vederlo da vicino.”. Ma se essi sapessero quale altra magia ha compiuto oggi il “pilota delle nebbie”!
Gettata l’ancora nella rada di Sestri Levante, l’Elettra ora si culla sulla lieve onda e fa la chioccia tra i pulcini delle innumeri piccole imbarcazioni di diporto che si affollano intorno. Si va ora a terra per visitare la stazione del radio-faro situata sul torrione che è sul cucuzzolo di monte Castello. L’ascesa non è delle più lievi, ma Guglielmo Marconi, che ci batte la strada, ci da’ un esempio che possiamo non imitare. Per stretti e rapidi sentieri, che corrono tra siepi di arbusti e filari di pini, si giunge al torrione, dove ci viene mostrato il radio-faro e ci si fa assistere al cambiamento del tipo oscillante con quello a movimento rotante per una esperienza che suscita molto interesse. Il sistema di aerei è fatto rotare di un giro completo ogni minuto. In questo modo il cambiamento di tono avviene quando la linea zero di rotazione passa sul sud effettivo della bussola e l’orientamento della nave sul radio-faro è ottenuta misurando con un cronometro il tempo che intercorre tra il cambiamento di tono e il passaggio della linea zero di rotazione sulla nave.
Si ritorna verso Santa Margherita. Ma prima di giungervi possiamo ancora assistere ad altre esperienze, non meno interessanti delle prime. Così assistiamo alla rilevazione, fatta sempre in navigazione cieca, dei punti di riferimento con altri punti fissi o con l’imboccatura di un ipotetico porto che sia a distanza di due miglia. Per finire l’ing.
Mathieu compie lo stesso esperimento della mattina, di individuazione cioè della zona morta, ma navigando in senso opposto alla posizione del radio-faro. E possiamo così ancora constatare compiuto all’inverso la riuscita del fenomeno prestigioso. L’entrata dell’Elettra nella rada di Santa Margherita, passando tra due boe, è compiuta navigando alla cieca e solo affidati alla perfezione degli strumenti creati da Marconi.
Il sole del meriggio ha cominciato a calare sull’orizzonte. L’Elettra, la nave dei miracoli, è nuovamente alla fonda nella rada di Santa Margherita. Scambio di saluti tra gli ospiti. Ossequiamo Marconi senza saper trovare una parola delle tante che più tardi certo ci verranno alla mente. Non abbiamo neppure saputo ringraziarlo di averci fatto il dono di assistere al suo ultimo prodigio di mago. Ma sentiamo che questo dono noi lo conserveremo gelosamente tra i ricordi più belli della nostra giovinezza, come un segno di fortuna.
Il prodigio è compiuto. Tutti possono rendersi conto della importanza che la scoperta fatta da Marconi acquista nel campo vastissimo e difficoltoso della navigazione marittima quando tutti gli elementi infidi della natura si schierino contro. Tutti possono pensare quali enormi applicazioni, quali sviluppi tale invenzione può avere. La mente, a pensarci, si perde in un dedalo di ipotesi, che possono tuttavia essere tutte realizzabili. Non è una magia malefica. Essa è nata nella mente di Marconi, come un sorriso di bontà. Essa è umana, soprattutto umana, dedicata alle genti che sul mare, sulla terra e nei cieli rischiano sovente la loro vita. E’ infatti una formula di vita. Si potrà -in parole povere e crude- morire meno facilmente, si potrà lottare e vincere la natura quando diventi matrigna, quando scateni sul dosso degli uomini i suoi elementi di morte
Per questo dono fatto all’umanità, Guglielmo Marconi, l’umanità ti dice grazie, nel secolo che corre e nei secoli che verranno.
a cura di:
Carlo GATTI
Presidente dell’Associazione Marinara MARE NOSTRUM Rapallo
Rapallo 20 Maggio 2015
Questo saggio, in data odierna: 17.4.2024, ha avuto un nuovo editing adattato alla versione del nuovo sito, per cui risulta più ampio e leggibile, inoltre, per l’occasione del 25 Aprile, data di nascita dello scienziato Guglielmo Marconi, abbiamo arricchito il nuovo saggio con altri capitoli di notevole interesse! Grazie!
L'Ammutinamento della STOROZHEVOY. Ispirò il film CACCIA A OTTOBRE ROSSO
L’ammutinamento della fregata
STOROZHEVOY
Ispirò il film ‘Caccia a Ottobre Rosso’
Il termine ammutinamento é comunemente usato nella storia navale come sinonimo di ribellione. Un saggio capitano lo inserisce nell’inventario di bordo e lo tiene continuamente sotto controllo come la bussola. L’ammutinamento é un fenomeno antico ma sempre attuale essendo un sentimento latente che nasce e convive con l’equipaggio, ed é sempre pronto ad esplodere proprio come certi virus. Il movente può essere di qualsiasi natura, ma oggi ci occuperemo del suo peculiare aspetto politico.
Tutti ricordano il film di grande successo Caccia a Ottobre Rosso, ma pochi, immagino, conoscono l’episodio che lo ha ispirato e che fu ben più drammatico della fiction che ebbe come protagonista Sean Connery nei panni del Comandante lituano Marko Ramius. Il film com’é noto, terminò con la consegna del gigantesco sottomarino atomico sovietico agli americani, e il suo Comandante concluse la propria esistenza nel Maine che aveva sempre sognato. Ben altra storia ebbe la STOROSHEVOY (Sentinella), la modernissima fregata URSS della classe Krivak (nomenclatura NATO) che apparteneva alla Flotta del Baltico, ed aveva un armamento innovativo molto temuto dagli americani. Nel romanzo di Tom Clancy, l’unico responsabile dell’ammutinamento era stato il Comandante dell’unità subacquea sovietica, nella realtà fu invece il Commissario Politico, il Capitano di Terza Classe Valery Mikhailovich Sablin che si trovava a bordo come Agente governativo russo, col compito di garantirne la lealtà. Occorre anche precisare che Sablin era un comunista duro e puro che non si sentiva idealmente allineato con la politica di Brezhnev, ritenendolo responsabile di corruzione e lontano dagli ideali del ‘primo’ socialismo. Il suo importante ruolo di rappresentante del Governo a bordo, gli permise di coinvolgere e trascinare oltre metà dell’equipaggio in un’avventura che, inizialmente, sembrava più folkloristica che rivoluzionaria, più ingenua e propagandistica che sovversiva.
Il piano di Sablin prevedeva il sequestro e la fuga della Fregata da Riga (Lituania) a Leningrado (l’attuale Sanpietroburgo), che si sarebbe conclusa con l’ormeggio dell’unità ammutinata al fianco del celebre incrociatore AURORA, oggi nave-museo, che fu il simbolo della Rivoluzione d’Ottobre. Un gesto emblematico che avrebbe indicato al popolo sovietico una ‘nuova rotta’: l’auspicato ritorno della nazione agli “ideali leninisti”. La parte finale della missione sarebbe stata ancora più esplicita. Sablin avrebbe diffuso via radio un pesante monito contro la ‘decadenza del comunismo’.
Rara immagine del Capitano di terza Classe Sablin, il leader dello sciagurato ammutinamento
Una fregata della classe «Krivak», alla quale anche lo STOROZHEVOY apparteneva.
L’episodio che oggi vi raccontiamo, rimase avvolto nel mistero per decenni e venne alla luce dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Nel novembre del 1975, in piena Guerra Fredda, Sablin aveva 36 anni e vantava un perfetto curriculum: Cadetto modello all’Istituto Navale di Leningrado, era già stato assegnato sia alla Flotta del Baltico che a quella del Mar Nero. Nel 1973 si diplomò presso l’Accademia di Politica Militare ‘Lenin’ da cui uscì con la nomina di Commissario Politico.
I drammatici avvenimenti presero avvio l’8 novembre del 1975 nel porto di Riga. Sablin ed il suo complice Alexander Shein riuscirono con uno stratagemma ad imprigionare il Comandante della nave Anatoly Putorny nel quadrato ufficiali. Riunì quindi tutto l’equipaggio e nel corso del solito comizio propagandistico, spiegò i motivi di quella iniziativa assicurando la partecipazione di altre unità della Marina. Non era vero, ma sperava che il bluff funzionasse. L’iniziativa ebbe successo. Soltanto sette ufficiali si dichiararono contrari e furono rinchiusi in un apposito locale lontano da quello del Comandante. Fu sottovalutato un giovane Guardiamarina che votò a favore, ma fuggì per avvisare le Autorità militari del tradimento in atto. Questa mossa scombussolò i piani di Sablin che si vide costretto ad anticipare alle ore 23 non solo la partenza dello Storozhevoy da Riga, ma anche il discorso che avrebbe dovuto pronunciare a Leningrado. Un altro imprevisto glielo procurò il marconista di bordo il quale, di propria iniziativa, diffuse il messaggio soltanto sulle frequenze riservate alla Marina e non su quelle civili. Le Autorità Sovietiche ebbero in questo modo la conferma dell’ammutinamento. Poco dopo Sablin dovette affrontare un problema di navigazione che non conosceva: il canale di Riga tra le isole Hiivmaa, Saaremaa e l’Estonia, non era navigabile nel suo tratto verso nord.
La cartina mostra il teatro della drammatica avventura della Fregata sovietica Storozhevoy. La linea rossa rappresenta la rotta della fregata.
Era quindi necessario mettere la prua sull’isola svedese di Gotland, continuare l’accostata a dritta verso Stoccolma, completare la curva per entrare nel Golfo di Finlandia e raggiungere Leningrado. La possibilità che la fregata raggiungesse la neutrale Svezia e che l’equipaggio chiedesse ‘asilo politico’ in massa, consegnando l’unità con tutti i suoi segreti militari di ultima generazione, diventò presto un incubo per il Cremlino, il quale manifestò immediatamente la volontà di scatenare una formidabile caccia per impedire che tutto ciò potesse accadere. Lo stesso Breznev, alle 04.15 della stessa mattina, inviò ben tredici navi da guerra e una decina di aerei (tra ricognitori e caccia bombardieri). Mancavano solo cinque ore alla nave ammutinata per raggiungere la Svezia. Sablin rischiò parecchio cercando di uscire a radar spento dai vari canali di Riga e lo fece per diminuire le probabilità di essere individuato. Ma quando si trovò in un banco di nebbia fu costretto ad accenderlo, e fu immediatamente localizzato da due aerei Ilyushin II-38 che fecero convergere tutte le unità aeree e navali disponibili sulla Storozhevoy. Iniziò da quel momento un fitto invio di messaggi e ordini di resa che non trovarono ascolto sulla fregata, neppure quando all’equipaggio fu promesso il perdono in cambio della consegna della nave e del suo Comandante.
L’escalation di moniti inascoltati fu seguita da minacciosi voli di Yak-28 e Tupolev Tu-16 (nella foto). Tra l’equipaggio affiorarono dubbi, paure e si divisero sull’andamento della missione e sugli esiti finali. La fuga della fregata sovietica entrò in una fase molto delicata perché alle 08 di mattina entrò, di fatto, in acque internazionali e gli ordini del Cremlino furono categorici: “Se la nave non si arrende, affondatela”. Ciò nonostante, i piloti dell’Aviazione del Baltico erano ancora restii a fare fuoco sull’unità. Questo ‘strano’ comportamento risultò dagli innumerevoli inviti di Sablin ai piloti militari per unirsi alla loro causa. Le Autorità militari della vicina Svezia erano in massima allerta, prima a causa dell’intenso traffico via radio, poi dall’avvicinarsi, a tutta forza verso le loro coste, di un’imponente flotta aereonavale. Gli svedesi, disponendo di sistemi SIGINT acquistati in gran segreto dagli americani, capirono tutto e subito, ma non poterono diramarlo al mondo. L’epilogo si stava ormai avvicinando a grande velocità. Una bomba da 500 libbre lanciata da un caccia Fencer danneggiò il timone della Fregata rallentandone la corsa. A bordo alcuni marinai liberarono il Comandante Putorny che armato di pistola salì in plancia e sparò a Sablin ad una gamba. I modernissimi caccia sovietici avevano già avuto l’ordine di armare i missili e colpire la nave nei successivi passaggi, ma Putorny riuscì a comunicare in tempo, via radio, d’aver ripreso il comando della nave. L’isola di Gotland era ormai a 30 miglia quando la Storozhevoy fu raggiunta dagli incursori della Fanteria di Marina che abbordarono la nave e disarmarono l’intero equipaggio.
L’Epilogo
L’equipaggio fu arrestato e sottoposto a pressanti interrogatori da parte del KGB. Tuttavia, soltanto Sablin ed altri 13 ammutinati furono rinchiusi nella prigione moscovita di Lefortovo. Le accuse erano molto gravi perché gli inquirenti sospettavano infiltrazioni straniere e diramazioni clandestine pericolose per il comunismo. Nel luglio del 1976 si riunì la Corte Marziale e dopo tre giorni di processo, Sablin fu condannato a morte per tradimento, mentre il suo fedele amico Shein fu condannato a molti anni di carcere. Dopo nemmeno un mese dalla sentenza, Sablin fu giustiziato con un colpo alla nuca per espressa volontà di Brezhnev.
Nel 1994 sia Sablin che Shein furono in parte riabilitati dal Collegio Militare della Corte Suprema che ravvisò eccesso di autorità e insubordinazione nel comportamento di Sablin. Soltanto in quella circostanza si venne a conoscenza dei fatti veri accaduti sulla Storozhevoy. I sovietici, infatti, stesero un impenetrabile velo di silenzio sull’intera vicenda per tutta la durata della Guerra Fredda, temendo che altri equipaggi potessero essere irretiti in altri ammutinamenti, defezioni o fughe verso i Paesi liberi-confinanti. Nonostante la parziale riabilitazione, nemmeno la famiglia fu mai informata della vera sepoltura di Sablin, la cui memoria può essere tuttora onorata presso un monumento dedicato ai prigionieri politici.
Alla fine degli anni Novanta la Storozhevoy fu radiata e venduta all’India per essere demolita.
Carlo GATTI
Rapallo, 14.05.12
Le NAVI di CALIGOLA a NEMI
LAGO DI NEMI
LE NAVI DI CALIGOLA
VISITA ARCHEO-MARINARESCA DI MARE NOSTRUM RAPALLO
Il Lago di Nemi, a destra nella foto, è un piccolo lago vulcanico, posto tra Nemi e Genzano di Roma, situato 25 km a SE dio Roma, a quota 316 m s.l.m. ben 25 metri più in alto del lago Albano da cui dista circa 2 km in linea d’aria, sui Colli Albani nel territorio dei Castelli Romani. Esso ha una forma leggermente ovale (1,15 km X 1,45 km.), ha una profondità massima di 33 metri ed é esteso per circa 1,67 km2.
Nei boschi vicini al lago esisteva un luogo di culto dedicato alla dea Diana Nemorensis (nella foto); Nemi infatti prende il nome e lo attribuisce anche al paese che sorge sopra di esso, posizionato quasi al centro dei Colli Albani, a 521 m.s.l.m. - Nemi è il comune più piccolo dell'area dei Castelli Romani, noto per la coltivazione delle fragole sulle sponde del Lago di Nemi e per la relativa sagra, che si svolge ogni anno la prima domenica di giugno. L'emissario, anch'esso di epoca romana, nel suo tratto sotterraneo è lungo 1650 metri, passa sotto Genzano attraversando il recinto craterico del Vulcano Laziale e si riversa incanalato nella Valle Ariccia. Si giunge al Museo delle navi di Caligola prendendo l’uscita n.23 sul grande raccordo anulare di Roma, direzione: “Via Appia” e dopo una ventina di KM si giunge a Nemi.
La leggenda del lago di Nemi
Ricostruzione ideale d'una delle navi di Nemi, quella che, secondo un’interpretazione degli storici, l'imperatore Caligola costruì per i suoi svaghi personali, ma anche per sbalordire i suoi ospiti. Le navi di Nemi confermano la predilezione che ebbe Caligola per l’arte, non solo navale, del periodo ellenistico e pompeiano.
Il lago di Nemi visto dall’omonimo paese che sorge sulla cresta del cratere vulcanico
Sin dall'antichità il lago di Nemi si trovò al centro di una leggenda riguardante due navi di dimensioni gigantesche, costruite in epoca romana, ricche di sfarzo e forse di tesori sepolti sul fondo del lago per ragioni misteriose. Tale leggenda prese a circolare sin dal I° Secolo d.C., e poi per tutto il Medioevo, accreditata dal ritrovamento occasionale di strani reperti da parte dei pescatori del lago. Queste voci avevano, in effetti, un fondamento di verità. Le due navi furono fatte costruire dall'imperatore Caligola, in onore della dea egizia Iside (sembra che il futuro imperatore sia cresciuto in Egitto) e della dea locale Diana protettrice della caccia. Splendidamente decorate, esse furono il frutto di una tecnica di costruzione molto avanzata; Caligola le utilizzava come palazzi galleggianti in cui sostare sul lago, ma anche simulare battaglie navali, stipulare trattati, dichiarare guerre, ricevere Capi di Stato in tutta sicurezza. Lo stesso criterio fu in seguito adottato dai nobili medievali che si rinchiudevano nei manieri circondati da fossati allagati. I black block c’erano anche all’epoca dei romani, ma avevano altri nomi. Tuttavia, in seguito alla sua morte avvenuta nel41 d.C., il Senato di Roma, di cui l'imperatore fu acerrimo avversario politico, per cancellarne il ricordo fece distruggere tutte le opere di Caligola, tra cui anche le navi di Nemi che vennero affondate nel lago. Da allora la storia delle navi, unita al ricordo della loro magnificenza, diventò leggenda.
Tra sogno e realtà
La nostra curiosità ci porta indietro 2000 anni per immaginare due magnifiche navi che per pochi anni hanno ‘oziato’ alla fonda sul lago, poi hanno dormito due millenni nel letto del vulcano, proprio come in certe favole per bambini, ed infine sono riapparse per essere distrutte dalle fiamme e dalla stupidità dell’uomo. Di loro non si sono mai trovate tracce scritte, ma solo testimonianze di pescatori locali che hanno alimentato per secoli il mito di un tesoro di proporzioni inaudite. La spoliazione di reperti archeologici continuò per secoli nell’attesa che sarebbe maturata la ricerca scientifica, quindi una forte volontà di recuperare una parte ancora nascosta della nostra storia nazionale.
Fistule plumbee con il nome di Caligola (CAESARIS AUG. GERMANIC) che hanno consentito l’attribuzione delle navi all’imperatore.
La storia delle navi di Nemi é forse una leggenda popolata solo di fantasmi? Una favola dai contorni incerti e da un finale maledetto? Se usciamo da questo schema fantasioso scopriamo, per esempio, che dei semplici tubi di piombo, detti fistole acquariae, ci riportano immediatamente al nome del committente.
Si legge che: “Questi tubi erano ricavati da lastre rettangolari di piombo saldato longitudinalmente e si era soliti stampigliare su di essi il nome del proprietario, spesso il nome del "liberto idraulico" e a volte il numero progressivo. Fu così che si risalì all’identità di chi le volle: l’imperatore Caligola. Egli non desiderò due navi qualsiasi, perché esse dovevano avere sovrastrutture terrestri, con terme e templi coperti da tegole in terracotta, oppure in bronzo ricoperte da una patina d’oro. E poi colonne di varia grandezza e foggia, pavimenti in mosaico, statue e altre opere in bronzo finemente lavorato, e ancora statue, protomi leonine, ghiere per i timoni e tante, tante cose ancora… Fra queste, come abbiamo visto, anche le fistule plumbee che assicuravano il rifornimento idrico, partendo dalle rive del lago e arrivando fino alle navi, a tutte le numerose persone che si accompagnavano all’imperatore su quelle: ospiti illustri, dignitari, musici, soldati, amici e… nemici, vista la fine che fecero Caligola e le sue navi.
Caligola e L’Aquila Imperiale
Lascio a Svetonio, Dione Cassio, Tacito, Seneca, Giuseppe Flavio ecc... ma soprattutto agli storici moderni, il compito d’indagare sui tanti misteri dell’antica Roma, ciò non di meno, pensiamo che Caligola uomo di mare sia degno di qualche rilievo, e Plinio lo conferma con le seguenti notizie (Nat. Hist. XVI, 40,201) che si riferiscono ad un altro ‘exploit’ marinaro di Caligola:
“Un abete degno di particolare ammirazione fu usato sulla nave che trasportò, per ordine dell’imperatore Caligola, l’obelisco destinato al circo Vaticano (oggi ancora al suo posto n.d.r.). Nulla di più meraviglioso di questa nave fu senza dubbio visto dal mare: ebbe un carico di zavorra di 120 mila moggi di lenticchia (=1.050 tonnellate n.d.r.). Con la sua lunghezza si ricoprì quasi tutto lo spazio del molo sinistro del porto Ostiense.
Ivi infatti fu affondata dall’imperatore Claudio e sopra vi fu edificata una triplice torre (il celebre Faro di Ostia Antica) costruita con pietra di Pozzuoli...”. (vedi disegno sopra)
Trasportare l'obelisco egiziano a Roma fu un'autentica impresa costruttiva e navale. Infatti, durante la manovra d'imbarco l’opera si spezzò in due tronconi. A bordo della nave pensarono allora di riempire la stiva con delle lenticchie che facessero da imballaggio. L’obiettivo fu raggiunto grazie all’alto grado di marineria, ed al ‘sorprendente’ livello raggiunto dall’ingegneria navale romana che seppe costruire una nave lunga ben 130 metri e che fu utilizzata solo per quella missione. Infatti, una volta terminato il suo compito, la nave fu rimorchiata nel porto che l'imperatore Claudio stava costruendo ad Ostia, fu riempita di massi e affondata.
Su di essa fu edificato il celebre faro di Ostia Antica!
A questo punto ci viene in mente qualche paragone: l’ITALIA, il più grande veliero italiano di tutti i tempi, era lungo 100 metri e venne costruito nel 1903. La celebre carretta standard americana “LIBERTY”, simbolo della Seconda guerra mondiale, era lunga 134 metri. Tutto ciò accadde 2000 anni dopo Caligola.
Ritorniamo alle navi di Nemi cercando di capire qualcosa di più sull’Ing. Caligola e sulle sue navi speciali. L’Imperatore nacque ad Anzio il 31 agosto del 12 d.C. e morì a Roma il 24 gennaio del 41 d.C.- Il suo vero nome era Gaio Giulio Cesare Germanico (latino: Gaius Iulius Caesar Germanicus), meglio conosciuto come Gaio Cesare o Caligola, fu il terzoImperatore ROmano, appartenente alla dinastia Giulio-Claudia, e regnò dal 37 al 41 d.C. Suo padre Germanico, nipote e figlio adottivo dell'imperatore Tiberio, era un brillante generale e uno delle figure pubbliche più amate dal popolo romano. Le fonti storiche giunte fino a noi lo hanno reso noto per la sua stravaganza, eccentricità e depravazione, tramandandone un'immagine di despota: “in preda a manie assolutiste e di persecuzione, uccise parenti, amici e nemici, dignitari dell’Impero, si fece adorare come un dio e tra le tante stranezze riportate ci fu anche la nomina a ‘senatore’ del proprio cavallo”. L'esiguità delle fonti storiche, fa di Caligola il meno conosciuto di tutti gli imperatori della dinastia. Per amore della verità, occorre dire che qualcosa di buono la fece: limitò il potere del Senato come suo zio appoggiandosi al popolo e riducendo le tasse, concesse amnistie, restituì a romani i Comizi Centuriati e Tribuni che avevano fatto grande Roma. Il suo potere cominciò a barcollare dopo due deludenti campagne militari in Britannia e in Germania, per le quali dovette aumentare le imposte perdendo il favore del popolo. Caduto in disgrazia, si fece sospettoso, crudele e dissoluto, fu ucciso il 24 gennaio dell’anno 41 d.C. da una congiura ordita da alcuni senatori e conclusa dal tribuno Cassio Cherea e pochi altri. Il silenzio storico che da allora cadde sulle navi di Nemi e su Caligola che le realizzò, si deve alla damnatio memoriae, cioè alla consuetudine nel mondo antico, di distruggere tutto ciò che una persona malvagia (hostes) aveva compiuto in vita. Questa condanna votata dal Senato era la più temuta, e se essa colpiva un individuo ancora vivo diventava una sorte di morte civile: non fare più parte dell’Urbe, pur essendo ancora vivo. La frase che incuteva un immenso rispetto e timore “Noli me tangere, civis romanus sum” (Non mi toccare, sono un cittadino romano) non poteva più essere pronunciata.
Le due navi di Nemi volute da Caligola furono affondate con i suoi misteriosi arredi, simboli e ricchezze che saltuariamente nei secoli venivano alla luce ricordando un mito, forse una leggenda che nessuno aveva mai più raccontato.
Si aprono nuovi scenari culturali
Il primo tentativo di recuperare i relitti di Nemi avviene nel 1446
Dopo aver compiuto un salto in avanti di circa 14 secoli, toccò al cardinale Prospero Colonna, signore di quelle terre e del lago, affidare l’arduo compito al celebre architetto Leon Battista Alberti che puntò tutto sui marangoni genovesi (provetti nuotatori di superficie e in apnea) che localizzarono i relitti, diedero moltissime informazioni e misure, costruirono anche una piattaforma dalla quale tentarono di tirare a riva la nave più vicina con cime e ganci. Ma il risultato fu pessimo perché riuscirono soltanto a strappare e a danneggiare un pezzo di scafo. Il reperto impressionò i romani e soprattutto il grande Papa del Rinascimento umanistico, Niccolò V°.
Il secondo tentativo risale al 1535
Fu affidato all’architetto meccanico Francesco De Marchi al servizio di Alessandro dei Medici, Duca di Toscana. Non trascorse un secolo dal primo tentativo che, dai rudi marangoni si passò alla ‘campana’ inventata da Guglielmo di Lorena che insieme al De Marchi s’immersero nel lago. La descrizione tecnica della campana fu tenuta segreta. L’uomo nella ‘campana’ si spostava lentamente camminando sulla coperta infangata della nave guardando attraverso una specie di oblò. Calcolò per difetto le misure della nave più vicina alla riva. Tentò di cingere la nave con cordami vari per poterla sollevare con gli argani, ma tutto fu inutile e negli sforzi compiuti l’esploratore patì forti emorragie.
Tanto coraggio non era sufficiente per programmare un recupero di quelle dimensioni senza l’impiego di una valida tecnica che era ancora lontana nel tempo.
Il terzo tentativo si ripete il 10 settembre 1827
Passati quasi tre secoli, il nobile Annesio Fusconi si avvicinò all’impresa con l’uso di una campana ‘aggiornata’, detta di Halley che poteva contenere otto marangoni genovesi. L’impresa dei nuotatori fu limitata all’asportazione di: "due tondi di pavimento, uno di porfido orientale e l’altro di serpentino, pezzi di marmo di varie qualità, smalti, mosaici, frammenti di colonne metalliche, laterizi, chiodi, tubi di terracotta ed infine travi e tavole di legno".
Il cattivo tempo mise fine ai tentativi che ancora una volta furono parecchio deludenti.
Il quarto tentativo ha luogo il 3 ottobre 1895
Con l’unione: ‘privato’ - ‘pubblico’, ossia della nobile casata degli Orsini con il Ministero della Cultura dello Stato. Nel frattempo la tecnica subacquea aveva fatto numerosi passi in avanti. Un esperto palombaro esaminò accuratamente lo scafo più vicino e riportò alla luce un anello tenuto tra le fauci di un leone, e poi quello di un lupo (vedi foto sotto) e d’altre teste di felini.
Due famose protomi ferine dalla forma di teste di felino che stringono tra i denti un anello che in marina si chiama ‘golfare’ ed é usato tuttora nei porti per ormeggiare imbarcazioni, ma anche per sollevare pesi.
E poi, ancora rulli sferici e cilindrici, paglioli, cerniere, filastrini in bronzo, tubi di piombo, ancora tegole di rame dorato, laterizi di varie forme e dimensioni, frammenti di mosaici con abbellimenti in pasta di vetro, lamine di rame ed altro.
Il 18 novembre fu individuata la seconda nave
Una delle due navi é stata finalmente recuperata. Una lunga fila di fortunati visitatori circonda il relitto. L’immagine dà l’esatta proporzione delle sue immense dimensioni. Presto la nave di Nemi sarà messa al riparo nel suo Museo, ignara che un atroce destino l’attende. La Seconda guerra mondiale é alle porte e la ‘fiaba’ raggiungerà presto il suo triste epilogo...
Fu recuperata la decorazione del sostegno di uno dei quattro timoni raffigurante un avambraccio ed una mano, che erano simboli ‘apotropaici’ e servivano ad allontanare le influenze magiche e maligne. Se ne trovarono a volte nei sepolcri, ed il loro nome derivò da una parola greca che significava ‘allontanante’.
Fu recuperata una bellissima testa di medusa (foto sopra) e poi 400 metri in travi di ottimo legno perfettamente conservato. Altre importanti statue andarono, purtroppo, perdute nelle mani di collezionisti privati.
Finalmente interviene lo Stato
La tutela, il recupero e la conservazione dei reperti antichi furono affidati al Ministero della Pubblica Istruzione. Al Ministro della Marina Ammiraglio Morin fu affidato il compito di recuperare ‘scientificamente’ i relitti sommersi nel lago. Nacque così una vera organizzazione archeologica che si occupò della posizione delle navi rispetto ai fondali, delle loro identificazioni, dei rilievi e delle proposte di raccolta di tutto il materiale riguardante i relitti. Nella relazione si legge: “la prima nave dista dalla riva circa cinquanta metri ed è quella esplorata dall’Alberti, dal De Marchi e, probabilmente, dal Fusconi ed è adagiata sul fianco sinistro ad una profondità da cinque a dodici metri. Lontano duecento metri, ad una profondità da quindici a venti metri circa, giace la seconda nave, anch’essa adagiata sul lato sinistro ed anch’essa semi coperta dal fango”.
Nel 1926 si procede al quinto tentativo
Per recuperare le navi di Nemi, fu istituita una Commissione di Studio affidata al senatore Corrado Ricci. Furono esaminati tutti i progetti e studi effettuati in precedenza, ed infine fu ritenuto idoneo il metodo di lavoro proposto dal Malfatti: l’abbassamento del livello del lago fino a far emergere le due navi.
Il 9 aprile 1927 Benito Mussolini annunciò la decisione di recuperare le due grandi navi sommerse ricordando la grandezza di Roma, della sua storia e della sua civiltà, affermando che l’impegno preso era un debito d’onore verso la cultura classica e verso la dignità del nostro Paese.
Il Capo del Governo concluse il suo discorso proponendo il programma dei lavori: svuotamento parziale del lago intorno ai relitti, la loro messa in sicurezza, ed infine il loro trasporto e sistemazione in un museo appositamente costruito nella parte pianeggiante della sponda.
Un palombaro sta per immergersi nel lago di Nemi (Archivio LUCE 03.12.1928)
L’annunciata ‘avventura’ rappresentò il coinvolgimento ufficiale dello Stato che si assunse l’iniziativa e l’esclusiva del recupero delle due antiche e sfortunate navi romane.
Una delle due navi sta emergendo dalle acque
Idrovora impiegata per svuotare l’improvvisato bacino che racchiude la nave
La nave completamente emersa é puntellata e rinforzata per la messa in sicurezza prima del trasporto nel Museo
Ipotesi Ricostruttiva delle prima nave (da BONINO 2003)
Ipotesi Ricostruttiva delle seconda nave (da BONINO 2003)
Il MUSEO DELLE NAVI ROMANE fu costruito per ospitare i preziosi scafi appena estratti dalle acque del lago. Si tratta di una costruzione che offre un rarissimo esempio di struttura architettonica concepita in funzione del contenuto. Come si può notare, il Museo è un doppio hangar di calcestruzzo le cui dimensioni superano di poco le due navi. Il progetto fu realizzato dall'architetto L. Morpurgo. Il Museo fu costruito tra il 1933 e il 1939 sulla riva settentrionale del lago. Le due gigantesche navi imperiali, appartenute all'imperatore Caligola (37-41 d.C.), furono recuperate nelle acque del bacino tra il 1929 e il 1931. I due scafi avevano le seguenti misure: m. 71,30 x 20 e m. 73 x 24, e furono distrutti insieme all'edificio a causa di un incendio doloso nel 1944 di cui si é già fatto cenno.
Lo scatto fotografico ci riporta al giorno dell’inaugurazione del Museo di Nemi. In primo piano: Benito Mussolini e il ministro dell'Educazione Nazionale Giuseppe Bottai. Notare il rivestimento dello scafo che appare in buone condizione dopo 2000 anni.
Il Museo fu inaugurato nel gennaio del 1936, dopo il maledetto incendio rimase chiuso nove anni, in seguito fu ristrutturato dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio, oggi ospita i modelli in scala delle due navi in scala 1:5, ma anche le ancore, le sculture e molti altri reperti che, non essendo di legno o trovandosi a Roma, si salvarono dalla furia delle fiamme.
Riaperto nel 1953, il museo fu nuovamente chiuso nel 1962 e definitivamente riaperto ed inaugurato nel 1988.
Nell’ultimo allestimento, l'ala sinistra è dedicata alle navi di cui sono esposti alcuni materiali salvatisi dall'incendio. Il museo comprende anche una sezione documentale sulla tecnica costruttiva navale: disegni e piani di costruzione ed un’eccellente documentazione fotografica.
Questo materiale sarebbe assolutamente utile per un’auspicabile ricostruzione delle due navi ad opera, si spera, di veri artisti, sotto l’egida di un Cantiere Navale altamente specializzato. In tempi di crisi economica sarebbe anche una apprezzabile iniziativa economica.
Questo é il nostro modestissimo suggerimento ed augurio!
L'incendio che distrusse le navi
Un incendio scoppiato la notte dal 31 maggio e durato fino al 1 giugno del 1944, distrusse le due navi e gran parte dei reperti che erano custoditi con esse. L'incendio, d’origine quasi certamente dolosa, fu opera, si disse subito, dei tedeschi che avevano piazzato una batteria di cannoni a 150 metri dal museo. Fu istituita una commissione d'inchiesta composta da autorevoli esperti italiani e stranieri che giunse alla conclusione, di seguito riportata, tratta da un brano del libro indicato in calce: "con ogni verosimiglianza l'incendio che distrusse le due navi fu causato da un atto di volontà da parte dei soldati germanici che si trovavano nel Museo la sera dei 31 maggio 1944..." (Giuseppina Ghini, Museo delle Navi Romane- Santuario di Diana - Nemi, Ministero per i beni culturali e ambientali, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1992, pp.3, 5).
Un'altra teoria azzarda invece l’ipotesi che l'incendio potrebbe essere stato causato non dai tedeschi, ma da italiani senza scrupoli, interessati al recupero del bronzo fuso dall'incendio e della sua vendita, visto l'alto valore di quel metallo, in tempo di guerra.
Conclusione
Nonostante il senso di smarrimento che si prova al suo interno, dovuto ai grandi spazi tuttora disponibili, il Museo delle Navi Nemi suscita emozione e grande interesse, sia per i numerosi reperti archeologici che conserva, sia per la documentazione della tecnica navale romana. Tra questi, come abbiamo visto, giganteggiano i notissimi bronzi di rivestimento delle travi, con teste di leone, di lupo, di pantera, di medusa e con mani apotropaiche che dovevano tenere lontani gli spiriti maligni, di Ermes bifronte, una transenna bronzea, terrecotte ornamentali. Colpisce per la sua efficienza e modernità un’àncora di ferro a ceppo mobile che porta inciso il peso (417Kg), del tipo che tutte le marine del mondo chiamano ‘Ammiragliato’ senza sapere, forse, che Caligola le usava già 2000 anni fa. Alcuni elementi metallici si sono salvati dall'incendio: un grande rubinetto di bronzo, pompe, piattaforme girevoli, ruote dentate, tetto con tegole di bronzo, due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzature di bordo originali, tubi plumbei, una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera, e preziose colonne di marmo. Ma anche fedeli ricostruzioni: timoni, modellini vari, mosaici, calchi e due fedeli modelli in scala a un quinto del vero.
Noria a manovella originale di bordo
Pompa a stantuffo
Nelle due foto (dell’autore) sopra e sotto, appare la ricostruzione di una delle due ‘Postazioni del Timoniere’ situate a poppa (a dritta) della prima nave, su cui sono state posizionate le copie bronzee delle cassette con protomi ferine.
Alcuni esemplari dei chiodi utilizzati sulle due navi, di vari tipi e dimensioni: da pochi centimetri a oltre mezzo metro; dal tipo di sezione quadrangolare e capocchia piramidale a quello con testa schiacciata fornita di piccole protuberanze che servivano a far meglio aderire le lamine plumbee di rivestimento dello scafo.
La Via Appia Antica attraversa il Museo delle Navi
Quattro colonne in marmo ‘portasanta’ rinvenute presso le navi. La denominazione attuale risale al Rinascimento e deriva dal fatto che di questo marmo sono gli stipiti della Porta Santa di S. Pietro in Vaticano, della Porta Santa di S. Paolo, S. Maria Maggiore e S. Giovanni in Laterano; la denominazione antica (Marmor chium) rimanda, invece, al luogo di estrazione: le cave, situate nell'isola di Chio che furono individuate nel 1887.
Veduta della nave all’interno del Museo
Mosaico dell’ancora
Ancora tipo “Ammiragliato”
Rivestimento bronzeo del ‘dritto di prora’ (tagliamare) di una delle navi di Nemi
Segnalazioni:
“Echi di manovre dal porto di Roma antica...” –
(Vedi saggio dell’autore sul sito di Mare Nostrum)
You tube - Indagine Archeologica di Alberto Angela (RAI)
Google-PASSAGGIO A NORD OVEST – LE NAVI ROMANE DEL LAGO DI NEMI
Segnalo inoltre altri ottimi filmati-You Tube (RAI) su Porti di Claudio e Traiano.
Ringrazio infine gli autori di due Ottimi Saggi da cui ho tratto spunti e foto a scopo divulgativo:
Le Navi di Marina e Massimo Medici
Nemi - Le navi del Mito ARCHEOGUIDA di Saverio Malatesta
Carlo GATTI
Rapallo, 07.05.12
Canale di PANAMA
CANALE DI PANAMA
La costruzione del Canale di Panama ha avuto un effetto fluidificante per tutti i commerci a cavallo tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico. La via d’acqua artificiale permette di giungere in poche ore dall’uno all’altro con un risparmio di 26.000 km e circa 30 giorni di navigazione rispetto alla rotta obbligata di Capo Horn percorsa fino al 1914, primo anno di operatività del Canale.
Non sarà mai abbastanza riconosciuto il sacrificio compiuto dalla gente della marineria velica sulle rotte oceaniche più lunghe e sperdute del mondo. Tra i velieri obbligati a doppiare Capo Horn per passare dall’Atlantico al Pacifico, uno su quattro naufragava in quel punto cruciale e perennemente sconvolto dalle tempeste. Cosa fu l’apertura del Canale di Panama per gli uomini di mare se non la fine di un incubo?
Nel 1513 l’esploratore spagnolo Vasco Nuñez de Balboa attraversò lo “stretto” di Panama da levante e scoprì l’Oceano Pacifico. L’istmo da allora risultò decisivo per il transito di oro, argento, perle e altri tesori che furono portati dal Perù a “Panamá La Vieja” (Pacifico) e, attraverso il “Camino de Cruces” e il fiume Chagres, fino a Portobelo (Atlantico), per poi essere caricati sulle navi che li avrebbero trasportati in Spagna. Ma le difficoltà furono insormontabili per i mezzi tecnici d’allora e si dovette attendere il XIX secolo per rielaborare un vecchio progetto del canale che nel 1879 fu caldeggiato dal Congresso Internazionale di Parigi ed ebbe tra i suoi promotori Ferdinand de Lesseps, già costruttore del Canale di Suez e, in seguito, da Gustave Eiffel. Nel 1901 gli Stati Uniti ottennero dal governo colombiano (all'epoca Panamá faceva parte della Grande Colombia) l'autorizzazione per costruire e gestire il Canale per 100 anni. Nel 1903 però il governo della Colombia, in un sussulto di orgoglio nazionale, decise di non ratificare l'accordo. Gli USA allora non esitarono a organizzare una sommossa a Panamá e a minacciare l'intervento dell'esercito. Panama divenne una Repubblica indipendente ma sotto la tutela degli Stati Uniti che ottenne l'affitto della ‘Zona del Canale’ e l'autorizzazione a iniziare i lavori. I Trattati stipulati concedevano agli USA una striscia di territorio la “canal zone” larga 5 miglia, all’interno della quale fu costruito il canale per un compenso di 10 milioni di dollari e un affitto annuo di 250.000 dollari, in seguito portato a 1.930.000 nel 1955.
Nel 1904 furono ripresi i lavori, dapprima per la costruzione di un canale a livello del mare, ma la difficoltà di scavare una trincea così profonda attraverso il passo di Culebra, fece mutare i progetti, e nel 1906 fu decisa la costruzione di chiuse (vedi cartina sotto). I lavori iniziarono nel 1907 per opera del Genio Militare USA e si conclusero il 3 agosto 1914.
Il Canale di Panama é lungo 81 chilometri e rappresenta il simbolo dell’importanza strategica che l’istmo ha rivestito fin dal XVI secolo costituendo ancora oggi una delle vie di comunicazioni più importanti al mondo. Le navi possono percorrerlo in circa 5/8 ore (dipende dalla velocità e dal traffico), avvalendosi del citato sistema di chiuse-locks*. La sua profondità (pescaggio) varia tra 12,5 a 13,7 metri, la larghezza massima é di 240 e 300 mt nel lago Gatún, mentre la minima è di 90–150 mt nel tratto finale della Culebra. Il sistema comprende 6 chiuse, che permettono alle navi di superare il dislivello totale di 28 mt. Le navi provenienti dall’Atlantico "salgono" per mezzo di queste prime tre chiuse e “scendono” grazie ad altre tre chiuse. All’interno dei locks le navi vengono trainate da gru e locomotive molto tipiche (vedi foto nave Ancona). Le chiuse sono a doppio sistema e sopportano il transito contemporaneo nei due sensi, fino al livello del lago Gatun. Il Canale fu inaugurato il 15 agosto 1914, ma la cerimonia ufficiale fu rinviata al 1920, a causa dell'insorgere della Prima guerra mondiale.
Siamo nel 1915. Alla nave Ancona si attribuisce storicamente il primo passaggio del Canale da un oceano all’altro, riducendo a otto ore la traversata, che prima durava più di sessanta giorni via Capo Horn.
Il Canale di Panama è una delle opere di ingegneria più importanti al mondo trattandosi della struttura di cemento armato più imponente mai costruita prima d’allora.
Il canale interoceanico che attraversa l’istmo di Panama inizia nel mar delle Antille, e dopo 23 km al livello del mare raggiunge le Chiuse/Locks di Gatùn, che lo portano a 26 metri d’altezza s.l.m. Attraversa quindi il grande lago di Gatùn (424,8 km2) e all’altezza di Darièn penetra nella trincea della Culebra, il cosiddetto “taglio di Gaillard” (dal nome di uno dei costruttori), fino a raggiungere Pedro Miguel, dove altre chiuse lo fanno scendere a 16,50 mt, finchè le chiuse di Miraflores lo riportano al livello del mare. Il lago Gatun, le cui acque sono fondamentali per il funzionamento della via interoceanica, è stato per svariati decenni il lago artificiale più grande del mondo.
In questa fotografia la freccia indica la corsia su cui si espanderà il nuovo Canale di Panama per rispondere alle nuove esigenze del Gigantismo Navale che risponde al concetto economico: meno navi e più merci, meno spese e più produttività.
La Commissione del Canale ha passato le sue funzioni al governo della Repubblica di Panama il 31 dicembre 1999.
L'importanza economica e strategica di questa via di comunicazione è incalcolabile; il traffico attraverso il canale ha avuto, dalla sua inaugurazione, un continuo aumento e oggi emerge tutta la sua inadeguatezza, tanto che sono allo studio progetti per il suo raddoppio (vedi foto). Per il pagamento del pedaggio le navi sono divise in tre classi: le unità mercantili, i trasporti militari, le navi ospedale, le navi appoggio e gli yachts con passeggeri o carico pagano 2,21 dollari per tsn; se invece sono vuote pagano 1,76 dollari per tsn; gli altri tipi di unità invece sono assoggettati ad un pedaggio di 1,23 dollari per tonnellata di dislocamento. L’accesso al Canale delle grandi navi portacontainer, che ne sono le maggiori utilizzatrici, è condizionato dalle misure della nave (vedi note). Questo limite è dettato dalla capienza massima delle chiuse lungo il percorso. Si parlava di inadeguatezza, infatti le navi moderne sono ormai di stazza superiore rispetto alla capacità massima del canale e si parla ormai di navi PostPanamax**. Nell’anno 2010 il Canale è stato attraversato da oltre 14.000 navi, e ha movimentato merci per oltre 200 milioni di tonnellate. Gli introiti derivanti dal Canale costituisono la prima fonte di ricchezza dello Stato di Panama.
Sta cambiando lo scenario del Canale di Panama.
Nell'aprile 2006 si è concluso lo studio durato cinque anni per un ampliamento del Canale per le navi PostPanamax. L'ampliamento é stato deciso da un referendum popolare ha dato l'approvazione al progetto. Nel settembre 2007 il governo di Panama ha iniziato i lavori per un progetto di espansione del Canale di 5 miliardi di dollari e dovrebbero essere terminati entro il 2014 (centenario dell'apertura del canale) e permetterà il passaggio di quasi tutte le navi in circolazione in questo momento nel mondo. Il progetto prevede l’aggiunta di una terza linea di transito con la costruzione di due nuove serie di chiuse, parallele a quelle esistenti, in corrispondenza di ciascuno degli imbocchi del Canale. La nuova soluzione consentirà l’attraversamento alle navi di dimensioni maggiori, incrementando di più del doppio l’attuale volume di traffico. Gas naturale liquefatto e carbone proveniente dalla Colombia troverebbero la loro strada facilitata da questo nuovo passaggio. Il progetto prevede di portare al raddoppio della capacità di navigazione del canale entro il 2025. Il traffico, soprattutto quello mercantile, sarà rivoluzionato evitando l'attuale lungo periplo dell'America meridionale. Benefici ne otterranno anche le compagnie crocieristiche, che potranno ridisegnare nuove mete, utilizzando tutto il naviglio a disposizione, che si trasformerà da Panamax a Postpanamax, già nel giro dei prossimi due anni, con la possibilità di transito alle navi passeggeri oltre le 110.000 ton di stazza. Grandi lavori saranno destinati anche al Lago intermedio di Gatun, dove saranno costruite nuove dighe per l'accumulo dell'acqua destinata alle chiuse di maggiori dimensioni, e a tutto il tracciato, che sarà portato alla profondità di 15 metri. Si aprono quindi nuovi scenari anche per la Marina Militare degli Stati Uniti, che ne beneficerà in termini logistici e di veloce spostamento delle ‘flotte’ da un Oceano all'altro, comprese le grandi portaerei oggi in servizio. I lavori saranno conclusi nel 2014, in occasione del centenario della sua inaugurazione.
La Panama Canal Authority prevede rialzi delle tariffe di transito nel canale centroamericano
Il piano include aumenti in vigore dal 1° luglio 2012 e un'ulteriore incremento dal 1° luglio 2013
Il consiglio di amministrazione della Panama Canal Authority (ACP) ha approvato un piano di aumento delle tariffe per il transito delle navi nel canale panamense che prevede tra l'altro l'incremento del numero delle tipologie di navi in cui suddividere il naviglio che attraversa la via d'acqua centroamericana al fine del pagamento dei pedaggi.
In particolare, il piano prevede che il segmento delle navi cisterna venga suddiviso in tre differenti tipologie, prevede l'istituzione del nuovo segmento delle navi container/breakbulk e l'incorporazione delle navi ro-ro nel segmento delle navi porta-automobili. La nuova suddivisione include le seguenti tipologie: full container (nuovo segmento), reefer, portarinfuse, passeggeri, porta-auto e ro-ro (fusione di due segmenti), cisterne(segmento riorganizzato), chimichiere (nuovo segmento), LPG (nuovo segmento), general cargo e altre navi.
Actual Standard Canal Fees – Panama Canal Tolls – Revised January 2005. In U.S. dollars.
Transit |
Inspection |
Buffer |
Total |
|
Up to 50' |
$550.00 |
$50.00 |
$850.00 |
$1,450.00 |
From 50' - 80' |
$850.00 |
$50.00 |
$850.00 |
$1,750.00 |
From 80' - 100' |
$1,050.00 |
$50.00 |
$850.00 |
$1,950.00 |
100' + |
$1,500.00 |
$50.00 |
$850.00 |
$2,450.00 |
125' + |
$2,450.00 |
locomotives |
$2,220.00 |
(obligatory) |
NOTE - * Gli inventori delle chiuse furono gli architetti ducali Filippo da Modena e Fioravante da Bologna. La prima ‘conca’ costruita fu quella del 1439, in via Conca dei Navigli a Milano su ordine di Filippo Maria Visconti.
** Con la sigla Panamax si indicano le navi le cui dimensioni permettono il loro passaggio nelle chiuse del canale di Panama. Le chiuse del canale misurano 304,8 m di lunghezza, 33,5 m di larghezza e 25,9 m di profondità. Pertanto le dimensioni massime delle navi Panamax sono di 294 m di lunghezza, 32,3 m di larghezza e 12,04 m di pescaggio. Si può facilmente capire, confrontando le misure delle chiuse con le dimensioni delle navi, che il margine ad eventuali errori di manovra è ridottissimo. Attualmente queste navi vengono considerate di medie dimensioni. Infatti molte moderne navi militari (portaerei) e mercantili (portacontainer e petroliere) superano, alla ricerca del miglior rapporto costo/efficienza, abbondantemente queste dimensioni. Queste navi vengono appunto chiamate Post-Panamax o super post-Panamax. Per ovviare a questo problema sono state progettate nuove chiuse, più grandi, per il canale di Panama. In questo modo verrebbe migliorato anche il traffico che vi si svolge.
Carlo GATTI
Rapallo, 19.04.12
L'ARMAMENTO COSTA, un Pianeta che parla "rapallino"
COSTA ARMATORI
Un Pianeta che parla Rapallino
Nei primi anni ’50, il molo di Langano
fu la nostra “palestra e piscina”. Ogni
estate Marò ci radunava davanti al
villone dei Costa e quei nomi ben presto
diventarono i punti di riferimento per i
nostri appuntamenti sportivi e, in seguito,
anche di lavoro e soddisfazioni
professionali.
Una Scalata di Successi che dura da centocinquantanni
EUGENIO C.
L’Emblema della Flotta Costa
Sotto il nome del suo fondatore “Giacomo Costa fu Andrea”, nel 1854 iniziò l’attività di questa grande famiglia distinguendosi inizialmente nel commercio di tessuti e, soprattutto dell’olio di oliva. La storia del famoso marchio “Olio Dante” cominciò a Genova proprio in quegli anni, quando il suo capostipite fece salpare le prime navi verso i Paesi d’oltreoceano dove vivevano tanti nostri connazionali. Infatti, già alla fine del XIX secolo, il massiccio flusso d’emigranti italiani verso Australia, Nord e Sud America, diede un forte incremento alla domanda di generi alimentari nazionali. Il nome del Sommo Poeta fu scelto per dare agli italiani un prodotto che richiamava non solo la “patria” ma anche il simbolo del genio e della cultura italiana nel mondo.
La necessità di esportare rapidamente i propri prodotti, portò Giacomo Costa ad acquistare, in un primo tempo, navi da carico noleggiate, ed in seguito a farle costruire direttamente creando così lavoro per migliaia di rivieraschi occupati nella cantieristica, nell’indotto commerciale-turistico, oltre ai numerosi equipaggi imbarcati. Da queste solide fondamenta, basate su coraggio e lungimiranza, nacque quella operosa Linea “C” che fu presente su tutti i mari come massima espressione dell’Armamento Privato Italiano, fino a tutti gli anni ‘60 del novecento, e quando lo storico ciclo delle navi di linea giunse al capolinea, i Costa se ne avvidero in tempo. I nuovi vettori dell’aria chiamati “JUMBO” (primo volo nel 1970) erano ormai in grado di trasportare passeggeri e merci in tempi rapidissimi. Purtroppo, non tutte le famose Compagnie di Navigazione seppero “cambiare rotta” in tempo e quasi la totalità fu travolta dall’onda supersonica degli aerei e chiuse i battenti.
La Linea “C” fu tra le prime Società di navigazione, se non la prima, a prendere atto dello strapotere dell’Aviazione Civile e, con eccezionale tempismo, adattò le proprie navi al nuovo mercato crocieristico. Sotto questo segno, nacque una nuova filosofia, fu imposta una nuova moda e venne inaugurato un nuovo stile di vita. Con queste premesse nacquero le “FUN SHIP”, le navi del divertimento, di cui Costa diventò, senza alcun ripensamento o cedimento negli anni, uno dei massimi esponenti. In quegli anni ’70 la nave non rappresentava più l’ultimo viaggio dell’emigrante in cerca di fortuna nel “nuovo mondo”, non era più il cordone ombelicale che univa gli italiani dispersi tra gli stati d’oltremare e neppure il veicolo per lo scambio di merci che cambiò sistema e trovò nel container il suo mezzo ideale di trasporto. Il miracolo economico esplose improvvisamente e spinse la gente a trovare l’evasione nel viaggio di mare, a combattere lo stress vivendo la vita di bordo con le visioni di albe, tramonti, burrasche, isole esotiche. La nave diventò improvvisamente un romanzo d’avventure da vivere in prima persona. La tristezza per l’abbandono della patria e dei propri cari apparteneva ormai al passato, alla storia che oggi ci appare ancora più lontana e per certi versi già dimenticata.
Le Navi dei Costa
Simbolo e Prestigio
dell’Armamento Privato Italiano nel Mondo
P/f Ravenna
Il modesto piroscafo Ravenna di 1.148 t. diede inizio all’’avventura della famiglia Costa sui mari del mondo. La nave fu costruita nel porto di Leith (Edimburgo) in Scozia nel 1888.
Facciamo un passo indietro. Il 7 agosto 1924 i fratelli Federico, Eugenio e Enrico Costa, con l’acquisto della piccola carretta Ravenna (1.148 t.s.l.), entrarono a tutto campo nel mondo degli imprenditori marittimi.
P/f Langano
Una rara fotografia del Langano dell’Armatore Giacomo Costa, ripresa nel porto di Ancona. Nel suo “epitaffio ideale” c’è scritto: Il piroscafo varato nel 1894, aveva una stazza lorda di 1.267 tonnellate. Sopravvisse a due guerre mondiali e, come un umile servo, si adattò a qualsiasi mansione...ma quando fu necessario, dimostrò d’essere anche un indomito combattente. Con la sua modesta, ma frenetica attività costituì la base di partenza per una faticosa ripresa, rappresentando il trampolino di lancio per un’interminabile storia di successi imprenditoriali. Nel 1950, dopo cinquantasei anni di duro lavoro, umiliazioni, ribellioni e tanti colpi di mare, cadde sotto i colpi del demolitore ed entrò nell’oblio della storia navale.
Quattro anni più tardi entrò in linea il già citato Langano. Negli anni ’30 iniziò la tradizione di battezzare le navi con i nomi di famiglia: Federico (’31) - Eugenio ed Enrico (’34) – Antonietta, Beatrice, Giacomo (’35). Queste navi collegavano i porti principali del Mediterraneo. All'inizio della Seconda guerra mondiale la flotta dei Costa contava 27.534 tonnellate di stazza suddivise tra otto navi.
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Solo il Langano sopravvisse alla distruzione della flotta Costa durante la Seconda guerra mondiale, ma la famiglia non si arrese e ripartì costruendo e acquistando altre navi destinandole al cabotaggio in Mediterraneo. Ma nuovi fattori politici ed economici caratterizzarono la nuova Italia: in particolare, prese corpo il flusso migratorio transoceanico che stimolò la famiglia Costa ad intraprendere nel 1947 un “servizio passeggeri” a due classi, dotando la più lussuosa di aria condizionata. I primi passeggeri/emigranti a scegliere la Costa, imbarcarono sulla Maria C. e sulla Giovanna C. ma il primo transatlantico ad attraversare l’Atlantico Meridionale, dopo il conflitto, fu l’Anna C., seguita nel 1948 dall’Andrea C. ambedue sulla linea del Brasile e del Plata.
La Società Giacomo Costa fu Andrea diventò “Linea C”. Anche le linee da carico verso il Nord America si aprirono nel 1948 con la Maria C. affiancata dalla Luisa C. (dotate di ampie stive per il carico). Nel 1953 la Franca C. aprì nuove rotte verso il Venezuela e le Antille.
Maria C.
Maria C. Ex-Pommern (Germania-1913), ex-Rappahannock (USA-1917), ex-W.Luchenbach (USA-1933). La nave fu acquistata dai Costa nel 1947 e, dopo alcune trasformazioni logistiche per i passeggeri, le fu assegnata una stazza l. di 8.550 T. Ribattezzata Maria C., partì per il Sud America il 24 .2.1947 come prima nave passeggeri dei Costa. Nel marzo del 1948 fu trasferita sulla linea del Nord America toccando Lisbona, Filadelfia, Baltimora e New York. Navigò fino a tutto il 1952 e fu poi demolita a Savona.
Giovanna C.
Giovanna C. Ex-Eastern Trader (Giappone-1919/USA-1920), ex-Horace Luckenbach (USA-1922), fu messa in vendita alla fine della Seconda guerra mondiale. Costa l’acquistò nel 1947 e la rinominò Giovanna C. La nave arrivò a Genova il 28 agosto 1947. Subì alcune trasformazioni e dopo un mese ripartì come nave passeggeri per il Sud America per scalare Rio de Janeiro, Santos, Montevideo e Buenos Aires. Nel 1949 fu trasformata a Genova in nave passeggeri per emigranti destinati alle Americhe. La sua stazza fu portata a 8.339 t. e con il suo nuovo look, la nave partì da Genova l’8 giugno 1949 per il Sud America con 1300 pax-emigranti. Continuò la linea del Plata fino al 1953. Al suo ritorno a Genova, dopo 33 anni d’intenso servizio, fu destinata alla demolizione a La Spezia.
Luisa C.
Luisa C. Ex-Eastern Merchant (Giappone-1919/USA-1920), ex-Robert Luckenbach (USA-1922), Il 25 luglio 1947 fu acquistata dai Costa e diventò italiana con il nome di Luisa C. Iniziò il suo nuovo servizio con il trasporto degli emigranti in Sud America. Fu noleggiata dalla Compagnia Ignazio Messina dall’11 ottobre 1948 al 26 febbraio 1949 ed impiegata sulla rotta per l’India. Il mese dopo partì per la linea-emigranti del Nord America dove rimase fino a tutto il 1950, alternando qualche viaggio per il Sud America. Dopo aver compiuto il suo ultimo viaggio Rientrò a Genova il 13 marzo 1951 e fu messa in disarmo. Fu venduta con il nome di Sula ad una Società Panamense. Navigò fino al 1959. Fu demolita in Giappone nella stessa regione dove fu varata 40 anni prima.
Andrea C.
Andrea C. (ex-Ocean Virtue-1941) fu praticamente ricostruita a Genova nel 1946 con una stazza di 7.800 t. e battezzata con il nuovo nome nel marzo 1948. Partì per il suo primo viaggio il 26.6.48 con destinazione il Brasile e il Plata. Nel 1959 subì radicali trasformazioni a Genova, cambiò i motori e persino la prua e la sua lunghezza raggiunse i 142 metri. Con il nuovo shape ritornò a navigare verso il Plata per tutti gli anni ’60. Nel dicembre del 1970 fu sottoposta ad importanti lavori strutturali di ammodernamento e di condizionamento in tutti i locali e la sua nuova stazza fu portata a 8.604 t. Rimase prevalentemente in Mediterraneo per tutti gli anni ’70. Portò a termine la sua ultima crociera nell’ottobre 1981 e fu quindi messa in disarmo. Fu demolita a La Spezia nel 1983.
Anna C.
Anna C. (ex-Southern Prince-1928) acquistata nel 1947, entrò in linea per Rio de Janeiro e Buenos Aires l’anno successivo, dopo aver compiuto importanti lavori strutturali. La prima nave passeggeri della Flotta Costa iniziò il servizio di linea da Genova per Buenos Aires il 31 marzo 1948. Innovativa e pionieristica, era dotata di aria condizionata in tutti gli alloggi per i passeggeri. Con Anna C. inizia un sodalizio professionale con l’architetto Giovanni Zoncada e per trent’anni gli interni delle navi Costa porteranno la sua firma. Tre anni dopo sostituì i motori principali e la nave raggiunse i 20 nodi di velocità. Nel 1959 aumentò la capacità-passeggeri e portò la propria stazza a 12.030 grt. Per quasi tutti gli anni ’60, la Anna C. trascorse i mesi invernali ai Caraibi e quelli estivi nel Mediterraneo. Fu demolita a La Spezia nel 1972.
Franca C.
Franca C. (ex- Roma, ex-Medina-1914), fu acquistata dai Costa nell’aprile 1952. Fu convertita in nave passeggeri e messa in linea nel Mar dei Caraibi con una stazza lorda di 6.549 t. Partì per il suo “maiden voyage” il 31 gennaio 1953. Fu sottoposta ad un nuovo look e con la stazza ritoccata a 6.822 grt, riprese il mare nel luglio 1959 con la firma di molti artisti come Zoncada e Mascherini, negli anni seguenti navigò tra la Florida e le Bahamas. Il 4 .11.1977 cambiò armatore e fu ribatezzata Doulos. Con questo nome pare sia tuttora in servizio: un vero primato di longevità.
Una recente foto della Doulos (ex-Franca C)
La Doulos, ovvero ex Medina, ex Roma, ex Franca C. è stata la nave passeggeri, forse, più longeva al mondo. Da appassionati di navi storiche, ci giunge notizia che il 31 dicembre 2009 si è concluso il suo servizio. La Franca C. è andata a riposare nell’Olimpo delle navi famose.
Nel 1957 si verificò una svolta importante nella storia degli armatori Costa: fu impostata la Federico C. - la prima nave commissionata dalla famiglia ai Cantieri Ansaldo di Genova. Ancora divisa in tre classi, la nave era dotata di ristoranti, saloni, piscine all’ultima moda. Questo impulso verso la modernità, spinse l’Armamento Costa ad un ulteriore sforzo di ammodernamento della flotta e anche le anziane Bianca, Enrico, Andrea, Flavia, Fulvia, Columbus e Carla furono ristrutturate nell'ottica di uniformare la flotta sul piano dell’accoglienza sempre più raffinata ed esigente dei passeggeri.
Nel 1959 la Costa tentò un nuovo esperimento mettendo sul mercato delle vacanze la prima nave al mondo completamente dedicata alle crociere di svago negli Stati Uniti e nei Caraibi. Il suo nome era Franca C., a cui venne affiancata nei mesi invernali la Anna C., che realizzarono mini-crociere da tre o quattro giorni da Port Everglades alle Bahamas. I primi anni '60 furono addirittura trionfali e alle ormai consuete rotte in Sud America o ai Caraibi si affiancarono le crociere in Mediterraneo, Mar Nero, Brasile, Uruguay e Argentina, fino allo stretto di Magellano e all’Antartico.
Eugenio C. e Federico C.
due autentiche fuoriclasse
Il successo delle crociere Costa fu tale che nel 1964 la Compagnia ordinò la costruzione della"Eugenio C., subito ribattezzata “la nave del futuro" per l'equipaggiamento e l'eleganza. Una nave non più formalmente distinta in tre classi, ma concepita con un ponte unico, su cui si affacciavano tutti i saloni. Un chiaro indizio del fatto che l'Eugenio C. sarebbe stata completamente adibita al servizio crocieristico, il futuro scelto da Costa Armatori. La prima nave ad esclusivo uso-passeggeri, la Franca C., nel 1968 inaugurò la formula di viaggio “volo+nave", destinata a cambiare completamente il modo di concepire la vacanza, proponendo, anche a chi aveva poco tempo a disposizione, crociere brevi all'altro capo del mondo. Ancora una volta l'evoluzione dei tempi diede ragione alla Costa, che nel corso degli anni '70 arricchì la propria flotta con alcune navi prese a noleggio o comprate. Spiccarono così le splendide gemelle Daphne e Danae, che solcarono il Mediterraneo d'estate e i Caraibi d'inverno, con alcune puntate in Alaska, Scandinavia, Sud America, Africa ed Estremo Oriente.
Con il superamento della crisi economica, per la famiglia Costa si aprirono nuovi scenari.
Vi fu un gradito ritorno dei maggiori artisti contemporanei verso l’arredamento navale, proprio com’era già accaduto nel ventennio tra le due guerre con i grandi transatlantici della Società Italia. Giò Ponti, direttore della rivista Domus, dedicò la sua arte, agli arredamenti, agli aspetti decorativi e alla nuova architettura navale dei Costa. Una magica tradizione che continua ancora oggi.
Pertanto, le navi diventarono lussuose, confortevoli, eleganti e fu l’Italian Style ad attrarre un crescente numero di passeggeri per l’ospitalità, il confort e la tradizionale cucina del nostro Paese.
In questo periodo le navi dei Costa disponevano di tre classi (1° - 2° e cl. turistica) e si distinguevano dalle altre concorrenti per l’intrattenimento, giochi e svaghi dei passeggeri.
Federico C.
Federico C. segnò un passaggio importante nella storia della Costa Line che entrò come protagonista in competizione con le navi più blasonate già presenti sul mercato sudamericano. La nave, varata ed allestita a Genova, partì per il suo viaggio inaugurale il 22.3.1958 per Rio de Janeiro e Buenos Aires. Le sue linee erano armoniose slanciate ed eleganti e rispecchiavano perfettamente l’Italian Style tanto apprezzato nel mondo dello shipping internazionale. Aveva una stazza di 20.416 t. Poteva trasportare 8.520 t. di carico e sviluppare una velocità standard di 21 nodi. 1300 passeggeri suddivisi per classi (243-321-736) e 270 d’equipaggio. Grande cura fu dedicata all’eleganza dei saloni, cabine, piscine, ballrooms con le decorazioni, sculture e pitture dei grandi artisti già citati. Dopo dieci anni dalla sua entrata in servizio, la Federico C. subì lavori di trasformazione e adattamento alle nuove esigenze nel mercato delle crociere, come la conversione delle tre classi in una classe unica d’eleganza standard. Nel 1983 fu venduta alla Premier Cruise con il nome di Starship Royale e, all’inizio del 1989 fu venduta alla Dolphin Cruise Line e ribattezzata Seabreeze. Il 17 dicembre 2000 è affondata 200 miglia al largo delle coste della Virginia, non aveva passeggeri a bordo e i 34 uomini d’equipaggio furono tratti in salvo dalla Guardia Costiera.
Bianca C.
Bianca C. La Seconda guerra mondiale ritardò l’inizio della sua attività di circa 10 anni. Il 30 .6.1949 con il nome di Marseillaise, bandiera francese, entrò in linea per l’Estremo Oriente. Nel 1954 terminò il periodo coloniale e la nave fu dirottata in Mediterraneo. Nel 1957 fu acquistata dalla Arosa Line Inc. e si chiamò Arosa Sky. Nel 1958 fu acquistata dai Costa che la sottoposero ad importanti lavori per aumentarne la stazza lorda, la capacità passeggeri (1252 in totale) e la chiamò Bianca C. Alla fine del 1959 fu destinata alle crociere nei Caraibi. Una grave tragedia interruppe la sua splendida carriera nell’ancoraggio di St.George a Grenada, il 23.10.1961 quando esplose lo starter dell’avviamento del motore sinistro, provocando un terribile incendio che si propagò a tutta la nave. Due furono le vittime tra i macchinisti di guardia. I 362 passeggeri e l’equipaggio evacuarono la nave in meno di mezz’ora sotto la regia del suo comandante Francesco Crevato, che fu l’ultimo ad abbandonare la nave. La bella nave affondò sotto rimorchio il giorno dopo, davanti a Punta Salina nel Mar delle Antille. Una statua del Cristo degli Abissi fu eretta sull’entrata del porto di St. George per ricordare la tragedia, ma soprattutto i suoi generosi abitanti che in quella occasione si prodigarono alacremente per aiutare i passeggeri e l’equipaggio quasi completamente composto da rivieraschi e nostri concittadini come era nella tradizione dei Costa.
Enrico C.
Enrico C. Varata nel 1950 con il nome Provence, navigò con bandiera francese per la SGTM di Marsiglia fino al 1965 quando fu venduta alla Costa, che la trasformò in nave di linea (High Standards) per il Sud America. Nel 1976 inaugurò importanti crociere alle Isole Falkland, Amazzonia e Manaos. Nel 1979 Costa fermò la nave a Genova (Cant. Mariotti) e la convertì in nave da crociera. Con la nuova stazza di 16,495 tonn. navigò in Mediterraneo tra Venezia e la Grecia. Nel 1984 la Enrico C. diventò Enrico Costa. Nel novembre 1989, ancora una volta, la nave fu ormeggiata a Genova e sottoposta a grandi lavori: la sostituzione delle vecchie turbine con nuovi motori W.Wasa diesel-engines di 8.050 HP – Furono installati nuovi assi, eliche a passo variabile ed un Bow Thruster (elica di prora). Alle prove di macchina raggiunse i 22 nodi di velocità. Il 15 settembre 1992, durante una crociera, la nave s’incagliò al largo di Katakolon, un’isola del Peloponneso, ma riuscì a disincagliarsi con le proprie forze dopo tre giorni di tentativi. Costa la mise in vendita nel 1994 quando ordinò la sua prima “giant ship”, la Costa Vittoria. Verso la fine dell’anno la Enrico Costa fu venduta alla Starlauro di Napoli che la ribattezzò Symphony.
Eugenio Costa
Eugenio C. Aveva un elegante caratteristica: la prua a collo di cigno (Swan-neck bow)
Progettata dal celebre “carenista” ing. Niccolò Costanzi, l’Eugenio C. è stata, in assoluto, la più grande nave passeggeri realizzata in Italia per l’Armamento non sovvenzionato. Fu costruita dal C.R.D.A di Monfalcone con la seguente sequenza: 4.1.1964, impostazione chiglia – 21.11.64, il varo, - 19.8.66, prove in mare – 31.8.66 primo viaggio con partenza da Genova. Fu l’ultimo transatlantico “classico” di Linea costruito in Italia, ma il suo disegno costruttivo era stato studiato anche per l’impiego crocieristico. Le sue misure erano L=217,39 mt. x l= 29,30 mt. Nel 1987 al termine di un refitting, la sua nuova stazza lorda raggiunse 32,753 tonn. Le sue turbine le impressero la straordinaria velocità di 28.43 nodi alle prove in mare.
214 passeggeri x la 1° classe, 1.445 in classe turistica. Il famoso architetto Nino Zoncada disegnò la maggioranza degli interni della nave e contribuì al disegno definitivo del suo profilo sulla base degli studi del progettista N. Costanzi. Pittori, scultori e decoratori del calibro di Massimo Campigli, Emanuele Luzzati, Marcello Mascherini ed altri... lasciarono la loro impronta artistica su questo “museo galleggiante” che fu come tale visitato da migliaia di turisti, anche non naviganti, in tutto il mondo. L’Eugenio C. seguì le rotte del Sud Atlantico per circa dieci anni, (1967-1977) per essere in seguito impiegata come nave da crociera nel famoso “giro del mondo” scalando i più noti porti d’interesse turistico. Navigò alternativamente sulle rotte del Nord e Sud America per una decina di anni. Nel 1987 e 1994 fu sottoposta ad importanti lavori anche strutturali, e nel 1996 compì l’ultima crociera e fu posta in disarmo a Genova. L’Eugenio C. fu una nave fortunata, felice e molto amata sia dai passeggeri che la conobbero da vicino, ma soprattutto dai suoi equipaggi che, riuniti nel Club Eugenio C., ogni anno s’incontrano per mantenere vivo il ricordo della nave e di un periodo per loro irripetibile. Come tutte le navi longeve (37 anni) ebbe degli alti e bassi, ma la sua vendita per demolizione ad Alang, avvenuta nel 10.2003, fu dolorosa per migliaia di “amici” che avrebbero fatto qualunque cosa pur di rivederla in tutta la sua bellezza, ormeggiata magari a Genova, come Museo galleggiante in ricordo perenne della tradizione navale italiana.
Carla Costa
Carla C. Fu varata il 31 ottobre 1951 in Francia con il nome di Flandre e fu il primo transatlantico francese del dopoguerra. Il 21 febbraio 1968 segnò il passaggio alla Costa Line. Dopo ben 10 mesi di lavori, con il nuovo nome di Carla Costa, la nave prese il mare completamente rifatta. Il suo nuovo look era firmato dai più grandi artisti dell’epoca: Lele Luzzati, Nino Zoncada, Guido Marangoni ed altri. Fu destinata su due differenti rotte: Coste messicane e Caraibi. Durante una di queste crociere, la scrittrice americana Jeraldine Saunders trovò l’ispirazione per la serie TV “The Love Boat” e la Carla C. divenne il suo teatro naturale. Continuò a navigare per il mercato crocieristico americano fino al maggio ’74, quando sostituì le vecchie turbine con potenti motori diesel. Ritornò ai Caraibi e vi rimase fino al 1982 per poi ritornare a Genova sottoponendosi a nuovi lavori di “refit” che le avrebbero permesso di essere competitiva per molti altri anni ancora. Nel 1992 la Compagnia varò un nuovo piano generale e la Carla Costa fu la prima ad essere venduta alla Epirotiki Lines SA di Atene che la battezzò Pallas Athena. Il 24 marzo 1994 subì un grave incendio al Pireo e fu portata ad arenarsi vicino all’isola di Salamina. Fu demolita in Turchia nel dicembre 1994.
Flavia Costa
Flavia. Varata nel 1946 con il nome di Media (Cunard Line). Entrò in linea Liverpool-New York nell’agosto 1947 con una stazza di 13.345 t. Appartenne all’italiana GO.GE.DAR. con il nome di Flavia e fu impiegata sulla linea dell’Australia. Fu noleggiata dai Costa nell’ottobre 1968, che decise il suo acquisto nel maggio 1969. Continuò il suo servizio nei Caraibi con ottimi risultati economici per la Compagnia, fece anche crociere settimanali in Mediterraneo. Nel 1982, ritenute ormai vecchie e superate le sue originali turbine, fu venduta ad un Gruppo di Taiwan. Fu demolita a Kaohsiung nel 1989.
Fulvia
Fulvia. Considerati i successi della Flavia, l’Armamento Costa decise l’acquisto di una “running mate” da affiancarla nelle crociere ai Caraibi. La scelta cadde sulla M/n Oslofjord che diventò Fulvia dal maggio 1969. La nave norvegese, splendida nello shape, fu varata nel 1949 in Olanda. Aveva una stazza di 16.844 t. ed una lunghezza di 175,86 mt. ed un’ottima velocità, superiore ai 20 nodi. Noleggiata ai Costa, la nave aveva il marchio “C” sulla ciminiera, ma mantenne per contratto la bandiera e l’equipaggio norvegese, eccetto i 200 membri “Hotel staff” che erano italiani della Costa Line. Nel dicembre del 1969 la Fulvia parti da Oslo verso i Caraibi dove il Federico C. e alla Flavia erano già operativi con crociere settimanali. Nel giugno del 1970 la nave venne in Mediterraneo per dieci crociere ma, alle 02 del 19 luglio, mentre era in navigazione tra Funchal e Tenerife, scoppiò un incendio in seguito all’esplosione di un generatore diesel. Molto presto l’incendio avvolse tutta la nave e, due ore dopo, il comandante ordinò ”Abbandono Nave”. L’S.O.S fu colto dalla nave passeggeri Ancerville che avvistò le lance di salvataggio e dalle 09.30 alle 12.00 raccolse i passeggeri e l’equipaggio e li portò a Tenerife. Nonostante l’assistenza di un rimorchiatore spagnolo, la nave affondò il 20 luglio, senza perdite umane, su un abisso di 3.000 mt.
Italia
Italia fu ordinata dalla Sunsarda SpA nel 1963, al cantiere Felszegi Muggia e fu varata il 28.04.1965. L’Italia è stata la prima nave italiana costruita appositamente per le crociere, infatti, sia il design che la collocazione delle lance di salvataggio sui ponti inferiori, offrivano un maggiore spazio all'aperto sul ponte superiore. Il suoi interni furono progettati da due rinomati artisti: Gustavo Finali e Romano Boico. Per motivi economici la nave fu varata soltanto nell’aprile del 1965 e consegnata nel 1967. Iniziò la sua carriera noleggiata dai Fratelli Cosulich (Genova) che la impiegarono in crociere nel Mediterraneo, in seguito fu noleggiata dalla Princess Cruises, che la impiegò in crociere tra il Messico e Los Angeles. Dopo un parziale ammodernamento, nel febbraio 1974 la nave fu noleggiata dalla Costa, che la acquistò nel 1977, con questa società la nave effettuò crociere in tutto il mondo, e nel settembre 1983 fu venduta alla Ocean Cruise Lines che la rinominò Ocean Princess. Oggi naviga ancora con il nome di Sapphire.
Danae
Danae Precedenti denominazioni: ex-Port Melbourne, ex-Therisos Express, ex-Danae ‘92, ex-Starlight Princess ‘92, Anar ‘92, Danae, fino al 1994, Starlight Princess ‘94, Baltica ’94-’96. La Danae insieme alla gemella Daphne furono costruite nel 1955 come navi da carico veloci che avevano una s.l. di 10.501 tons. Con una velocità di servizio di 17 nodi erano tra le navi da carico più veloci dell'epoca. Fu proprio per questa caratteristica che nel 1972 furono trasformate in navi passeggeri. All'inizio la Danae fu utilizzata come nave traghetto. In seguito fu trasformata in nave da crociera di lusso ma l'operazione non ebbe successo e la nave fu noleggiata per le crociere commerciali alle Linee Lauro tra il 1978-1979. Nello stesso anno, la Costa Armatori noleggiò per cinque anni le due gemelle, e nel 1984 le acquistò definitivamente. La Danae fu impiegata nelle crociere estive in Mediterraneo e quelle invernali ai Caraibi e Sud America. Si distinse inoltre per le successive crociere estive – autunnali da Venezia alla Grecia, Turchia, Israele ed Egitto, ma diventò celebre per quelle invernali intorno al mondo: “World Cruise” con partenza da Genova in dicembre e ritorno a marzo. Nel 1989 la Danae modificò il proprio itinerario intorno al mondo con le Crociere Grand Cruise Of The Orient (39 scali-102 giorni)
Nel 1990, le due gemelle passano alla Prestige Cruise di Curaçao in Joint Venture con la stessa Costa e la Comp. Sovietica Sovcomflot AKP, ma l’operazione venne interrotta dalla caduta dell’U.Sovietica. Nel dicembre 1991, alla vigilia dell’ennesima World Cruise, la Danae subì un grave incendio mentre si trovava in bacino di carenaggio nel porto di Genova. Fu dichiarata la perdita totale e fu messa in vendita. Il 9 luglio 1992 fu rinominata Anar e raggiunse il Pireo a rimorchio. Navigò ancora con il nome Starlight Princess e nel 1994 prese il nome Baltica.
Daphne
Daphne Precedenti denominazioni: ex-Port Sydney, ex-Akrotiri Express, ex-Daphne, Ex- Ocean Odissey (2002), ex-Switzerland (2002), ex-Ocean Odissey (2002), ex-Ocean Monarch (2008). Lunga 162,4 x 21,3.
Nel 1977 fu temporaneamente noleggiata alla Starlauro di Napoli per viaggi in Mediterraneo. Il 25 aprile 1979 Costa la noleggiò per 5 anni, e come la gemella Danae, fu impiegata in crociere invernali ai Caraibi ed estive in Mediterraneo. Nel 1981, nel mese di febbraio compì una crociera intorno all’Africa. Nel 1984 Costa comprò le due gemelle e la Daphne fu impiegata prevalentemente nei mari Nord Americani, compiendo crociere estive Alaska-Vancouver e cociere invernali ai Caraibi. Come la gemella, diventò famosa per le sue crociere World Cruise. Nel 1990 vendette, come abbiamo già riferito, le due navi gemelle alla Prestige Cruise e la Comp Sov. Sovcomflot AKP che collassò insieme alla U.Sovietica. Di questa squadra facevano parte anche le belle Feodor Dostoyevsky e la Maxim Gorky. Nel 1996 la Daphne fu noleggiata a scafo nudo alla Swiss Company Flotel per cinque anni. Il 25.2.1997 fu ribattezzata Switzerland per il suo nuovo Armatore Leisure Cruises.
Costa Riviera
Costa Riviera La società Lloyd Triestino ordinò nel 1960 due nuovi transatlantici ai Cantieri Riuniti dell'Adriatico per il servizio verso l'Australia. Le due navi gemelle vennero battezzate in onore degli scienziati Galileo Galilei e Guglielmo Marconi ed entrarono in servizio nel 1963 introducendo nuovi standard di confort nei viaggi per immigrati. La G. Marconi fu varata il 24 settembre 1961 partì per il suo viaggio inaugurale il 18 novembre 1963, Entrambe le navi navigarono con successo fino alla fine degli anni sessanta, ma la crisi petrolifera mondiale all'inizio degli anni settanta ebbe un impatto negativo per la navigazione, con una sensibile diminuzione del numero dei passeggeri e costi di esercizio crescenti e per tale motivo la Marconi fu ritirata dal servizio di linea per l'Australia. Nel 1976, la G. Marconi, nell'ambito dei mutamenti avvenuti a quell'epoca nelle società del gruppo Finmare, venne trasferita dal LLoyd Triestino alla Italia di Navigazione SpA, destinata sulle rotte per il Sud America, in servizio tra Napoli il Brasile e Buenos Aires. Nel 1979 la nave fu ceduta alla società Italia Crociere Internazionali, una joint-venture costituita dalla Italia Navigazione e da alcuni armatori privati per il servizio crociere, per essere impiegata in crociere tra porti del Mar dei Caraibi. L'operazione Italia Crociere Internazionali non ebbe il successo sperato e nel 1983 la nave, in seguito ai nuovi assetti societari dovuti allo smantellamento della I.C.I, rimase alla compagnia genovese Costa Crociere, una delle società che avevano partecipato alla joint-venture. Dopo due anni di lavori, nel 1985, la nave, trasformata e notevolmente ingrandita, fu ribattezzata Costa Riviera. La nave alternò crociere tra Caraibi e Alaska fino al 1993, anno in cui entrò a far parte della flotta American Family Cruise, una joint-venture tra Costa Crociere e Bruce Nierenburg, per essere utilizzata per crociere nel mercato americano rivolte a giovani famiglie con bambini, ribattezzata American Adventure. Anche questa operazione non ebbe il successo atteso e la nave, nel settembre 1994, rientrò a Genova, riprendendo il nome Costa Riviera e venne destinata al servizio di crociere in Europa, con partenze dal porto di Genova. Nel 2001 la nave fu venduta per demolizione ai cantieri di Alang in India e, a detta di autorevoli osservatori, pare che questa unità, nel lungo corso della propria attività, sia la nave italiana che ha percorso il maggior numero di miglia nella storia degli ultimi 70 anni della marineria italiana.
Costa Playa
Costa Playa Il traghetto nordico Finlandia fu varato nel 1965. In seguito subì numerose trasformazioni, proprietà e nomi. Nel 1995 la nave fu ribattezzata Costa Playa e nell’ottobre dello stesso anno fu sottoposta a massicci lavori di trasformazione presso il Cantiere Mariotti di Genova che la adattò a nave da crociera per i mari caldi. Fu infatti destinata a navigare tra la R. Dominicana e Cuba, diventando così la prima nave da crociera a riaprire il mercato turistico in quella zona nel dopo - “Guerra Fredda”. Il 28 novembre 1995 iniziò la sua prima crociera. La sua appartenenza ai Costa durò fino al 1998, quando fu venduta a Eurasia International.
Columbus
La bella nave (ex-Kungsholm) in uscita da un porto
Columbus. Già negli anni ’60, i Costa avevano visto giusto, inaugurando le prime Crociere nei Caraibi e negli anni ’80 furono ancora tra i primi ad afferrare la nuova evoluzione del mercato delle vacanze: il concetto di nave come vero e proprio albergo galleggiante; la nave come luogo di vacanza; il superamento della divisione dei passeggeri in classi. Tutto a bordo si uniformava, tutto era a disposizione di tutti. Con questi presupposti esplose l’industria crocieristica e con essa, nel 1986 nacque la COSTA CROCIERE. In vista di questo cambiamento epocale, nel 1981 Costa comprò la Kungsholm della Swedish American Line e la chiamò Columbus. Purtroppo, durante la manovra d’entrata nel porto di Cadice, la nave urtò gli scogli della diga foranea, sbandò rapidamente ma riuscì a raggiungere la banchina. Toccò il fondale e fu recuperata, ma i danni subiti erano troppo ingenti per evitare la demolizione che avvenne nel 1984.
Le navi dei Costa tuttora in servizio
La Compagnia conosce un enorme sviluppo acquistando, adattando e trasformando navi appartenenti a Società che hanno visto corto e sono fallite. É il momento dell’entrata in campo della Costa Riviera (ex-Guglielmo Marconi) ristrutturata nel 1985 e poi ancora nel 1998. Ma negli anni ’90 si verifica un altro salto di qualità con l’innesto delle gemelle Costa Marina e Costa Allegra, e delle nuove costruzioni genovesi Costa Classica, Costa Romantica e Costa Victoria che preludono ad un nuovo ciclo di grandi costruzioni come la splendida Costa Victoria nel 1996.
Senza dimenticare la Mermoz e la già citata Costa Playa (successivamente cedute), acquisite nel 1993 con la divisione Paquet Cruises dei gruppi francesi Chargeux e Accor.
Costa Marina
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Tipo |
Nave da crociera |
Costrutt. |
Oy Wärtsilä Ab |
Cantiere |
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Varo |
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Entrata in servizio |
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Proprietà |
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Caratteristiche generali |
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25.558 t |
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Lungh. |
174.2 m |
Larghezza |
26 m |
Pescag. |
7.90 m |
Propuls. |
due 16PC2-V + due 12PC2-V Wärtsilä-Pielstick 19136 Kw |
Velocità |
20 nodi |
Equip. |
391 |
Pax |
963 |
Note |
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Porto di registrazione Genova |
Note: Costa Allegra-Costa Marina, Navi gemelle.
Ha nove ponti, di cui otto per i passeggeri, che sono nominati: Corallo, Bolero, Aurora, Venezia, Marina, Laguna, Sports e Sun. È la più piccola nave di Costa Crociere.
È stata varata nel giugno 1969 come portacontainer, con il nome Axel Johnson, per la Johnson Line. Nel 1987 è stata convertita in nave da crociera e ribattezzata Regent Sun; nel 1988 è stata ribattezzata Italia e nel 1990 è stata acquistata da Costa Crociere che, dopo averla sottoposta a un totale e radicale riammodernamento, l'ha ribattezzata Costa Marina.
Ha 383 cabine, di cui 8 suite con balcone, 3 ristoranti, 4 bar, 2 piscine, 4 vasche idromassaggio, 1 percorso jogging esterno (200 m), 1 centro benessere con palestra e sauna, 1 teatro con circa 360 posti, 1 casinò, 1 discoteca, 1 Internet Point, 1 biblioteca, 1 sala carte e 1 Shopping Center.
Costa Allegra
Annie Johnson Costa Allegra |
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La Costa Allegra a Shanghai |
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Descrizione generale |
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Tipo |
Nave da crociera |
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Costruttori |
Oy Wärtsilä Ab |
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Cantiere |
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Varo |
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Entrata in servizio |
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Proprietario |
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Caratteristiche generali |
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28.500 t |
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Lunghezza |
187 m |
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Larghezza |
26 m |
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Pescaggio |
8,20 m |
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Propulsione |
4 x 6R46 Wärtsilä diesel Kw 19.139 |
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Velocità |
20,5 nodi |
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Equipaggio |
400 |
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Passeggeri |
984 (massimo) |
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Note |
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Soprannome |
La nave di cristallo |
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Porto di registrazione Genova |
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Costa Romantica
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Tipo |
Nave da crociera |
Costruttori |
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Cantiere |
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Varo |
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Entrata in servizio |
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Proprietario |
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Caratteristiche generali |
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53.049 t |
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Lunghezza |
220,62 m |
Larghezza |
31 m |
Pescaggio |
8,20 m |
Propulsione |
4 x Sulzer 8ZAL40S diesel 21.120 Kw |
Velocità |
18.5 nodi |
Equipaggio |
600 |
Passeggeri |
1.697 |
Note |
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Porto di registrazione Genova |
Note
Costruita nel 1993 come nave della gemella della Costa Classica è stata rinnovata nel 2003. I suoi spazi pubblici sono rifiniti in legno pregiato, marmo di Carrara e con costose opere d'arte. Ha 14 ponti e i nove riservati ai passeggeri hanno i nomi di famose città europee quali: Lisbona, Biarritz, Monte Carlo, Madrid, Vienna, Verona, Parigi, Londra, Copenaghen ed Amsterdam.
Ha 679 cabine di cui 34 suite, e di queste 10 con balcone privato, 3 ristoranti, 7 bar, 2 piscine, 4 vasche idromassaggio,un percorso jogging esterno lungo 170 m, un centro benessere dotato di palestra, sale trattamenti, sauna e bagno turco; un teatro da 600 posti su due piani (il "Teatro L'Opera"), un casinò, una sala giochi su 2 corridoi (mondovirtuale), una discoteca, un "Internet Point", una biblioteca, un centro shopping e un Squok Club (Squok è la mascotte di Costa Crociere). Dispone di 14 scialuppe (2+4+4+4)
Costa Classica
Costa Classica |
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Descrizione generale |
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Tipo |
Nave da crociera |
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Costruttori |
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Cantiere |
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Varo |
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Entrata in servizio |
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Proprietario |
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Caratteristiche generali |
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52.926 t |
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Lunghezza |
221 m |
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Larghezza |
31 m |
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Pescaggio |
7,30 m |
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Propulsione |
4 x Sulzer 8ZAL40S Diesel Kw 21.120 |
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Velocità |
18.5 nodi |
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Passeggeri |
1.680 |
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Note |
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Porto di registrazione Genova |
Note:
Ha 654 cabine di cui 10 suite con balcone privato, 2 ristoranti, 7 bar, 2 piscina, 4 vasche idromassaggio, un percorso jogging esterno lungo 170 m, un centro benessere dotato di palestra, sale trattamenti, sauna e bagno turco; un teatro da 600 posti su due piani (il "Teatro L'Opera"), un casinò, una discoteca, un "Internet Point", una biblioteca, un centro shopping e un Squok Club (Squok è la mascotte di Costa Crociere).
In totale ha 14 ponti, e nove per i passeggeri che sono dedicati a importanti località turistiche italiane: Venezia, Pisa, Amalfi, Genova, Roma, Firenze, Portofino, Capri, Ravello, Cortina D’Ampezzo.
Costa Victoria
Descrizione generale |
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Tipo |
Nave da crociera |
Costruttori |
Bremer Vulkan Werft und Maschinenfabrik GMBH |
Cantiere |
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Varo |
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Entrata in servizio |
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Proprietario |
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Caratteristiche generali |
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75.166 t |
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Lunghezza |
250,97 m |
Larghezza |
32 m |
Pescaggio |
6,80 m |
Velocità |
22 nodi |
Passeggeri |
2.394 |
Note |
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Porto di registrazione Genova |
Note:
Su un totale di 14 ponti, nove sono per i passeggeri e sono dedicati alle grandi opere liriche della musica classica: Nabucco, Bohème, Traviata, Manon, Carmen, Otello, Tosca, Norma, Rigoletto, Butterfly più il ponte Solarium. Tra le caratteristiche principali sono degne di note la panoramica Concorde Plaza, terrazza sul mare, la piscina interna del centro termale Pompei e la hall centrale Planetarium con le sue grandi vetrate sul mare e i quattro ascensori panoramici che corrono per 10 ponti.
Cinque i ristoranti: Sinfonia e Fantasia con menù a la carta; il buffet Bolero, ; il ristorante Club Il Magnifico dove vengono servite le ricette dei grandi chef italiani.
In totale dispone di 964 cabine, di cui 242 con balcone privato e 20 suite, di cui 4 con balcone privato. Inoltre ha 10 bar, 4 vasche idromassaggio, un campo polisportivo, un percorso jogging esterno, il grande teatro Festival su due piani, un casinò, una discoteca, l'internet point, una biblioteca, uno shopping center e lo Squok Club.
Nicola Costa è stato l’ultimo Presidente della famiglia armatoriale genovese. Nel 1997 la proprietà dell’azienda passò in forma paritaria all’americana Carnival (50%) e all’inglese Airtours (50%), accrescendo la capacità di investimento della compagnia genovese, ma mantenendo inalterata la sua identità di azienda italiana. Il settore crocieristico è tuttora in costante crescita e poche, ma potenti Compagnie di navigazione, si fregiano di antichi e famosi “marchi” dello shipping per dividersi, con pochi rischi economici, la concorrenza del mercato.
Carlo GATTI
Rapallo, 23.02.12
Le vere TALL SHIPS
DALL'EPOPEA DELLA VELA ALLE VERE TALL-SHIPS
Con il Congresso di Vienna ritornò la pace e la stabilità politica nel Mediterraneo. Vittorio Emanuele I di Savoia, sovrano del Regno di Sardegna, reintegrato nei suoi antichi domini, poté annettere la Repubblica di Genova. Da quel giorno la Capitale ligure tornò a vestirsi alla marinara e la gloriosa bandiera di S.Giorgio riprese a sventolare sui pennoni dei grandi velieri e dei primi clipper ad elica, in tutti i mari del mondo.
In seguito Genova sviluppò la sua celebre industria cantieristica che coinvolse, nella sua sfolgorante espansione, quasi ogni borgo delle due riviere. In seguito, verso la metà del secolo, apparvero sulla scena le grandi figure armatoriali: Gattorno, Rocca, Frassinetti, Barabino, Danovaro, Mainetto, Costa, Drago, Vaccaro, Gazzolo, Balestrino, Fravega, Consigliere, Risso, Stagno, Berardo, Picasso, Cordano, Canevaro e molti altri.
Ma fu Camogli, quel piccolo borgo rivierasco, a dare il più alto contributo, prima alla Marineria Sarda e poi a quell’Italiana. Tra il 1860 ed il 1915 Camogli armò 1200 velieri, tutti d’altura, quando già era sorta nel 1853 la prima Associazione di Mutua Assicurazione Marittima. Non fu quindi un caso che, proprio tra questa formidabile gente di mare, si affermò questo principio etico-commerciale che fu ben presto imitato anche all’estero.
Ma la storia della vela raggiunse, come tutti i cicli della vita, il suo apice e poi fatalmente il suo tramonto. Durante il 1916 – nel mezzo della Prima guerra mondiale – fu scritto l’epitaffio sulla tomba di migliaia di velieri. Soltanto l’Italia ne perdette oltre cinquecento unità sotto i colpi dei cannoni e delle mine dei sommergibili tedeschi che poche volte usarono il siluro, ben più costoso delle disarmate navi a vela. In seguito la storia, presa nel vortice di nuove guerre e allettanti tecnologie, dimenticò per lungo tempo le silenziose e romantiche vele bianche e delegò la cronaca per registrare, nel settembre del 1957, la tragica fine del Pamir, l’ultimo clipper del nitrato e poi veliero granario, scomparso in uno spaventoso uragano nell’Atlantico.
Oggi ben poco è rimasto di quella singolare epopea velica, legata ai ricordi di quei trasporti commerciali. Per fortuna, grazie alle donazioni di alcuni speciali Armatori nordici, citiamo fra tutti Gustaf Erikson, possiamo ancora ammirare nel loro antico splendore alcune navi a palo che galleggiano solitarie, fuori dal tempo, e sono in perfetta “good shape”.
Ecco i loro nomi:
Pommern. Sottoposto ogni anno a bacino di carenaggio, pitturazioni e alle manovre marinaresche dei suoi vecchi comandanti, il veliero (nave a palo) continua a vivere nel porto di Marienhamn (Åland-Arcipelago finlandese). Con l’importante Museo Navale, il Pommern rappresenta la tradizione e la cultura marinara di un popolo che ha tratto per secoli il proprio sostentamento dall’attività sul mare.
Viking. Ormeggiato in un’ansa del porto di Göteborg, tra le modernissime stazioni marittime della città, la nave a palo richiama ogni anno migliaia di visitatori che amano rivivere la vera tradizione velica del Nord Europa.
Alf Chapman. Nave-Museo e perla incastonata tra le isolette del porto di Stoccolma, a baluardo della “gamla stan” (città vecchia). E’ sempre in perfetta manutenzione e reso navigabile nelle ricorrenze delle grandi feste nella corta estate nordica.
Passat. La grande nave a palo saluta ogni giorno migliaia di passeggeri che transitano tra la Germania e la Danimarca ed è visitabile nel porto-traghetti di Lubeck-Travemunde.
Per la verità anche l’America può vantare, tra le unità della U.S.Coast Guard, la nave scuola
Eagle. Questo splendido brigantino a palo fu impiegato durante la Seconda guerra mondiale nel trasporto di merce varia nel mar Baltico. Ma, strano a dirsi, anche per il trasporto truppe.
Oggi, quasi tutti i velieri superstiti sono impiegati come navi scuola come la nostra gloriosa
Amerigo Vespucci e la Tall Ships Race (la gara tra le navi alte) che li raggruppa è diventata, fin dalla sua nascita nel 1956, l’occasione per ammirare queste uniche testimonianze del passato e per ricordare ai nostalgici della vela, le competizioni commerciali e fors’anche sportive che riempirono le cronache marittime per gran parte dell’800 e che resero celebri i clipper del té, del grano, coloniali ecc...
Nel lungo elenco di queste navi della tradizione, meritano la citazione le due belle navi a palo della marina russa:
Sedov e Kruzenstern che possono vantare, con orgoglio, il nobile pedegree di vere navi da trasporto commerciali. I due anziani velieri, tuttavia, reggono ancora magnificamente il confronto con le giovani Tall-Ships del nuovo millennio, non solo sul piano estetico, ma anche su quello della velocità.
La Kruzenstern appare addirittura imbattibile.
Le Tall Ships a Genova: “pochi spettacoli sono più emozionanti dell’armoniosa bellezza di una flotta di grandi velieri che scivola silenziosa fuori del porto, lungo una linea sinuosa e policroma che avanza e si estende”. Questo è l’indelebile ricordo che ci accompagna dalla Pasqua del 1992, quando furono celebrate le Colombiadi nel cinquecentenario della scoperta dell’America, in onore del grande navigatore genovese. In quella splendida giornata d’antichi revival, oltre mezzo milione di turisti estasiati si unirono ai genovesi per ammirare l’immensa rada che si era improvvisamente trasfigurata in un sogno vero.
Era il giorno di Pasqua, il passato sembrava risorto nelle sembianze di una processione solenne che sgusciava lentamente, con la prora in direzione del santuario della tradizione: la Camogli dei mille bianchi velieri.
Carlo GATTI
Rapallo, 22.02.12
GARIBALDI un uomo di mare
GIUSEPPE GARIBALDI
UN UOMO DI MARE
Giuseppe Garibaldi sul ponte di comando in una celebre illustrazione di Edoardo Matania
Nell’anno delle celebrazioni per l’Unità d’Italia, molto si é letto sulla figura di G.Garibaldi rivoluzionario, condottiero militare, politico, agricoltore, tombeur de femmes ecc... ecc... Per noi che respiriamo da sempre atmosfere di navi e di porti, l’Eroe dei due Mondi é innanzitutto un Uomo di Mare, di questo mare, che lo ha visto arrivare, sbarcare, prendere le armi e ripartire portando nel cuore e sulle labbra una sola idea:
‘LIBERTA AD OGNI COSTO’
La difficile Partenza dei MILLE
5 Maggio 1860
Genova sulla scena risorgimentale.
Il 7 gennaio del 1815 Vittorio Emanuele I Re di Sardegna prendeva possesso del Genovesato insieme all’antico Stato Piemontese ritornatogli in forza del Trattato di Vienna. Genova unita al Piemonte partecipò attivamente alla prosperità del Regno Sabaudo con il suo commercio, il suo porto e le sue ricchezze. Da questa antica terra fertile di eroi e molto scontrosa con gli invasori, affioravano ancora vive e forti quelle idee di libertà e d’indipendenza che nel 1831 Giuseppe Mazzini raccolse nel programma dell’Unità d’Italia, quando tutti tacevano per paura dell’esilio, del carcere e del patibolo. Dalle riviere si stagliava di prepotenza Giuseppe Garibaldi facendosi il degno rappresentante di quel programma. Nel 1846, anno portatore di grandi avvenimenti, si radunavano a Genova gli scienziati italiani e si parlava coraggiosamente di Italia Unita; nel 1847 fu un altro intrepido genovese Nino Bixio che spinse Carlo Alberto a promulgare lo Statuto. Nella prima Camera Subalpina due genovesi furono chiamati da Carlo Alberto nel Consiglio della Corona: Vincenzo Ricci Ministro dell’Interno e poi delle Finanze, e Lorenzo Pareto Ministro degli Esteri, che governarono lo Stato Sardo in momenti di alta tensione per la causa italiana. Ed é bene ricordare come nella casa segnata con il n.3 in via Cairoli, abitata da Agostino Bertani, si organizzò in gran parte la Spedizione dei Mille che partita da Quarto il 5 maggio 1860 in un baleno unì l’Alta Italia, già liberata dallo straniero, alle Due Sicilie, per cui nel marzo dell’anno successivo fu resa possibile la proclamazione del Regno d’Italia.
Il Porto di Genova, teatro della storica Spedizione
Per dare un’idea delle dimensioni e della vivacità del Porto di Genova in quel periodo di grandi fermenti rivoluzionari, ci addentriamo per un attimo tra i meandri delle vecchie calate del Porto Vecchio affidandoci a impolverate statistiche che riprendono d’incanto mestieri e professioni rimaste ancorate al plurisecolare mondo della vela che lentamente andò scomparendo proprio con l’Unità d’Italia.
E scopriamo che nel periodo (1825-1870) le opere portuali effettuate sono: il prolungamento (125 mt.) del Molo Vecchio fra il 1831 e il 1846, quello del Molo Nuovo fra il 1856 e il 1868, il banchinamento del tratto fra il Palazzo del Principe e San Benigno (Calata Zingari e San Lazzarino). Dopo il 1850 la nuova politica di Cavour ridisegna l’architettura portuale. Le nuove richieste di linee con le Americhe, le imminenti aperture dei valichi transalpini, le risonanze della Rivoluzione Industriale europea, spingono verso un’unica direzione: il rinnovamento dell’assetto portuale e ad un rilancio delle attività commerciali e armatoriali.
Nel periodo 1854-1864 il numero complessivo dei barcaioli (portuali) che operano a bordo delle navi e sulle chiatte sono stabili sulle 1000 unità, e si dividono nelle operazioni di sbarco/imbarco delle mercanzie in arrivo ed in partenza dal porto. Ci sono poi gli addetti al rimorchio delle chiatte, quelli che traghettano le persone tra i Pontili ed altri che fanno servizio ai vapori. Rimangono enucleati i 100 barcaioli della Compagnia dei Soccorsi Marittimi che sono una sorta di Corpo Pubblico fornito di 100 battelli e armato con 10 squadre di 10 persone, compreso il loro rispettivo padrone. Detto corpo viene istituito nel 1823 da un R. Decreto per entrare in azione nei casi d’incendi e di procelle. La Sezione é comandata da un Capitano di lungo corso e da un Capitano di gran cabotaggio. Questo Corpo é autonomo e i suoi membri godono di uno stipendio pubblico. I piloti sono 24, divisi in due squadre, ogni squadra ha il suo capo pilota.
“L’arte del piloto é di molta importanza e per diventare piloto fa d’uopo d’un esame pratico come lo prescrive il Regolamento. Questi conducono le navi in porto sotto la loro totale responsabilità, e perciò sia i capitani che gli assicuratori delle navi sono garantiti di qualunque sinistro accidente entrando in porto la nave.”
Nel 1854 Le maestranze presenti nel Porto di Genova ammontano a 4.143 unità e sono così suddivise:
100 Barcaioli della Compagnia dei soccorsi marittimi
100 Barcaioli numerari (avventizi) della comp. Soccorsi marittimi
500 Barcaioli di cui 241 con battello proprio
480 (504 Barcaioli in servizio alle navi (12 squadre da 40 a 42 uomini)
296 Barcaioli “tollerati” ossia non iscritti alla corporazione
24 Piloti pratici
750 Facchini di grano
367 Facchini di vino
300 Facchini di Ponte Spinola
200 Facchini del Ponte della Mercanzia
78 Facchini del Ponte Reale
38 Facchini del ponte Legna
250 Facchini della Caravana del Portofranco
40 Facchini al transito
40 Facchini ai salumi
350 Zavorrai ossia “minolli”140 Calafati (maestri)
30 Calafati (garzoni)
70 Carpentieri (maestri)
30 Carpentieri (garzoni)
40 Linguisti (interpreti)
6 Cadrai (fornitori di pasti caldi ai portuali)
Nel 1864 risultano 3.839 unità, per l’abolizione dei “Zavorrai”.
Tra il 1860-1863 50 sono i bastimenti che in media entrano ed escono dal porto.
Nel 1861 il tonnellaggio complessivo delle navi in arrivo oltrepassa il milione di tonnellate.
Nel 1818 le merci trafficate erano state 385.000 tonnellate.
Questo é il “teatro” scelto da Giuseppe Garibaldi e Nino Bixio per intraprendere la Spedizione verso Sud destinata a cambiare il destino del nostro Paese. E non può che essere Genova, la loro terra, articolata e difficile da domare, arroccata attorno a quel grande porto internazionale animatissimo di navi e genti di ogni razza, dove é facile confondersi e nascondersi tra le merci stivate sulle calate e nei vasti e tortuosi magazzini senza lasciare traccia di sé. E poi c’é la casba con la sua misteriosa ragnatela di vicoli che inizia fuori delle Calate Interne ed é cresciuta per proteggere gli amici e ingoiare i nemici ed é proprio in quella miriade di carrogi dell’angiporto che il passaparola viaggia indisturbato per assemblare la storica Impresa. Ma occorre essere marinai genovesi per conoscere ogni metro del territorio, soprattutto del centro storico più esteso d’Europa che la storia ha ceduto da secoli al riposo del navigante. In questo contesto omertoso, i Savoia sanno... ma non devono vedere. Le spie austriache non sanno e non devono sapere, ma sono dappertutto. Occorre essere profondamente liguri per vivere intensamente le aspettative e le ansie del popolo, interpretarne i moti rivoluzionari e guidarne il vecchio orgoglio repubblicano verso una sola grande meta: l’Unità d’Italia. Garibaldi é l’uomo giusto; del ligure ha l’origine chiavarese, ma anche altri tipici connotati come il carattere coraggioso e deciso dell’uomo di mare, amante della libertà, l’attaccamento al dialetto, lo spirito d’iniziativa e la generosità. Ceduta Nizza alla Francia dov’é nato nel 1807, Garibaldi ottiene la cittadinanza genovese, e per questo motivo ha forti legami con il capoluogo che rappresenta il centro vitale di quel Partito d’Azione del quale egli é il capo militare prestigioso ed indiscusso.
Un aspetto poco noto della storica Spedizione dei Mille
La stele rostrata dell’artista genovese Giovanni Scanzi è stata innalzata per commemorare i 50 anni della Spedizione dei Mille che da quel punto del porto prese inizio.
La prima e più importante Stazione Marittima Passeggeri del porto di Genova sorse proprio qui a Ponte dei Mille. Il destino volle che da questo storico e strategico terminale partissero, in seguito, molte altre spedizioni legate all’emigrazione, alle guerre, alle linee con le Americhe ed infine alle crociere turistiche dei giorni nostri. Sulla colonna rostrata di Ponte dei Mille c'è una targa commemorativa che riporta l'evento che ebbe protagonista l'Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi. Nella parte esposta al passaggio del pubblico si legge la poetica scritta in latino:
HEIC UBI PER TENEBRAS LUX FINISSIMA EMIQUIT ROMAM QUAE NOVIT POST FACTA RESURGIT
Ma é sul retro della stele che si nasconde il vero significato marinaro dell’avvio della grande impresa che fu redatta dallo stesso Eroe dei due Mondi:
GIUNGERE A BORDO DI DUE VAPORI NEL PORTO DI GENOVA ORMEGGIATI SOTTO LA DARSENA, IMPADRONIRSI DEGLI EQUIPAGGI, ACCENDERE QUINDI I FUOCHI, PRENDERE IL LOMBARDO A RIMORCHIO DEL PIEMONTE. SON TUTTI FATTI PIU’ FACILI A DESCRIVERE CHE AD ESEGUIRE E VI FAN MESTIERE MOLTO SANGUE FREDDO CAPACITA’ E FORTUNA.
Giuseppe GARIBALDI
IN MILLE SUL MARE – “Piroscafi rubati, armi da operetta, un nemico distratto e alleati che non vogliono compromettersi: eppure quella di Garibaldi fu la più grande epopea della storia d’Italia”.
A noi pare che questa frase tratta dal 4° libro di Navi e Marinai, colga pienamente lo spirito dell’impresa che non fu mai il frutto di mera incoscienza come potrebbe sembrare ad un primo esame, ma piuttosto il risultato di un rischio calcolato cui gli uomini di mare sono usi affrontare quasi ogni giorno, ben sapendo di poter contare soltanto sulle proprie forze. Quanto segue non si propone quindi d’entrare nel merito storico di uno fra i più avvincenti episodi dell'Unità d'Italia, ma piuttosto di rivisitare lo scenario genovese con i suoi principali personaggi: Garibaldi e Nino Bixio che, prima d'essere stati i valorosi combattenti che tutti conosciamo, erano Capitani di mare. Garibaldi, addirittura, ebbe la sua prima nomina a comandante su una nave camogliese; Nino Bixio fu invece l’organizzatore materiale dell'evento descritto dalla targa suddetta. La sua perizia nautica permise di iniziare con successo quella Spedizione che rimane scritta con inchiostro indelebile sui nostri testi di storia, nonostante da più parti siano in atto riletture quanto meno sconcertanti che esulano, tuttavia, dall’obiettivo del presente lavoro.
Lo Scenario Portuale e le Navi
Questa immagine rispecchia fedelmente lo scenario portuale genovese nei giorni della famosa Spedizione dei Mille.
Occorre trovare le navi per trasportare in Sicilia i Mille che stanno radunandosi a Genova da ogni parte d’Italia. Ci pensa Bixio organizzando l’evento in gran segreto con l’amico Giovanni Fauché, direttore della Società di Navigazione Rubattino. “La storia di questa prima fase del viaggio”, ci confida lo studioso com.te Bruno Malatesta “non é molto chiara. Pare tuttavia che l’armatore Raffaele Rubattino ne sia completamente all’oscuro e, scoperto il tranello, vada su tutte le furie licenziando in tronco il suo dipendente. Ma in un secondo tempo capisce che dal fatto può trarne vantaggi ed onori. Allora cambia strategia e diffonde ad arte la leggenda che lo indica come uno dei protagonisti della Spedizione. Il contratto di cessione delle navi a Garibaldi viene chiuso segretamente a Torino nei giorni precedenti la partenza, col benestare del Regno Piemontese. Va detto che questo debito sarà successivamente saldato al Rubattino con l'acquisizione della Soc. di Navig. Florio. Quell'annessione formerà il primo nucleo della Prima Flotta della Marina Mercantile Italiana”.
Ritornando alla fase iniziale della Spedizione, si scopre che Bixio e Fauché sono d’accordo, fin dal 10 aprile, di sottrarre un piroscafo alla Soc. Rubattino per destinarlo alla progettata spedizione in Sicilia. Ma ben presto emerge un nuovo problema, i volontari crescono di numero, una sola nave non é abbastanza capiente per trasportarli tutti. Decidono allora di catturarne due. La fortuna li assiste. Il Piemonte e il Lombardo si trovavano in quei giorni nel porto di Genova per mancanza di noli. All’imbrunire del 5 maggio, Bixio (fedele al motto mazziniano: Pensiero e Azione), assembla una trentina di fidati bucanieri e mette in atto un vero e proprio atto di pirateria nostrana impossessandosi dei citati piroscafi dell’armatore genovese. L’ormeggio delle due prede si trova di punta alla Batteria della Darsena, l'odierno Ponte dei Mille ed é esposto al controllo dell’Autorità portuale sabauda. Occorre quindi salpare al buio. Le due navi del Rubattino sono del tipo a motore con pale rotanti e sono anche dotate di vele quadre per tranquillizzare i passeggeri che guardano ancora con sospetto la nuova tecnologia meccanica. In mezzo a loro c’é una vecchia nave in disarmo. Si chiama Joseph e Nino Bixio l’aveva scelta come base segreta nei giorni che precedono lo scatto dell’operazione.
Nella foto il piroscafo a pale LOMBARDO in navigazione
Il piroscafo a pale PIEMONTE in un celebre dipinto d’epoca.
Ma torniamo a quella sera. Con l’appoggio di chi sa ma non lo denuncia apertamente alle Autorità, i nostri eroi salgono a bordo delle due navi, ne prendono il possesso annientando la rassegnata resistenza degli equipaggi completamente ignari degli avvenimenti in corso. Il nuovo comandante del Lombardo é Nino Bixio; Garibaldi prende il comando del Piemonte, il cui capitano, Salvatore Castiglia, é un patriota siciliano. Del commando fa parte Simone Schiaffino, l'eroe camogliese che sarà il timoniere del Lombardo.
Il piano prevede di salpare velocemente e dirigere verso il defilato Scoglio di Quarto per imbarcare il resto delle camicie rosse e proseguire per la Sicilia. Ma gli imprevisti non mancano mai! Nino Bixio viene informato dal Direttore di Macchina Giuseppe Orlando che i fuochisti non riescono ad avviare il motore del Lombardo. A questo punto il comandante garibaldino decide senza esitazioni di tentare il difficile rimorchio del piroscafo in avaria sperando che la riparazione possa concludersi durante il rimorchio o, nella peggiore delle ipotesi, durante le operazioni d'imbarco dei MILLE a Quarto.
Il Condottiero é un uomo di mare vero, cresciuto sui bastimenti a vela. Ha esercitato il comando ed ottenuto la Patente di capitano di lungo corso, proprio a Genova. Garibaldi é perfettamente consapevole dei pericoli d’affrontare quella notte. Il tragitto tra l’ormeggio della Darsena e lo scoglio di Quarto non é eccessiva (circa 5 miglia), tuttavia i rischi di far fallire la L’Impresa ci sono tutti: Possibile rottura dei cavi da rimorchio di cui nessuno conosce l’efficienza - Collisione in porto con navi alla fonda durante l’uscita con lancio di segnali d’allarme generale e accensione di fuochi in porto - Altissimo l’azzardo di essere scoperti, catturati e imprigionati dai militari savoiardi. L’inizio della Spedizione dei MILLE fa tremare i polsi anche ad esperti Capitani di l.c. come Nino Bixio (il rimorchiato) e Giuseppe Garibaldi (capo convoglio).
Il Porto Vecchio pre-industriale conservava ancora il suo impianto medievale ed era ben diverso da quello attuale. Le immagini d’epoca lo raffigurano simile ad una foresta d'alberi di velieri ormeggiati alle boe e già in competizione con altrettanti fumaioli di piroscafi che rappresentano la novità del secolo. Un nuovo modo di navigare che dovrà aspettare ancora un cinquantennio per imporsi definitivamente all’attenzione dello shipping internazionale. Lo scalo era quindi frastagliato d’imbarcazioni di ogni tipo, tantissime erano le bettoline, le maone, oltre alla presenza di quelle numerose imbarcazioni necessarie al funzionamento del porto che occupavano quasi tutto lo spazio navigabile, ridotto pertanto ad alcune canalette peraltro strette e ricche di anse.
Rimorchiatore a pale d’epoca garibaldina che, tuttavia, non potè essere impiegato nella manovra d’uscita dal porto del Piemonte e del Lombardo per non creare sospetti e allarmi nell’Autorità Portuale.
A questo punto per navigare al buio con un rimorchio senza governo occorre tanta forza d’animo. Il fallimento della Spedizione può annullare L’unità d’Italia. Ogni uomo imbarcato sul Piemonte e sul Lombardo é consapevole di vivere la Storia da protagonista e sa che porterà a compimento la sua missione lottando anche contro un avverso destino che cercasse d’insinuarsi tra le pieghe di quel colpo di mano.
Persino ai giorni nostri, il movimento di una nave ‘senza macchina’ tra due banchine del porto è normalmente effettuato in ore diurne e con tempo maneggevole, per motivi di sicurezza. La manovra è affidata alla direzione del pilota portuale, che si avvale di un rimorchiatore trainante a prora che stabilisce la rotta e la velocità del convoglio, ed un rimorchiatore (girato, frenante e trascinato) a poppa che calibra l’abbrivo ed aiuta la nave ad accostare. Il numero dei rimorchiatori impiegati dipende ovviamente dalle misure della nave, dalle condizioni meteo e da numerosi altri fattori contingenti. Il rimorchiatore frenante deve ‘abbozzare’ il cavo in coperta a poppavia per evitare di traversarsi e capovolgersi durante il trascinamento. In questa innaturale ma necessaria posizione lavora con i ‘piedi legati’, ha poca manovrabilità, tuttavia, ha anche il difficile compito di doversi trovare sempre dal lato giusto per aiutare e non danneggiare il movimento del convoglio. Chi traina stabilisce la rotta e la giusta velocità in relazione al vento, alle accostate e sopratutto alla potenza frenante del rimorchiatore di poppa. Com’è facile intuire, in questa calibratissima manovra, non solo l’esperienza gioca un ruolo determinante, ma anche la concentrazione, la precisione, il tempismo e la coordinazione tra i due rimorchiatori che spesso si trovano a dover affrontare improvvise tramontanate di 20-30 nodi, tutt’altro che infrequenti nel porto di Genova specialmente di notte. Il superamento di certe difficoltà si ottiene dopo anni di scuola di manovra la cui origine risale ad epoche ben più lontane dell’Unità d’Italia, quando al posto dei primi rimorchiatori a vapore, si usavano i gozzi a remi dei barcaioli-ormeggiatori che trainavano e fermavano i velieri a colpi di remi ed usavano la stessa tecnica appena descritta.
Questi scarsi elementi d’analisi, devono quindi farci riflettere sulle difficoltà incontrate e superate dai nostri Eroi improvvisando una manovra ritenuta a tutt’oggi tra le più delicate dagli addetti ai lavori. Tutt’oggi ci chiediamo se il Piemonte al comando di Garibaldi, ed il Lombardo al comando di Bixio, siano stati aiutati ad uscire dal porto da esperti barcaioli portuali offertisi volontari (nottetempo) per la risoluzione di quell’improvviso problema nautico?
Siamo giunti così alla ‘fase operativa’ di questo racconto in cui il nostro sforzo di fantasia non è stato eccessivo, perché l’esserci immedesimati totalmente nella manovra, ci ha fatto comprendere pienamente il senso del messaggio di Garibaldi riportato sulla stele dello scultore Scanzi.
Le parole del marinaio-generale Garibaldi rivelano, infatti, l’ansia e la sofferenza del vero uomo di mare che é costretto dagli avvenimenti a scegliere una fuga d’emergenza che si è dimostrata vincente con il solo supporto di ‘un po’ di fortuna e tanto coraggio’.
La manovra
Il Piemonte salpa per primo le ancore e s’affianca al Lombardo lasciato sui cavi sottili di poppa. Una parte dell’equipaggio si dedica all’attacco di rimorchio, l’altra comincia a virare le ancore della nave in avaria. Combinate le manovre in modo da terminarle contemporaneamente, le due navi partono dalla Batteria della Darsena con l'ausilio, probabile, di compiacenti barcaioli-ormeggiatori. Sono le 2,15 del 6 Maggio 1860. Quel rimorchio rappresenta un capolavoro di tecnica marinaresca: con abili maneggi dei cavi di traino e variazioni delle motrici, le due navi scivolano via nella giungla di barche ormeggiate nello specchio d'acqua del porto. L'operazione é condotta nel massimo silenzio e nel tempo più breve possibile, senza l'ausilio dei Servizi portuali.
Nel grafico riportiamo la probabile rotta d’uscita del convoglio da Genova. E’ quasi certo l’impiego di cavi da rimorchio di cocco o canapa, sistemati a briglia e passati il più esternamente possibile dalla poppa del Piemonte e sulla prua del Lombardo. Questa attrezzatura rende sensibile il rimorchio ai richiami durante le accostate e i colpetti di macchina. Occorre smorzare l’abbrivo eccessivo e lo scarroccio laterale del rimorchio. Se i cavi da rimorchio sono corti, il Lombardo in fase d’abbrivo può toccare la poppa del Piemonte con l’albero di bompresso. Se i cavi sono lunghi il Lombardo non sente la briglia e, prendendo delle sverinate (accostate) da una parte o dall’altra, può investire ostacoli lungo il canale d’uscita. In queste rapide decisioni dettate dal vento e dagli ostacoli presenti lungo il percorso, sta la sofferenza descritta dal Generale nella targa ed il segreto della buona riuscita impresa. In ogni caso é accertato che, giunto il convoglio sull’imboccatura del porto, inizia la tortura del mare lungo da scirocco che produce agli scafi movimenti d’insidioso beccheggio. I cavi da rimorchio vengono in tiro e minacciano di strapparsi. Garibaldi dà l’ordine immediato di allungare i cavi da rimorchio passando dai 20 metri iniziali di manovra ai 40/50 metri di navigazione.
La Tecnica di rimorchio a “briglia”
Le cronache dell’epoca riportano infatti che appena giunti fuori dallo scalo genovese, il piccolo convoglio incontrò quel mare lungo che tanto fece patire certi volontari non abituati a viaggiare sulle navi.
Con i cavi di rimorchio posti in sicurezza, le due navi giungono allo scoglio di Quarto alle 3,30 di quella stessa mattina. Il motore del Lombardo viene riparato e le due navi salpano verso il SUD da liberare alle 7,15 - L'operazione preliminare dell'Unità d'Italia ha avuto successo.
….SON TUTTI FATTI PIU’ FACILI A DESCRIVERE CHE AD ESEGUIRE E VI FAN MESTIERE, MOLTO SANGUE FREDDO, CAPACITA’ E FORTUNA
Al contrario dei cosiddetti ‘terrazzani’ (uomini di terra), l’uomo di mare giustifica sempre i propri successi evocando la fortuna, proprio come Garibaldi. Ma si tratta di una pratica antica, forse superstiziosa che evita le sfide a quel caratteraccio volubile di Eolo da cui provengono tutti i guai ... Ma la verità é più semplice. Il senso marinaresco é un sentimento che viene da lontano passando da padre in figlio, proprio come nel caso del nostro Eroe Massimo cui non possono mancare gli strumenti mentali e nautici per affrontare con la giusta determinazione quel tratto di mare a rimorchio verso la grande Storia. Già! Il corso di quella Storia che sarebbe stato ben diverso se quella notte, insieme ad un pugno di marinai, l’Eroe dei due Mondi non fosse riuscito a scrivere quella difficile quanto ignorata pagina di perizia marinaresca.
Che fine fecero i due piroscafi? All'arrivo a Marsala, sia il Piemonte che il Lombardo riuscirono a sbarcare le camicie rosse, ma furono anche bersaglio dell'artiglieria borbonica. Dopo vari incagli e disarmi, il Piemonte venne avviato alla demolizione nel 1865 ed il Lombardo andò in secca alle Isole Tremiti nel 1864 durante uno dei suoi trasporti di prigionieri politici verso quelle isole adriatiche.
“Quando siamo partiti da Genova per la spedizione di Sicilia, il generale Garibaldi, calcolando in un batter d’occhio, scelse la nostra navigazione in modo che da Talamone a Marsala non incontrammo un bastimento. E credete voi che ciò lo abbia imparato nelle scuole?”
Nino Bixio alla Camera dei Deputati il 14 giugno 1861
I marinai Garibaldi e Bixio.
Garibaldi e Bixio frequentarono la Scuola Nautica di Genova verso il 1820 per imbarcarsi, al termine degli studi, come mozzi nella Marina Sabauda.
Bixio, dopo aver effettuato imbarchi come comandante di velieri, intraprese l'attività politica e patriottica e fu stretto collaboratore di Garibaldi. Dopo le vicende dell'Unità d'Italia, si dedicò all'attività di imprenditore-esploratore e, nel 1873, nel Mar della Sonda, morì di colera.
Giuseppe GARIBALDI (Nizza, 4.7.1807- Caprera 2.6.1882)
LE SUE NAVI
Lo scarno elenco di navi che segue é dedicato soprattutto a chi ha navigato e sa di mare. Giuseppe Garibaldi fu, prima di ogni altra cosa, un Uomo di Mare e lo rimase per tutta la vita.
Sulla Tartana “Santa Reparata” del padre Domenico – effettua viaggi di cabotaggio.
Sul Brigantino “Costanza” - effettua il 1° Imbarco ufficiale (1823-1824) Brigantino “Giovanni Francesco” passa Gibilterra e naviga in oceano (1826) – Successivamente parte con la Nave “Conte de Geneys” (1827) e poi con il Brigantino “ S.Giuseppe” (1827). Sul Brigantino “Cortese” Imbarca come Secondo e passa poi Scrivano. Assaliti dai pirati greci. G. Garibaldi sbarca ammalato a Costantinopoli. Sempre come scrivano imbarca sul Brigantino “Nostra Signora delle Grazie” del capitano e armatore Antonio Casabona di Camogli. Giuseppe Garibaldi passa al Comando (1832) e intraprende viaggi per il Mar Nero.
Nel febbraio del 1832 imbarca sul Brigantino “La Clorinda” – Dopo alcuni viaggi, sbarca per compiere il S. Militare e imbarca sulla “Euridice” con il nome di guerra “Cleombroto” (1933) - Ricercato come appartenente alla “Giovine Italia” e ritenuto responsabile del tentativo di sollevazione della flotta organizzata da Mazzini, il 4 febbraio 1834 fugge a Marsiglia e trova asilo sul brigantino genovese “Assunta” - Vive a Marsiglia e s’imbarca sul bastimento Unione” in partenza per Odessa. Successivamente s’imbarca sul bastimento francese “Nautonier” diretto a Rio de Janeiro. Giunto in Brasile, Garibaldi partecipa alla lotta di liberazione dello Stato del Rio Grande do Sul e viene nominato Comandante della nave da guerra “Mazzini” con regolare Patente di Corsa rilasciata dal governo. Affondato il “Mazzini” in combattimento, prende il comando del “Luisa”. In questo periodo comanda con alterna fortuna le navi della flotta rivoluzionaria. Partecipa a numerosi colpi di mano come quello avvenuto con la Scuna “Virgen de Recco” sul fiume Uruguay. Terminata l’avventura sudamericana, Garibaldi ritorna in Italia con 78 legionari sul brigantino “Bifronte” dell’armatore Gazzolo di Nervi. La nave durante il viaggio cambia nome, diventa “La Speranza” e arriva felicemente a Genova il 23 giugno 1848. Tuttavia, dopo gli avvenimenti della Repubblica Marinara e della fuga in Romagna, l’Eroe dei due Mondi é costretto nuovamente a fuggire in America (New York). Il 31 ottobre 1851 l’armatore camoglino De Negri gli affida il comando del Brigantino a Palo “Carmen” sotto bandiera peruviana. Rimane molti mesi in Cina e rientra in Perù il 24.1.1853 dopo un viaggio avventuroso e fuori rotta attraverso l’Australia e la Tasmania. Il viaggio successivo é ancora più pericoloso. Carica lingotti di rame a S.Antonio a sud di Valparaiso e lo trasporta (via Capo Horn) a Boston (6.9.1853). Sotto la spinta dei patrioti italiani all’estero, l’Armatore ligure Fratelli Casaretto gli mette a disposizione un bastimento di 1.100 tonn. che viene chiamato “Commonwealth” . La nave carica di grano e farina parte il 6.1.1854 e arriva il’11.2.54 a Londra. 26 giorni di viaggio in quella stagione mettono in evidenza la perizia nautica di G.Garibaldi. Carica carbone e parte in aprile per Genova dove giunge il finalmente il 7.5.1854. I tempi non sono “politicamente” maturi e l’eroe ritorna a navigare. Ottenuto il Certificato di Capitano di Prima Classe, imbarca sul vapore a elica “Salvatore” e può cominciare a risparmiare denaro per la casa di Caprera dove si stabilirà nel 1858. Con il Cotre “Emma” avuto in regalo da una sua ammiratrice, si sposta tra l’isola e il continente cogliendo anche l’occasione di un buon nolo per il trasporto di un piccolo ponte metallico. Purtroppo, nel 1859 la “Emma” cola a picco, come un suo precedente Cotre “Patria” costruito a Voltri e incagliatosi proprio a Caprera. Durante quella disavventura nautica, l’equipaggio si salvò e Garibaldi conobbe e s’innamorò dell’isola. Poi ci fu l’Impresa dei Mille, ma il “Piemonte” era una nave militare ed il suo grado era quello di “Generale” e nessuno lo chiamò più Comandante.
Desidero concludere questo viaggio con una annotazione ed un ringraziamento.
- Se Chiavari vanta il primato d’aver eretto il primo monumento a Garibaldi in Liguria, Camogli può dirsi fiera d’aver onorato, per prima in Italia, un garibaldino, il suo eroe Simone Schiaffino.
- Questa 10° pubblicazione ha un merito particolare, l’aver proiettato un cono di luce su sette rapallini che seguirono G.Garibaldi nella Spedizione dei Mille. Purtroppo il ricordo delle loro gesta cadde molto presto nell’oblio. Questa rivisitazione storica é stata possibile grazie all’interessamento e al contributo del Sindaco Mentore Campodonico e della sua Amministrazione che ringrazio a nome di Mare Nostrum.
Carlo GATTI
21.02.12
Bibliografia:
Alexandre Dumas - I garibaldini
Federico Donaver - Storia di Genova – Tolozzi Editore
Denis Mack Smith - Garibaldi
Alfonso Scirocco - Giuseppe Garibaldi
Giç Bono Ferrari - Navi e Marinai di Liguria
Dario Dondero - L’Arte dei Barcaioli a Genova – graphos storia
Aldo G. Velardita - Porto- Lavoro Portuale
Secolo XIX - La mia Terra - La mia Gente
Navi e Marinai – Volume 4°
Gio. Bono Ferrari - Capitani di Mare e Bastimenti di Liguria
Diario di Bordo di G.G. – Davide Gnola
Il presente studio é stato pubblicato dall’autore, in forma ridotta, sul mensile IL MARE nel 2006 con la grafica e consulenza del C.L.C Bruno Malatesta (Vicepresidente Società Capitani e Macchinisti di Camogli) che RINGRAZIO.
Le NAVI PASSEGGERI di Linea italiane 1900-1970
LE NAVI PASSEGGERI DI LINEA ITALIANE
DAL 1900 AL 1970
Un particolare aspetto dell’attuale Made in Italy, che tanto onore ci fa nel mondo, è quello delle navi da crociera. La chiave di lettura di questo fenomeno italiano in costante crescita, si trova obiettivamente nella richiesta del mercato turistico globale e nelle indubbie capacità di qualche bravo Armatore nostrano. Tuttavia, noi siamo tra coloro che notano, con immenso piacere, una grande eredità riemergere dal passato: la tradizione navale del nostro Paese che prese avvio all'inizio del ‘900, con il trasporto di linea dei passeggeri e che culminò con l’epoca d’oro dei transatlantici in quei ventidue anni che intercorsero tra le due guerre mondiali. Un certo tipo di navigazione che sembrava dovesse scomparire e che invece ci è stato conservato.
All’epoca furono le massicce ondate migratorie verso il Nuovo Continente e la nascita di un flusso turistico americano verso l'Europa, a stimolare da una parte le grandi Compagnie di Navigazione a creare navi più capienti, più confortevoli, più belle e più veloci e, dall'altra, i Cantieri a soddisfare tali richieste con tecnologie ed innovazioni sempre più avanzate. Oggi, la grande nave pare essere l’ultima occasione per evadere dagli agglomerati urbani con i loro problemi ambientali; il turista brama la riscoperta di un rifugio naturale che annulli i ritmi frenetici della vita lavorativa e rallenti il progresso dei trasporti aerei che uccide il tempo e non concede più nulla alla gioia degli occhi. Tra questi inconsci desideri fa capolino l’immensa, rassicurante, nave da crociera. Hotel a cinque stelle, che dolcemente s’impossessa del turista per farlo sognare in una realtà del tutto naturale come gustare un’alba, un tramonto, vivere le emozioni di una burrasca e partecipare alla navigazione che non è virtuale ma vera, con i suoi profumi salmastri in compagnia dei gabbiani, con i suoi naturali movimenti di rollio e beccheggio. C’è un filo che lega ancora l’epoca d’oro dei transatlantici di linea a quella crocieristica odierna: l’idea di vivere una pausa, una nuova esperienza senza affanni, immersi nella natura, rassicurati da equipaggi disponibili, gentili e professionali. Nulla è cambiato! Chi scrive, ricorda che a bordo del Vulcania e Saturnia, nei primi anni ’60, numerosi passeggeri nordamericani viaggiavano con l’equipaggio, ripetendo le traversate atlantiche perchè s’innamoravano dello “stile italiano”, dell’arte itinerante delle nostre navi, incuriositi della presenza di celebri attori, scrittori, politici ecc... attratti dalla prestigiosa cucina dei nostri chef, divertiti degli shows artistici sempre nuovi, dei giochi di società, dei films in prima visione, delle immense biblioteche internazionali, ed ogni viaggio era sempre diverso come le vere emozioni della vita che non si ripetono mai. Questi sono forse i motivi per cui, nell’era degli aviogetti supersonici e dei viaggi spaziali, la nave resta d’attualità. Le masse alienate delle grandi città, delle metropoli industriali scoprono una nuova filosofia di vita, fanno propria un’occasione irrepetibile di civiltà.
Una Curiosità Storica
Nell’anno 1854, il Sicilia di 828 Tsl. una minuscola - diremmo oggi - imbarcazione a elica, partì da Palermo ed arrivò a New York, dimostrando al mondo che l’Atlantico poteva essere attraversato in sicurezza per opera dell’uomo, senza l’aiuto del vento, aveva a bordo 48 passeggeri e un carico di agrumi siciliani. Tuttavia, le speranze di iniziare un regolare servizio di linea s’infransero quando, nello stesso anno, la nave affondò vicino alle coste irlandesi.
A volte la Storia accelera i suoi Ritmi
l’Unità d’Italia - La fine della Guerra di Secessione americana - Il flusso migratorio verso le Americhe - L’Apertura del Canale di Suez e d’alcuni varchi alpini - furono i trampolini che proiettarono le capacità imprenditoriali di molti armatori. Toccò dieci anni più tardi, nel 1864, all’armatore genovese Giovanni Lavarello, inaugurare il primo servizio di linea tra Genova ed il Sud America, mentre il primo servizio regolare di linea fra l’Italia e New York fu quello stabilito dalla Compagnia palermitana Florio che iniziò con quattro navi sotto le 2.000 Tsl: due acquistate di seconda mano, mentre la Vincenzo Florio e la Washington di 2840 Tsl, di costruzione scozzese, erano nuove e sviluppavano una velocità di 12,5 nodi.
* Una Significativa Statistica
La breve statistica che segue, fotografa la lenta evoluzione dei nostri bastimenti dalla vela al motore.
1865 – su un totale di 1.274 bastimenti - 3 erano a vapore
1890 - su un totale di 2.271 bastimenti - 225 erano a vapore
1904 - su un totale di 2.512 bastimenti - 1416 erano a vapore
*(Dati ricavati dal Registro Navale Italiano (R.I.N.A) a cura della Società Cap. e Macch. Di Camogli).
I cannoni e i siluri germanici, affondando gli ultimi maestosi e silenziosi corsieri dei mari, decretarono la fine di un’epoca irrepetibile, giustamente ricordata come Epopea della Vela. Quel vuoto mercantile, ridotto ormai - per la verità - ad un’esigua percentuale, fu colmato prontamente e definitivamente dai piroscafi sempre più potenti e sicuri che diedero inizio ad una nuova tradizione quella delle: Navi di Linea
Nasce la N.G.I. dalla fusione della Florio e la Rubattino
La Africa (nella foto), fu una delle prime navi a transitare il Canale di Suez nel 1869 quando apparteneva alla Soc.Rubattino. L’unità, pur avendo il motore, disponeva di tre alberi per armare le vele e tutto ciò aumentava la sicurezza (soprattutto psicologica) dei passeggeri.
La nuova Società fu battezzata N.G.I (Navigazione Generale Italiana) nacque nel luglio del 1881 e risultò composta di 81 vapori, per un tonnellaggio complessivo di 59.727 tonnellate. Soltanto 8 navi erano di costruzione italiana a dimostrazione di quanto fosse in ritardo l’intero settore navale, se paragonato a quello inglese da cui provenivano le altre 73 unità della neonata Società. La N.G.I fu l’unica a detenere la linea passeggeri nel Nord Atlantico fino al 1901 e poi, ancora per vent’anni ad esserne il leader su quelle rotte.
Sempre nel 1901, la N.G.I ingoblò la Soc. La Veloce che era in linea nel Sud America con 12 navi, che presto furono trasferite su quella del Nord America.
All’inizio del 1904 la N.G.I disponeva di ben 103 navi che furono impiegate su tutte le principali rotte commerciali del mondo.
Il vero Business
A partire dai primi anni del secolo XIX fino agli anni ‘60 del novecento, il trasporto degli emigranti attirò investimenti sicuri e produsse uno sviluppo nelle Costruzioni Navali il cui eco rimbalza ancora oggi nei Cantieri della nostra regione e, come abbiamo visto, ne caratterizza tuttora i loro attuali successi. Le cifre che seguono danno un’idea della vastità del fenomeno: 5.340.000 italiani emigrarono negli Stati Uniti, di cui 4.480.000 negli anni compresi tra il 1880 e il 1924.
Con l’avvento del secolo XX, il traffico marittimo internazionale segnò uno sviluppo sempre maggiore. I Paesi protagonisti di questa nuova epopea dei trasporti marittimi, sviluppatasi in un clima di forte concorrenza, di rischi colossali e del gigantismo più avanzato, furono dapprima la Gran Bretagna e la Germania. Poi fu la volta degli Stati Uniti, del Canada, dell’Italia, della Francia, dell’Olanda e dei Paesi Scandinavi.
La potente N.G.I si fa paladina ed ambasciatrice dell’Italia sul Mare
Per difendere l’autonomia italiana sui mari, era necessario pensare in grande per uscire dalla cerchia ristretta delle competizioni locali. Occorreva entrare con coraggio nel già prospero mercato internazionale, la cui natura era caratterizzata da un forte “sentimento nazionalistico”.
La N.G.I intendeva soprattutto assicurarsi il traffico degli emigranti italiani che era gestito dalle altre bandiere europee, in condizioni di privilegio, non essendo gravata da tutti quegli oneri che invece incidevano sui bilanci delle nostre società di navigazione. Nel 1900 sul totale di 97.927 emigranti partiti dall’Italia per il Nord America, 79.787 (83%) era stato trasportato dalla bandiera estera e 18.140 (17%) da quella italiana. “I nostri piroscafi partivano stracarichi e in condizioni pietose dal lato delle comodità e dell’igiene. Gli emigranti erano trattati a bordo nel peggiore dei modi ed erano sistemati fino al terzo e al quarto corridoio delle stive e in ciascuno a tre ordini di cuccette sovrapposte. Costretti a trascorrere le ore diurne in coperta erano esposti alle piogge, al sole, alle temperature più calde o più fredde a seconda delle latitudini in cui viaggiavano. L’alimentazione era ridotta al minimo indispensabile e su alcune navi la distribuzione dell’acqua potabile erano veri agenti trasmettitori di malattie”. (Radogna-Ogliari-Rastelli-Spazzapan “Storia dei Trasporti Marittimi” Vol.III)
Due Leggi decisive
Questa miserevole situazione che si rinnovava nei porti d’imbarco, venne diffusa e amplificata da famosi scrittori e dai giornali dell’epoca; infine, il Governo si decise ad emanare una nuova Legge sull’Emigrazione, che fu promulgata il 31 gennaio 1901 e che disciplinò il trasporto degli emigranti con norme ben precise per impedire ogni speculazione. Sicurezza, igiene, comodità, tariffe di passaggio furono regolamentati e fu affidato ad un Commissario per emigrazione, il controllo ed il funzionamento dei flussi migratori.
Nello stesso 1901, il Governo con un altro provvidenziale colpo di timone, fornì all’Italia Marinara un importante provvedimento: fu infatti promulgata la Legge Bettolo in favore dell’Industria delle Costruzioni Navali, che stabilì in 8.000.000 £ la sovvenzione ai Cantieri e all’Armamento di linea.
La N.G.I ne approfittò per ordinare la costruzione di 5 piroscafi da passeggeri, due ai Cantieri di Riva Trigoso, due a quelli di Sestri Ponente e uno a Livorno. Il programma della Società genovese fu di intensificare i servizi liberi e in particolar modo quelli per le due Americhe per il trasporto dei passeggeri e degli emigranti, in modo da poter affrontare la concorrenza estera, che nei primi anni del nuovo secolo si presentò ancora più invadente.
Nacque così, nei primi anni del ‘900 il primo servizio organizzato di linea.
La Nascita del Lloyd Sabaudo
Il Lloyd Sabaudo nacque il 21.6.1906 con la partecipazione della Casa Reale.
Nel biennio 1907-08 furono varati tutti e sei i nuovi grandi piroscafi transatlantici ordinati nel 1904 per le Linee del Nord e del Sud America. Della Classe Ducale facevano parte: “Duca degli Abruzzi”-“Duca di Genova” (nella foto)-“Duca d’Aosta”. Della Classe Regale facevano parte: “Re Vittorio”-“Regina Elena”-“Principe Umberto”. Le navi gemelle stazzavano: 7838-4119 tonn.
Il cosiddetto salto di qualità fu compiuto dalla Società L.S. tra il 1922 ed il 1930, con l’entrata in servizio della classe “Conti” sulla linea del Nord America. Le prime unità: il Conte Rosso ed il Conte Verde, di costruzione inglese, erano molto simili; così come lo erano le altre due unità: il Conte Biancamano, anch’esso di costruzione inglese, ed il Conte Grande che invertì la tendenza e fu costruito in Italia dallo Stabilimento Tecnico di Trieste.
19.2.1922 -Il Conte Rosso in uscita dal Porto di Genova per il suo viaggio inaugurale per N. York
Queste quattro “signore” dei mari avevano in comune il fascino dell’Italian Style ed una riconosciuta affidabilità. Queste indiscusse qualità attirarono una clientela di prestigio e proiettarono il Lloyd Sabaudo verso nuove ed ancor più prestigiose costruzioni e l'Italia riuscì a conquistare senza ombra di dubbio il suo posto al sole distinguendosi con navi di ottimo gusto e comfort, oltre che di prestigio e di alta tecnologia. I due poli cantieristici di Genova e Trieste diventarono così i protagonisti di una sfida all'eccellenza nella costruzione dei più bei transatlantici in quella che venne definita "l'età dell'oro" dei liners.
La N.G.I verso il Rinnovamento
Il Giulio Cesare e il Duilio della N.G.I furono progettati nello stesso periodo della classe “Conti” del Lloyd Sabaudo, ma rispetto a queste unità avevano un tonnellaggio superiore e quindi erano in grado d’incutere maggior rispetto alla forte concorrenza nordeuropea, che già da tempo operava con navi di grande stazza.
Giulio Cesare e Caio Duilio (nella foto), le cui lunghezze erano prossime ai 200 metri, rappresentarono il raggiungimento di un importante traguardo tecnologico, sul difficile percorso del traffico passeggeri che era in grande espansione, non solo per la crescente domanda, ma soprattutto per il prestigio che aspirava la forte politica espressa dai Governi degli Stati più importanti dell’epoca.
La N.G.I verso il Cosolidamento
A metà degli anni ’20, la N.G.I di Genova progettò, costruì e mise in linea per gli Stati Uniti due splendide navi: la Roma e l’Augustus. Le misure di queste due unità erano le più grandi mai costruite con bandiera italiana dai Cantieri genovesi Ansaldo. Il Roma (1926) era dotata di una turbina italiana che le consentì la ragguardevole velocità di 24 nodi, corrispondenti a circa 50.000 cavalli di potenza e con oltre 30.000 tonnellate è stata la più grande nave costruita sino ad allora e anche la più lunga (215 mt); fu anche la prima ad essere dotata di piscina e relativi servizi. Per far comprendere la sua grandezza all'epoca veniva descritta come un "monumento del mare, più lungo di San Pietro, più largo del Ponte di Rialto e più alto della Torre di Pisa".
II primato del Roma (nella foto) è stato superato un anno dopo dalla M/n Augustus, 32.650 t.s.l.
Sull’Augustus era stato installato un motore Diesel (tipo Mann) e la sua velocità risultò inferiore, ma sempre intorno ai 20 nodi. L’Augustus fu la prima nave ad avere un ponte lido con piscina all'aperto. Questi due imponenti transatlantici, dalle linee eleganti e moderne, ebbero un meritato successo e rimasero sulla linea di New York sino alla fine del 1932. Alla fine del 1940 a Roma fu requisita dalla Regia Marina con il proposito di trasformarla nella portaerei Aquila.
Le navi italiane già allora si distinguevano fra tutte, mettendo in luce quelle che erano le caratteristiche del Made in Italy: una supremazia incontrastata non solo per il design inimitabile e l'innegabile gusto negli allestimenti interni, ma anche per le soluzioni tecnologiche adottate.
Nei tardi anni '20, Benito Mussolini, decise che l'Italia sarebbe stata fra le nazioni leader in tutti i campi: scienza, esercito ed anche in mare. Prima di questo momento, dalla seconda metà del XIX secolo, tutte le navi più prestigiose in servizio sull'Atlantico erano inglesi della Cunard Line e della White Star e francesi. Le tedesche che proprio con la North German Lloyd stava costruendo in quegli anni le sue due più veloci e grandi navi della sua storia, il Bremen e l'Europa, che furono anche campioni di velocità. Sta di fatto che i transatlantici in rotta nel Nord Atlantico erano anche la vetrina internazionale delle nazioni che le possedevano. Per tale scopo il Lloyd Sabaudo e la NGI ricevettero finanziamenti per la costruzione di due nuovi supertransatlantici italiani. Nel 1927 Mussolini annunciò che l'Italia avrebbe presto incominciato la costruzione di due navi per le quali il mondo intero stava aspettando, più tardi nominate Rex e Conte di Savoia. Di queste due, il Rex sarebbe stata la nave più grande e veloce, ed arredata in stile più classico, in contrasto con la tendenza Art-Deco di allora, iniziata con la nave francese Île de France.
A fronte di questo, l'Italia non aveva però una forte Compagnia di navigazione sotto la sua bandiera, così il Duce decise che le tre principali compagnie italiane, la NGI il Loyd Sabaudo e la Cosulich Line, si sarebbero fuse per dare vita ad una forte Compagnia nazionale: l'Italia di Navigazione.
Anni ‘30
L’EPOPEA DEI LEVRIERI: “REX” - “CONTE DI SAVOIA”
Con questi Giganti di linea, la genovesità entrò nell’olimpo delle grandi tradizioni marinare del mondo. Si giunse così agli anni '30, anni gloriosi caratterizzati dallo splendore del Rex e del Conte di Savoia, i più grandi transatlantici mai posseduti dalla flotta italiana. Sono nomi che da sempre colpiscono la nostra immaginazione: il Rex è forse il più famoso, il più sognato, il più iconografico transatlantico italiano, una leggenda resa immortale da Fellini nel suo film "Amarcord". Il Rex era un super-liner da 50.000 tonnellate con dodici ponti, il top del lusso e dell'eleganza, l'ammiraglia cui sarebbe spettato il ruolo di portabandiera dell'Italia, simbolo dello stile italiano e della qualità del Made in Italy. Costruito a Genova Sestri per l'utilizzo nella prestigiosa rotta verso New York, ha legato il suo nome alla conquista del Nastro Azzurro, battendo nel 1933 il record della traversata Gibilterra - New York compiuta in 4 giorni e 13 ore, ad una velocità media compresa tra le 28,5 e le 30 miglia orarie.
16 .8.1933 - Il Rex (nella foto) con il Gran Pavese delle grandi occasioni, entra trionfante a New York. Lo attende l’ambito Nastro Azzurro guadagnato sulla distanza storica Gibilterra-New York (Ambrose) di 3.181 miglia coperta in 4 giorni-13 ore e 58 minuti, alla velocità oraria di 28,92 nodi. Il Record gli fu strappato, dopo soli due anni, dal francese Normandie, un "mostro" da 83.000 tonnellate di stazza e 314 metri di lunghezza.
Nave |
Rex |
Conte di Savoia |
Bandiera |
Italiana |
Italiana |
Compartimento |
Genova |
Genova |
Ordinato |
2.12.29 |
28.12.29 |
Cantieri |
Ansaldo-Genova |
S.Marco-trieste |
Committente |
N.G.I |
Lloyd Sabaudo |
Varo |
1.8.31 |
28.10.31 |
Stazza Lorda |
51.062 |
48.502 |
Lunghezza f.t. in metri |
268 |
248 |
Larghezza |
29,5 |
29 |
Equipaggio |
756 |
786 |
Potenza Cavalli |
142.000 |
130.000 |
Ponti |
12 |
11 |
Archittetura-Stile |
‘800 |
‘900 |
Velocità Massima |
29 |
29,5 |
Passeggeri in 3 classi |
1392 |
1278 |
Nuvole nere apparvero, in modo prematuro, all’orizzonte e presagirono tempeste su tutto il mondo. Presto calerà il sipario sulla “stagione d’oro dei transatlantici” che lasceranno la scena ai nuovi barbari. Gli eventi bellici della 2a guerra mondiale interruppero e conclusero la brillante e breve carriera del Rex e Conte di Savoia in modo molto tragico. Nel 1939 sulle murate delle navi italiane vennero dipinte due grandi bandiere tricolori in segno di neutralità, per distinguerle dalle unità degli stati coinvolti nella 2a guerra mondiale. Il 25.5.1940 la Direzione della Società Italia di Navigazione annunciò la sospensione del servizio transatlantico di linea. Rex e Conte di Savoia furono destinate ad un lungo disarmo verso porti più sicuri di quello di Genova. Il 9 settembre 1943 i Tedeschi occuparono Trieste. Sul Rex iniziarono subito le razzie di tutti i suoi preziosi arredamenti, tappeti, quadri, posaterie, porcellane ecc…Il 13 marzo 1944 l’ex-ammiraglia cambiò bandiera e dal quel giorno fece compartimento Amburgo. Il 10 giugno 1944 il Rex si salvò miracolosamente da un terribile bombardamento a tappeto che colpì tragicamente Trieste. Stessa tragica sorte era già toccata al Conte di Savoia l’11 novembre del ’43 quando la più bella unità italiana fu ridotta ad un ammasso di lamiere fumanti, sotto i bombardamenti di una squadriglia d’aerei tedeschi. Durante questo periodo, le altre maggiori navi italiane, fra cui il Roma e l'Augustus, furono o bombardate dagli alleati o auto-affondate dai tedeschi. L'Italia perse 31 delle sue 37 navi passeggeri. La buona sorte baciò invece le sue unità più vecchie: Saturnia e Vulcania che continuarono a prestare servizio fino al 1965, quando entrarono in servizio la Michelangelo e la Raffaello.
Le Quattro Sorelle: Saturnia e Vulcania, Neptunia ed Oceania
Furono costruite per la Soc. Cosulich di Trieste.
Primi anni ’60. Il Vulcania incontra il Saturnia (foto) in oceano per la gioia dei passeggeri.
Un ricordo particolare meritano le motonavi Saturnia, Vulcania, Neptunia e Oceania. Le quattro unità più importanti della Linea Cosulich, (assorbita in seguito dalla Società Italia di Navig.) furono costruite dal Cantiere Navale Triestino di Monfalcone tra il 1924 e 1934, la cui storia ci riporta nell’atmosfera ormai perduta della vita a bordo delle navi passeggeri nella prima metà del secolo XX. Nel 1924 la Cosulich, diventata Società Triestina di Navigazione, realizzò un vero e proprio salto di qualità con l’impostazione dei transatlantici Saturnia e Vulcania.
Le due navi varate rispettivamente nel 1925 e nel 1926, hanno rappresentato una svolta nello stile architettonico e nell'arredamento, passando dal liberty ad un gusto più razionale e moderno, anche se ancora fortemente classicheggiante. Prime al mondo, queste navi si distinguevano per un nuovo e più moderno disegno dello scafo e dello skyline, caratterizzato da un unico fumaiolo particolarmente basso. Progettate per i servizi celeri di linea tra Trieste e il Nord America, le due navi si distinsero per le scelte moderne e coraggiose operate particolarmente per quanto riguardava gli apparati propulsivi diesel, in ragione della velocità, dell’economicità di esercizio e dell’affidabilità generale. Neptunia e Oceania furono sotto alcuni aspetti ancora più innovative di Saturnia e Vulcania, ma ebbero la sfortuna di andare presto perdute durante la seconda guerra mondiale. Saturnia e Vulcania operarono lungamente nel secondo dopoguerra, venendo infine demolite all’inizio degli anni Settanta. Numerose furono le navigazioni che videro queste navi far parte di numerosi convogli e partecipare alle missioni di rimpatrio dei civili italiani dall’Africa Orientale, tra il 1942 e il 1943.
LA RIORGANIZZAZIONE POSTBELLICA
Strutture ed infrastrutture portuali distrutte e inagibili. Fondali da bonificare e sgomberare da centinaia di relitti. La Flotta italiana ridotta ad un’esigua entità. Questa era in sintesi la drammatica situazione dell’Italia marinara l’8.5.1945, alla fine delle ostilità. Lo sforzo riorganizzativo compiuto dal Governo italiano dell’epoca per avviare una rapida ripresa fu intrapreso in molte direzioni: Costituzione del Comitato Gestione Navi (Co.Ge.Na.)- Concessioni di contributi sulle spese per il recupero ed il ripristino di circa 2000 navi e per la ripresa della cantieristica. Creazione del Ministero della Marina Mercantile che fu suddiviso in quattro Direzioni Generali ed in tre Ispettorati. Furono stipulati Accordi con il Governo degli Stati Uniti per l’acquisto di: 95 navi del tipo LIBERTY, 20 petroliere del tipo T/2, 8 navi da carico del tipo N/3. Nel 1947 si conclusero le trattative per la restituzione ed il rientro in patria dagli USA di 14 prede belliche tra cui il Conte Biancamano-Conte Grande-Vulcania-Saturnia.
Le M/n Conte Grande (nella foto) e Conte Biancamano rimasero prevalentemente sulla linea del Sud America, con la livrea bianca, dal dopoguerra sino alla loro demolizione. Mentre la livrea nera era usata sulla linea del nord America.
Al centro della ripresa dei traffici si trovarono le Società del gruppo Finmare (Soc. Italia-Lloyd Triestino S.p.A di Navig. – Adriatica S.p.A – Tirrenia S.p.A) che in pochi anni, riuscirono a ripristinare i collegamenti commerciali e passeggeri con tutte le sponde nazionali ed internazionali del periodo anteguerra. Al Lloyd Triestino S.p.A spettò i collegamenti di linea con l’Australia e l’India. La prima unità, denominata “Australia” fu consegnata nell’aprile 1951, seguirono ”Oceania”, consegnata il 3 agosto 1951 e la “Neptunia” consegnata il 5 settembre 1951. Nel febbrario 1952 fu inaugurata la linea dell’Africa con due navi: “Africa” ed “Europa” di 11.427 tonn S.L. La terza linea per l’Estremo Oriente fu inaugurata nel marzo-aprile del 1953 con le motonavi “Victoria” e “Asia” che avevano caratteristiche analoghe alle precedenti.
In questa foto della M/n ASIA si può notare l’inconfondibile linea elegante dell’Italian Style.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia aveva perso l’88% delle navi passeggeri o miste. Nel frattempo cresceva vertiginosamente la domanda per il trasporto di reduci, smobilitati, persone compromesse con il regime, rifugiati politici, apolidi ed in particolare gli emigranti italiani. In questa fase delicata della nostra storia, si attivarono ancora una volta gli Armamenti privati: Sidarma, Italnavi, Sitmar, Co.Ge.Dar. Costa, Fassio, Frassinetti, Garrone, Gavarrone, Grimaldi, Bianchi, Messina, Lauro, Marsano, Musso, Zanchi ed altri che seppero far fronte alle richieste, adattando ed adibendo le loro unità alle linee del Plata, Brasile e, in seguito, dell’Australia. Grazie al loro coraggio, la bandiera italiana poté ancora solcare i mari in un frangente in cui molti la davano per spacciata. Gran parte di questi Armatori, per i più svariati motivi, uscirono di scena negli anni ‘60; al contrario, altri come Costa e Lauro sopravvissero a tutte le tempeste e seppero rimanere sui mercati con vecchie carrette riciclate nel dopoguerra, per arrivare alla fine del secolo alla gestione d’immense navi da crociera, petroliere-mammut, containers di ultima generazione ed altro pregiato naviglio.
1961- La M/n Marco Polo nelle chiuse del Canale di Panama.
La Classe Navigatori formata dalle motonavi: Marco polo, Amerigo Vespucci, Antoniotto Usodimare, Paolo Toscanelli (Lloyd Triestino), recuperate e ricostruite come unità miste dopo il 2° conflitto mondiale, entrarono in servizio nell’immediato dopoguerra per la “Società Italia” sulla linea del Sud Pacifico (Venezuela-Columbia-Equador-Perù-Cile). Queste unità avevano cinque stive e potevano trasportare 700 passeggeri, di cui 89 in Classe Unica e 614 in 3° Classe. Avevano una Stazza L. 9800 tonn. erano lunghe 148 metri, larghe 19 e sviluppavano una velocità di 16 nodi. Sappiamo per esperienza personale, che moltissimi nostri concittadini trapiantati in Cile, Venezuela e Perù hanno navigato su queste navi che hanno servito onorevolmente quella linea sino al 1963, anno in cui i Navigatori furono sostituiti dalle più efficienti motonavi della Classe Musicisti: Donizetti (ex Australia), Verdi (ex Oceania), e Rossini (ex Neptunia, tutte provenienti dal Lloyd Triestino). Avevano una Stazza L. di 13.140 tonn. erano lunghe 161 mt. larghe 21 e viaggiavano ad una velocità di 18 nodi, avevano due motori ed una capacità di passeggeri di 772, di cui 136 in 1° Classe e 536 in Turistica. Con queste navi i collegamenti tra Genova ed i nostri emigranti sudamericani fecero un notevole salto di qualità. Aria condizionata, piscina, sale da giochi, cinema ed alloggi più confortevoli, allietarono e resero meno duri quei viaggi a cavallo dell’equatore che duravano mediamente un mese e mezzo a traversata. Nel 1976, ritenendo la Compagnia armatrice non più redditizio quel particolare collegamento marittimo, i tre esemplari vennero messi in disarmo, preludio di una successiva demolizione. I “Musicisti” furono tra le ultime navi di linea.
La Neptunia del Lloyd Triestino (nella foto), nel 1963 diventò la m/n Rossini della Soc. Italia.
“ANDREA DORIA” – CRISTOFORO COLOMBO”
In questa foto si possono ammirare le più belle “linee architettoniche navali” mai costruite.
Nave |
Varo |
Bandiera |
Stazza L. |
Passeg. |
Equip. |
Vel. |
A.DORIAC.COLOMBO |
1951 |
Italia |
29.083 |
1134 |
572 |
23 |
La stagione d'oro dei transatlantici iniziò, tuttavia, il suo declino con la fine del secondo conflitto mondiale, sebbene ancora dopo la guerra siano stati varati gli ultimi splendidi liners. In Italia, dal cantiere di Genova Sestri uscirono l'Andrea Doria nel 1951 e il Cristoforo Colombo nel 1953, navi dotate di aria condizionata in tutte le classi e di ogni comfort allora concepibile per intrattenere il passeggero e rendere gradevole la sua permanenza a bordo. D'altra parte la concorrenza del mezzo aereo, imbattibile quanto a tempi di percorrenza, toglieva sempre più clienti ai transatlantici, determinando da parte delle Compagnie di Navigazione l'ultimo tentativo di contrastarne il declino realizzando navi ancora più imponenti e veloci. La prima di queste due navi fu l'Andrea Doria, partita per il suo viaggio inaugurale da Napoli a New York il 14 Gennaio 1953. La sua gemella, la T/n Cristoforo Colombo prese il mare l'anno seguente. Era identica all'Andrea Doria, forse un po' meno ricercata negli arredi. Dopo soli due anni di vita, il 25 Luglio 1956, l'Andrea Doria fu accidentalmente speronata e affondata dal transatlantico svedese Stockholm. L'Italia Navigazione fu devastata dalla perdita della sua nave più prestigiosa e ripresasi dallo shock, ordinò la costruzione di un nuovo transatlantico la T/n Leonardo Da Vinci, lunga 233 metri e di 33.000 tonnellate di stazza, costruita appunto per rimpiazzare l'Andrea Doria e che fu ultimata nel 1960.
"La Leonardo da Vinci, qui ripresa nel suo viaggio inaugurale, fu costruita nel 1960 per rimpiazzare la perdita dell'Andrea Doria."
La Leonardo da Vinci viene ingiustamente spesso trascurata, ma si può considerare come la madre della Michelangelo e Raffaello. Infatti conteneva per la prima volta una serie di innovazioni, mai presenti fino a quel momento sulle altre navi. Fu la prima nave ad essere dotata di cabine con servizi privati per tutte le classi, ad avere aria condizionata in tutta la nave, ad essere dotata di due coppie di alette stabilizzatrici retraibili. Fu anche la prima nave passeggeri a non avere le sale macchine divise in locali caldaie e locali turbine, ma ad essere dotata di due sale macchine completamente indipendenti per ciascuna elica, come le navi da guerra. Le scialuppe erano tutte dotate di motore e il meccanismo di discesa consentiva di calarle anche in caso di sbandamento laterale della nave fino a 25°, caratteristica che impedì l'uso di metà scialuppe sull'Andrea Doria. Queste ed altre caratteristiche architettoniche furono ulteriormente perfezionate ed adottate sulla Michelangelo e sulla Raffaello. Nei primi anni '60 l'Italia di Navigazione annunciò che la Leonardo da Vinci sarebbe stata equipaggiata con la propulsione nucleare, ma ciò non avvenne. La ragione di questa scelta stava negli alti costi di esercizio della nave, i maggiori della flotta passeggeri, probabilmente dovuti al progetto dello scafo, basato su quello della classe Andrea Doria, poco adatto per navi di dimensioni maggiori, provocando un maggiore consumo di carburante. Ma ormai in quegli anni il trasporto aereo stava prendendo piede, sottraendo sempre più velocemente passeggeri al trasporto marittimo. Già nel 1958 la metà dei passeggeri attraversavano l'atlantico in aereo. Però all'interno del Mediterraneo la concorrenza aerea non era così forte e, alla fine degli anni '50, l'Italia Navigazione decise la costruzione di due nuovi supertransatlantici.
Michelangelo e Raffaello - Le ultime navi di Linea
Nave |
Stazza L. |
Lungh. |
Largh. |
Poten. |
Pass. |
Michelangelo |
45.911 |
275,81 |
31.05 |
87.000 cv |
1.775 |
Raffaello |
45.933 |
275,81 |
31.05 |
87.000 cv |
1.775 |
Impossibile quindi non citare quelle che erano considerate due cattedrali del mare, le turbonavi Michelangelo e la Raffaello, realizzate nella prima metà degli anni '60, navi capaci di 30 nodi di velocità grazie agli oltre 100.000 cavalli di potenza ed in grado di trasportare 1.800 passeggeri suddivisi in tre classi.
1975 - “Michelangelo” e Raffaello” - Ormeggiate al ponte Andrea Doria in attesa di ordini...
Le due ultime navi di linea servirono il Nord Atlantico dal 1965 al 1975. Questi due transatlantici sono annoverati tra i più belli che siano mai stati costruiti, ma furono anche celebri per la tristezza che li avvolse a causa della loro prematura fine e vendita agli arabi del Golfo Persico. A parte l'immenso supertransatlantico francese Normandie, che stette in servizio solo 4 anni, poche altre navi subirono un destino così inglorioso e immeritevole. Non erano veloci come il liner americano United States, l'ultimo vincitore del Nastro Azzurro (Blue Ribbon), non furono vittime di una sorte così maligna come accadde al Titanic, sebbene fossero splendide e moderne come nessun altra nave prima di loro, vissero fuori del loro tempo. Le due navi erano in effetti due immense Cattedrali che tutti ammiravano e c’invidiavano; i loro saloni erano arredati con quadri e sculture di famosi artisti contemporanei e il loro arredamento era affidato ai migliori architetti italiani. Durante il loro periodo di attività, i loro interni erano mostrati in televisione come il simbolo Italiano della più avanzata tecnologia navale. Dopo il loro fallimento inglorioso, principalmente imputabile alla loro pessima gestione, queste navi meravigliose furono completamente ignorate e dimenticate da tutti, come se non fossero mai esistite e il loro nome viene tuttora associato soltanto per certe disavventure come quella che segue.
MICHELANGELO, 12APRILE1966 – L’ONDA ANOMALA
Era la mattina del 12 Aprile 1966, la Michelangelo stava procedendo verso New York con 745 passeggeri a bordo. Quel giorno si sviluppò una tempesta di enorme potenza, molte navi si trovarono in difficoltà, 5 marinai furono spazzati via dal ponte di coperta della nave da carico inglese Chuscal. Erano circa le 10 del mattino quando un'onda anomala si presentò di fronte alla nave proprio nel momento più sfavorevole per essere affrontata. Il comandante Giuseppe Soletti, alla sua ultima traversata, deviò verso sud (dalla rotta standard), per evitare il centro della tempesta. Venne consigliato ai passeggeri di stare in cabina, per evitare di essere sbattuti per i corridoi. A bordo c'era anche lo scrittore tedesco Gunther Grass con la moglie, e l'ammiraglio Giurati, il presidente dell'Italia Navigazione.
Claudio Suttora, racconta: "Le onde diventavano sempre più alte e violente, e proprio alla fine di un grande beccheggio ci siamo trovati davanti quell'onda enorme. La Michelangelo, che fino a quel momento era stata in grado di risalire le onde, infilò dritta la prua in quell'enorme, spaventoso e insuperabile muro d'acqua... nessuno di noi si rese conto di cosa stesse per succedere, quell'onda ci si è formata davanti quasi all'improvviso... per fortuna l'urto non fu così forte da danneggiare anche il timone, così riuscimmo presto a rimettere la nave contro le onde".
Claudio Cosulich, all'epoca vice comandante della Michelangelo, racconta: "Quando arrivò l'onda, non ero sul ponte di comando, un'onda precedente aveva scoperchiato una presa d'aria sul ponte di prua ed ero andato con quattro volontari a riparare il danno, per evitare che l'acqua entrasse. Avevamo appena finito e stavamo scendendo una scaletta sotto il ponte... cademmo tutti rovinosamente... fu come incassare in pieno una cannonata da 305 mm."
L'onda scavalcò la prua alta circa 18 metri e sfondò le lamiere dalla parte frontale della nave, distanti più di 70 metri dalla cima della prua, e molti oblò spessi quasi 2 centimetri fin sul ponte di comando, a 25 metri dalla linea di galleggiamento.
Due passeggeri, che avevano la cabina nella parte colpita dall'onda, morirono quasi subito, un membro dell'equipaggio morì poco dopo. I feriti furono più di 50, 10 dei quali, gravi. Lo stesso Cosulich, ultimo comandante della Michelangelo, riportò una serie di fratture al braccio sinistro.
Poco dopo l'incidente, la Michelangelo venne raggiunta da una nave militare americana che fornì assistenza medica supplementare, mentre i medici della Michelangelo lavorarono ininterrottamente fino all'arrivo a New York.
A New York la Michelangelo si fermò 3 giorni per le riparazioni temporanee, consistenti nella copertura della parte colpita, mentre al ritorno in Italia venne adeguatamente riparata e rinforzata, sostituendo le lamiere della parte frontale, fatte in lega di alluminio, con lamiere di acciaio in modo da renderla più resistente in futuro. Lo stesso lavoro venne eseguito sulla Raffaello. Per diminuire il peso delle navi e ridurre il consumo di carburante, l'alluminio era infatti utilizzato per le sovrastrutture di molte navi moderne negli anni '60, così dopo l'incidente della Michelangelo anche altre navi come il France e lo United States ebbero la parte frontale rinforzata in acciaio.
Questo fu l'unico grave incidente della storia della Michelangelo e più tardi sia la Michelangelo che la Raffaello superarono senza alcun danno una tempesta di eguale intensità.
GLI ARMATORI PRIVATI DEL DOPOGUERRA
Nel settembre 1939 erano iscritte sotto bandiera italiana 717 navi passeggeri. Al termine del conflitto ne erano rimaste soltanto 56.
LA SIDARMA Società Italiana di Armamento. A questa Società costituita nel 1938, a causa degli eventi bellici rimase soltanto la Andrea Gritti di 8073 t.s.l. che, trasformata e adattata al trasporto di 620 emigranti in cameroni, e fu la prima nave italiana ad arrivare in Sud America dopo la 2° G.M.
Si unì sulla stessa linea l’ex “Liberty” trasformato in passeggeri Francesco Barbaro, sostituito nel 1948 dalla nuovissima M/n Francesco Morosini sulla linea del Centro America. In seguito alla gestione in comune con la Soc. ITALNAVI si aggiunse la M/n Luciano Manara della Cooperativa GARIBALDI che trasportava 844 emigranti sulla rotta del Venezuela. Questo servizio passeggeri durò fino al 1955. L’ITALNAVI Società di Navigazione. Costituita nel 1924 come Società Commerciale di Navigazione, diventò ITALNAVI nel 1947, quando si decise di estendere l’attività al traffico d’emigrazione.
La più gloriosa delle sue unità fu la M/n Sestriere (nella foto) varata a Taranto nel 1942, riuscì a sopravvivere ai siluri e ai tutti i bombardamenti aeronavali. Celebre restò il suo viaggio con partenza l’8 novembre 1946 da Genova per Filadelfia con a bordo 50 equipaggi destinati a 50 navi Liberty venduti dagli USA all’Italia. Anch’essa fu modificata in nave passeggeri per il trasporto di 737 emigranti. LA SITMAR Società Italiana Trasporti Marittimi era stata costituita nel 1938 e disponeva di navi da carico. Nel dopoguerra acquistò dal Governo USA una turbonave di tipo Victory che venne trasformata per il trasporto di 1132 emigranti e fu ribattezzata Castelbianco. Dopo alcuni viaggi per l’Australia, prese servizio sulla linea del Brasile-Plata, poi ritornò sulla linea per l’Australia. Nel 1950 fu acquistata dalla SITMAR e fu ribatezzata Castelverde. Nell’ottobre del 1950 fu acquistata la nave passeggeri Fairstone di 12450 t.s.l.
ribatezzata Castel Felice (nella foto) che fu messa inizialmente sulla linea dell’Australia, poi su quella centro americana e successivamente su quella del Brasile-Plata. La Sitmar introdusse l’alternanza stagionale dei viaggi sulle rotte di maggior traffico, in periodo invernale dal Nord Europa per l’Australia e la Nuova Zelanda, sia via Suez o Cape- town che via Panama e in periodo estivo nell’Atlantico settentrionale dal N.Europa per il Canada e gli USA. Castelbianco e Castelverde furono trasformate in modernissime navi per il trasporto di un migliaio di passeggeri ciascuna e furono messe sulla linea Nord Europa-Centro America. Sullo scafo della portaerei Attacker fu costruita la Castelforte che poteva trasportare, con aria condizionata, 1462 passeggeri. La linea per l’Australia-N.Zelanda fu inaugurata nel 1958 con partenza da Southampton.
L’ultima nave passeggeri acquistata dalla SITMAR fu la Fairsea, già portaerei di scorta Charger. Nel luglio 1958 passò alla bandiera italiana e subì la trasformazione per il trasporto di 1412 passeggeri e fu destinata alla linea fissa dell’Australia. Nel 1970, l’autore la rimorchiò da Panama verso la demolizione a La Spezia. La nave aveva subito un grave incendio in sala macchine.
LA CO.GE.DAR. Compagnia Genovese d’Armamento. Iniziò la sua attività per il trasporto emigranti per il Plata alla fine del 1946 con la M/n Filippa. Nel maggio 1949 entrò in servizio la M/n Genova adattata al trasporto di 800 emigranti per l’Australia. Nel 1954 acquistò la M/n Aurelia di 10.022 t.s.l. che fu adattata per il trasporto di 1124 emigranti in servizio per l’Australia. Nel 1955 la M/n Genova fu trasformata in nave passeggeri a Monfalcone e fu ribatezzata Flaminia ed entrò in servizio nell’agosto 1955 per il trasporto di 1024 emigranti da Genova per l’Australia.
Nell’ottobre 1961 fu acquistata la T/n Flavia (nella foto) di 15465 t.s.l. destinata anch’essa alla linea dell’Australia in sostituzione della Flaminia.
LA HOME LINES INC. Per quanto costituita con capitali stranieri e la sua flotta battesse bandiera panamense, la Home Lines ebbe stato maggiore ed equipaggio interamente italiani e fu gestita da una organizzazione marittima anche italiana. Iniziò la sua attività con la M/n Argentina (ex-Bergenfjord) che partì da Genova per il Plata il 13 gennaio 1947. La sua seconda nave fu il Brasil (ex-Drottningholm) che partì da Genova per il Brasile-Plata l’8 prile 1948. A questi due primi piroscafi seguì a fine 1947 la M/n Kungsholm di 21255 t.s.l. che fu radicalmente trasformata a Genova, fu ribatezzata Italia e partì da Genova per il suo primo viaggio per il Plata il 27 luglio 1948. Un’altra eccellente unità fu l’Atlantic (ex-Malolo) trasformata radicalmente dall’O.A.R.N di Genova, effettuò il suo primo viaggio per New York il 14 maggio 1949. Nei primi anni ’50 le navi citate spesse volte cambiarono linea per la vendita l’acquisto di nuove navi. La Argentina fu rifatta e ribatezzata Homeland e navigò fino al 1954 quando fu demolita.
Un altra unità degna di essere ricordata fu l’Homeric (ex-Mariposa) (nella foto) di 24907 t.s.l sulla quale navigarono migliaia di nostri marittimi della Riviera di Levante. Con la vendita dell’Italia nel 1964 vennero a cessare i servizi di linea transatlantici della Home Lines.
COSTA CROCIERE
L'evoluzione storica della compagnia
La storia di Costa Crociere è la storia di un successo imprenditoriale. Nasce nel 1854 sotto il nome del suo fondatore "Giacomo Costa fu Andrea" e si distingue a tal punto nel commercio di tessuti e di olio di oliva tra i mercati di Genova e della Sardegna, da doversi dotare ben presto di una flotta per il trasporto merci in tutto il mondo. Già alla fine del diciannovesimo secolo le sue navi raggiungono lidi lontani come quelli australiani, dove il consistente flusso di emigrati italiani genera la domanda di prodotti alimentari nazionali. Costa si specializza nell'acquisto dell'olio d'oliva grezzo nei paesi del Mediterraneo per esportarlo oltreoceano. Nei primi decenni del ‘900 l'incremento è tale da portare Costa a esordire in campo navale: nel 1924 con il piccolo piroscafo Ravenna, utilizzato per gli approvvigionamenti di materia prima sui mercati del Mediterraneo orientale e nel ‘28 con il Langano. Negli anni ‘30 comincia la tradizione di battezzare le navi con i nomi di famiglia: Federico (‘31), Eugenio ed Enrico (‘34), Antonietta, Beatrice e Giacomo (‘35). All'inizio della Seconda Guerra Mondiale la sua flotta conta 27.534 tonnellate di stazza suddivise tra otto navi. Alla fine del conflitto solo il Langano sopravvive, ma Costa riprende l'attività armatoriale costruendo e acquistando altre navi per i servizi di cabotaggio. La distruzione della flotta passeggeri italiana, la domanda sempre più crescente di traffico passeggeri, la crisi economica e il flusso migratorio transoceanico attirano l'attenzione della lungimirante famiglia Costa che nel 1947 inaugura un servizio passeggeri di prima classe, già dotata di aria condizionata, e di classe intermedia.
Fu il piroscafo Maria C. a cominciare a soddisfare la domanda dei primi passeggeri subito seguito dalla Anna C. (nella foto), il primo transatlantico italiano ad attraversare l'Atlantico Meridionale dalla fine del conflitto. E nel 1947 la Giacomo Costa fu Andrea diviene “Linea C.". I servizi commerciali verso l'America del Nord sono, invece, inaugurati nel 1948 con la nave liberty Maria C., subito affiancata dalla Luisa C., mentre nel '53 Franca C. apre nuove rotte verso il Venezuela e le Antille. Il varo di navi lussuose, dotate di aria condizionata nella prima e nella seconda classe e di ambienti confortevoli ed eleganti, un servizio impeccabile che prevede ospitalità, comfort e ricette della migliore tradizione mediterranea, contrassegnano l'indiscutibile stile italiano.
Nel 1957 viene inaugurata la prima nave commissionata da Costa ai cantieri genovesi dell'Ansaldo, la Federico C. (nella foto) ancora suddivisa in tre classi, dotate di ristorante e piscina dalle forme ardite. Successivamente Bianca C., Enrico C., Andrea C., Flavia C., Fulvia C., Columbus C. e Carla C. vengono ristrutturate nell'ottica di offrire qualcosa di più di semplici mezzi di trasporto. Nel 1959 Costa realizza la prima nave al mondo completamente dedicata alle crociere di svago di 7 o 14 giorni negli Stati Uniti e nei Caraibi: la Franca C., a cui viene affiancata nei mesi invernali la Anna C., che propone mini crociere da tre o quattro giorni da Port Everglades alle Bahamas. I primi anni '60 sono trionfali e alle ormai consuete rotte in Sud America o ai Caraibi si affiancano le crociere nel Mediterraneo, nel Mar Nero, in Brasile, Uruguay e Argentina, fino allo stretto di Magellano e all’Antartico.
Il successo delle crociere Costa è tale che nel 1964 la compagnia ordina la costruzione della "Eugenio C." (nella foto), subito ribattezzata “la nave del futuro" per l'equipaggiamento e l'eleganza. Una nave, non più formalmente distinta in tre classi, ma concepita con un ponte unico, su cui si affacciano tutti i saloni. Un chiaro indizio del fatto che l'Eugenio C. sarebbe stata completamente adibita al servizio crocieristico, il futuro scelto da Costa Armatori. La prima nave, ad esclusivo uso passeggeri, fu la "Franca C." che nel 1968 inaugura la formula di viaggio “volo+nave", destinata a cambiare completamente il modo di concepire la vacanza, proponendo, anche a chi aveva poco tempo a disposizione, crociere brevi all'altro capo del mondo. Ancora una volta l'evoluzione dei tempi dà ragione alla Costa, che nel corso degli anni
'70 arricchisce la propria Flotta con navi prese a noleggio tra cui spiccano le splendide gemelle
Daphne e Danae (nella foto), che solcano il Mediterraneo d'estate e i Caraibi d'inverno, con alcune puntate in Alaska, Scandinavia, Sud America, Africa ed Estremo Oriente.
LA FLOTTA LAURO. Achille Lauro ereditò la sua prima nave di cabotaggio nel 1912 e riuscì a costituire una considerevole flotta di ben 56 “cargos” mercantili prima della Seconda guerra mondiale. Quando quel terribile conflitto terminò, 53 navi andarono perdute, 19 furono catturate ed altre 34 colarono a picco per azione aerea, siluramento o autoaffondamento. Nel 1947 l’armatore ripartì da zero entrando nel mercato del trasporto emigranti e, a tale scopo, fece trasformare tre navi da carico: il Ravello che mise nel 1947 in linea per il Plata, l’Olimpia (ex-Liberty) trasformato a Genova partì per il Brasile e Plata nel gennaio 1948 ed il Napoli (ex-Araybank, residuato bellico di Suda), trasformato e riadattato nei Cantieri del Muggiano in nave passeggeri. Questa fu la prima nave italiana a tornare nel nuovissimo continente australiano nel dopoguerra nel settembre 1948. Queste tre navi, tuttavia, rimasero pur sempre, sia nell’apparenza che nei conforts, delle navi mercantili prive di eleganza. La prima nave della compagnia che poteva essere considerata un transatlantico fu acquistata nel 1949 dalla Soc. americana Grace Line e cambiò il suo nome in Surriento (nella foto) (ex-Barnett, ex-Santa Maria), si trattava di un residuato bellico danneggiato in chiglia durante lo sbarco degli alleati in Sicilia.
Fu ripristinata a Genova presso l’O.A.R.N. e salpò da Genova per l’Australia il 23 maggio 1949 affiancandosi al Napoli. La ricomposta Flotta Lauro fece il suo primo salto di qualità, con l’acquisto di due ex-portaerei USA derivate da navi da carico tipo C3, che vennero completamente trasformate in navi passeggeri. La prima fu chiamata T/n Roma, 14975 t.s.l. e partì per la linea dell’Australia il 30 agosto 1951.
La seconda fu la ribatezzata T/n Sydney (nella foto) 14.985 t.s.l. partì anch’essa per l’Australia un mese dopo la Roma. L’entrata in linea delle due australiane, consentì a Lauro di spostare la Ravello e la Surriento sulla linea del Centro America. Durante il periodo 1950-1960 Achille Lauro divenne il “Re di Napoli” e fu proprietario di ben 50 navi, molte delle quali erano nuove costruzioni di grande qualità e tecnologia.
Nel gennaio 1964 Lauro acquistò di seconda mano due motonavi olandesi, la prima era la M/n Willem Ruys, varata nel 1947, iniziò i lavori di completo refitting il 4 settembre 1964 presso i Cantieri Navali Riuniti di Palermo e fu ribatezzata Achille Lauro (23.629 t.s.l.) (nella foto). La seconda, era la M/n Oranje, varata nel 1939, entrò nei Cantieri O.A.R.N. di Genova il 7 gennaio 1965 per un radicale rinnovamento e fu ribatezzata Angelina Lauro (24.377 t.s.l.). A causa di due incendi che danneggiarono entrambe le navi in cantiere a pochi giorni di distanza, la loro entrata in linea subì dei notevoli ritardi. L’Angelina Lauro fu consegnata solo nel febbraio 1966 con 24.377. La sua capacità di trasporto fu di 1616 passeggeri. L’Achille Lauro partì da Genova il 13 aprile 1966 e poteva trasportare 1731 passeggeri. Le due lussuose navi rimasero sulla linea della’Australia-Nuova Zelanda. Nel 1971 l’Achille Lauro chiuse definitivamente il servizio di linea dedicandosi esclusivamente all’attività crocieristica. Anche L’Angelina Lauro fu ceduta al Gruppo Costa nel 1977 e fu impiegata nelle crociere. Negli anni Settanta l’impero Flotta Lauro fu amministrato da suo figlio Ercole. Il “Comandante” morì nel 1978 e due anni dopo la Lauro Lines entrò in fallimento. Fu venduta alla MSC che chiamò la flotta prima “Starlauro” e poi “Mediterranean Shipping Company”.
FRATELLI GRIMALDI Sp.A. – Sicula Oceanica S.p.A.
I fratelli Grimaldi di Napoli iniziarono il loro Servizio di Linea passeggeri nel dopoguerra approfittando della favorevole congiuntura. La loro prima nave, (ex-Liberty USA) fu trasformata nel 1949 per il trasporto di 516 emigranti in cameroni, ribatezzata Marengo fu adibita a viaggi per il Venezuela-Antille e l’Avana. L’anno successivo cambiò nome in Urania II (6752 t.s.l.) ed inaugurò la linea per il Plata. Nel gennaio 1949 acquistarono un vecchio piroscafo passeggeri inglese, varato nel 1909, e lo trasformarono completamente per il trasporto di 900 passeggeri in due classi.
Ribattezzato Auriga (10.856 t.s.l.) fu messo sulla linea del Plata e poi su quella del Venezuela. Una terza celebre unità, la Lucania (6723 t.s.l.) fu acquistata a Marsiglia e si trattava di una nave antiaerea trasformata in nave passeggeri per il trasporto di 910 emigranti. Nel 1951 entrò in linea per il Centro America. Nel 1955 l’attività continuò attraverso la SI.O.SA con l’acquisto della turbonave francese Florida varata nel 1926 e fu ribattezzata Ascania (9536 t.s.l.) che successivamente fu messa sulla linea del Francia-UK-Quebec. Nel 1957 fu adibita alla linea UK-Centro America. Nel giugno 1955 fu acquistata dai francesi la turbonave inglese Campana varata nel 1929. Fu radicalmente trasformata nei Cantieri Navalmeccanica di Napoli ed adattata al trasporto di 1221 passeggeri suddivisi in due classi, con il nuovo nome di Irpinia (12.279 t.s.l.) che fu messa sulla linea Nord Europa-Centro America-Caraibi. Un’altra celebre unità acquistata dalla SI.O.SA in quegli anni fu la ribattezzata Venezuela (18567 t.sl.) (ex-Empress of Australia-ex-De Grasse) varata nel 1924. Fu messa in linea per le Antille nel 1956. In seguito fu allungata e la sua capacità di trasporto arrivò a 1500 passeggeri suddivisi in tre classi. Fu demolita nel 1962 in seguito ai danni subiti contro scogli sommersi nella rada di Cannes. Fu sostituita dall’Irpinia (foto sotto) che fu radicalmente trasformata presso l’Arsenale Triestino.
Un nuovo motore di 15.000 CV le consentiva una velocità di servizio di 20 nodi. Completamente rinnovata negli interni, con sistemazioni per 1200 passeggeri in due classi, e con un unico fumaiolo più aerodinamico a caratterizzare l’aspetto esterno. La nuova nave di 13.204 t.s.l. entrò in servizio sulla linea Marocco-Venezuela. Nell’ottobre 1965 venne poi acquistata la M/n Vulcania della Italia S.p.A. di Navigazione che ribattezzata Caribia (24.495 t.sl.) dal febbraio 1966 venne adibita alla linea UK-Francia-Portogallo-Madeira-Venezuela-Antille sostituendo l’Ascania che fu demolita nel 1968.
Dalle navi di Linea alle navi da Crociera
Ma bisogna attendere gli anni '80 affinché il business delle crociere decolli. Quelli, infatti, sono gli anni delle nuove realizzazioni, l'epoca di navi radicalmente nuove rispetto ai liners dell'epoca d'oro, nuove navi indirizzate a nuovi mercati, con l'affermazione definitiva del carattere turistico della crociera: in sostanza, il passaggio dal "trasporto dei passeggeri alla maggiore velocità possibile", al "diporto" consentito dall'evoluzione della società, con diffuso benessere economico, sufficiente tempo libero, necessità di ricostruzione psico-fisica, rivalutazione del mare.
Oggi la nave da crociera moderna ha perso la "vernice" e l'aspetto della nave veloce fatta per solcare i mari unendo due punti, in tutte le stagioni, anche le più tempestose, per diventare un albergo di lusso ed un "villaggio vacanze" galleggiante che naviga in mari azzurri e tranquilli. Le nostre navi rappresentano gli splendidi "ambasciatori" nel mondo, testimonianza diretta di quelle doti di imprenditorialità, creatività artistica, raffinatezza e cultura che da sempre ci contraddistinguono.
Carlo GATTI
Rapallo, 20.02.12