USS NEW YORK costruita con l'acciaio TWIN TOWERS
USS NEW YORK - (LPD-21)
L’acciaio delle Twin Towers rivive su questa nave da guerra
Le date dell’operazione USS New York
Subito dopo l’attentato terroristico dell’11 settembre 2001, il Governatore di New York George E.Pataki inviò una lettera al Segretario della Marina Militare Gordon R.England richiedendo che la Navy conferisse il nome USS New York ad una unità di superficie impegnata nella “Guerra al Terrorismo”, in onore alle vittime del tragico avvenimento che colpì vigliaccamente lo Stato di N.Y. Il contratto della costruzione fu assegnato alla Northrop Grumman Ship System di New Orleans, Luisiana nel 2003. Il 1 marzo 2008, durante una cerimonia tenuta nel Cantiere di Avondale a New Orleans, l’unità fu battezzata con il nome di USS NEW YORK dinnanzi alle massime Autorità e numerosi familiari e parenti delle vittime dell’11 settembre. Per la cronaca ricordiamo che la rottura della bottiglia di champagne avvenne al secondo tentativo... La nave fu consegnata alla Marina M. USA il 21 agosto 2009 a New Orleans. Il suo primo comandante F.Curtis Jones, nativo di New York, partì 13 ottobre 2009 per Norfolk (Virginia). Il 2 novembre 2009 la nave entrò sull’Hudson e quando si trovò davanti a Ground Zero sparò 21 colpi a salve in omaggio alle vittime degli attacchi dell’11 settembre 2001. La USS New York entrò in servizio il 7 novembre 2009 a New York alla presenza del Segretario di Stato Hillary Clinton con un nutrito seguito di ammiragli e generali.
In data 11 gennaio 2010 la Marina Militare comunicò che la nave sarebbe stata fermata in seguito ad anomalie emerse durante le prove in mare ai cuscinetti dei motori principali.
La USS New York (LPD-21) ha un equipaggio di 360 e può trasportare fino a 700 Marines. La sua principale peculiarità è la seguente: una parte della prua è stata costruita con l’acciaio ricavato dalle macerie delle Torri Gemelle del Trade Center di New York, crollate nel famigerato attentato dell’11 settembre 2001. La simbolica fusione rappresenta meno di un millesimo del peso totale della nave, ed il 9 settembre 2003 è stata versata in stampi di circa 7,5 tonnellate. E’ stato riferito che gli operai del Cantiere hanno trattato il materiale con la riverenza solitamente riservata alle reliquie religiose.
Il "crest" della nave con il motto
"Never Forget"
I sette raggi del sole rappresentano i sette mari della celebre corona della Statua della Libertà-N.Y. Nello stemma centrale appaiono le torri gemelle che poggiano sulla prua della nave. Il pettorale del rapace (fenice) porta le insegne del Dipartimento di Polizia, dei Pompieri e delle Autorità di New York e New Jersey che furono i primi soccorritori a giungere sul ground zero.Le gocce di sangue rappresentano i caduti.Le tre stelle ricordano gli onori militari ricevuti dalla nave da battaglia USS New York (BB34) durante la Seconda guerra mondiale a Iwo Jima, Okinawa e Nord Africa.
New York - Emozione forte e grande orgoglio sono i sentimenti che molti americani hanno provato sentendo “Ventuno colpi di fucile” esplosi in aria per salutare l'ingresso della USS New York nel porto di Manhattan. La nave da guerra americana è stata costruita con l'acciaio estratto dai resti delle Torri Gemelle. L’unità, è approdata sul Hudson River per la cerimonia della consegna della “Bandiera di Combattimento” e ad attenderla sul molo c’erano i familiari delle vittime dell'attacco terroristico del 2001. Il nome USS New York è stato assegnato esclusivamente in memoria delle vittime. Per tradizione, i nomi degli Stati dell’Unione vengono assegnati soltanto ai sottomarini della flotta USA.
La nave Uss New York è giunta davanti a Ground Zero sul fiume Hudson. Per gli americani è il momento del silenzio, della commozione, della preghiera che sale dal cuore e raggiunge le anime dei caduti.
A salutare il passaggio della nave c’erano anche membri del corpo di polizia di New York e dei vigili del fuoco. La U.S.S. New York è passata sotto il ponte Da Verrazzano scortata dalla flotta delle imbarcazioni della Guardia Costiera e dello Stato di New York, gli stessi che accorsero a sud di Manhattan l’11 settembre del 2001.
Lunga 197 metri la nave, costruita dal gruppo Northrup Grumman, è rimasta ormeggiata una settimana ancorata al molo 88 di Manhattan, all’altezza della 48sima strada, aperta al pubblico prima della sua partenza ufficiale.
Carlo GATTI
Rapallo, 22.06.11
Nave "Redenzione" GARAVENTA
NAVE REDENZIONE
GARAVENTA
Una scuola sull’acqua
SCUOLA REDENZIONE GARAVENTA
ormeggiata di punta a Molo Giano. Sullo sfondo la Torre Piloti
Commentando le recenti manifestazioni antigovernative avvenute nel centro di Roma e, prima ancora, quelle del G.8 di Napoli e Genova, un autorevole personaggio della politica italiana ha urlato: “E’ una vera ipocrisia meravigliarsi per questi incidenti. L’Italia ha rinunciato ad educare i giovani a partire dal 1968”.
Non c’è che dire! E’ una battuta d’effetto, anche se la colpa è sempre degli altri. Tuttavia, per associazione d’idee, ci è venuto in mente una specie di “avvertimento” che un tempo serviva per spaventare i ragazzi più irrequieti: “Se non cambi t’imbarco sulla Garaventa!” e che oggi appare così lontana nel tempo da sembrare una favola.
C’era una volta una nave un po’ speciale che non portava merce varia e neppure petrolio, era un vecchio residuato bellico, senza cannoni e senza gloria. Il suo nome era: Nave Scuola Garaventa e ospitava i ragazzini “difficili” con l’intento di coniugare la “Vita di mare” e la “Redenzione sociale”, due realtà che sembrano distanti e inconciliabili perchè qualsiasi tipo di nave si regge innanzitutto sulla disciplina. Due temi, quindi, lontani dall’immaginario collettivo che, ancora oggi, non riesce a trovare linee guida per la soluzione dei problemi che assillano i nostri giovani.
Ma questo fu il sogno dei Garaventa che videro in questo “singolare” progetto una concreta e reale possibilità di recupero della gioventù sbandata alla ricerca di una vita diversa, migliore, lontana dal degrado sociale in cui viveva. Le iniziative socio-educative della famiglia Garaventa risalgono alla metà del ‘700, epoca in cui i governanti si disinteressavano completamente delle famiglie bisognose e dei loro problemi quotidiani. Il primo di questa stirpe di filantropi nacque nel 1724 a Calcinara-Uscio da un’umile famiglia di contadini, si chiamava Lorenzo e studiò presso il Collegio dei Padri Gesuiti di via Balbi a Genova, a cura dei quali venne poi ordinato sacerdote. La sua sensibilità fu presto catturata dalla dolorosa situazione di molti bambini che vagavano abbandonati per le strade e spesso finivano nella rete della malavita. Questa fu la molla che lo spinse a dedicare la propria missione a questi ragazzi ed al loro concreto e definitivo recupero sociale. Nel 1757 don Lorenzo appese alla finestra della sua abitazione (piazza Ponticello) un cartello con la scritta: "Qui si fa scuola per carità". L'iniziativa fu accolta favorevolmente dalla popolazione ed ebbe subito molti allievi, tuttavia, per sostenere le spese del cibo e dei vestiti, il don fu costretto a vendere il suo patrimonio, compresa la vendita di un terreno che aveva ereditato dai genitori. Quel sacrificio fu molto apprezzato dalla gerarchia ecclesiastica che iniziò a patrocinare l'opera del giovane sacerdote. Presto altre "scuole di carità" apparvero in più zone della città e furono rette da altri sacerdoti volenterosi. Per venticinque anni don Lorenzo si dedicò instancabilmente alla sua missione, finché si ammalò e morì il 13 gennaio 1783, poverissimo. Le sue scuole continuarono ad esistere fino al 1882 quando furono assorbite da quelle municipali istituite dal "Regolamento degli Studi" valido in tutto il Regno Sabaudo.
Buglioli, manichette, redazze, trombe... Ufficiali, istruttori e marinaretti pronti per le prove antincendio sulla Nave Scuola Redenzione Garaventa. Sullo sfondo svetta l’immancabile cilindro sul capo del prof. Nicolò Garaventa ed il motto della nave UBI CHARITAS IBI DEUS. (Dove c’è la carità, Dio è presente)
Il seme gettato da don Lorenzo, germogliò rigogliosamente nella mente di un altro Garaventa di nome Lorenzo (nella foto) - (Uscio, 1848 – Genova, 1917)- docente di matematica presso il Ginnasio-Liceo "Andrea D'oria" di Genova. L’educatore e filantropo costituì la Scuola Officina di Redenzione sul Mare, un Istituto di recupero per giovani difficili allestito su una nave-scuola, una sorta di collegio galleggiante equipaggiato appunto con i Garaventini. Ai suoi inizi, la scuola fu oggetto di accese polemiche sulla sua validità educativa, per poi essere con il tempo riabilitata e riconosciuta. Luigi Arnaldo Vassallo, noto giornalista dell'epoca che si firmava con lo pseudonimo di Gandolin, scrisse di N. Garaventa: “Prima lo definirono un vanitoso. Poi magari insinuarono che fosse un imbroglione. Indi lo qualificarono un ciarlatano. Adesso lo rispettano e riconoscono i benefici eloquenti della sua istituzione.”
I dodicimila garaventini |
Si calcola che i giovani educati a bordo della nave-scuola istituita da Garaventa siano stati oltre dodicimila in 94 anni di attività. Molti di loro – oggi - aderiscono ad un'associazione di ex allievi patrocinata dall'Amministrazione Provinciale di Genova e della quale fanno parte anche Carlo Peirano, erede di Domingo Garaventa (figlio di Nicolò, morto nel 1943), comandante e padre spirituale della nave, ed Emilia Garaventa, pronipote del filantropo. Una curiosità: cappellano della nave è stato a suo tempo anche un giovane Andrea Gallo, oggi sacerdote contro-corrente impegnato nel settore del volontariato e responsabile della comunità di recupero dalle tossicodipendenze di San Benedetto al Porto. |
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LE NAVI DEI GARAVENTA
Nicolò Garaventa, proprio come suo zio Lorenzo, ebbe a cuore la situazione di tanti giovani di strada fino al punto che, abbandonato l'insegnamento, mise la sua esperienza e il suo impegno al loro servizio. Raccolti i primi reietti con lo scopo di allontanarli dal degrado sociale in cui vivevano, li condusse sulla spianata dell'Acquasola e, parlando in dialetto genovese per farsi meglio comprendere, offrì loro l'opportunità di redimersi iscrivendosi alla scuola marinara che da tempo aveva in mente di costruire.
Il filantropo realizzò il suo progetto dopo essere entrato in possesso di una vecchia nave militare che aveva notato tra le tante messe in disarmo dalla Marina Militare italiana. Nacque così il 1º dicembre 1883 la prima Scuola-officina per discoli, basata sui principi della vita di mare, della moralità e della religiosità cristiana. "Prevenire e redimere" fu il motto che guidò ogni giorno l’impegno di Nicolò Garaventa nella ricerca di giovani sbandati inferiori ai 16 anni, pregiudicati o in procinto di divenirlo.
F.3 I Garaventini vivevano come veri marinai. Dall'alza bandiera, eseguita ogni giorno con musica e picchetto, all’ammaina: giornate di lavoro e di studio sotto una disciplina ferrea. Musica, pittura, pesca e voga erano le attività del tempo libero.
Nel 1892, in occasione dell'Esposizione Colombiana, i giovani marinai trasbordarono su una nave a vela più grande. In quegli anni, i giovani restituiti alla vita sociale furono centosettantotto e in pochi anni salirono a un migliaio. Alla morte di Nicolò Garaventa, la direzione della scuola passò ai figli Domingo e Giovanni, già collaudati collaboratori, che portarono avanti la tradizione fino al 9 febbraio del 1941 quando, in seguito al bombardamento navale di Genova, la nave affondò e gli allievi vennero ospitati presso i collegi della città. Nel dopoguerra, grazie all'opera di un apposito Comitato per la Ricostruzione, la Marina Militare concesse l'ex posamine Crotone. Nel 1951 l'opera di addestramento dei giovani poté riprendere sotto il comando di Carlo Peirano, che dal 1939 ricopriva la carica di vice-comandante. Dopo essere stata dichiarata “Ente Morale” nel 1959, l'Istituzione proseguì l’attività con la sua ultima nave fino al 1975 per essere poi definitivamente chiusa, dopo un breve commissariamento. Una parte del personale impiegato nel recupero dei minori a rischio passò all'Istituto Davide Chiossone e alle nascenti comunità-alloggio e case-famiglia gestite da gruppi di volontariato.
Il modello “nave scuola” ebbe diversi epigoni sia sul territorio nazionale (Anzio, Napoli, Cagliari e Venezia), sia all'estero (Cile, Brasile, Inghilterra, Olanda, Ucraina). Questa è stata, dal 1883 al 1977, la nave-scuola Garaventa: rifugio e luogo di riabilitazione per giovanissimi liberati dal carcere, per figli di detenuti, prostitute e per orfani di pace e di guerra.
F.5 Porto di Genova nel 1969. La nave scuola “Garaventa” ormeggiata a Calata Gadda. E' nel cuore del porto, che monelli traviati o abbandonati tra i 10 ed i 17 anni, a bordo dell'ex posamine "Crotone" (nella foto), trovavano la loro casa, nella quale i loro spiriti ribelli venivano spenti e forgiati in vista della lunga navigazione della vita.
Ritornando al discorso iniziale, non siamo affatto sicuri che i ragazzi violenti, messi in discussione dai recenti disordini, siano più numerosi e pericolosi di altri soggetti più famosi che praticano giornalmente violenze meno visibili ma altrettanto invasive. Comunque sia, nell’attesa di un improbabile ritorno della Garaventa, auguriamo a questa teppaglia sicuramente recuperabile, un lungo imbarco sulle tante petroliere che circolano per i sette mari, dove le “teste gloriose” sono raddrizzate automaticamente dai colpi di mare, dalla solitudine, dalla salsedine, dalla lontananza degli affetti, dalla mancanza di discoteche, di droghe e beni pubblici e privati da rubare e distruggere...
Alla storia della Garaventa è dedicata una sezione del museo multimediale allestito all'interno della Lanterna di Genova.
Carlo GATTI
Rapallo, 20.06.11
Porto di TRAIANO-Echi di MANOVRE di Roma Antica
IL PORTO DI TRAIANO
ROMA
Echi di manovre dal porto di Roma antica...
Testimonianze del servizio di pilotaggio si trovano in documenti del IV millennio avanti Cristo.
Nell'antica Ur, in Caldea, una delle più importanti città-stato della civiltà Sumerica, ai tempi d’Abramo, esistevano i piloti. Ur con i suoi moli e banchine, fu il grande scalo marittimo di quello Stato.
Nella più antica raccolta di leggi marittime, il Codice di Hammurabi, re di Babilonia (2285 a.C.), è stabilito sia il compenso per le prestazioni del pilota: due sicli, sia le sanzioni cui i piloti medesimi andavano soggetti in caso di naufragio o danni colposi. Il testo legislativo è giunto fino a noi inciso in caratteri cuneiformi su una stele scoperta a Susa (Persia) nel 1901 e conservata al Museo del Louvre a Parigi.
Coinvolti dal fascino del mondo antico, ci portiamo ora nel centro del mare nostrum per scoprire qualcosa di più concreto e ci caliamo in un sito archeologico del Lazio per una breve, ma “curiosa” escursione attraverso l’antica marineria di Roma.
Milioni di turisti hanno visitato le imponenti rovine del Porto fluviale di Ostia Antica. Al contrario, molto meno frequentata risulta essere quella zona archeologica attigua a Fiumicino che è visibile alcuni istanti prima d’atterrare all’aeroporto, quando l’occhio è catturato da un lago esagonale, non lontano dal mare.
La vasta area che fu dei Torlonia, appartiene da qualche decennio al Comune di Roma ed è visitabile: si tratta del Porto di Claudio (ancora parzialmente interrato) e del lago artificiale, chiamato Porto di Traiano che fu per cinque secoli l’approdo di favore della capitale dell’Impero.
Ciò che s'identifica oggi del complesso portuale, è soltanto il perimetro formato dalle sue linee banchinate, che tuttavia, è sufficiente a regalarci qualche emozione quando proviamo ad immaginare ciò che poteva essere sia il funzionamento degli impianti che l’organizzazione del lavoro.
Il prezioso monumento di “archeologia commerciale” ante litteram rappresenta, almeno per noi marittimi, il primo esempio di “portualità integrata” della storia.
La sua nascita ebbe luogo per superare il declino dello scalo di Ostia.
Lo straordinario progetto fu concepito e realizzato dall’ingegneria romana (tra cui il celebre architetto Vitruvio) per risolvere un duplice problema: gli approvvigionamenti della sempre più popolosa metropoli e i danni provocati dagli straripamenti del Tevere, dalle sue inevitabili deviazioni e insabbiamenti cagionati ai bacini portuali della regione.
Nel periodo di massimo splendore, Roma doveva sfamare un milione d’abitanti e le navi dell’epoca, provenienti dalle province Imperiali, convergevano verso il modesto ed insicuro porto fluviale di Ostia. Fu l’imperatore Claudio che in seguito ad un’ennesima carestia di grano diede inizio verso il 42 d.C. a quello che sarebbe stato il più grande porto dell’Impero: il Porto di Claudio che in seguito si allargherà nella splendida opera che prenderà il nome di Porto di Traiano.
F.1 - Cartina con la posizione del porto di Claudio e di quello di Traiano rispetto alla città di Ostia, alla Foce del Tevere e all’Isola Sacra.
F.2 - Porto di Roma - Ricostruzione planimetrica (arch. I. Gismondi)
L’opera di Claudio consisteva in un bacino ricavato per la maggior parte su terraferma con grandi scavi e prolungato sul mare con la costruzione di lunghi moli. Il bacino aveva un fondale sabbioso variante tra i 4 o 5 metri, che permetteva l’ancoraggio e l’ormeggio delle grandi navi da carico.
Completava l’opera portuale una grande “fossa”, il braccio destro del Tevere, più tardi chiamata anche Fossa Traiana.
L’apertura dei canali di collegamento col Tevere fu provvidenziale non soltanto per il trasporto fluviale a Roma delle merci, con l’alleggerimento del traffico lungo la Via Portuense, ma anche perché favorì il deflusso del fiume, liberando Roma dal pericolo di periodiche inondazioni, come dice un’iscrizione in onore di Claudio trovata in situ.
Lo spazio d’acqua racchiuso nella grandiosa opera di Claudio, aveva una superficie di circa 900.000 mq. - un’ampiezza di circa 1100 m. - le banchine dovevano sviluppare nel loro assieme 2500 m. - permettendo l’ormeggio di oltre 300 navi.
Per dare un’idea della vastità dell’area riportiamo, per un rapido confronto, l’Area totale del porto di Voltri (Genova) = 1.050.000 metri quadrati.
I moli a tenaglia che chiudevano l’ampio bacino erano costituiti da enormi blocchi di travertino, uniti tra loro da robuste grappe di ferro e da perni. Ciascun blocco aveva un peso medio di 6 o 7 tonnellate. L’imboccatura aveva un’apertura di 200 metri.
I lavori per il porto di Claudio durarono quasi 12 anni.
Plinio il Vecchio racconta che il Faro del porto di Claudio aveva una struttura a tre o più ripiani, poggiava su una specie d’isola artificiale realizzata con l’affondamento della nave di Caligola che era servita per il trasporto dell’obelisco vaticano dall’Egitto.
I rilievi eseguiti dopo il ritrovamento del sito hanno contribuito al riconoscimento della nave e delle sue caratteristiche, coincidenti peraltro con l’antica documentazione storica. La nave aveva una lunghezza di 110 metri, una larghezza di 20,30 e sei ponti. Il suo dislocamento era di 7.400 ed aveva un equipaggio di 700-800 uomini.
Le misure di questa nave, in verità molto speciale per l’epoca, ci richiamano alla mente i celebri “Liberty” che, partendo da quell’incerto dopoguerra, scalarono il nostro porto ancora per due decenni e siamo in tanti a ricordare che quei “brutti anatroccoli” di Roosevelt prendevano il Pilota, due rimorchiatori e due squadre di ormeggiatori, sia all’arrivo che alla partenza.
Chapeau! Ai nostri avi romani per la loro organizzazione portuale, l’abilità nautica e per l’invenzione di quelle tecniche operative che gli permisero di compiere le stesse manovre che noi oggi ripetiamo con tanta sufficienza….!
Entro pochi decenni, purtroppo, le strutture del porto di Claudio non furono più adeguate a sostenere la violenza del mare; il bacino non offriva sufficiente protezione alle navi ed era continuamente soggetto ad insabbiamento per i sedimenti che si accumulavano nella foce del Tevere. Tutto ciò mise in crisi il suo funzionamento, e già nel 62 d.C. Tacito ricordò che “duecento navi andarono distrutte nel porto per una violenta tempesta”.
Tutto ciò non deve meravigliarci più di tanto: anche noi genovesi, esposti al libeccio, siamo stati testimoni di quanto successe nel 1955, allorché una tempesta da SW distrusse 400 metri di diga dello scalo genovese e causò l’affondamento di due navi, l’esplosione di una terza, oltre agli innumerevoli danni alle strutture portuali.
Il porto di Traiano, completamente artificiale, fu realizzato circa cinquant'anni dopo il porto di Claudio, in un primo tempo per completarlo e poi per sostituirlo definitivamente; esso fu il risultato di grandi scavi realizzati nell’entroterra allo scopo di assicurare un assoluto riparo alle navi. Era in comunicazione col mare attraverso il porto di Claudio, che venne così ad assumere la funzione di porto esterno, e fu collegato al fiume per mezzo di un canale navigabile e banchinato.
Il bacino interno ebbe forma esagonale con una profondità di 5 metri ed una superficie di 330.000 mq.
F.3 - Il Porto di Traiano. Ricostruzione plastica di I. Gismondi. (Museo di Porta S.Paolo)
Oggi, una moltitudine di pescatori si aggira lungo le banchine d’ormeggio, ancora corredate di bitte e golfali e forse, nonostante la presenza di ruderi importanti, soltanto qualche studente prossimo alla laurea riesce ad immaginare l’imponenza di quei magazzini alti cinque o sei piani (horrea), che facevano da sfondo ai cantieri per le riparazioni e l’allestimento delle navi ed assistevano alle operazioni di sbarco ed imbarco delle merci sulle grandi navi onerarie dei naviculari.
A diretto contatto con le strutture portuali si sviluppò un centro abitato, che divenne grande quanto la stessa Ostia: la città di Porto.
F.4 - Il Porto di Traiano. Ricostruzione grafica dei magazzini. Disegno di G.Caraffa. (Museo della Civiltà Romana)
Le navi cariche di merci contenute in migliaia di anfore, i containers dell’epoca, ormeggiavano sia nel porto di Claudio che in quello di Traiano. Lo stoccaggio avveniva nei magazzini e la mercanzia era trasportata a Roma, sia risalendo il fiume tramite il piccolo cabotaggio, oppure via terra sulla Portuense, fino ai depositi fluviali del Testaccio, Ripetta ecc…
Se si pensa che il commercio marittimo dell’antichità si svolgeva soltanto nei mesi di “tempo assicurato” possiamo immaginare quanto dovevano essere congestionate le banchine, i moli, le calate e i canali di quell’immenso bacino portuale.
A partire dal 44 d.C., quando furono nominati due procuratores annonae, i quali dipendevano direttamente dal Prefetto dell’Annona di Roma, le imprese private furono gradualmente assorbite dall’organizzazione ufficiale dello Stato.
Una numerosa schiera di dipendenti aveva i compiti di provvedere al controllo delle merci in arrivo, alla verifica delle qualità e della quantità, di sovrintendere alle distribuzioni, al magazzinaggio, alla conservazione, di provvedere ai pagamenti e curare i contratti con le numerose agenzie di trasporto navale e terrestre, di mantenere i rapporti con le provincie produttrici di mercanzie primarie quali il grano, l’olio, il vino ecc.
Ai dipendenti dello Stato faceva riscontro un gran numero di lavoratori autonomi: muratori e carpentieri attendevano alla manutenzione del porto e delle banchine, alla riparazione delle navi e alla costruzione d nuove; altri operai erano addetti al carico e allo scarico delle merci, i barcaioli ai traghetti sul Tevere e al piccolo cabotaggio. I palombari erano presenti ed adibiti al recupero delle merci affondate.
Questi lavoratori, artigiani ed operai, ottennero il permesso di associarsi e di scegliersi un rappresentante tra i cittadini più influenti, a volte anche fra gli stessi senatori; nacquero così le corporazioni, associazioni a carattere sindacale sorte per proteggere i diritti del lavoratore. Questo termine è tuttora in uso, proprio tra i piloti dei porti italiani.
In questo settore, alle notizie degli antichi storici si aggiunge ad Ostia una fonte archeologica, rappresentata da quel monumento unico nel suo genere, che è il cosiddetto Foro delle Corporazioni, il grande piazzale porticato che sorge alle spalle del Teatro.
Il porticato comprendeva in tutto 78 intercolumni ognuno dei quali era sede d’altrettanti uffici di Agenzie Marittime, imprese commerciali ecc..
Davanti a ciascun ufficio, sul pavimento del porticato, un mosaico indicava il genere di commercio ed il paese d’appartenenza dell’impresa.
Per un altro curioso raffronto, aggiungiamo che le Agenzie Marittime presenti oggi nel porto di Genova non superano il centinaio.
Ulpiano (III sec.d.C.) riferisce che “nessuna nave poteva entrare in un fiume senza il gubernator”, e dal contesto si capisce che con tale termine intendeva il pilota portuale, la cui attività ben si differenziava dal “magister navis”, dal “nauta”, dal “proreta”, dallo “stratico”.
Piloti-mare, piloti-canale, piloti-porto, piloti-fiume? Conoscendo la razionalità degli antichi romani, ma soprattutto la loro pragmaticità, è molto probabile che le prestazioni di pilotaggio siano state diversificate per specializzazione ed espletate nei vari flussi di traffico portuale.
F.5 - Ostia – Foro delle Corporazioni: ricostruzione grafica dell’arch. C.A. Carpiteci, vista dal lato verso il Tevere.
Qui termina la nostra escursione e questo battito di ciglia verso le nostre radici mi suggerisce una breve riflessione:
Il comandante ed il pilota vengono da lontano e si tengono per mano sin dall’antichità. La loro lunga esistenza permane nel tempo per due semplici motivi, il loro impiego è legato al buon senso che è tipico della gente di mare; il loro destino è quello di cavalcare insieme, sempre, la tecnologia del tempo.
Carlo GATTI
Rapallo, 30.05.11
... LE NAVI DI ROMA ANTICA
LE NAVI ANTICHE
Studi inediti di Silvano Masini
30.05.11
Il tempo antico...
Le notizie navali del mondo antico occorre cercarle su epigrafi, ritrovamenti archeologici, reperti, saggi ecc. che comunque storicizzavano la notizia rispetto ad eventi spesso non legati al mare: per esempio spedizioni militari e commerciali, narrazioni belliche e commerciali, miti, ecc.
Di quello che accadeva nei porti poco traspare e molto occorre immaginare sulla base del tipo di naviglio e delle sue necessità.
Un lavoro compiuto dal Com.te Gatti per tentare di scoprire il ruolo del Pilota partendo da un importante porto dell’Antica Roma può essere utile anche in questa circostanza per immaginare le esigenze della nave:il Porto di Traiano (Forum16).
Il Porto di Traiano, un porto completamente artificiale per sopperire al progressivo insabbiamento del Porto di Ostia da parte del Tevere e per organizzazione non si discosta dagli altri porti del Mediterraneo simili per importanza.
Uno spazio ricavato in una insenatura protetta, un banchinamento ed una serie di magazzini (horrea) per il ricovero della merce…un pò come adesso se vogliamo ma con dimensioni diverse.
Notizie dell’epoca, forse enfatizzate, parlano di fari di grandi dimensioni posti all’entrata, tipico il mitico colosso Rodi sotto il quale passavano persino le navi.
F.1 - Nave Greca 500ac
Ma come erano le navi di allora ? Oggi diremmo barche, o leudi,
La loro lunghezza non superava i 15 metri, il pescaggio limitato a un metro o poco piu e la propulsione principale esclusivamente a remi.
Uno straccio di vela quadra su un alberetto aiutava con vento favorevole chè la bolina non farà la comparsa prima del 1400 e non nel Mediterraneo: l’introduzione di un fiocco a prora fu una invenzione determinante.
Probabilmente in ogni caso la nave entrava in porto con la forza del remo ed in quel modo si avvicinava alla banchina e qui di sicuro la lunghezza e il numero dei remi ne impedivano un agevole attracco.
Su navi antiche i remi erano lunghi circa cinque metri ma diventavano dieci sulle galere veneziane (lunghe fino a 40 metri), ed il numero da una ventina saliva fino a ottanta per un peso che poteva arrivare a 55 chili.
F.2 - Tipologia di nave usata fino all’antica Roma
La manovra non deve essere stata molto agevole, inoltre era sempre in agguato il pericolo della rottura dei remi, che tranquilli nell’acqua diventavano fragili contro ostacoli massicci..
Una notizia che può interessare i liguri.
Nel’400 a Chiavari c’è una florida industria per la costruzione dei remi venduti specialmente in tutto il Mediterraneo, esclusa Venezia che provvedeva in proprio (e per le zone di influenza) con l’Arsenale.
C’è un documento del 1456 dove si legge una spedizione di 300 remi Chiavaresi diretti alla flotta Catalana.
F.3 - Galera veneziana: Arrivo a Venezia
C’è da credere che molto opportunamente il Capitano (o Patrone, come si chiamava) preferisse mettere a mare una lancetta con una doppia funzione : rimorchio ed ormeggio.
Questa lancetta (di servizio diremmo noi oggi, un po’ il gommone di Barcacciante memoria) la troviamo sulle rappresentazioni d’epoca rizzata in coperta, e non pensiamo fosse per salvataggio: a quel tempo la vita non valeva niente ed in caso di sinistro qualche pezzo di legno galleggiava sempre.
Ne abbiamo conferma nel dipinto che ci mostra una galera in arrivo a Venezia (XIII sec.) dove si puo’ notare una lancetta sulla destra con un cavo che scende da bordo. Certo un aiuto alla nave in arrivo, resta da scoprire se apparteneva alla Nave stessa oppure è fornita dal Porto, in questo caso il Magistrato delle acque ( una specie di Presidente del Consorzio del Porto, ma a Venezia con poteri enormi), oppure libera iniziativa di un barcaiolo assoldato. E’ importate questo particolare non essendo questa una foto (siamo nel ‘300 !) scattata in qualsiasi momento, è’ un dipinto che il pittore non ha creato in un attimo ma ha ragionato sulla situazione e se ha colto questo particolare è segno della usualità di questa funzione. Non una-tantum che puo’ sfuggire all’osservazione, ma un dato costante che accompagna la nave nella manovra portuale tanto da meritare l’onore della cronaca pittorica.
Nella nostra ricerca storica questa è l’unica testimonianza che abbiamo trovato, ma sicuramente testimonia un fatto da tempo in uso e che possiamo applicare anche a tempi piu antichi. Ci sono a Genova documenti notarili del 1300 e avanti (Archivio Storico del Comune di Genova) che attestano la costituzione di associazioni di barcaioli per operare all’interno del Porto con mansioni varie che vanno dall’aiuto generico alle navi al pilotaggio (pratico, lo indicano). C’è quindi da ritenere che, almeno nei porti maggiori, la nave fosse dispensata dall’uso della sua barca. Avrete compreso come ci sia una enorme carenza riguardo al rimorchio nel tempo antico, ed anche a ridosso dei secoli seguenti a le notizie non saranno molte. Molto quindi affidiamo alla verosimiglianza del racconto, che peraltro riteniamo attendibile sulla base delle nostre esperienze quando arrivavamo in località prive di ogni servizio e non erano poche in giro per il mondo. Ci si doveva arrangiare, come mille anni fa. La povertà di informazioni ci lascia spazio per alcune notizie rigorosamente documentate circa la galera e che non sono nell’usuale immaginario collettivo e che può essere curioso apprendere. Le galere, tipica nave mediterranea, erano armate in Primavera e rimessata in Ottobre, partivano in gruppi (“mude” le veneziane,”maone” le genovesi) un po’ per sicurezza ed un po’ perché il tempo favorevole era comune per tutte. A bordo vivevano financo 250 persone, due terzi incatenate ai banchi di rema impossibilitati al movimento e comunque con spazio limitato a tutti per necessità di carico.
Abbiamo una ricostruzione storica della galera in piena operatività che ci va di proporre per rendere l’idea dell’affollamento della gente a bordo fra marinai, rematori e pellegrini.
F.4 - Una galera grande sulla via di Gerusalemme Sec.XII
E’ facilmente intuibile come la situazione igienica a Bordo fosse molto approssimata ad onta delle “bugliolate” di acqua che giornalmente erano distribuite con generosità in coperta.
Il cassero poppiero, dimora degli ottimati (patrone, scrivano, capitano, uffiziali, e gentiluomini) era perennemente incensata nel tentativo di coprire gli effluvi della copertata. anche se il concetto di pulizia dell’epoca era molto diverso dal nostro. E mentre ci è facilmente possibile ricostruire il modo di vestire e le abitudini del tempo tramite i dipinti, ci è impossibile immaginarne l’odore del tempo antico non solo a Bordo. Diversi autorevoli studiosi si sono cimentati a supporre questo aspetto e c’è un bel libro “Parfume” di Patrik Süskind (1985) ed un film di Tom Tykwe (2006) che trattano il tema olfattivo negli aspetti piu diversi, cimentandosi a ricostruirlo. Qualcosa però ci illumina sull’argomento, vediamolo. Dunque la galera.
Per il suo arrivo al, diciamo cosi, Porto di Armamento a missione compiuta, a Bordo ferveva una eccezionale operazione di pulizia che iniziava già giorni prima e si estendeva anche alla stiva con relativa caccia ai topi. (v. Forum/7)
Non molto diversamente a quello che si fa oggi sulle Barcacce (topi esclusi, ovviamente) di ritorno a casa anche per cancellare i segni del viaggio difficile e presentarsi col vestito buono della festa. Un po’ di orgoglio per ben apparire non guasta. La Sanità Marittima Veneziana era inflessibile, troppo vicino (siamo nel 1300) era stata la conseguenza dei topi giunti a Genova (cosi dice la storiografia) con la peste bubbonica, la famosa peste nera, un‘epidemia che in una generazione ridusse ad un terzo la popolazione europea. Il rischio di lunghe quarantene era in agguato. Sul fanale di Bocca di Lido c’era appostata una vedetta che riportava prontamente a S.Marco la notizia dell’approssimarsi della muda. Ma come ne avvertiva l’arrivo? Dagli alberetti spuntare all’orizzonte ? Da una veloce feluca che incrociava nei pressi ? Niente di tutto questo.. Si narra che, specie nelle giornate di scirocco sempre presente in autunno al tempo del ritorno, l’arrivo era annunciato con largo anticipo dall’odore (!) proveniente dalla flotta in arrivo e non era un dolce effluvio.
E questo la dice lunga sulla situazione di Bordo dell’epoca e per lungo tempo ancora.
F.5 - Il grande complesso del Pireo nel V Sec.AC
Capitolo 3
…il tempo di mezzo.
E’ il tempo dello sviluppo della navigazione a vela come si presenta nell’immaginario collettivo e come è giunta fino a noi come “arte navale” per eccellenza. Dalla Caravella ai Galeoni fino ai mitici Clipper una evoluzione costante durata trecento anni: dal XIV al XVII secolo. L’epoca delle grandi scoperte geografiche e dallo sviluppo dei Porti Atlantici: subito Siviglia, Lisbona, Cadice e poco dopo Londra ed i Porti Olandesi. Il commercio cambia rotta ed il Mediterraneo si marginalizza dalla grandi vie marittime, Genova e Venezia lentamente modificano i loro assetti navali per vie diverse ma vanno in progressivo decadimento.
F.6 - Caravella 1400
La nave a remi regge poco in Atlantico. Il canto del cigno della galera sarà a Lepanto nel 1571 e pochi anni dopo sparirà definitivamente con la Invincible Armada Spagnola nella Manica contro l’Inghilterra nel 1588.
Genova mette in conto un particolare poco noto e portato alla giusta luce da uno studioso francese amante della nostra città, Jaques Hees, e che ha suscitato la nostra curiosità. Nel XIV secolo Genova, stretta fra Venezia principale mediatrice con l’Oriente ormai chiuso dagli Arabi e un Occidente Atlantico in prorompente sviluppo seppe per un secolo volgere a proprio vantaggio una difficile situazione. A differenza di Venezia, Genova non utilizzò molto la galera puntando di piu sull’uso della vela e del maggior spazio per il carico. Nel ‘400 si inventa una nave grandissima per l’epoca (fino a 1000 tonn.) e con questa si attrezza con viaggi tuttofare (una specie di rinfusiera) per il trasporto di carichi non pregiati (allume specialmente) fra il Mediterraneo ed il Nord Europa, favorita anche dalla difficoltà nelle vie terrestri. Viaggi non ambiti dai paesi Atlantici impegnati oltremare ed in parte snobbati da Venezia tesa alle merci piu pregiate. Erano navi grandi e di scarsissima manovrabilità, toccavano pochi porti quasi sempre allibando. Il loro utilizzo e la loro costruzione non ebbero duratura fortuna: scarsa era la reperibilità del legname a Genova, le vie di terra andavano migliorando ed inoltre il commercio oceanico richiedeva navi piu manovriere ed adatte al trasporto di merci pregiate (spezie da oriente, oro e argento dall’America).
F.7 - Una bellissima ricostruzione di Cutter Olandese del XVI secolo.
Non c’è traccia di questo barco genovese se non uno scorcio nelle rappresentazioni guerresche nei porti di Terrasanta e dalle scarse cronache del tempo. Possiamo solo registrare lo stupore degli osservatori del tempo che nelle loro cronache mostravano meraviglia per la grande mole di qesto barco genovese inusuale per l’epoca. Una differenza notevole fra Genova e Venezia nella gestione della flotta è un dato da conoscere per capire il diverso evolversi delle due grandi Repubbliche Marinare. Venezia aveva una gestione statalizzata (oggi si direbbe cosi) della flotta mentre quella genovese era completamente lasciata alla libera iniziativa. Questo fece si che Genova, all’aumento delle difficoltà nei commerci e alla carenza di legname, si concentrasse di piu sugli investimenti finanziari…visto che i denari non mancavano. Venezia si concentrò sul residuo commercio con Medio Oriente e si espanse verso terra giungendo fino ai confini della Lombardia. Impensabile per Genova stretta fra monte e mare.
F.8 - Galeone 1500
Liquidare con qualche paginetta secoli importantissimi e decisivi di Storia è sempre una operazione difficile, monca e pericolosa, ma a noi serve unicamente per inquadrare un angolo che ci riguarda da vicino : le navi, i Porti, i servizi portuali. Queste navi hanno un tonnellaggio di circa 250/300 tonn.per una lunghezza intorno ai 40 metri, molto manovriere in mare, procedono anche di bolina stretta, adottano le tecnologie piu recenti (timone centrale,fiocchi, forme di carena in pieno sviluppo idrodinamico).
I Porti si ampliano: Cadice, Siviglia, Lisbona e poi Londra e Olanda. Porti Atlantici influenzati dalle ampie escursioni di marea alle quali si affida la Nave per scegliere l’entrata in porto o la risalita dei fiumi sui quali erano situati gli empori piu importanti
F.9 - Bastimento per le Indie 1600
Non si hanno notizie particolari su servizi di rimorchio, ma sappiamo per certo che quelle navi venivano rimorchiate da lance per uscire dal Porto e presentarsi alla marea od al vento favorevole.
Dato il regime autarchico della gestione-nave non è difficile supporre che il compito fosse affidato ai marinai di Bordo e che anche all’arrivo tale pratica fosse di uso comune. D'altronde il traino a remi era praticato nelle bonacce equatoriali e persino serviva a posizionare i battelli da guerra in battaglia quando il vento non era favorevole. Quel barcone genovese di cui abbiamo parlato faceva documentato largo uso di braccia alla bisogna e sicuramente necessitava di “rimorchiatore” . Nella nota spese del Padrone, fra buglioli e cime, troviamo talvolta “barcaiolo”. A che serviva? Non certo per la franchigia nel caso la nave sostasse alla fonda (chè c’era il gozzetto di bordo, caso mai) piu facile pensare al costo per un servizio indispensabile reso alla nave: per esempio ormeggiatore o una mano ad attraccare, od entrambi allo stesso tempo. Non è un’ipotesi azzardata.
F.10 - la Victory di Nelson a Trafalgar (seconda metà XVII sec)
Nel Capitolo precedente abbiamo citato documenti notarili del ‘300 attestanti la costituzione di Associazioni di Barcaioli (Corporazioni) a Genova..
Le stesse fonti testimoniano uno sviluppo ed una articolazione maggiore in questo servizio citando : Barcaiolo della Compagnia dei Soccorsi Marittimi, Barcaioli avventizi, Barcaioli “tollerati” (si suppone semi-abusivi), Barcaioli al servizio delle Navi (anche con compiti di allibo), Barcaioli Piloti Pratici (una prima menzione di Pilotaggio ante-litteram, e forse derivato da Barcaioli fra piu abili). Da qui si intuisce una regolamentazione Portuale che prende forma, si sviluppa, si specializza e che crediamo si possa estendere per similitudine ai maggior porti Mediterranei ed Atlantici che stavano assumendo importanza ben maggiore di Genova nel panorama commerciale mondiale.
Abbiamo citato il Clipper solo come esempio della massima espressione raggiunta dalla vela, in realtà questo magnifico gabbiano opera in un’epoca in cui il vapore si è già affacciato alla ribalta ed il “Rimorchiatore” è già parte della scena anche fotografica del panorama portuale. Ne parleremo nel prossimo capitolo.
F.11 - I Clippers “Ariel” e “Taeping” si sfidano sulla rotta del te (1850)
Foto a cura di Carlo GATTI
I CLIPPERS, le "Ferrari" dell'800
I CLIPPERS
le “FERRARI” dell’800
La Grande Corsa del Té del 1866
Foto n.1 - La cartina mostra la rotta principale dei Tea-Clippers da Foochow (Cina) a Londra che fu teatro di epiche regate commerciali. Le frecce nere indicano i venti predominanti nel periodo compreso tra maggio e settembre. In condizioni favorevoli i Clippers raggiungevano 20 nodi di velocità, come un traghetto di oggi, ma erano spinti dal vento e manovrati da superbi marinai.
Clipper, (dall’inglese to clip=tagliare, il vento, le onde, i primati ecc...) fu il nome attribuito all’ultimo esemplare, il più perfezionato dell’evoluzione della nave a vela. Nacque in America nel 1820 sull’onda di una profetica intuizione mercantile: “il commercio prenderà le vie del mare”. Ma i Cantieri americani ebbero un’altra intuizione, questa volta d’ingegneria navale: “lo spostamento della sezione maestra dello scafo verso prua conferirà al veliero una maggiore stabilità in navigazione”. Tuttavia, la caratteristica principale del clipper doveva essere la velocità derivante dalle più affinate linee d’acqua dello scafo e dalla maestosa superficie velica ben superiore alle unità equivalenti dell’epoca. Il clipper fu quindi progettato per essere un autentico levriero degli oceani, e per raggiungere tale obiettivo fu persino diminuita la capacità di trasporto del carico. I risultati raggiunti ripagarono questo sacrificio. Il clipper raggiungeva, infatti, una velocità di 15 nodi con punte di 20 nodi quando la velocità massima degli altri velieri e delle stesse navi a vapore era di 5-7 nodi in condizioni ottimali. I clippers furono costruiti da cantieri inglesi, olandesi, francesi e americani, ma i primi a scendere in mare furono i piccoli Clippers di Baltimora (USA) che entrarono in scena durante la guerra (USA-UK) del 1812, proprio per le tensioni commerciali. La storia di questa categoria di velieri si usa suddividerla in cinque periodi dell’800:
1830-1850: I Clippers dell’Oppio. La Compagnia delle Indie manteneva il monopolio sulla vendita della droga. Erano velieri di limitate dimensioni, ma particolarmente ben costruiti e soprattutto veloci. Armati di qualche cannone ed esperti equipaggi, andarono scomparendo intorno al 1860, quando venne abolito il monopolio ed il traffico della droga divenne meno redditizio.
1845-1860: I Tea-Clippers americani. Nel periodo aureo ne furono costruiti ben 137 per fronteggiare l’aumento del consumo del tè negli Stati Uniti. Furono varati a New York e nella Nuova Inghilterra, tuttavia, a causa della forte richiesta, il legname impiegato per la loro costruzione non poteva raggiungere una buona stagionatura, e questa limitazione diminuiva la resistenza alle forti sollecitazioni dell’alta velocità. Per questo motivo, i clippers americani furono meno longevi dei loro rivali inglesi. Dopo il 1849, con la scoperta dell’oro in California, i Tea-Clippers furono adibiti al trasporto dei cercatori d’oro che si trasferivano dalla costa atlantica degli Stati Uniti a San Francisco via Capo Horn. Il viaggio lungo e pericoloso proseguiva nel Pacifico verso la Cina per l’imbarco del tè. Da qui i clippers ripartivano con rotta a ponente e, doppiato il Capo di Buona Speranza, affrontavano l’Atlantico puntando su New York dove si concludeva il giro del mondo. Nel 1850 giunse a Londra il primo clipper americano carico di tè cinese. La cantieristica inglese fu messa in allarme di fronte al “vascello” che aveva impiegato solo 97 giorni da Hong Kong a Londra. Questo periodo si concluse con l’apparire delle prime navi a motore e gli affondamenti provocati dai corsari sudisti durante la guerra di secessione. I clippers superstiti furono venduti ai portoghesi di Macao e agli Armatori Liguri del Callao (Lima) che li adibirono al trasporto di emigranti cinesi in Perù per la raccolta del guano, ottimo fertilizzante naturale molto richiesto in Europa.
1850-1875: I Tea-Clippers Inglesi. Costruiti con solido e stagionato teak birmano, avevano la linea dello scafo più lunga, aggraziata e filante di quelli americani. I maggiori costruttori di Clippers inglesi furono: A.Hall, H.Hood, Connell, R.Steele di Aberdeen-Scozia, Pile di di Sunderland, Chaloner di Liverpool, Laurie di Glasgow e infine Scott & Linton di Dumbarton, i costruttori del celebre Cutty Sark. In coperta avevano un piccolo castello a prua ed una tuga a poppa. Il cassero accoglieva invece gli alloggi del Capitano e degli ufficiali. Nel 1863 i clippers inglesi adottarono una tecnica mista di costruzione che prevedeva l’ossatura in ferro, mentre rimaneva invariato l’impiego del legno per il ponte di coperta ed il fasciame esterno. I migliori Tea-Clippers furono costruiti proprio in quegli anni, e con quella tecnica innovativa segnarono l’apogeo della vela nel trasporto rapido delle merci. Erano tutti sotto le 1.000 ton. di stazza e i loro nomi divennero celebri: Serica (1863), Taeping (1863), Young Lochinvar (1863), Chinaman (1865), Ariel (1865), Sir Lancelot (1865), Titania (1866) e, naturalmente, molti altri.
1820-1865: I Clippers-Passeggeri. Noti come “packets”, (da cui Paquebot in Francia e Pacchetti in Italia), furono pur sempre comodi e veloci clippers adibiti al trasporto passeggeri. Collegavano i porti atlantici USA: New York, Boston, Filadelfia e Baltimora con il Nord Europa. Rimasero in attività un cinquantennio e precedettero di un secolo “i famosi transatlantici di linea” che continuarono quel flusso regolare fino al 1970. Comandati da esperti uomini di mare, e manovrati da equipaggi sceltissimi, questi clippers offrivano comode e lussuose sistemazioni per una cinquantina di passeggeri. Per il viaggio di ritorno trasportavano emigranti in cerca di fortuna negli States. La traversata durava in media 15-20 giorni. Una singolare testimonianza d’efficienza dei “packets” ci fu lasciata da un romantico epitaffio dedicato al ritiro di un clipper della Black Ball Line: “Era uno dei più veloci e lussuosi. In 29 anni effettuò 116 traversate complete. Non aveva mai perduto gente in mare, né subito avarie notevoli. Trasportò 30.000 passeggeri e vide 1200 nascite e 200 matrimoni”.
1865-1890: I Colonial o Wool-Clippers. In ordine di tempo fu l’ultima categoria di quei velieri veloci che furono costruiti in Inghilterra e negli USA per assicurare i collegamenti commerciali con l’Australia, la Nuova Zelanda e la Tasmania. Gli scafi dei colonials furono dapprima in legno, in seguito vennero costruiti con la “tecnica mista” già descritta, che permise di realizzare unità estremamente solide e di notevoli dimensioni facendo così fronte alla grande richiesta di navi per le rotte australiane. Fu proprio il ferro usato per la loro costruzione che permise ai colonials di resistere ancora per un ventennio dominando su tutti i mari fino alla fine del secolo.
Foto n.2 - Il Cutty Sark é conservato ancora intatto nel “CUTTY SARK CLIPPER SHIP MUSEUM” nel bacino del Maritime Greenwich World Museum Heritage di Londra.
Gli Inglesi la definirono: “La grande corsa del tè del 1866”
Nella “Londra Vittoriana”, con il consumo del tè, ci fu un vero cambiamento di costume nazionale, in pratica s’instaurò una moda che ebbe molte ripercussioni persino nei trasporti marittimi. L’annuale arrivo del primo carico di tè primaverile cinese, considerato il migliore (una pianta dava tre raccolti), veniva pagato 10 scellini ogni 50 piedi cubici, e 100 sterline di premio erano destinate al Capitano del clipper che arrivava per primo sui mercati. Questo tangibile riconoscimento diede il via ad una vera e propria “corsa del tè” che coinvolse navi e capitani famosi, in primo luogo il “Cutty Sark” che, ironia della sorte, non riusciva ad imporsi sul diretto concorrente “Thermopylae”, malgrado la sua meritatissima fama. Molte furono le coppie rivali di clippers che divisero l’opinione pubblica mondiale in vere e proprie tifoserie di scommettitori e appassionati che investivano somme ingenti sulle vittorie di questi “levrieri d’altura”. Qui si aprirebbe un capitolo lunghissimo e affascinante, purtroppo, per ragioni di spazio, non possiamo che fare riferimento soltanto a quella che fu la gara più spettacolare che sublimò le grandi corse dei clippers.
Fu sicuramente per ragioni di mercato che, alla fonda nella rada della Pagoda a Foochow-Cina, si trovassero quell’anno ben 16 Tea-Clippers in attesa di caricare i nuovi raccolti: l’Ada, l’Ariel, il Belted Will, il Black Prince, il Chinaman, il Coulnakyle il Falcon, il Fluing Spur, il Fieri-Cross, il Golden Spur, il Pakwan, il Serica, il Taitsing, il Teaping, il White Adder, lo Yahgtze. Fra i protagonisti più attesi c’erano: il Serica di 708 T. varato nel 1863 e comandato dal Capitano Gorge Innes; il Fiery-Cross da 888 T. comandato del Capitano Richard Robinson, già vincitore di regate precedenti; il Taitsing da 815 T. al suo esordio col Capitano Daniel Nutsford; il Teaping 767 T. comandato del Capitano Donald Mckinnon ed in fine l’Ariel da 853 T. al comando del suo famoso Capitano John Keay, il quale, riferendosi al suo clipper diceva: “Posso contare su di lui come su un essere vivente”.
L’Ariel fu il primo a chiudere i boccaporti delle stive, a chiamare il pilota e a discendere il fiume Min al traino di un rimorchiatore. Ma la sua rapida partenza fu rallentata dalle manovre sbagliate del comandante del rimorchiatore. Purtroppo in mare gli errori si pagano subito e il Fiery-Cross n’approfittò per attuare un clamoroso sorpasso che gli diede un notevole vantaggio in mare aperto. Di quella rallentata partenza se n’avvantaggiarono anche il rivale Teaping, il velocissimo Serica ed il Taitsing che ormai lo tallonavano a qualche centinaio di metri. I clippers erano velieri molto sensibili all’assetto del carico e cap. Keay ben presto s’accorse che la sua nave era troppo appruata e perdeva velocità. Fece spostare pani di ghisa di zavorra, ancore, catene e persino delle casse dentro la sua cabina. Finalmente il primo di Giugno, Keay spiegò al vento tutte le vele del clipper e, lasciato lo stretto di Formosa, mise la prua verso il Mar della Cina meridionale, costeggiò la Malesia, Sumatra e infilandosi nello stretto della Sonda entrò nell’oceano Indiano. Erano trascorsi 21 giorni dalla partenza e in quel momento Keay non sapeva che il Fiery-Cross lo precedeva di un giorno. Spinti dagli Alisei di Sud-Est entrambi volarono verso le Isole Mauritius. Pochi giorni dopo anche il Teaping, il Serica e il Taitsing attraversarono lo stretto lanciandosi al loro inseguimento sull’oceano indiano. Qualcuno da terra li vide e la notizia del loro passaggio rimbalzò a Londra suscitando l’entusiasmo di migliaia di scommettitori Inglesi. Il 25 Giugno Capitan Keay annota sul giornale di bordo che l’Ariel deve rallentare per imbarco d’acqua nello scafo e per la rottura di alcuni alberetti a causa dell’eccessivo sforzo. La sua ansia aumentava non avendo la minima idea di chi fosse in testa alla gara. Doppiato il Capo di Buona Speranza, l’Ariel mise la prua a Nord-Ovest con gli Alisei in poppa, lasciò l’Isola di S.Elena sulla sinistra e si trovò il 4 di Agosto nelle calme equatoriali in compagnia del Fiery-Cross e del Teaping.
Lasciato di poppa lo “scoglio delle bonacce”, i Clippers navigarono verso Nord lasciandosi Capo Verde sulla dritta e puntarono sulle Azzorre alla ricerca di vento gagliardo da ponente. Il Golfo di Guascogna fu clemente e l’approaching alla Manica avvenne intorno ai primi di settembre. Quando cap. Keay giunse il giorno 5 in vista della costa meridionale dell’Inghilterra, credette d’aver vinto il race fino a quando, all’improvviso, intravide sottovento la sagoma inconfondibile del Taeping che avanzava sospinto da forti colpi di vento.
La suspence giunse al massimo stadio quando i due Clippers, attraversato lo stretto di Dover, si presentarono appaiati alla foce del Tamigi, agganciarono contemporaneamente il rimorchiatore portuale per risalire il fiume e si diressero verso i rispettivi Docks d’attracco. Ma nel finale di questa “nevrotica quanto appassionante” traversata accade ancora qualcosa d’imprevisto. Il capitano Keay dell’Ariel decise di rallentare il suo clipper per evitare d’incagliarsi durante il riflusso della bassa marea. Il Taeping aveva un pescaggio inferiore ed il suo capitano McKinnon non solo sorpassò il rivale ma lo precedette di circa un’ora, ma fu costretto a dare fondo l’ancora a causa della bassa marea. A questo punto l’Ariel, convinto per l’ennesima volta d’aver vinto, anche perché la sua banchina era più vicina di quella del rivale, sopraggiunse sorpassando l’avversario che stava salpando l’ancora. Purtroppo il calcolo dell’ora di marea fu impreciso: il momento dell’inversione della marea, e quindi l’altezza dell’acqua non era ancora sufficiente per consentirgli l’attracco. L’attesa delle giuste condizioni durò ancora un’ora, giusto il tempo di permettere al Taeping di ormeggiare per primo.
Il Teaping aveva vinto per soli 23 minuti. Ma ciò che rese “storico” quel viaggio fu la coincidenza che vide tre clippers, partiti insieme dalla Cina, entrare quel giorno nel porto di Londra con la stessa marea. Il Serica attraccò un’ora dopo.
N.3 - I Clippers inglesi ARIEL (1865-1872) & TAEPING (1863-1871)
Immortalati in un celebre quadro
L’apertura del Canale di Suez (1869) e quello di Panama (1914) ridussero di mesi i percorsi marittimi e segnarono, insieme al progressivo perfezionamento dei motori marini, la fine di una grande epopea velica.
Carlo GATTI
Rapallo, 26.05.11
SAMUEL MORSE - ALFRED VAIL
SAMUEL MORSE - ALFRED VAIL
AMICI NELLA VITA, DIVISI NELLA STORIA
Questa specie d’epitaffio potrebbe rappresentare la sintesi di quanto è emerso recentemente negli Stati Uniti sulla storia delle telecomunicazioni.
Foto n.1 Samuel Morse
Il mito di Samuel Morse inventore del Codice Telegrafico è stato smontato. Un altro americano, Alfred Vail è salito improvvisamente sugli scudi come l’inventore del cosiddetto Alfabeto Morse reso celebre dalle combinazioni: punto e linea.
In seguito a questo accertamento della verità, si sono registrate molte reazioni che hanno oscillato tra la delusione e il tradimento da parte d’intere generazioni di naviganti, per non parlare del senso di frustrazione che ha attanagliato gli addetti ai lavori di numerosi settori delle radiocomunicazioni tra cui i bravissimi radioamatori.
In ogni caso, siamo sicuri che l’umanità intera, al di fuori dei “discussi” personaggi che l’hanno inventato, si sente ancora debitrice di tanta riconoscenza a questo velocissimo sistema di trasmissione, al quale, oltretutto, è accreditato il salvataggio di un numero enorme di naufraghi e sopravvissuti, sia in tempo di guerra che di pace.
Foto n.2 Alfred Vail
La Storia
Nel 1830 Samuel Morse è un docente d’arte all’università di New York e si diletta di pittura. Subisce alcuni tracolli finanziari e si dedica alla scienza. Nel 1837 tiene una dimostrazione pubblica con l’intento di propagandare e forse realizzare un sistema elettrico che invia messaggi via cavo.
Purtroppo Morse è un artista che non sa nulla d’elettricità ed il suo primo congegno telegrafico risulta essere un sistema complesso, ingombrante e poco funzionale. Ma il progetto attira l’attenzione di Alfred Vail, figlio di un ricco industriale di Morrison (New Jersey), che è laureato in giurisprudenza, ma disoccupato a causa della depressione che ha colpito l’America. Il giovanotto si offre di aiutare Morse, ma soprattutto convince suo padre a finanziare l’impresa e a concedergli l’utilizzo dei suoi laboratori. A questo punto della vicenda, emerge la prima curiosità storica: mentre Vail lavora sodo per migliorare l’efficienza del telegrafo, Morse preferisce dedicarsi ai suoi affari e non partecipa neppure alle ricerche.
Morse ha creato un complicatissimo codice che associa un numero ad ogni parola. Quando arriva il segnale, l’operatore deve scorrere tutto il codice scritto, contenuto in un grosso librone, per trovare il significato del numero ricevuto. Per Vail è un sistema troppo lento e inefficiente, perciò riprogetta il telegrafo e apporta una decisiva e definitiva.
Foto n.3- Il grosso codice inutilizzato di Morse
Con l’aiuto di un certo William Bafter, cerca le lettere alfabetiche più usate sui giornali e le assegna i segnali più corti.
Foto n.4 - Immagine suggestiva del “Tasto Morse”
Scoprono che la lettera “e” è la più usata, quindi l’associano al segnale più corto: il punto. Nasce così l’alfabeto basato sul “punto e linea”.
Il Brevetto per il telegrafo elettromagnetico è assegnato il 20 Giugno 1840. La motivazione descrive entrambi i codici, ma il sistema di Vail si rivela molto più semplice da usare.
Siamo giunti alla spiegazione del misterioso “falso storico”: Vail non riceverà alcun riconoscimento, perché il suo nome non compare sul brevetto. Nel 1837, la famiglia Vail aveva ceduto ufficialmente tutti i diritti delle scoperte a Morse. Probabilmente i Vail avevano soggezione del professore perché aveva 20 anni più di Alfred ed era una persona alquanto rinomata e stimata. Samuel Morse diventa ricco e famoso grazie al telegrafo, mentre Alfred Vail muore povero.
La morale della storia sta nella differenza tra l’umiltà di Vail nel sentirsi realizzato senza alcun riconoscimento, e l’astuzia di Samuel Morse che ha saputo mettere a frutto onori, fama e ricchezza. Il tempo ha fatto giustizia. Ora sappiamo che fu Alfred Vail e non Samuel Morse, l’inventore del Codice Telegrafico che porta il suo nome.
Carlo GATTI
Rapallo, 15.11.11
Si ringrazia il Comandante Ernani Andreatta, Curatore del Museo Marinaro di Chiavari, per il supporto iconografico.
USS WILLIAMSBURG Una Nave, Una Storia
USS WILLIAMSBURG
Una Nave, Una storia!
Un tempo si diceva:
“Ogni nave ha il proprio destino, come una persona, ed è scritto da qualche parte...”.
La nave (al maschile se militare, al femminile negli altri casi), nasce sullo scalo di costruzione, si muove sulla parabola dei sette mari, raggiunge il massimo splendore con la notorietà bellica o commerciale poi, con molta umiltà, restringe il suo raggio d’azione e infine, con la tristezza nel cuore, si mette in rotta per l’ultimo porto di destinazione. Ancora un sussulto arriva quando il suo fascino, sempre più rugoso e démodé, attira l’attenzione di un lugubre soggetto dello shipping: il demolitore navale, che promette di gestire il suo ultimo scorcio di vita nel modo più indolore. Nella fossa comune, infatti, il suo “corpo” è diviso in tante parti che saranno riciclate e torneranno a vivere e a navigare con altri nomi e sotto altre bandiere. Nel cimitero del cantiere, ultimo testimone della sua esistenza, restano i ricordi di una vita breve o lunga, scialba o gloriosa. Non c’è dubbio! All’ipotesi di una vita lunga e gloriosa è collegata la storia della USS WILLIAMSBURG che resiste al tempo da ben 80 anni, e ancora rifiuta le insistenti avances del demolitore, nell’attesa d’essere ancora una volta acquistata e rimessa in ordine, per riprendere il mare in quel punto della sua parabola esistenziale che si era fatalmente interrotta.
La USS Williamsburg fu varata nel 1930, venne sequestrata nel 1941 dalla Marina Militare e trasformata in nave da guerra, pattugliò per tutto la Seconda guerra mondiale le coste dell’Islanda.
Nel 1945, Truman fece ritornare la nave alla sua precedente struttura di yacht che divenne così la sua Casa Bianca navigante, sulla quale il Presidente disponeva di due pianoforti che amava suonare nella sua suîte e nella sala da pranzo. A bordo non mancavano le attrezzature necessarie per la pesca e le barche di servizio per le battute. Nel 1948, il Presidente Truman trascorse a bordo ben 17 weekends, e non mancarono le occasioni per ospitare famosi Capi di Stato.
A sinistra W.Churchil e Truman
Winston Churchill era particolarmente affezionato alla Williamsburg e nel 1952 si presentò a bordo con l’uniforme del Royal Yacht Squadroon. Tra gli altri illustri personaggi che firmarono il “Guest Book” di quel periodo si ricordano: Joseph Stalin, il Primo ministro inglese Clement Atlee, il Presidente del Messico Aleman, il Primo Ministro francese. Truman lo usò, inoltre, per le sue visite di Stato a Cuba, Portorico e alle Isole Vergini.
Quando negli anni ‘60, Truman ne decise la vendita, il suo successore Eisenhower, scelse per la Williamsburg una dignitosa vita come nave oceanografica. Nel 1972 fu trasformata in “ristorante galleggiante” a Filadelfia. Nei primi anni ’80, fu acquistata da un'Associazione che voleva trasformarla in Museo. Ma alla fine fu venduta al Cantiere Valdettaro di La Spezia (oggi scomparso), che aveva già curato il restauro dell' «Istranka», lo yacht del maresciallo Tito e del «Pacha III» di Carolina di Monaco.. (come ci riferisce V.Zaccagnino)
La Williamsburg alle Grazie-Spezia
Oggi, la nave presidenziale americana, utilizzata dal 1945 al 1953 da Harry Truman e Dwight Eisenhower, è solidamente ormeggiata alle Grazie-La Spezia con un look dimesso e trasandato. Del suo glorioso passato è rimasto soltanto il nome e lo shape che guardano tuttora, con aria di sfida, il passaggio di tante sorelle più giovani alle quali vorrebbe raccontare la sua inimitabile storia.
A bordo della “Casa Bianca” navigante vennero prese importantissime decisioni politiche che ancora oggi fanno sentire il proprio peso:
- La politica mondiale dopo il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki
- L’esame dei risultati della Conferenza di Potsdam.
- La preparazione della Campagna presidenziale del 1948.
- La pianificazione della strategia americana durante la Guerra di Corea.
- La destituzione da comandante in capo in Corea del Generale Douglas MacArthur.
Ogni nave ha la sua storia, dicevamo, ma se la Williamsburg potesse parlare, forse potrebbe raccontarci di tanti e tanti segreti non ancora svelati dai nostri libri di storia.
Seguono gli interni della nave.
Carlo GATTI
Rapallo, 05.09.11
SITI TOP
SITI DI NOTEVOLE INTERESSE
MILITARE E CIVILE
CANADA
-http://www.navy.gc.ca/project_pride/photo_archive/photo_archive_e.asp
Si tratta della sezione fotografica della pagina web della Royal Canadian Navy: contiene numerose fotografie, molte delle quali sono ad alta risoluzione e ben riprodotte.
Ancorchè tutt'ora in fase di realizzazione (mancano numerose unità maggiori ed altre comunque note), si tratta di un sito meritevole di approfondimento e da inserire tra i "preferiti".
FRANCIA
http://dossiersmarine.free.fr/
E' un sito molto completo e ben realizzato - nonostante la grafica non elegantissima - riferito alle unità della Marina francese all'epoca di Napoleone III.
Sono inoltre presenti sezioni su argomenti collaterali di sicuro interesse per tutti gli appassionati.
Dopo un lungo periodo di "oscuramento", la sezione del sito internet del "Service Historique de la Defense" francese contenente i piani costruttivi di un gran numero di unità è nuovamente disponibile.
Collegandosi al link:
[url="http://www.servicehistorique.sga.defense.gouv.fr/02fonds-collections/banquedocuments/planbato/planbato/listebato/listebato.php"]http://www.servicehistorique.sga.defense.g...o/listebato.php[/url]
Sarà possibile, come in passato, scaricare ad alta definizione e a grandi dimensioni dettagliati piani costruttivi originali di un grandissimo numero di unità.
Si tratta d un'iniziativa di grande valore storico, tecnico e documentale ancor più meritevole se si considera l'accessibilità totale degli archivi e il fatto che il servizio è del tutto gratuito.
E' il collegamento con la sezione del "Service historique de la Defense" del Min. Difesa francese, contenente un grandissimo numero di piani costruttivi originali (e ad alta definizione!) di moltissime navi da guerra francesi dalla fine dell'800 ai giorni nostri.
Imperdibile.
Aviazione Navale Francese
Relativo all'aviazione navale francese, con sezioni riferite ai velivoli, ai reparti e ad altri elementi di interesse.
Molto ben fatto è un sito ricco di foto, molte delle quali scaricabili ad alta densità.
GERMANIA
Si tratta di un documento con elenco sistematico di navi a vela e relativi link. È in tedesco ma si capisce abbastanza.
http://www.deutsche-museumswerft.de/downloads/Schiffe.pdf
- Un accordo tra Wikipeia e il Bundesarchiv ha consentito di rendere disponibili sul web circa 100.000 fotografie rivenienti dalle colelzioni del Bundesarchiv medesimo.
Le foto sono classificate - per anno - su Wikipedia a questo link:
http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Images_from_the_German_Federal_Archive_by_year
Aspetti positivi:
Le foto sono numerosissime, molte riferite ad aspetti della storia militare tedesca, e tutte di ottima qualità sono scaricabili ad una densità decente (ca. 250 dpi con dimensioni cm 8 x 10).
Aspetti negativi:
Le foto "militari" sono riferite soprattutto ad argomenti terrestri e aeronautici (tuttavia non mancano ottime immagini "navali")
Le foto, come detto, sono suddivise per anno e non è quindi possibile effettuare alcuna ricerca (come nell'archivio di "LIFE" già segnalato in precedenza)
I responsabili dell'operazione hanno sicuramente effettuato una scelta, non ricomprendendo quindi immagini che potevano prestarsi a strumentalizzazioni o a utilizzi "estremistici": atteggiamento sicuramente positivo nelle intenzioni, ma che va probabilmente contro la "completezza" storica dell'operazione.
In definitiva, si tratta di un archivio eccezionale, di grande rilevanza e contenente un numero enorme di immagini, moltte delle quali assolutamente inedite.
- Segnaliamo un link "di terra" ed é collegato a molti altri siti internazionali.
http://the.shadock.free.fr/Surviving_Panzers.html
piuttosto interessante, è riferito a numerosi esemplari di mezzi corazzati della 2a g.m. attualmente conservati presso musei, istituzioni e Comandi militari.
GIAPPONE
- http://blog.livedoor.jp/irootoko_jr/archives/cat_17092.html
E' un sito giapponese ove sono presentate numerose fotografie di unità navali della Marina Imperiale Giapponese (insieme ad alcune della Marina zarista) colorate con procedimenti digitali.
Sostituendo a "17092" i numeri 17093 - 17094 e 17095 si accede alle varie pagine da cui il sito è composto.
Le foto sono realizzate davvero bene, il sito merita una visita!
INGHILTERRA
- Nel sito di "Steelnavy" sono state inserite numerose fotografie di unità militari - britanniche e di altri paesi - tratte dalla collezione del noto studioso navale inglese Alan Raven.
Il link è il seguente:
http://www.steelnavy.com/RavenRecord.htm
Alcune immagini sono scaricabili a densità tutto sommato interessanti; nel complesso si tratta di un sito che merita senz'altro una visita.
- Quello che segue é un sito veramente interessante, ricco di filmati navali britannici:
Occorre registrarsi (ma la registrazione è gratuita e immediata): le ricerche possono essere parecchio "mirate", restringendo, ad es., il periodo temporale o specificando soggetti ben precisi, anche ccomposti da più parole.
Io ho provato a inserire "Malta", "Mediterranean 1939-1945" ecc. e sono venute fuori delle cose spettacolari.
- Il seguente sito
http://home.cogeco.ca/~gchalcraft/sm/
é riferito a tutti i sommergibili britannici della seconda guerra mondiale. E' interessante in quanto riporta in forma tabulata numerosi dati sull'attività operativa di ciascun battello.
-Nel sito dell'Imperial War Museum (http://www.iwmcollections.org.uk/), cliccando su "Photographs" nella "string" in alto, si può accedere al database fotografico dell'IWM medesimo.
Il link diretto è il seguente:
http://www.iwmcollections.org.uk/qryPhotoImg.asp
Per quanto riguarda le ricerche "navali", come pure per quelle di qualunque altro genere, è sufficiente inserire il nome dell'unità o del soggetto nel riquadro "subject" e cliccare sul bottone "SEARCH".
Si aprirà una pagina con tutte le immagini in piccolo formato (possono anche essere presenti più pagine per un determinato soggetto).
Cliccando sul riferimento IWM di ogni singola immagine (la sigla del tipo "A 9798" e similari vicino all'icona della macchina fotografica), l'immagine si aprirà con dimensioni un po' più grandi.
Purtroppo, le dimensioni in pixel delle immagini sono comunque piuttosto piccole, ma la possibilità di accedere al database fotografico dell'IWM è, a mio avviso, sicuramente importante.
E' possibile procedere poi all'ordine della stampa cartacea di una o più fotografie.
ITALIA
http://www.esercito.difesa.it/
http://www.aeronautica.difesa.it/
http://www.anaim.it (Arditi incursori della Marina Militare)
http://www.btgsanmarco.it/ (Battaglione S.Marco)
http://www.guardiacostiera.it/ (Capitanerie di Porto)
http://www.marina.difesa.it/accademia/index.asp (Accademia Navale Livorno)
(Istituto Idrografico della Marina)
http://www.marina.difesa.it/conosciamoci/comandienti/scientifici/idrografico/Pagine/home.aspx
http://www.gdf.gov.it/Home/ (Guardia di Finanza)
Dal sito internet della Guardia di Finanza, segnalo il seguente link:
http://www.gdf.it/repository/contentmanagement/information/n2072719983/architettura_del_naviglio_storico_della_guardia_di_finanza.pdf?download=1
contenente numerose fotografie e piani costruttivi di vedette e mezzi navali della G.d.F. del passato e del presente.
http://www3.corpoforestale.it/
Segnalo un'iniziativa realmente interessante e ben realizzata.
L'amico Roberto Stocchetti, curatore del sito aeronautico "Ali e Uomini", ha inserito nella sua pagina web tutti i "Bolletini di Guerra" emanati dal comando Supremo delle FF.AA. Italiane dal 10 giugno 1940 all'8 settembre 1943. M.Brescia
I bollettini - in un contesto grafico molto curato - sono reperibili al seguente link:
http://www.alieuomini.it/pagine/dettaglio/bollettini_di_guerra,9/__giugno_dal_n_al_n_,40.html
- Segnalo a tutti quest'ottima pagina - tratta da un sito a cui collaborano numerosi professori di Istituti Tecnici Nautici - veramente ricca di documenti tecnici, professionali e marinareschi:
http://www.saturatore.it/indexNEWtemp.htm
Si tratta di una delle più ampie e interessanti raccolte di documentazione del settore che mi sia capitato di visionare in rete negli ultimi anni.
- Il seguente link:
http://www.biografiadiunabomba.it/bombardamenti_seconda.php
Contiene un elenco dei bombardamenti effettuati su città italiane durante la seconda guerra mondiale.
Non so quanto possa essere completo, tuttavia costituisce a mio avviso una buona base di partenza per ulteriori approfondimenti.
- http://www.naval-history.net/
E' riferito alla Royal Navy dalla prima guerra mondiale agli anni Settanta/Ottanta ed è ricchissimo di dati, elenchi e fotografie.
In particolare, rivestono particolare importanza le "Ship's histories": dettagliati ed esaustivi elenchi dell'attività operativa di numerose unità, reperibili a questo link:
http://www.naval-history.net/xGM-aContents.htm
SPAGNA
- Il seguente link contiene numerosissimi articoli di storia navale spagnola.
E', in pratica, una rivista "on line" contenente articoli di soggetto militare quanto mercantile: cliccando - a destra - su "Archivos" si può accedere ai "fascicoli" precedenti il più recente.
Il fatto interessante è che le fotografie, anche se talvolta di qualità non eccezionale, sono però scaricabili a buona densità.
Gli articoli di storia navale militare sono numerosi, e sicuramente interessanti.
Tra i molti, ad esempio, segnaliamo due relativi alla nave appoggio idrovolanti "Dedalo" e alle prove condotte a bordo negli anni trenta con autogiri "La Cierva":
http://www.vidamaritima.com/2008/12/la-aerostacin-naval-y-el-dedalo.html
http://www.vidamaritima.com/2008/06/la-cierva-y-la-estacin-transportable-de.html
Si tratta di un sito sicuramente interessante e - per quanto ho potuto vedere - piuttosto ben fatto.
- Il seguente sito spagnolo:
contiene numerosi links con pagine ufficiali dal sito web della Marina Spagnola come pure numerosissime altre pagine di interesse (anche con video e fotografie).
Merita una visita.
- Anche il seguente sito spagnolo:
contenente numerosi links con pagine ufficiali dal sito web della Marina Spagnola come pure numerosissime altre pagine di interesse (anche con video e fotografie).
Merita una visita.
UNIONE SOVIETICA
- http://www.o5m6.de/index.html
Riferito ai corazzati, alle artiglierie e ad altri mezzi motorizzati dell'Armata Rossa nella seconda guerra mondiale. Il sito è ricco di disegni molto ben realizzati, fotografie e dati.
- http://www.military.com/forums/0,15240,177294,00.html
Sbaglio, o è la vecchia Varyag ucraina?
USA
- E' riferito all'incrociatore lanciamissili USS OKLAHOMA CITY, oggi trasformato in museo a Buffalo (New York).
E' un sito davvero ben fatto, con numerosissime fotografie a buona definizione, e da cui è addirittura possibile scaricare i pdf dei manuali dell'epoca sui missili "Talos" e su altri elementi dell'elettronica e dell'armamento della nave.
Sicuramente, è uno dei migliori siti navali in cui mi sono imbattuto!
http://www.destroyerhistory.org/
relativo alla storia e alla tecnica dei cacciatorpediniere americani della seconda guerra mondiale.
E' un sito davvero ben realizzato con ricche pagine di testo, fotografie, disegni tecnici, statistiche, storie operative delle singole unità e dei reparti e altri interessanti elementi ancora. Merita una visita.
- Segnalo a tutti il seguente sito:
http://www.historylink101.com/
Contiene numerose foto a colori scattate a bordo di portaerei statunitensi (cliccare sul link indicato dalla freccia rossa) e - soprattutto - l'intera collezione di foto a colori della seconda guerra mondiale conservate ai National Archives dell'amministrazione USA (cliccare sul link indicato dalla freccia gialla).
E' un sito veramente completo per la quantità e la qualità di numerose immagini. Purtroppo, anche se c'è scritto che presto verranno aggiunte, mancano ancora le didascalie, per cui - soprattutto per le foto "generiche" è spesso difficile datare l'immagine o individuare il luogo dove è stata scatta.
In ogni caso, solo per la quantità di foto presentate, il sito vale assolutamente non soltanto una visita, ma anche di essere classificato tra i "preferiti".
- Segnalo che nel sito della Historic Naval Ships Association è disponibile questo link:
http://www.hnsa.org/doc/index.htm#ss
dal quale è possibile scaricare un gran numero di manuali dell'U.S. Navy, dalla seconda guerra mondiale in avanti, riferiti a numerosi tipi di unità, sistemi d'arma, dotazioni elettroniche, apparati motore ecc.
Inoltre, è anche possibile scaricare i "Booklets of general plans" (cioè i disegni tecnici, il piano delle ordinate e sezioni interne) di numerose classe i navi del periodo 1940-1945.
- Segnalo a tutti che la sezione fotografica del sito del Naval Historical Center dell'U.S. Navy:
http://www.history.navy.mil/branches/nhcorg11.htm
è stata recentemente riportata alle sue funzionalità originali, con l'aggiunta di altre immagini e di alcune sezioni "ex-novo".
Il sito - ben noto per la qualità e la quantità delle immagini presentate - merita realmente di essere tenuto in evidenza dato che costituisce una fonte primaria di documentazione iconografica sulle attività, i mezzi e gli uomini della Marina degli Stati Uniti.
- Segnalo il seguente sito:
http://www.researcheratlarge.com/"]http://www.researcheratlarge.com
Recentemente aperto, contiene numerosi "battle damage report" riferiti a unità dell'U.S. Navy all'epoca della seconda guerra mondiale. Vi sono riportati gli originali - ormai declassificati - di documenti ufficiali dell'epoca, e parecchi altri documenti di grande interesse (ad esempio, una relazione del 1943 sullo "state of art" delle conoscenze dell'U.S. Navy in materia di sommergibili dell'asse).
Per i "battle damage report", interessantissimo quello della portaerei Franklin (CV-13), completo di numerose fotografie dei danni subiti a definizione abbastanza accettabile.
http://www.researcheratlarge.com/Ships/CV13/Kamikaze/CV13DamageReportAppendix.html"]http://www.researcheratlarge.com/Ships/CV1...rtAppendix.html )
Ancorchè in fase di implementazione, è uno dei migliori siti navali che ho "scoperto" negli ultimi tempi.
- Segnalo a tutti i due links sottoindicati:
http://www.history.navy.mil/photos/sh-co-mk/camouflg/usn-wwii/31-33no.htm
http://www.history.navy.mil/photos/sh-co-mk/camouflg/usn-wwii/31-33tp.htm
Rivengono dal sito del Naval Historical Center dell'U.S. Navy e contengono numerosissimi schemi mimetici di unità navali americane del periodo 1943-1945, riferiti in particolare alle "measures" 31, 32 e 33.
Si tratta degli schemi originali, a suo tempo prodotti dagli enti tecnici (Camouflage Section del BuShips ecc.) della Marina statunitense.
Questa sezione del sito dell'N.H.C. è di recentissima apertura e, quindi, l'inserimento dei files è appena iniziato. Tuttavia, quanto si può già trovare in rete è realmente interessantissimo, quantitativamente e qualitativamente.
- Segnaliamo a tutti questo sito:
http://www.us-maritime-commission.de/
E' spettacolare, riferito a tutte le unità costruite durante la seconda guerra mondiale dalla U.S. Maritime Commission (Liberty, Victory, T2, C3 ecc,).
Contiene centinaia di fotografie (purtroppo la maggior parte a bassa definizione), elenchi, dati tecnici, links e addirittura fimati del periodo 1942-45. Ottima una sezione di documenti scaricabili in formato pdf, tra cui numerose riviste "di cantiere" americane del tempo di guerra.
E' gestito da Frank A. Gerhardt, che a collaborato a questo progetto con S. Terzibatsisch, sino alla recente scomparsa di quest'ultimo.
Ancorchè "tedesco", è sicuramente assai migliore di altri già validi siti "americani" sull'argomento.
Aviazione USA
- http://www.afhra.af.mil/photos/mediagallery.asp
E' il sito della U.S. Air Force Historical research Agency, con un numero veramente grande di foto molto belle, scaricabili a definizione più che accettabile.
- http://www.vectorsite.net/indexav.html
Contiene le descrizioni tecniche e operative di numerosi velivoli e, a mio avviso, può risultare molto utile come "punto di partenza" per ulteriori e più approfndite ricerche.
- Segnaliamo a tutti che il link corretto della galleria fotografica dell'USS LITTLE ROCK è il seguente:
http://www.williammaloney.com/Aviation/USSLittleRock/index.htm
Facendo seguito alla mia precedente e-mail relativa all'ottimo sito sull'USS OKLAHOMA CITY, segnalo un'altra galleria fotografica riferita ad un'altra similare unità: l'USS LITTLE ROCK, oggi conservato come museo a Buffalo (NY)
USA-ITALIA
- http://www.italie1935-45.com/
Ci sono anche i “maiali” ed il sottomarino Holland
http://www.williammaloney.com/Aviation/SubmarineUSSNautilus/ItalianSubmarineMaiale/index.htm
VARIE DAL MONDO MERCANTILE
Fari e Fanali
- http://www.unc.edu/~rowlett/lighthouse/
contenente numerosi link riferiti ai fari di ogni parte del mondo.
Movimento Navi Mercantili nei Porti (sperimentale)
- http://www.marinetraffic.com/ais/
Dal quale è possibile seguire i movimenti di parecchie navi mercantili.
Si tratta di un sito creato dall' Università greca dell'Egeo:
http://www.marinetraffic.com/ais/freestation.aspx
in cui è riportato questo testo:
"This web site is created as an academic, open project. It is dedicated in providing free real-time information to the public, about ship movements and ports and our main objective is to expand it to other research applications. The project is currently hosted by the Department of Product and Systems Design Enginnering, University of the Aegean, Greece. The initial data collection is based on the Automatic Identification System (AIS). We are constantly looking for partners wishing to install an AIS receiver and share the data of their area with us, in order to cover more areas and ports around the world."
Il sito è in lavorazione e viene implementato da chi (privato o ente) fa richiesta per ricevere gratuitamente un ricetrasmettitore AIS. I dettagli sono qui: http://www.marinetraffic.com/ais/freestation.aspx
Questo spiega perchè non tutte le aree sono coperte: mancano ancora gli apparati... però mi pare di capire che chiunque lo può richiedere, a condizione che sussitano le condizioni (luogo adatto ove installare l'antenna, disponibilità 24h su 24 di una copnnessione a banda larga ecc.).
Penso che questa segnalazione potrà interessare, in particolare, tutti coloro che seguono la marina mercantile.
- Segnalo a tutti il seguente sito:
http://www.lexilogos.com/dictionnaire_maritime.htm
Contiene links con numerosi dizionari tecnico-nautici francesi e con altre pagine web di interesse storico e tecnico. Merita una visita.
Foto 2° WW
-http://www.acepilots.com/ww2/pictures.html
con numerose immagini (molte anche note), parecchie delle quali a buona definizione, riferite a vari fatti, eventi e personaggi della seconda guerra mondiale.
STORIA MILITARE (Rivista) http://www.storiamilitare-aes.com/
Segnalo a tutti che sulla pagina di Facebook di "STORIA militare" http://www.facebook.com/pages/STORIA-MILITARE/95246523948?ref=ts ) sono stati inseriti alcuni nuovi elementi:
- report fotografico sulla conferenza tenuta ieri a Rapallo dal com.te Bagnasco sul tema "La documentazione fotografica della guerra aeronavale italiana 1940-1945".
- conferenza dell'ing. Giovanni Massimello sul tema "Aviatori italiani in Russia" (giovedì 19 nvembre p.v., h. 17.45, nella "sala della Vittoria Atlantica" del Comando della 1a Regione Aerea dell'Aeronautica Militare in Piazza Novelli a Milano.
- aggiornamento degli eventi in programma nell'area "Discussioni".
- Informo che sulla pagina di "Facebook" di "STORIA militare" ( http://www.facebook.com/pages/STORIA-MILITARE/95246523948?ref=ss ) è stata caricata la copertina del n. 194 (novembre 2009) della rivista, insieme al sommario.
I dati sono anche riportati nel sito internet della rivista, reperibile al link:
http://www.storiamilitare-aes.com/html/2009.html
http://www.icsm.it/siti/riviste.html (Siti riviste specializzate)
Modellismo
- Segnalo il seguente sito:
http://www.rokket.biz/models/modelsweb/rokket/u557/ubrass.shtml
E' un sito modellistico, dal quale è tuttavia possibile il download di due interessanti documenti tecnici:
- Un prontuario per il riconoscimento degli u-boote in base alla posizione e al disegno dei "fori di deflusso" presenti sullo scafo esterno;
- Uno studio sulle colorazioni applicate agli u-boote nel corso della 2a g.m.
NAVI DA CROCIERA
hurtigruten.crocieraonline.com (Il Postale dei Fiordi)
http://www.it.ncl.eu/ (Norwegian Cruise Line)
www.pocruises.com/ Regno Unito (P&O)
www.starclippers.com/employment.html
www.louiscruises.com/ (Isole Greche)
www.grimaldi-lines.com (Traghetti Ita.)
www.moby.it (Traghetti Ita.)
www.tirrenia.it/ (Traghetti Ita.)
A cura di MARE NOSTRUM
EMILIO LEGNANI - Notte di guerra nel Mar Nero
Giugno 2002
INTERVISTA
all’Ammiraglio “rapallese”
EMILIO LEGNANI
Una Notte di Guerra nel Mar Nero - L’azione del Mas di Emilio Legnani contro un Incrociatore ed un supercaccia della potente Flotta Sovietica
QUADRO STORICO GENERALE
La battuta d’arresto subita dalle armate tedesche attorno a Mosca e la dura prova dell’inverno 1941 avevano allarmato i comandi tedeschi. La Russia non era sconfitta e aveva dimostrato d’avere insospettabili risorse di resistenza.
La Germania non possedeva giacimenti petroliferi e la guerra in Russia aveva moltiplicato le esigenze di carburante. Accantonata la conquista di Mosca, obiettivo principale divennero i pozzi petroliferi del Caucaso e più oltre quelli arabi del Medio Oriente.
Nel 1942, sul fronte orientale le divisioni dell’Asse salirono così a 233, per un totale di circa quattro milioni d’uomini.
LO SCENARIO
Richiesta Germanica di Forze Navali alla Marina Italiana
L’obiettivo di contrastare il dominio aero-navale sovietico nel Mar Nero poneva la difficile soluzione dell’invio di naviglio. Le circostanze politiche impedivano il passaggio per i Dardanelli, la sola soluzione possibile era quella di ricorrere a piccoli ed insidiosi mezzi siluranti da trasferire a destinazione via terra (MAS), via treno (Smg, barchini ecc..) ed infine via fluviale sul Danubio. Le ardimentose azioni dei mezzi d’assalto della Marina Italiana a Gibilterra, Malta, Suda e soprattutto il grave danneggiamento delle corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth ad Alessandria il 19.12.41, avevano suscitato nella Marina germanica tale ammirazione ed interesse che non tardò a giungere una richiesta formale dell’Ammiraglio Raeder ai vertici della nostra Marina per ottenere l’impiego della X Flottiglia Mas in Mar Nero.
Tale richiesta fu esaudita, preparata e realizzata con successo in tempi ristrettissimi.
La composizione della task force fu stabilita come segue:
- Una squadriglia di sei sommergibili da 35 tonn.
- La IV Flottiglia MAS (com.te F.Mimbelli), composta da due squadriglie:
- La XIX (com.te C.Castagnacci), MAS 570-571-572-573-
- La VIII (com.te E.Legnani), MAS 566-567-568-569
- Una squadriglia di cinque M.T.M.S.
- Una squadriglia di cinque Barchini esplosivi.
I MAS 12° Squadriglia al Passo della Cisa)
In quella terribile tempesta che fu la seconda guerra mondiale, la piccola Liguria vantò alcuni primati:
- Un terzo del naviglio civile italiano, perduto nel conflitto, faceva parte del compartimento Genova.
- Il più alto numero di Medaglie d’Oro al Valore Militare e di Marina: 20
Delle 130 Medaglie d’Oro concesse dalla Marina in 5 anni di guerra per fatti d’arme aeronavali, 31 andarono agli uomini dell’assalto o a coloro che si erano resi partecipi delle stesse imprese.
Se l’Italia fu definita: un paese di eroi, poeti e navigatori ci viene fatto di pensare che questo golfo ne rappresenti la culla e l’emblema più significativi.
Ci troviamo a Rapallo, sulla rotonda delle nagge, sotto l’ombrosa e profumata chioma del secolare eucaliptus che svetta superbo come un’antica vedetta, su quel quadro d’Autore chiamato Tigullio.
Accanto a noi c’è il capitano di vascello Emilio Legnani (contrammiraglio a titolo onorifico) milanese di nascita che, come tanti famosi personaggi del passato, gettò l’ancora in questi limpidi fondali nel lontano 1931 per non salparla più.
LEGNANI EMILIO, tenente di vascello della Marina Italiana, è nato a Milano nel 1918. Figlio dell’ammiraglio di squadra Antonio Legnani, comandante della Squadra Sommergibili, frequentò l’Accademia Navale di Livorno uscendone nel giugno 1939 guardiamarina. Fu successivamente imbarcato sulla Giulio Cesare (nella battaglia di Punta Stilo) e sulla Littorio, trovandosi coinvolto nell’attacco inglese contro la flotta italiana nella base di Taranto il 12 novembre 1940 e ottenendo per la sua abnegazione una croce di guerra al valore militare. Trasferito sulla Vittorio Veneto partecipò al battaglia di Capo Teulada.
Nel gennaio 1941, dopo essere stato promosso sottonente di vascello, chiese il trasferimento al MAS. Dopo essersi battuto nel Tirreno, fu trasferito nel Mar Nero come comandante di un MAS. Il 3 agosto 1942, durante una missione di guerra, silurò e affondò un incrociatore sovietico, ottenendo una medaglia d’oro al valore militare. Per questa azione, il ten.vasc. Legnani è stato decorato dal Re con la medaglia d’oro al V.M. sull’Altare della Patria il 10 giugno 1943.
Sempre nel corso della seconda guerra mondiale, dopo essere stato promosso tenente di vascello, comandò la IX squadriglia MAS. Nel dopoguerra prese il comando dei dragamine 303-308 e delle corvette Sibilla-Gazzella-Daino. Legnani continuò la sua carriera in Marina presso il C.M. di Roma e di Genova, dove frequentò la Scuola Comando. Divenne capitano di corvetta nel 1952 e capitano di fregata nel 1961. La sua carriera continuò in ambito civile presso il Corpo Piloti del porto di Genova, che lo vide brillante pilota e sottocapo pilota dal 1956 al 1982. Ricopre tuttora, da quasi trent’anni la carica di Vicepresidente dell’Ente Radar genovese.
Emilio Legnani, 84 anni portati con estrema disinvoltura, ama definirsi: un sopravvissuto di una razza in via d’estinzione.
Non si può certo negare che in alcuni atteggiamenti, l’uomo ed il personaggio riescono a trasfigurarsi in un condottiero solitario, aristocratico e deciso, che brandeggia una spada tagliente ma che ha nel cuore uno scrigno colmo d’ideali e leggende realmente vissute.
Ma, attenzione! Per conoscere il nostro eroe occorre sollevargli la celata e scoprire che l’uomo antico non è.
“Comandante, getti la maschera e ci spieghi! Lei è Vicepresidente Delegato, a tempo pieno, dell’Ente Osservatori Radar genovese ormai dal 1982, con il compito di preparare e certificare i comandanti e gli ufficiali italiani e stranieri della Marina Mercantile. Le materie di cui v’occupate, cinematica e VTS (vessel traffic system) rappresentano l’essenza più importante del management marittimo dell’epoca.
Quale motivazione la spinge a gettarsi ancora in questa sfida quotidiana, altamente ritmata e convulsa che caratterizza oggi il mondo del lavoro?”
“Lei ha usato il termine giusto: Sfida - La mia vita è stata sempre una sfida. Finché anima e corpo mi sosterranno, io mi terrò al servizio della Marina e dei miei ideali.”
“Questa spiaggia mi ricorda il suo velocissimo motoscafo Riva degli anni ’60, quando fedele al ruolo d’assaltatore della 2° guerra mondiale, lei non disdegnava a lanciarlo verso l’orizzonte, con un rombo tremendo che squarciava il timoroso silenzio di questa baia.
MAS schierati nel porto di Genova, il giorno prima di partire per il Mar Nero.
Quel tiepido ricordo estivo mi riporta ancora più indietro negli anni, a quella ben più avvincente avventura bellica, che la vide protagonista al comando del MAS-568 e che le valse la Medaglia d’Oro al Valore Militare per l’azione contro l’incrociatore sovietico Molotov nel Mar Nero, la notte tra il 2-3 agosto 1942.
MAS n.568 sullo scalo d’alaggio a Gurzuf - Yalta
MAS a Yalta – giugno 1943
Vorrei leggere insieme con lei il resoconto ufficiale dell’azione, redatto dall’Ufficio Storico della Marina Militare Italiana:
Occorreva trasferire nel Mar D’Azov delle unità germaniche cariche di materiali necessari alle operazioni dell’Esercito. Trattandosi di una ventina di tali imbarcazioni, era stato stabilito che la loro partenza da Iwan Baba e da Feodosia avvenisse a scaglioni, intervallati di qualche giorno; ed al tramonto, in modo da passare di notte lo Stretto di Cherc la cui sponda orientale era ancora in mano del nemico.
Per la protezione delle motobettoline era previsto:
- Una scorta diretta a mezzo di dragamine tedeschi da 100 tonn.
- Una vigilanza a distanza, effettuata dai nostri Mas e dalle motosiluranti germaniche, a sud della penisola di Cherc, lungo una linea che le unità nemiche avrebbero dovuto attraversare per attaccare il convoglio dell’Asse.
I Russi, che avevano avuto dalla loro ricognizione aerea e probabilmente anche dallo spionaggio notizie del concentramento delle motobettoline a Feodosia e ad Iwan Baba, decisero di effettuare un bombardamento notturno di quelle località con navi ed aerei, e così, mentre le navi nemiche, lasciando nel pomeriggio del 2 agosto Tuapse, stavano dirigendo verso le coste sud-orientali della Crimea, un convoglio costituito dalle prime 8 motobettoline partiva da Feodosia verso le 18 dello stesso giorno dirigendo verso Cherc, con la protezione prestabilita.
Se tutto si fosse svolto secondo le previsioni non sarebbe probabilmente avvenuto nessun incontro: le navi e gli aerei russi avrebbero trovato i porti senza i Mas né motosiluranti né dragamine e con le 8 motobettoline di meno; ma le unità italo-tedesche di vigilanza sarebbero state troppo lontane per poter contrastare il ritorno delle navi nemiche verso i porti caucasici.
Invece il Mas 573, sul quale era imbarcato il capo squadriglia capitano di corvetta Castagnacci, poco dopo la partenza ebbe un’avaria ad uno dei motori ed invece di raggiungere il punto stabilito, 40 miglia ad est di Feodosia, rimase in agguato ad una decina di miglia da quel porto, separandosi dagli altri due Mas (il 568 ed il 569) i quali diressero per le posizioni assegnate (vedi cartina n.2) In tal modo il Mas 573 si venne a trovare, per una fortunata combinazione, in una posizione ideale per attaccare unità che fossero venute a bombardare la costa, come in effetti avvenne.
Particolari degli attacchi dei MAS contro la formazione nemica nella notte sul 3 agosto 1942.
Poco dopo la mezzanotte (3 agosto 1942) un incrociatore ed un cacciatorpediniere con provenienza da ponente e rotta circa ENE aprirono il fuoco contro la costa, verso Iwan Baba.
Il Mas 573 diresse immediatamente per l’attacco, nonostante avesse uno dei motori principali in avaria, e lanciò contro l’unità maggiore un solo siluro perché l’altro era partito erroneamente quando il Mas non era sull’angolo di mira giusto. Il Mas riuscì a sfuggire alla violenta caccia dell’unità di scorta, nonostante la sua limitata velocità, dirigendo verso la costa.
MAS in corsa
Il Mas 568 (tenente di vascello Legnani) ricevette il segnale di scoperta lanciato dal capo squadriglia, lo rilanciò al MAS 569 (tenente di vascello Ferrari) ed invertì subito la rotta dirigendo a tutta forza verso il punto indicato dal segnale; ma trovandosi in posizione sfavorevole rispetto alla luna e per di più avendo mare vivo al mascone che lo copriva continuamente di alti spruzzi, non avvistò il nemico per primo e si accorse della sua presenza soltanto quando quello aprì il fuoco contro di lui. Il tenente di vascello Legnani affrontò arditamente tale grave inferiorità iniziale e manovrò sotto il fuoco nemico con freddezza ed abilità per portarsi in posizione di lancio.
I due siluri lanciati a breve distanza colpirono entrambi l’unità maggiore che si incendiò ed esplose violentemente dopo pochi minuti.
Anche il Mas 568 fu inseguito a lungo dal cacciatorpediniere di scorta e bombardato da aerei che lo illuminarono con i bengala.
Cartolina di propaganda: un MAS in azione contro un incrociatore sovietico davanti a Sebastopoli
Nessuno dei due Mas subì la minima avaria per effetto del tiro avversario, che pure era ben diretto e molto nutrito.
Due tavole di Beltrame sui Mas ne Mar Nero..
Questo freddo rapporto dell’Autorità Militare non può dare che una pallida idea della tensione emotiva, in quello scenario notturno, che attenagliava uomini navi ed aerei che sparavano e scappavano in un carosello di fuoco alla pazzesca velocità di 30-40-50 nodi.
“Cosa le è rimasto dentro di quella battaglia navale ? “
“A sessant’anni di distanza, quell’azione rimane uno dei ricordi più vivi e più belli della mia vita. Ancora oggi provo una certa emozione nel ricordare il mio equipaggio che, in quella delicatissima circostanza, ebbe fiducia in me e nelle decisioni che presi quella notte.
Ricordo che fummo avvistati dal nemico in favore di luce lunare, e subito ci caricò di fuoco. Il più anziano sottufficiale di bordo mi disse: “Comandante, si ricordi le norme dei M.A.S.: attacco insidioso e scappa.” Ed io gli risposi:- Qui d’insidioso non c’è più niente, ci stanno caricando di granate. Ancora tre o quattro colpi e ci prendono. O noi o loro. Se vogliamo portare la pelle a casa dobbiamo passare dall’altra parte per intrappolarli con la luna a sfavore.
Fummo sommersi da proiettili che scoppiettavano intorno a noi come nocciole e fui colpito da una scheggia alla guancia sinistra, della quale m’ accorsi soltanto quando uscimmo da quell’inferno.
Devo aggiungere che in quei momenti, scherzi dell’adrenalina o dell’estrema concentrazione, mi sentii dentro una calma assoluta e riuscii a ragionare con estremo raziocinio.
L’ incrociatore sovietico Molotov della classe “Kirov” ed il caccia conduttore Karkov della classe “Leningrad” bombardavano la costa e accostavano in fuori, verso il largo. Usavano questa tattica per trovarsi all’alba fuori della portata degli Stukas tedeschi.
Il cacciaconduttore Kharkov
Con il Mas-568 ci trovammo soli ed in posizione d’agguato più a levante. Appena ci comunicarono da terra il segnale ‘convenuto’ misi avanti tutta, stringendo la costa, per tagliare la strada al nemico.
Ci trovammo proprio sulla loro rotta!
Senza poterli neppure intravedere, finimmo in ’bocca al lupo’ che ci accolse a cannonate. Per fortuna i Sovietici commisero l’errore di ritenerci colpiti, non pensando che un Mas colpito produce una fiammata e salta in aria, non affonda nel buio. Quando fummo a 800 metri di distanza, mirai la zona a centro-prua della sagoma nera della nave e ordinai di lanciare entrambi i siluri in dotazione. Accostammo subito per non farci ‘beccare’ sulla direttrice degli ordigni e loro s’avvidero del pericolo ed accostarono velocemente, ma non poterono evitare i siluri che lo colpirono a poppavia. Continuai a manovrare ed a fuggire e mi trovai ‘spiattellando’ sotto la prora del Karkov, che sparava ‘lungo’ con tutte le armi sopra le nostre teste. Eravamo a meno di 200 metri dalla sua prora, nell’angolo morto dei suoi tiri. L’ultima virata, a 50 nodi di velocità, ci consentì di scaricare di poppa le ultime armi a nostra disposizione: 10 BTG (bombe torpedine a getto), calibrate a spoletta zero, a scoppio quasi immediato e veramente con gran pericolo per il nostro stesso scafo. Due di questi ordigni colpirono il Karkov tranciandogli di netto la prora sino alla paratia di collisione, la cui tenuta li salvò da un rapido affondamento.
I cacciatorpediniere di scorta raccolsero i naufraghi del Molotov e presero a rimorchio il Karkov per la poppa. Gli aerei della Ricognizione Marittima sovietica c’inseguirono e ci mitragliarono durante tutto il nostro rientro. Ma i loro colpi finirono tutti a 30 metri di poppa, ingannati, dall’alto, dalla scia vistosa e fosforescente lasciata dal nostro Mas.
Vorrei aggiungere ancora un particolare che tuttora mi emoziona: a siluramento avvenuto, dal Mas-568 si levò un grido all’unisono: VIVA IL RE!
e soltanto Viva il Re. Noi eravamo stati addestrati a gridare:
Viva il Re, salute al Duce.”
MAS 568
X- Flottiglia M.A.S.
“Erede diretta delle glorie dei violatori di porti che stupirono il mondo con le loro gesta nella prima guerra mondiale e dettero alla Marina Italiana un primato finora ineguagliato, la XFlottiglia M.A.S. ho dimostrato che il seme gettato dagli eroi nel passato ha fruttato buona messe. In numerose audacissime imprese, sprezzante di ogni pericolo, fra difficoltà di ogni genere create, così, dalle difficili condizioni naturali, come nei perfetti apprestamenti difensivi dei porti, gli arditi dei reparti d’assalto della Regia Marina, plasmati e guidati dalla X Flottiglia M.A.S. hanno saputo raggiungere il nemico nei più sicuri recessi dei muniti porti, affondando due navi da battaglia, due incrociatori, un cacciatorpediniere e numerosi piroscafi per oltre 100.000 tonnellate. “Fascio eletto di spiriti eroici, la X Flottiglia M.A.S. è rimasta fedele al suo motto: “Per il Re e la Bandiera”.
(Mediterraneo, 1940-1943)
Il giorno successivo, il Mas 573 fu inviato di pattuglia e riscontrò una massa ingente di rottami d’ogni genere che copriva una vasta zona di mare. Questo ritrovamento confermò l’affondamento di un’unità nemica. Nulla si seppe allora del grave danneggiamento subito dalla seconda nave da battaglia.
Il corso della guerra e gli ovvi motivi di riservatezza militare ne impedirono l’identificazione.
“Dopo quanti anni dall’evento, la nostra Marina venne a conoscenza, in modo certo, dei successi italiani di quella notte?”
“Fonti sovietiche resero noti gli avvenimenti della notte del 3 agosto verso la fine degli anni ’50. Solo allora si seppe con certezza, per ammissione dei stessi Russi, dell’affondamento dell’incrociatore Molotov che era al comando del capitano di vascello Romanov e del danneggiamento del supercaccia Karkov al comando del capitano di fregata Shevtcenko. Questa seconda unità, rimasta senza la prua, fu rimorchiata con molte difficoltà nel porto di Tuapse e rimase ai lavori per tutto il resto del conflitto. Le due unità sovietiche erano salpate agli ordini del contrammiraglio N.E. Basisty, comandante della Brigata incrociatori del Mar Nero.”
Nel decalogo degli operatori dei mezzi d’assalto si evidenzia una costante richiesta d’autodisciplina, autocontrollo, un accuratissimo addestramento ed un elevato spirito di sacrificio. Nel documento manca qualsiasi indizio di fanatismo o esaltazione del Regime ed è inoltre condannata ogni forma di vanità personale. Soltanto al punto n.6 si colloca la motivazione che era la vera chiave di lettura dell’impegno da voi assunto:
l’Amore per la Patria
Aldilà del nobile e puro sentimento patriottico, non dubitò mai, che lei ed il suo equipaggio poteste essere le vittime scelte da una propaganda che cercava di supplire, con il vostro coraggio individuale, alla mancanza d’armi efficaci?
Così come qualcuno disse: “Beati quei popoli che non hanno bisogno d’eroi.”
“Per la nostra generazione, l’amor patrio ha rappresentato il sentimento più forte in assoluto. Nessuna forma di propaganda, pro o contro, avrebbe potuto scalfire in qualche modo questa forza che ci ha sostenuto fino ad oggi.
L’unico apporto positivo che l’Italia è riuscita a dare ai Tedeschi è stato il contributo della Flottiglia MAS nel Mar Nero. La nostra presenza in quelle acque era stata sollecitata dal grande Ammiraglio Raeder, dopo i prestigiosi successi italiani dei mezzi d’Assalto ottenuti ad Alessandria, Suda e Gibilterra. Questi riconoscimenti c’erano elargiti principalmente per il nostro speciale addestramento e per le tattiche di guerra adottate che prevedevano sempre una via di fuga oppure il recupero dell’assaltatore.
Il cantiere Baglietto poteva fornire un MAS in pochi mesi, ma per formare gli equipaggi giusti occorrevano anni.
No! Non eravamo kamikaze, né fanatici o sprovveduti bombaroli, eravamo dei militari addestrati per colpire il nemico, portare la pelle a casa ed essere di nuovo pronti a reiterare nuovi attacchi.”
“Le sue affermazioni sono peraltro confermate da uno ‘studio’ dello storico navale Tullio Marcon (vedi allegato). La statistica proverebbe che la mortalità tra il personale incursore fu nettamente inferiore a quella registrata tra gli equipaggi caduti della Marina Militare Italiana, nel secondo conflitto mondiale.”
M.DASSALTO Affondati OPERATORI
Tonn. Interventi Impieg. Morti Prigion.
MAIALE 184.861 14 101 4 33
BARCHINO 16.484 7 41 2 12
MOTOSCAFO 11.050 31 80 3 ..
GAMMA 28.348 14 71 10 13
-----------------------------------------------------------------------------
TOTALI 247.743 66 293 19 58
Da questa breve statistica di T.Marcon si rileva che: su 293 militari assaltatori (incluse le riserve), impiegati in 66 azioni, i morti furono 19 (7%) – i prigionieri 58 (20%). Andando ora ai valori assoluti per i caduti, la citata percentuale del 7% sale al 10% se si considera che tra i 293 impiegati sono inclusi diversi reimpieghi, valutabili in un centinaio circa. Si hanno quindi 19 caduti su circa 190 uomini. Ebbene se si rammenta che sulla forza di 190.000 uomini in servizio con la Regia Marina, dal 1940 al 1945 i morti furono quasi 29.000, ossia il 15% del totale in valore assoluto, si può concludere che per i Mezzi d’assalto la sopravvivenza fu nettamente superiore a quella di altre specialità.
Prima di accettare la nomina a Sottosegretario alla Marina Repubblicana, suo padre, l’Ammiraglio Antonio Legnani volle recarsi da uno dei “padri” fondatori della Marina, Thaon di Revel, per chiedergli consiglio.
“Non abbia dubbi o pentimenti per la strada che ha scelto”- disse il Grande Ammiraglio. “Si ricordi che in ogni epoca della storia vi sono stati, da ogni parte, grandi patrioti e l’essenziale è che le loro opere e le loro azioni siano state esclusivamente ispirate al supremo bene e interesse della patria.”
“Pochissimo tempo dopo, suo padre perì in un incidente stradale.
Io credo che le parole di Thaon di Revel siano, per la loro onestà intellettuale, ancora di grand’attualità.
Qual è oggi il suo pensiero? “
“Nei giorni precedenti l’8 settembre ’43, incontrai mio padre di sfuggita, il quale, con molta tristezza e rassegnazione mi disse:
-L’amico Karl Doenitz mi ha preannunciato che, se gli Italiani non riprenderanno a combattere al fianco dei Tedeschi, mezza Italia, da Milano a Roma, sarà polonizzata, cioè sarà ridotta ad una seconda Polonia. Perché questi sono gli ordini categorici di Hitler. –
Tu tienti fuori! - Mi ordinò mio padre – Noi siamo destinati a morire, e lo faremo per il Paese, perché cercheremo, con il nostro sacrificio, d’impedirglielo.”
“Povera Italia non può fare la guerra e non può fare la pace!”
Sintetica, amara quanto veritiera, questa frase rispecchiò la tragedia nazionale di quei giorni.
“Comandante, cosa provò l’otto settembre ’43 ? ”
“Piansi! Un pianto irrefrenabile. Quel giorno la Patria morì con il suo onore, ed il sacrificio di Fecia di Cossato testimoniò il sentimento di tutti noi:
Le flotte vanno affondate, non si consegnano al nemico!
La nostra flotta con il pennello nero, che significa “mi arrendo”,
fu ricevuta a Malta da una celebre unità inglese, che portava ancora i segni di una grande offesa subita. I britannici si sa hanno il senso dell’humor, e l’Ammiraglio Cunningham era lì, proprio sulla Valiant che era stata duramente colpita da Durand de la Penne.
Quando gli Inglesi aprirono al pubblico i loro archivi della 2° guerra mondiale, incaricai un’ufficiale della nostra Marina, che aveva fatto parte dei servizi segreti, di recarsi in Inghilterra per indagare sulla morte di mio padre.
La risposta che ottenne sul tragico avvenimento fu breve, secca e precisa:” Fu un colpo di mano dell’Intelligence Service. Un’Azione di guerra!”
Mia madre, all’epoca ispettrice della Croce Rossa, poté vedere la salma di mio padre che presentava, in modo inequivocabile, un foro alla testa e non ebbe alcun dubbio, già allora, sulla dinamica dell’incidente…
Dei quattro occupanti l’auto di servizio, soltanto mio padre rimase ucciso nell’agguato e si trattò, per ammissione degli stessi Inglesi, di un’azione di guerra, certamente portata a compimento per impedire o scoraggiare il passaggio di sommergibilisti fedeli a mio padre nella neonata Repubblica.”
Montanelli ha scritto:
“non è vero chi gl’Italiani siano buoni soldati traditi da cattivi Capi. I Capi valgono poco anche perché dispongono di soldati che, come massa, poco valgono, come del resto è logico che sia in un paese rimasto per secoli imbelle e abituato ad affidare la propria sorte a truppe straniere. In mezzo a questa massa imbelle ci sono degli eroi che, lottando anche contro di essa oltre che contro il nemico, riescono a rendersi protagonisti d’episodi luminosi come gli assaltatori della Marina. I Capi invece vengono da questo mediocre substrato umano…”
“Qual è il suo pensiero in proposito?”
“Pur avendo il massimo rispetto per I. Montanelli, dissento completamente dalle sue valutazioni, almeno per quanto riguarda la Marina, che era formata da persone entusiaste, capaci, silenziose, pronte a soffrire ed a sacrificarsi per il Paese. Devo aggiungere che gli Stati Maggiori di mare, non quelli di terra (Supermarina), e gli equipaggi imbarcati non avevano nulla da invidiare a quelli Inglesi.”
“Dal giorno della sua azione in Mar Nero sono trascorsi sessant’anni di storia, tutto sommato di pace per il nostro Paese.
Qualora fosse vera la teoria dei “ricorsi storici”, quale consiglio darebbe ai giovani italiani di domani?”
“Quello di riscoprire i veri valori, combattere per dei giusti ideali, quelli universali, non quelli falsi propinati dai media e avvallati da quei rissosi partiti politici che ci governano. Ma alla base di tutto questo ci deve essere una scuola di sacrificio, perché è la sofferenza in età giovanile a formare e temprare il carattere dell’uomo.
Io benedico gli anni d’Accademia, i giri di barra, i giri di corsa, le ore di piantone e tutto il resto. Adesso, purtroppo anche le Accademie non sono più le stesse, sono subentrate le donne, e su di esse si è appiattito anche il valore degli uomini.
Le ragazze vanno bene nei paesi nordici ed anglosassoni dove, per una ”strana” tradizione maschile, la bottiglia di whisky riveste un fascino erotico superiore a quello femminile. Da noi come ben sappiamo, le abitudini…sono molto diverse, ed il fallimento è totale. Ma per coprire gli organici non esiste un’alternativa, perciò:” buon viso a cattiva sorte”!
Io credo che esistano nel nostro Paese troppe ”religioni politiche”, storicamente indifferenti all’amor patrio. Ma io ho molta fiducia nell’intelligenza e nel sentimento dei giovani italiani e credo che, presto, nello spirito europeo, troveranno lo stesso patriottismo che è già patrimonio dei loro coetanei francesi, inglesi, e tedeschi.”
“Comandante, siamo giunti all’epilogo di questa nostra conversazione.
C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?”
Raffaele Rossetti
Si! – Vorrei ricordare che la città di Rapallo ospita, dal 1964, un valoroso marinaio: Giuseppe Ferrante di Favignana, il quale, imbarcato come sottonocchiero sul MAS al mio comando, si guadagnò la Medaglia di bronzo al V.M. per l’azione nel Mar Nero che abbiamo ampiamente descritto.
Per concludere, vorrei aggiungere una questione del tutto personale.
Ho scelto la mia ultima dimora nel camposanto di S.Ambrogio, lassù, alle nostre spalle e per due motivi:
Perché amo questo golfo e per riposare accanto ad un grande amico:
il Maggiore del Genio Navale Raffaele Rossetti, eroe della 1a guerra mondiale, sulla cui tomba, a perenne ricordo, è incisa la frase:
1881 - 1951
Raffaele Rossetti
EROE SILENZIOSO
CHE NELLA NOTTE DI POLA
ASSOMMO’ E SOLLEVO’ AGLI ASTRI
TUTTA LA GLORIA
DEI MARINAI D’ITALIA
1. nov.1918 G. D’ANNUNZIO
L’ultimo addio a Emilio Legnani, medaglia d’oro al valor militare.
Si è spento il 23 agosto 2006 a Genova il comandante Legnani, decorato di medaglia d’oro al valor militare. Il capitano di fregata Emilio Legnani nacque a Milano il 3 marzo 1918. Allievo all'Accademia navale di Livorno dal novembre 1938, nel giugno 1940 conseguì la nomina a guardiamarina.
Imbarcò prima sulla corazzata Giulio Cesare e poi sulla Littorio con l'incarico di ufficiale addetto alle telecomunicazioni e durante l'attacco notturno a Taranto del 12 novembre dello stesso anno provvide, a bordo di un piccola imbarcazione e sotto il martellare del bombardamento inglese, a spegnere i fari delle boe che circondavano l'unità quindi, risalito a bordo, con la nave danneggiata dallo scoppio dei siluri inglesi, riuscì a portare in salvo l'archivio segreto.
Promosso sottotenente di vascello, nel gennaio 1941 venne trasferito a domanda sui mezzi d’assalto, operando prima con prima squadriglia dell'Alto Tirreno e poi nel Mar Nero, al comando di una motosilurante della squadriglia comandata dal capitano di vascello Francesco Mimbelli. Durante la missione condotta nella notte del 3 agosto 1942, attaccava arditamente e affondava un incrociatore sovietico tipo "Crimea Rossa".
Promosso tenente di vascello nel luglio dello stesso anno e rimpatriato, fu assegnato all'ufficio operazioni del comando in capo del dipartimento Alto Adriatico a Venezia e nell'agosto, a domanda, assunse il comando della IX squadriglia Mas. L'armistizio dell'8 settembre 1943 lo colse mentre si trovava ricoverato per malattia contratta in servizio. Dopo il conflitto prestò servizio presso il distaccamento Marina militare di Roma e dopo il comando dei dragamine 303 e 308, ebbe il comando della corvetta Gazzella.
Promosso capitano di corvetta nel maggio 1952 e destinato presso il comando Marina di Genova, l'anno successivo frequentò l'Istituto di guerra marittima al termine del quale, vincitore del corso per il Corpo piloti del porto di Genova, lasciò a domanda il servizio attivo. Promosso capitano di fregata nella riserva di complemento nel 1961, nel 1964 assunse la carica di presidente del Collegio nazionale patentati capitani di lungo corso. Il comandante Legnani è stato decorato di medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione:
“Comandante di Mas veloce, operante in mari lontani, dava prova in audaci missioni di guerra di perfetta preparazione, di sereno ardimento e di elevata perizia nella condotta del potente e insidioso strumento bellico a lui affidato. Destinato a effettuare una difficile missione di agguato, dirigeva decisamente per intercettare una formazione navale sovietica, composta di un incrociatore e un cacciatorpediniere, sfidandone con coraggio e audacia l'intenso e ben aggiustato tiro che inquadrava ripetutamente la piccola unità. Nonostante le sfavorevoli condizioni di luce e la martellante azione di fuoco dell'avversario, mirava decisamente all'obiettivo e, giunto a breve distanza, lanciava contro la prima e più grossa unità due siluri che, esplodendo, avvolgevano in una nube di fuoco la nave nemica che in pochi minuti affondava. Compiuta l'eroico gesto che rinnovava con insuperabile slancio le gloriose tradizioni dei nostri Mas, si disimpegnava dalla furiosa reazione dell'unità nemica di scorta e dagli insistenti attacchi aerei, raggiungendo senza perdite la propria base. Egli veniva così a dimostrare come lo spirito che anima i marinai d'Italia sappia piegare in qualsiasi cimento la forza avversaria e su essa, osando l'inosabile, trionfare. Mar Nero, 3 agosto 1942”
Fonte: Stato Maggiore Marina
Carlo GATTI
Rapallo, 08.04.11
LUIGI FAGGIONI, un EROE chiavarese a Suda (Grecia)
LUIGI FAGGIONI
Un eroe chiavarese a Suda (Grecia)
Il 20 maggio 1941 i BARCHINI ESPLOSIVI comandati dal t.v. Luigi Faggioni violano la base inglese di Suda, nell’isola di Creta, affondano l’incrociatore YORK e la petroliera PERICLES.
Luigi Faggioni e sua moglie
Mappa della missione di Suda (Creta). Il 26 marzo 1941, i siluri umani: Cabrini, Tedeschi, Faggioni, De Vito, Beccati, Barberi; a bordo di barchini esplosivi, forzarono le protezioni all'ingresso della baia riuscendo ad affondare l'incrociatore York e la petroliera Pericles.
Pochi uomini e mezzi, basso costo e audacia hanno ottenuto la disabilitazione di grossi mezzi bellici, cosa che creò un rallentamento delle azioni inglesi in mediterraneo. Non è così che si vincono i giganti, ma è così che si prende tempo facendo pagare grossi costi in denaro al nemico limitandone al contempo la mobilità sul campo di battaglia. Ogni riferimento a fatti odierni è puramente casuale.
La Baia di Suda
In quella terribile tempesta che fu la seconda guerra mondiale, la piccola Liguria vantò alcuni primati:
- Un terzo del naviglio civile italiano, perduto nel conflitto, faceva parte del compartimento di Genova.
- Il più alto numero di Medaglie d’Oro al Valore Militare e di Marina: 20
L’illusione di Mussolini di poter condurre una “guerra parallela” a quella dell’alleato tedesco ed ottenere pari dignità, durò lo spazio di cinque mesi. La resistenza inglese prima e l’attacco tedesco all’URSS poi, obbligarono invece Mussolini a cimentarsi in prove superiori alle sue forze.
Il 1941 assunse così per l’Italia l’aspetto di una vera e propria via crucis.
Quando venero iniziate le operazioni contro la Grecia, la Flotta U.K. del Mediterraneo utilizzò una base di notevole importanza strategica nella profonda baia di Suda situata nel versante occidentale di Creta. Da questa insenatura le unità britanniche minacciavano le nostre isole del Dodecanneso, impedendo il collegamento marittimo fra l’Italia e il possedimento, che costituiva il fronte più avanzato nel Mediterraneo orientale.
La marina italiana provvide a contrastare gli inglesi dislocando una flottiglia “incursori di superficie” con base a Lero. L’arma impiegata da questi uomini era il cosiddetto barchino esplosivo o M.T.M. largo m.1.90 – lungo m. 5.20, CV 2500 – Vel.32 nodi – 5 ore di autonomia e nella parte anteriore aveva un barilotto contenente 300 kg. di esplosivo. L’arma era pilotata da un solo uomo che, quando individuava il bersaglio, lo puntava con la prua del barchino e poi metteva il motore a tutta forza, bloccava il timone e subito si lanciava in mare.
Furono questi barchini dunque, in numero di sei, i protagonisti dell’impresa di Suda. Li pilotavano l’allora t.v. Luigi Faggioni, il s.t.v. Angelo Cabrini, ed i sottufficiali A. De Vito, Tullio Tedeschi, Lino Beccati ed Emilio Barberi.
L’azione cominciò verso la mezzanotte del 25 marzo. I barchini ed i sei uomini che dovevano guidarli partirono dall’isola di Stampalia a bordo dei cacciatorpedinieri Crispi e Sella. Quando le due unità arrivarono a circa sei miglia dall’imboccatura della baia di Suda, gli M.T.M. furono calati in mare con i sei uomini ed abbandonati al loro destino. Proprio in quel punto, il giorno precedente, la nostra ricognizione aerea aveva segnalato la presenza di un incrociatore inglese di 10 mila tonnellate, di due cacciatorpediniere e di dodici piroscafi nemici.
Proprio su questa preda misero la prora i nostri “incursori”, con alla testa il capo squadriglia Faggioni. Soli in un braccio di mare lungo stretto controllato dal nemico, i sei eroi superarono tre ordini di ostruzioni, giungendo all’estremità della baia di Suda alle ore 4.45. Nel poco tempo che ebbe a disposizione, Faggioni scelse i bersagli più grossi e assegnò ai suoi uomini gli obiettivi da colpire: l’incrociatore York a Cabrini e Tedeschi, per sé e per Beccati riserbò il secondo attacco alla grossa unità in caso di fallimento del primo; De Vito e Barberi ebbero per bersagli i piroscafi ormeggiati sul fondo della baia.
L’Incrociatore Inglese York colpito a morte
Sono le 05 in punto del 26 maggio 1941. L’incrociatore britannico dà segni di risveglio e Faggioni ordina il “via” all’operazione. Cabrini e Tedeschi dirigono verso il bersaglio. L’oscurità è profonda ed a circa duecento metri dallo York, i due incursori si fermano nell’attesa che sopravvenga un po’ di luce. Alle 05.30, con tutto il gas aperto, i due barchini si lanciano. A circa ottanta metri dal bersaglio i due piloti bloccano i timoni e tolgono la sicura della carica, lasciandosi cadere in acqua.
Prima che le vedette possano dare l’allarme, avevano scambiato i rumori dei M.T.M. per aerei, violente esplosioni avvampano contro il fianco della York, che sbanda a dritta e comincia a immergersi di poppa. Faggioni e Beccati si avvicinano ad una grossa petroliera (risultò poi essere la Pericles). Contro di essa si lancia per primo Beccati cogliendola di poppa. Anche il capo squadriglia sta per lanciarsi contro la petroliera, quando dietro ad essa vede apparire un’unità da guerra mimetizzata. E’ l’incrociatore Coventry che era affiancato alla Pericles per rifornirsi e che ora cerca la fuga sparando in ogni direzione.
La petroliera Pericles fortemente appoppata
Faggioni punta immediatamente il suo mezzo contro la nave che sta acquistando velocità. Purtroppo il barchino è stato ideato per colpire bersagli fermi e quando viene lanciato si perde, esplodendo contro una banchina del porto. In seguito a questa audacissima azione la flotta inglese perse praticamente l’unico incrociatore con cannoni da 203 che allora possedeva in Mediterraneo. Quanto alla Pericles perse quasi tutto il suo prezioso carico e colò a picco durante il tentativo di rimorchio verso Alessandria d’Egitto.
Faggioni e i suoi compagni furono fatti prigionieri a Suda e trattati con ammirazione come tradizione della Marina britannica verso il nemico valoroso. L’ammiraglio Cunningham, comandante in capo della Mediterranean Fleet, narrando l’attacco scrisse: “Mi ha sempre meravigliato quanto gli italiani siano bravi in questo tipo di attacchi individuali. Hanno certo uomini capaci delle più valorose imprese”.
I sei eroi di Suda, al loro ritorno in patria dalla prigionia, furono decorati con Medaglia d’Oro al Valore Militare.
- Si ringrazia il socio com.te Nicola Boletto, cognato dell’Ammiraglio Luigi Faggioni per averci fornito il materiale storico dell’avvenimento.
Carlo GATTI
Rapallo, 05.04.11