RACCONTI IN RIVA AL MARE
IL REZZAGLIO DEL MIO AMICO ENNIO detto “COCOLA”
Pubblicazione che riporta le foto di Cocola che seguono
Ennio “Cocola” in attesa
Cocola in azione…
Splendido scatto! che rende l’idea dell’ampiezza del rezzaglio lanciato da Cocola
Cocola aggiusta la sua arma…
Nunzio Catena a lezione di rezzaglio da “Cocola”
Per quanto riguarda il rezzaglio, come si può vedere dalla foto, bisogna raccogliere la rete in una maniera ben precisa e tenerla nella mano destra, mentre una parte dei piombi della circonferenza va sul braccio ed un’altra viene lanciata con la mano sinistra per far aprire la rete.. Questa è una pesca che per avere buon esito va fatta ad una profondità massima di un metro, se maggiore, per il tempo che la rete tocca il fondo, il pesce, con un colpo di coda, è già fuori. Per questi motivi non viene pescata dalle vostre parti.
Quella che ‘Cocola’ faceva per vivere, è una pesca molto sportiva, innanzi tutto ci vuole abilità a lanciarlo perché il pesce, che veloce cerca di entrare nel fiume, vede noi come noi vediamo lui, perciò la rete deve essere lanciata quasi rasente la superficie del mare altrimenti se troppo alta, per quando i piombi toccano il fondo, ha tutto il tempo per fuggire.. Diversa è la pesca in acqua torbida, quando viene lanciato a caso, nel qual caso gioca la fortuna, oppure si lancia un sassolino, se ci sono cefali nei dintorni, questi dapprima si allontanano ma poi, siccome sono curiosi, tornano per vedere cos’è, cercando di calcolare i tempi, può andare anche bene. Purtroppo dove era Cocola, questi ultimi tipi di pesca non potevano essere effettuati e l’unico punto dove i cefali e qualche spigola convergevano, era la foce del fiume, dove la corrente uscente del fiume, ‘urtando’ l’onda del mare si alza e in quella trasparenza si riesce a vedere il pesce che veloce cerca di entrare.
Anche io ho imparato da piccolo a lanciarlo con una rete proporzionale alla mia ‘stazza’ e pescavo i pesci piccoli vicino a Cocola (che lui non pescava). Da bambino andavo lì perché papà aveva un ‘trabocco’ da 6 mt. di lato, al fiume, proprio vicino alla foce.
È stato proprio un bellissimo ‘rezzaglio’ il regalo che mi aveva fatto Marilena appena dopo sposati, perché spesso mi lamentavo di quello che avevo…Lo aveva fatto a mano il Sordo. A mano, perché spesso lo fanno raccordando diversi pezzi di rete, invece quello era fatto aumentando per ogni giro di rete un certo numero di maglie in modo che dalle poche maglie che formavano il cerchietto centrale (attraverso il quale passavano i fili che servivano per tirare l’armatura con i piombi), si doveva arrivare ad una circonferenza di circa 15 mt. Mi piaceva da matti quella pesca, che più propriamente era una ‘caccia’, anche perché i cefali pescati erano commestibili e non come quelle ‘petroliere’ pescate nei porti, dove si vedono riuniti in gran numero che boccheggiando sembrano aspirare il petrolio come per purificare l’acqua.
La casa paterna di mio padre era molto vicina al fiume ed insieme ai fratelli hanno avuto anche prima della guerra un ‘trabocco’ che poi hanno ricostruito al ritorno di uno zio dall’America che da pensionato amava passare le giornate in quel tipo di pesca.
A proposito del rezzaglio, chi viveva di quello, era proprio Cocola, che era sempre alla foce del fiume Foro, in attesa di prendere qualche cefalo che cercava di entrare nel fiume. Purtroppo, Cocola non era da solo, ed allora era una lotta a chi prima poteva lanciare la rete; quando Cocola tirava la rete e vedeva nel cavo dell’onda che il cefalo era dentro, restava fermo, immobile, quasi in catalessi per alcuni secondi, chissà, forse la gioia di aver pescato qualcosa da vendere e portare casa qualche soldo.
Nel dopoguerra il REZZAGLIO era ancora molto praticato vicino alla foce dei fiumi e dei torrenti. Era un tipo di pesca molto redditizia, ma allo stesso tempo dispendiosa di energie, sia per il peso del piombo posto alle basi, sia per il fatto che la rete una volta bagnata diventava sempre più pesante.
Nel periodo che va da Ottobre a Dicembre con il passaggio di cefali, spigole e orate che migravano verso il mare si ottenevano risultati eccezionali, pescando soprattutto spigole di grosse dimensioni.
Un tempo il rezzaglio veniva costruito (sarebbe meglio dire autocostruito) in canapa o cotone, ora viene utilizzata la tortiglia di polyester o il nylon. Anticamente cucita a maglia sempre più fitta mano a mano che la rete si allontanava dal centro del cerchio, adesso viene cucito a fasce di diversa grana, mano a mano più fitta. Esistono infatti diversi tipi di grana a seconda della dimensione dei pesci a cui un rezzaglio è destinato.
Lungo il bordo inferiore del rezzaglio vi è una corda ricoperta di piombi (la funaia) che trascina la rete verso il fondo. La circonferenza della rete varia tra i dodici e i quindici metri.
Dal bordo partono circa venti cordicelle (i ramiglione) che passano all’interno della galla e confluiscono verso la corda del giacchio, lunga più di tre metri. Alle estremità della corda vi sono due occhielli (cappiole).
In alcuni modelli i ramiglione a circa venti centimetri dalla funaia si biforcano, questa deviazione è detta femmenella.
Ma come si usa? La barca si avvicina in modo lento e silenzioso verso la zona individuata. Il lanciatore si sposta verso la prua e posiziona la tavola del giacchio tra le sponde.
Il pescatore comincia serrando la corda intorno al polso (o infilando l’anello della corda al mignolo) così da non perdere la rete. Raccoglie con una mano la parte superiore del giacchio per circa metà della sua lunghezza. Con l’altra mano afferra il lembo rimasto libero.
Il pescatore ruota il busto all’indietro e, subito dopo, fa seguire un movimento in avanti. L’abilità del pescatore sta nel coordinare questi movimenti e nel lasciare andare la rete al momento giusto, facendo in modo che, grazie alla rotazione impressa, si apra completamente in aria prima di toccare la superficie dell’acqua.
Quando cade in acqua il rezzaglio deve essere disteso, così da coprire la maggior area possibile. Il peso dei piombi lungo la funaialo fa scendere rapidamente verso il fondo, imprigionando i pesci che incontra inabissandosi.
Il rezzaglio viene recuperato tirando lentamente con piccoli colpi la corda del giacchio e poi il fascio dei ramaglione. Mentre la rete viene raccolta, il perimetro della funaia si stringe e i piombi si avvicinano tra loro scorrendo sul fondo così da non far uscire i pesci.
Al pescatore non resta che issare il rezzaglio a bordo, posando la rete sulla tavola dove la libera del pescato.
Nunzio CATENA- Carlo GATTI
Rapallo, 2 agosto 2017