MARINAI E FEDE
Le vele delle tre caravelle di Colombo portavano la croce rossa in campo bianco.
Siamo ancora nel periodo pasquale, nei giorni della Passione di Gesù e noi uomini di mare ci soffermiamo ancor più nella meditazione e nella preghiera perché “credenti, fedeli e timorati di Dio per tradizione, ma anche per trovare la forza di contrastare i mari e i venti e sperare di ritrovare la via di casa …”.
Molti storici ritengono che queste tre lettere possono venire dal greco e significare Cristo, per cui sommando XPO e FERENS nasce il nome Cristoforo, portatore (ferens) di Cristo.
ALCUNI PASSI INDIETRO…
Ma c’é di più, in questo speciale spazio temporale ci sentiamo ancor più vicini ai marinai cristiani della prima ora che furono scelti, con le loro navi, come simbolo della Chiesa nascente.
Non é quindi un caso che nel 2000 – Anno del Giubileo – siano stati scelti essi stessi come logo di questo percorso ideale verso la Sacralità della Fede Cristiana: i marinai, il mare e le imbarcazioni.
La nave-immagine della Chiesa in navigazione sui flutti. Nella traduzione graficamente moderna dell’antico simbolo, l’albero maestro è una croce tra vele, che realizzano il trigramma di Cristo (IHS). Sullo sfondo delle vele è rappresentato il sole che, associato al trigramma, rimanda all’Eucaristia.
La nave è un emblema che trabocca di significati.
Nei popoli precristiani mediterranei era il simbolo del viaggio della morte e dell’immortalità. Nel primo cristianesimo del II-III secolo, la nave appare nelle opere catacombali e negli scritti dei Padri dei primi tre secoli. Anche in Palestina, tra i simboli cristiani arcaici degli ossari appare la barca.
Le immagini marinare non abbondano nella Bibbia. Israele non è un popolo marinaro, come invece, sono i greci che solcavano il Mediterraneo in lungo e in largo; in essi si trova l’allegoria della nave dello Stato e Platone descrive i vantaggi di questa nave ben governata dal suo timoniere. Nella letteratura ebraica, la tempesta è data dalle prove, sia personali sia collettive, la cui liberazione può venire solo dalla potenza di Dio e dalla preghiera. La nave è vista nell’ottica della salvezza dal naufragio; l’arca in cui Noè trovò rifugio lui e i suoi, indica anche il viaggio felice dell’anima in questa vita verso l’eternità.
I cristiani, nei monumenti funerari, hanno ripreso il simbolismo della nave come segno di speranza e di eternità, utilizzandolo subito per esprimere due temi precisi: la Chiesa e la Croce.
1991. Lo sbarco di oltre ventimila Albanesi l’8 agosto 1991 nel porto di Bari. La cifra é reale! La nave Vlora (Valona) proveniente da Durazzo, può essere considerato l’inizio di un fenomeno progressivamente sempre più consistente che da quel momento in poi ha coinvolto il nostro Paese e l’intero continente europeo. Notare gli alberi a croce della nave, più visibile é quello a poppavia.
Il simbolismo ecclesiale della nave risale ai sec II-III. Tertulliano è il primo a farne un simbolo esplicito della Chiesa, identificando nella nave in tempesta la Chiesa delle origini, travagliata dalle persecuzioni.
Nello Pseudo Clemente (sec III) si dice: Il corpo intero della Chiesa è come una grande nave che trasporta uomini di provenienza molto diversa segue poi una lunga allegoria in cui Dio è proprietario della nave, Cristo il pilota, il vescovo la vedetta, i presbiteri sono i marinai i diaconi i capi rematori, i catechisti gli aiutanti. Un testo delle Costituzioni apostoliche del sec. IV, sull’ordinazione dei vescovi dice: “Quando riunisci la Chiesa sii vigile come il pilota di una grande nave. Prescrivi ai diaconi come a dei marinai di indicare il proprio posto ai fratelli, come a dei passeggeri”.
Uno scritto del sec II precisa: Cristo è il pilota esperto. La prua (della nave) è verso l’oriente la sua poppa verso l’occidente, la sua carena verso il mezzogiorno. Ha come timoni i due testamenti. Ha marinai a destra e sinistra come angeli custodi che la proteggono. I cavi che collegano alla cima dell’albero sono come gli ordini dei profeti, dei martiri, degli apostoli.
Anche Ignazio di Antiochia nel I secolo dice: La santa Chiesa somiglia una nave costruita di legni diversi ci sono ordini diversi nella chiesa e le persone sposate vi hanno il loro posto.
L’altra ben nota simbologia della nave è la Croce che appare sin dal II secolo. L’antenna orizzontale che taglia l’albero gli dà la forma della croce; probabilmente è il significato più antico della nave che persisterà anche quando questa sarà identificata con la Chiesa; l’albero della nave-chiesa rimarrà simbolo della Croce di Cristo, come la cita Giustino, sec II, nell’Apologia. Nel dipinto catacombale della Via Anapo, l’albero della nave di Giona, ha la forma di croce. Le prime rappresentazioni cristiane della nave, appaiono nell’arte sepolcrale sin dal III sec. e rinviano simbolicamente all’iter del defunto verso il porto dell’eternità.
Nell’epigrafe di Firmia Victora (Vaticano) La nave, simbolo della Chiesa ma anche del defunto, si dirige verso la meta celeste simboleggiata dal faro.
I CRISTOGRAMMI sono combinazioni di lettere dell’alfabeto greco o latino che formano una abbreviazione del nome di Gesù. Essi vengono tradizionalmente usati come simboli cristiani nella decorazione di edifici, arredi e paramenti. Alcuni cristogrammi sono nati come semplici abbreviazioni o acronimi, anche se sono diventati successivamente dei monogrammi, cioè dei simboli grafici unitari. Altri, come il notissimo Chi-Rho, sono stati pensati sin dall’inizio come monogrammi.
Esempio di cristogramma: Il CHI-RHO (o monogramma di Cristo). E’ per antonomasia il monogramma di Cristo (nome abbreviato talora in chrismon o crismon).
Esso e’ un monogramma costituito essenzialmente dalla sovrapposizione delle prime due lettere del nome greco di Kristo’s, X (la lettera chi, equivalente a “ch” nel nostro alfabeto) e P (la lettera rho, che indica il nostro suono “r”).
Alcune altre lettere e simboli sono spesso aggiunti. ALFA e OMEGA: sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco. Gesù é indicato così nel libro dell’Apocalisse: “Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine”, per indicare che tutto ciò che esiste ed esisterà va compreso a partire da Cristo.
Croce greca con iscrizione IC XC NIKA
Il pesce (ichthys) è un simbolo di Cristo
PESCE: Ichthýs: Il simbolo che stilizza un pesce usato dai primi cristiani.
Il termine ichthýs e’ la traslitterazione in caratteri latini della parola in greco antico ἰχϑύς, “pesce”, ed e’ un simbolo religioso del Cristianesimo perché e’ l’acronimo delle parole:
‘Ιησοῦς Χριστός Θεoῦ Υιός Σωτήρ
(Iesu’s CHristo’s THeu’ HYio’s Sote’r)
(Gesu’ Cristo Figlio di Dio Salvatore).
L’Ichthýs é formato da due curve che partono da uno stesso punto, (a sinistra la “testa”), e che si incrociano quindi sulla destra (la “coda”).
La simbologia cristiana dei tempi delle Persecuzione dei cristiani nell’impero romano (I-IV secolo) è molto ricca. A causa della diffidenza di cui erano oggetto da parte delle Autorità Imperiali, i seguaci di Gesù sentirono l’esigenza di inventare nuovi sistemi di riconoscimento che sancissero la loro appartenenza alla comunità senza destare sospetti tra i pagani.
Veniva presumibilmente adoperato come segno di riconoscimento: quando un cristiano incontrava uno sconosciuto di cui aveva bisogno di conoscere la lealtà, tracciava nella sabbia uno degli archi che compongono l’ichthýs. Se l’altro completava il segno, i due individui si riconoscevano come seguaci di Cristo e sapevano di potersi fidare l’uno dell’altro.
Nave Mistica-Roma Museo Pio Cristiano. Gesù indica la strada agli Apostoli e agli Evangelisti che remano…
Nel Nuovo Testamento l’attribuzione simbolica si riferisce alla barca di Pietro e alla presenza del lago di Tiberiade dove Gesù, dalla barca, ammaestrava le folle. In un frammento di sarcofago del sec IV, appare una barca il cui il timoniere ha il nome di Gesù e i rematori quello degli evangelisti. (Museo Pio Cristiano, Roma).
Un altro frammento di sarcofago (Museo Capitolino), simboleggia la diffusione della Chiesa nel mondo: la barca di nome Thecia ha la vela sostenuta da un grande albero a croce, accanto a due marinai, il timoniere è definito dall’iscrizione Paulus.
Con Origene appare per la prima volta la simbolica sull’unità della Chiesa come mezzo necessario per la salvezza: Fuori della Chiesa non vi è salvezza (Homil.3), mentre Ippolito, per primo, presenta l’allegoria della Chiesa locale ed è all’origine degli sviluppi catechetici che ci hanno portato a vedere nella nave, sia l’immagine della Chiesa universale sia quella della Chiesa locale.
Stele funeraria con l’iscrizione in lingua greca ΙΧΘΥϹ ΖΩΝΤΩΝ (trasl. icthys zōntōn; lett.: “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore dei viventi”). Inizi del III° secolo. (Museo Nazionale Romano).
GRAFITO, La speranza dei cristiani. CATACOMBE DI DOMITILLA – ROMA
La COLOMBA: con il ramoscello d’ulivo nel becco: simbolo che proviene dalla salvezza apportata dall’arca di Noe’ e conseguentemente immagine dell’anima nella pace divina.
La RETE e la BARCA: la rete da pesca simboleggia l’opera della Chiesa: i pescatori, gli apostoli e i pesci coloro che entrano nella Chiesa.
La BARCA: la Chiesa viene rappresentata come una barca guidata e protetta da Cristo.
L’ANCORA: rappresenta la croce e la fede con la quale si rimane saldi anche nelle situazioni difficili. La CROCE: è il simbolo cristiano più diffuso, riconosciuto in tutto il mondo. E’ una rappresentazione stilizzata dello strumento usato dai romani per la tortura e l’esecuzione capitale tramite crocifissione, il supplizio che secondo i vangeli e la tradizione cristiana è stato inflitto a Gesù Cristo. Tuttavia si tratta di una forma simbolica molto antica, un archetipo che prima del cristianesimo aveva già assunto un significato universale: rappresenta l’unione del cielo con la terra, della dimensione orizzontale con quella verticale, congiunge i quattro punti cardinali ed è usata per misurare e organizzare le piante degli edifici e delle città. Con il cristianesimo assume significati nuovi e complessi come il ricordo della passione, morte e risurrezione di Gesu’; e come un monito dell’invito evangelico ad imitare Gesu’ in tutto e per tutto, accettando pazientemente anche la sofferenza. Tipi di croce:
“crux commissa” (T), “croce latina” (†, detta anche “crux immissa“), “croce greca” (con i bracci uguali)
Il BASTONE DI GIACOBBE (antenato del sestante) – Una croce che misurava l’altezza del sole.
LE NAVATE NELLE CHIESE
Nelle chiese e nelle basiliche, le NAVATE costituiscono l’ambiente sviluppato in senso longitudinale dall’ingresso all’altare maggiore se unico, o agli altari, se diviso in tre o più spazi laterali.
Simbolismo
Il termine “navata” racchiude un significato simbolico. Esso deriva non solo dalla struttura architettonica del soffitto che spesso nelle chiese romaniche e gotiche ha la forma di una carena di nave capovolta, ma anche e soprattutto dalla “barca” da cui Gesù ammaestrava le folle come anche dalla barca-chiesa che san Pietro apostolo guida nella tempesta e che i vescovi continuano a guidare ovunque ed in ogni epoca. Nell’VIII secolo san Bonifacio scriveva che “la Chiesa è come una grande nave che solca il mare del mondo. Sbattuta com’è dai diversi flutti di avversità, non si deve abbandonare, ma guidare”. I Padri della Chiesa indicano l’arca di Noè quale figura della Chiesa che accoglie tutti (Sant’Agostino, Contro Fausto, 12, 15; Cirillo di Gerusalemme, San Girolamo.
La navata richiama il cammino da fare per giungere “all’altare di Dio” (salmo 43,4). È segno del pellegrinaggio che il popolo di Dio è chiamato a compiere per giungere alla casa del suo Signore (salmo 84).
La basilica di San Pio X, anche conosciuta con il nome di basilica sotterranea, è una chiesa di Lourdes, situata all’interno del complesso di Chiese del Santuario di Nostra Signora di Lourdes. Consacrata nel 1958, ha la dignità di basilica minore.
Con l’avvicinarsi dei festeggiamenti per il centenario delle apparizioni della Vergine Maria cui avrebbe assistito Bernadette Sloubirous, e in previsione dei numerosi pellegrini che in tale ricorrenza sarebbero accorsi a Lourdes, le autorità civili ed ecclesiastiche decisero di costruire una grande chiesa che potesse accogliere un consistente numero di persone, viste anche le dimensioni ridotte delle tre già esistenti. Il progetto fu opera dell’architetto Pierre Vago. Si tratta di una struttura completamente sotterranea ed invisibile dall’esterno, costruita al di sotto del letto del fiume Gave de Pau, fattore che complicò notevolmente i lavori di realizzazione. Terminata nel 1957, la basilica fu solennemente consacrata il 25 marzo 1958 dall’allora cardinale Angelo Roncalli, che era stato in passato Nunzio Apostolico in Francia e che sarebbe divenuto, sette mesi più tardi, papa Giovanni XXIII.
La basilica si presenta con un’unica grande navata alla quale si accede tramite quattro rampe laterali: tale navata è ovale, ha una lunghezza di 191 metri per una larghezza di 61 e degrada dolcemente verso l’alto dal centro dove è situato l’altare maggiore, posto su una piattaforma rialzata; l’altezza del soffitto è molto ridotta, soltanto 10 metri ed è sostenuto da 58 pilastri in cemento da cui partono 29 travi, dando l’impressione di una nave rovesciata. Lo spazio ottenuto utilizzando questa struttura è di 12.000 m², potendo così ospitare fino a 25.000 fedeli, i quali godono di una buona visibilità da ogni parte della navata.
Vista dall’alto: la basilica è sulla destra, sotto l’enorme ellisse verde!!!
A sinistra il complesso del santuario
L’interno della basilica di San Pio X a Lourdes
Altare Maggiore
La barca da pesca di Pietro conservata in un museo di Israele
Esposta presso l’Yigal Alon Museum (Kibbutz Ginnosar, Ginosar, Israele), dedicato alla storia della Galilea dai tempi antichi fino ad oggi, la barca risale al I sec. d. C. e per questa ragione è conosciuta come la “barca di Gesù”. Il suo rinvenimento è avvenuto nel 1986 grazie ad un periodo di siccità, nel Mar di Galilea o lago di Tiberiade. E’ una barca che anticamente veniva utilizzata per la pesca e per il trasporto delle persone. E’ composta da 12 tipi di legno differenti, probabilmente perché il suo utilizzo è durato molto a lungo e quindi è stata sottoposta a numerose riparazioni. La sua conservazione è stata garantita dal fango che la ricopriva. Come sempre avviene, il primo problema è stato quello di garantire la conservazione del legno bagnato che, essendo diventato spugnoso, rischiava di danneggiarsi una volta portato fuori dall’elemento che fino a quel momento lo aveva conservato.
Ricostruzione della barca dell’epoca di Gesù
La barca dell’epoca di Gesù
Il restauro
Ma torniamo ai nostri giorni. Cosa è successo alla barca che è stata ritrovata? Anche se integra, la sua struttura era fragile, molto simile a cartone inzuppato. Non era il caso di tirarla fuori dal fango. Come sarebbe stato triste se dopo essere rimasta intatta per così tanto tempo la barca si fosse disintegrata durante il recupero! Poiché incombeva il pericolo che il livello dell’acqua si alzasse di nuovo, tutt’intorno allo scavo fu costruita una diga. Vennero scavati dei tunnel sotto lo scafo per inserire sostegni in fibra di vetro. Poi, mentre il fango veniva tolto facendo molta attenzione, la struttura della barca fu spruzzata internamente ed esternamente con una schiuma poliuretanica che creò un involucro simile a un bozzolo.
Il problema successivo fu trasportare la barca così “impacchettata” a 300 metri di distanza per iniziare il lavoro di restauro. Benché l’involucro poliuretanico fosse resistente, un colpo improvviso avrebbe potuto sbriciolare il fragile legno. Il gruppo di lavoro ebbe una trovata geniale: aprì la diga e lasciò entrare l’acqua. Per la prima volta dopo molti secoli, rivestita di un materiale moderno, la barca galleggiava di nuovo sul Mar di Galilea.
Per ospitare la barca nel periodo del restauro, durato 14 anni, fu costruita una piscina in cemento. Si creò un problema quando le larve delle zanzare infestarono la vasca, rendendo la vita difficile a coloro che dovevano entrare nell’acqua per lavorare sulla barca. Il gruppo di restauratori, però, trovò una soluzione originale e al tempo stesso antica: si servì della “collaborazione” di alcuni pesci detti “pesci di San Pietro” che divorarono le larve e ripulirono l’acqua.
Ben presto arrivò il tempo di asciugare la barca. Era ancora troppo fragile per farla asciugare naturalmente. L’acqua che impregnava il legno doveva essere sostituita con qualcos’altro. I restauratori si servirono di una tecnica particolare per mettere al posto dell’acqua una cera sintetica idrosolubile che permettesse al legno di asciugarsi senza cambiare forma.
Quando il lavoro di restauro fu completato, l’imbarcazione si rivelò piuttosto umile: era fatta di 12 tipi di legno. Come mai? Una possibilità è che a quel tempo il legname fosse scarso. Un’ipotesi più probabile è che il proprietario non fosse ricco: la barca fu riparata molte volte e alla fine fu abbandonata nel lago.
Anche se quest’imbarcazione non avrà avuto niente a che fare con Gesù, molti la considerano un tesoro. Offre l’occasione di tornare indietro di molti secoli e farsi un’idea di com’era la vita sul Mar di Galilea ai giorni memorabili del ministero terreno di Gesù.
LAGO DI TIBERIADE (Israele) – Qualcuno s’inginocchia e prega. «Soprattutto i russi». Qualcuno apre il Vangelo e legge ad alta voce. «È un momento scioccante, se uno ci crede». Crederci o no, questo grosso guscio di legno, scorticato e restaurato, sorretto da stampelle d’alluminio, ormai è una reliquia. Per tutti, la Barca di Gesù. Per i tour operator in Terra Santa, un’altra irrinunciabile tappa: i pullman scaricano ogni giorno pellegrini convinti, sul piazzale del museo Yigal Alon. Le frecce indicano il percorso, s’attraversano i frutteti e gli ulivi del kibbutz di Ginossar, s’entra in una sala illuminata e a temperatura calibrata. La barca è lì: lunga otto metri, larga quasi due e mezzo, alta uno e 25. Ha ancora i chiodi e qualche pezzo di ceramica, gl’indizi che hanno permesso di datarla al radiocarbonio, (I secolo dopo Cristo), di studiare le tecnica di costruzione dello scafo e alla fine di dirlo quasi con certezza: se Gesù non ci navigò, come minimo la vide.
SCOPERTA NEL 1986 – La barca di Gesù fu scoperta per caso più di venticinque fa, nel lago di Tiberiade. Furono i giornali dell’epoca a chiamarla subito così, ma il culto dei fedeli è cresciuto negli ultimi tempi, quando la storia di questo legno è stata ricostruita meglio. Accadde durante una stagione di grande siccità, il 1986: il livello dell’acqua scese al di sotto dei minimi storici e una mattina due pescatori del kibbutz, i fratelli Moshe e Yuval Lufan, per poco non speronarono la prua che affiorava. Il relitto venne portato a riva fra mille cautele, poi una squadra impiegò dodici giorni e dodici notti a ripulirlo del fango incrostato e della salsedine, quindi servì immergere quel che restava della chiglia in un bagno di sostanze chimiche, per un’altra settimana. La barca ha i segni di molte riparazioni e questo fa pensare sia stata usata per decenni, forse per un secolo intero, di generazione in generazione di pescatori. «E siccome il Vangelo cita almeno cinquanta volte barche e pescatori – dice Marina Banay, responsabile del museo – e Pietro e diversi apostoli erano pescatori che vivevano qui e lo stesso Gesù trascorse sul lago di Tiberiade parte della sua vita, per molti cristiani questa barca è qualcosa di speciale. L’emozione, vedere una barca proprio di quelle acque e di quell’epoca, è enorme».
La barca è lunga 8,2 metri e larga 2,3. Il carpentiere che la realizzò usò una tecnica detta “a guscio”: invece di fissare le tavole all’ossatura le fissò direttamente alla chiglia e costruì così i fianchi della barca formando lo scafo. Era una tecnica usata comunemente per costruire barche che dovevano navigare nel Mar Mediterraneo. Questa barca però fu forse adattata per solcare le acque di un lago.
IL VARO DI UNA NAVE (T/n REX)
“Che Dio benedica questa nave e tutti coloro che vi navigheranno.”
“Madrina in nome di Dio taglia”
Con questa formula di rito si dà inizio al varo di una nave.
Ma qual’è il significato spirituale del battesimo?
Con il battesimo il peccato originale viene seppellito nell’acqua!
1) Ricevere il battesimo é il rito di abluzione mediante il quale si entra a far parte della comunità dei credenti.
2) Per estensione, s’intende anche la cerimonia che abbia valore d’inaugurazione: il battesimo di una nave, cioè la benedizione religiosa e imposizione del nome prima del varo;
3) La prova scritturale dell’istituzione del battesimo sta in quelle parole che Gesù dice a Nicodemo: “Chi non rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo non può entrare nel Regno di Dio” (Giovanni 3,5). Gli apostoli hanno amministrato il battesimo fin dal giorno della Pentecoste e ne hanno continuato la pratica nei loro viaggi apostolici.
PASSO ALLE CONCLUSIONI con questa immagine satellitare scattata il giorno di Pasquetta 2019:
Il mio caro amico N.C. – che me l’ha inviata – ha scritto:
“Riguardo ai marittimi che MAI nessuno nomina, farei vedere spesso una immagine come questa dove ogni puntino è una delle tante navi che fanno girare l’economia del mondo; a bordo di ognuna di quelle unità ci sono gli uomini migliori del creato, che fanno vivere tanti parassiti della terraferma che neppure conoscono i loro sacrifici”.
E’ vero! Ed é così fin dalla nascita della prima imbarcazione! Partire é un po’ morire… sembrerà strano, ma ancora oggi, pur vivendo nella più fantastica rivoluzione delle telecomunicazioni, per cui si telefona gratis da ogni angolo della terra ad un altro, al marittimo non é concesso questo privilegio… neppure a Natale e a Pasqua; forse c’é qualcosa che tuttora li marchia come gli schiavi del terzo millennio!
Eppure tutti sanno o dovrebbero sapere che nulla funziona bene come una nave in navigazione che parte da un porto ed arriva sempre puntuale ad un altro con equipaggi eterogenei, in silenzio, in solitudine, nel rispetto di poche regole ma certe, dove tutto é chiaro come le responsabilità che ognuno, secondo il proprio ruolo, decide a priori di assumersi.
Il Comandante non é più quel falso mito che molti, per secoli, scambiavano per Dio a bordo. Tuttavia, il Comandante ancora oggi rappresenta il custode di quei valori antichi di umanità e saggezza anche religiosa, dove l’equipaggio può talvolta identificarsi con le famiglie lasciate lontano sulla terraferma.
La gente di mare appartiene a quella razza “antica” che ha saputo sempre scegliere nei millenni la strada del pacifismo e della solidarietà, su quella rotta sicura e ben lontana da qualsiasi totalitarismo emergente sulla terraferma in più parti del mondo. Tutti conosciamo le “eccezioni” … ma la REGOLA ha radici profonde e non é mai stata indiscussione!
I politici, gli intellettuali, i cosiddetti “quelli che sanno”, dovrebbero aprire dei dibattiti tra gli esponenti di questi due mondi così diversi e, forse, qualche “terreste importante” capirebbe che in mare, dove non esistono frontiere, ci si avvicina per salutarsi, non per spararsi addosso, che in mare si vive la solidarietà senza predicarla al vento… e ci si salva a vicenda seguendo le regole che vengono dall’Alto e non si voltano le spalle ai naufraghi secondo le regole di chi crede d’essere il “governatore” del mondo!
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IL NAUFRAGIO di S. PAOLO A MALTA
Mare Nostrum Rapallo – Navi e Marinai – Saggistica Navale – 15.568 visite
Carlo GATTI
Rapallo, 21 Aprile 2019