VELIERI NELLA TEMPESTA
E negli Ex voto del Santuario di Montallegro
Pro Schiaffino, da oltre 30 anni è il direttore del Museo Marinaro di Camogli.
– “Comandante, nel presentare questa rubrica dedicata alla devozione mariana, ci siamo spesso imbattuti in avventure sofferte da equipaggi di Camogli e di Chiavari. Le due città rivierasche, così diverse tra loro, hanno avuto un passato marinaro di prima grandezza”.
“Camogli è stata una grande flotta mercantile. Chiavari un intero settore mercantile. Camogli, racchiusa tra i monti, priva di strade e di retroterra aveva riversato tutta l’attività della sua gente sul mare e sui velieri. Si era espansa nel mondo al seguito dei suoi velieri ed aveva Agenzie e Provveditorati, ma erano solo al servizio dei capitani e degli armatori. Tali punti di riferimento erano appendici di Camogli, ma avulsi dal commercio del paese.
Chiavari no! Gli esponenti di Chiavari erano commercianti che portavano le loro capacità produttive ed i loro prodotti nel mondo, e per farlo si servivano delle navi costruite da loro stessi secondo le proprie esigenze. Da ciò si deduce, per esempio, che in America e in Australia, non c’erano soltanto i loro rappresentanti, ma c’erano mercanti capaci di cercare nuovi spazi e clienti. Va da sé che quando le navi si convertirono al motore, quando cioè fu necessaria una capacità esclusiva nel costruirle, lasciarono ad altri il compito ed anche gestione”.
La marineria di Chiavari è presente nel Santuario di Montallegro con due ex-voto di gran pregio.
Si tratta del brigantino a palo “Francisca”, 683 tonn. di Stazza lorda, dell’Armatore Dall’Orso che fu costruito a Chiavari dai Cantieri di Matteo Tappani nel 1873.
Il dipinto dell’artista Fred Wettening rappresenta il veliero in balia della tempesta con vele stracciate ed una trinchettina di fortuna per mantenersi alla cappa (con la prua al mare) per non essere travolto dalle onde. In alto a sinistra è finemente stilizzata l’icona venerata della Dormizione della Vergine.
Uragano sofferto dal “Francisca” nell’Oceano Indiano, 22.2.1874-Tempera su carta di Fred Wettening.
Nave a palo Francisca, 1874. Lamina d’argento sbalzata.
Lo stesso avvenimento è ancora ricordato con una lamina d’argento sbalzata che raffigura il veliero che naviga a gonfie vele verso il suo destino. I due doni esprimono un contrasto: lo splendore, la velocità e la ricchezza di un veliero oceanico spinto da un buon vento, contro la caducità della vita, del rapido cambiamento del destino sottoposto alla spietata legge della natura avversa. In questi frangenti, rivolgersi alla Vergine significa, per il marinaio, aggrapparsi ad un’ancora di salvezza, simulacro di croce, la speranza di continuare a vivere.
Il brigantino affonderà nel 1887 probabilmente sotto i colpi del terribile monsone di SW che spesso arriva sul Capo di Buona Speranza con la massima forza della scala Beaufort. Il veliero proveniva dall’estremo oriente con un carico di riso.
Il secondo ex-voto è riferito ad un altro brigantino a palo, il “Confidenza”, costruito nel 1872 per lo stesso Armatore Dall’Orso di Chiavari. Lo scampato naufragio si riferisce al ciclone incontrato al largo di Filadelfia il 9 settembre 1889 che fu così riassunto dal suo capitano Giuseppe Lagomarsino ….”conoscendo l’eminente pericolo della perdita del bastimento e vita fece voto a M.S.S. di Monte Allegro e per la grazia ottenuta fece del presente quadro a questo Santuario in memoria eterna”.
Brigantino a palo “Confidenza”. E’ un barco chiavarese per la navigazione atlantica. Dipinto su carta 78×57 cm. Secolo XIX.
In questa rappresentazione di gran pregio, la parte riservata all’iconografia sacra che riproduce l’apparizione della Vergine al veggente G. Chichizola è notevole e molto dettagliata.
Quasi tutti i velieri sin qui riportati, sono registrati negli elenchi dei barchi che hanno superato indenni, più volte, il famigerato Capo Horn, un nome bestemmiato da generazioni di marinai, un mito nella storia della vela oceanica mercantile, un ricordo indelebile di disperate rimonte, un immenso e sinistro cimitero di navi, il simbolo del coraggio e dell’ardimento umano.
L’ex-voto del Narcissus, che abbiamo già ammirato, si riferiva alla sua più sofferta delle tante “rimonte” di Capo Horn.
Joseph Conrad li definì così: Marinai di Capo Horn: “ Una razza scontrosa e fedele, vigorosa e fiera, capace di ogni rinuncia e dedizione, con i suoi riti, i suoi usi, il suo coraggio e la sua fede…”
A questo punto consentiteci di ricordare il Capitano Fortunato Schiaffino di Camogli che, in 21 rimonte di Capo Horn, effettuò sei salvataggi meritandosi medaglie ed encomi da governi stranieri.
Carlo GATTI
Rapallo, 16.02.12