GEORGES VALENTINE
IL VELIERO CAMOGLINO RITROVATO
Versione ridotta per la Rivista Mensile IL MARE – Rapallo
Com’é noto, la gente di mare di Liguria ama le montagne e spesso trascorre le vacanze frequentando i “rifugi alpini”, ma nessuno di loro, fino a pochi mesi fa, aveva mai sentito parlare di “case rifugio per naufraghi” che esistevano oltremare nei punti più pericolosi per la navigazione. Le “case rifugio”, figlie misericordiose del periodo più duro della navigazione a vela, erano lì a vegliare sui costoni rocciosi a picco sull’oceano, dove le correnti e le tempeste spingevano i “legni senza governo”. In quei cimiteri di navi finiva la loro esistenza e spesso anche il loro ricordo. I guardiani, veri angeli solitari della Provvidenza, quando era possibile accoglievano quei “POVERI CRISTI” che cadevano vittime delle tempeste e furono gli ultimi testimoni dell’epopea della vela ormai avviata al tramonto.
Costruita nel 1875, la Casa Rifugio di Gilbert’s Bar é l’unica rimasta delle dieci edificate dal Governo degli Stati Uniti lungo la costa orientale della Florida per offrire assistenza ai superstiti dei tanti naufragi che avvenivano lungo quel tratto di costa. Spesso, chi riusciva a raggiungere la riva, era traumatizzato, ricoperto di ferite e generalmente moriva dissanguato per mancanza di soccorsi.
Dopo un felice periodo, il Piroscafo “Cape Clear”, fu venduto ad una compagnia di Navigazione Francese che lo trasformò in brigantino a palo. Un’idea in controtendenza: le fu tolta la parte motrice e da quel momento fu condannato a navigare a vela in mari tempestosi, come se la Rivoluzione Industriale non fosse mai passata da quelle parti… Una pazzia? Forse! Ma all’epoca non tutto lo shipping era d’accordo sull’economicità del motore.
Divenne quindi “Georges Valentine” e nel 1895 fu acquistata dagli armatori camogliesi Mortola e Simonetti e venne adibita a viaggi regolari per il trasporto del legname.
Nell’ottobre del 1904, il brigantino a palo Georges Valentine salpò da Pensacola per Buenos Aires con un carico di travi di mogano. L’equipaggio era formato da dodici uomini di differenti nazionalità, al comando del Capitano camoglino Prospero Mortola, detto “Testaneigra”.
Improvvisamente, mentre si trovava nello stretto della Florida, il brigantino fu investito da un fortunale che lo bastonò a lungo fino a costringere il Capitano al “gettito” a mare del carico che aveva in coperta: era l’ultimo tentativo di recuperare galleggiamento e stabilità.
Capitan Mortola manovrò le vele basse rimaste integre per mantenere il veliero in acque profonde, e lo fece con la perizia di un vero “lupo di mare”; ma tutto fu inutile. Il Georges Valentine scarrocciò inesorabilmente verso la costa di sottovento fin quando, verso le 20.00 del 16 ottobre, nel fragore delle onde che si rompevano contro la scogliera, la poppa urtò il fondale roccioso e in breve tempo l’intero scafo fu sospinto contro la costa disintegrandosi. Uno dopo l’altro i tre alberi d’acciaio caddero devastando il ponte e uccidendo un membro dell’equipaggio. Le sovrastrutture e le lance di salvataggio furono spazzate in mare dalle onde che poi le scagliavano sulle spiagge e sulle rocce diventando proiettili devastanti per chi si trovava nel loro raggio d’azione. In quella notte di tregenda i naufraghi del veliero di Camogli, si trovarono soli con se stessi in quel mare nero macchiato a tratti di schiuma viva e traditrice.
Qui comincia l’incredibile storia dei superstiti del Georges Valentine.
Il marinaio svedese Victor Erickson, trascinando a braccia l’esausto ufficiale Ernest Bruce, risalì l’impervia costa rocciosa fino a raggiungere la Casa Rifugio di Gilbert’s Shoal. Giunto ormai al limite delle forze riuscì con eroico senso del dovere a dare l’allarme e organizzare insieme a Capitano William Rea, responsabile della struttura, l’immediata ricerca degli altri naufraghi.
Erickson non si diede per vinto. Dopo aver raggiunto la sommità del crinale roccioso, cominciò a brandeggiare la lanterna di Capitan Rea per richiamare l’attenzione dei suoi compagni ancora in difficoltà. Le ricerche durarono tutta la notte e per fortuna si conclusero con il ritrovamento di altri cinque uomini. La loro forza di volontà fu premiata, ma per il marinaio svedese e il guardiano Rea si trattò di una tremenda sfida ingaggiata contro il vento impetuoso che scagliava loro addosso le travi di bordo come fossero ramoscelli.
I naufraghi avevano riportato ferite, lacerazioni e fratture agli arti, ma furono aiutati a raggiungere la Casa Rifugio, dove furono curati e rifocillati.
Mancavano all’appello l’allievo ufficiale Prospero Modesti, il nostromo Francesco Schiaffino detto “Barbasecca” e il dispensiere Filippo Chiesa. Erano tutti di Camogli e non furono mai più recuperati. I resti del Georges Valentine divennero la loro tomba.
Il 17 ottobre 1904, quattro giorni dopo il naufragio, la nave spagnola “Cosme Calzado” s’incagliò tre miglia a nord del Georges Valentine. Dei sedici uomini d’equipaggio uno solo annegò perché rimase imprigionato nel sartiame. I superstiti riuscirono a guadagnare la spiaggia e a rifugiarsi in un capanno di fortuna. Ben presto furono ritrovati e condotti alla “Casa Rifugio” dove furono ospitati insieme all’equipaggio del Georges Valentine.
Capitan Rea e sua moglie si presero cura di tutti i naufraghi finché si rimisero in forze per intraprendere il viaggio verso le loro case. Il buon guardiano ebbe in seguito a dichiarare: “Non avevamo mai avuti tanti naufraghi ricoverati insieme nella Casa Rifugio: scozzesi, russi, italiani, spagnoli e svedesi, per la prima volta eppure, grazie a Dio tutto è andato bene e tutti hanno collaborato. Quando finalmente li ho accompagnati a Jacksonville per il rimpatrio tutti gli uomini mi hanno salutato sull’attenti e il Capitano Mortola, abbracciandomi, mi ha detto commosso “Good-bye Captain, non ci rivedremo più’”.
Gli equipaggi dei due velieri rientrarono in patria, tranne un russo, Edward Sarkenglov, che cambiò nome in Ed Smith e divenne un pescatore locale, conosciuto come “Big Ed”. Capitan Rea e sua moglie rimasero nella Casa Rifugio sino al maggio 1907.
Il Comandante Roberto VOLPI di Camogli
Un’avventura incredibile, legata a Camogli e alla sua marineria! Dopo molti decenni, per la curiosità di un Comandante di Navi da Crociera, Roberto Volpi, viene alla luce uno di quei naufragi che chiameremmo spettacolari, e che una volta, purtroppo, non erano rari quando si navigava spinti soli dal “buon vento”.
Questa è la storia del Georges Valentine, una storia drammatica per la perdita di vite umane, ma anche di grande coraggio e immensa solidarietà. Una storia sconosciuta al di qua dell’Oceano fino a pochi mesi fa persino ai conservatori della Storia Marinara di Camogli del Museo Marinaro Giò Bono Ferrari che ringraziamo per avercela fatta conoscere.
Un RINGRAZIAMENTO particolare lo rivolgiamo al socio di Mare Nostrum comandante Bruno Malatesta che, venuto a conoscenza della Casa Rifugio e dell’epilogo del Georges Valentine, é volato in Florida per raccogliere dati, testimonianze e fotografie permettendoci così di pubblicare e diffondere in modo dettagliato la sua romanzesca storia.
Carlo GATTI
Rapallo, Lunedì 4 Maggio 2015