IL BUCINTORO

VENEZIA

 

Il Bucintoro era una sorta di “palazzo galleggiante” e simboleggiava la potenza e la grandezza della Serenissima Repubblica di Venezia.

 

 

 

PALAZZO DUCALE

 

Giunto a Venezia nel 1786, Johann Wolfang Goethe ebbe modo di assaporare gli ultimi fasti della Serenissima Repubblica. Tra le attrazioni meritevoli di menzione figurava inevitabilmente il Bucintoro, la più sontuosa e affascinante imbarcazione dell’epoca. Nel suo Viaggio in Italia, l’illustre scrittore così la descrisse: “è tutto un cesello d’oro; è un vero e proprio ostensorio, che serve a mostrare al popolo i suoi principi, in tutta la loro magnificenza. … Questa nave di gala non è che un autentico mobile d’inventario, che ci ricorda in modo tangibile quello che i veneziani furono, o si lusingarono di essere”.

Una “nave di gala”, da parata e non da guerra, specchio di una civiltà votata alla festosa celebrazione più che alla conquista. In legno dorato, splendeva e si rifletteva nelle acque della laguna e il suo utilizzo era riservato perlopiù a un solo giorno dell’anno, in cui si compiva il rituale secolare dello sposalizio di Venezia con il mare. Nel giorno dell’Ascensione – importante solennità cristiana –, il doge, con la Signoria, i senatori e talvolta qualche ospite illustre, salpava dal molo di Palazzo Ducale per recarsi alla bocca di Lido, dove il lancio dell’anello in mare consacrava il dominio della Serenissima nel Mediterraneo orientale.

Ogni epoca ebbe il suo Bucintoro, il primo risale al XIV secolo, ma fu l’ultimo, quello settecentesco a distinguersi per sfarzo e ricchezza. Realizzato tra il 1722 e il 1728 sotto la direzione dell’ingegnere navale Michele Stefano Conti e dello scultore Antonio Corradini, misurava 35 metri di lunghezza e 7 di larghezza. Nel piano inferiore stavano i vogatori, in quello superiore si accomodavano gli alti dignitari dello Stato. A prua, l’elegante polena presentava Venezia come Allegoria della Giustizia.

Andato distrutto dopo la caduta della Repubblica – alcuni frammenti della decorazione lignea si conservano al Museo Correr –, la sua immagine ci è tramandata dalle descrizioni dei viaggiatori e dai dipinti dei vedutisti veneziani del tempo, Canaletto e Francesco Guardi su tutti.

All’interno dell’esposizione Vita da doge (Palazzo Ducale, Appartamento del doge) è possibile ammirare il modello navale statico del Bucintoro settecentesco in scala 1:25, gentilmente prestato da Historya di Ivan Ceschin.

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Origine del nome “Bucintoro”

Il nome “Bucintoro” ha origini nel termine veneziano “buzino d’oro” (burcio d’oro), che è stato poi latinizzato nel Medioevo come “bucentaurus”, facendo riferimento a una presunta creatura mitologica simile al centauro, ma con corpo bovino. Questa denominazione è attestata dallo storico Sanudo.

Tuttavia, alcuni hanno erroneamente suggerito che il nome derivasse da una testa bovina utilizzata come figura di prua della galea. Questa ipotesi è infondata, poiché il termine “bucentaurus” non trova riscontro nella mitologia greca.

È interessante notare che il nome Bucintoro sembrava essere utilizzato genericamente per indicare qualsiasi grande e sontuosa galea veneziana.

 Il Bucintoro, come abbiamo appena letto, era una sontuosa e maestosa imbarcazione utilizzata dalla Repubblica di Venezia durante le cerimonie e le celebrazioni ufficiali, in particolare per la cerimonia della Festa della Sensa:

Il rito della “Sposa al mare”, in cui il Doge gettava un anello in mare per simboleggiare il matrimonio tra Venezia e il mare Adriatico.

Il primo Bucintoro fu costruito nel 1311, ma fu successivamente ricostruito e modificato nel corso dei secoli. L’ultima versione principale, conosciuta come Bucintoro del 1729, era un’imbarcazione sfarzosa, decorata con dettagli d’oro, marmi pregiati e affreschi. Il valore di quest’opera d’arte e di ingegneria navale era immenso, rappresentando la ricchezza e il prestigio della Repubblica di Venezia.

Tuttavia, con l’arrivo di Napoleone Bonaparte e la caduta della Repubblica di Venezia nel 1797, il Bucintoro subì un destino tragico. Nel 1798, Napoleone ordinò la distruzione del Bucintoro come simbolo di potere repubblicano e aristocratico. Fu smantellato e il suo materiale prezioso venne utilizzato per altri scopi. Questo evento segnò la fine definitiva del Bucintoro e simboleggiò il declino dell’antica Repubblica di Venezia.

Il Bucintoro non era un’imbarcazione concepita per la navigazione in mare aperto o per l’uso in battaglia. Era utilizzato principalmente all’interno delle acque lagunari di Venezia durante le cerimonie ufficiali e le parate. La sua struttura e il suo design erano più orientati alla grandezza estetica che alla funzionalità marittima.

Era una nave imponente e ornata, lunga circa 35-40 metri e larga circa 7-8 metri. Il pescaggio (la parte dell’imbarcazione sotto la linea di galleggiamento) doveva essere relativamente basso per consentire la navigazione nelle acque lagunari relativamente poco profonde.

Quanto all’equipaggio, il Bucintoro richiedeva un numero considerevole di marinai, rematori e membri dell’equipaggio per manovrarlo e mantenerlo in ordine durante le cerimonie.

 

GALEE GENOVESI E GALEE VENEZIANE

 

Da genovesi ci siamo fatti alcune domande:

Perché Genova non ha avuto il suo Bucintoro? Tra una ricerca e l’altra abbiamo riassunto alcune valide spiegazioni:

Le galee veneziane e quelle genovesi avevano differenze sia in termini di design che di scopo. Ecco alcune delle principali differenze:

Le galee veneziane erano tipiche imbarcazioni a remi della Repubblica di Venezia che godeva di una posizione marittima prominente nel Mediterraneo. Le galee veneziane erano progettate sia per funzioni militari che commerciali. Erano lunghe e slanciate, spesso equipaggiate con numerosi remi per la propulsione. Queste galee potevano avere diverse dimensioni e configurazioni a seconda delle esigenze.

Le galee genovesi, simili a quelle veneziane, erano anch’esse imbarcazioni a remi utilizzate dalla Repubblica di Genova. Avevano design simili a quelle veneziane ma potevano avere alcune caratteristiche distintive: potevano spesso differenziarsi in termini di armamento, disposizione dei remi e uso militare.

Il Bucintoro, come menzionato in precedenza, era un’imbarcazione cerimoniale e rappresentativa utilizzata a Venezia per celebrare eventi ufficiali e cerimonie. La sua forma e il suo scopo erano unici rispetto alle galee veneziane o genovesi. Mentre le galee erano progettate principalmente per la navigazione e il combattimento, il Bucintoro era un palazzo galleggiante” lussuosamente decorato, simboleggiante il potere e la grandezza della Repubblica di Venezia.

In breve, sebbene ci fossero somiglianze nel design delle imbarcazioni tra Venezia e Genova, il Bucintoro aveva una funzione molto diversa e una veste cerimoniale unica rispetto alle galee veneziane o genovesi.

Entrando meglio nel merito delle differenze possiamo affermare che:

le galee veneziane e quelle genovesi condividevano alcune caratteristiche generali come il design a remi e la destinazione sia militare che commerciale, ma presentavano anche alcune differenze tecniche e di stile. Ecco alcune delle principali differenze tra le galee veneziane e quelle genovesi:

Le galee veneziane erano spesso leggermente più grandi delle galee genovesi. Le galee veneziane erano progettate con uno scafo lungo e slanciato, mentre le galee genovesi potevano essere più corte e robuste. Questa differenza nelle dimensioni rifletteva anche l’importanza delle due repubbliche marinare e le strategie navali adottate.

Le galee genovesi erano spesso equipaggiate con più armamenti rispetto alle galee veneziane. Questo rifletteva la natura più marittima e militare dell’approccio genovese. Le galee genovesi avevano solitamente una maggiore capacità di trasportare soldati e armi, mentre le galee veneziane potevano concentrarsi maggiormente sul commercio.

Le galee veneziane tendevano ad avere un maggior numero di remi rispetto alle galee genovesi. Questo era dovuto in parte all’accento posto da Venezia sulla potenza delle flotte e sull’uso delle galee come mezzo di proiezione di potenza.

Le galee genovesi potevano avere meno remi, poiché le priorità della Repubblica di Genova includevano anche il commercio e l’espansione marittima, ma non necessariamente in modo così massiccio come a Venezia.

Le galee veneziane erano spesso notevoli per le loro sculture e decorazioni elaborate e suntuose. Venezia enfatizzava la sua grandezza e il suo status attraverso la bellezza delle sue navi.

Le galee genovesi, mentre potevano essere ben decorate, erano solitamente più sobrie nell’aspetto rispetto alle controparti veneziane.

Le galee veneziane avevano una storia di uso sia commerciale che militare, ma Venezia era conosciuta soprattutto per la sua flotta potente e le sue imprese marittime militari.

Le galee genovesi potevano essere utilizzate sia per il commercio che per la guerra, ma la Repubblica di Genova non era sempre alla stessa altezza di potenza marittima di Venezia, quindi le sue strategie potevano variare in base alle sfide e agli obiettivi.

In sintesi, mentre le galee veneziane e quelle genovesi avevano alcune somiglianze generali, come il design a remi e l’uso misto militare/commerciale, le differenze nelle dimensioni, nell’armamento, nella disposizione dei remi e nell’estetica riflettevano le priorità, la storia e la potenza relative delle due repubbliche marinare.

Venezia era nota per le sue galee altamente decorative e ornate, con attenzione particolare alla bellezza estetica delle imbarcazioni. Genova, d’altra parte, tendeva ad enfatizzare la funzionalità e l’efficienza. Questo potrebbe riflettersi nei dettagli di progettazione e nelle scelte di materiali.

Entrambe le repubbliche marinare possedevano competenze avanzate nella costruzione navale.

 

 

 

UN PO’ DI STORIA …  una pagina da ricordare

 

Veneziani e Genovesi, rivali sempre, anche nemici, ma alleati nella difesa dei valori non negoziabili!

 

GENOVESI E VENEZIANI

GLI ALLEATI

DELL’ULTIMA, DISPERATA, DIFESA DI COSTANTINOPOLI

 

 

Al calar del sole del 29 maggio del 1453, un’ombra impenetrabile si stese su Costantinopoli, l’antica regina dell’Oriente, la città delle meraviglie. Era una data che avrebbe segnato per sempre la storia, quando l’ultimo imperatore romano d’Oriente, Costantino XI Paleologo, difese il suo regno con la forza del coraggio e della perseveranza contro l’assalto implacabile dei turchi ottomani di Maometto II.

La città, ridotta ormai a poco più dell’area cittadina, era circondata da mura imponenti, ma i difensori non superavano le diecimila anime, e contro di loro avanzava una marea umana di giannizzeri e guerrieri ottomani cinque o dieci volte più numerosi. Eppure, nonostante la schiacciante disparità numerica, i difensori non si arresero alla disperazione.

Tra le file dei difensori, si distingueva il valoroso comandante genovese Giovanni Giustiniani, un uomo di ferro, cuore nobile e spada affilata. Guidava con orgoglio i suoi uomini, che nonostante le ferite e la stanchezza, respingevano gli attacchi nemici con un coraggio indomabile. Accanto a lui, i marinai veneziani, con il loro spirito indomito, difendevano la città con fierezza.

Nelle acque del Bosforo, le navi italiane di Genova e Venezia combattevano contro il tempo e le avverse circostanze, cercando di rompere l’assedio. Alcune di esse, nonostante le notizie delle difficoltà che attanagliavano la città, decisero di offrire il loro aiuto, un ultimo gesto di solidarietà verso l’Impero Bizantino.

Ma la sorte era ostile, e quando il destino si rivelò inesorabile, la speranza si dissolse. Le navi turche furono trasportate via terra, aggirando lo sbarramento del Corno d’Oro, tagliando ogni legame di rifornimento via mare. Giovanni Giustiniani, il comandante genovese, fu ferito e portato via dal campo di battaglia, lasciando un vuoto nel cuore dei difensori.

Il 29 maggio, con l’apertura di una breccia nelle antiche mura teodosiane, l’assalto finale dei giannizzeri divenne inarrestabile. Costantino XI Paleologo, il valoroso imperatore si gettò nella mischia con il suo popolo, combattendo fino all’ultimo respiro.

Quando finalmente i turchi ottomani presero la città, l’orrore si scatenò. Le strade di Costantinopoli si riempirono del terrore e della violenza. Santa Sofia, il sacro luogo di culto, fu invasa da un’ondata di sanguinosa brutalità. Cristiani, latini e ortodossi, si erano riuniti per pregare, ma la loro preghiera fu spezzata dal massacro.

I preti furono trucidati mentre celebravano la messa, alcuni sgozzati sull’altare stesso. Maometto II, il conquistatore, che aveva nutrito un grande rispetto per la città, si sentì impotente di fronte al furore dei suoi uomini. Decise di annullare i tre giorni di saccheggio previsti, poiché capì che non sarebbe rimasto molto della gloriosa Costantinopoli.

E così, la città che aveva sfidato il tempo e la storia, la città delle meraviglie, cadde nelle mani del nemico. Ma il contributo eroico di Genova e Venezia nella difesa di Costantinopoli sarebbe rimasto inciso nella memoria del mondo per sempre.

 

SCRIPTA MANENT

 

IL BUCINTORO NELLA STORIA

 

Il più antico documento scritto in cui questa ‘nave di stato’ viene chiamata Bucintoro risale al 1252, quando il doge Renier Zeno diede incarico all’Arte dei ‘Marangoni’ di provvedere alla costruzione del ‘Bucentaurum’.

 

 

 

A Venezia il doge fu sempre di famiglia patrizia. Nel 697 si convocò di nuovo l’assemblea generale che, a grande maggioranza, nominò Doge Paolo Lucio Anafesto.

Capo di Stato della Repubblica, secondo la tradizione la carica fu istituita nel 697 da Paoluccio Anafesto e durò fino alla caduta della Repubblica, quando nel 1797 il doge Lodovico Manin fu deposto. Lodovico Giovanni Manin (Venezia, 14 maggio 1726 – Venezia, 24 ottobre 1802) è stato il 120º e ultimo doge della Repubblica di Venezia dal 9 marzo 1789 al 15 maggio 1797.

Nella storia della Repubblica di Genova si susseguiranno al potere dogale complessivamente 184 dogi: 45 nei mandati perpetui e 139 nei mandati biennali.

 

Nel 1797 le truppe di Napoleone conquistarono Venezia, ponendo fine a una storia lunga undici secoli durante i quali la Serenissima fu una delle potenze più ricche e longeve della storia d’Europa e il cui impero commerciale dominò il Mediterraneo

La storia gloriosa del ‘Bucintoro’ terminava quindi il 9 gennaio nel 1798 con un rogo pubblico nell’Isola di San Giorgio, voluto da Napoleone in spregio a quel simbolo dell’odiato potere della Serenissima.

Il 12 maggio 1797 il Maggior Consiglio di Venezia si riunì per l’ultima volta. In quest’ultima sessione il Doge – o capo di stato – Lodovico Manin esortò i nobili veneziani a proclamare la resa della città alle truppe di Napoleone Bonaparteche dieci giorni prima aveva dichiarato guerra alla Serenissima e stava preparando l’attacco a Marghera, sulla sponda continentale della laguna. Nonostante Venezia potesse contare sulla sua flotta per difendersi dall’attacco, e adducendo come scusa la preoccupazione per l’incolumità della popolazione, alla fine la capitolazione fu approvata.

Nell’anno in cui Venezia avrebbe dovuto celebrare gli undici secoli dalla sua nascita – nel 697 si costituì come ducato dell’Impero Bizantino – terminò invece la storia di quella che era stata la maggior potenza marittima d’Europa. Anche se in realtà lo stallo di quei giorni era l’ultimo colpo di coda di un’agonia iniziata nel XVI secolo, con l’inesorabile avanzata ottomana: i turchi le sottrassero uno a uno tutti i porti nel Mediterraneo orientale, interrompendo tutte le rotte commerciali dalle quali dipendeva la sua economia. Venezia cercò di reinventarsi come nazione continentale, espandendosi nella Pianura Padana, ma non poteva certo competere con le grandi potenze dell’era moderna come la Francia e il Sacro Romano Impero Germanico. Inoltre dentro la città stessa cresceva l’opposizione a un sistema di governo che, nonostante lo stampo repubblicano, di fatto continuava a rimanere nelle mani dei nobili.

 

 

 

Il quadro di Canaletto: “Il Bucintoro al molo il giorno dell’Ascensione”

 

 

Il Bucintoro al molo nel giorno dell’Ascensione è un dipinto di a olio su tela delle dimensioni (120×157 cm). Databile al 1730 circa, oggi si trova nella Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli a Torino.

Questa opera, commissionata dal Conte Giuseppe Bolagnos nominato reggente del Consiglio d’Italia da Carlo VI, rappresenta il momento della festa dell’Ascensione in cui il Doge sul suo Bucintoro si recava in laguna per celebrare lo sposalizio di Venezia con il mare. Gettando un anello in acqua il giorno dell’Ascensione il Doge rinnovava ogni anno il legame tra Venezia e il suo mare. È lo Sposalizio del Mare, cerimonia ripetuta nei secoli per commemorare la vittoria ottenuta intorno al 1000 dai veneziani sui pirati che infestavano l’Adriatico.

In questo giorno si ricordano due eventi: la giurisdizione marittima veneziana e il successo diplomatico di Venezia che ricevette il dominio sull’Adriatico per aver propiziato la riconciliazione fra il Papa Alessandro III e l’Imperatore Federico Barbarossa (1177). È proprio da questo avvenimento, dice la leggenda, che nasce la cerimonia in cui il Doge si reca sul Bucintoro verso il Lido.

 

 

 

Il doge di Venezia sul Bucintoro per l’Ascensione – Francesco Guardi

Fonte: Wikimedia Commons

 

Francesco Guardi Francesco Guardi (Venezia 1712 – Venezia 1793) – pittore muore il 1 gennaio 1793 riuscendo a risparmiarsi la caduta della Repubblica avvenuta il 12 maggio 1797, dove il doge Ludovico Manin abbandona il Palazzo Ducale ed il governo della città lasciandole nelle mani degli occupanti francesi.

 

RICOSTRUZIONE DEL BUCINTORO

 

 

 

 

Bucintoro in Arsenale via al grande progetto – La Nuova Venezia

gelocal.it

https://nuovavenezia.gelocal.it › 2014/03/11 › news › bu…

11 mar 2014 — Via alla ricostruzione del Bucintoro. … della copia dell’imbarcazione simbolo della Serenissima, distrutta da Napoleone nel 1798.

 

VENEZIA. Via alla ricostruzione del Bucintoro. Il consiglio della Fondazione ha avviato ieri le procedure per cominciare il lavoro che dovrebbe portare alla realizzazione della copia dell’imbarcazione simbolo della Serenissima, distrutta da Napoleone nel 1798. Una sorta di «risarcimento» quello deciso dalla municipalità della Dordogna, che ha deciso di donare le 600 querce necessarie per realizzare la nuova imbarcazione. Il tutto grazie all’amore per la nuova avventura dimostrato da Alain Depardieu, regista e fratello del celebre Gerard e dal comitato di Paternò. Adesso il legno c’è, qualche sponsor anche. Si tratta di cominciare a lavorare. «Ci siamo scambiati un po’ di idee, per cercare di concretizzare questa splendida idea», dice Orsoni. Il Bucintoro sarà costruito all’Arsenale, dove nella Teza delle Galeazze è custodito lo scheletro della nuova barca, costruito qualche anno fa da Franco Crea e Davino De Poli, fino all’estate scorsa parcheggiato nella «Teza del Bucintoro di Jacopo Sansovino. Un lavoro che dovrebbe dare il via all’idea del nuovo grande museo dell’Arsenale. Gli artigiani che lavorano, i modelli, le ricostruzioni virtuali e storiche.

Progetti e polemiche. Perché ieri si è dimesso in polemica con il sindaco e il Comune il consigliere della Fondazione Roberto D’Agostino, già presidente della società Arsenale spa, sciolta dal Comune dopo l’acquisizione del complesso monumentale dallo Stato. «Non vedo risultati, siamo fermi da un anno», ha detto D’Agostino, «così senza una società che gestisca non si va da nessuna parte». Società che potrebbe anche non essere esclusa dai piani futuri dell’amministrazione. «Entro giugno», dice l’assessore Alessandro Maggioni, «presenteremo i progetti».(a.v.)

 

CONCLUSIONE:

In una Venezia “intossicata” dal turismo di massa e sempre più snaturata nelle sue dimensioni urbane dalle trasformazioni alberghiere e commerciali che si susseguono incessanti, sarebbe un bel segnale, finalmente concreto, se andasse a buon fine la ricostruzione di un monumento galleggiante della sua storia – altro che navi da crociera che “pascolano” quotidianamente per il Bacino di San Marco – ricollegandosi direttamente alla tradizione dei suoi antichi mestieri artigianali e alla sua tradizione marinara.

La strada da fare è ancora lunga, ma se ci credono i francesi – forse anche perché storicamente un po’ in colpa – sarebbe ora che iniziassero a farlo seriamente anche i veneziani. Quelli rimasti, almeno.

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 9 Ottobre 2023