Il SUPERBACINO lascia Genova senza rimpianti
Quattro rapallesi parteciparono a quella difficile manovra
Il porto di Genova era già stato in passato teatro d’innumerevoli manovre “rognose” di superpetroliere, porta-contenitori di ultima generazione, le famose navi passeggeri QE/2 e Norway, portaerei, piattaforme, navi speciali ecc… ma il solo pensiero di spostare e mettere in uscita un manufatto costruito in cemento armato, lungo 370 mt., largo 80 e alto una ventina di metri, faceva tremare i polsi, non solo alle alte cariche cittadine che avevano deciso di liberarsene, ma soprattutto al Corpo Piloti che ricevette l’ordine di studiare la manovra e realizzarla nella massima sicurezza.
Questa megastruttura, nata e cresciuta in porto, era destinata al raddobbo delle supetroliere di 350.000 tonnellate di portata, che furono costruite dopo il blocco del Canale di Suez alla fine della Guerra dei Sei Giorni (6.6.67). La sua tormentata e penosa vicenda fu il risultato di errori di progettazione, di valutazione e programmazione che qui, per amor di patria, non intendiamo indagare, ma consentiteci tuttavia d’esprimere la nostra “non” isolata opinione, che il Superbacino fu ideato con lungimiranza e che rappresentò l’intelligente tentativo di dare al porto di Genova uno strumento tanto importante quanto necessario per lo sviluppo del ramo industriale, oltre che per restare al passo con i tempi.
La comica risoluzione del problema esplose come un fuoco d’artificio quando ormai il manufatto era in via d’ultimazione. I lavori furono interrotti all’improvviso e la struttura assunse la veste di un ingombro enorme, un intralcio, un gigantesco mostro da eliminare, dopo venti anni d’assoluta inoperosità. La perentoria decisione politica sentenziò che il Superbacino era messo in vendita al miglior offerente, previa la rimozione ed il trasporto dell’impianto fuori del porto. Il manufatto, ovviamente, non era stato certamente concepito per essere spostato dal suo sito originale, né tanto meno per affrontare il mare aperto. Da questa “pratica” considerazione, detonarono le paure e le perplessità tecniche legate alla sua partenza.
Il Superbacino era, di fatto, un enorme galleggiante senza forme nautiche e nessuno osava immaginare quali sarebbero state le sue reazioni al vento e alla corrente, e non dava inoltre alcuna garanzia di governabilità e di obbedienza ai richiami dei rimorchiatori.
La sua forma, simile ad un enorme parallelepipedo vuoto e senza copertura, era il risultato dell’assemblaggio di otto elementi che era iniziato con il varo, tutt’altro che facile, del primo pezzo nel lontano 28 aprile 1975.
Lo spazio disponibile, ossia l’acqua di manovra per sfilarlo dalla sua posizione d’ormeggio verso il centro del canale, era così limitato da non consentire il benché minimo errore. Il punto debole della manovra era l’altezza della struttura che, moltiplicata per la sua lunghezza, esponeva al traverso della tramontana una superficie velica capace di farla scarrocciare di pancia, ad una velocità difficilmente contrastabile, qualora dalla bonaccia si fosse passati a rinforzi anche deboli del vento.
La minaccia d’urto contro le opere portuali era reale, e tale da far temere eventuali aperture di falle nella sua parte immersa, con il conseguente allagamento e appesantimento dell’impianto sino a toccare il fondale. A questo punto, l’incaglio del Superbacino nel centro dell’imboccatura avrebbe chiuso il traffico portuale per molto tempo, causando ripercussioni economiche e commerciali di difficile valutazione.
Il Superbacino, ormeggiato di punta al lato occidentale della Nuova Banchina Industriale, è libero da terra ed inizia a muovere verso la sua definitiva destinazione: la Turchia
Alle 04.00 del 26 luglio del 1997, quattro piloti: il CP Aldo Baffo, Giuseppe Fioretti, Carlo Gatti e Ottavio Lanzola presero posizione su ogni lato del Superbacino, quattro squadre di ormeggiatori si divisero i cavi da mollare e otto potentissimi rimorchiatori si disposero per sfilare il manufatto, sostenendolo da ogni lato per evitare collisioni contro le opere portuali. La rotta tracciata rappresentava il binario sul quale doveva procedere il convoglio, nel più scrupoloso silenzio radio e con la massima concentrazione da parte di tutti gli addetti alla manovra.
Verso le 05, alle prime luci dell’alba ed in completa assenza di vento, si udì in VHF il “molla tutto da terra” e dopo circa mezz’ora, il “libero da terra”. Il Superbacino iniziò a scivolare con sorprendente leggerezza e la sua velocità fu volutamente frenata per consentire ai due rimorchiatori “leaders di prora” di prenderlo a rimorchio nello stretto spazio della calata. Il loro compito era molto delicato e consisteva:
– nel “fargli da timone” durante lo sfilamento.
– Fermarlo in avamporto.
– Trainarlo verso l’uscita.
– Consegnarlo infine al rimorchiatore russo stazionato fuori del porto.
Il compito d’eseguire quest’articolata manovra, fu assegnato a due comandanti rapallesi Giorgio Merello e Giuseppe Percivale. Il terzo rapallese era Andrea Fioravanti, direttore di macchina, imbarcato con Giorgio Merello.
Giunti in avamporto, nel punto di massima larghezza, accadde quanto era – in effetti – temuto dagli esperti. Al levarsi del sole sul Monte Fasce, improvvisamente soffiò una fresca tramontana che scaricò la sua pressione sul fianco sinistro del Superbacino, nel momento della sua massima vulnerabilità, mentre era fermo e senza abbrivo. In un attimo l’imponente struttura iniziò a scarrocciare verso la diga. Un rapidissimo consulto tra i Piloti fece scattare un ordine d’assoluta emergenza e tutti i rimorchiatori furono inviati immediatamente a spingere sottovento, eccetto quelli che erano già in tiro verso nord.
Quando i sei “mastini” iniziarono a spingere a tutta forza nella pancia del manufatto, si trovarono così vicini alla diga del porto che sembrava ormai inevitabile il loro intrappolamento. Gli fu chiesta l’extra potenza disponibile ed anche qualcosa di più…..
Il Superbacino, che non provò mai la gioia di accogliere una nave nel suo seno, ebbe un’impennata d’orgoglio marinaro e si ribellò all’ennesima brutta figura. Presto riguadagnò la sua posizione nel centro del canale e s’avviò rassegnato, ma non sconfitto verso il mare aperto.
Il Superbacino è in mezzo al canale. Il due rapallesi, Merello e Percivale sono al comando dei due rimorchiatori trainanti che lo consegneranno in rada al rimorchiatore oceanico russo
La partenza del Superbacino galleggiante fu un avvenimento davvero singolare. Per la città se ne andava una delle tante e inutili “cattedrali nel deserto”, un mostro che offendeva il suo panorama. Per il popolo portuale, al contrario, fu vissuto come uno spettacolo deprimente, con profondo senso di tristezza e di sconfitta per l’assurda vendita di una fonte di reddito per tanti lavoratori e operatori del settore marittimo-industriale.