La Colonia Fara di Chiavari
Diventa
GRAND HOTEL TORRE FARA
Grand Hotel Torre Fara come si presenta oggi
Grand Hotel Torre Fara con le sue ali dispiegate
La colonia in abbandono nel 2014
Grand Hotel Torre Fara come si presenta oggi
Introduzione
La Torre Fara, originariamente stabilita come Colonia Fara a Chiavari, si erge come testimonianza della resilienza e del potenziale di rinascita architettonica. Un tempo abbandonato e lasciato in decadenza, questo sito emblematico ha subito una trasformazione ristrutturativa, emergendo come un faro di lusso e conservazione storica.
Il progetto di ristrutturazione
Iniziato nel 2015 dopo anni di abbandono e dispute legali, il progetto mirava a riproporre il sito come un hotel contemporaneo a quattro stelle, completo di ristorante, spa, lounge bar e un ampio parco verde. Questa iniziativa non solo ha salvato una struttura storica ma ha anche introdotto una moderna costruzione che rispetta appieno il suo passato.
Oltre al valore intrinseco dell’edificio, si è realizzato un notevole progetto di riqualificazione dell’area circostante la Torre Fara. Questo include l’istituzione di un nuovo percorso pedonale, denominato “Lungomare dei Gotuzzo-Costruttori Navali”, che si estende da Piazza Gagliardo fino all’ex cinema della Fara.
La nuova via pedonale prosegue verso il litorale antistante la Torre Fara ed è dedicata alla memoria degli esuli istriani e dalmati. Questo omaggio ricorda gli italiani di Istria e Dalmazia che trovarono rifugio nella Colonia Fara, in fuga dalle persecuzioni della dittatura jugoslava.
All’interno della Colonia Fara di Chiavari, l’esplorazione stilistica attinge da influenze notevoli, tra cui le teorie futuriste e le avanguardie russe, evidenziando un’attrazione verso l’estetica della velocità e della macchina. L’architettura dell’edificio, caratterizzata da forme curvilinee e basamenti con ali laterali simmetriche, evoca l’immagine di un aeroplano, simbolo laico del dinamismo futurista. Questo richiamo sembra ispirarsi direttamente ai lavori di Enrico Prampolini e Adalberto Libera per il Padiglione Italiano dell’Esposizione Universale di Chicago (1933), con la sagoma arrotondata della torre che allude alle coperte delle navi, ai fari visionari, alle aerostazioni e ai grattacieli meccanici delle città futuriste, come rappresentato nei loro progetti e aeropitture.
Passeggiata a mare
La commissione toponomastica e la Giunta Comunale riunitasi giovedì 18 giugno 2020 in Comune a Chiavari (Genova), hanno deliberato di intitolare due nuove passeggiate a mare, una delle quali agli Esuli Italiani di Istria, Fiume e Dalmazia.
Lo spunto per questa meritoria iniziativa nasce dal buon ricordo che il fiumano Oscar Sergi ha lasciato nella località, insegnando al Nautico di Camogli per oltre vent’anni e diventando il simbolo degli Esuli.
L’edificio ristrutturato, illuminato con il Tricolore nel 2020
Situata nella pittoresca Riviera del Levante ligure, la città di Chiavari si distingue per il progetto di riqualificazione moderna e sostenibile di un significativo edificio pubblico risalente agli anni ’30 del XX secolo. L’architetto Enrico Pinna ha guidato il processo di rinnovamento, sostenuto dall’impegno congiunto di una coalizione di cinque imprenditori e portato a compimento grazie al contributo di dodici aziende locali liguri. Questo intervento di riqualificazione ha abbracciato anche la creazione di una passeggiata a mare, frutto della trasformazione dell’area precedentemente occupata dalla ex colonia Fara.
Vista panoramica
Un caso studio di recupero del patrimonio architettonico moderno
La trasformazione dell’ex colonia Fara a Chiavari, Italia, segna una rinascita notevole. Originariamente costruito negli anni ’30 del XX secolo su disegno dell’ingegnere Camillo Nardi Greco (1887-1968) in collaborazione con l’architetto Lorenzo Castello, questo edificio a torre fu inaugurato nel 1935 come destinazione vacanziera per 400 bambini sul Golfo del Tigullio. Composto da due volumi principali – una base orizzontale di 1300 metri quadrati e una struttura verticale arrotondata alta 49 metri – l’edificio rappresenta un pezzo di storia architettonica.
Il progetto di recupero è stato guidato dall’architetto Enrico Pinna dello studio genovese Pinna Viardo Architetti, conosciuto per il suo lavoro sui recuperi modernisti, insieme all’architetta Sonja Serventi e al geometra Alessio Gotelli di Chiavari.
Dopo vari cambi di destinazione d’uso nel dopoguerra, l’edificio è stato abbandonato negli anni ’80, nonostante la sua posizione unica con viste che spaziano da Portofino a Punta Manara. Il cammino verso la riqualificazione è stato lungo e complesso, supervisionato dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio della Liguria, che ha monitorato il restauro delle colorazioni originali e delle aeropitture che decoravano l’edificio.
Il progetto, culminato grazie all’iniziativa di cinque imprenditori del Tigullio e con il sostegno del comune di Chiavari, ha rappresentato un investimento significativo di quasi 30 milioni di euro, con un impatto positivo sull’economia locale grazie all’impiego di aziende e materiali regionali. La riqualificazione ha esteso la sua attenzione anche alla passeggiata sul mare di via Preli, rendendola accessibile alla comunità senza barriere.
Oggi, l’ex colonia Fara inizia una nuova vita. Il Grand Hotel Torre Fara occupa i piani terra e primo, offrendo un ristorante con vista mozzafiato nel suo emiciclo centrale, oltre a una spa, un auditorium e un bar con dehors nel parco. Sui nove piani superiori sono stati realizzati 18 appartamenti di lusso, con non più di due unità per piano, seguendo le direttive della Soprintendenza.
I materiali originali come l’ardesia e il travertino sono stati attentamente selezionati per il restauro, insieme a finiture facciali in “cocciopesto” e mobili d’epoca restaurati, mostrando un equilibrio tra tradizione e innovazione. L’introduzione di un impianto geotermico e di sistemi di domotica all’avanguardia evidenzia l’impegno verso la sostenibilità ambientale, posizionando Torre Fara all’avanguardia nel recupero di edifici storici con classificazione energetica A.
Il Grand Hotel offre accesso diretto alla spiaggia, una piscina esterna, e il Torre Fara – Lounge & Bistrot, dove gli ospiti possono godere di cocktail ammirando il tramonto su Portofino. Con 31 camere e due suite esclusive, il progetto ha catturato l’attenzione sin dalla sua concezione, ricevendo ampi riconoscimenti dalla stampa specializzata e celebrando lo spirito mediterraneo e europeo dell’architettura.
Album Fotografico
Il recupero di un edificio razionalista vecchio di 80 anni, oggi è godibile in tutto il suo splendore, anche solo attraverso gli scatti del fotografo di architettura:
GIANLUCA GIORDANO
Panorama verso ponente visto dalla spiaggia
Panorama verso sud
Vista dalla passeggiata a mare
Esterni
Particolari architettonici
Terrazza
Ristorante
Entrata lato mare
(notare l’apertura alare della struttura)
Ristorante
Panorama dalla terrazza
Tramonto
Esterno
Terrazza
Terrazza
Torre Fara e le colline
Lungomare Esuli Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia
Suite con zona giorno e vista sul mare
COLONIA FARA NELL’ARTE
https://www.internetculturale.it/
Filippo Tommaso Marinetti
FUTURISMO
Qual è il tema principale del Futurismo?
Il futurismo è il rifiuto del presente e della società borghese, si esalta la macchina, la tecnica, la grande industria, la velocità e l’aggressività.
l futurismo vede nella poesia lo strumento per esaltare con ottimismo l’era industriale, la bellezza della tecnica e della tecnologia, del movimento, della macchina e della corsa. Esso si organizza intorno a vari manifesti teorici che ne definiscono le caratteristiche in ogni campo.
Che cos’è il Futurismo in breve?
Il Futurismo intende sostituire la razionale comprensione della realtà con un’idea di arte in grado di rappresentare il dinamismo; l’obiettivo finale è quello di rompere con il passato, considerato un mix diabolico di ignoranza e superstizione, così da poter modificare in maniera radicale la società.
Cosa voleva rappresentare il Futurismo?
I Futuristi erano un gruppo di giovani intellettuali innamorati del progresso che si proponevano lo scopo di rompere i legami con il passato e attuare una rivoluzione all’interno della società attraverso opere volutamente provocatorie.
Qual è lo scopo del manifesto del Futurismo?
Il Manifesto del Futurismo fu scritto da Filippo Tommaso Marinetti e pubblicato nel febbraio 1909 in forma di declamatoria per fornire una raccolta concisa di pensieri, convinzioni e intenzioni dei Futuristi.
Quali sono i valori su cui si fonda la visione futurista?
I valori su cui intende fondarsi la visione del mondo futurista sono quelli della velocità, del dinamismo, dello sfrenato attivismo, considerati come distintivi della moderna realtà industriale; dal punto di vista politico esprimono il rifiuto del parlamentarismo, del socialismo e del femminismo (delle forme esistenti...)
Marinetti, Il manifesto della letteratura futurista?
Nel manifesto del futurismo, Marinetti esprime violente critiche verso l’arte e la cultura che l’hanno preceduto: -critiche alla cultura: bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sforzo e magnificenza per aumentare l’entusiasmo fervore degli elementi primordiali.
Chi sono i più importanti artisti futuristi?
Il primo nucleo di futuristi. Il primo nucleo del Futurismo, composto da Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Antonio Sant’Elia, Giacomo Balla e Gino Severini, si forma a Milano nell’abitazione del poeta Filippo Tommaso Marinetti.
Qual è l’artista più importante del Futurismo?
Filippo Tommaso Marinetti
Il futurismo è il primo movimento che, staccandosi dalla precedente tradizione culturale italiana, si dà un programma preventivo, rompendo con il passato e proiettandosi verso il futuro. Il fondatore del Manifesto che illustra le principali ideologie futuriste è Filippo Tommaso Marinetti.
F.T. Marinetti nel 1930 ca.
Marinetti nella casa di Piazza Adriana a Roma
Marinetti – poeta, scrittore, fondatore e animatore del Futurismo – nacque ad Alessandria d’Egitto il 22 dicembre 1876 e morì a Bellagio, sul Lago di Como, il 2 dicembre 1944. Suo padre, l’avvocato Enrico, era di una famiglia di Pontecurone, tra Voghera e Tortona, e si era stabilito ad Alessandria d’Egitto nel 1873, attratto dalla fioritura economica avvenuta in quella città dopo l’apertura del canale di Suez. Sua madre, Amalia Grolli, era figlia di un avvocato di Milano. Marinetti è universalmente noto come Filippo Tommaso Marinetti, ma in forza d’una serie di motivi – burocratici, scherzosi, casuali, estetici – fu anche chiamato o indicato con molti altri nomi: e questa insolita abbondanza onomastica ben si addisse alla sua personalità di uomo plurale, come fu definito. Scrisse, forse per celia, di chiamarsi Filippo Achille Giulio, ma all’anagrafe fu Emilio Angelo Carlo, si diplomò come Philippe Achille Émile, si laureò come Filippo e andò soldato come Emilio. Per i genitori, per il fratello Leone (di tre anni più grande, morto giovane) e per i compagni dell’adolescenza fu Susù, Thomas o Tom. Per alcuni futuristi fu Effetì; e qualcuno si stupì notando che la moglie, qualche volta, lo chiamava col cognome: Marinetti.
Ad Alessandria d’Egitto, Marinetti seguì gli studi, sin quasi alla vigilia dei baccalaureato, in un collegio di gesuiti lionesi intitolato a San Francesco Saverio. Prese però a Parigi il diploma di bachelier, e per compiacere il padre ch’era tornato intanto a Milano con una cospicua fortuna, s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia. Poi passò all’Università di Genova e vi si laureò nel 1899. Ma anziché intraprendere la professione di avvocato, per la quale non aveva alcuna inclinazione, secondò la vocazione letteraria, segnalandosi in alcuni circoli culturali di Parigi, dove già l’anno prima era stato premiato, su proposta di Gustave Kahn e di Catulle Mendes, per il poemetto in versi liberi Vieux marins, apparso nell’«Anthologie Revue de France et d’Italie». A Parigi, nel 1902, è edito il primo libro di Marinetti, il poemetto La Conquête des Étoiles. Ma è a Milano che egli fa uscire nel 1905, a sue spese, la sontuosa rivista internazionale “Poesia”, che andrà avanti fino al 1909 e gli permetterà di tessere una rete di relazioni in Europa. A “Poesia” collaboreranno, tra gli altri, Pascoli, Jarry, Claudel, Verhaeren, Paul Fort, Unamuno, Cocteau, Trilussa, Stuart Merril, Palazzeschi, Govoni, Yeats, Ada Negri, Gozzano, Diego Valeri, Buzzi, Marin, Camille Mauclair, Rachilde e molti giovani e giovanissimi, che diventeranno noti.
L’aspetto più vistoso di questo movimento rivoluzionario è il rifiuto totale dei valori tradizionali dal passato, considerati dai suoi esponenti espressione di ignoranza e di superstizione. I futuristi si fanno infatti interpreti di una nuova concezione della vita basata sulla fede nel futuro e nel progresso tecnologico.
Gli artisti futuristi esaltano gli ideali della velocità, del dinamismo, della forza materiale, della violenza, della guerra concepita come sola igiene del mondo. Al culto dei sentimenti, dell’analisi interione, alla meditazione e al silenzio contrappongono lo slancio vitale, aggressivo e prepotente, il chiasso, la luce abbagliante.
È evidente che tali principi generano fanatismi e ideologie di potere e di forza che porteranno alla Prima guerra mondiale e ispireranno il fascismo. Per interpretare questi nuovi atteggiamenti i futuristi ricorrono a un linguaggio caratterizzato dall’uso delle cosiddette parole in libertà. Il loro linguaggio rifiuta le strutture sintattiche e grammaticali tradizionali a favore di una libera associazione delle parole.
Fondatore di questo movimento è Filippo Tommaso Marinetti, autore dal manifesto futurista, che indica i principi che ispirano il movimento, e del Manifesto Tecnico della letteratura futurista, relativo alle caratteristiche del linguaggio.
Progetto
Realizzazione
ARCHITETTURA FUTURISTA
Al centro dell’attenzione degli architetti futuristi c’è la città, vista come simbolo della dinamicità e della modernità. Di conseguenza l’architettura futurista non va guardata solamente come uno sviluppo dell’evoluzione dell’estetica dell’architettura, ma con una visione spirituale del mondo moderno, dominato dall’aria e dalla velocità.
Perchè si chiamò Colonia Fara?
Generale Gustavo FARA
Nato a Orta Novarese l’18 settembre 1859 frequenta l’Accademia di Modena dalla quale ne esce sottotenente nel 1880. Assegnato all’8° reggimento Bersaglieri conseguì la nomina a Tenente nel 1881. Dopo alcuni anni di servizio tornò in Accademia come insegnante. Nel 1888 promosso Capitano chiese ed ottenne di partire per l’Eritrea in forza al I battaglione coloniale. Fu decorato della Croce di cavaliere dell’O.M.S. per il combattimento di Agordat (27/6/1890). Rientrato in patria l’anno successivo, comandò da maggiore il 34° battaglione del 10° reggimento Bersaglieri. Promosso Colonnello assunse il comando nel 1910 del 11° reggimento col quale l’anno successivo partecipò alla campagna di Libia. Per i fatti d’arme che vanno da Sciara Sciat a dicembre meritò la promozione a Generale sul campo e la medaglia d’oro per l’l1°. All’oscuro del comando supremo il generale Pecori Giraldi inviò il 19 dicembre 1.500 uomini al comando del colonnello Gustavo Fara contro l’oasi Bir Tobras, a 15 chilometri da Ain-Zara. Si sospettava a ragione che nell’oasi fossero tenuti in ostaggio le famiglie di alcuni notabili che si erano da poco sottomessi all’Italia. Sono due battaglioni di bersaglieri e uno di granatieri che partono alle ore 2,30 della notte ma le guide si perdono e raggiungono la meta solo alle 9 del mattino. Appena fuori dalle dune, le nostre truppe si trovano davanti duemila nemici. Il colonnello Fara lancia sul fianco minacciato un battaglione di bersaglieri che arresta il movimento nemico. Gli arabi tentano un avvolgimento sul lato destro, il colonnello provvede con un altro battaglione di bersaglieri. La battaglia, molto violenta, finisce a mezzogiorno. Sei italiani e centinaia di arabi sono a terra ma l’iniziativa non piace a Caneva che accusa anche i due (Pecori Giraldi e Fara) di incompetenza e di rischio scampato (naturalmente se ne avessero trovato il doppio ….). Diverso fu il parere del generale L. Cadorna che, scrivendo all’aiutante di campo del re, generale U. Brusati, appuntò le critiche solo su Pecori Giraldi, mentre per il F. ebbe parole di encomio, caldeggiandone la promozione a maggiore generale; questa giunse infatti pochi giorni dopo con missiva del re.
Al comando di una Brigata mista condusse nell’estate del 1912 la conquista di tutte le località costiere, per la quale venne questa volta lui insignito di Medaglia d’Oro nel 1913. Allo scoppio della Grande Guerra col grado di Tenente Generale ebbe il comando della 4a divisione rimanendo ferito sul Sabotino il 24 ottobre 1915. Ebbe altri incarichi e la Medaglia d’Argento a Monfalcone nel 1917. Passato al comando della 47a divisione composta tutta da Bersaglieri, raggiunse l’altopiano della Bainsizza. Ancora coi bersaglieri nelle giornate di Vittorio Veneto. Per i fatti conclusivi della guerra fu nominato Grande Ufficiale dell’ O.M.S. Ebbe comandi nel dopoguerra fino al suo collocamento nella riserva. Morì a Nervi il 24 febbraio 1936.
http://www.treccani.it/enciclopedia/gustavo-fara_(Dizionario-Biografico)/
Dalla scheda del senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 12/3/1936
Dati anagrafici: Gustavo FARA
Data di nascita:18/09/1859 Data del decesso: 24/02/1936
Luogo di nascita: ORTA NOVARESE (Novara)- oggi ORTA SAN GIULIO (Novara) Luogo di decesso:GENOVA-NERVI
Padre: Carlo – Madre: BEDONE Antonietta Coniuge:MAZZONI Giulia
Luogo di residenza: GENOVA Indirizzo: Via Vittorio Emanuele II, 10
Titoli di studio:Scuola militare Professione: Militare di carriera (Esercito) Carriera: Generale di divisione (22 luglio 1923)
Titoli professionali, accademici e altri titoli: Ispettore dell’Associazione nazionale combattenti
Attività politica: PNF GENOVA Iscrizione:02/05/1922 UNFS Si Iscrizione:29/05/1929
Nomina a senatore 22/12/1928 Convalida nomina:09/05/1929 Giuramento: 10/05/1929 Relatore: Luigi Rava
Servizi bellici Periodo:1887-1890 campagna d’Africa; 1911-1912 guerra italo-turca; 1915-1918 I guerra mondiale Arma: Esercito
Decorazioni: Medaglia d’oro per le campagne d’Africa, Croce d’oro per anzianità di servizio, Medaglia commemorativa della guerra italo-turca, Medaglia d’argento al valore militare, Distintivo d’onore per i feriti di guerra, Medaglia Mauriziana al merito militare di dieci lustri, Croce al merito di guerra, Medaglia interalleata della Vittoria, Medaglia commemorativa della guerra 1915-1918, Medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia
Commemorazione
Figura di leggenda pareva quella di Gustavo Fara, prode fra i più prodi, che visse senza soste e senza ombre tutta una vita di eroi. Il 27 giugno 1890 il giovane capitano Fara, novarese, con due sole compagnie indigene, affrontava e sgominava presso Agordat, un migliaio di Dervisci mahdisti penetrati in territorio eritreo. Per quell’operazione egli si guadagnò la croce dell’Ordine militare di Savoia. Al comando del glorioso 11° reggimento bersaglieri, il colonnello Fara compì poi, durante la campagna libica, gesta di valore che gli meritarono, insieme con la più viva e diffusa popolarità, la medaglia d’oro e la promozione a maggior generale sul campo. Durante la grande guerra, il generale Fara tenne il comando di una divisione militare, combattendo strenuamente alla testa di essa su tutti i settori più contrastati del fronte. Fu ferito sul Sabotino, ebbe altre decorazioni al valore e il grado di grande ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia. Solo chi lo vide sulla linea del fuoco, durante le epiche giornate dell’ottobre 1911 in Tripolitania e nei momenti più duri e ardui delle nostre offensive sull’Isonzo, può avere un’idea di quel che fosse Gustavo Fara come esempio e animatore di eroismo. Egli era veramente una natura che potremmo dire favolosa di guerriero e nello stesso tempo, come non di rado si vede in simili tipi umani, un buono, dolce e candido spirito quasi di fanciullo. Un tal uomo non poteva rassegnarsi ai tristi ozi della giubilazione quando, subito dopo la guerra, l’Esercito e la Patria furono abbandonati agli oltraggi e alle minacce dei facinorosi. Gustavo Fara fu dunque fra i primi e più baldi campioni del Fascismo, continuando fra gli squadristi in camicia nera l’attività svolta già con tanto onore fra i suoi bersaglieri, i suoi fanti. Egli partecipò alla Marcia su Roma al comando di una colonna e subito dopo fu nominato comandante della III zona della milizia volontaria. Dal 1929 faceva parte del Senato che nutriva per il glorioso soldato un sentimento unanime di simpatia e di ammirazione. Alla memoria di lui e degli altri Colleghi scomparsi l’Assemblea si inchina con affettuoso rimpianto.
MUSSOLINI, Capo del Governo, Primo Ministro. “Domando di parlare”. PRESIDENTE. “Ne ha facoltà”.
MUSSOLINI, “Il Governo si associa alle alte parole di cordoglio e di rimpianto pronunziate dal Presidente di questa Assemblea”.
UNA NOTA AFFETTIVA:
Nel corso dell’articolo abbiamo accennato alla figura del professore di Navigazione e Astronomia, il profugo fiumano OSCAR SERGI, che ha lasciato un’impronta indelebile nell’Istituto Nautico di Camogli per oltre due decenni ed è ancora il punto di riferimento storico e morale degli Esuli Italiani di Istria, Fiume e Dalmazia.
Gli stessi autori dei due articoli sulla Colonia Fara e Torre Fara qui pubblicati: Ernani Andreatta e Carlo Gatti, ad ogni occasione ripetono:
“Abbiamo avuto il privilegio di essere stati suoi allievi in quegli anni tumultuosi del dopoguerra, quando gli insegnanti erano pilastri solidi come il mare stesso, e rivolgersi a loro con il ‘tu’ era impensabile”.
Personalmente vorrei aggiungere che nel trascorrere degli anni, ho avuto modo di incontrare il Professore SERGI per le strade di Rapallo, sua città adottiva, e ho potuto cogliere un lato diverso della sua personalità. OSCAR SERGI, severo in aula, si trasformava in un uomo colmo di affetto e orgoglio quando mi interrogava sui miei progressi professionali a bordo. In quegli sguardi, scorgevo una commozione malcelata, una gioia sincera nel vedere i suoi ex studenti realizzare i loro sogni.
Da rigido maestro si era trasformato in un amico premuroso, testimone silenzioso dei nostri successi e delle nostre sfide. In questo giorno, vorrei rivolgere a lui un caloroso abbraccio, ovunque si trovi. La sua influenza continua a guidare le nostre vite, navigando come una stella guida nel vasto oceano della memoria. Grazie, Professore, per essere stato più di un educatore: sei stato un faro di ispirazione e affetto per tutti noi.”
Carlo GATTI
Rapallo, 14 Febbraio 2024