LUCIO MASCARDI

un rapallino da ricordare!

2002, Riccione – Campionati Italiani Masters  – Medaglie e record con gli intramontabili(da sinistra):  Lorenzo Marugo, Carlo Gatti, Cristina Grugni, Lucio Mascardi e Alba Caffarena.

 

Una quindicina d’anni fa o forse più, con l’intento di proporre al pubblico di “Mare Nostrum” una ricerca sugli emigranti rapallini nelle Americhe, mi accorsi quasi per caso d’aver avuto, per tanti anni, come compagno di squadra nella RAPALLO NUOTO – MASTER, un autentico personaggio: Lucio Mascardi, un signore d’altri tempi… con un passato “straordinario” che era noto soltanto ai suoi familiari. Lucio era geloso dei suoi ricordi personali e pur avendo una memoria di ferro – era stato  archivista del Comune di Rapallo – non amava rivivere certi episodi che avevano  segnato dolorosamente la sua vita. Per la verità, Lucio, anche quando raccontava le sue imprese a volte veramente drammatiche, riusciva ad insaporirle con aneddoti succosi e ricchi d’ilarità, perché il suo umorismo era tale che, in qualche modo, doveva prevalere persino sulla ferocia dei tedeschi, sul freddo delle steppe russe e sui mitragliamenti a raffica dei tovarish che sibilavano a pochi centimetri dalla sua moto da bersagliere motorizzato. Lucio se n’è andato dieci anni fa, all’età di 88 anni, in  modo avventuroso, così come aveva vissuto, scivolando su una pietra mentre cercava funghi sul monte Aiona con i suoi nipoti. Lucio aveva collaborato ad importanti testate come giornalista sportivo ed era soprattutto un autentico campione di nuoto. Il suo record sui 200 rana è tuttora imbattuto ed è visibile sul display del sito della Federazione Italiana Nuoto.

 

Lucio Mascardi, nacque nel 1916 a Rapallo. Quando era ancora in fasce, come si diceva un tempo, emigrò con la mamma Clorinda Sbarbaro ed il papà Antonio verso il Cile, dove il nonno Tommaso era emigrato a fine ‘800 ed era morto prematuramente nel 1907 sulle Ande, in treno, per malattia. Anche Gerolamo, fratello della mamma Clorinda era emigrato in Cile nei primi anni del ‘900 ed aveva iniziato la sua attività negli Almacien, diventandone  proprietario, in seguito fondò una prima fabbrica di tessuti e poi un’altra ancora più grande a Tomé. Gli Almacien erano i supermercati ante litteram: c’era di tutto e per tutti, ma erano tempi difficili e quando si trovavano decentrati per ragioni strategiche, non mancavano le rapine e gli assalti  tipo far-west. La vita di questi nostri emigranti era improntata al coraggio, all’iniziativa ed alla sfida dei mercati. Gli Sbarbaro, fedeli alle loro origini costiere, fondarono anche una fabbrica di prodotti ittici, la SIAP. Questa società ebbe due rapallesi come soci: Gasparini e Peruggi. Queste fabbriche, per le note vicende politiche, vennero in seguito nazionalizzate e tanti sacrifici svanirono improvvisamente nel nulla. L’impegno, il coraggio, l’operosità di molte generazioni di emigranti, che portarono tecnologia, progresso, lavoro e amore per il “nuovo mondo”, s’immolarono sull’altare delle nuove infauste ideologie.

 

Il destino di Lucio, tuttavia, era stato scritto per essere compiuto sull’altra sponda dell’oceano.

 

“Tomaso di Savoia” – Lloyd Sabaudo /1907-1928)


“Re Vittorio” – N.G.I.  (1907-1929)

 

Nel 1919, tre anni dopo l’arrivo della famigliola in Cile con il p.fo “Tomaso di Savoia”, il padre Antonio moriva e la madre Clorinda, decideva di rientrare in Italia con il piccolo Lucio di 4 anni, contro il parere del fratello e di tutti gli altri parenti; tre giorni di treno sulle Ande e poi il triste imbarco a Buenos Aires sul p.fo “Re Vittorio”.

 

A quel tempo Rapallo era certamente più bella di oggi, ma la vita in Riviera non era  così facile e le opportunità di lavoro erano molte scarse e quando Clorinda, ancora giovanissima, rimase completamente cieca, per lei e per il suo unico figlio, il sopravvivere diventò ancora più difficile. Nel frattempo, le nubi nere del regime facevano presagire tempi ancora più duri e, con l’avvicinarsi della Seconda guerra mondiale, a nulla valsero le rimostranze di Lucio che si opponeva all’arruolamento per non abbandonare la madre in quella penosa condizione. Lucio era diventato un atleta: buon nuotatore-pallanuotista in estate, ed ottimo calciatore d’inverno, aveva un fisico robusto e la Patria, minacciandolo di diserzione, lo inquadrò inderogabilmente nel Corpo dei Bersaglieri.

 

Le truppe italiane inviate sul Fronte orientale Russo tra il 1941 e il gennaio del 1943

 

La Campagna di Russia era l’occasione per pagare l’obbligo morale che Mussolini sentiva nei confronti di Hitler dai tempi della non belligeranza.

 

“Il Duce era sicuro circa il buon esito dell’impresa e confidava nella potenza tedesca e nella scarsa capacità di resistenza sovietica” – Sosteneva Lucio che amava spesso analizzare, da storico appassionato, le vicende della 2° Guerra mondiale –“Mussolini ignorò la pur minima valutazione logistica e ordinò in tempi ristrettissimi la formazione e l’invio al fronte del CSIR (Corpo di Spedizione Italiano Russia) di cui feci parte insieme a più di 60.000 soldati italiani già operativi nell’agosto del 1941 sotto il comando del generale G. Messe. Nel giugno del 1942 questo Corpo iniziale  venne rinforzato ed inglobato in un secondo corpo di Spedizione chiamato ARMIR Armata Italiana in Russia”.

 

Dopo circa un anno speso a difendere un fronte di 270 chilometri lungo il fiume Don, Lucio riuscì a rientrare fortunosamente in Italia per le note ragioni familiari.

 

Giunto a Rapallo – mi raccontò Lucio – Ero intenzionato a rimanervi per sempre. Ne avevo già viste fin troppe… In un primo tempo mi nascosi nei boschi, poi mi consigliarono di darmi ammalato e, grazie al Dott. Bruno, riuscii ad ottenere due settimane di cure mediche, ma poi fui preso dai carabinieri ed inviato con la forza, per la seconda volta, sul fronte russo.

 

 

La situazione, quando rientrai nei ranghi, era ancora abbastanza stabile, poi, tra il dicembre del 1942 e il gennaio del 1943 si scatenò la grande offensiva invernale dell’Armata rossa. Fummo investiti in pieno dall’urto degli attaccanti e, inferiori di uomini e di mezzi, fummo costretti alla ritirata e a marciare per centinaia di chilometri nelle terribili condizioni climatiche dell’inverno russo. Il numero delle vittime tra i nostri soldati italiani fu di 84.830 tra caduti e dispersi; se sono ancora qui a raccontare questi fatti è perché durante la famosa ritirata, io e pochi altri compagni riuscimmo a salvarci rifugiandoci ogni notte nelle Isbe, (erano le case di legno dei contadini russi) dove c’erano solo donne, che ci sfamavano e poi ci ripulivano anche dei pidocchi ed altri insetti che ci torturavano peggio dei P.P.Sh (Pepescia) e delle baionette dei loro mariti in guerra contro di noi”.

 

Isba russa degli anni ‘40

 

La lunga notte buia di Lucio si concluse con lo svanire degli ultimi bagliori di guerra e, grazie alla sua forte fibra cominciò a costruire il suo futuro. Un posto in Comune, un felicissimo matrimonio con Rina, la nascita di Antonella e poi i nipoti Francesco e Tommaso. Una vita che è proseguita serena e metodica dopo il pensionamento e che iniziava ogni mattina con la visita al cimitero alla mamma Clorinda e alla suocera…. che aveva coccolato e protetto fino alla soglia dei cent’anni. Il suo giro giornaliero proseguiva poi con l’ormeggio della bicicletta vicino alla porta principale della parrocchia, un salto al Bar Colombo per salutare gli amici Nebbia e Gallo, un po’ di spesa al mercato e poi il rientro a Costaguta, nel suo regno, nel suo bosco sopra villa Sbarbaro, dove si era rifugiato durante la guerra, dove cercava funghi, dove si “allenava” con il suo fidato rastrello ogni giorno e con qualsiasi tempo. In questo suo paradiso, ogni tanto radunava gli amici, stappava il suo vino migliore e gli trasmetteva, inconsapevolmente, l’amore  per le cose “semplici” come la modestia, il culto per la famiglia, per lo sport e per tutto ciò che emanava con naturalezza da ogni suo poro: l’onestà pratica nel quotidiano e quella intellettuale nei valori etici e morali. Lo spirito religioso era per lui talmente naturale e scontato da non sentirne mai la necessità di esibirlo o nasconderlo.

 

Lucio è stato un grande maestro di vita!

 

Carlo GATTI

Rapallo, 22 Aprile 2014