MARIA E CATERINA AVEGNO
Un dramma da ricordare
La mattina del 24 aprile 1855, Cavour e Rattazzi assistevano nel porto di Genova agli intensi preparativi per l’imbarco di un reparto di circa 270 uomini dell’esercito piemontese sul piroscafo inglese Croesus, destinato alla guerra di Crimea. Stavano imbarcando 37 Ufficiali del Genio e 239 soldati di sussistenza, medici e infermieri, oltre a medicinali (specialmente preparati anticolerici) e le attrezzature di un ospedale da campo di oltre 100 letti. E ancora muli, cavalli, fieno, acquavite, 1.400.000 razioni di viveri e una notevole quantità di munizioni ed esplosivi. Il Croesus doveva inoltre rimorchiare il Pedestrian, un veliero carico di viveri, ma soprattutto di munizioni e una batteria di campagna. La partenza avvenne intorno alle 09. Dopo circa due ore di navigazione, il Piroscafo Croesus, avvolto da un incendio, naufragò nella baia di San Fruttuoso il 24 aprile del 1855.
Il p.fo Croesus in fiamme davanti a San Fruttuoso
La casa natale delle sorelle Maria e Caterina Avegno a San Fruttuoso di Camogli
Erano tempi in cui per sopravvivere si batteva il mare… e di uomini a San Fruttuoso se ne vedevano pochi, in gran parte erano imbarcati sui velieri di Camogli, altri erano dediti al commercio dei prodotti della collina: olio, uva, miele, ortaggi, legna, lisca e fascine. Gli altri, quei pochi pescatori del borgo, quel giorno “bottezzâvan” lontani dalla baia. Nel villaggio facevano la guardia poche donne, qualche anziano intento a riparare le reti e molti bambini. Sul bagnasciuga c’erano solo due gozzi, quelli di riserva destinati all’emergenza e al rimessaggio; il primo venne utilizzato dalle sorelle Maria e Caterina Avegno, il secondo dal marito di Maria, Giovanni Oneto.
Maria Avegno, per quanto ne sappiamo dalle cronache dell’epoca, era madre di molti figli, c’é chi scrive quattro, altri sei, altri addirittura otto. Non é difficile immaginarla “figgeua” con la sorella Caterina, cavalcare le onde da libeccio, tuffarsi dagli scogli e poi sparire fino a riva, emergere e scrollarsi l’acqua di dosso nella loro piscina naturale, privata. Il palcoscenico é il mare, un sottile fiordo a picco sul mare: il loro paradiso. Dietro al verde pendio accanto all’Abbazia c’é il loggione da cui sognare prima della rincorsa per l’ultimo tuffo della giornata. Queste figlie del mare sono cresciute sfidando le onde, le uniche amiche di cui potersi fidare, compagne con cui dividere quel che resta di un mondo che é chiuso in una conchiglia magica che ha un solo suono: l’eco del mare. Maria e Caterina sono due delfini che saltano di gioia aiutandosi a crescere senza paure. Le “uscite” con qualsiasi tempo, sono sfide quotidiane per sentirsi padrone del borgo e non prigioniere della solitudine. Sanno nuotare, remare e manovrare la vela, conoscono le insidie di certi scogli e i giri di corrente, la paura non fa parte dei loro pensieri.
Ma allora cosa accadde quel giorno? Purtroppo chi va per mare lo sa, ogni tanto lo spirito del maligno, approfittando di chissà quale distrazione del cielo…, interviene con tutto il suo potere nefasto e si vendica di tanta beatidudine e bellezza che non gli appartengono.
Dirotta il Croesus sotto incendio all’interno della baia, lo spinge contro gli scogli e reclama con successo 24 vittime sacrificali.
La cronaca é un lampo di cattiveria, di sfortuna, d’immensa tristezza.
Quasi tutti i soldati non sanno nuotare e presi dal panico si gettano in mare con la speranza di toccare il fondale, di rimbalzare e d’essere spinti verso la riva, su quella striscia bianca che si chiama ‘salvezza’.
Maria e Caterina sanno che il baluardo di scogli che ha bloccato il Croesus tra le due ultime anse della rada, scende a picco su un alto fondale e, intuita la scena successiva del “naufragio sotto casa”, spingono i gozzi in mare e con poche remate si trovano circondate dai naufraghi. Ne raccolgono parecchi e ritornano a riva. Ripetono la spola salvandone altri. Poi, all’improvviso, alcuni soldati stanchi e impauriti s’aggrappano alla falchetta del gozzo, tutti dalla stessa parte. La disperazione e l’inesperienza fanno il resto: l’imbarcazione si capovolge. Le due ragazze rotolano in mare e i soldati si aggrappano alle loro vesti trascinandole sott’acqua. Neppure il tempo di gridare AIUTO!! Al loro pezzetto di cielo. Vittime del loro coraggio, le ragazze vengono inghiottite dal mare traditore che si riprende tutto ciò che aveva dato loro in prestito: la confidenza e una felice gioventù.
Caterina viene tratta in salvo più morta che viva. Il corpo di Maria é restituito ai suoi cari dopo quattro lunghi giorni di ricerche e di pianti.
Maria Avegno fu sepolta nell’abbazia di San Fruttuoso, per concessione dei Principi Doria Pamphilj, un privilegio unico per gli abitanti del borgo.
Le Autorità cittadine conferirono alla sua memoria onorificenze e sostegno per gli orfani. Il governo del Regno di Sardegna, nel giugno 1855 deliberò di concederle la medaglia d’oro al valor civile (prima donna italiana a ricevere l’alta onorificenza) e un vitalizio ai suoi otto orfani.
La Regina Vittoria conferì alla memoria di Maria la Victoria Cross, la più alta onorificenza militare britannica. Il Console inglese Brown consegnò 10 sterline alla superstite Caterina e 50 sterline alla famiglia di Maria Avegno.
Il nome di Maria Avegno è scritto persino nel libro d’oro della Cattedrale di Notre Dame a Parigi, per mano do monsieur Cormenin, fondatore di un’associazione che ha lo scopo di celebrare una messa quotidiana, in una cappella della Cattedrale, in suffragio di tutti coloro che sono morti per salvare la vita del prossimo.
A Camogli il belvedere panoramico noto come la “Rotonda”, è intitolato alle due eroiche sorelle.
Carlo GATTI
Rapallo, 18 Settembre 2015