Nave Passeggeri ANCONA SILURATA
Al largo della Sardegna – 7 novembre 1915
Il transatlantico italiano ANCONA
MANIFESTO PUBBLICITARIO, ca 1899 – ante 1917
di Aleardo Terzi
1870/ 1943
Italia Società di Navigazione a Vapore
Nave a vapore in navigazione
Bandiera nautica ripartita in quattro
La Battaglia dell’Atlantico (1914-1918) fu intrapresa in maniera intermittente dalla Germania tra il 1915 e il 1918 contro il Regno Unito e i suoi Alleati.
Il 7 maggio del 1915, l’U-boot U-20 tedesco aveva affondato il transatlantico inglese RMS Lusitania (Cunard Line) presso la costa irlandese. Delle 1.195 vittime, 123 erano civili americani. Nessuna tragedia dei mari e nessun episodio di guerra navale ebbero mai una risonanza e delle conseguenze mondiali così determinanti per l’intera umanità. Intorno alla fine di questo transatlantico, enorme e lussuoso, chiamato “il levriere dei mari”, divamparono le polemiche e si addensarono i misteri. Questo evento fece rivolgere l’opinione pubblica americana contro la Germania, e fu uno dei fattori principali dell’entrata in guerra degli Stati Uniti a fianco degli alleati durante la Grande Guerra, intervento che fu decisivo per la sconfitta della Germania.
IL QUADRO STORICO
Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale è riconducibile alla data del 28 giugno 1914, quando un irredentista bosniaco, Gavrilo Princip, attentò alla vita dell’arciduca d’Austria-Ungheria Francesco Ferdinando e della moglie, che si erano recati in visita a Sarajevo in occasione di una parata militare. Durante questo attentato i due consorti morirono. La situazione si fece incandescente e l’Austria-Ungheria chiese di svolgere delle indagini accurate in territorio serbo, dando quindi alla Serbia un ultimatum. Di fronte al rifiuto della Serbia per delle indagini in territorio nazionale, il 28 luglio 1914 l’Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia, avendo l’appoggio – nel corso del conflitto – della Germania. Si affermarono due alleanze che segnarono le sorti del conflitto: la TRIPLICE ALLEANZA tra Austria, Germania e Italia ( che però decise di dichiararsi neutrale) e la TRIPLICE INTESA tra Francia, Gran Bretagna e Russia.
TRIPLICE ALLEANZA tra Austria, Germania e Italia (che però decise di dichiararsi neutrale) e la TRIPLICE INTESA tra Francia, Gran Bretagna e Russia.
La guerra sul mare tra Gran Bretagna e Impero Tedesco fu anche una guerra economica. Il blocco navale britannico strinse la Germania in una morsa implacabile, strozzando le importazioni di materie prime e di generi alimentari. I tedeschi furono i primi a sfruttare le grandi potenzialità dei nuovi mezzi sottomarini: gli U-Boot. I tedeschi attaccavano le navi mercantili, anche di paesi neutrali, che portavano rifornimenti verso i porti dell’Intesa. Si trattò di un’arma molto efficace, che sollevò però gravi problemi politici e morali urtando in modo particolare gli interessi economici degli Stati Uniti.
Viene così attuata La guerra sottomarina indiscriminata.
Di cosa parliamo? Di un tipo di GUERRA NAVALE nella quale i sottomarini affondano senza preavviso navi mercantili. Poiché i sottomarini hanno una maggiore probabilità sia di distruggere il bersaglio sia di sopravvivere ai propri cacciatori, molti considerano la guerra sottomarina illimitata una sostanziale violazione delle convenzioni belliche, specialmente quando viene attuata contro navi di Paesi Neutrali in zona di guerra. D’altronde, qualora un sommergibile attaccante rispettasse la convenzione, cioè venisse a galla, intimando a un mercantile di fermarsi, il mercantile avrebbe molte più probabilità di affondarlo con colpi di pezzi di artiglieria nascosti o semplicemente di speronarlo.
LA PERDITA DELL’ANCONA rientra in questo tragico “quadro militare” che, come riportiamo sotto, porterà a registrare “statistiche relative ad affondamenti” sicuramente agghiaccianti in favore della Germania:
Il grande piroscafo italiano fu colato a picco dal siluro di un sottomarino tedesco al largo dell’isola di Marettimo.
Altri moderni transatlantici furono silurati nei mesi e negli anni successivi: il «Verona», il «Napoli», il «San Guglielmo», lo «Stampalia», il «Regina Elena», il «Principe Umberto», il «Duca di Genova». In cifre assolute, su 1.542 mila tonnellate di naviglio mercantile possedute al 30 giugno 1915 furono perduti 241 piroscafi per 716 mila tonnellate lorde, oltre 425 velieri per 104 mila tonnellate nette. Includendo anche le perdite per sinistri normali o non precisamente accertate, e le perdite di guerra precedenti la nostra entrata in conflitto, la flotta mercantile italiana denunciò il 4 novembre 1918 la perdita di oltre un milione di tonnellate lorde di naviglio, alle quali fecero compenso appena 178 mila tonnellate di navi costruite nei nostri cantieri e 73 mila tonnellate di navi acquistate all’estero.
Il 7 novembre 1915 venne silurata e affondata da un sottomarino austriaco al largo della Sardegna mentre trasportava 496 persone, delle quali 160 morirono.
La nave Ancona (foto sopra) fu costruita nel 1907 nei cantieri navali di Belfast, nell’Irlanda del Nord, per la Italia Società di Navigazione a Vapore.
Stazza Lorda: 8.188 tonn.
Lunghezza: 147 metri
Larghezza: 18.
Velocità: 16 nodi
Capacità Passeggeri: 2.560 passeggeri, di cui 60 in prima classe e 2.500 in terza.
Aveva un solo fumaiolo e due alberi.
Completato nel febbraio dell’anno successivo, salpò da Genova per il suo viaggio inaugurale il 26 marzo 1908.
Fu messo sulla rotta transoceanica Genova-Filadelfia, con scalo a Napoli, Palermo e New York trasportando migliaia di emigranti dall’Italia agli Stati Uniti d’America.
IL NAUFRAGIO DELL’ANCONA
Quando l’Italia, entrata ormai nella Prima guerra mondiale con l’INTESA, la nave passeggeri italiana ANCONA salpava da Napoli, era il 6 novembre 1915. Dopo una sosta nel porto di Messina per imbarcare altri emigranti, fece rotta per Gibilterra con destinazione New York con 446 persone e 163 membri dell’equipaggio.
La freccia rossa indica approssimativamente la posizione del relitto
La posizione esatta dell’affondamento è stata trovata consultando il libro di bordo del comandante Max Valentiner in cui erano riportate le coordinate del punto in cui avvenne il siluramento.
Il piroscafo si trova a 471 metri di profondità, in acque internazionali, tra la Sardegna, la Sicilia e la Tunisia: circa 90 miglia marine a ovest di Marettimo e 60 miglia a nordest di Bizerta.
La mattina dell’8 novembre quando la nave si trovava in allontanamento dalla Sicilia, nella posizione indicata dalla freccia rossa posta sulla cartina riportata sopra, fu avvistato dal sottomarino tedesco SM U-38 (battente bandiera austroungarica) il quale senza alcun segnale di preavviso iniziò a sparare numerosi colpi di cannone contro l’ANCONA che, per i danni subiti, fu costretta a diminuire notevolmente la velocità. Di questa situazione favorevole per la “mira” ne approfitto subito il sottomarino tedesco che lanciò un siluro che colpì il mascone di prua della nave italiana.
Immediatamente il Comandante diede ordine di ammainare le prime lance di salvataggio che, a causa dell’abbrivo ancora importante della nave, si rovesciarono durante la manovra, furono investite dalle onde e i passeggeri caddero in mare. Tutti coloro che non riuscirono ad abbandonare la nave morirono.
Da alcune testimonianze riportiamo:
“I naufraghi, soccorsi da varie imbarcazioni tra le quali il posamine francese Pluton, furono portati a Biserta, Malta e Ferryville. Una scialuppa con a bordo 13 naufraghi privi di vita dell’Ancona fu rinvenuta sulle coste dell’isola di Marettimo il 17 novembre. Complessivamente si contarono 206 morti, in maggior parte donne e bambini. Tra le vittime si contarono anche una decina di cittadini statunitensi”. Ci furono anche tredici sventurati giunti in una scialuppa e morti successivamente fra gli scogli di Marettimo a Cala Galera, trovati il 17 Novembre 2015. Quel luogo fu appellato dai marettimari come località “Omo morto”.
CONTRACCOLPI POLITICI
Il precedente siluramento del transatlantico LUSITANIA, avvenuto in acque irlandesi sei mesi prima dell’affondamento dell’ANCONA, non fece che aumentare lo sdegno e l’esecrazione degli americani per quel tipo di guerra sottomarina senza restrizioni dichiarata ed applicata dagli IMPERI CENTRALI.
Robert Lansing, all’epoca Segretario di Stato-USA, fece pervenire una forte protesta a Vienna. L’Austria ammise che il Comandante Max Valentiner, l’affondatore dell’Ancona, aveva interpretato erroneamente gli ordini ricevuti, non solo, ma che aveva scambiato la nave italiana per una nave da guerra precisando anche che l’U-38 aveva sparato 16 proiettili e non 100 come dichiarato dalle autorità italiane. Vienna aggiunse altresì che: l’alto numero di vittime era dovuto al rovesciamento delle scialuppe, colpa non di un’azione austriaca, ma del fatto che erano state calate mentre il piroscafo era in movimento.
Gli Stati Uniti ritennero insoddisfacenti le motivazioni austro-ungariche e nel dicembre 1915 chiesero al governo austriaco di “denunciare l’affondamento e punire il comandante dell’U-Boot responsabile”.
La Germania, allora preoccupata di mantenere la neutralità americana, consigliò Vienna di acconsentire alle richieste statunitensi, alla fine Vienna accettò di pagare un indennizzo e assicurò a Washington che il comandante dell’U-Boot sarebbe stato punito, anche se questa promessa non avrebbe avuto esito, dal momento che era un ufficiale tedesco. La vicenda si concluse con la richiesta del governo austro-ungarico chiese che i sottomarini tedeschi si astenessero dall’attaccare le navi passeggeri mentre battevano bandiera austriaca. La decisione della Germania nell’aprile 1916 fu quella di sospendere la guerra sottomarina senza restrizioni ponendo fine al dibattito.
SI APRE UN ALTRO FRONTE
Tuttavia sul caso ANCONA emerse ben presto un altro consistente fattore d’instabilità economica che interessava chi doveva recuperare una dozzina di casse d’oro che trasportava il piroscafo armato dalla società di Navigazione Italia di Genova e comandato dal capitano Pietro Massardo, che tuttora giace a 500 metri di profondità in acque internazionali, tra la Sardegna e la Sicilia.
IL GIALLO – A cosa serviva quel tesoro? Il Governo italiano dice che si trattava di regolari “pagamenti tra banche”. Due giornalisti d’inchiesta, Enrico Cappelletti e Vito Tartamella, sostennero in seguito che quei soldi servivano ad altro. E, precisamente, a pagare agli americani armi, cavalli e biada. Siamo nel 1915. L’Italia, pur essendo alleata di Austria e Germania, avvia trattative segrete con Inghilterra e Francia per rientrate in possesso di Istria e Trentino.
Quelle armi servono forse per prepararsi al conflitto? Lo si capisce ben presto il 23 maggio 1915, quando l’Italia dichiarerà guerra all’Austria.
Quasi un secolo dopo, la posizione ufficiale del Governo è che quei soldi sarebbero serviti ai pagamenti per la partecipazione dell’Italia all’Expo del 1915 a San Francisco. Qualunque sia il motivo della loro presenza su quel piroscafo, quelle dodici casse d’oro — che oggi valgono 50 milioni di euro — giacciono in fondo al mare e restano lì in pace fino al 1985, quando la Comex, società con sede a Marsiglia, scopre il relitto dell’Ancona.
A questo punto, al fine di capirci qualcosa di più, ci affidiamo al racconto di
FOCUS
l tesoro della nave Ancona può attendere. Il piroscafo, affondato nel 1915 da un sommergibile tedesco mentre trasportava 496 passeggeri e una tonnellata d’oro (valore: da 22 a 48 milioni di euro), resterà ancora a lungo nei fondali del Tirreno.
[Vito Tartamella, 4 febbraio 2010]
Nel 2007 una società statunitense, la Odyssey Marine Exploration, aveva depositato al Tribunale di Tampa (Usa) una richiesta per impossessarsi del relitto, che giace in acque internazionali a 471 metri di profondità.
Dopo un contenzioso legale di 3 anni con il governo italiano, lo scorso 6 gennaio il Tribunale statunitense ha congelato il caso: non si è pronunciato sulla titolarità del relitto, ma ha deciso che la Odyssey, se vorrà tentarne il recupero, dovrà avvisare le autorità italiane con almeno 45 giorni d’anticipo. Un’ipotesi, comunque, remota: nell’ordinanza è scritto nero su bianco che la Odyssey «non prevede nell’immediato di farlo». Dunque, il caso resta chiuso a tempo indeterminato.
Un colpo di scena per molti versi inspiegabile: nel 2007 la Odyssey aveva depositato al Tribunale di Tampa una tazza griffata “SOCIETA’ DI NAVIGAZIONE A VAPORE ITALIA” (la compagnia dell’Ancona) recuperata dal relitto usando “Zeus”, uno dei suoi robot subacquei. E aveva annunciato agli investitori (la Odyssey è quotata al Nasdaq) un possibile introito tra i 20 e i 60 milioni di dollari: quand’anche la nave fosse stata considerata appartenente all’Italia, la Odyssey contava comunque di incassare dal 10 al 25% del valore del tesoro recuperato.
Il mistero si infittisce
Ora, però, tutto rimane congelato, con buona pace della stessa Odyssey. Che, interpellata da Focus, ribadisce il proprio interesse per il relitto dell’Ancona ma si dice «impegnata su altri fronti, come il recupero della scatola nera dell’aereo delle Ethiopian Airlines, precipitato al largo di Beirut».
Eppure, l’incidente aereo è avvenuto il 25 gennaio scorso: 19 giorni dopo la sentenza in cui la stessa Odyssey affermava, appunto, di non programmare un ritorno immediato al relitto dell’Ancona.
La nostra inchiesta
Perché questo cambio di rotta? Contattato da Focus, il ministero degli Esteri (Direzione generale per la promozione culturale) preferisce non rilasciare commenti «vista la delicatezza della questione».
Ma Tullio Scovazzi, professore di diritto internazionale all’Università Milano-Bicocca, nonché consulente del ministero sul caso Ancona fino al 2009, parla esplicitamente di «vittoria per l’Italia: questa ordinanza evita il saccheggio del relitto».
Dunque, il caso è chiuso? «Per adesso sì» risponde Scovazzi. «Oltre alla Odyssey, nessun altro si è fatto vivo per reclamare la titolarità del relitto, che si trova in acque internazionali. A nostro avviso, il relitto è da considerarsi intoccabile da chiunque in quanto cimitero di guerra (nell’affondamento morirono 159 persone, ndr). Ma se la Odyssey dovesse decidere di tornare a recuperarlo, dovrebbe comunque fare i conti con l’Italia e con le ulteriori decisioni del Tribunale di Tampa, che dovrà riaprire il caso».
Guerra sottomarina
I primi a individuare il relitto erano stati in realtà i francesi della società Comex, nel 1986. E, da allora, come ha rivelato l’inchiesta di Focus pubblicata nel 2009 (sul n° 201), altre 3 società britanniche avevano tentato di accedere clandestinamente al relitto, usando benne sottomarine ed esplosivo, ma col solo risultato di danneggiare il piroscafo.
«Che la nave trasportasse un tesoro è tutto da dimostrare» obietta il professor Scovazzi.
«Forse interessano di più gli oggetti d’epoca che si possono trovare a bordo».
Relitto maledetto?
Ma l’oro dell’Ancona sembra ben più che una leggenda, visto che ha impegnato varie società in costose (quanto maldestre) missioni di recupero. «I documenti dell’epoca, in mio possesso, provano che l’Ancona trasportava 12 casse d’oro» conferma Enrico Cappelletti, ricercatore ed esperto di relitti. «Era il pagamento agli Usa per un carico di armi che il governo italiano aveva acquistato in segreto, per combattere l’Austria. Tant’è vero che la somma, 133mila sovrane d’oro stivate in 12 casse, era scortata dal segretario del ministero dell’Agricoltura, Ettore Spiaccacci. Il problema, semmai, è capire in quale punto dell’Ancona le avesse fatte nascondere il comandante della nave, Pietro Massardo».
Caccia al tesoro
E forse proprio qui sta la chiave dello stallo inatteso. A Focus, la Odyssey ribadisce che il proprio interesse legale verso l’Ancona «è ormai assicurato». Aggiungendo che «le nostre ricerche, tuttora in corso, dovrebbero aiutarci ad avere più dettagli sul carico a bordo dell’Ancona, per darci preziose informazioni che guideranno i nostri sforzi quando decideremo di tornare sul posto».
Un progetto, questo, che sembra comunque non interessare al governo italiano, conferma Scovazzi: «L’obiettivo dell’Italia è sempre stato quello di lasciare il relitto al suo posto». Col suo carico di tesori e di misteri.
RICERCA SULLA CARRIERA DEL SOTTOMARINO U-38
(Classe-Type: U-31)
Capitano Max Valentiner
Dicembre 1915 affondamento ANCONA
In Navigazione da New York to Italy
Kplt. Max VALENTINER
Fu il comandante dell’U-38
Dal 5 Dicembre 1914 – al 15 Settembre 1917
Il capitano Christian August Max Ahlmann Valentiner – comandante di sottomarino tedesco durante la prima guerra mondiale. Fu il terzo comandante di sottomarino della guerra con il punteggio più alto e fu insignito del Pour le Mérite per i suoi successi.
Wilhelm CANARIS
16 September – 15 November 1917
Wilhelm Franz Canaris (Aplerbeck, 1º gennaio 1887 – Flossenbürg, 9 aprile 1945) è stato un ammiraglio tedesco, a comando dell’Abwehr, il servizio segreto militare tedesco, dal 1935 al 1944.
Naviglio affondato dal SM U-38
(Un terribile RECORD)
134 merchant ships sunk
(287,811 Grt)
1 warship sunk
(680 tons)
4 auxiliary warships sunk
(4,643 Grt )
7 merchant ships damaged
(29,821 Grt )
1 warship damaged
(10,850 tons)
1 auxiliary warship damaged
(3,848 Grt )
3 merchant ships taken as prize
(3,550 Grt )
SM U-38 – Caratteristiche
Varato |
9 September 1914 |
Class and type |
German Type U 31 submarine |
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Displacement |
·685 t (674 long tons) (surfaced)·878 t (864 long tons) (submerged) |
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Length |
·64.70 m (212 ft 3 in) (o/a)·52.36 m (171 ft 9 in) (pressure hull) |
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Beam |
·6.32 m (20 ft 9 in) (o/a)·4.05 m (13 ft 3 in) (pressure hull) |
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Draught |
3.56 m (11 ft 8 in) |
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Installed power |
·2 × 1,850 PS (1,361 kW; 1,825 shp) diesel engines·2 × 1,200 PS (883 kW; 1,184 shp) Doppelmodyn |
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Propulsion |
·2 × shafts·2 × 1.60 m (5 ft 3 in) propellers |
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Speed |
·16.4 knots (30.4 km/h; 18.9 mph) (surfaced)·9.7 knots (18.0 km/h; 11.2 mph) (submerged) |
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Range |
·8,790 nmi (16,280 km; 10,120 mi) at 8 knots (15 km/h; 9.2 mph) (surfaced)·80 nmi (150 km; 92 mi) at 5 knots (9.3 km/h; 5.8 mph) (submerged) |
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Test depth |
50 m (164 ft 1 in) |
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Boats & landing
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1 dinghy |
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Complement |
4 officers, 31 enlisted |
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Armament |
·four 50 cm (20 in) torpedo tubes (2 each bow and stern)·6 torpedoes·one 8.8 cm (3.5 in) SK L/30 deck gun10.5 cm (4.1 in) SK L/45 from 1916/17) |
CARLO GATTI
Rapallo, 18 Aprile 2023