NAVE REDENZIONE

GARAVENTA

Una scuola sull’acqua

 

 

SCUOLA REDENZIONE GARAVENTA

ormeggiata di punta a Molo Giano. Sullo sfondo la Torre Piloti

Commentando le recenti manifestazioni antigovernative avvenute nel centro di Roma e, prima ancora, quelle del G.8 di Napoli e Genova, un autorevole personaggio della politica italiana ha urlato: “E’ una vera ipocrisia meravigliarsi per questi incidenti. L’Italia ha rinunciato ad educare i giovani  a partire dal 1968”.

Non c’è che dire! E’ una battuta d’effetto, anche se la colpa è sempre degli altri. Tuttavia, per associazione d’idee, ci è venuto in mente una specie di “avvertimento” che un tempo serviva per spaventare i ragazzi più irrequieti: Se non cambi t’imbarco sulla Garaventa!” e che oggi appare così lontana nel tempo da sembrare una favola.

C’era una volta una nave un po’ speciale che non portava merce varia e neppure petrolio, era un vecchio residuato bellico, senza cannoni e senza gloria. Il suo nome era: Nave Scuola Garaventa e ospitava i ragazzini “difficili” con l’intento di coniugare la “Vita di mare” e la “Redenzione sociale”, due realtà che sembrano distanti e inconciliabili perchè qualsiasi tipo di nave si regge innanzitutto sulla disciplina. Due temi, quindi,  lontani dall’immaginario collettivo che, ancora oggi, non riesce a trovare linee guida per la soluzione dei problemi che assillano i nostri giovani.

Ma questo fu il sogno dei Garaventa che videro in questo “singolare” progetto una concreta e reale possibilità di recupero della gioventù sbandata  alla ricerca di una vita diversa, migliore, lontana dal degrado sociale in cui viveva. Le iniziative socio-educative della famiglia Garaventa risalgono alla metà del ‘700, epoca in cui i governanti si disinteressavano completamente  delle famiglie bisognose e dei loro problemi quotidiani. Il primo di questa stirpe di filantropi nacque nel 1724 a Calcinara-Uscio da un’umile famiglia di contadini, si chiamava Lorenzo e studiò presso il Collegio dei Padri Gesuiti di via Balbi a Genova, a cura dei quali venne poi ordinato sacerdote.
La sua sensibilità fu presto catturata dalla dolorosa situazione di molti bambini che vagavano abbandonati per le strade e spesso finivano nella rete della malavita. Questa fu la molla che lo spinse a dedicare la propria missione a questi ragazzi ed al loro concreto e definitivo recupero sociale.
  Nel 1757 don Lorenzo appese alla finestra della sua abitazione  (piazza Ponticello) un cartello con la scritta: “Qui si fa scuola per carità”.  L’iniziativa fu accolta favorevolmente dalla popolazione ed ebbe subito molti allievi, tuttavia,  per sostenere  le spese del cibo e dei vestiti,  il don fu costretto a vendere il suo patrimonio, compresa la vendita di un terreno che aveva ereditato dai genitori.
 Quel sacrificio fu molto apprezzato dalla gerarchia ecclesiastica che iniziò a patrocinare l’opera del giovane sacerdote. Presto altre “scuole di carità” apparvero in più zone della città e furono rette da altri sacerdoti volenterosi.
  Per venticinque anni don Lorenzo si dedicò instancabilmente alla sua missione, finché si ammalò e morì il 13 gennaio 1783, poverissimo.
  Le sue scuole continuarono ad esistere fino al 1882 quando furono assorbite da quelle municipali istituite dal “Regolamento degli Studi” valido in tutto il Regno Sabaudo.

Buglioli, manichette, redazze, trombe… Ufficiali, istruttori e marinaretti pronti per le prove antincendio sulla Nave Scuola Redenzione Garaventa. Sullo sfondo svetta l’immancabile cilindro sul capo del prof. Nicolò Garaventa ed il motto della nave UBI CHARITAS IBI DEUS. (Dove c’è la carità, Dio è presente)

Il seme gettato da don Lorenzo, germogliò rigogliosamente nella mente di un altro Garaventa di nome Lorenzo (nella foto) – (Uscio, 1848Genova, 1917)- docente di matematica presso il Ginnasio-Liceo “Andrea D’oria” di Genova. L’educatore e filantropo costituì la Scuola Officina di Redenzione sul Mare, un Istituto di recupero per giovani difficili allestito su una nave-scuola, una sorta di collegio galleggiante equipaggiato appunto con i Garaventini. Ai suoi inizi, la scuola fu oggetto di accese polemiche sulla sua validità educativa, per poi essere con il tempo riabilitata e riconosciuta. Luigi Arnaldo Vassallo, noto giornalista dell’epoca che si firmava con lo pseudonimo di Gandolin, scrisse di N. Garaventa: “Prima lo definirono un vanitoso. Poi magari insinuarono che fosse un imbroglione. Indi lo qualificarono un ciarlatano. Adesso lo rispettano e riconoscono i benefici eloquenti della sua istituzione.”

I dodicimila garaventini

Si calcola che i giovani educati a bordo della nave-scuola istituita da Garaventa siano stati oltre dodicimila in 94 anni di attività. Molti di loro – oggi – aderiscono ad un’associazione di ex allievi patrocinata dall’Amministrazione Provinciale di Genova e della quale fanno parte anche Carlo Peirano, erede di Domingo Garaventa (figlio di Nicolò, morto nel 1943), comandante e padre spirituale della nave, ed Emilia Garaventa, pronipote del filantropo.

Una curiosità: cappellano della nave è stato a suo tempo anche un giovane Andrea Gallo, oggi sacerdote contro-corrente impegnato nel settore del volontariato e responsabile della comunità di recupero dalle tossicodipendenze di San Benedetto al Porto.

 

LE NAVI DEI GARAVENTA

Nicolò Garaventa, proprio come suo zio Lorenzo,  ebbe a cuore la situazione di tanti giovani di strada fino al punto che, abbandonato l’insegnamento, mise la sua esperienza e il suo impegno al loro servizio. Raccolti i primi reietti con lo scopo di allontanarli dal degrado sociale in cui vivevano, li condusse sulla spianata dell’Acquasola e, parlando in dialetto genovese per farsi meglio comprendere, offrì loro l’opportunità di redimersi iscrivendosi alla scuola marinara che da tempo aveva in mente di costruire.

Il filantropo realizzò il suo progetto dopo essere entrato in possesso di una vecchia nave militare che aveva notato tra le tante messe in disarmo dalla Marina Militare italiana. Nacque così il 1º dicembre 1883 la prima Scuola-officina per discoli, basata sui principi della vita di mare, della moralità e della religiosità cristiana. “Prevenire e redimere” fu il motto che guidò ogni giorno l’impegno di Nicolò Garaventa  nella ricerca di giovani sbandati inferiori ai 16 anni, pregiudicati o in procinto di divenirlo.

F.3 I Garaventini vivevano come veri marinai. Dall’alza bandiera, eseguita ogni giorno con musica e picchetto, all’ammaina: giornate di lavoro e di studio sotto una disciplina ferrea. Musica, pittura, pesca e voga erano le attività del tempo libero.

Nel 1892, in occasione dell’Esposizione Colombiana, i giovani marinai trasbordarono su una nave a vela più grande. In quegli anni,  i giovani restituiti alla vita sociale furono centosettantotto e in pochi anni salirono a un migliaio. Alla morte di Nicolò Garaventa, la direzione della scuola passò ai figli Domingo e Giovanni, già collaudati collaboratori, che portarono avanti la tradizione fino al 9 febbraio del 1941 quando, in seguito al bombardamento navale di Genova, la nave affondò e gli allievi vennero ospitati presso i collegi della città. Nel dopoguerra, grazie all’opera di un apposito Comitato per la Ricostruzione, la Marina Militare concesse l’ex posamine Crotone. Nel 1951 l’opera di addestramento dei giovani poté riprendere sotto il comando di Carlo Peirano, che dal 1939 ricopriva la carica di vice-comandante. Dopo essere stata dichiarata “Ente Morale” nel 1959, l’Istituzione proseguì l’attività con la sua ultima  nave fino al 1975 per essere poi definitivamente chiusa, dopo un breve commissariamento. Una parte del personale impiegato nel recupero dei minori a rischio passò all’Istituto Davide Chiossone e alle nascenti comunità-alloggio e case-famiglia gestite da gruppi di volontariato.

Il modello “nave scuola” ebbe diversi epigoni sia sul territorio nazionale (Anzio, Napoli, Cagliari e Venezia), sia all’estero (Cile, Brasile, Inghilterra, Olanda, Ucraina). Questa è stata, dal 1883 al 1977, la nave-scuola Garaventa: rifugio e luogo di riabilitazione per giovanissimi liberati dal carcere, per figli di detenuti, prostitute e per orfani di pace e di guerra.


F.5 Porto di Genova nel 1969. La nave scuola “Garaventa” ormeggiata a Calata Gadda. E’ nel cuore del porto, che monelli traviati o abbandonati tra i 10 ed i 17 anni, a bordo dell’ex posamine “Crotone” (nella foto), trovavano la loro casa, nella quale i loro spiriti ribelli venivano spenti e forgiati in vista della lunga navigazione della vita.

Ritornando al discorso iniziale, non siamo affatto sicuri che  i ragazzi violenti, messi in discussione dai recenti disordini, siano più numerosi e pericolosi di altri soggetti più famosi che praticano giornalmente violenze meno visibili ma altrettanto  invasive. Comunque sia, nell’attesa di un improbabile ritorno della Garaventa, auguriamo a questa teppaglia sicuramente recuperabile, un lungo imbarco sulle tante petroliere che circolano per i sette mari, dove le “teste gloriose” sono raddrizzate automaticamente dai colpi di mare, dalla solitudine, dalla salsedine, dalla lontananza degli affetti, dalla mancanza di discoteche, di droghe  e beni  pubblici e privati da rubare e distruggere…

Alla storia della Garaventa è dedicata una sezione del museo multimediale allestito all’interno della Lanterna di Genova.

Carlo GATTI

Rapallo, 20.06.11