NAVIGARE TRA I GHIACCI
TESTIMONIANZE DI VITA VISSUTA …
Comandante S.L.C Mario Terenzio PALOMBO
Ho visto e letto con interesse il tuo inserimento “navigare tra i ghiacci”.
Mi è tornata in mente la mia esperienza effettuata, la prima con la Home Line e grado da Primo Uff.le nel lontano 1974, la seconda da comandante nel 1999.
Ti allego la foto del Costa Allegra nel Magdalene Fjord. Nel 1974, a causa dei numerosi e piccoli iceberg (growlers) non si poteva entrare facilmente all’interno del Fiordo. Nell’estate del 1999, la Costa mi affidò il comando della Costa Allegra per verificare se le crociere della Norvegia, Svalbard e banchisa polare potevano essere fattibili con navi di un tonnellaggio superiore.
Dopo una sosta negli scali di Longyrearbyen e Ny-Alesund la tappa successiva era a Magdalene Fjord.
A Ny-Alesund avevamo imbarcato due guardie forestali nel caso si potessero sbarcare i passeggeri.
Infatti, come vedi dalla foto che ti allego, rispetto al 1974, le cime dei monti non erano molto innevate, i growlers erano veramente pochi e si potevano evitare. Ero riuscito a navigare sino alla radice del fiordo, rimanere sulle macchine, sbarcare i passeggeri utilizzando una piattaforma galleggiante che avevamo costruito a bordo e sistemata a terra. I passeggeri sbarcavano dal nostro Tender, facevano alcune foto, subito dopo rientravano a bordo, ben contenti di aver messo piede nel punto più alto della terra. Lat. 79° 34′ N long. 10° 54′ E. Le due guardie forestali osservavano la zona in caso della possibile vicinanza di orsi polari. La crociera fu un successo!
Comandante S.L.C. Ernani ANDREATTA
In riferimento all’impresa del Laura Bassi in Antartico, ho anch’io qualche ricordo dei ghiacci nei mari del Nord ma in “Artico”!
Rotte approssimative della GULF STREAM
Immagini satellitari del Golfo di Botnia
Libero dai ghiacci (sopra)- Quasi ricoperto (sotto)
Ho fatto parecchi viaggi in inverno al Comando della petroliera TEXACO OHIO nel Golfo di Botnia per andare a scaricare Low Sulphur Fuel. Andavamo sino a LULEÅ nella parte NORD della Svezia e sono stati viaggi straordinariamente interessanti. Il mare del Golfo di Botnia anni fa almeno, in inverno era sempre molto ghiacciato perché non viene toccato dalla corrente (CALDA) del Golfo (o GULSTREAM) che dopo aver attraversato l’Atlantico lambisce poi le coste della Norvegia e parte della Svezia, nonchè Danimarca e non fa ghiacciare il mare nonostante le basse temperature. Dopo le isole Åland cominciavamo a trovare il ghiaccio che diventava sempre più spesso. Ma avevamo un rompighiaccio che sempre a proravia della nostra nave frantumava la spessa coltre di ghiaccio e ci tracciava come una autostrada in modo che potessimo navigare sino a LULEÅ. A Luleå davamo solo un cavo a prora e uno a poppa senza nemmeno gli SPRING per tenere la nave in posizione all’ormeggio. Il ghiaccio, appena in posizione in banchina, ci attanagliava subito e nessuno poteva muoverci se non quando alla partenza, dopo avere scaricato il LOW SULPHUR FUEL, il rompighiaccio andando su e giù frantumava il ghiaccio che ci imprigionava sino poi a tracciare di nuovo la strada affinché potessimo seguirlo e uscire dal Golfo di Botnia. Il problema era quando qualche grosso peschereccio che si infilava nella nostra “AUTOSTRADA” tracciata dal rompighiaccio e dovevamo fare acrobazie per scartarlo e non affondarlo. A volte mi passavano di poppa a pochi centimetri, non metri …. Sia all’andata che al ritorno a seconda del galleggiamento la nostra carena aveva il colore “argento” perché durante la traversata di andata e ritorno da Lulea i pezzi di ghiaccio rotti picchiavano nella nostra carena e a seconda del galleggiamento la “lucidavano” nel vero senso della parola. Il freddo e il ghiaccio in coperta erano terribili e naturalmente il nostro prezioso carico di LOW SULPHUR FUEL andava sempre riscaldato attraverso le apposite serpentine di vapore che erano sul fondo delle cisterne. Non era una navigazione molto normale ma in mezzo ai ghiacci si ha l’impressione di navigare in un altro modo “quasi fatato” … e vi garantisco che era bellissimo!
Saluti a tutti Ernani Andreatta
Comandante Carlo GATTI
Quando la “guardia” in navigazione si faceva sulle alette…
In copertina: la “SATURNIA” in tenuta polare durante una delle traversate dell’inverno Nord Atlantico – 1963
D.M. PINO SORIO
Aurora Boreale
Rian
The crew of U.S. Coast Guard Cutter Healy and the Geotraces science team have their portrait taken at the North Pole Sept. 7, 2015. Healy reached the pole on Sept. 5, becoming the first U.S. surface vessel to do so unaccompanied. Healy is underway in support of Geotraces, an international scientific endeavor to study the geochemistry of the world’s oceans. (U.S. Coast Guard photo by Petty Officer 2nd Class Cory J. Mendenhall)
Australian I.B. AURORA AUSTRALIS
Towing trough the Cheasepeake Bay-Ice
Arthur-M-Anderson-rescue 2
Kaleen- MacAllister
USGC Icebreaker
Icebreakers meeting
Sisu
COME NASCE UN ROMPIGHIACCIO
Le foto sotto si riferiscono ai tre rimorchiatori rompighiaccio costruiti in Romania e dei quali il D.M. di Rapallo PINO SORIO ha seguito tutta la loro costruzione, dal taglio della prima lamiera alle prove nel Mar Nero – le prove di rottura dei ghiacci nel Mar Caspio – la loro consegna all’armatore russo.
Sopra e sotto – NEW AKER ICEBREAKER
H740-Mangystau
Rompighiaccio MANGYSTAU-2 – Prove antincendio nel Mar Nero
NAVIGARE TRA I GHIACCI – 1
https://www.marenostrumrapallo.it/ghiacci/
di Michele GAZZALE
NAVIGARE TRA I GHIACCI -2
https://www.marenostrumrapallo.it/ghiacci-2/
di Maurizio BRESCIA
NAVIGARE TRA I GHIACCI – 3
ROMPIGHIACCIO ATOMICO AL POLO NORD
https://www.marenostrumrapallo.it/ghiacci-3/
di Pino SORIO (contiene il curriculum vitae dell’autore)
NAVIGARE TRA I GHIACCI – 4
STAZIONE PILOTI GÄVLE- BÖNAN – GOLFO DI BOTNIA
https://www.marenostrumrapallo.it/gaevle/
di Carlo GATTI
In crociera sulla nave rompighiaccio
https://www.nauticareport.it/dettnews/report/in_crociera_sulla_nave_rompighiaccio-6-8060/
ICEBERG – Un pericolo sotto controllo?
https://www.marenostrumrapallo.it/ice/
Per chi vuole saperne di più …. Riportiamo dal WEB:
LA BANCHISA
Immagine satellitare della Scandinavia in inverno. Visibili il golfo di Botnia e il Mar Bianco coperti dalla banchisa.
La banchisa, detta anche ghiaccio marino, banchiglia, è una massa di ghiaccio galleggiante, dallo spessore raramente superiore ai 3m, che si forma nelle regioni polari a causa delle basse temperature che provocano il congelamento delle acque marine superficiali.
La banchisa si forma quindi per il congelamento dell’acqua dell’oceano che, essendo salata, ghiaccia a circa -1.8 °C: il ghiaccio che ne scaturisce è comunque insapore, costituito da acqua non salata, in quanto durante il processo di congelamento i Sali minerali restano in soluzioni, lasciando che a congelare sia semplicemente l’acqua pura.
Le banchise più grandi si trovano nel Mar Glaciale Artico intorno all’Artide e nel Mar Glaciale Antartico attorno all’Antartide, dove sono permanenti, crescendo d’inverno e riducendosi d’estate. Nel Baltico, nella Baia di Hudson e in altre zone costiere dell’emisfero settentrionale, invece, la banchisa compare d’inverno e svanisce in primavera-estate.
Dalla banchisa non derivano gli iceberg: questi ultimi, infatti, hanno origine dalle piattaforme di ghiaccio galleggianti che, dalla costa, si protendono nel mare. Gli iceberg, alti anche molte decine di metri, derivano pertanto dalla neve compatta dei ghiacciai e quindi dall’acqua dolce continentale e non dal ghiaccio di origine marina della banchisa, alta per contro solo pochi metri.
A causa delle enormi quantità di acqua e della loro superficie, il comportamento delle due grandi banchise artica e antartica ha notevole importanza sulla circolazione termoalina e più in generale sui cambiamenti climatici, sia come indicatori di processo sia innescando processi di retroazioni.
Il ghiaccio a frittelle è la banchisa che è stata compressa dall’azione esercitata dalle onde su una sorta di nevischio dall’apparenza oleoso («frazil ice»), a sua volta generato a partire dai piccoli cristalli lenticolari. Le placche di questo giovane ghiaccio di un solo anno di vita raggiungono 1,5m-2m di spessore
Anche se essa si forma su qualunque mare in cui la temperatura scenda sotto i -1,8 °C, quando si parla di banchisa quasi sempre si fa riferimento alle due grandi banchise polari: quella situata nell’Artico e quella situata intorno all’Antartico.
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La Banchisa Artica raggiunge a marzo i 15 milioni di km² mentre a settembre scende a 6,5 milioni di km². Da qualche anno perde un po’ della sua estensione ad ogni ciclo, fatto che viene attribuito al riscaldamento globale e che potrebbe portare nel tempo alla sua scomparsa nel periodo estivo.
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La Banchisa Antartica si riduce fortemente nell’estate australe, riformandosi in inverno e raggiungendo una estensione pari a quella del continente antartico: in settembre raggiunge i 18,8 milioni di km² mentre in marzo scende a soli 2,6 milioni di km².
Tipi di banchisa
Ci sono due tipi di banchisa:
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quella detta ghiaccio fisso (da non confondere con le piattaforme di ghiaccio galleggianti) ovvero la banchisa attaccata alla costa, agganciata ad essa oppure impigliata nei fondali bassi della piattaforma continentale. A differenza della banchisa alla deriva, essa non si muove sotto la spinta delle correnti marine e dei venti.
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quella alla deriva, che galleggia liberamente e consiste di lastroni di ghiaccio che fluttuano sulla superficie dell’acqua in balia delle correnti marine e dei venti dando vita spesso a canali navigabili: quando è unita insieme a formare grandi masse viene chiamata pack. Essa può muoversi liberamente o venire bloccata dalla banchisa attaccata alla costa.
Formazione
Il motivo principale della formazione della banchisa è il congelamento della sua superficie, essendo le precipitazioni nevose molto scarse nelle regioni polari, permanentemente interessate dalle alte pressioni del vortice polare. L’acqua si congela in superficie e non sul fondo del mare, dove non raggiunge mai temperature sufficientemente basse, stante il suo elevato calore specifico e, di conseguenza, la sua scarsa propensione a variare la temperatura. Essa comincia a solidificare a -1,8 °C e non a 0 °C come avviene per l’acqua pura a causa della sua salinità che ne diminuisce il punto di fusione. Si formano dapprima piccoli cristalli lenticolari di acqua pura (il sale rimane in soluzione), i quali vanno via via unendosi, formando un aggregato di ghiaccio.
Navigazione
La banchisa ovviamente costituisce un ostacolo alla navigazione marittima, possibile solo nel caso di pack cioè banchisa spezzata attraverso i canali navigabili formatisi e con scafi sufficientemente robusti o attraverso le cosiddette navi rompighiaccio che a seconda della loro potenza propulsiva e opportuni scafi sono in grado di spezzare la banchisa fino a qualche metro di spessore. Non è infrequente che qualche nave in navigazione (es. navi di ricerca scientifica e a volte gli stessi rompighiaccio) nei mari polari rimanga intrappolata tra i ghiacci alla deriva o in formazione.
Fusione della banchisa
Inoltre il ghiaccio bianco della banchisa, sebbene sottile, è molto riflettente, contribuendo significativamente all’albedo del nostro pianeta, ossia alla quantità di radiazione solare che viene rispedita nello spazio per riflessione, rappresentando uno dei parametri climatici più importanti. Di conseguenza, la diminuzione stagionale o durante le fasi interglaciali dell’albedo ai poli, per effetto dello scioglimento della banchisa, comporta una minor riflessione dei raggi solari con effetto di feedback positivo e quindi un ulteriore riscaldamento. All’opposto durante la formazione invernale e le ere glaciali, all’aumento dei ghiacci corrisponde un aumento dell’albedo che aumenta la riflessione facendo diminuire la temperatura con effetto di feedback positivo e conseguente ulteriore aumento dei ghiacci.
Una funzione importante delle banchise, assieme alle calotte polari, è quella di fungere da regolatori termici degli oceani e del clima terrestre sul medio e breve periodo in quanto l’eventuale fusione del ghiaccio assorbe una quantità di calore pari al cosiddetto calore latente di fusione e viceversa nella sua formazione, agendo dunque da feedback negativo.
Lo scioglimento dei ghiacci delle banchise polari, diversamente da quanto si crede, non porterebbe invece ad alcun aumento del livello dei mari e oceani, in quanto si tratta di ghiaccio galleggiante su una superficie liquida e che ha un maggior volume della rispettiva acqua liquida in esso contenuta, facendo innalzare il livello dell’acqua per spinta di galleggiamento, mentre il suo eventuale scioglimento porterebbe invece ad una diminuzione del volume complessivo in assenza di tale spinta, come accade per un cubetto di ghiaccio in un bicchiere riempito con liquido. Diverso invece è il caso delle Calotte glaciali (Antartide e Groenlandia)) e dei ghiacciai che invece poggiano sulla crosta terrestre.
Pur tuttavia lo scioglimento o meno delle banchise polari rappresenta un fenomeno che può essere correlato con la temperatura globale di oceani e atmosfera sia nel breve periodo (stagionale) sia nel lungo periodo (trend climatico) rappresentando un indicatore di possibili eventi meteorologici e mutamenti climatici.
CATEGORIE DI ROMPIGHIACCIO
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e agg. inv. [sec. XIX; impt. di rompere ghiaccio]. Ciascuna delle unità speciali, dette anche navi rompighiaccio, destinate a operare aprendosi un varco fra i ghiacci. Le navi rompighiaccio sono state concepite allo scopo di favorire la navigazione nei mari glaciali, aprendo rotte lungo le coste settentrionali dall’Alaska all’Europa alla Siberia, e in quei mari (o quei laghi) che durante l’inverno gelano (per esempio il Baltico).
Tecnica: criteri costruttivi
Il primo rompighiaccio, l’Ermak, venne ideato dal russo S. O. Makarov nel 1898 secondo criteri costruttivi e operativi ancor oggi adottati: lo scafo presenta strutture particolarmente robuste lungo la linea di galleggiamento (per resistere alle spinte laterali di compressione dei ghiacci) e a prora, zona di impatto con i ghiacci; ha basso rapporto lunghezza-larghezza (fra 4 e 4,6 in media), il che dà alla nave forme tondeggianti, le più idonee per formare un canale fra i ghiacci; l’inclinazione della ruota di prora è studiata per la specifica funzione che svolge il rompighiaccio e ha, quindi, un piè di ruota molto robusto e a ripida inclinazione in modo da facilitare il disimpegno dai ghiacci. I moderni rompighiaccio sono attrezzati con casse di zavorra laterali le quali permettono alla nave, facendo circolare acqua da un lato all’altro, di oscillare e quindi di liberarsi dalla morsa dei ghiacci. I rompighiaccio debbono avere una notevole autonomia e un complesso di attrezzature e servizi di bordo idonei alle particolari condizioni di lavoro e di navigazione: in particolare sono dotati di apparati motore Diesel-elettrici, che hanno grande elasticità di funzionamento e bassi consumi; di un’alta coffa provvista di un duplicato degli strumenti di governo della nave e, sulle navi più grandi, di uno o più elicotteri; di lanciabombe o di cannoni per abbattere eventuali ostacoli rappresentati da ammassi di ghiaccio; di specializzati servizi di soccorso e pronta assistenza e di perfezionati apparati per la navigazione e il rilevamento dei ghiacci anche in condizioni di visibilità nulla. L’alta coffa e gli elicotteri sono essenziali sia per individuare ostacoli sia per indirizzare la nave lungo la rotta ottimale: i rompighiaccio, infatti, debbono aprirsi un varco il più rettilineo possibile ed entro il minore spessore di ghiaccio; le navi più piccole lavorano per urto, fendendo il ghiaccio con la prora a mo’ di cuneo; quelle maggiori agiscono, se necessario, spaccando i lastroni col proprio peso, cioè sormontandoli di prora. Se il ghiaccio ha spessori superiori ai 2,5 m si deve operare con entrambi i metodi eseguendo una successione di manovre a “lisca di pesce”, se del caso indebolendo la massa con lancio di cariche esplosive. Essenziale, per il compito che devono svolgere i rompighiaccio, è un elevato rapporto tra la stazza e la potenza motrice: alla nave, infatti, è richiesta la possibilità di manovra in acque ristrette, un’elevata accelerazione per ottenere il massimo abbrivio in poco spazio, una potenza di trazione all’indietro pari a quella in avanti. Le prestazioni di un rompighiaccio hanno portato alla realizzazione di eliche appositamente studiate per le manovre di attacco ai ghiacci: esse hanno diametro moderato, con elevato rapporto del passo col diametro; sono di norma a tre pale ampie, corte e robuste, fatte in acciaio speciale a elevata resistenza; sono sempre del tipo a passo variabile. Le eliche sono sistemate in un’ampia luce diametrale rispetto alla carena per evitarne il bloccaggio a causa del ghiaccio; vengono poste di solito due a poppa e una a prora, oppure tre a poppa, con quella centrale di potenza doppia rispetto alle altre due; l’elica di prora offre il vantaggio di facilitare la rottura dei ghiacci per effetto della depressione causata sotto di essi in seguito al moto di aspirazione dell’acqua; di contro è più soggetta a danni proprio per la sua posizione in avanti.
Classificazione: categorie e prestazioni
I rompighiaccio sono distinti in tre categorie: per acque interne, per zone costiere e spessori di ghiaccio non superiori a 1,5 m, per mari glaciali e spessori di ghiaccio oltre i 2,5 m; i primi hanno stazza massima fino a 4000 t e potenze fino a 10.000 CV; i secondi stazza fino a 8000 t e potenze anche superiori ai 14.000 CV; i terzi hanno stazza superiore alle 10.000 t e potenze superiori ai 20.000 CV; viene anche impiegata la propulsione nucleare, sia con impianti turboelettrici (rompighiaccio della classe Lenin, stazza 16.000 t, potenza 56.000 CV), sia con impianti turboriduttori, come nei più recenti rompighiaccio delle classi Arktika e Sibir; questi ultimi hanno rispettivamente lunghezze di 152 e 165 m, larghezze di 23 e 28 m, immersione di 8 e 9,2 m; le stazze sono rispettivamente di 25.000 e 28.000 t mentre la potenza viene fornita da coppie di reattori nucleari con turboreattori ciascuno di 36.000 e 40.000 CV rispettivamente; questi rompighiaccio nucleari hanno un’autonomia operativa di oltre tre anni e capacità di aprire un canale largo 30-40 m nei ghiacci con spessore fino a 4 m, navigando alla velocità di 4-6 nodi. L’incremento del traffico lungo rotte commerciali in mari ghiacciati per parte dell’anno e lo sfruttamento di risorse minerarie, specialmente petrolio, nell’area del Mar Glaciale Artico, ha portato alla realizzazione di navi passeggeri e da carico (alla rinfusa e petroliere) abilitate alle funzioni di rompighiaccio; tali navi presentano prora e carena analoghe a quelle dei rompighiaccio, mentre il loro apparato motore, di norma costituito da turbine a gas, fornisce potenze doppie rispetto a navi di uguale stazza; esse operano la rottura del ghiaccio mediante il loro peso, cioè sormontandolo. Il primo traghetto entrato in servizio, il finlandese Finnjet, ha una stazza di 23.000 t e una potenza motrice di 75.000 CV, che gli consente di procedere in mare libero da ghiacci alla velocità di crociera di oltre 30 nodi e in mare ghiacciato con spessore fino a 1 m a oltre 6 nodi. Varie sono le navi cisterna oggi in servizio sulle rotte polari, alcune delle quali con stazza superiore alle 100.000 t: esse hanno apparati motori di oltre 200.000 CV e sono in grado di transitare quasi tutto l’anno tra i ghiacci, che frantumano grazie al loro rilevante peso. Oltre ad alcune navi portarinfuse, come l’Arctic canadese da 35.000 t di stazza e potenza installata di 105.000 CV, vi sono anche navi da guerra in grado di operare quali rompighiaccio, come gli incrociatori nucleari lanciamissili russi della classe Kiev.
I appartenenti alla classe Arktika (progetto 10520 secondo la classificazione russa) costituiscono la spina dorsale della flotta rompighiaccio russa. Si tratta delle più grandi unità del loro tipo esistenti oggi al mondo. Queste navi presentano alcune differenze tra loro, essendo state varate in un periodo di circa 30 anni. In generale, comunque, le unità più moderne sono più grandi e veloci, e richiedono un equipaggio meno numeroso.
I rompighiaccio classe Arktika hanno il doppio scafo. Lo scafo esterno ha uno spessore di 48 mm nelle parti in cui deve rompere il ghiaccio, ed uno spessore minimo sempre rispettato di 25 mm. Inoltre, tra lo scafo esterno e quello interno c’è una zavorra d’acqua, che può essere spostata per aiutare la nave durante le operazioni di rottura. Queste operazioni sono inoltre facilitate da un sofisticato sistema di aria compressa, in grado di liberare nove getti d’acqua a 24 m³/s sotto la superficie. Alcuni esemplari hanno inoltre sullo scafo un rivestimento polimerato per ridurre l’attrito. La grande potenza, nonché le dimensioni di queste unità, permettono loro di rompere il ghiaccio in maniera continuativa navigando sia in avanti, sia all’indietro. La potenza dell’impianto propulsivo è tale che i rompighiaccio della classe Arktika, durante la navigazione, utilizzano un solo reattore. L’altro è tenuto di riserva.
Tuttavia, la grande potenza dei reattori è anche un limite all’operatività di queste navi. Infatti, per mantenere i reattori alla giusta temperatura, sono costrette a navigare in acque fredde: per questa ragione, non possono superare i tropici per dirigersi nell’emisfero meridionale.
Alcune navi sono in grado di imbarcare uno o due elicotteri. Estremamente completo è l’apparato di comunicazione imbarcato, che consente la ricezione di email, e permette di comunicare con il mondo grazie al satellite. Inoltre, a bordo sono presenti anche telefono e fax.
Vi sono alcune unità di questa classe, poi, che sono particolarmente attrezzate per il turismo artico (in particolare le ultime). La dotazione “turistica” prevede piscina, sauna, cinema, palestra, infermeria e libreria. Inoltre, nel ristorante di bordo, c’è un bar ed attrezzature per concerti dal vivo. Infine, sullo Yamal c’è anche un campo da pallavolo.
Il servizio
Tutte le unità sono state costruite nei cantieri navali di San Pietroburgo. Ne sono state varate sei, di due versioni (progetto 10520 e progetto 10521). Tra le varie unità ci sono diverse differenze, visto il lungo arco di tempo (circa 30 anni) che ha separato il varo della prima e dell’ultima unità della classe. In generale, si può dire che le unità più moderne sono le più grandi e veloci, richiedono meno equipaggio e sono più attrezzate per il turismo artico.
Oggi, le due unità più vecchie non sono operative. Questo sia a causa di problemi legati all’età (hanno circa 30 anni), sia per problemi economici. Infatti, visto l’attuale volume di traffico nell’Artico, non è conveniente tenere operative ben sei navi di questo tipo. Di conseguenza, sono prevedibili tagli nell’organico e, vista l’età degli esemplari più anziani, è probabile che saranno questi i primi ad essere posti in disarmo.
L’ultimo esemplare entrato in servizio, il 50 Let Pobedy
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NS Arktika: entrato in servizio nel 1975, è stata la prima nave di superficie al mondo a raggiungere il Polo Nord (17 agosto 1977). Attualmente non è operativo, ed è ormeggiato ad Atomflot per riparazioni. Tra le altre cose, i reattori nucleari e le turbine devono essere completamente revisionate perché non soddisfano gli standard di sicurezza stabiliti per i reattori nucleari più recenti dei rompighiaccio. I reattori della Arktika hanno oltre 150.000 ore di servizio, ed occorre valutare se vi sono margini per altre 25.000 o più ore.
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NS Sibr: entrato in servizio nel 1977, attualmente è fermo ad Atomflot. Tuttavia, i motivi stavolta non sono tecnici, ma economici: se non ci sarà un significativo aumento del trasporto nell’Artico, sarà posto in disarmo.
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NS Rossiya: entrato in servizio nel 1985, è stato il primo rompighiaccio atomico sovietico a portare a bordo cittadini non appartenenti a Paesi comunisti (40 tedeschi occidentali nel 1990). Revisionato nel 2004, è in grado di trasportare due elicotteri.
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NS Sovetskiy Soyuz: entrato in servizio nel 1990, nel 1998 rimase intrappolato per tre giorni nei ghiacci. Prese parte alla spedizione del 2004 nel cuore dell’Artico per misurare gli effetti dei cambiamenti climatici. Un operatore turistico lo ha in listino per crociere al Polo Nord.
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NS Yamal: entrato in servizio nel 1993, è molto usato per spedizioni turistiche e scientifiche. Ha 50 cabine per i passeggeri, ed imbarca un elicottero. L’equipaggio è di 150 uomini. È stata la dodicesima nave di superficie ad aver raggiunto il Polo Nord.
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NS 50 Let Pobedy: si tratta dell’ultima unità della classe costruita (Progetto 10521). La sua costruzione è iniziata nel 1989. Il nome iniziale era NS Ural, ma in seguito è stato rinominato NS 50 Let Pobedy (letteralmente: 50º Anniversario della Vittoria). L’intenzione era farlo entrare in servizio nel 1995, in occasione, appunto, del 50º anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale. Lo scafo è stato varato nel 1993, ma l’allestimento fu sospeso poco tempo dopo per motivi economici. La costruzione è ripresa nel 2003, e la nave è stata completata all’inizio del 2007. Le prove in mare si sono svolte dal primo febbraio nel Golfo di Finlandia. Il viaggio inaugurale, verso Murmansk, si è svolto nel mese di marzo. Durante il viaggio è emersa la grande manovrabilità della nave, nonché la sua alta velocità (21,4 nodi). La nave è arrivata l’11 aprile 2007. La nuova nave è molto diversa rispetto alle precedenti. Infatti, è stato aggiunto un modulo ambientale per il trattamento dei rifiuti che ha allungato lo scafo di 9 metri, aggiunti ai 159 che già c’erano: ora, è la più grande dei rompighiaccio classe Arktika, e quindi, la più grande del mondo. L’equipaggio è di soli 138 uomini, e può imbarcare due elicotteri Ka-32. Inoltre, è dotata di tutti i comfort per le crociere nell’Artico.