LA TRAGEDIA DEL VELIERO PAMIR
… vittima dell’uragano CARRIE!
21 settembre 1957
Acquerello di Richard Howard Penton (noto anche come professionista Howard Penton) 1882-1960. Un membro fondatore del Wapping Group of artists fondato nel 1946, che tuttora esiste attivamente, osservando e dipingendo il fiume Tamigi. Questo acquerello datato intorno al 1949 mostra il Pamir, una nave da addestramento per velieri tedeschi, che lascia Wapping a Londra.
Copertina del settimanale “La Domenica del Corriere” del 6 ottobre 1957. Il disegno di Walter Molino illustra in modo efficace il naufragio del PAMIR.
PREMESSA
Nel suo ultimo viaggio commerciale via Capo Horn, avvenuto nel 1949 battente bandiera finlandese, il PAMIR aveva un equipaggio di 34 persone. Gli ufficiali erano cinque (comandante, primo ufficiale, secondo ufficiale, terzo ufficiale e nostromo), 14 marinai esperti, 5 marinai semplici e 5 mozzi di coperta, cuoco, assistente di cucina, cameriere e aiuto cameriere e infine un meccanico.
Alla fine degli anni ’40, i tempi erano definitivamente cambiati sotto la spinta tecnologica della Seconda guerra mondiale, i grandi windjammer giacevano per lo più in disarmo nei porti nord-europei.
Tuttavia, alcuni di loro ebbero il compito di tramandare l’ARTE DELLA MARINERIA VELICA alle nuove generazioni di marinai e ufficiali di mezzo mondo; purtroppo, la nuova era delle TALL SHIPS iniziò in modo regolamentato ed in sicurezza, soltanto dopo la tragedia del PAMIR.
Ancora una volta il cambiamento, il progresso e l’evoluzione tecnologica, furono pagati in anticipo con un prezzo altissimo in termini di vite umane.
Il Memoriale del PAMIR nella chiesa di San Giacomo -LUBECCA mostra una delle scialuppe di salvataggio che portò in salvo 5 superstiti del naufragio.
Placca commemorativa dedicata alla Nave a Palo (Four Masted Barque) tedesca PAMIR
Si trova sul lungomare di Wellington in Nuova Zelanda.
A 61 anni dalla tragedia del famoso veliero-scuola PAMIR è doveroso un ricordo alla memoria del comandante Johannes Diebitsch e dei suoi ufficiali, marinai ed allievi che perirono nel naufragio, avvenuto nell’oceano Atlantico a causa del violentissimo uragano “Carrie”. Il veliero aveva un equipaggio di 86 uomini e solo sei di essi si salvarono.
LA STORIA DEL PAMIR (sintesi)
I veliero PAMIR fu costruito nei Cantieri Navali Blohm & Voss di Amburgo.
Varato: il 29 luglio 1905 – Scafo in acciaio. – Stazza L.: di 3.020 tonn –
Lunghezza fuori tutta: 114,5 mt – larghezza: 14 mt – Pescaggio: 7,25 mt.
Dei quattro alberi, tre erano alti 51,2 mt – Larghezza del ponte principale: 28 mt.
Superficie velica: 3.800 m² – Velocità massima 16 nodi – Velocità di crociera 9 nodi.
La nave a Palo (quattro alberi) PAMIR fece parte della flotta: Flying P-Liner – Compagnia di navigazione tedesca F.Laeisz.
(Tutte le navi di questa Compagnia avevano come iniziale la lettera P. (Pamir-Passat-Padua-Peking-Pudel-Potosi…)
Il 18 ottobre 1905 entrò in linea e fu utilizzata dalla società Laeisz sulle rotte dei nitrati del Sud Pacifico. Era la quinta di dieci navi quasi gemelle (near sisters).
Nel 1914 aveva compiuto otto viaggi per il Cile impiegando 64/70 giorni di media a traversata, da Amburgo a Valparaiso e/o Iquique, che erano i più importanti porti cileni dei nitrati.
Tra l’ottobre 1914 e il marzo 1920, (Prima guerra mondiale e poco oltre), si trasferì nel porto di Santa Cruz de la Palma (Canarie). Rientrò ad Amburgo il 17 marzo 1920.
Il 15 luglio 1920 partì da Amburgo per Napoli al traino di due rimorchiatori. Fu consegnata all’Italia in conto riparazioni danni di guerra.
Il governo italiano non fu in grado di reclutare un equipaggio con esperienza adeguata alla navigazione velica d’altura. Fu quindi ormeggiato a Castellamare del Golfo (Napoli).
Nel 1924, la Compagnia F. Laeisz la riacquistò per 7.000 sterline e la mise di nuovo in servizio sulle rotte dei nitrati cileni.
Nel 1931 il PAMIR si salvò dal disarmo grazie all’intervento di Gustaf Erikson, un irriducibile armatore, appassionato di vela, famoso per la sua sfrenata fiducia verso gli ultimi windjammer in circolazione.
Il suo sogno fu coronato quando riuscì a radunarne un bel numero a Mariehamn (isole Åland, poco a Nord di Stoccolma), suo paese natale, e a procurare per loro dei noli per l’Australia, Nuova Caledonia e Nova Zelanda. Quella famosa epopea s’interruppe con l’inizio della Seconda guerra mondiale.
Il 3 agosto 1941, fu la data del sequestro del PAMIR da parte del governo della Nuova Zelanda mentre era ormeggiato in porto a Wellington. Il veliero portò a termine 10 viaggi battendo bandiera della N.Z.: cinque a San Francisco, tre a Vancouver, uno a Sydney e il suo ultimo viaggio attraverso il Tasman, da Sydney a Wellington, trasportando 2.700 tonnellate di cemento e 400 tonnellate di merce pregiata (industria bellica).
Nel 1943 il PAMIR scampò all’attacco di un sottomarino giapponese il cui Comandante, all’ultimo momento lo risparmiò pensando che il costo del siluro era superiore a quello della preda…
Il 12 novembre 1948, mentre si trovava in porto a Wellington (Nuova Zelanda), fu ricomprato dalla Eriksson Line che lo fece subito salpare per Port Victoria nel Golfo di Spencer per caricare grano australiano. Il viaggio con arrivo a Falmouth (Cornovaglia-UK) durò 128 giorni.
11 luglio 1949 – Il PAMIR fu l’ultimo windjammer a trasportare un carico commerciale via Capo Horn.
Gustaf Erikson morì nel 1947. Il mondo aveva girato pagina. Suo figlio Edgar si rese subito conto dell’impossibilità di gestire i due velieri PAMIR e PASSAT con profitto, principalmente a causa dei cambiamenti dei regolamenti e dei contratti sindacali che regolavano il lavoro a bordo delle navi.
Nel 1948 la Finlandia restituì il PAMIR alla Germania; naturalmente era in pessime condizioni, ed il veliero fu venduto ad un demolitore belga. Ma non era questo il suo destino finale…
Nel marzo del 1951, alcuni demolitori navali belgi offrirono £ 40.000 per l’acquisto delle near sisters PAMIR ed il PASSAT, ma il loro destino era ancora incompiuto…! Infatti, l’armatore tedesco Heinz Schliwen, che aveva navigato su quelle navi alla fine degli anni ’20, le comprò entrambe, sicuramente per ragioni affettive, ma anche con una nuova strategia: trasformarle in navi scuola, pensando di ottenere finanziamenti dallo Stato, perché era stato convenuto che il loro impiego sarebbe stato duplice: Nave Scuola – Nave mercantile – con equipaggio numeroso e a basso costo.
I due velieri furono ristrutturati per alloggiare i Cadetti della marina mercantile, fu installato un motore ausiliario di 900 H.P., un sistema di refrigerazione per le cucine, moderni impianti radio e cisterne per la zavorra.
Nel 1952 compì il suo primo viaggio per il Brasile carico di cemento, ritornò in Germania con minerale di ferro. A causa di una forte burrasca nel Mare del Nord il PAMIR perse l’elica ed evitò il naufragio grazie all’intervento di due unità di salvataggio della zona.
Il 4 gennaio 1953 l’armatore si rese conto che la gestione delle due unità era nuovamente fallimentare; tuttavia, essendo ormai navi di grande prestigio nazionale, fu realizzato per loro un altro “salvataggio”: il PAMIR ed il PASSAT furono acquistate da un Pool (Consorzio) di 40 armatori ma, dopo quattro viaggi risultarono altamente improduttivi. Anche questo tentativo fallì.
Nei successivi cinque anni, PAMIR e PASSAT continuarono ancora a navigare in perdita tra l’Europa e la costa orientale del Sud America. Furono sempre impiegate come Navi Scuola da carico. La fama di simboli della marineria tedesca alimentava l’orgoglio nazionale che ormai si era rassegnato alle ripetute perdite economiche imposte tra l’altro da restrizioni legislative ed operative molto pesanti.
I grandi velieri non erano più redditizi! Inoltre il PAMIR aveva problemi tecnici sempre maggiori, come la fuoriuscita di liquidi dai ponti e la grave corrosione delle lamiere. Il processo di deterioramento era ormai troppo avanzato su entrambe le unità
Il Consorzio, nonostante la fama delle due navi, non era stato capace di ottenere i contributi sperati e promessi dal Governo tedesco, ma anche dalle Compagnie di navigazione e dalle donazioni pubbliche.
Nell’estate del 1957 fu deciso di disarmare le due Navi a Palo al loro rientro in Germania dal Sud America. Il loro modello era ormai superato ed anche i loro più tenaci difensori si erano rassegnati ad ammainare definitivamente le vele.
Hermann Eggers, Comandante titolare del PAMIR sbarcò per malattia e fu sostituito da Johannes Diebitsch che era già stato imbarcato da marinaio sullo stesso veliero. La sua carriera proseguì navigando al comando di velieri minori sui quali si era addestrato accumulando una discreta esperienza, ma era questa la prima volta che imbarcava da Comandante su di un veliero da carico di grandi dimensioni.
Prima d’iniziare l’ultimo viaggio, il suo primo ufficiale Rolf Köler di 29 anni, scrisse a casa che sarebbe sbarcato al ritorno in Germania a causa delle pessime condizioni della nave.
Venuti a mancare i finanziamenti necessari alle riparazioni di cui aveva tanto bisogno, era diventato persino difficile reclutare ufficiali all’altezza di quel tipo di BARQUE.
Il 10 agosto 1957 “the four masted Barque PAMIR” partì quindi per il suo ultimo viaggio al comando del capitano Johannes Diebitsch con a bordo 86 uomini d’equipaggio, tra cui 52 allievi nautici.
A Buenos Aires la nave-scuola caricò 3.780 tonn. di granaglie alla rinfusa e lo caricò nelle stive ed anche nelle cisterne della zavorra, quest’ultima operazione fu giudicata un vero azzardo.
Il carico alla rinfusa, per evitare lo scorrimento ed il possibile sbandamento, venne bloccato in superficie da 255 tonnellate di cereali sistemati in sacchi. Anche questa operazione venne svolta principalmente dai cadetti poco o niente addestrati che, in quella occasione, sostituirono i portuali di Buenos Aires che avevano dichiarato sciopero. Il Comandante, forse sotto la pressione dei ricevitori, decise di partire nonostante il Barque fosse in precarie condizioni di stabilità.
L’Ultimo viaggio
Si arrivò così al fatidico 1957. Pesavano su questo veliero da carico: l’anzianità di servizio, la scarsa manutenzione, l’equipaggio inesperto e la fama di non rendere alcun profitto al suo armatore. In queste “avventurose” condizioni nautiche, il PAMIR, si preparava a lasciare il porto di Buenos Aires per il suo ultimo viaggio.
Un tragico destino chiamato CARRIE era fatalmente in agguato in mezzo all’Oceano Atlantico.
Il 21 settembre, quando il PAMIR si trovava tra le Bermude e le Azzorre, fu travolto dall’uragano tropicale CARRIE ancor prima di ridurre le vele, ancor prima di rendersi conto del pericolo imminente di cui non aveva ricevuto alcun messaggio di pericolo.
Nella sua lunga carriera questo intrepido windjammer si era confrontato con molti cicloni, uragani, tifoni ecc… aveva subito molti danni, ma era sempre riuscito a trovare la strada di casa!
L’ULTIMO ATTO…
Alle 12.54 ora locale, la Nave a Palo PAMIR inviò i segnali di soccorso quando ormai derivava senza governo. Passò forse mezz’ora e poi affondò in Atlantico, a 600 miglia nautiche (1.100 km) a Ovest-Sud-Ovest delle Azzorre in posizione:
Lat. 35°57’ Nord – Long. 40° 20’ Ovest
Successivamente, in fase istruttoria, fu appurato che il radiotelegrafista, essendo stato destinato anche ad incarichi amministrativi, probabilmente non aveva ricevuto gli avvisi di tempesta in corso in quel tratto di mare. L’ultimo messaggio radio fu ricevuto dai soccorritori alle 13,03 – ma giunse indecifrabile a destinazione perché proprio in quei tragici attimi la nave si stava inabissando.
IL RACCONTO DEI NAUFRAGHI
Il sopravvissuto cadetto Haselbach raccontò di come l’affondamento sopraggiunse improvviso diffondendo un terrore incredibile tra i cadetti che solo pochi minuti prima del disastro scattavano delle foto alle onde… senza rendersi conto della gravità del momento. Anche il motore ausiliario non fu mai messo in moto.
“Sotto i colpi di mare il carico si spostò e lo sbandamento raggiunse i 45 gradi. I marinai più anziani fecero di tutto per rimettere la nave in assetto e per calmare i cadetti che erano al loro primo viaggio. Il Comandante Diebitsch invitò i cadetti a pregare per indurli alla calma. Li sistemò su tre lance presidiate da marinai esperti, ma appena calate in mare furono travolte da onde gigantesche e scagliate come fuscelli a centinaia di metri di distanza dalla nave.
Alcune vele furono terzarolate o tagliate dall’equipaggio. Ma non ci fu il tempo d’intervenire su quelle di prora. A momento dell’affondamento un terzo delle vele di mezzana erano ancora fieramente stese al vento…
Gli alberi erano al limite della rottura e le vele ancora a riva furono spazzate via. La situazione era talmente grave che la nave non riusciva più a tenere la prora al mare. Le antenne radio erano cadute con una parte degli alberi più sottili e non c’era né il tempo né la possibilità d’inviare ulteriori SOS. Ormai la fine era prossima.
Quando il PAMIR si capovolse, i pochi uomini che erano rimasti ancora a bordo, li vedemmo lottare tra i marosi nel tentativo di aggrapparsi a qualche cosa che li sostenesse. Riuscimmo ad allontanarci da quell’inferno, spinti forse da qualche onda che ebbe pietà di noi… In quei frangenti, in preda alla paura e allo shock, ebbi l’impressione che la nostra scialuppa di salvataggio era stata l’unica a scendere in mare regolarmente.
Sulla lancia non c’erano razzi o segnali che funzionassero. Non riuscivo a vedere le altre tre lance di salvataggio con i cadetti a bordo. Diciassette uomini della nostra lancia furono presi e scagliati fuoribordo dalla furia dell’uragano. Sentivamo i motori degli aerei di salvataggio che volavano al di sopra della tempesta. Lunedì pomeriggio perdemmo altri tre compagni che si gettarono in mare in preda al panico e al terrore. Ero troppo debole per fermarli. Se martedì i soccorritori non mi avessero trovato, avrei fatto anch’io la stessa cosa.”
Al momento del salvataggio, la barca di Haselbach era gravemente danneggiata e quasi completamente sommersa. Dei venti uomini che erano sulla lancia con lui, dieci erano ancora a bordo 24 ore prima che arrivassero i soccorsi.
Delle altre lance recuperate, molto danneggiate e vuote, non vi furono testimonianze di sorta e non si seppe mai nulla sulla sorte di quei poveri ragazzi.
La Commissione d’inchiesta rilevò che i boccaporti del PAMIR non erano stati chiusi. Il capitano non ordinò l’allagamento delle cisterne di zavorra perché erano piene di carico, tale manovra l’avrebbe aiutata a raddrizzarsi.
L’affondamento fece notizia in tutto il mondo; in Germania fu una tragedia nazionale!
LE OPERAZIONI DI SALVATAGGIO
Il primo SOS fu lanciato alle 12,54 e fu raccolto da molte navi; la più vicina era il mercantile SAXSON che diresse verso la posizione indicata: 600 miglia a Sud Est delle Azzorre. Ma non fece in tempo a rendersi utile, il suo intervento fu tardivo. Il veliero si era capovolto alle 22.30 ed affondò rapidamente.
Lo sbandamento del PAMIR impedì di calare in mare le lance di salvataggio. Questa fu la causa delle ingenti perdite di vite umane.
Tuttavia il SAXON, alle prime luci dell’alba, recuperò cinque marinai che avevano trovato scampo aggrappandosi ad una zattera. Anche l’ABSECON, il cutter della Guardia Costiera USA trasse in salvo un altro naufrago, il cadetto Gunther Hasselbach di cui abbiamo riportato il suo racconto.
Da altre testimonianze di sopravvissuti, si é saputo che la velocità dell’uragano era stata più veloce delle informazioni meteo lanciate da terra. Il vento investì la nave con raffiche di 70 nodi e mare forza 8. La ricerca dei naufraghi durò nove giorni, fu organizzata dalla Guardia Costiera USA e dal cutter ABSECON ; solo quattro membri dell’equipaggio e due cadetti furono estratti vivi da due scialuppe di salvataggio. Riferirono inoltre che molti degli 86 uomini dell’equipaggio riuscirono ad imbarcare sulle lance, ma la maggior parte di essi morì nei tre giorni successivi. Poiché nessuno degli ufficiali, né il capitano sopravvissero, le ragioni del ribaltamento rimasero incerte ed oscure.
Soltanto la Commissione d’inchiesta stabilì successivamente che la nave sbandò paurosamente sul lato sinistro a causa dello spostamento del carco.
La nave era stata mal stivata a causa, come abbiamo visto, dello sciopero dei portuali che furono poi sostituiti in parte dai militari di terra e dagli allievi di bordo.
Cadde così la prima accusa emessa dalle Autorità di terra che indicava nell’inesperienza del Comandante (che sostituiva il collega titolare), la causa della terribile tragedia.
“Chi é a terra giudica, chi é in mare naviga!”
ASSICURAZIONI
Un destino tragicamente ironico quello del PAMIR! Il suo ultimo viaggio fu l’unico, della sua carriera di nave scuola, in cui si sia realizzato un profitto, poiché la somma assicurativa di circa 2,2 milioni di marchi tedeschi fu sufficiente a coprire le perdite aziendali per quell’anno. Il Consorzio di banche, non fu mai legalmente incolpato per l’affondamento; soltanto più tardi i periti accertarono numerose negligenze e quindi forti implicazioni nella perdita.
Gli ultimi WINDJAMMER sopravvissuti navigano ancora oggi nella categoria a tutti nota delle Tall Ships.
LE ECCEZIONI
La tragedia del PAMIR interruppe la carriera di quasi tutti i velieri commerciali dell’epoca i quali, per preservare la loro gloriosa tradizione, furono ormeggiati prevalentemente nei porti del Nord Europa e trasformati in navi-museo alla memoria! Tuttora sono visitabili i seguenti windjammer:
PASSAT ………………… a Travemunde (Germania)
VIKING ……………….. a Goteborg (Svezia)
ALF CHAPMAN…….. a Stockholm (Svezia)
POMMERN………….. a Marienhamn (Åland-Arcipelago finlandese)
Quelle ancora operative:
EAGLE ……………….. Un’altra splendida unità che opera ancora nei ruoli della Coast Guard americana.
SEDOV e KRUZENSTERN ….le quali possono ancora oggi vantare, con orgoglio, il nobile pedegree di vere navi da trasporto commerciali. I due anziani velieri, tuttavia, reggono ancora magnificamente il confronto con le giovani Tall-Ships del nuovo millennio, non solo sul piano estetico, ma anche su quello della velocità.
A questi ultimi giganti della vela abbiamo dedicato due articoli su nostro sito di MARE NOSTRUM – RAPALLO.
DALL’EPOPEA DELLA VELA ALLE VERE TALL-SHIPS
WINDJAMMER, il Canto del Cigno della Vela
Nel 1956, Bernard Morgan, che non era marinaio di professione, ma solo un appassionato di mare e di vele, ebbe l’idea di riunire le navi scuola a vela che mantenevano viva la tradizione dei grandi velieri e di farli navigare in regata insieme. Ventuno furono allora le navi, di undici diverse nazioni, che raccolsero l’invito e che regatarono da Torbay a Lisbona.
Nel secolo precedente accadeva esattamente il contrario: sono infatti passate alla storia le “Tea Races”, quando i clippers, carichi di tè imbarcato in Oriente, cercavano di arrivare in Inghilterra ed in Europa nel più breve tempo possibile facendo tra loro delle vere e proprie gare veliche, con tanto di memorabili scommesse a terra sui vincitori della CORSA DEL TE’.
Quell’anno (1956), per la prima volta tanti velieri si trovarono in regata con partenza ed arrivo segnalato da un colpo di cannone e con una giuria ufficialmente nominata, pronta a controllare se tutti rispettavano i regolamenti di regata!
Due domande su cui ancora oggi ci interroghiamo:
-Se il PAMIR avesse rinunciato al suo ultimo viaggio, com’era da più parti auspicato, da lì a poco sarebbe entrata negli elenchi delle TALL SHIPS.
Solo così, mollando l’ancora in quell’ultimo porto… avrebbe interrotto definitivamente la corsa contro un destino duro, implacabile e inesorabile che era stato forse pilotato da terra…..? Il dubbio rimane a tutt’oggi!
-Nel 1956 l’Italia pianse senza alcun ritegno la tragedia dell’ANDREA DORIA.
-Nel 1957 fu la volta del PAMIR! In quel periodo frequentavo il 4° anno presso l’Istituto Nautico di Camogli e ricordo che per la prima volta provai sulla mia pelle il significato delle parole:
tristezza e solidarietà
Io e i miei compagni del Nautico avremmo potuto trovarci su quel veliero, al posto o insieme a quei ragazzi tedeschi.
Fu il nostro primo naufragio della carriera… e molti di noi non furono “salvati” e scelsero dopo quell’evento rotte “terrestri”!
ALBUM FOTOGTRAFICO
Tre alberi a vele quadre ed una a vela aurica, questo era la nave a palo PAMIR, lunga 114 metri, inalberò i colori della Compagnia Laeisz, armatrice di una serie di grandi velieri, nota anche come “FLYING P. LINE”. La vela era ormai al tramonto ma c’erano tuttavia alcuni armatori che credevano nella economicità degli ultimi velieri in ferro (si diceva che il vento é gratis) e li utilizzavano nel tentativo di contrastare le navi a vapore, un confronto che in pochi decenni era diventato sempre più improponibile; infatti soltanto i “noli minori” avevano ancora un senso commerciale per gli ultimi velieri: il guano, il fertilizzante cileno, i cereali alla rinfusa e pochi altri
Il “PAMIR” a rimorchio mentre entra in porto con velatura ridotta e gran pavese.
Il KRUZENSTERN (ex PADUA), oggi nave scuola della Marina Militare russa.
Il PASSAT ormeggiato a Travemünde (Germania)
Il POTOSI, poi FLORA
Il PEKING in navigazione nell’Atlantico
I Capitani del PAMIR
· 1905-1908 Carl Martin Prützmann (DE)
· 1908-1911 Heinrich Horn (DE)
· 1911-1912 Robert Miethe (DE)
· 1912-1913 Gustav AHH Becker (DE)
· 1913-1914 Wilhem Johann Ehlert (DE)
· 1914-1920 Jürgen Jürs (DE)
· 1920-1921 C. Ambrogi (IT)
· 1924-1925 Jochim Hans Hinrich Nissen (DE)
· 1925-1926 Heinrich Oellrich (DE)
· 1926-1929 Carl Martin Brockhöft (DE)
· 1929-1930 Robert Clauß (DE)
· 1930-1931 Walter Schaer (DE)
· 1931-1932 Karl Gerhard Sjögren (FI)
· 1933-1936 Mauritz Mattson (FI)
· 1936-1937 Uno Mörn (FI)
· 1937-1937 Linus Lindvall (FI)
· 1937-1941 Verner Björkfelt (FI)
· 1942-1943 Christopher Stanich (NZ)
· 1943-1944 David McLeish (NZ)
· 1944-1945 Roy Champion (NZ)
· 1946-1946 Desmond Champion (NZ)
· 1946-1948 Horace Stanley Collier (Two-Gun Pete) (NZ)
· 1948-1949 Verner Björkfelt (FI)
· 1951-1952 Paul Greiff (DE)
· 1955-1957 Hermann Eggers (DE)
· 1957 Johannes Diebitsch (DE)
BIBLIOGRAFIA
VELE D’EPOCA nel mondo
Di Flavio Serafini – Editore Gribaudo
IL ROMANZO DELLA VELA
Di Tomaso Groppallo – Editore Mursia
LA TRAGEDIA DEL VELIERO PAMIR
AIDMEN di Enzo Scalfarotto e Giovanni Panconi
PAMIR GERMAN SAIL TRAINING SHIP
Discussion in ‘Other Ships and Shipwrecks’ started by Jon Hollis, Feb.2,2006.
DER UNTERGANG DER PAMIR (TV Movie 2006)
ALTRE FONTI:
– Civico Museo Marinaro “Gio Bono Ferrari” di Camogli
– Museo Marinaro “Tommasino-Andreatta” di Chiavari
Carlo GATTI
Rapallo, 11 Ottobre 2018