RAPALLO

LA DEVOZIONE

I SESTIERI

I FUOCHI DI LUGLIO

 

LO SPIRITO DEI FUOCHI

La settimana scorsa abbiamo parlato del rito della NOVENA che tanti rapallini dedicano alla Madonna di Montallegro salendo al Santuario ogni anno, in questi giorni, con ogni mezzo.

Oggi é il primo di luglio e i SESTIERI DI RAPALLO si schierano presso le loro postazioni “geografiche” assegnate, si presentano, si salutano a distanza e si raccontano, ancora oggi, dopo 461 anni, il GRANDE AVVENIMENTO DELL’APPARIZIONE DELLA MADONNA ad uno dei nostri concittadini, forse il più umile, un certo Giovanni Chichizola, popolano di S. Giacomo di Canevale, situato alle spalle di Rapallo: una scelta evangelica!?!

Già! Un grande MIRACOLO avvenuto in tempi difficili di pestilenze, di miseria, di assalti saraceni, di tanta paura…! Oltre alla confusione religiosa creata dal protestantesimo che s’insidiava e nidificava con le sue navi nordiche nel porto di Genova.

Sono passati cinque secoli da quel tempo in cui non esistevano sistemi di comunicazione che non fossero le campane, le torri di vedetta, i castelli e  postazioni militari da cui salivano segnali di fumo e di fuoco per avvertire la popolazione su quanto stava per accadere: era una chiamata alle armi, alla difesa delle famiglie e del proprio territorio.

Ma in quel fatidico 2 luglio 1557 si materializzò un segnale di speranza: un dono che era sceso direttamente dal cielo.

Rapallo era entrata nelle GRAZIE di Gesù che aveva incaricato la Sua Madre Celeste di consegnare un SIGILLO D’AMORE alla nostra città: una Icona da viaggio.

Siamo nel 2018 e quel DONO miracoloso incastonato nel blu di quel cielo che scende fino a confondersi con il nostro mare, é tuttora presente, intatto, nelle anime dei rapallini che, dopo 461 anni desiderano ancora comunicare tra loro quella “novità”, con lo stesso stupore e con quella devozione che é rimasta inalterata nel tempo.

l’Apparizione Mariana di Montallegro é sentita dai rapallini come un dono esclusivo per loro, per la loro vallata racchiusa tra i lecci e gli ulivi, come una conchiglia tra le alghe e gli scogli e lo percepiscono come un “PRIVILEGIO” da difendere anima e corpo contro qualsiasi forma d’intrusione, sia essa politica, laica, religiosa infarcita di tanti termini antichi e moderni come il secolarismo, l’anticlericalismo, l’integralismo e il sincretismo.

Già! Cielo e mare! Ed é proprio in questo scenario che il dialogo tra i SESTIERI si attua ai piedi del Santuario di N.S. di Montallegro che osserva amorevolmente da lassù i suoi figli operosi e affaccendati che la invocano e la festeggiano “a loro modo” come lo fecero già i loro avi a partire da quel lontano luglio 1557, quando erano ancora psicologicamente impreparati ad accettare quel DONO DIVINO che continua a vivere oggi, anche in modo “profano” nella sua esteriorità, per chi non sa o non vuol entrare nella spiritualità sociale che tiene unita una cittadinanza marchiata con il Monogramma di Maria.

QUALCHE ORA DA MASSARO …

“Navigare necesse est”Per questo inderogabile motivo professionale, pur essendo “rapallino” del Sestiere di Cerisola, ho presenziato a meno della metà dei miei anni alle Feste di Luglio. I miei ricordi sono pertanto “sparpagliati” ma sempre vivi e appassionati.


L’invito della cara amica Maura Arata, (al centro nella foto tra il sindaco ed il vicesindaco), ad intrufolarmi tra i massari del nostro Sestiere, é giunto graditissimo e fornitissimo di dati tecnici, storici, romantici e devozionali che ignoravo da sempre e, un po’ (tanto), me ne vergogno…!

RINGRAZIO di cuore Maura, (siamo entrambi di S. Agostino), per avermi regalato questa opportunità che ha colmato un gap nel mio cuore e nel mio sentirmi “rapallino” dalla testa ai piedi.

Ringrazio anche mio genero Ettore Pelosin che con la sua carica di entusiasmo e dedizione alla tradizione di MASSARO di Cerisola mi ha trascinato in questa bellissima avventura che, con tutti i miei limiti…

cercherò di raccontare in queste pagine a tutti coloro che ne sanno meno di me: in particolare i furesti che ci seguono ormai da tanti anni su questo sito enciclopedico dedicato alla città di Rapallo!

In questi giorni la stampa ritorna molto spesso sulla Tradizione dei Fuochi di luglio:

«Le Feste di Luglio si confermano tra i massimi eventi pirotecnico-turistici in Italia, sicuramente è il primo nel Nord Italia per numero di spettacoli – sottolinea ancora l’assessore Lasinio – Le feste sono in ognuno di noi, ciascuno le vive e le sente a modo suo. E continueranno ad esistere finché questo accadrà e finché i rapallesi apriranno la porta ai massari durante la questua».

Della figura del massaro ha parlato Maura Arata, presidente del Comitato Sestieri Rapallesi, che ha ringraziato tutte le persone che sostengono i Sestieri per portare avanti la secolare tradizione e ha dato appuntamento a Montallegro, all’alba di ieri, per l’inizio della Novena. Durante il Triduo, dal 29 al 1 luglio, sarà in funzione anche la funivia con corse dalle 4.30 del mattino.

Intervista a Maura Arata

I massari e la tradizione del fuoco: un’antica regola non permetteva alle donne di farne parte, oggi la solita burocrazia rischia di farli sparire per sempre.

Ne abbiamo da pochi giorni ammirato il lavoro con l’evento che per tre giorni a Rapallo ricorda l’apparizione della Madonna di Montallegro al contadino Giovanni Chichizola (2 luglio 1557): parliamo dei “massari” dei Sestieri rapallesi, San Michele, Seglio, Borzoli, Cerisola, Cappelletta e Costaguta, che con le loro casacche colorate e l’impegno profuso per tutto l’anno contribuiscono a portare avanti la tradizione secolare. Tra loro c’è Maura Arata, una dei veterani del Sestiere Cerisola, che ci spiega il significato dell’essere massaro, basandosi sulla propria e quanto mai particolare esperienza.
‘Tu no! perché sei una femmina’, e invece Maura diventa la prima massara.
«Diciamo che io sono nata massara. Ma ho deciso di diventarlo dopo un episodio particolare. Un giorno mio padre disse ai miei due fratelli di prepararsi per andare “a turno”, ovvero, a bussare alle porte delle case per la questua:
“Tu no, perché sei una bambina”, mi disse. In quel momento scattò qualcosa e decisi che sarei dovuta diventarlo anch’io, anche se allora era un ruolo riservato esclusivamente ai maschi. Così, un giorno, mi presentai ad una riunione del Sestiere. Il massaro più anziano, quando mi vide, chiese a che titolo una donna fosse lì. Poi, però, mi prese sotto la sua ala protettiva. Diciamo che sono stata una “pioniera”».


Ora è più semplice entrare a farne parte?
«Sì. I problemi però sono due. Il primo: tanti ragazzi, per esigenze lavorative, sono andati a vivere fuori Rapallo. La seconda è la più ostica e ha a che fare con il conseguimento del “patentino da fuochino”, che autorizza al contatto con la polvere da sparo. Vista la concentrazione di “patentini” tra Tigullio e Golfo Paradiso, le autorità competenti non ne rilasciano più».


Quindi si rischia di perdere la tradizione per questioni burocratiche?
«Sì, perché non ci saranno più giovani abilitati a portare avanti la tradizione che va avanti da secoli. Ben inteso: maneggiare la polvere da sparo è pericoloso. Ma ci è stato insegnato fin da piccoli a fare molta attenzione:
“Quando a püe a parla, l’è tardi” (quando la polvere da sparo parla, è tardi), ci dicevano i vecchi per avvertirci. E poi il conseguimento del patentino, in teoria, è stato previsto per chi vuol diventare fuochino di professione, cosa che a noi non interessa. Magari bisognerebbe istituire un albo apposito per situazioni come la nostra, che siamo “fuochini” ma solo per tre giorni all’anno, per portare avanti una tradizione. Ma per questo servirebbe un appoggio dalla politica, dalle istituzioni. Forse ora, con il discorso delle “Città dei fuochi”, potrebbe sbloccarsi qualcosa a livello regionale. Siamo una specie in estinzione, speriamo che qualcuno ci tuteli (ride)».


Ci sono figure “storiche” a cui si collega il suo percorso di massara?
«Tra i “mitici”, di sicuro “Michelin” (Michele Campodonico) di Costaguta, e poi Püe (Alfredo Solari): sono cresciuta sotto la sua ombra. Ma anche Vitto “U ferrâ”, con le sue bombe improponibili».
E la storia del “baggio”?
«Tutto è nato tanto tempo fa, proprio per via della rivalità tra Cerisola e Cappelletta:
“Mangiâ u baggiu” (ingoiare il rospo) era l’espressione riferita a chi, dei due Sestieri, sparava peggio durante le Feste. Lo sfottò andava avanti fino a tarda notte sotto le finestre di casa degli sconfitti: non a caso, generalmente la sfida finiva a cazzotti [ride]. Ricordo due “grandi vecchi” che giocavano assieme a carte per tutto l’anno, ma nei giorni delle Feste non si rivolgevano il saluto: appartenevano uno a Cerisola, l’altro a Cappelletta. Da qualche anno, al Sestiere che per gli addetti ai lavori si classifica ultimo per qualità di sparate e fuochi d’artificio viene consegnato un rospo in pietra, di quelli che si adoperano come ornamento per i giardini. Prima, però, viene colorato con le insegne del Sestiere che se lo è aggiudicato…».

 

Essere massari in tempo di crisi…
«Non è semplice. Ad esempio dal 23 maggio al 1° luglio siamo impegnati nella questua, e non sempre la gente ci accoglie a braccia aperte. Vista la situazione economica, poi, quest’anno le persone hanno dato quello che hanno potuto. Poi, nei tre giorni di festa la fatica diventa disumana. Ma ben inteso: non ci mettiamo in tasca niente come è giusto che sia. E a ripagarci è l’emozione di fare qualcosa di bello per la città, di non deludere i nostri padri e quello che ci hanno insegnato. Mio zio, fuochino storico, abita sulla collina di Sant’Agostino, non scende in centro da 30 anni e guarda i fuochi da casa sua. Eppure, ancora oggi è il nostro metro di giudizio: a fine spettacoli andiamo a chiedere a lui se abbiamo sparato bene oppure no».


È vero che ai più anziani, durante il rito dell’Alzabandiera la mattina del 1°luglio, scende sempre qualche lacrima?
«Non solo ai più anziani. Succede anche a me: quando Cerisola spara il primo mortaletto dalla spiaggia dei bagni Lido, l’emozione è sempre fortissima. Anche se assisto al rito da 30 anni».

 

Mentre racconta l’ultimo aneddoto, a Maura si inumidiscono gli occhi. L’amore per le tradizioni è anche questo.

 

I mortaletti

Cenni-storici
Protagonista ludico – popolare delle Feste di Luglio, il
mortaletto, estinto nella gran parte del mondo, resiste (almeno, per quanto ad oggi sappiamo) nella sola zona di Rapallo, Recco e comuni limitrofi. Si presenta come un piccolo cannone antico, a canna cortissima, costruito e dimensionato per il solo utilizzo a salve. Antica è anche la sua carica: polvere nera, il primo esplosivo prodotto dall’uomo. Lo stesso che, più di quattrocento anni fa, armava le galee genovesi ed i temibili vascelli del pirata Dragut, flagello delle popolazioni costiere. Per caricare il mortaletto ligure, si versa semplice polvere nera nella canna, quindi la s’intasa con materiale leggero ed inerte (ad esempio segatura) in modo da ottenere, all’accensione, un colpo a salve, “impreziosito” da spettacolari quanto innocue vampe e fumo denso, di sapore antico. Una volta caricati i mortaletti si aguginano: s’innescano cioè versando nel foro d’accensione (agugino) polvere nera finissima. Disposti a terra, sono poi collegati da strisce, ancora della medesima polvere, che bruciano più o meno lentamente a seconda della direzione della brezza di mare… Ecco quindi l’abilità del massaro il quale, per intuito ed esperienza, sa quando, come e dove posizionare i mortaletti, grossi o piccoli, in modo da salutare con giusto ritmo la Santa Patrona. Come in tutte le arti, solo pochi posseggono il dono di saper disporre al meglio la sparata, che per riuscir veramente gradita deve attagliarsi, secondo tradizione, ad ogni singola tipologia d’evento celebrativo. Col mortaletto si cresce, ascoltando i colpi rituali dell’1,2,3 luglio o delle Feste Frazionali; si celebra il matrimonio di amici e parenti, preparando brevi ed allegre sparate; si saluta questo o quell’altro evento, sacro o profano; si dà l’estremo saluto ad un caro estinto disponendo un’austera sparata di 21 colpi, lenti e cadenzati: gli stessi ventuno che, con diverso spirito, ogni mattina di Novena accompagnano con sacralità l’Elevazione del Santissimo al Santuario di Montallegro.

 

RECIAMMII festeggiamenti iniziano alle otto di mattina del primo luglio, quando la statua d’oro e d’argento della Madonna viene “messa in cassa”, cioè collocata sull’arca argentea in chiesa. Sul lungomare, l’evento è salutato da colpi fragorosi (reciammi – richiami) prodotti dai mortaretti (mascoli) sparati dai rappresentanti di due dei sei sestieri cittadini e da una sparata di fuochi artificiali “a giorno”, mentre gli altri quattro sestieri rispondono con ventun colpi di mascoli.

Maura Arata ci spiega che il saluto “esplosivo” con 21 colpi di  mascoli é sicuramente quello che ci proviene dalla tradizione dei vascelli da guerra del 1600, ma per noi é soprattutto il SALUTO, l’omaggio ed il ricordo che in quel momento rivolgiamo  a tutti i MASSARI di tutti i SESTIERI che ci hanno preceduto in questi cinque secoli.

Rapallo – Feste di luglio 2018 – MURALES di ARTISTI DI STRADA a cura del Sestiere di San Michele.

Il Monogramma della Madonna tra le sei caravelle con i colori dei Sestieri di Rapallo.

La speranza è che bellezza e armonia, trasformando l’ambiente fisico, inducano chi ne usufruisce ad uno stato d’animo più positivo e gioioso. Un obiettivo alto, dunque. Graffiti e murales non solo per abbellire e RICORDARE, ma per educare alla bellezza, quasi “lezione vivente” di educazione religiosa, civica, di legalità e di tutela del bene comune e dei valori fondanti della nostra civiltà.


Il disegno del mortaletto con l’esplosione simbolica dei fuochi d’artificio in foglie di acanto.


Don Salvatore Orani:

il “vero” dono della Madonna è il Quadretto: unico Segno tangibile della Presenza che nel tempo si rivela come materna e continua mediazione.
Questa piccola
Icona da viaggio che sovrasta l’altare maggiore è, così, l’unica grande eredità lasciata dalla Madre di Gesù alla Rapallo di sempre. Ne consegue che, a ridare forte impulso alla devozione mariana – lungi da preoccupazioni devozionali mirate a chiedere favori e miracoli in tempo reale – dovrebbe essere la riscoperta del messaggio che il Quadretto continua a suggerire ai cercatori di Dio che si soffermano davanti all’Immagine in pura e contemplativa gratuità. Perché solo ai contemplativi può essere rivelata l’originalità del messaggio di un’Icona: forte invito a riconsiderare la vita; la pienezza di una vita che va oltre la morte.
L’Amore Trinitario che avvolge con tenerezza l’umanità ferita (la Madonna distesa sul letto funebre) ricorda al contemplativo che la vita prevale sempre; prevale già ora, nell’arco dell’esistenza che quotidianamente sperimenta le tragiche conseguenze della sofferenza e del dolore.

L’intero disegno ripreso dal monumento a Cristoforo Colombo


Sestiere Cerisola -Lido – L’attesa del rintocco della campana darà il via all’ALZA BANDIERA

Sono le 08.00 in punto – Il campanile della Basilica di San Gervasio e Protasio di Rapallo batte i rintocchi delle ore e dà il via al rito dell’alza bandiera e agli spari di rito.

Nelle foto a seguire: i SALUTI e i RECIAMMI

 




ENTRANO IN AZIONE LE CHIATTE ANCORATE NEL GOLFO





Due massari del sestiere di Cerisola alle polveri…


Carlo Gatti ed Ettore Pelosin



Tipico alloggiamento degli “STUCCI” sulla chiatta

Rapallo – Zona Lido – RAMADAM su un eccellente Murales di una edizione precedente

«…Il toponimo “Cerisola” compare per denominare due cappelle rurali site nel cuore dell’attuale Sestiere…

…Erano sicuramente zone destinate alla coltura dei ciliegi in un borgo dall’economia diversificata, ma basata essenzialmente sull’agricoltura.

Nel successivo evolversi della città, il nome “Cerisola” va a denominare uno dei Sestieri nati dalla divisione del più antico Quartiere Amandolesi (XII secolo N.D.R.)…» (tratto dal libro “In burgo Rapalli” di Antonella Ballardini da Maura Arata, massara del Sestiere Cerisola)

L’odierno Sestiere Cerisola comprende la parte centro occidentale del centro storico rapallese, con monumenti quali la Chiesa Parrocchiale dei Santi Gervasio e Protasio e gli Oratori detti Dei Bianchi e Dei Neri, quest’ultimo dominato dalla medioevale Torre Civica.

La zona rurale di Cerisola si sviluppa sulla ridente collina di San’Agostino, ove risiede l’omonima chiesetta, centro religioso del Sestiere; Sestiere che, tuttavia, ha come patrono tradizionale San Giuseppe.

Durante le Feste di Luglio Cerisola saluta la Vergine di Montallegro dalla Spiaggia dei Bagni Lido con i secenteschi mortaletti liguri.

Da questo sito, che sempre rimane nel cuore e… nella progettualità dei suoi massari, il Sestiere tradizionalmente lanciava anche i suoi fuochi colorati, oggi preparati su chiatta galleggiante.

I fuochisti che hanno sparato per Cerisola negli ultimi anni sono: Albano & Russo di Melito (NA), Ferreccio di Avegno (GE) e La Rosa di Bagheria (PA) ed in epoca meno recente Perfetto di Sant’Antimo (NA).

Il Panegirico del Sestiere Cerisola sfila per la passeggiata a mare e termina col tradizionale e fragoroso Ramadan ai piedi della Statua di Cristoforo Colombo, presso i Bagni Lido e quindi entro i confini del Sestiere.


Il gonfalone dei Sestieri

Rapallo – I Sestieri per chi non è di Rapallo sono semplicemente le sei zone in cui anticamente era divisa la città. In realtà sono qualcosa di più. I Sestieri sono amicizie, passioni, tradizioni, fede.

I Sestieri di Rapallo (Sestê de Rapallo nella parlata locale) sono le antiche divisioni territoriali del nucleo storico della cittadina rivierasca di Rapallo, nel Tigullio. I sei sestieri cittadini sono ufficialmente riconosciuti dallo statuto comunale del Comune di Rapallo.

L’origine e la creazione dei primi due quartieri storici risalgono al Medioevo quando, nel 1143, i territori tra Rapallo e Zoagli furono divisi in due blocchi distinti; nel XIII secolo vengono istituiti, in questa parte di territorio, i quartieri di Borculi (pron. Borsuli, Borzoli in lingua italiana) e Mandulexi (pron. Manduleji, Amandolesi in lingua italiana).

Fu con la creazione della podesteria e del successivo capitaneato di Rapallo (1608), inserito nei territori della Repubblica di Genova, che il territorio comunale subì un maggiore incremento della giurisdizione annettendo borghi, villaggi e località appartenenti al precedente capitaneato di Chiavari. Nei nuovi confini geografici-politici rientrò quasi interamente la media Val Fontanabuona e il Tigullio occidentale, dividendo il vasto territorio in sei principali sestieri:

  • Pescino (zona sud-ovest comprendente l’attuale Santa Margherita Ligure e frazioni, Portofino);
  • Olivastro (zona nord comprendente tutte le località dell’entroterra rapallese);
  • Borzoli (zona sud-est comprendente anche il borgo di Zoagli);
  • Oltremonte (zona est comprendente quasi interamente la media val Fontanabuona);
  • Borgo (il centro storico racchiuso dalle mura).

Allo scioglimento del capitaneato, a seguito della dominazione francese (1797) di Napoleone Buonaparte, che causò tra l’altro la caduta della repubblica genovese e l’annessione della costituita Repubblica Ligure al Primo Impero francese (1805), si ridisegnarono i confini cittadini suddividendoli in sei sestieri locali: Borzoli, Cappelletta, Cerisola, Costaguta, Seglio e San Michele, divisione storica tuttora in vigore.

Dal XVII secolo, secolo dove ufficialmente presero il via i festeggiamenti pirotecnici alla santa patrona di Nostra Signora di Montallegro, tutti i sestieri sono impegnati a turno nel celebrare la festa più importante per il comune rapallese.

BORZOLI

Il sestiere è uno dei più antichi e originariamente le sue terre erano affacciate sulla costa che si estendevano fino ai confini con Chiavari. Fu presente già dal XII secolo assieme all’antico quartiere di Amandolesi e maggiore importanza l’assunse nel 1608 quando la città divenne sede dell’omonimo capitaneato; compare infatti nella nuova divisione cittadina, necessaria dopo l’annessione di nuove terre, assieme ai sestieri comprensoriali di Pescino, Olivastro, Amandolesi, Oltremonte e Borgo.

Il sestiere, oggi ridimensionato, è riuscito inoltre a mantenere nei secoli l’antico toponimo a differenza delle altre divisioni storiche che, anch’esse ridimensionate, mutarono nelle attuali nomenclature.

I territori di Borzoli sono in gran parte ubicati lungo le colline che degradano verso la sponda sinistra del torrente San Francesco, detto anche Fossato di Monte, sboccando infine verso il mare nella piccola spiaggia antistante il cinquecentesco castello sul mare. I suoi possedimenti comprendono inoltre, oltre allo stesso castello, la passeggiata a mare (lungomare Vittorio Veneto) fino al molo dello scalo dei vaporetti adiacente il Chiosco della musica in piazza Martiri per la libertà.

L’intero territorio, confinante con i due sestieri di Cerisola e Seglio, appartiene oggi esclusivamente alla parrocchia dei santi Gervasio e Protasio. Il vessillo – di colore rosso – ritrae san Bartolomeo, santo patrono del sestiere, e la raffigurazione del quadretto bizantino Dormitio Mariae che secondo la leggenda locale fu donato dalla Vergine maria al contadino Giovanni Chichizola nell’apparizione mariana del 2 luglio del 1557. Il colore rosso è tipico anche delle divise dei “massari”, coloro che sparano nello spettacolo pirotecnico, ricordanti le insegne scarlatte caratteristiche del santo Bartolomeo.

CAPPELLETTA

Così come Borzoli anche il sestiere Cappelletta è uno dei più antichi della città, originariamente inglobato nei territori dell’antico quartiere di Amandolesi sorto nel XII secolo. Nel XVI secolo appare con il toponimo de la Villa di Cappelletta, sempre inserito nel vasto sestiere cittadino. Dei sei sestieri è l’unico che non ha sbocchi diretti al mare in quanto precluso dal sestiere Cerisola.

La prima citazione ufficiale del sestiere Cappelletta appare verso la fine del XIX secolo quando venne menzionata come una delle sei cappelle che dividevano il paese. Oggi il suo territorio comprende approssimativamente la zona tra il rio Cereghetta, la zona meridionale del quartiere Laggiaro (la parte a nord è compresa nel sestiere Cerisola), il torrente Boate ed il suo affluente San Pietro. Nei confini rientra il popoloso quartiere di Sant’Anna, inglobando tra l’altro la zona del golf cittadino.

Non avendo di fatto una postazione idonea per poter sparare durante le feste patronali di luglio, a causa della massiccia urbanizzazione presente in tali quartieri, un accordo con il confinante Cerisola ha permesso al sestiere di poter usufruire della zona presso il Lido (spiaggia di Rapallo) compresa nei territori della prima.

CERISOLA

Il toponimo Cerisola deriverebbe molto probabilmente dalla denominazione di due cappelle rurali, ancora oggi situate nel cuore dell’attuale sestiere. La nascita del sestiere si deve alla successiva scorporazione dei confini territoriali a seguito dell’istituzione del capitaneato rapallese (1608); Cerisola nacque infatti dalla divisione dei due più antichi quartieri di Rapallo, Amandolesi.

Il suo territorio è ad oggi compreso interamente nella parrocchia dei santi Gervasio e Protasio, confinando ad ovest con Cappelletta, ad est con Borzoli e a sud con Costaguta. Il confine occidentale è delimitato da tutto il corso del rio Cereghetta; la punta di Serrato (623 m) costituisce il punto più elevato del territorio e lo separa da quello delle parrocchie di San Pietro di Novella e di San Quirico, frazioni di Rapallo.

l vessillo – di colore bianco – rappresenta sant’Agostino e San Giuseppe, entrambi compatroni del sestiere, oltre alla raffigurazione del quadretto bizantino. Un documento, ritrovato nel 1991, sancisce la fratellanza storica tra il sestiere e la locale Confraternita dei Bianchi nonché il culto per il dottore della chiesa Agostino.

COSTAGUTA

Anticamente denominato Costa Acuta è caratterizzato, specie nel territorio che va dalla parte destra del torrente cittadino Boate, da una vasta area di ulivi e castagni. Costaguta fu in passato compreso nell’antico sestiere detto Olivastro, creato nella nuova divisione dopo la costituzione del capitaneato rapallese.

Il sestiere confina con la frazione sammargheritese di San Lorenzo della Costa e con quella rapallese di San Massimo, arrivando allo sbocco verso il mare dove oggi sorge il porto turistico. La maggior parte del suo territorio ricade oggi nei confini della parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio e, per un piccolo tratto, in quelli della parrocchia di sant’Anna con la località Ronco.

Anticamente nei suoi territori fu eretta nel 1737 una piccola chiesa, ma pochi anni dopo ridotta in rovina. Per la ricostruzione di un nuovo tempio religioso si dovette attendere il 5 agosto del 1934 quando, alla presenza delle autorità ecclesiastiche e civili, fu benedetta la nuova chiesetta dedicata ai santi Gervasio e Protasio. Secondo la leggenda locale i due santi passarono per il sestiere durante la loro opera apostolica.

L’edificio subì negli anni settanta un completo restauro, ma nel 2000 un incendio doloso danneggiò vistosamente la struttura e il dipinto posto sull’altare. Nel rogo fu rovinata inoltre l’antica e storica bandiera del sestiere datata al 1908. Oggi l’edificio si presenta completamente restaurato.

Il nuovo vessillo, di colore verde ed inaugurato nel 2005, e lo stemma rappresentano i due santi nonché la rappresentazione dell’apparizione mariana.

SEGLIO

Detto anche sestiere San Rocco dal nome del suo santo patrono, fa parte della parrocchia dei santi Gervasio e Protasio occupando il settore orientale di Rapallo e al confine amministrativo con Zoagli. Il toponimo deriverebbe dal dialetto genovese seggio (tradotto in lingua italiana nella parola sedile) ricordante la conformazione del territorio.

Anticamente il sestiere faceva parte dello storico sestiere di Borzoli e tale accorpamento durò ben oltre il 1930. Nel suo territorio è presente una cappella, dapprima intitolata a santa Maria del Poggio e solo in seguito dedicata a san Rocco, costruita nel 1497 su una piccola altura; fa inoltre parte del sestiere l’antico quartiere delle Nagge, uno dei più antichi della città.

Il nuovo vessillo – di colore giallo ed inaugurato il 25 aprile del 1999 – e lo stemma rappresentano il santo Rocco, patrono del sestiere. Il colore giallo deriverebbe a seguito della pestilenza che colpì la cittadina tra il 1656 e il 1657; adiacente la cappella era presente un ospitale dove venivano trattenuti in quarantena i viandanti transitanti per Rapallo e proprio la bandiera gialla segnalava lo stato di quarantena.

SAN MICHELE

Anticamente il sestiere faceva parte, come il confinante Costaguta, del sestiere Olivastro nella primitiva divisione cittadina. Il sestiere confina oggi ad ovest con il comune di Santa Margherita Ligure e ad est con Costaguta. I suoi confini rientrano nell’odierno abitato di San Michele di Pagana, unica frazione rapallese che si affaccia sul golfo del Tigullio.

Il sestiere è l’unico fra i sei che non appartiene alla parrocchia dei santi Gervasio e Protasio, bensì alla locale parrocchia di san Michele Arcangelo, santo patrono della frazione e del sestiere.

Il vessillo – di colore azzurro – e lo stemma rappresentano il santo Michele che trafigge il diavolo.

Quando le sparate si facevano qui in passeggiata a mare

Ramadam – zona lido


Quando il MASCOLO era usato per avvisare l’avvistamento dei leudi di ritorno dalla campagna delle acciughe dall’Isola della Gorgona.

Il giorno del rientro veniva stabilito da ciascun padrone in modo da poter essere a casa per la festa dell’Assunta, il 15 Agosto.

Nei giorni precedenti i ragazzi di San Nicolò, della Punta e di Camogli si ritrovavano all’estremità di Punta Chiappa e facevano a gara per avvistare per primi i leudi di ritorno dalla Gorgona. All’avvistamento, uno dei “massari” di San Nicolò sparava un mascolo (mortaretto) per avvisare la popolazione camogliese del rientro dei pescatori.

L’arrivo era una festa, non solo per i familiari, ma per tutta la Città; festa che continuava per molti giorni sino a concludersi ai primi di settembre con la ricorrenza di S. Prospero alla quale si univano anche i festeggiamenti per la Madonna del Boschetto, che erano stati celebrati il 2 luglio quando i leudi erano fuori, così la festa diventava doppia.

Un po’ di tecnica: Le Sparate oggi

La letteratura tecnica afferma che “I mortaretti (o masti) sono strumenti che si sparano a salve in occasione di festività varie. Essi sono in sostanza dei cilindri d’acciaio del diametro esterno di 5-10 cm con un foro interno di circa 3 cm di diametro; la lunghezza varia da 12 a 30 cm con un peso da uno a 10 chilogrammi; il cilindro è di solito un po’ rastremato verso l’alto ed una base leggermente allargata; vicino alla base vi è un foro in cui inserire una piccola miccia o del polverino per innescare lo sparo. Essi, appoggiati a terra verticalmente o leggermente inclinati, vengono caricati fino a circa metà dell’altezza con polvere nera, che viene poi intasata con sabbia o altro materiale.
In molte zone sono in uso, in luogo dei mortaretti, dei corti tromboni, con un calcio di fucile che consente di imbracciarli o, quantomeno, di sostenerli con due mani (talvolta vengono chiamati trombini). Nel linguaggio dei pirotecnici il termine mortaretti, o mortaletti, indica degli sbruffi grandi (cioè dei tubi di cartone) che servono per lanciare in aria piccole granate o granatine, mentre che per il lancio di artifici più grossi si usano i mortai.”
Alla prima definizione va sicuramente ascritto il mascolo rituale, nella forma che conosciamo tuttora.

Quello che segue è una breve panoramica sul moderno uso rituale del mascolo a Sori, nella sua vallata, nel golfo Paradiso e nei suoi dintorni (in ispecie Tigullio ed entroterra del Levante). Laddove prescritto, disposizioni di Pubblica Sicurezza e norme di buona condotta professionale da parte dei fochini possono determinare l’adozione di scelte progettuali, esecutive o stilistiche conformi agli standard richiesti nelle singole e precipue situazioni.

Il mascolo rituale (o “antico mortaretto ligure”, o ancora meglio “antico mortaletto ligure”) utilizzato nel Levante ed espressamente realizzato per le sparate è nella sua forma più ricorrente un cilindro metallico svasato alla base, anche se a volte ha forma troncoconica. Pesa circa 1,5-2 Kg, è alto circa 12-15 cm, ha un diametro esterno di circa 6-7 cm al fusto e 8-9 cm alla base. Il calibro è ordinariamente compreso fra 1,5 e 2 cm. A circa 1,5 cm dalla base e parallelamente ad essa è praticato il focone (“l’agguggino“) dal diametro di qualche mm, usualmente con l’imboccatura conica di base 3-4 mm e profonda circa 2-3 mm. Il mascolo moderno è prodotto in acciaio in quanto la regolamentazione vigente proibisce i mascoli che non siano di buon acciaio tenace (generalmente acciaio balistico, ma anche gli acciai da carpenteria metallica ordinaria hanno una buona resistenza alla frattura in termini di energia G di Griffith).  Gli acciai poco tenaci (usualmente sono acciai incruditi e/o temprati), le ghise e gli ottoni hanno una scarsa resistenza ai fenomeni di frattura e possono finanche causare l’esplosione dei mascoli con proiezione di frammenti. I mascoli di ghisa subiscono inoltre fenomeni di corrosione importanti (le “camôe”) che ne pregiudicano rapidamente la soglia di collasso. E’ notorio nella meccanica dei solidi come i fenomeni di frattura siano notevolmente agevolati dalla presenza di irregolarità geometriche, in cui i fattori di intensificazione degli sforzi Kic possono superare la soglia critica di attivazione delle fratture (motivo per cui in qualunque membratura cimentata a trazione è sconsigliata, laddove non espressamente proibita, la realizzazione di spigoli vivi o poco arrotondati). Il moderno mascolo in acciaio tenace può essere prodotto per tornitura o per fusione. Fino a qualche anno addietro l’utilizzo di mascoli di ghisa o di ottone era frequente, questi ultimi più raramente a causa del costo del materiale. Tali erano formati per fusione, avevano dimensioni esterne maggiori di quelli  in acciaio, e peso compreso fra i 2 e i 3 Kg, pur contenendo lo stesso quantitativo di polvere. Notevoli per estetica sono i mascoli di ghisa realizzati fino alla prima metà del Novecento, ottenuti da stampi le cui forme elaborate presentavano spesso il nome o l’emblema del comitato di appartenenza riportato in rilievo sulla canna.


Parata di moderni mascoli in acciaio pronti al caricamento, soffiati e disostruiti; in secondo piano sacchi e “cuffe” di segatura per i tappi.

Due cannoni in acciaio inossidabile nuovi di fabbrica e pronti per il battesimo del fuoco; si noti il carrello per movimentare il più grande, che pesa circa 100 chilogrammi e subito dietro il ciosun di legno di dimensioni adeguate. E’ uso che i cannoni nuovi vengano “sbruffati” al loro battesimo. In occasione della prima sparata a cui prendono parte non vengono caricati ordinariamente, ma solo con una manciata di polvere e senza tappo, tali cioè da produrre all’accensione, anziché il colpo tonante, la sola colonna di fumo rovente (lo sbruffo, per l’appunto). Lo scopo dello sbruffo è quello di eliminare dalla canna vergine qualunque sfrido metallico della tornitura. A Sori è uso sbruffare i cannoni nuovi durante la sparata del 14 agosto, per averli a completa disposizione la sera successiva.

Più grande del mascolo è il cannone (in alcune località di Levante chiamato bomba), oggetto funzionalmente identico, la cui taglia può andare dal cannoncino (alcuni chilogrammi, per una lunghezza di 20 cm ed un calibro di 2-3 cm) al grande cannone (anche più di 100 kg per 40-50 mm di calibro, ma non mancano esempi di cannoni da 200 e passa chilogrammi, realizzati in genere in onore di importanti avvenimenti o illustri personaggi). I cannoni più grandi potrebbero contenere fino ad alcuni chilogrammi di polvere nera, ma la regolamentazione vigente vi pone severissime limitazioni per motivi di sicurezza; nella pratica attuale l’uso dei cannoni ha scopo prettamente ornamentale, in quanto caricati con quantità irrisorie di polvere rispetto alla mole dei pezzi. Per tale motivo alcuni dei più grossi cannoni sono stati addirittura messi in “disarmo” ed utilizzati per ornamento degli stand gastronomici.


Alcuni dei cannoni utilizzati durante la sparata del 2005. A sinistra un assortimento di tutte le taglie, i pezzi piccoli addirittura realizzati in acciaio inossidabile; a destra tre pezzi grossi. Purtroppo per lo spettacolo oggi i cannoni, conformemente alla regolamentazione vigente, vengono caricati con quantità di polvere che potremmo definire “simboliche”. Si notino le diverse proporzioni e forme di finitura, dalla più semplice (il cilindro grezzo dello storico cannone sorese detto “Muria”) a quelle più elaborate.

I cannoni in acciaio sono prodotti quasi sempre per tornitura a partire da grossi cilindri; hanno forma usualmente troncoconica e sono decorati da elaborate cerchiature. Riportano in genere, incisa sulla canna o sulla bocca, una dedica col nome del proprietario o del comitato a cui appartengono, o con la data di un evento gioioso quali battesimi, matrimoni ed anniversari. I cannoni di ghisa, oggi desueti, erano ancora più eleganti, provenendo da stampi e quindi potendo assumere forme non legate alle simmetrie cilindriche della tornitura. 

La polvere utilizzata per le sparate è di due tipi, detti la “lucida” e la “scura”. La polvere cosiddetta lucida è venduta allo stato granulare e per essere utilizzata necessita di setacciatura con maglia di circa 2-3 mm. La parte grossolana viene impiegata per il caricamento dei mascoli, la parte fine per la realizzazione della riga. La polvere cosiddetta scura è commercializzata allo stato pulverulento e viene impiegata come “reffino” ovverosia polvere per innesco. Il reffino può essere prodotto anche per macinazione, con le dovute cautele, della polvere lucida.

Il caricamento avviene secondo la seguente sequenza. Per prima cosa il fochino soffia all’interno dell’agguggino per due scopi: per verificare che il mascolo non sia ostruito e per liberare l’interno dalla sporcizia accumulatasi col tempo. Se riscontra che l’agguggino “soffi” poco, potrà pulirlo con un piccolo pezzo di filo di rame (non di ferro in quanto i materiali che producono scintille sono banditi). A questo punto il mascolo viene caricato di polvere nera, a mano o mediante l’utilizzo di un dosatore (tipicamente il bussolotto dei rullini fotografici). Il mascolo moderno contiene circa 15 grammi di polvere granulare (la “lucida”). La canna viene in seguito riempita fino alla bocca con segatura, su cui si impongono, con una mazzetta, i primi due colpi di pestello (“ciosun”, noto altrove anche come “stia”). A tale proposito è doveroso ricordare che, per l’incolumità dei fochini, ciosun e mazzetta debbano essere in materiale antiscintilla, secondo la vigente regolamentazione ed il comune buon senso. La parte di canna liberata dal rientro della polvere e della prima segatura compattate viene nuovamente riempita con segatura, terra o una miscela delle due, e battuta energicamente ma non troppo per formare il tappo definitivo. Si noti che in passato per formare il tappo si usava finanche il calcinaccio (“zetto”) setacciato. Oggi la vigente regolamentazione prescrive l’uso della sola segatura, al fine di creare un tappo sicuramente frantumabile e proiettabile dalla deflagrazione; questo per prevenire due possibili malfunzionamenti: lo sfiato dall’aggugino (si dice che l’agguggino “sciuscia”, soffia) che crea un dardo di fiamma in grado di investire le gambe del fochino, ed addirittura il cedimento violento per frattura del mascolo nel caso questo presenti difetti interni notevoli, generabili da un’eccessiva ed incontrollata corrosione, e scarsa tenacità del materiale base (problema tipico di ghise ed ottoni). L’operazione di caricamento è soggetta a precise disposizioni di sicurezza, così come il trasporto dal sito di caricamento all’area di sparo. E’ doveroso rammentare infine che è buona norma controllare in principio la qualità della segatura onde scartare quella che presenti inclusioni di materiali estranei, particole metalliche o sassolini, che potrebbero durante la percussione generare rischio di scintille. A tal uopo si utilizza segatura vagliata di segheria.

La tecnica di caricamento dei mascoli, con mazzetta, ciosun e segatura fina, avviene generalmente poggiandosi su un ceppo di legno (nella foto un tronco di traversina ferroviaria) e prevede il riempimento della canna con la polvere nera fino a circa 3/4 dell’altezza (in un ordinario mascolo moderno questa misura corrisponde a circa 15 grammi di polvere granulare); la canna viene poi intasata con la prima “passata” di segatura, che viene percossa con due colpi. Il rigetto viene nuovamente riempito di segatura e battuto con 2-3 colpi fino ad ottenere un tappo consistente. Mazzetta e ciosun sono in legno, plastica, ottone, alluminio o altre leghe che non producono scintille per sfregamento. I materiali ferrosi sono ovviamente banditi.

Il mascolo carico è inoffensivo fintantoché non venga innescato (aggugginato). Ciò si ottiene intasando di reffino l’agguggino. Questa operazione si esegue sui mascoli prima di posizionarli nella sparata. Alcuni preferiscono posizionare i mascoli prima di aggugginarli, nel qual caso i mascoli non ancora aggugginati vengono posati con la canna orizzontale e l’agguggino rivolto verso l’alto pronto a ricevere un pizzico di reffino.

Un piccolo ramadam triangolare a dieci mascoli con cannone, disteso sulla passeggiata a mare di Rapallo(da www.festediluglio.it). Qui, stante il fondo asfaltato ed asciutto, la stesura non necessita di segatura.

Il ramadam è una disposizione circolare di mascoli, in cui questi possono essere distribuiti sulla corona esterna, uniformemente sulla superficie, o secondo geometrie varie. Il tipo a distribuzione uniforme è adatto a piccoli ramadam (da qualche unità a due decine), in cui i mascoli vengono collegati spandendo la polvere in maniera distribuita. Il ramadam a mascoli disposti e collegati sulla corona è utilizzato laddove il circolo debba ospitare una composizione artistica al suo interno, spesso un’effige del santo patrono o l’emblema dell’associazione che realizza la sparata. Infine vi sono i ramadam in cui i mascoli sono disposti e collegati sia all’interno del circolo che sulla corona, secondo geometrie prestabilite a formare composizioni geometriche ed artistiche; usualmente adottato a Sori è il riondino a fiore a sei petali, che viene disteso su un letto di segatura colorata.


A sinistra: un’immagine dell’anteguerra a Rapallo: un massaro (termine rapallino che indica il fochino addetto ai mascoli, e più in generale il membro del comitato del sestiere) porta il bettone (da www.festediluglio.it) mostrandone l’impugnatura; si noti l’altro massaro con il corno (in vero corno!) per distendere la riga di polvere.

L’accompagnamento della sparata col bettone comporta che il fochino debba camminare in prossimità della riga in fiamme e dei mascoli che scoppiano. Per tale motivo portare il bettone in sicurezza richiede l’osservanza di alcuni principi elementari del buon senso, al fine di non ritrovarsi “strinati”.  L’abbigliamento del fochino responsabile comprende abiti pesanti, occhiali di protezione, elmetto e scarponi antinfortunistici. E’ posta particolare attenzione alla protezione dei polpacci e caviglie da eventuali “soffi” di aguggini erroneamente direzionati. Inoltre, nonostante possa sembrare a prima vista strano, è preferibile mantenersi quanto più vicino possibile al fuoco, poiché le traiettorie degli eventuali frammenti proiettati dal rinculo dei mascoli partono con un alzo non superiore ai 30°, ricadendo a circa 4-5 metri di distanza. Per tale motivo le sparate distese nel greto dei torrenti arginati sono più sicure di quelle a livello della via, nei confronti della proiezione di frammenti. Il problema non si pone dove le sparate hanno la possibilità di percorrere terreni asfaltati, o comunque rivestiti di una pavimentazione resistente al rinculo. Generalmente nelle sparate di lunghezza media e grande il compito di portare il bettone è affidato a più fochini, ognuno con un bettone appena estratto dal fuoco (la sfera di ghisa fa relativamente presto a perdere il calore rosso superficiale e diventare inefficace), che si danno il cambio in una staffetta. Inutile dire che portare il bettone è considerato un grande onore e segno distintivo di virilità.


Spettacolari immagini notturne di due fochini col bettone che si danno il cambio durante la sparata del 2005: a sinistra l’arrivo al punto di cambio, a destra la partenza della staffetta.

Il brandä noto anche come riondino, ramadan, panegirico…) costituisce il finale della sparata. Nella sua forma classica è una disposizione di mascoli realizzata a triangolo isoscele allungato, in cui le due righe esterne, i lati del triangolo, vengono progressivamente affiancate da nuove righe all’interno man mano che si procede verso la base ed il triangolo si allarga. Il brandä attacca al vertice e brucia generando un fragoroso crescendo, che si conclude con il gratïn, la base del triangolo in cui i mascoli sono disposti a file serrate. Chiude lo spettacolo lo scoppio di tre o più cannoni di grandi dimensioni disposti in riga a seguire o, se questo non fosse possibile, allineati in posizione decentrata (nel qual caso vengono accesi da un fochino col bettone non appena il gratïn termina). 

Il brandä può assumere le più svariate dimensioni, da duecento ad oltre cinquemila mascoli, e con la sua mole rappresenta l’orgoglio e la potenza economica del comitato che lo allestisce. Sono rinomatissimi per mole (svariate migliaia di mascoli e decine di cannoni di tutte le taglie) ed accuratezza quelli di Recco, in occasione della festa di N.S. del Suffragio, ed il Panegirico di Rapallo, che conclude la sparata di mezzogiorno del 2 luglio, ed è allestito a turno annuale dai Sestieri della città. A Sori, il Gruppo Festeggiamenti ha, nel corso degli anni, realizzato brandæ (per i foresti: notare il plurale genovese!) da mille a duemilacinquecento mascoli, a seconda delle condizioni metereologiche e delle regolamentazioni di volta in volta vigenti, con pregevole risultato a fronte delle risorse disponibili.


A sinistra: il bellissimo e maestoso brandä (ramadam a Rapallo) decorato posto a conclusione del Panegirico 2004 a Rapallo, allestito dal Sestiere della Cappelletta (da www.festediluglio.it). Si noti la forma classica triangolare (ritenuta la migliore per effetto sonoro e visivo), culminante con un mastodontico gratïn, abbinata al magnifico decoro dipinto sulla pavimentazione stradale della passeggiata a mare. Una tale opera contiene diverse migliaia di mascoli e, a seconda della direzione ed intensità del vento, dura fra i venti secondi ed il minuto.

In talune occasioni il brandä assume forme elaborate ed ornamentali molto decorative; è questo il caso fra l’altro dei finali di sparata realizzati a Rapallo in occasione delle festività di luglio in onore di N.S. di Montallegro. Avendo i rapallini la possibilità di allestire il brandä (nell’uso della vallata di Rapallo nominato “ramadan”) sull’asfalto della passeggiata a mare, colgono l’occasione per impreziosirlo con pregiati disegni.


Qui sopra il brandä (“ramadan”) del Panegirico 2006 a Rapallo, allestito dal Sestiere di San Michele (da www.festediluglio.it). La citazione di quest’opera è doverosa per la sua forma originale. L’attacco è classico triangolare, ed il rombo in crescendo che se ne genera è in seguito mantenuto pressoché costante da un corpo centrale trapezoidale in cui le righe vengono raddoppiate una sola volta a metà percorso. Il culmine è in guisa di un doppio arco che inquadra il nome del sestiere. Il gratïn ha l’inconsueta forma della croce di malta. L’effetto sonoro complessivo è molto articolato, con un crescendo veloce che rallenta, si smorza quando il fuoco passa per gli archi e termina con una successione di ruggiti in corrispondenza della consumazione non contemporanea delle braccia del gratïn. il tutto è condito dai colpi dei cannoni disposti lungo il ramadan.

2 luglio 2018 – Festa di Ns. di Montallegro: al Santuario la Messa del cerimoniere del Papa Mons. Guido Marini (a sinistra). “Salire al monte – ha detto – per pregare e per chiedere a Maria di essere sempre più vicini a suo figlio Gesù”.


Messa al Santuario di N.S. di Montallegro

Mons. Guido Marini (al centro della foto)

GIORNO DELL’APPARIZIONE DELLA MADONNA

A Rapallo oggi il Panegirico, i fuochi e domani processione

Rapallo sta festeggiando da ieri Nostra Signora di Montallegro. Oggi a mezzogiorno è avvenuta la sparata del Panegirico seguita dallo spettacolo a giorno a cura del Sestiere San Michele. Alle 22.45 il saluto dei Sestieri alla Madonna con l’accensione degli antichi mortaletti liguri. Alle 23 il Palio dei Sestieri con spettacoli pirotecnici a notte, a cura dei Sestieri Cerisola e Cappelletta.

Domani 3 luglio invece tra i momenti più attesi la solenne processione  presieduta dall’arciprete don Stefano Curotto che alle ore 21 accompagnerà per le vie cittadine l’arca argentea, con la compartecipazione delle confraternite e dei crocefissi processionali tra cui – in via eccezionale – il celebre Cristo bianco del Maragliano, invitato a Rapallo dai Massari di San Michele. Il percorso della processione, a fronte della presenza del cantiere sul torrente San Francesco, non transiterà sul lungomare. Una volta giunta all’incrocio tra via della Libertà e corso Matteotti, svolterà a sinistra, in direzione della Basilica e raggiungerà via Milite Ignoto per assistere alla “Sparata dei Ragazzi”, allo spettacolo pirotecnico “a notte” e al sempre suggestivo “Incendio del Castello”. Protagonisti saranno il Sestiere Borzoli, Seglio e San Michele. Il 1° invece è toccato ai Sestieri Costaguta e Borzoli.

UN PO’ DI STORIA….

Nella Riviera di Levante, le salve di saluto, i colpi per i festeggiamenti nelle feste patronali hanno una tradizione antichissima e sono i sostituti civili delle salve di cannone militari e il loro utilizzo si fa risalire almeno al XVII secolo.

Salve di cannone o il saluto con le braccia rendono l’onore militare o navale. L’usanza ha origine nella tradizione navale, dove una nave da guerra avrebbe sparato i suoi cannoni, senza pericolo, in mare, fino a che tutte le munizioni fossero state spese, per mostrare che era disarmata, a significare la mancanza di intento ostile.

Come si è evoluta in ambito navale, 21 colpi sono venuti ad essere usate per i capi di Stato, con la diminuzione del numero con il grado del beneficiario dell’onore. Mentre 21 salve sono le più comunemente riconosciute, il numero di giri sparati in ogni saluto dato varia a seconda delle condizioni. Le condizioni per effettuare queste variazioni includono la particolare occasione e, nel caso di militari e funerali di stato, il ramo di servizio, e del rango (o ufficio) della persona alla quale sono stati resi gli onori.

Furono proprio gli inglesi a codificarne l’uso.
La prima regolamentazione è datata 1688: si stabiliva che per compleanni e incoronazioni dei Reali si desse voce ai cannoni da ogni nave della flotta.

Il numero 21 compare però nel 1730 (nel British Naval
Regulations) come limite massimo per ogni imbarcazione.
Ma le salve non venivano usate solo per i regnanti.
Il numero era sempre dispari e cresceva di due, secondo il rango del
festeggiato. I numeri pari venivano usati solo in caso di lutto.
Il 21 divenne codice internazionale come rituale diplomatico.
Un vascello da guerra, entrando in un porto straniero, salutava la bandiera della nazione ospite, e da entrambe le parti si sparavano i famosi 21colpi,
come segno di non belligeranza (guai a spararne uno in più o in meno).
Comunque, sul perché sia stato scelto proprio questo numero, si può ipotizzare una componente mistico-religiosa: 3 e 7, che moltiplicati tra loro danno appunto 21, sono cifre dalla forte valenza simbolica.

A Recco questa tradizione risale fino agli inizi del 1400 ed è legata al culto della “SUFFRAGINA”, la Madonna del Suffragio, patrona e protettrice della città.

Nella chiesa di Megli è conservata una tavoletta ex voto risalente al 1700 dove si vede un uomo con il cappello a tricorno che segue una sparata di “mascoli”.

Inoltre il Sac. Giacomo Olcese nel suo libro del 1896 “Storia di Recco” riporta a proposito dei “mascoli”: “…il giorno 8 settembre d’ogni anno è straordinario il numero di forestieri che viene a Recco e per assistere alle solenni religiose funzioni, alle splendide illuminazioni, alle lunghe e tradizionali sparate di migliaia e migliaia di mortaretti, come pure alla solenne e imponente processione, e ai fuochi a mare e di terra…”

E ancora il grande narratore francese Henry Stendhal che visitò Recco nel 1818 nei giorni 8 e 9 settembre scriveva: “C’è stata la festa della Madonna di Recco. Vi sono andato con le nipotine dell’antico Doge S. che furono educate nelle Fiandre in un monastero di cui mia zia fu badessa. Eravamo in dieci montati sopra asini… Qui sento il rumore dei fucili e dei mortaretti sparati in onore della Madonna da questa gente avara e ladra che appena interrompe la solitudine di questi monti… Sono le dieci e lo spettacolo diventa più sublime ad ogni istante…”


Sparate di mascoli a Recco e a Rapallo – Nuove normative

Le salve di saluto in occasione di feste e manifestazioni non potevano essere affidate ai cannoni custoditi nelle fortezze della Repubblica di Genova, spesso mal ridotti e poi nei centri minori non esistevano cannoni.

Si inventarono allora dei congegni metallici di piccole dimensioni definiti nel linguaggio popolare “mascoli”, facilmente caricabili con minime quantità di polvere da sparo, trasportabili e sistemabili laddove era necessario collocarli per comporre anche dei disegni che scoppiavano in grande stile: i cosiddetti “ramadam”.

L’uso di questi congegni è generalizzato nei giorni di festa in tutti i centri liguri.

Il “mascolo” è un cilindro di ferro con una base piatta che si adatta al suolo, con un’altezza compresa tra 8 e 15 cm, con uno spessore adeguato all’altezza (camicia) di almeno 1 cm e con un foro all’estremità inferiore sul lato verticale detto “aboggino” per il collegamento della striscia di polvere nera che unisce i vari “mascoli” di una sparata che rumoreggiano in rapida successione.

Il peso di un “mascolo” è di circa 2 kg, lo spessore della camicia è garanzia contro l’esplosione del “mascolo” e la quantità di polvere da sparo collocata in ogni elemento è di circa 15 grammi che viene pressata e ricoperta con segatura.

Ogni quartiere possiede e conserva gelosamente migliaia di “mascoli”, tramandati di generazione in generazione.

Una “sparata” è composta da circa 1000-2500 “mascoli” di cui la metà viene usata per la “riga” e il resto per il “riondino” .

La “riga” consiste in un susseguirsi di “mascoli” posti su un sentiero di sabbia a distanza regolare di circa 40/50 centimetri l’uno dall’altro, collegati dalla riga di polvere nera adagiata su un letto di segatura.

Il culmine della sparata è il “riondino”, un insieme di “mascoli” disposti a triangolo isoscele rovesciato, posti a distanza che varia da circa 50 centimetri iniziali fino a circa 10 centimetri e che esplodono sempre più velocemente, in un crescendo di botti.

Al termine del “riondino” vengono collocati una decina di “mascoli” di maggiori dimensioni detti “fulminin” che producono un botto fragoroso e contengono una quantità maggiore di polvere pirica.

La sparata viene accesa con il “bettone”, un attrezzo apposito che ha alla sua estremità una palla di ferro che viene arroventata per poter incendiare la polvere e i “mascoli” sono innescati grazie alla riga che una volta incendiata, porta il fuoco all’interno degli stessi tramite l’“abboggino”.

La sparata viene “seguita” dai volontari dei Quartieri che, come da antiche tradizioni votive verso la Celeste Patrona, controllano che non si spenga la striscia, passandosi di tratto in tratto il “bettone” stesso, per integrare la polvere che brucia con una maggiore sicurezza.

I “mascoli “sono innocui perché non c’è lancio in aria o lateralmente di materiale infuocato o esplosivo in quanto la forte deflagrazione avviene all’interno del “mascolo” stesso grazie alla forte compressione della polvere nera che viene espulsa provocando rumore.

Non si ricordano nel tempo incidenti di sorta né per lesioni da scoppio né per abrasioni da scottature né tanto meno per danneggiamento di cose.

Non sussiste nessun pericolo di esplosione accidentale o per “simpatia” non essendoci inneschi detonanti ed essendo ogni elemento tenuto a distanza dagli altri.

Oggi le sparate avvengono sul greto del torrente Recco e in zone periferiche su terreni appositamente preparati e puliti adeguatamente dove vengono effettuati i percorsi con l’eliminazione di sassi e pietrisco e con la stesura di un letto adeguato di sabbia fine dove poi vengono posizionati tutti i “mascoli”.

La quantità maggiore di polvere nera viene utilizzata per “rigare” la sparata cioè per collegare in serie ogni singolo “mascolo” dando il via con il “bettone” alla suggestiva “lingua di fuoco”.

Nel 2001 alla luce delle nuove normative in materia e al termine di una lunga ed epica battaglia conclusasi con successo per il riconoscimento presso il Ministero degli Interni di questa antica tradizione, circa 150 volontari dei 7 Quartieri cittadini capitanati dal sindaco e dal parroco hanno conseguito in seguito ad un esame presso la prefettura, il “patentino” ovvero l’abilitazione tecnica ora necessaria per poter caricare e sparare i “mascoli”.

Questo non ha costituito un ostacolo anzi è stata l’occasione per far nascere l'”Università dei Fuochi” di Recco che tutti gli anni prepara i giovani per il conseguimento del “patentino” necessario per proseguire la grande tradizione degli “antichi mortaletti liguri”.

L’antiga tradiçion di mortaletti, tòcchi de Liguria che vive ancon.

di Andrea Acquarone

Genova – “Unna vòtta ô fàvan pe avvizâ de l’arrivo di corsæ”, o dixe o Gioanin Rosasco, o zoeno ch’o l’è o massâ de San Bertomê de Sòi, “oua a resta a tradiçion”. Parlemmo di mortaletti, che a Levante î ciàmman ascì màscoi, e che son a còsa ciù importante quande gh’è de feste inte valle de Sòi, de Recco, de Rapallo, do Tigullio e da Fontanabonn-a. “Ma se ti væ solo che a Zena, no san manco còse son”, o continua o Rosasco, “a l’è na còsa che femmo solo niatri”. E i Fùrgari de frevâ a Taggia? “Quella a l’è n’atra còsa”. Saià!

A tutte e mainee pe inandiâ i mortaletti “s’è delongo uzou méttise in çercio”, o ne spiega o Luca Figari, massâ de Rapallo, comme se sente da-a còccina, “donca i s’asséttan in çinque, ciaschedun in sce un çeppo: o primmo çeppo o nettezza o mortaletto, o segondo, co-o pugno da man, o ghe caccia drento a poe, o terso o â sciacca co-a stia (ciöson a S. Bertomê, caregatô Recco, ndr). O quarto çeppo o creuve a poe con da serreuia ò do papê, l’ùrtimo o creuve tutto de tæra”. E coscì pe træ, çinque, dexemìa vòtte, dëxenn-e de personn-e scompartìe in squaddre.

O giorno da sparata – ògni paize o l’à o seu: da-i primmi de luggio a Rapallo, fin a l’iniçio d’otobre a-o Favâ de Mävoæ – i mortaletti végnan portæ in sciô pòsto, s’agogginn-an co’un còrno de bùffao pertuzou, e se ghe dà feugo. Dòppo o scròscio, trei corpi de cannon særan a festa.

De vòtte se fa fadiga a capî o senso de ste còse, che incangio éan tanto sentìe da-i nòstri antighi. Scibben che de feughisti ghe ne segge ancon ciù de mille, i ciù tanti en òmmi in etæ, levou o fæto che no tutti appréxan ciù e sparate. “E pòi gh’è un muggio de burocraçìa”, o dixe o Aurelio Rosasco, poæ do Gioanin, “mi ascì, che l’ò fæto delongo, m’è toccou piggiâ un patentin, ma a m’è anæta ben, perché i zoeni dévan studdiâ pròpio da feughisti. Finisce che a-e gente ghe scappa a coæ. Capiscio o fæto da seguessa, ma coscì meue e tradiçioin”. Son stòie piccinn-e, se se veu, ma a riflescion in sciâ nòstra identitæ a passa da chì ascì.

Glossaio
Agoginn-an (se)
– si innescano con la polvere tramite un buco, detto “agoggin”
Caregatô – vedi “stia”
Ciöson – vedi “stia”
Fùrgari (fùrgai) – mortaretti tipici di Taggia
Màscoi – mortaretti liguri
Massâ – massaro (colui che va a raccogliere i fondi per la sparata)
Mortaletti – mortaretti liguri
Poe (povie) – polvere sa sparo
Scròscio – ultima raffica di esplosioni
Stia – arnese per pressare la polvere da sparo

 

PROGRAMMA

FESTE DI LUGLIO 2018

FESTEGGIAMENTI IN ONORE DI N.S. DI MONTALLEGRO

dal 01-07-2018 al 03-07-2018Centro cittadino PATRONA DI RAPALLO E DEL SUO ANTICO CAPITANEATO nel 461° anniversario dell’Apparizione – 251° Incoronazione Sacro Quadretto. Cerimonie religiose, fiera e grandiosi spettacoli pirotecnici nelle tre serate di festa. Treni Straordinari

dal 23 GIUGNO al 1 LUGLIO

SANTUARIO DI MONTALLEGRO ore 05.00 Novena dell’alba predicazione di vari sacerdoti della Diocesi

BASILICA DEI SS. GERVASIO E PROTASIO Sante Messe della Novena

ore 07.00 e 10.30 feriale

ore 07.30 e 10.00 festivo

ore 18.00 Novena – Predicazione di Padre James Walsh del Santuario N.S. della Guardia di Velva e di Padre Attilio Fabris dell’Abbazia di Borzone

23 GIUGNO ore 09.00 Pellegrinaggio dei bambini al Santuario (partenza dalla Chiesa di S. Francesco)

24 GIUGNO ore 15.30 Santa Messa con unzione degli infermi – Basilica dei SS. Gervasio e Protasio

1 LUGLIO

ore 03.00 Pellegrinaggio dei giovani al Santuario (partenza fiaccolata dalla Chiesa di S. Francesco)

ore 7,00-10,00-11.00-12.00-18,00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Sante Messe della Novena

ore 08.00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio Esposizione dell’Arca argentea della Madonna alla presenza di S.E. Mons. Alberto Tanasini, Vescovo di Chiavari

Innalzamento dei vessilli dei Sestieri

“Saluto dei Sestieri alla Madonna” con l’accensione degli antichi mortaletti

Spettacoli pirotecnici a cura dei Sestieri BORZOLI e COSTAGUTA (specchio acqueo antistante Lungomare Vittorio Veneto)

ore 08.15 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Santa Messa celebrata da S.E. Mons. Alberto Tanasini – Vescovo di Chiavari

Sante Messe a seguire ore 10 – 11 – 12;

ore 16.00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Omaggio floreale dei fanciulli alla Madonna

ore 18.00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – S. Messa celebrata da Mons. Pino De Bernardis nel 60° anniversario di ordinazione sacerdotale

ore 21.00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Canto dei primi Vespri

ore 21.30 Concerto della Banda Musicale “Città di Rapallo” – Direttore Daniele Casazza (Chiosco della Musica – Lungomare Vittorio Veneto)

ore 22.15 “Saluto dei Sestieri alla Madonna” con l’accensione degli antichi mortaletti

ore 22.30 “Palio dei Sestieri” – Spettacoli pirotecnici a cura dei Sestieri BORZOLI e COSTAGUTA (specchio acqueo antistante Lungomare Vittorio Veneto)

2 LUGLIO

ore 7,00-08.30-18,00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Sante Messe

ore 10.00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Solenne Pontificale officiato da S.E. Mons. Alberto Tanasini, Vescovo di Chiavari

ore 10.30 Santuario di Montallegro: Santa Messa Solenne celebrata da Mons. Guido Marini Maestro delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice

ore 12.00 “Sparata del Panegirico” a cura del Sestiere SAN MICHELE (Lungomare Vittorio Veneto e specchio acqueo antistante)

ore 18.00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Santa Messa solenne celebrata da Don Gianluca Trovato – Rettore del Santuario di Montallegro

ore 21.00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Canto dei secondi Vespri

ore 21.30 Concerto della Banda Musicale “Città di Rapallo” – Direttore Daniele Casazza (Chiosco della Musica – Lungomare Vittorio Veneto)

ore 22.45 “Saluto dei Sestieri alla Madonna” con l’accensione degli antichi mortaletti

ore 23.00 “Palio dei Sestieri” – Spettacoli pirotecnici a cura dei Sestieri CERISOLA e CAPPELLETTA (specchio acqueo antistante Lungomare Vittorio Veneto)

3 LUGLIO

ore 7,00-08.30-18,00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Sante Messe

ore 10.30 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Solenne Pontificale officiato da S.Em. Cardinale Angelo Bagnasco – Arcivescovo Metropolita di Genova e concelebrata dai Sacerdoti di Rapallo

ore 18.00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Santa Messa celebrata da Mons. Lelio Roveta, Arciprete Emerito

ore 21.00 Basilica dei SS. Gervasio e Protasio – Solenne Processione dell’“Arca argentea della Madonna” presieduta dall’Arciprete Don Stefano Curotto e con la partecipazione delle Confraternite, dei Crocifissi processionali e dei Massari dei Sestieri

ore 22.00 “Saluto dei Sestieri alla Madonna” con l’accensione degli antichi mortaletti in concomitanza con il passaggio dell’”Arca argentea”

ore 22.15 “Sparata dei ragazzi” e “Incendio del Castello” a cura del Sestiere BORZOLI

ore 23.15 “Saluto dei Sestieri alla Madonna” con l’accensione degli antichi mortaletti

ore 23.30 “Palio dei Sestieri” Spettacoli pirotecnici a cura dei Sestieri SAN MICHELE E SEGLIO (specchio acqueo antistante Lungomare Vittorio Veneto)

Nella giornata di martedì 3 luglio e nella notte tra il 3 e 4 luglio 2018, in occasione della Festa
Patronale di Rapallo N. S. di MONTALLEGRO, con il contributo della Regione Liguria l’offerta
orario sarà ampliata come indicato nell’allegato

8 LUGLIO (vedi)

SANTUARIO DI MONTALLEGRO

ore 10.30 “Adempimento del Voto della Comunità Rapallese” – Anno Domini 1657 – Santa Messa all’Altare della Madonna celebrata da S.E. Mons. Alberto Tanasini

“Benedizione della Città” al termine della solenne processione con il “Sacro Quadretto”

Spettacoli pirotecnici dei Sestieri realizzati con il concorso delle rinomate Ditte:

-FIREWORKS LIETO – Visciano (NA) – Sestiere SAN MICHELE

-APULIA EVENTS – San Severo (FG) – Sestiere SEGLIO

-DITTA CATAPANO GIUSEPPE – Ottaviano (NA) – Sestiere BORZOLI

-PIROTECNICA MORSANI – Belmonte in Sabina (RI) – Sestiere CERISOLA

-SCUDO GERARDO – Ercolano (NA) – Sestiere CAPPELLETTA

-SETTI FIREWORKS – Genova – Sestiere COSTAGUTA

BASILICA DEI SS. GERVASIO E PROTASIO – Coro della Basilica diretto da Simona Gardella – organista M° Fabio Macera

GOLFO DI RAPALLO Posa in mare dei Lumetti “Rapallini” a cura del Circolo Pescatori Dilettanti Rapallesi

www.comune.rapallo.ge.it www.sestederapallo.it

Per maggiori informazioni

https://www.comune.rapallo.ge.it/pagina631_festeggiamenti-patronali-1-2-3-luglio.html

http://www.festediluglio.it

http://www.sestederapallo.it

http://www.turismoinliguria.it

“LA CHIESA NON SI RIDUCA A MANIFESTAZIONI ESTERIORI”

Il monito del vescovo Tanasini sembra ritornare sulla polemica per i fuochi e la presenza di troppi Cristi lignei in processione.

Sul lungomare, la presidente del Comitato dei Sestieri Maura Arata non si stupisce delle parole del vescovo che, negli anni, non ha mai nascosto di apprezzare poco le sparate dei fuochi (ma anche tanti Cristi lignei in processione). E riflette:

Il vescovo é uomo intelligente e sa bene che le nostre contadine del passato, che certo seguivano Maria nell’umiltà, a mezzogiorno del 2 luglio, sentendo i mortaretti, fermavano il lavoro nei campi per farsi il segno della croce e pregare. Il Panegirico, i fuochi: siamo tutti uniti nelle nostre Feste, sta andando ogni cosa al meglio”.

Concludiamo questa panoramica “rapallina” lasciando la parola ai turisti e non… di Rapallo.

Durante la festa del paese che si svolge i primi tre giorni di luglio per l’anniversario dell’apparizione della Madonna di Montallegro ogni sera è possibile ammirare un grande spettacolo pirotecnico ma la serata più emozionante è quella conclusiva quando dopo lo spettacolo pirotecnico viene teatralizzato…

Matteo Z.

Nell’ambito delle feste di luglio a Rapallo una tre giorni di fuochi d’artificio con culmine nell’incendio del castello durante la processione con i tipici portatori di pesantissimi crocefissi splendidamente ornati e apparentemente traballanti ma in un equilibrio incredibile.

Farris Alessandro

Tre serate di fuochi indimenticabili! Uno spettacolo che si ripete tutti gli anni e che lascia sempre a bocca aperta. Non sono ancora riuscita a trovare fuochi più belli di quelli di Rapallo e non solo perchè hanno il sapore dell’infanzia!

Elena P.


Ogni estate, la sera del 3 luglio a Rapallo, in occasione delle celebrazioni di Nostra Signora di Montallegro (1-2 e 3 luglio) verso le ore 22:15 viene incendiato il castello. È il momento più emozionante della festa, l’Arca Argentata della Madonna viene portata in processione…

Marina F.

Alla fine della processione del “Quadretto di Maria” viene dato “fuoco” al vecchio castello sul mare. Bagliori rossi compaiono alle finestre e alle pareti una pioggia argentea di fuochi d’artificio e …fumo fumo fumo. E’ uno spettacolo suggestivo ed affascinante.

Giampaolo M.

Serata spettacolare del 3 di Luglio, sempre molto affollata ma da non perdere. La processione dei Crocefissi e della Madonna di Montallegro, l’incendio del castello con i fuochi d’artificio e il palio pirotecnico. Bancarelle in centro. Bellissimo

AlittaM.



Bellissima l’atmosfera che si respira sospesa tra religiosità, rievocazione e spettacolo con la processione. Spettacolari i fuochi d’artificio che sono fatti per tre sere di fila il 1″, 2 e 3 luglio. La sera del 3 lo spettacolo nello spettacolo è l’ incendio del castello.

Elisabetta464

la processione della Madonna di Montallegro e’ una delle più belle attrazioni di Rapallo, incredibilmente ricca di emozioni. essendo nato a Rapallo me la ricordavo sin da quando ero piccolo, me e’ sempre bello dopo tanti (troppi) anni rivederla con alla fine l’incendio del castello!!!…

William Gubert

L’incendio del Castello, unito ai fuochi d’artificio che iniziano già dal mattino con i botti dei vari quartieri raggiungono l’epilogo la sera in cui il Golfo di Rapallo s’incendia con il mare che trasmette il riverbero dei fuochi.

giavenomarco

Sacro e profano per una serata indimenticabile, i fuochi artificiali che incantano grandi e piccini e il caratteristico “incendio del castello”.

Balacchino

Sempre uno spettacolo a metà tra il religioso e il pagano, con il popolo di Rapallo che adora la sua Protettrice. Da andare apposta a Rapallo a Luglio.

Francesco b

L’incendio del castello e la processione dei crocifissi si tengono entrambi nella serata conclusiva della festa patronale di NS Signora di Montallegro il 3 luglio, l’arca argentea della Madonna viene portata in processione nelle vie del centro, ad essa si accompagnano i portatori dei crocifissi…

MarcoA


Tutti gli anni, nel corso delle feste patronali in occasione della Festa della Madonna di Montallegro, si tiene il 3 luglio la processione dell’arca argentea della Madonna. L’arca è preceduta da alcuni Crocifissi processionali (detti “i Cristi”). Quest’ultima volta erano sette Crocifissi, delle diverse confraternite…

Stefano91

Rapallo. Prima una processione religiosa di Crocifissi, col Cristo Bianco e Cristo Nero, opere d’arte di fino a 400 kili. Straordinario! Poi, L’Incendio del Castello con Fuochi Artificiali che non finiscono mai. Splendido. Fantastico. Non ho parole per la belleza di Rapallo illuminatissimo!

Soncijo

Le foto a seguire sono state scattate da Aurelita Persi Donati






CARLO GATTI

Rapallo, 1 luglio 2018